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SECONDA SERIE

AVVERTENZA

l. Il presente volume, il XV-XVI della seconda serie, raccoglie il materiale relativo al periodo compreso tra il 21 maggio 1882 e il 31 dicembre 1883. Come appare evidente, la data iniziale ha un rapporto ben preciso con un evento storico di grande rilevanza per la politica estera italiana, inizia infatti il periodo di applicazione della Triplice Alleanza. Lo stesso non può affermarsi per la data finale, palesemente collegata ad un criterio di razionalizzazione delle pubblicazioni di questa serie più che ad una correlazione con un preciso riferimento della politica internazionale del Regno.

Dalle conseguenze della Triplice Alleanza il volume trae dunque gran parte del proprio interesse. In effetti le problematiche da essa derivanti influenzano, in misura più o meno rilevante, gran parte delle iniziative politiche dei mesi seguenti. Un quadro diplomatico a volte ai limiti del paradosso, ove si pensi all'impegno di segretezza circa il trattato che in Italia venne scrupolosamente osservato pur generando notevoli difficoltà nei successivi atti di politica estera. Che questa prospettiva di segretezza non abbia comunque ostacolato più di tanto le successive evoluzioni degli interessi italiani lo dimostra il carteggio dedicato alla politica, se non di amicizia indubbiamente di reciproca comprensione e di cordiali rapporti, con la Francia che caratterizza il periodo in esame e che vede le due Nazioni seguire linee parallele di politica internazìonale in Egitto come nell'Africa equatoriale, a Costantinopoli come nei Balcani. Mentre cominciano ad attenuarsi le polemiche a Tunisi ed inizia ad aprirsi il discorso su Tripoli e Marocco.

La evidente svolta impressa alla politica estera italiana è comunque punteggiata dalla numerosa corrispondenza sulla preparazione della visita dell'imperatore di Germania e della << controvisita » di Francesco Giuseppe che divengono stimolanti occasioni per svolgere considerazioni che vanno ben oltre l'oggetto stesso del carteggio in questione. Ne offrono inoltre una non meno interessante testimonianza i problemi determinati dalle voci che circolano negli ambienti diplomatici su un'alleanza delle tre monarchie, i discorsi sull'argomento pronunciati dal ministro degli Affari Esteri, Mancini, davanti ad entrambi i rami del Parlamento, il rinvigorito interesse italiano per le numerose controversie di confine che in quei mesi agitanò i pur sempre precari equilibri politici dei Balcani.

Ulteriori argomenti vivacizzano l'interesse di questo volume. Si evidenziano tra essi, anche perché accompagnati da una fitta corrispondenza, il rifiuto italiano di partecipare all'intervento militare in Egitto a fianco della Gran Bretagna, la partecipazione italiana alla conferenza di Costantinopoli per il problema del canale di Suez ed infine il più attento interesse per l'Africa alla ricerca di una colonia che contribuisse tra l'altro a rinvigorire il prestigio del Paese.

Le personalità che emergono da questa ricca corrispondenza, offuscando talvolta quella del ministro degli Affari Esteri, non a caso sono del rappre-· sentante italiano a Vienna, di Robilant, e a Berlino, de Launay, mentre Nigra da Londra offre saggi di impeccabile stile ed acuto impegno.

2. I documenti pubblicati in questo volume sono tratti principalmente dall'Archivio Storico del ministero degli Affari Esteri, dalle serie seguenti:

I. Gabinetto e Segretariato generale:

a) corrispondenza telegrafica; b) cartegggio confidenziale e riservato.

II. Divisione Politica:

a) registri copialettere in partenza; b) rapporti degli agenti diplomatici e consolari all'estero.

III. Archivi delle ambasciate a Londra, Vienna e Berlino.

Alcuni interessanti documenti provengono anche da Archivi privati, quali le Carte Mancini, conservate presso il Museo Centrale del Risorgimento e le Carte Crispi, conservate nell'Archivio Centrale dello Stato.

3. Varii documenti erano già editi, integralmente o in parte, nelle seguenti pubblicazioni (tra parentesi l'abbreviazione usata nel testo):

Libro Verde 35, Documenti Diplomatici presentati alla Camera dal ministro degli Affari Esteri (Mancini) nella tornata del 14 dicembre 1882, questione d'Egitto 1881-1882 (LV 35);

Libro Verde 39, Documenti Diplomatici relativi alla questione turco-ellenica (1882) (Serie Seconda) presentati alla Camera dal ministro degli Affari Esteri (Mancini) nella tornata del 13 marzo 1883 (LV 39);

Libro Verde 40, Documenti Diplomatici presentati alla Camera dal ministro degli Affari Esteri (Mancini) nella tornata del 13 marzo 1883, incidenti di Tripoli (LV 40);

Libro Verde 41, Documenti Diplomatici presentati alla Camera dal ministro degli Affari Esteri (Mancini) nella tornata del 13 marzo 1883, Seconda inchiesta di Beilul (LV 41);

Libro Verde 43, Documenti Diplomatici relativi alla sospensione della giurisdizione consolare italiana in Tunisia (1882-84) presentati alla Camera dal ministro degli Affari Esteri (Mancini) nella tornata del 28 febbraio 1884

(LV 43);

Libro Verde 45, Documenti Diplomatici presentati al Senato dal ministro degli Affari Esteri (Mancini) nella tornata del 26 marzo 1885, Africa equatoriale e Conferenza di Berlino (LV 45);

Libro Verde 66, Documenti Diplomatici presentati al Parlamento italiano dal presidente del Consiglio e ministro ad interim degli Affari Esteri (Crispi), nella seduta del 17 dicembre 1889, Etiopia (LV 66);

L'Italia in Africa, serie storica, vol. I, Etiopia-Mar Rosso, tomo II e tomo III, a cura di C. Giglio, Roma, 1959.

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4. Alla preparazione di questo testo hanno collaborat~ con particolare impegno e solerzia la dott. Maria Laura Piano Mortari e la dott. Marina Tomaselli per le ricerche archivistiche, una prima selezione dei documenti e la redazione dell'apparato critico, la signora Livia Maccarone per la revisione dei testi e la loro disposizione per la stampa, la signora Fiorella Giordano per la compilazione delle appendici, la dott. Marina Tomaselli per la compilazione dell'indice dei nomi e la signora Pierina Bertini per la trascrizione di numerosi documenti in italiano e francese di difficile lettura.

A tutte va il mio più vivo e sentito ringraziamento per la competenza e professionalità con le quali hanno reso possibile la realizzazione di questo volume.

EDOARDO DEL VECCHIO


DOCUMENTI
1

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A PIETROBURGO, NIGRA. E A VIENNA, DI ROBILANT

T. 349. Roma, 21 maggio 1882, ore 16,30.

Malgré les télégrammes de notre agent en Egypte, qui déclare dans l'éventualité effective d'une intervention anglo-française ne pas pouvoir répondre de la sécurité des colonies européennes, nous sommes décidés de garder encore méme attitude d'abstention camme les trois autres Cabinets, jusqu'à la réponse commune à la communication franco-anglaise. Par conséquent notre escadre reste toujours à Messine. Une seule cuirassé «Castelfidardo», en sera détachée pour stationner à Port-Said, avec instructions de ne se rendre en rade d'Alexandrie, que dans le cas où notre agent en Egypte, en présence de dangers imminents jugerait nécessaire de l'y appeler, dans le seui but de protéger nos nationaux. Veuillez donner connaissance de ce qui précède au ministre des Affaires Etrangères, prenant cette occasion pour insister sur l'importance de nous entendre au sujet de la réponse à la communication anglofrançaise. Mon avis sur la substance de cette réponse est exprimé dans mon télégramme du... (1). Je crains qu'en ne recevant aucune réponse à Ieur communication, Ies deux Puissances occidentales n'arrétent entr'elles des délibérations ultérieures, continuant Ieur action sans consulter préalablement Ies quatre Cabinets.

2

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. Roma, 21 maggio 1882, ore 19,30.

Le traité a été signé hier à Vienne. Le comte Kalnoky nous fait savoir que san intention ainsi que celle de Bismarck est de ne Iaisser connaitre à Ieurs ambassadeurs à Rome que la simple existence et non pas le texte du traité.

(l) Manca la data nel registro dei telegrammi.

3

IL MINISTRO A TANGERI, SCOVASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 765. Tangeri, 21 maggio 1882 (per. ore 15 del 3 giugno) (1).

J'ai eu à l'instant un entretien avec S.M. Impériale qui a duré 3 heures. Je lui ai démontré par tous les arguments possibles l'utilité qu'il y avait pour Sa Majesté d'entretenir de bons rapports d'amitié et politique avec le Sultan de Constantinople, et que, pour commencer, Sa Majesté devait envoyer sans retard un ambassadeur pour rendre la politesse que le dit Sultan lui avait faite il y a quelque temps et à laquelle s'0tait intéressé l'ambassadeur d'Angleterre à Constantinople et après cela entretenir réciproquement un agent diplomatique auprès des deux gouvernements; que cela était non seulement utile au Maroc et à la Turquie, mais aussi à tous les musulmans. Je lui ai démontré l'opportunité de cette démarche. L'Empereur m'a répondu: «Le ministre britannique m'avait parlé de cette affaire, mais moi je ne sais qui lui en a parlé; aussi le ministre d'Espagne, mais je suis heureux de voir que le représentant d'une Puissance camme l'Italie, dont j'ai la plus grande confiance, me démontre, d'une manière évidente, l'utilité d'entretenir des rapports d'amitié et politiques avec le Sultan de Constantinople et m'engage à les réaliser au plus tòt, mais je ne puis envoyer mon ambassadeur aussi promptement que vous le demandez, car je dois faire préparer les cadeaux et attendre une réponse à la lettre que je viens d'écrire à Constantinople, etc. ». Je lui ai répondu que le gouvernemeat du Roi recevra avec plaisir la nouvelle des bonnes dispositions

de Sa Majesté, mais qu'il fallait fai:·e vite. Sa Majesté m'a assuré qu'à son retour du Sus, elle enverrait son ambassaàeur à Constantinople pour rendre au Souverain ottoman la courtoisie qu'il a reçue de lui et qu'il suivra les conseils que je lui ai donnés. Sa Majesté partira le 8 pour le Sus. Elle croit pouvoir etre de retour dans 3 mois, mais moi je pense qu'il restera plus longtemps. Il parait que l'expédition contre le Sus sera de 20.000 hommes environ entre cavalerie et infanterie, plus quelques pièces de canon de montagne. Sa Majesté m'a promis qu'avant son départ toutes les questions italiennes pendantes pour réclarnation de crécUt et vol seront réglées. Sa Majesté et le Grand Visir m'ont dit, pour ce qui concerne la France, avoir simplement confirmé ce qui est dans l'article 4me du traité franco-marocain, de poursuivre réciproquement dans les deux Etats, entre certaines limites et conditions, leurs ennemis respectifs. Le Sultan a accordé l'indemnité dont il est mention dans mon télégramme du 18 courant (2).

t1) Trasmesso da Gibilterra il 3 giugno, ore 10,15.

(2) Non pubblicato nel vol. XIV della serie II.

4

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 1654. Vienna, 21 maggio 1882 (per. il 24).

Ringrazio l'E. V. per il sunto trasmessomi col suo dispaccio del 16 corrente

n. 1296 (2), della comunicazione fattale il giorno prima dall'ambasciatore di Turchia a riguardo dell'allora annunciato invio delle flotte francesi ed inglesi ad Alessandria d'Egitto.

Il governo imperiale aveva conoscenza di quella comunicazione diretta alle Potenze per informazione avutane dall'ambasciatore imperiale a Costantinopoli; ma direttamente quella comunicazione, come le successive, non gli pervennero, visto che l'ambasciatore ottomano Edhem pascià, essendo stato richiamato, la Sublime Porta a quanto pare si astiene dal trasmettergli quelle circolari che dirige ai suoi altri rappresentanti presso le corti d'Europa.

Il conte Kalnoky non fu quindi messo in posizione di fare alla Porta una risposta qualsiasi; ciò non impedì però ch'egli desse istruzione al barone Calice di raccomandare alla Porta di procedere in tutta questa faccenda egiziana con calma ~ moderazione evitando di far nascere conflitti. Ho però luogo di credere che al tempo stesso l'ambasciatore imperiale ricevesse ordine di procedere con molta riserva, evitando di assumere compromettenti impegni di sorta, verso il governo ottomano.

5

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (3)

R. 1655. Vienna, 21 maggio 1882 (per. il 24).

Segno ricevuta all'E. V. del suo dispaccio del 16 corrente n. 1297 (4), che confermava il telegramma già direttomi quello stesso giorno (5), intorno alla comunicazione fattale dai rappresentanti della Francia e della Gran Bretagna in ordine alla dimostrazione navale a farsi da quelle due Potenze nelle acque dell'Egitto, ed anzi già iniziata allorché davasi agli altri Gabinetti quell'apparente preavviso. *Fu mia cura indagare tosto il pensiero in proposito del governo imperiale, ed anzitutto dovetti constatare che il Gabinetto di Vienna erasi assai meravigliato nel

5 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XV-XVI

prendar conoscenza della dichiarazione a quel riguardo fatta da lord Granville alla Camera, che quel ministro avesse ammesso come di fatto che la dimostrazione navale di cui è caso fosse stata approvata da tutte le Potenze, mentre in realtà il conte Kalnoky ebbe notizia della partenza delle navi inglesi per recarsi ad Alessandria prima che da parte dei due precitati governi qualsiasi comunicazione gli pervenisse in proposito. Anche il discorso pronunziato dal signor Freycinet alla Camera francese intorno alla questione egiziana, che trasmesso qui telegraficamente in riassunto era stato trovato corretto, non fece più la stessa impressione allorché se ne conobbe il testo in estensum. Però tanto d'una cosa come dell'altra se il governo imperiale ebbe a tenerne conto, non credette necessario farne oggetto di ufficiale osservazione *. La sola risposta che verbalmente il conte Kalnoky ebbe a dare ai due ambasciatori si fu: ch'egli non poteva rispondere prima di essersi posto d'accordo coi tre altri Gabinetti. Non mancò però al tempo stesso di porre in sodo, che in quanto a dare all'ambasciatore imperiale a Costantinopoli istruzioni nel senso richiestogli dalle due Potenze occidentali, egli non poteva se non astenersene, trovando assai difficile invitare il Sultano, sovrano dell'Egitto, a non fare ciò che stanno facendo altre Potenze che non hanno pari titolo per interessarsi agli affari di quel Paese. Finalmente conchiudeva che lo sviluppo ulteriore della questione dipenderebbe essenzialmente dal modo col quale le due Potenze spiegherebbero a Costantinopoli l'attitudine da esse assunta e troverebbero modo di tranquillizzare il Sultano intorno

ai loro intendimenti.

Il conte Kalnoky, nel darmi di ciò conoscenza, incaricavami altresì di pregare l'E. V. a volergli a sua volta far conoscere il suo apprezzamento intorno alla comunicazione anglo-francese. Ciò io feci in base al successivo telegramma del giorno 19 (l) e mi è grato il dirle signor ministro che il conte Kalnoky si mostrò assai lieto della piena conformità di vedute dei due Gabinetti.

Quello stesso giorno 17 e successivamente altre volte ancora, in conseguenza degli insistenti telegrammi direttimi dall'E. V., ebbi poi a tener parola al conte Kalnoky della eventualità che il governo italiano si trovasse costretto, spinto dalle esigenze della situazione che da un momento all'altro potrebbe farsi assai pericolosa per la numerosissima nostra colonia in Egitto, ad inviare alcune navi da guerra nel porto d'Alessandria a tutela dei nostri nazionali. Il R. Governo desiderare però anche in ciò procedere anzitutto d'accordo con le altre Potenze.

S. E. dichiarommi costantemente a questo proposito che il governo imperiale non ravvisava, per conto suo, né opportuno né necessario di ciò fare, non risultando che i cristiani corressero pericolo di sorta in Egitto, osservando inoltre che se effettivamente poi dovesser nascere torbidi a danno dei forestieri, ciò si verificherebbe al Cairo dove sarebbero impotenti a proteggerli le navi ancorate al porto d'Alessandria. Il conte Kalnoky ammetteva pienamente la specialità della situazione dell'Italia *in quella faccenda*, stante la così numerosa sua colonia, e non solo non disconosceva il nostro diritto d'inviare colà

{l) Non pubblicato nel vol. XIV della serle II.

alcune navi da guerra a tutela dei nostri sudditi, ma aggiungeva ancora che un passo simile non uscirebbe certamente dalla cerchia dell'accordo fra le Potenze: lasciavami però intendere che quell'accordo sarebbe in certa maniera indebolito dalla nostra azione isolata e che, d'altra parte, potrebbe assai facilmente metterei in una difficile posizione a fronte delle due Potenze occidentali la di cui situazione, se non sancita dagli altri Gabinetti * almeno da essi non contrastata*, è di fatto preponderante in questo momento in Egitto, anche mercè le forze marittime da loro colà raccolte, le quali non possono a meno d'accrescere autorità ai loro rispettivi agenti diplomatici al Cairo.

I ragionamenti svoltimi dal conte Kalnoky per dimostrarmi la non convenienza d'inviare per ora navi nelle acque dell'Egitto, miravano essenzialmente a porre in sodo che l'attuale situazione deve essere considerata da due punti di vista ben distinti: l'uno dei quali si è la questione generale d'interesse europeo che è di primo ordine ed al cui riguardo non si saprebbe procedere con sufficiente cautela; l'altro la protezione dei nazionali che per ora non sono minacciati, ma che se anche per mala ventura venissero a correr pericoli, sarebbe pur sempre da considerarsi se megl!o non convenga di fare momentaneamente astrazione del dovere e del diritto di protezione verso i sudditi che ad ogni Stato incombe, affine di non compromettere ben più gravi interessi che un passo falso potrebbe danneggiare irreparabilmente.

Confesso che questi ragionamenti mi persuasero non poco, essendomi di più convinto che effettivamente la Germania e l'Austria non si propongono per ora di far sventolare la loro bandiera nel porto di Alessandria. Mi permisi dunque, * con una insistenza di cui chiedo venia *, di raccomandare rispettosamente all'E. V. l'astensione per intanto dell'invio di navi italiane ad Alessandria, poiché ciò che a me pare sia più da temersi in questa questione egiziana che travasi in oggi posta in sì brusca maniera sul tappeto dalla Francia e dall'Inghilterra e che a mio avviso non sarà né facilmente né sollecitamente composta, si è lo sfasciarsi del concerto europeo e quindi l'isolamento per l'Italia. A costo anche di sacrifici morali, oggi dobbiamo, a me sembra, tenerci stretti all'Austria ed alla Germania; la Russia camminerà anche in nostra compagnia ed assai probabilmente quell'accordo, in apparenza passivo, avrà di fatto maggiore efficacia a fronte dell'effimero accordo francoinglese, che non avrebbe l'impotente isolata azione di una sola Potenza od anche la recisa resistenza dei quattro Gabinetti che forse cementerebbe più fortemente l'accordo dei Gabinetti di Parigi e di Londra mettendo in giuoco nei due Paesi l'amor proprio nazionale.

Nel sottoporre oggi a conferma dei miei precedenti telegrammi queste mie considerazioni all'E. V. in appoggio a quelle svolte dal conte Kalnoky, non mi dissimulo che la situazione può cambiare da un momento all'altro, ma anche da questo punto di vista parmi indispensabile per noi il tenerci stretti ai due imperi e continuare a fare con essi causa comune in questa vertenza egiziana. Poiché indubbiamente troveremo in loro compagnia, comunque volgano le cose, miglior mezzo di tutelare anche i nostri speciali interessi che se ci trovassimo soli come ci capitò in passato.

(l) -Ed. in LV 35, p. 135. (2) -Non pubblicato nel vol. XVI della serie II. (3) -Ed., ad eccezione dei brani tra asterischi in LV 35, pp. 135-137. (4) -Non pubblicato nel vol. XIV della serie II. (5) -Cfr., serie II, vol. XIV, n. 767.
6

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 686. Berlino, 22 maggio 1882, ore 18,42 (per. ore 20,10).

J'ai donné connaissance de la première partie de votre télégramme d'hier soir (l); j'en ai pris occasion pour insister sur urgence d'une entente commune pour répondre à la communication anglo-française; le sous secrétaire d'Etat m'a dit que Keudell avait reçu toutes les données pour l'echange d'idées, mais que l'Allemagne ne prenait pas initiative. J'ai communiqué l'avis de V. E. sur la substance de la réponse à faire. Sous secrétaire d'Etat m'a laissé entendre qu'on était d'accord sur le fond, mais qu'il manquait la formule pour laquelle le Cabinet de Berlin, ne se mettrait pas en avant; en attendant tout en évitant tout ce qui pourrait pousser la Turquie à s'écarter d'une ligne modérée et amener des complications, il ne croit pa!'t lui aussi devoir prendre la responsabilité de recommander au Sultan l'abstention. Le sous secrétaire d'Etat persistait à penser que si on faisait à Paris et à Londres une réponse conçue en des termes de nature à blesser ces Cabinets, on les amènerait peut etre à dire que dans cette situation leur action séparée devrait ètre placée en drhors du concert européen. Il me semble que nous devrions chercher à nous mettre d'accord en première ligne avec l'Autriche plus intéréssée que l'Allemagne dans la question égyptienne.

7

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (2)

R. 871. Cairo, 22 maggio 1882 (per. il 29).

Conchiudevo il precedente rapporto in data del 14 corrente n. 870 (3), riferendo all'E. V. la soluzione delle difficoltà presenti sulla base della formazione di un nuovo ministero che sarebbe stato presieduto da Mustafà pascià Fehmi, ministro degli Affari Esteri nel Gabinetto di Mahmud pascià.

Questa soluzione, che si credette convenuta dai mediatori per previo accordo con le parti interessate, produsse pessimo effetto nell'opinione pubblica, perché si riteneva come un atto di debolezza del Kedive, e d'incertezza nelle risoluzioni delle due Potenze, di fronte all'attitudine minacciosa del partito mili

tare. Il signor Malet ebbe a dirla consigliata per guadagnar tempo, e per non provocare qualche folle attentato contro la persona del Kedive.

Il rifiuto di Mustafà pascià d'accettare la presidenza d'un nuovo ministero complicò più che mai la situazione, ed inasprì maggiormente l'animosità tra Kedive e ministri. Arabi pascià, minacciando una dimostrazione armata con~ro il palazzo, impose al Kedive di mantenere al potere il Gabinetto Mahmud.

Fu quello il momento più critico nello svolgimento degli avvenimenti, tanto che gli agenti di Francia e d'Inghilterra si decisero di rendersi presso Arabi, e renderlo personalmente responsabile dei tristi avvenimenti che potessero succedere.

Contemporaneamente un primo telegramma da Parigi annunziava in viaggio una potente squadra anglo-francese, con truppe da sbarco, e seguita da alcuni bastimenti turchi. Il linguaggio energico dei due agenti, e la notizia, benché non ufficiale, di un intervento deciso tra le due Potenze e la Turchia, impedirono e la dimostrazione, e fatti gravi.

E per le stesse ragioni che fecero consigliare l'accettazione d'un ministero Mustafà, i due agenti consigliarono il mantenimento del Gabinetto Mahmud. I ministri si resero a palazzo a far atto di sottomissione al Kedive, il quale disse loro chiaramente che cedeva per scongiurare i pericoli che minacciano il Paese, ed annunziò loro l'arrivo della squadra anglo-francese.

* S'incominciava dalle due parti un giuoco di astuzia. Sua Altezza, è già ben rassicurato sull'accordo delle due Potenze di annientare il potere militare che ha gettato il Paese nell'anarchia, dissolvendo l'armata, ed esigendo l'esilio di Arabi, e di tutti i capi pretoriani *.

Diversi giorni trascorsero con alternative incerte e contraddittorie sulla situazione; ma ha sempre predominata l'opinione che Araby resisterà, se l'azione della Turchia non sia associata a quella delle due Potenze.

Il giorno 18 tre cannoniere francesi entrarono nel canale per stazionare a Port-Said, Ismailia e Suez.

Il giorno 20 arrivò ad Alessandria una parte della squadra composta di sette bastimenti, quattro inglesi, e tre francesi; ma fin'oggi le negoziazioni non sono incominciate. Si vuole che i due agenti non abbiano ancora ricevuto istruzioni complete. E che anche il Kedive non potrebbe forse trattare, non avendone l'autorizzazione dalla Porta, benché gliel'abbia chiesta da parecchi giorni.

Al telegramma di V. E. del 19 (l) ho risposto il giorno successivo (2), informandola che il collega austriaco lasciando il suo governo giudice a decidere sulla opportunità di mandare in Alessandria dei legni da guerra per la dignità nazionale dell'impero, si è riservato di chiederlo telegraficamente qualora dei pericoli minacciassero i suoi nazionali. Perfettamente d'accordo in questa opinione, non vediamo, almeno per il momento, nessun indizio di necessità urgente di protezione per le colonie.

(l) -Cfr. n. l. (2) -Ed. con data 20 maggio, ad eccezione del brano tra asterischi e con alcune varianti, in LV 35, pp. 145-146. (3) -Non pubblicato nel vol. XIV della serie II. (l) -Non pubblicato nel vol. XIV della serle II. (2) -Cfr. serie II, vol. XIV, n. 789.
8

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 687. Pietroburgo, 23 maggio 1882, ore 0,06 (per. ore 1,35).

J'ai communiqué à Giers contenu de votre télégramme d'hier (1). S. E. m'a répondu constatant qu'en substance nous sommes d'accord, mais qu'ils faut donner à l'entente, quand elle sera établie entre les quatre Cabinets, la forme précise d'une réponse à faire aux gouvernements anglais et français, et qu'il est par conséquent nécessaire que l'un des quatre Cabinets prenne l'initiative. Giers me charge de vous faire part de cette manière de voir, et d'informer V. E. qu'il va écrire dans ce meme sens à Berlin et à Petersbourg.

9

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 689. Cairo, 23 maggio 1882, ore 11,35 (per. ore 13,40).

Vice roi reçu télégramme du Sultan qui lui ordonne d'accepter toute proposition des deux Puissances, mais de ne pas signer une convention sans son autorisation. Les négociations officielles n'étant pas encore commencées, entrevues ont lieu entre Araby et agent français, sur les conditions de son éloignement du Pays, ed des autres chefs militaires. Sur ce point il y a divergence d'opinion entre les deux agents. J'ai pu voir que l'agent anglais se méfie de son collègue. Sureté publique sans danger pour le moment. Deux frégates grecques arrivées à Alexandrie pour la protection des nationaux.

10

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 691. Vienna, 23 maggio 1882, ore 17 (per. ore 19,10).

Cabinet de Vienne a reçu télégramme ambassadeur à Pétersbourg qui informe

M. de Giers etre venu lui dire qu'il se propose prier prince de Bismarck formuler réponse à adresser à communication anglo-française. Ceci a modifié projets du

lO

gouvernement impérial, et Kalnoky m'a dit aujourd'hui que ce qu'il n'entend pas c'est de prendre initiative de cette réponse; mais que si un autre la prend et les Puissances tomberont d'accord sur formule qui coYncide avec idées qu'il a déjà exprimées, il s'y associera. Il m'a répété que sa première réponse verbale aux représentants France et Angleterre avait déjà produit un effet notable sur ces deux Gouvernements. Notre conversation s'étant prolongée sur question égyptienne, Kalnoky me faisait sentir que l'Allemagne n'ayant qu'un intérét général à la question Egypte et aucun intérét particulier, se trouve dans une situation différente à cet égard, de l'Italie et de l'Autriche, ce qui explique l'attitude passive qu'elle voudrait voir exercer par les trois autres, en face des deux Puissances occidentales, dont l'action jusqu'ici ne la contrarie· nullement. Le discours me laisse soupçonner que le Cabinet autrichien ne demande pas mieux que de sortir de son inaction par la porte que lui ouvre initiative russe, d'autant plus qu'il ajouterait que si Giers tient ce langage, c'est parce qu'il s'est déjà assuré de l'assentiment de Bismarck. Il n'a pas cependant omis de dire que ce à quoi le chancelier tient surtout c'est à ne pas diviser l'Europe en deux camps, désir qu'il partage également; il continue à se flatter que l'accord entre la France et l'Angleterre ne durera pas longtemps.

(l) Cfr. n. l.

11

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 2344. Costantinopoli, 23 maggio 1882 (per. il 30).

Avant'ieri feci ritorno in questa residenza. La sera istessa S. M. il Sultano mandò il suo segretario Raghib bey a felicitarmi dell'arrivo, incaricarmi d'esprimere al R. Governo la viva riconoscenza che S. M. aveva risentito per le dichiarazioni dall'E. V. fatte al suo ambasciatore in ordine alle recenti comunicazioni della Sublime Porta sull'Egitto ed invitarmi alla mensa imperiale per l'indomani, il quale invito era poi rimesso a stasera.

Ieri mi trasferii alla Sublime Porta per fare le mie visite al nuovo ministro degli Affari Esteri ed al primo ministro. Dopo lo scambio delle usate cortesie, Said pascià mi parlava della quistione egiziana, e diceva il governo imperiale avere grandemente deplorato l'invio delle squadre di Francia e d'Inghilterra ad Alessandria, imperocché, a suo avviso, la presenza di esse non poteva che compromettere l'autorità del Kedive epperò aggravare sempre più la situazione; quei governi avere agito contrariamente ai principii di diritto pubblico, la sovranità di quel territorio appartenendo a S. M. il Sultano; però, malgrado la manifesta provocazione, la Sublime Porta aveva usato la massima calma e moderazione, si era astenuta dal mandare navi da guerra in quelle acque, e nelle sue comunica

zioni alle Potenze aveva usato un linguaggio oltremodo conciliante, sperava che la dimostrazione navale avrebbe pronto fine. Cui risposi la saggia moderazione di cui la Sublime Porta aveva fatto prova in questa congiuntura essere senza dubbio il miglior mezzo d'affrettare la realizzazione di questo giusto desiderio.

S. E. mi significava poscia la Maestà del Sultano ed il governo di Essa avere provato la più viva soddisfazione per l'accoglienza dall'E. V. fatta alle recenti comunicazioni di cotesto ambasciatore di S. M., le notizie che s'avevano da Vienna e da Pietroburgo erano nel medesimo senso, quelle di Berlino erano concepite in termini più vaghi e generali. Ed il signor ministro venne indi a parlare dell'intendimento del R. Governo di mandare una corazzata a Porto Said di cui aveva avuto notizie la mattina istessa e non mi celò l'impressione penosa che quell'annunzio aveva prodotto sui ministri del Sultano, poiché nessun'altra delle grandi Potenze aveva presa analoga determinazione e l'esempio potrebbe essere seguito da altri, il che potrebbe per avventura provocare maggiori complicazioni. Rassicurai S. E., il R. Governo avere di fatto voluto usare della massima prudenza astenendosi dal mandare la corazzata ad Alessandria; però non avendo in questò momento per caso alcuna nave in quella regione, intendesse mandarne una a Porto Said, né essa si trasferirebbe ad Alessandria se non quando occorresse di provvedere ad imminenti pericoli per la nostra colonia. Cui S. E. soggiunse non comprendere come le colonie estere di Alessandria potessero correre alcun pericolo poiché la popolazione indigena in quella città non costituiva che un'infima minoranza e mi pregava istantemente di vedere se v'era mezzo di prevenire l'invio della corazzata italiana in Egitto nelle presenti congiunture, né io assumeva alcun impegno in proposito. S. E. coglieva l'occasione per far menzione della risoluzione presa dal governo ellenico di mandare due navi da guerra ad Alessandria, e si esprimeva in termini assai severi a questo riguardo, aggiungendo avere fatte le più vive istanze ad Atene onde quella risoluzione fosse revocata, oppure, se le navi fossero già partite, venissero immediatamente richiamate. Ed il ministro di Grecia mi diceva indi avere interposto caldi offici in questo senso presso il suo governo, e sperava d'ottenere l'intento.

Vidi poscia il primo ministro il quale mi teneva analogo linguaggio riguardo alla questione d'Egitto rimanendo però sulle generali.

Gli ambasciatori di Francia e d'Inghilterra si espressero meco in termini di approvazione per la condotta saggia e moderata tenuta dal governo ottomano nelle presenti congiunture. S. M. il Sultano era invero stata vivamente commossa al primo annunzio dell'invio delle squadre alleate in Egitto, aveva ordinato d'allestire alcune navi, * aveva messo alla disposizione del ministro della Marina tutti i suoi averi e le sue gioie *, ma erano indi subentrati consigli più saggi e prudenti, gli ordini dati di preparare le navi da guerra erano revocati e comunicazioni in questo senso erano fatte al marchese di Noailles ed a lord Dufferin. E questi nutrivano ora la speranza che le nubi andrebbero a poco a poco diradandosi.

De' miei colloqui coi ministri di Sua Maestà io ebbi l'onore di dar ieri un riassunto telegrafico all'E. V. (l).

(l) Ed., ad eccezione del brano tra asterischi in LV 35, pp. 144-145.

(l) T. 683 del 22 maggio 1882, non pubblicato.

12

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO A BELGRADO, TOSI

L. P. Vienna, 23 maggio 1882.

Mantengo la promessa che le ho fatto, annunciandole che il giorno 20 corrente « ... les plenlpotentiaires etc. y ont apposé le sceau rle Ieurs armes »!

Grazie mille per la sua lettera del 20 (1), e pel permesso gentilmente concessomi di ficcar il naso nei suoi rapporti sempre interessanti, ma questa volta ancora più del solito, avendo essi tratto ad incidenti di cui molto si parlò qui. La banda montenegrina-russa-bulgara fu dunque arretrata e disarmata dai serbi che si resero così una volta di più benemeriti dal Gabinetto di Vienna.

Passò di qui Tornielli per far ritorno a Bukarest, ed era assai di malumore poiché vorrebbe lasciare il suo attuale posto, ma per cambiarlo contro una ambasciata che pare non gli vogliano dare per ora. Intanto il Nigra si rifiutò recisamente di andare a Parigi, e non sanno chi mandare.

La dimostrazione navale anglo-francese in Alessandria causa un immenso malumore a Roma, si vuole restar uniti alla Germania ed all'Austria non essendoci per noi altra via da scegliere, ma viceversa la Germania pei suoi fini particolari non intende contrastare l'azione della Francia, e quindi siamo costretti a star impassibili a fronte di ciò che può da un momento all'altro succedere nella terra dei faraoni. Sono riuscito a trattenere il governo dal mandare la squadra ad Alessandria, ma non fu senza fatica. Era però chiaro che sarebbe stato sommamente inopportuno far sventolare colà la nostra bandiera con grave rischio di comprometterla, non potendo sperare di vedere al suo fianco quella della Germania e dell'Austria. Non ho avuto che da lodarmi grandemente in questi ultimi tempi di Mancini che si mostrò meco di un'arrendevolezza estrema, pur di raggiungere il fine, la sua volontà cedette sempre dinanzi alle mie osservazioni. Fu però un tempo di dura lotta, e francamente sono stanco. Del resto le difficoltà per me non finiscono mai quando una è appianata ne viene fuori un'altra, e si capisce; poiché a Roma il punto di vista è così differente da quello di Vienna che le cose si vedono sempre in modo diametralmente opposto dall'una e dall'altra capitale.

Il Wimpffen è traslocato a Parigi al posto rli Beust quasi completamente rammollito, e non più tollerato da... Bismarck. Ma ora nasce la questione del successore a Roma, il nostro ministero ha preso una cantonata orribile, ed io ho spedito ieri uno di quei telegrammi che fanno restar di sale chi li riceve (2). La prima risposta fu tosto «suspendez toute démarche jusqu'à ce que vous receviez des nouvelles instructions » (2), ma queste non mi sono ancora giunte, vedremo.

Galvagna non avendo ricevuto risposta da lei intorno a quel certo pacco qui pervenuto al di lei indirizzo che si suppone contenga un cifrario, lo ha affidato al conte Essen ministro di Svezia che si reca questi giorni a Belgrado per felicitare Sua Maestà. Egli è un grande amico nostro e quindi glielo raccomando. Le raccomando pure caldamente il conte Zuylen ministro dei Paesi Bassi che anche lui andrà a Belgrado ma un po' più tardi, anzi gli ho promesso una lettera per Lei. E' il collega che vedo più soventi, Egli ha molta capacità e serietà, tiene dietro con grande attenzione a tutte quelle questioni commerciali ed altre che sfuggono a chi è costretto di occuparsi di affari di politica generale, ricorro dunque soventi ai suoi lumi per tutte quelle altre precitate questioni con non poco vantaggio per me. Se dunque potrà giovargli dandogli quelle informazioni e direzioni di cui potrebbe richiederla mi farà cosa grata.

Il tempo mi mancò per scriverle nei giorni scorsi e ciò causò il ritardo a spedirle la cassetta di cui le chiedo venia.

(l) -Non pubblicata nel vol. XIV della serle II. (2) -Non pubblicato.
13

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 696. Costantinopoli, 24 maggio 1882 ore 10,10 (per. ore 22,15).

Sultan vient de me faire dire qu'il a reçu télégramme du commandant des troupes impériales à Tripoli, portant que les français se battent contre les tribus indigènes près de la frontière tripolitaine. Sa Majesté n'a pris jusqu'ici aucune résolution à cet égard, et désirerait avoir avis du gouvernement du Roi là dessus.

14

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 694. Cairo, 24 maggio 1882, ore 11,05 (per. ore 17,30).

Les négociations officieuses, quelque temps secrètes, agent français avec Araby auxquelles l'agent anglais n'a pris aucune part, ont abouti à un résultat entièrement négatif poussant plus que jamais parti militaire à la résistance. C'est le résultat qu'on prévoyait de la fausse politique de n'avoir pas fait intervenir dès le commencement la Porte, qui conduit maintenant les deux Puissances à une lntervention armée qui rallierait tout le pays à Araby et menacerait immenses dangers aux colonies. On a subi l'échec de demander elles memes l'autorisation armée turque, que la France, comme encore hier son agent le disait à Cherif pacha, ne voulait à aucun prix. La position est devenue telle qu'on doit la résoudre par les armes. On suppose que le Kedive en sera la victime.

15

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. 354. Roma, 24 maggio 1882, ore 17,10.

Je vous confirme que notre cuirassé envoyé à Port-Said, a instruction précise de ne pas se rendre à Alexandrie, à moins qu'elle ne soit appelée par le Consul dans la seule éventualité d'un danger imminent pour nos nationaux. Le caractère et le but de cet envoi sont ainsi nettemente déterminés, et ce n'est point le meme cas que celui des navires grecs à Alexandrie nous espérons que ces éclaircissements seront regardés comme pleinement suffisants d'autant plus que malgré des nouvelles plus rassurantes du Caire, nous prendrions une grave responsabilité, si nous n'avions pas au moins un navire à proximité pour le cas de besoin urgent.

16

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 2345. Costantinopoli, 24 maggio 1882 (per. il 30).

Ieri ebbi l'onore di pranzare a palazzo. S. M. mi aveva fatto sapere trattarsi d'un pranzo di famiglia, senza decorazioni, e non erano presenti che S. A. Kairredin pascià, Dervish pascià, Osman pascià e pochi altri. S. M. si degnò accogliermi con ogni specie di cortesia, e già prima del pranzo m'intrattenne privatamente. Essa m'espresse nuovamente la riconoscenza che professava per le espressioni usate dall'E. V. riguardo ai recenti eventi, e m'incaricò di farmi l'interprete di questi sentimenti presso S. M. il Re e l'E. V. Disse poscia volermi comunicare un telegramma che aveva ricevuto il giorno istesso da Berlino, il quale era concepito nei seguenti termini: «Il governo germanico considerando le domande dei governi di Francia e d'Inghilterra come ingiuste, il principe Bismark aveva fatto osservazioni in questo senso a Parigi ed a Londra ». Mi limitai a ringraziare S. M. della comunicazione, né credetti opportuno di domandare maggiori spiegazioni. Sapendo d'altra parte eome S. M. avesse insistito affinché quel governo interponesse i suoi officii presso quelli di Francia e d'Inghilterra in ordine alla quistione egiziana, era evidente questa essere la risposta che ne aveva ricevuto.

Dopo il pranzo S. M. si compiacque intrattenermi ancora di materie politiche, ed il colloquio versò sopratutto sulla spedizione delle squadre francesi ed inglesi ad Alessandria. Essa volle provarmi con lungo ragionamento quella misura essere contraria al diritto delle genti, poiché lo stato delle cose in Egitto non esigeva l'intervento di forze estere, né quei governi avevano, in ogni caso, il diritto di ricorrere alla forza, questo diritto non potendo appartenere che alla Potenza Sovrana, e s'allargò assai sopra questo argomento.

S. M. si degnava indi domandarmi se avessi approvata la condotta del governo imperiale in questa congiuntura, cui risposi la prudenza e la moderazione usate da esso avere meritato l'encomio di tutte le Potenze amiche della Turchia; l'Italia cui stavano sommamente a cuore la prosperità dell'impero ed il mantenimento dell'integrità di esso non potere che applaudirvi. S. M. si espresse indi in termini di confidenza nell'avvenire, appoggiandosi sulle dichiarazioni eminentemente soddisfacenti che erano state fatte ai suoi rappresentanti presso le quattro Potenze. E mi diede commiato ripetendomi le benigne espressioni colle quali m'aveva accolto.

17

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 697. Cairo, 25 maggio 1882, ore 11,10 (per. ore 12,10).

On suppose que la Turquie, trompant Araby dans ses intentions à son égard, l'encourage à la résistance pour forcer les deux Puissances à demander son intervention, pour éviter les grands dangers auxquels seraient ésposés le Pays et les colonies, en cas de guerre, où le fanatisme religieux se dévoilerait en toute sa force. Mes trois collègues partagent opinion qu'une intervention turque seule pourrait résoudre la question, sans danger pour nos nationaux. Ils ont référé dans ce sens à leurs gouvernements. Je sais que l'agent anglais en a fait autant. On m'assure le méme du français après l'insuccès de ses démarches officieuses.

18

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 699. Costantinopoli, 25 maggio 1882, ore 11,52 (per. ore 23,45).

Ambassadeurs de France et d'Angleterre ont fait aujourd'hui une communication à la Porte, portant que leurs gouvernements n'ont pas demandé la participation du gouvernement turc aux mesures récemment prises au sujet de l'Egypte parce qu'il s'agissait seulement de sauvegarder les intérets européens, mais que si la souveraineté du Sultan venait se trouver en jeu, ils demanderaient l'intervention du gouvernement turc. Je viens aussi d'apprendre d'une source éminemment confidentielle que le Kedive ayant exprimé intention de se rendre à Alexandrie, gouvernement français ne voulant pas assumer responsabilité des conséquences a appuyé ce projet.

19

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 698. Berlino, 25 maggio 1882, ore 17,55 (per. ore 19).

Hier ambassadeur d'Angleterre et aujourd'hui ambassadeur de France ont communiqué ici texte d'un télégramme identique de leurs gouvernements sur affaires égyptiennes; meme communication ayant du etre faite à Rome je m'abstiens d'en donner la substance. Le sous secrétaire d'Etat a dit à ces diplomates que le Cabinet de Berlin avant de répondre allait se mettre en rapport avec les quatre Cabinets, mais que d'après l'impression produite dans son esprit par ce télégramme il est disposé à se déclarer satisfait de la communication. Les Puissances occidentales en se réservant de se concerter avec les autres Cabinets sur les mesures ultérieures éventuelles, se placent dans un ordre d'idées conforme aux principes du concert européen. Ce serait dans ce sens, que l'Allemagne, en ce qui la concerne, serait prete à répondre et à exprimer en meme temps des remerciments. Elle subordonne son avis à celui des trois autres Cabinets. La communicatìon dont il s'agit, et les explications reçues sur l'attitude antérieure de la France et de l'Angleterre rendent superflu, ajoutait le sous secrétaire d'Etat, de répondre au désir qu'elles avaient exprimé, en notifiant l'envoi de leurs escadres à Alexandrie.

20

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. S. N. Vienna, 25 maggio 1882, ore 18,20 (per. ore 20,30).

En conséquence du télégramme de V. E. d'hier de Milan (1), je viens de m'acquitter de la double commission dont j'étais chargé.

Kalnoky s'est montré très sensible au désir du Roi et du gouvernement de

conserver Wimpffen, mais ceci n'est plus possible, agrément ayant été déjà

demandé pour lui au gouvernement français, et d'ailleurs ce poste ayant été

promis depuis longtemps à Wimpffen qui le désirait vivement; j'ai ensuite touché question de Ludolf avec la plus grande délicatesse, mais j'ai trouvé une situation tout à fait compromise, car on lui a déjà notifié son avancement et meme aussi déjà fait annoncer le successeur au Roi d'Espagne. Aucun raisonnement au monde ne fera jamais comprendre à Kalnoky l'importance des raisons mises en avant par le gouvernement du Roi pour désirer qu'on revienne sur le choix fait. On ne saisit pas ici nos questions de parti et de personne. Tout ce qui en découle reste incompréhensible pour les autrichiens. Kalnoky me charge de dire à V. E. qu'il se trouve dans un embarras extreme et qu'il en refèrera à l'Empereur, qui doit revenir samedi; il aurait voulu donner à V. E. le temps de faire plus mure réflexion, mais je lui ai dit qu'elle ne pourrait pas ·Changer l'état de choses. Je n'ai pas hésité à dire que, si on insistait sur ce choix, on ne refuserait pas l'agrément, mais que le nouvel ambassadeur se trouverait sur un mauvais lit dès le commencement avec grand désavantage des rapports qui devraient etre si intimes. J'aurai une réponse quand l'Empereur sera revenu, je pense dimanche; mais, quelque puisse etre l'issue de cet incident, j'ai du constater par mon entretien avec Kalnoky qu'il aura des conséquences fort déplorables pour les relations entre les deux Etats car dès aujourd'hui on s'est montré tres froissé ici et on en gardera rancune. Wimpffen a déjà depuis trois jours l'ordre de demander l'agrément pour Ludolf; il a probablement retardé en attendant le retour de V. E. Je prie encore une fois le gouvernement du Roi de réflechir bien sérieusement tant qu'il en est encore temps et de ne pas compromettre le fruit de la politique suivie jusqu'ici, mais il faudrait que l'E. V. m'autorise à déclarer immédiatement comme non avenues les ouvertures que j'ai faites aujourd'hui par rapport à Ludolf (1).

(l) Non pubblicato.

21

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. S. N. Berlino, 25 maggio 1882 (2).

J'ai l'honneur de remercier V. E. des documents qu'Elle m'a transmis par le Courrier Anielli arrivé ici le 19 mai. Je recevais en meme temps et par la meme occasion, grace à l'obligeance du comte de Robilant, une copie du Traité (3) tel qu'il a été signé le lendemain à Vienne.

Ayant maintenant ces papiers sous les yeux, il me semble, somme toute, que nous avons lieu d'en etre plutòt satisfaits. On ne saurait oublier que l'accord a été conclu à la suite d'événements dont la pression nous òtait quelque chose d'une pleine et entière liberté morale. Il fallait sortir au plus tòt de la position périlleuse où nous nous trouvions placés, entre une France qui, sur le terrain politique, ne nous montre que mauvais vouloir, et une Autriche qui

proteste contre toute idée de revenir sur les faits accomplis, mais qui ne s'était pas moins en 1879 assuré le concours éventuel de l'Allemagne contre l'Italie. Sans doute, nous aurions obtenu des conditions meilleures si nous avions pu attendre qu'on vint à nous, au lieu de prendre nous-memes les devants. Nous aurions peut-etre réussi, entre autres, à stipuler une garantie réciproque des territoires. Mais, comme il y avait péril en la demeure, il convenait de passer outre en visant sinon le mieux, du moins le possible.

Je ne puis que me référer aux considérations que j'ai déjà émises dans mon rapport du 27 avril dernier (1), et si je me permets encore des remarques, c'est surtout dans le but d'avoir quelques éclaircissements ultérieurs.

Ni dans vos dépeches, ni dans les rapports du comte de Robilant, je ne vois d'explication sur les mots du préambule « maintien intact de l'ordre social ». Je ne me souviens pas de l'emploi de semblables expressions dans un Traité international. Elles signifient évidemment l'ensemble des règles qui font la sureté de la société, en y comprenant le principe monarchique. A-t-on voulu aussi comprendre dans cet ordre d'idées ce qui est destiné à assurer la répression des crimes et délits de droit commun par des Traités d'extradition qui réagiraient contre les abus du droit d'asile pour les crimes et délits revetant un caractère politique? C'est là une question fort délicate et je n'en parle que pour etre fixé sur une interprétation que pour mon compte je désirerais ne pas savoir trop restrictive.

A défaut de la garantie de territoire, le mot « sécurité » est heureusement intercalé pour remplir dans une certaine mesure la lacune. Au reste, tous les Traités de ce genre sont des contrats bonae !idei. Ils obligent non seulement à tout ce qui a été stipulé expressément, mais aussi à ce qui convient le mieux à la matière du contrat et aux communes intentions des contractants. Or, .on ne saurait admettre que, pendant la durée du Traité, ni l'Autriche, ni l'Allemagne favorisent une combinaison quelconque attentatoire à notre intégrité territoriale. L'article 1er vient à l'appui de ce raisonnement, puisqu'il stipule que les Parties contractantes n'entreront dans aucun engagement dirigé contre l'un de leurs Etats. Il est en outre évident que, en cas de guerre, aucune des Parties alliées ne peut s'agrandir aux dépens des autres, et que chacune devrait restituer ce qui aurait été enlevée à la Partie alliée par l'ennemi après l'avoir recouvré sur lui.

Le premier alinéa de l'article II ne laisse rien à désirer comme clarté de rédaction. Si la France nous attaque, sans provocation directe de notre part, l'Allemagne et l'Autriche nous doivent assistance avec toutes leurs forces. Si s'est au contraire, selon le deuxième alinéa, la France qui attaque l'Allemagne, nous avons l'obbligation de preter main forte à cette dernière. L'Autriche alors, il faut le sous-entendre, observerait une neutralité bienveillante. Néanmoins cette attitude de l'Autriche ne cadrerait pas avec les engagements pris lors du voyage du prince de Bismarck à Vienne en 1879. Ainsi que le mandait le chevalier Nigra dans son rapport du 23/11 février (2) (annexe à la dépéche de V. E. n. 1260), le Cabinet austro-hongrois s'était engagé définitivement dans le cas aussi d'une

guerre de la France contre l'Allemagne. Souhaitons qu'il en soit ainsi, car alors notre tache ne présenterait plus autant de difficultés.

L'article III, camme l'article IV sont conçus de manière à ouvrir la porte aux équivoques et aux malentendus. On a comparé le prince de Bismarck à une baite à surprise. Dieu sait tout ce qu'il fera sortir de ces dispositions dont la paternité lui appartient, à en juger par les réponses assez embarassées du comte Kalnoky au comte de Robilant, réponses qui pourraient se traduire par la formule venant en ligne droite de Berlin: Sit pro ratione voluntas. V. E. me dit dans sa lettre particulière qu'une déclaration spéciale a été faite relativement à l'Angleterre. La copie de cette déclaration manque dans l'envoi qui m'est parvenu, et je tiendrais beaucoup à la recevoir. Il serait vraiment très regrettable que l'Angleterre, l'ancienne et fidèle alliée de la Maison de Savoie, se trouvat comprise sous la désignation de deux ou plusieur grandes Puissances. Il est également à regretter que nous avons rencontré des difficultés insurmontables pour faire accepter notre amendement à l'article IV. Du moins, il a été constaté que la Turquie ne figurait pas sous la denomination de grande Puissance.

A propos de l'article V, le passé doit nous servir d'enseignement pour l'avenir. Si le casus joederis se présente, il faudrait s'y prendre à temps et d'une autre manière qu'en 1866 pour concerter les mesures militaires entre les Etats Majors respectifs.

Les articles VI, VII et VIII ne donnent lieu à aucune observation.

Au reste, des considérations retrospectives ne sont guère de mise en présence du fait accompli. Il serait mème très hazardé d'aborder le terrain des prévisions. Là où les passions humaines s'entremèlent presque toujours aux intérèts, aux principes de l'honneur et de la loyauté, le champ de l'imprévu est très vaste. Les prétextes ne manqueront pas pour reculer au besoin devant l'exécution des engagements. Si les Traités d'alliance constituent une sorte de société entre les pouvoirs contractants, on ne saurait leur appliquer toutes les règles du contrat civil de société, vu que les obligations manquent de sanction à raison de l'absence d'une autorité supérieure pour les faire respecter et exécuter. Nous n'avons pas moins rempli notre devoir envers le Roi et le Pays, en nous assurant à certaines conditions, auxquelles nous ne pouvions nous soustraire sans nous exposer à une rupture des pourparlers, tout ce qu'il était possible d'obtenir dans les conjonctures actuelles. Maintenant il importe de nous mettre en mesure d'observer scrupuleusement nos engagements, et de veiller en mème temps à ce que les prétentions de l'un ou de l'autre allié ne nous entrainent pas au delà des limites déterminées. Il est vrai qu'elles n'ont pas été fixées avec toute la précision désirable. Raison de plus pour que nous nous mettions en position d'inspirer à nos partners le sentiment qu'il ne s'agit pas entre nous d'une société léonine. A cet effet, il convient de procéder sans retard à compléter nos armements sur terre et sur mer pour les amener au point où ils pèsent dans la balance de tout le poids d'une grande Puissance de nom et de fait. Alors non seulement notre concors sera recherché, mais il s'imposera là mème où l'on ne voudrait que notre simple neutralité.

Personne ne peut souhaiter le fléau de la guerre; mais pour consolider un grand Pays, il lui faut une histoire militaire commune, des victoires gagnées sous le meme drapeau, sous la meme Dynastie. Une jeune Nation, comme 1a nòtre, a besoin de faire ses preuves, de retremper son caractère dans les luttes qui lui fassent mieux le prix de son unité. Sans doute, nous ne devrions pas entreprendre une guerre qui ne fUt juste et nécessaire, mais si elle se présente sans que nous l'ayons recherchée, si notre ennemi se nomme France, s'il nous provoque, jamais chance plus favorable ne s'offrirait pour nous. Et chacun rendrait justice alors au gouvernement de nous avoir mis en situation d'accepter le conflit avec l'assistance de deux alliés. L'avantage tournerait certainement de notre còté. Il nous convient de nous préoccuper plutòt de l'éventualité où la France marcherait vers les Vosges et le Rhin, du moment où elle réussirait à entrainer la Russie dans une coalition. Notre tàche deviendrait alors plus ardue, mais non au-dessus de nos forces combinées avec celles de nos alliés, si nous savons piacer notre armée en état de fournir les prestations dues en pareille circonstance. Sous ce rapport de préparation militaire, une très grave responsabilité péserait sur le gouvernement, si les événements nous surprenaient sans que nous nous fussions mis à meme de parer aux éventualités. A l'époque du Congrès, l'on se déchainait contre nos Plénipotentiaires victimes conscientes de l'isolement de l'Italie. (Pour ce qui me concerne je me réfère à ma correspondance confidentielle de 1878). Il ne faudrait pas exposer notre armée, par manque de prévoyance et de précaution, à jouer un ròle au dessous de sa mission. C'est bien alors et avec raison que l'opinion publique s'attaquerait au gouvernement qui, après la signature du Traité du 20 mai, n'aurait pas su ou voulu prendre en temps utile toutes les mesures nécessaires pour remplir ses nouvelles obligations. La meilleure des diplomaties est frappée d'avance d'impuissance, quand à còté d'elle ne se trouve pas une armée capable de soutenir les plans et les résolutions des hommes d'Etat, meme les mieux qualifiés.

_ Personne ne peut prévoir avec quelque certitude la marche des événements durant ces cinq années. Mais si, à l'expiration de ce terme, nous avions intérèt et convenance à prolonger la durée du Traité, nous ne pourrons le faire et sous de meilleures conditions, que si nous avons réussi à inspirer confiance à l'Allemagne et à l'Autriche, et à leur donner des garanties de tout le sérieux de notre conduite politique à l'intérieur comme à l'étranger.

Ci-joint une lettre particulière pour V. E. (1).

(l) -Annotazione a margine d! Blanc: «Comunicato a S. E. ore 3,30 s.». (2) -Manca l'!nd!cazione del giorno di arrivo. (3) -Cfr. serle Il, vol. XIV, n. 792. (l) -Cfr. serle II, vol. XIV, n. 705. (2) -Cfr. serle II, vol. XIV, n. 589.
22

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 708. Costantinopoli, 27 maggio 1882, ore 2,05 (per. ore 13,20).

Ambassadeur d'Angleterre a fait hier une autre communication à la Porte, identique à celle qui avait été faite la veille par ambassadeur de France, por

6 -Documenti diplomatici -Serle II -Vol. XV-XVI

tant que les deux gouvernements n'avaient jamais eu l'intention d'intervenir avec leurs forces en Egypte, et que si la question ne pouvait pas s'arranger pacifiquement, on s'entendrait avec les Puissances et la Turquie sur les mesures ultérieures. On vient de recevoir la nouvelle que le ministère égyptien a donné sa démission, on attribue ce résultat à la communication faite avant hier par les agents de France et d'Angleterre au président du Conseil égyptien (1).

(l) Non allegata.

23

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 707. Cairo, 27 maggio 1882, ore 10,10 (per. ore 13,15).

Cette nuit le ministère a envoyé ses démissions au vice roi, sans répondre à la note officielle des deux agents et sans accepter les conditions exigées par les deux Puissances, disant seulement que le nouveau ministère décidera les questions intérieures, et que pour les questions étrangères s'adressera à la Porte. Le vice roi sous le conseil du président de la chambre des députés a convoqué pour aujourd'hui tous les grands personnages du Pays, mais le parti militaire restant maitre de la situation, personne voudra accepter de former nouveau ministère.

24

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 361. Roma, 28 maggio 1882, ore 11,55.

Vous ne me dites pas si vos appréciations sur le danger des colonies sont partagées par votre collègue d'Autriche. L'envoi de notre cuirassé n'ayant aucune signification politique, vous devez pour couvrir votre responsabilité ne pas l'appeler à Alexandrie sans avoir dument constaté, au moins avec votre collègue d'Autriche, la nécessité qui vous impose cette nécessité personnelle. Prenez garde que notre pavillon ne doit en aucun cas, apparaitre dans une situation ayant quoi que ce soit de commun avec celle des escadres franco-anglaises ni courir

le risque d'assister aux opérations de ces dernières contre le territoire égyptien. Rendez-moi compte des motifs que le consul d'Autriche donne de l'absence de tout moyen de protection pour sa colonie,

(l) T. 700 di G. De Martino, del 25 maggio 1882, non pubblicato.

25

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 718. Cairo, 28 maggio 1882, ore 15,15 (per. ore 19,10).

Je dois rectifier que hier les deux agents n'ont pas consenti vice roi demandat intervention turque. Ce matin en meme temps que président de la Chambre des députés, effrayé des dangers personnels du vice roi, le conseillait à céder aux exigences des militaires, Son Altesse recevait télégramme de la Porte, que le Sultan enverrait un commissaire, s'il le demande officiellement. Son Altesse a refusé céder aux militaires et a appelé les deux agents pour avoir conseil sur la réponse à la Porte. Agent anglais a dit que s'il le croyait le seul moyen de sauver sa vie, il l'autorise à demander commissaire. Le français, au contraire, a dit qu'il ne pourrait pas le conseiller, parce que Son Altesse assumerait toute la responsabilité de demander intervention turque. Je ne sais pas encore à quels conseils Son Altesse s'est tenu. Il est exposé, peut-etre aujuord'hui meme, à de grands dangers. En face d'événements si graves, avec collègues autrichien, allemand, russe, nous nous sommes rendus auprès d'Araby qui nous a assuré de la sureté de nos colonies. Agent anglais très préoccupé, le français parait satisfait du développement des événements. Nouvelles d'Alexandrie plus tranquilles, agent Araby télégraphié qu'il reste au pouvoir.

26

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 719. Cairo, 28 maggio 1882, ore 17,15 (per. ore 19,45).

Je viens d'apprendre positivement que le vice roi suivant conseil agent anglais a demandé officiellement à la Porte son intervention par l'envoi commissaire, camme seul moyen de sauver sa personne et le Pays (1).

(l) Tale notizia venne trasmessa In pari data da Mancini con T. 365 alle ambasciate a Berlino, Costantinopoli, Londra, Parigi, Pietroburgo e Vlenna.

27

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 720. Cairo, 28 maggio 1882, ore 19,25 (per. ore 20).

Aux menaces de déposition et de graves dangers pour toute la population, vice roi a cédé, réintégrant Araby camme ministre de la Guerre, sans nommer autres ministres. Il ne lui reste qu'attendre commissaire turc, sureté publique rétablie.

28

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. 363. Roma, 28 maggio 1882, ore 23,55.

J'apprécie l'opinion du Cabinet de Berlin sur la réponse des quatre Cabinets à la dernière communication anglo-française. Mr. le sous-secrétaire d'Etat vous ayant dit qu'elle est subordonnée à l'avis des trois autres Cabinets, j'autorise V. E. à déclarer que sans accepter toutes les idées énoncées dans la communication anglo-française, nous serions prets en ce qui nous concerne à nous piacer au meme point de vue que le Cabinet de Berlin, et à faire la meme réponse, dans le cas d'une opinion identique de la part des Cabinets de Vienne et de St. Pétersbourg. Seulement je prie V. E. d'appeler l'attention du ministre des Affaires Etrangères, sans en faire l'objet d'une communication spéciale, sur les dangers d'une situation redevenue en Egypte, menaçante et toujours pleine de risques, ainsi que sur la possibilité que la France et l"Angleterre trouvent dans la rapidité des événements, pour ne pas consulter en temps, et avant d'arreter leur décision définitive, les quatre Cabinets sur les mesures ultérieures à prendre. On pourrait écarter cette fàcheuse éventualité si les Cabinets de Paris et de Londres faisaient dès à présent connaitre la mesure qu'il nous proposeraient en cas de nécessité, et ceci dans le but de laisser aux six Cabinets le temps de s'entendre, sans attendre l'urgence du dernier moment, et avec l'espoir, bien entendu, qu'une solution heureuse et pacifique rende inutile cette entente éventuelle. Mais sur ce point aussi nous nous en remettons à l'avis des trois autres Cabinets. Si, camme V. E. nous le laisse préssentir, il n'est pas question d'une réponse écrite, nous serions heureux d'éviter de paraitre admettre sans réserve par une déclaration de satisfaction, soit la confirmation par la note franco-anglaise des déclarations faites aux parlements de Paris et de Londres, soit leur titre à se charger de la sauvegarde des nationaux, et des intérets des autres grandes Puissances, soit l'intervention effec

tive, dont nous sommes témoins, dans des questions d'ordre public intérieur, qui, si elles comportent une ingérence extérieure, intéressent par là méme, avant tout, les droits de la Puissance souveraine reconnus par l'Europe. Nous ctttendons avant de faire notre réponse, de connaitre l'avis définitif du Cabinet de Berlin, et des deux autres désirant surtout de garder avec eux... (l) que parfait (2).

29

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (3)

R. 3033. Berlino, 28 maggio 1882 (per. il. 3 giugno).

Le sous-secrétaire d'Etat, en me donnant hier les détails contenus dam mon rapport n. 3031 (4), se disait satisfait de voir la France et l'Angleterre amenées à déclarer derechef que la question égyptienne est du ressort européen. Le prince de Bismarck avait témoigné une fois de plus de la justesse de son coup d'oeil, en montrant le plus grand calme, en cherchant à gagner du temps, persuadé comme il l'était que les Puissances occidentales s'embarquaient dans une trop grosse affaires pour ne pas se convaincre bientòt de la nécessité d'en revenir à une entente générgJe. D'ailleurs les nouvelles reçues d'Egypte dans la journée: démission du ministère etc. semblaient de bon augure. Je me bornais à répondre que la crise me paraissait tout au plus ajournée à un terme très rapproché.

En effet, le télégramme de V. E. (5) qui m'est parvenu cette après-midi, constate que dans l'intervalle de graves complications se font jour. Une vive alarme se manifeste à Alexandrie et au Caire. Peut-étre monsier de Martino devra-t-il appeler la frégate «Castelfidardo ». A ce propos je me demande s'il n'eut pas mieux valu que le gouvernement du Roi se réservat à lui seui le soin de donner les ordres éventuels à ce navire de guerre. Gnice au télégraphe, on aurait toujours le temps d'aviser sans un retard bien sensible. Autrement nous nous exposerions à ce que notre Agent qui vit dans un milieu où Ies imaginations sont surexcitées et où tant d'influence se croisent, précipite une décision qu'il convient au contraire de Iaisser en suspens tant que la nécessité n'en sera pas démontrée pour la protection de nos nationaux.

En attendant, il n'y a pas de mal à ce que la France et l'Angleterre, après avoir agi avec une désinvolture si marquée envers les autres Cabinets, fassent en quelque sorte le pied de grue en présence de l'imbroglio égyptien. Elles ont

aussi usé vis-à-vis du Sultan d'un sans façon inexplicable de la part au moins de la Grande Bretagne. Quand le prince de Bismarck était consulté, il laissait entendre que si on l'interrogeait comme légiste, il devrait se prononcer en faveur d'une intervention de la Turquie; mais qu'en tout cas, il fallait user envers elle des ménagements. En ce qui le concernait, il était disposé à donner son assentiment en principe aux propositions qui seraient arrétées, d'un commun accord entre les deux Puissances occidentales, propositions à soumettre ensuite aux autres Puissance. Non seulement les deux Cabinets ont pris une initiative d'action exclusive, mais se donnaient les apparences d'exercer un mandat européen que personne n'avait encore songé à leur conférer.

Cette conduite ne pouvait manquer de produire à Rome, à St. Pétersbourg, à Constantinople et à Vienne une impression fàcheuse. Le méme sentiment a été éprouvé par le Cabinet de Berlin. Il l'aurait peut-étre accentué, s'il n'avait craint de susciter des embarras au ministère Freycinet et de préparer ainsi sa chute au profit de Monsieur G2.mbetta qui est la bete noire de l'Allemagne. Aussi le prince de Bismarck a-t-il plutòt cherche à modérer partout la mauvaise humeur. Et maintenant il se félicite de voir les gouvernements français et anglais entrer dans une meilleure voie, et il croit pouvoir compter en tout cas que la crise actuelle ne sera pas un élément de trouble pour la paix générale.

Quant à notre attitude, elle doit continuer à se régler selon les sages instructions de V. E. Nous pouvons déplorer que notre légitime influence ne soit plus la méme dans l'Afrique septentrionale; mais nous ne la récupérons peu à peu qu'en serrant les rangs du còté de ceux qui travaillent, d'une manière moins intéressée que la France et l'Angleterre, à rétablir un certain équilibre dans ces régions.

(l) -Sic, mancano alcune parole nell'originale. (2) -Il contenuto di tale tele!'ramma venne comunicato, in pari data, con T. 364 alle ambasciate a Costantinopoli, Londra, Parigi, Pietroburgo e Vienna. (3) -Ed., con alcune varianti, In LV 35, pp. 149-150. (4) -R. 3031 del 27 maggio 1882, non pubblicato. (5) -T. 357 del 28 maggio 1882, non pubblicato.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC

L. P. Berlino, 28 maggio 1882.

J'ai été bien aise de revoir votre écriture après un aussi long silence. Le but que nous poursuivions l'un et l'autre a été atteint dans l'intervalle. C'est un succès dont je vous félicite, car si vous n'aviez pas été là pour mettre l'épée dans les reins et aider de vos bons conseils, le Traité ne serait pas conclu. L'alliance est faite avec l'Autriche et l'Allemagne et nous rend de la sécurité du còté de la France. C'est là un avantage dont l'importance est considérable. Je ne veux pas dire pour autant que ce Traité soit une perfection. Je ne crois pas qu'il serait digne d'étre enchàssé dans un reliquaire camme un modèle. Les articles III et IV laissent beaucoup à désirer dans le fond et dans la forme, c'est là le còté faible pour nous et fort pour le prince de Bismarck. Il y a là anguille sous roche. Mais Robilant dit que c'était à prendre ou à laisser. Il a donc fallu accepter. Je suis tout-à-fait de votre avis qu'il faut pousser aux préparations militaires. Autrement nous ferons une piteuse mine.

M. Mancini m'ayant demandé d'émettre mon opinion sur nos accords, je l'ai fait dans un rapport (l) que j'expédie par le courrier Anielli. J'espère que vous serez content de son contenu qui me semble répondre à nos idées tournées exclusivement vers le bien du Roi et du Pays.

Je regrette toujours que le prince di Bismarck n'ait pas apposé sa signature comme plénipotentiaire. La mienne n'était que très secondaire et subordonnée à la sienne. Cependant j'avoue que j'aurais tenu à ce que mon nom figurat aussi puisque j'avais toujours travaillé à ce programme et que je me croyais quelque titre à en prendre ma part de responsabilité. Je suis convaincu que la chose était faisable. J'en avais écrit à Robilant en disant que je pourrais à cet effet faire une course rapide à Vienne sous un prétexte facile à trouver. Il m'a répondu que dans ce cas le secret serait divulgué par une presse constamment à l'affUt des allées et des venues des diplomates. J'ai compris et je me suis tu, en faisant cependant la remarque que si le pacte avait été conclu à Berlin, j'aurais pris l'initiative de demander aussi la signature de mon collègue à Vienne. L'essentiel est maintenant de retirer quelque bon fruit de ce Traité. Sous ce rapport aussi votre présence continue à Hre nécessaire à la Consulta, et j'espère bien que vu l'intérét du service, vous ne prendrez pas votre vol vers Madrid, ou tout autre poste à votre convenance.

Le départ du marquis Dalla Valle est venu fort mal à propos. Il faut absolument qu'on lui donne un successeur. Je ne saurais que faire d'un second secrétaire qui ne serait pas déjà stylé, qui connaisse assez le français pour copier et composer les lettres de chancellerie. Je ne prétends pas à une capacité comme Tosi, autant vaudrait-il chercher la pierre philosophale, mais un jeune homme appliqué, sérieux, comme il faut. Mon personnel dans ce moment laisse beaucoup à désirer. M. Desmé est très en retard comme instruction; M. Ferrara est très zélé, mais lent dans son travail; le français ne lui est nullement familier, M. Tugini est très capable. Il s'acquitte très bien de sa besogne. Mais comme il est òmarié et demeure à une petite demi heure loin de chez moi, je ne le vois qu'aux heures de Chancellerie. Il en résulte par exemple que je dois chiffrer et déchiffrer moi-méme les télégrammes que j'expédie ou qui m'arrivent après cinq heures du soir. Et c'est ordinairement le cas.

Je me recommande donc pour l'envoi d'un second secrétaire dont je puisse faire mon confident et mon aide, quelqu'un dans le genre de M. Maissa. On m'a parlé de M. Malaspina. Entre nous soit dit il m'a fait un peu l'effet d'un poseur; or c'est là ce que je déteste le plus au monde.

Il ne faut pas perdre de vue que si M. Tugini ou moi nous partons en congé les affaires de chancellerie souffriront de grands retards. Or, pour mon compte je devrais cette année prendre mes eaux quelque part, ce que je n'ai pu faire l'année dernière, où mon séjour à Rome m'a fort intéressé surtout parce qu'il m'a rapproché de vous, mais ce n'était pas un véritable congé au milieu de la préoccupation de cette époque. Madame Launay aussi doit faire une cure.

(l) Cfr. n. 21.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

L. P. Berlino, 28 maggio 1882.

Le courrier Anielli m'a remis votre lettre du 18 mai (1). Je vous en remercie et surtout de m'avoir donné copie du Traité dont vous avez eu l'obligeance de m'annoncer la signature par votre télégramme du 20 mai (1). Graces aux indications que vous me fournissez et dont je vous suis reconnaissant, et à celles que je reçois du ministère, lors mème que ce fut après coup {2), un jugement sur un acte de cette importance. On ne peut que se féliciter d'avoir de beaucoup dépassé le minimum dans lequel le comte Kalnoky paraissait vouloir se retrancher au début des pourparlers. Il est regrettable seulement que les articles III et IV n'offrent pas une rédaction pour le fond et pour la forme, de nature, comme l'article II, à ne pas laisser la porte ouverte aux équivoques. C'est de ces deux articles que se produiront peut-ètre des embarras d'interprétation et d'exécution. Un certain vague convenait évidemment au prince de Bismarck et le comte Kalnoky a du, comme nous, en passer par là. Mon observation sur l'article II, son alinéa deuxième ne stipule que notre concours dans le cas où l'Allemagne serait attaquée par la France. Mais alors par certain rapport du chevalier Nigra sur des engagements pris en 1879 lors du voyage à Vienne du prince Bismarck ne serait pas exact dans la partie où il est dit que l'Autriche assistera l'Allemagne si la France devient agressive.

Au reste, comme vous le dites fort bien, le Traité vaudra pour nous autant que nous saurons nous mettre en mème de le faire valoir. La diplomatie est frappée d'avance d'impuissance quand la situation intérieure du Pays est défectuese, aussi longtemps que l'armée n'est pas mise sur pied de parer aux exigences. J'espère que nous saurons montrer tout le sérieux de notre conduite, et que notre ministère de la Guerre et l'Etat Major disposeront aussitot que possible toute chose de manière à ce que l'Italie remplisse un role digne d'elle.

En attendant je vous félicite d'avoir conduit à terme la négociation et je souhaite que vous en ayez toute la satisfaction que vous avez si bien méritée.

M. Mancini en me télégraphiant la signature du Traité (3) ajoutait que Kalnoky lui faisait dire que son intention ainsi que celle de Bismarck était de n'en laisser connaitre à leurs ambassadeurs à Rome que la simple existence et non pas le texte mème de ce Pacte. Je comprends le secret à l'égard de Wimpffen transféré à Paris. Je ne le comprends pas vis-à-vis de Keudell. Ici mon collègue d'Autriche savait que nous étions en pourparlers pour une alliance. Mais il n'était pas renseigné sur le cours des négociations. Jusqu'ici il ignorait ce qui avait été stipulé. Du moins l'autre jour il me demandait de nous faire la promesse mutuelle que le premier de nous qui recevrait le texte du Traité

le communiquerait à l'autre. J'ai fait semblant de ne pas comprendre. Pourriezvous me dire si le comte Széchényi recevra une copie du Traité? Il pourrait se présenter tels cas où il y aurait avantage à établir entre lui et moi un échange d'idées sans ètre tenu à des réticences sur la teneur de l'acte lui mème.

Le major Bisesti envoie, sous sachet volant, au colone! Lanza son rapport à l'Etat Major général sur un incident où sur la déposition d'un prétendu témoin se trouvait mèlé le nom de l'attaché militaire à cette ambassade. Le mìnistère impérial des Affaires Etrangères, sur requète du Tribuna! maritime m'a écrit pour m'inviter à transmettre les explications de M. Bisesti. C'est alors que je vous ai télégraphié en vous priant de me dire si votre ambassade avait reçu quelque communication officielle du ministère autrichien dans l'affaire Majnoni. Je vous remercie de votre réponse, qui m'a confirmé dans ma manière de voir que mieux valait ne pas répondre officiellement. Je me suis donc borné à donner en voie officieuse les éclaircissements désirés, en déclarant que je ne pourrais répondre sous une autre forme sans autorisation préalable de mon gouvernement. M. Bisesti n'avait été heureusement en rien engagé dans cette affaire délicate.

La question d'Egypte se trouve diablement compliquée par la conduite de la France et de l'Angleterre qui ont agi la première surtout avec trop de précipitation et vraiment avec trop de désinvolture vis-à-vis de la Turquie et des quatre autres grandes Puissances. L'Egypte est un trop gros os pour que les Cabinets de Paris et de Londres aient la prétention de le ronger à deux. Je voudrais comme vous que chez nous on continuàt à agir avec circonspection. Sous ce rapport je regrette qu'on ait laissé à M. De Martino la faculté d'appeler le « Castelfidardo» de Porto-Said à Alexandrie quand il croirait nécessaire pour la protection de nos nationaux. On aurait du lui enjoindre d'on référer préalabement au ministère. Grace au télégraphe on aurait toujours le temps d'aviser sans trop de retard.

(l) -Non pubblicato nel vol. XIV della serie II. (2) -S!c, evidentemente manca qualche parola; probabilmente j'a! pu me former. (3) -Cfr. n. 2.
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L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 729/965. Londra, 29 maggio 1882, ore 20,30 (per. ore 23,30).

Aujourd'hui j'ai vu Granville, je lui ai parlé de la démarche de Paget auprès de V. E. pour engager Sultan à s'intromettre dans les affaires d'Egypte, ainsi que de la réponse de V. E., je ne lui ai rien dit du détail des instructions données au comte Corti. Granville tout en agréant réponse de V. E. m'a dit qu'il suppose notre gouvernement peu favorable à intervention turque. Je lui ai répliqué que la réponse de V. E. ne semblait pas justifier cette supposition; que d'ailleurs le principe de l'accord des Puissances servait de base à la politique actuelle. Granville me demanda en suite mon avis, au sujet de l'intervention turque; je lui répondis que je n'avais maintenant à donner aucun avis à ce sujet, puisque la question était préjugée par la démarche sus-indiquéa. Parlant de l'état des esprits en Egypte il ne méconnaissait pas que le sentiment national s'y était relevé, et il attribuait cet effet en partie à l'Italie: je ne puis dire s'il me faisait cette observation en bonne ou en mauvaise part. Je lui al dit que la nombreuse population italienne qui séjourne en Egypte y exerce une véritable influence morale, qu'on a trop méconnu jusqu'ici, et qui pourrait avoir contribué à ce résultat. Granville me parla ensuite de De Martino comme un des propagateurs de ces idées que d'ailleurs le noble lord en définitive ne condamne pas. Mais dans les faits actuels il ne voit que le résultat d'une révolte militaire qui opprime meme le sentiment national. Il m'a également demandé ce que je pensais du dénouement des difficultés actuelles; je n'ai pu lui répondre sinon que l'Angleterre s'était réunie à la France pour la résoudre, que nous devions avoir confiance que l'Angleterre trouvera le moyen de rétablir en Egypte un ordre de choses stable, conforme aux sentiments du Pays, et qui sauvegarde les intérets non seulement de l'Angleterre et de [la] France, mais ceux des autres nations européennes qui y sont engagées. Je ne cache pas que cette conversation avec Granville m'a laissé impression qu'ici on est très embarrassé, et que malgré les déclarations faites dernièrement à la Chambre par Gladstone on serait désireux de relacher les liens qui attachent Angleterre à la France qui jusqu'ici s'était montrée peu favorable à l'intervention turque; d'ailleurs j'entends les hommes de tous les partis se plaindre de ce que le gouvernement s'est laissé conduire par la France dans cet imbroglio et exprimer la crainte qu'il ne soit entrainé dans des complications dangereuses.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 1661. Vienna, 29 maggio 1882 (per. il 3 giugno).

Già allorché il conte di Beust faceva ritorno al suo posto di Parigi pochi mesi or sono, mi facevo dovere di riferire all'E. V. risultarmi che la sua permanenza colà non si sarebbe più prolungata a lungo. Da assai tempo in verità premeva al Gabinetto di Vienna di avere ad ambasciatore presso la Repubblica francese un personaggio, la di cui attitudine non solo non fosse mai in contradizione coll'alleanza austro-germanica che in ogni occasione il governo imperiale tiene ad affermare, ma anzi ne fosse la manifestazione chiara e precisa. I troppo intimi rapporti che il conte Beust credette poter personalmente annodare col signor Gambetta quando era ministro, ed i suoi frequenti incontri colla ben nota Madame Adam, spiacquero sommamente all'Imperatore; tanto più poi che ho ragioni per non dubitare, che il Gabinetto di Berlino non mancò di manifestare a Vienna coi dovuti riguardi si, ma però abbastanza esplicitamente, il suo rincrescimento di vedere l'ambasciatore di una Potenza alleata ricercar anche con una certa affettazione contatti così poco simpatici per la Germania.

Un mese fa il mio collega di Germania dicevami, che i giorni del conte Beust erano contati; ed infatti la Wiener Zeitung del 27 pubblicava il graziosissimo Sovrano rescritto che sollevava dietro a sua domanda l'antico cancelliere dell'Impero dalle funzioni di ambasciatore a Parigi, ammettendolo alla posizione di quiescenza.

Ad occupare il posto così rimasto vuoto venne chiamato il conte Wimpffen, che già ne era titolare, allorché, in maniera veramente poco giustificabile, il conte Andrassy ne lo aveva sbalzato improvvisamente per far posto al Beust, che doveva cedere quello di Londra al conte Karolyi.

Onde tacitare i giusti reclami del conte Wimpffen il barone Haymerle gli aveva per intanto affidato il posto di Roma, ma fin d'allora gli si dava il quasi sicuro affidamento che ritornerebbe a Parigi tosto ciò sarebbe possibile. Verificatasi ora l'opportunità, il conte Kalnoky mantenne lo impegno assuntosi dal suo predecessore, e siccome ebbe ad esprimersi meco, «compié così un atto di troppo giusta riparazione ». S. E. nel discorrer meco al riguardo aggiungevami ancora, che se, in conseguenza della fase politica attuale, aveva ravvisato necessario che l'ambasciatore imperiale a Parigi fosse un personaggio che quanto più possibile la personificasse, non aveva d'altra parte ravvisato opportuno, nell'atto in cui si richiamava da colà un ambasciatore che era ritenuto siccome animato da particolari simpatici sentimenti verso l'attuale regime francese, di sostituirlo con un altro che si potesse supporre nutrire contro di esso sentimenti assolutamente contrari: il conte Wimpffen esser quindi il personaggio più di ogni altro adatto poiché, già essendo stato rappresentante imperiale presso la Repubblica aveva saputo farsi amare e stimare da quel governo, che anzi aveva allora veduto con molto rincrescimento il suo allontanamento. Che quella nuova destinazione poi dovesse riuscire sommamente gradita tanto al conte Wimpffen quanto alla Sua Signora, è cosa di cui non si poteva dubitare; ben sapendosi essere stato da loro con insistenza ricercato quel posto la prima volta, e sempre caldeggiato il desiderio di farvi ritorno.

Questi dati di fatto, di cui sono in grado di guarantire la piena esattezza, mi parvero di natura a poter interessare l'E. V.; ho quindi ritenuto mio dovere riferirglieli in maniera, ben s'intende, assolutamente riservata.

34

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 734. Berlino, 30 maggio 1882, ore 17,55 (per. ore 21).

Je viens de parler au sous secrétaire d'Etat dans le sens de votre télégramme (l) relatif à l'avant dernière communication anglo-française, à laquelle on se borne à faire réponse verbale exprimant remerciements, et qu'on attend

propositions. Nos préoccupations sont comprises ici, mais le sous secrétaire d'Etat estime que mieux vaudrait ne pas provoquer un échange d'idées à cet égard. Les événements qui se développent en Egypte ont prouvé que les quatre Cabinets, par leur attitude ont gagné du terrain dans le sens du concert européen; l es Cabinets occidentaux seraient fort embarrassés, maintenant surtout, de faire connaitre les mesures à prendre pour une intervention plus active. D'ailleurs la situation s'est modifiée depuis lors; la France et l'Angleterre viennent de faire une nouvelle communication pour demander de les appuyer à Constantinople dans une démarche à l'effet d'obtenir un concours de la Sublime Porte. L'Allemagne et la Russie sont disposées comme nous à transmettre à leurs ambassadeurs à Constantinople des instructions analogues à celles contenues dans le télégramme de V. E. au comte Corti (l) ; il ne manque plus [que] l'assentiment de l'Autriche, on ne le met pas en doute. La conduite de la France a eu pour résultat de faire rentrer le Sultan sur la scène dont elle voulait l'exclure.

(l) Cfr. n. 28.

35

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (2)

R. 2350. Costantinopoli, 30 maggio 1882 (per. il 6 giugno).

L'E. V. conosce come, durante i lavori della delimitazione turco-ellenica, fossero sorte fra i commissari europei e quelli della Turchia quattro questioni che non ricevettero finora una soluzione definitiva. La Sublime Porta indirizzò ora ai rappresentanti delle Potenze mediatrici una nota ufficiale in data del 27 maggio, per la quale si dichiara pronta a sgombrare i tre principali punti, se la Grecia acconsente dal suo canto ad accettare la soluzione turca pel quarto ed a rimettere simultaneamente alle autorità ottomane il lago ed il villaggio di Nezeros.

Desiderando d'agire, anche in questa congiuntura, come s'usò pel passato riguardo alla questione turco-ellenica, in pieno accordo co' miei colleghi, radunai nella giornata di ieri, nella mia qualità di decano degli ambasciatori delle Potenze europee, i rappresentanti della Germania, d'Austria-Ungheria, di Francia, della Gran Bretag1:,1a e di Russia, a fine di deliberare su quello che era da farsi. E fu da noi deciso di trasmettere, ai rispettivi governi, copia della nota della Sublime Porta, assieme ad un memorandum identico, nel quale esponiamo le considerazioni che ci parvero opportune nell'interesse delle parti interessate. Unisco quindi al presente i due documenti in discorso (3) ed aspetterò quelle istruzioni che l'E.V. giudicherà per avventura conveniente d'impartirmi.

(l) -T. 359 del 28 mag~!o 1882, non pubbl!cato, ma cfr. n. 36. (2) -Ed. in LV 39, p. 23. (3) -Non pubbl!cati, ma cfr. LV 39, pp. 24-25.
36

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 2351. Costantinopoli, 30 maggio 1882 (per. il 26 giugno).

* Ho avuto l'onore di ricevere i quattro telegrammi che l'E. V. si compiacque indirizzarmi il 28 e 29 corrente (2) relativamente alla quistione egiziana, e per essi la prego d'aggradire i miei più distinti ringraziamenti *.

Le gravi notizie cui si riferivano producevano una grande commozione alla Sublime Porta ed a palazzo, e i consigli dei ministri si tenevano pressoché in permanenza a Jildiz Kiosk, tanto che riusciva a noi impossibile di vedere i ministri di S. M. Finora però non mi risulta che sia stata presa una decisione sulle misure da adottarsi nelle presenti congiunture. *Pel mio rapporto del 26 corrente n. 2349 * (3), già ebbi l'onore di far intendere all'E. V. come non esistessero a Palazzo que' propositi di fermezza che erano desiderati in altre parti. Mi veniva indi riferito da buona fonte S. M. il Sultano dimostrarsi risolutamente avverso al progetto di spedire forze in Egitto, imperocché gli ripugnava in sommo grado di mandare truppe ottomane a combattere truppe musulmane. Né

S. M. sapeva decidersi a mandare de' commissarii al Cairo. Quali istruzioni avrebbe date a questi? Che si sarebbe dichiarato apertamente contro il partito nazionale ed in favore del Kedive il quale era sostenuto dalle Potenze estere? E se il ministero avesse posto in non cale le comunicazioni dei commissari imperiali, a qual partito sarebbe stato conveniente di appligliarsi? Le quali considerazioni si applicavano in gran parte eziandio alla proposta di mandare intimazioni telegrafiche. Indi i continui consigli dei ministri, le lunghe esitazioni, la difficoltà di prendere una decisione. E di questa posizione ebbi iersera l'onore di dare contezza telegrafica all'E. V. (4).

Tostoché venne ieri a mie mani il telegramma col quale l'E. V. (5) mi ragguagliava della comunicazione fattale da codesto ambasciatore d'Inghilterra circa gli offici da interporsi presso S. M. il Sultano, in ordine alle misure a prendersi, interpellai i miei colleghi di Germania, d'Austria-Ungheria e di Russia se avessero ricevuto qualche istruzione in proposito. Essi mi risposero non essere finora muniti d'alcuna istruzione e mi farebbero prontamente conoscere quelle che fossero per ricevere. Né mancherò d'agire nel senso degli ordini dall'E. V. impartitimi, tostoché l'accordo avrà potuto intervenire fra di noi.

Stamane poi mi fu riferito da fonte autentica che gli ambasciatori di Francia e d'Inghilterra fecero ieri alla Sublime Porta una comunicazione identica, la quale è perfettamente conforme alla predetta che sir A. Paget suggeriva all'E. V. da parte del suo governo. Di che diedi stamane avviso telegrafico all'E. V. (6).

(l) -Ed., ad eccezione dei brani tra asterischi, in LV 35, p. 160. (2) -Cfr. nn. 28 nota 2 e 26 nota l. T. 357 e T. 359 del 28 maggio 1882, non pubblicati. (3) -Non pubblicato. (4) -T. 727 del 29 maggio 1882, non pubblicato. (5) -T. 359 del 28 maggio 1882. non pubblicato. (6) -T. 728 del 30 maggio 1882, non pubblicato.
37

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 739. Parigi, 31 maggio 1882, ore 18,50 (per. ore 20.55).

L'interpellation sur les affaires d'Egypte aura lieu demain. Le directeur politique me dit que les débats prendont de l'ampleur. Les partisans de Gambetta ont ourdi sourdement un complot contre le ministère; il aurait gagné, dit-on, la droite, constituant ainsi un groupe d'environ deux cents voix, mais il aurait en vain cherché à gagner la gauche. Aux ambassades d'Allemagne et d'Angleterre o n eroi t que la Chambre redoute encore trop Gambetta pour lui permettre un succès à cette occasion. Cependant Freycinet convaincu qu'il lui faut présenter demain à la Chambre quelque chose de passable et trouver ce quelque chose d'ici à demain, a travaillé assiduement aujourd'hui avec ambassadeur d'Angleterre dans le but de faire, suivant ce que m'a dit chef de Cabinet, de nouvelles propositions à l'Europe sur la base effective du concert européen et peut etre d'une conférence.

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L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 743. Parigi, 31 maggio 1882, ore 22,20 (per. ore 23,50).

Faisant suite aux informations qu'il m'a déjà donné et que j'ai télégraphié encore aujourd'hui à V. E. (l) le chef du Cabinet vient de m'écrire ce qui suit: «La conférence à Constantinople proposée par le gouvernement français au gouvernement anglais est acceptée par lui; o n télégraphie à Reverseaux pour lui annoncer l'affaire et demander l'adhésion de votre gouvernement ~.

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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (2)

R. 2352. Costantinopoli, 31 maggio 1882 (per. il 6 giugno).

I ministri continuarono ieri a deliberare in consiglio a Palazzo sulle misure a prendersi in ordine alle cose d'Egitto. Arduo è di avere alcuna conoscenza del progresso di siffatte deliberazioni. Però s'intende da buone fonti

gravi essere i discorsi che si tengono. I governi di Francia e d'Inghilterra

mandarono le loro flotte nelle acque dell'Egitto senza consultare previamente la Sublime Porta, credettero che siffatta dimostrazione basterebbe per tutelare i loro interessi, ed ora, vedendo la loro impotenza, ricorrono all'autorità del Sultano; S. M. avrebbe a rivendicare la dignità offesa ed esigere il richiamo delle flotte alleate prima di aderire alle domande di quelli. Questi sentimenti sono espressi dalle persone che circondano S. M., né sarebbe imnossibile che una decisione analoga fosse presa dal Consiglio. Ora è lecito di discutere se i Gabinetti di Parigi e di Londra abbiano operato saggiamente nel mandare le loro squadre ad Alessandria senza un previo accordo colla Sublime Porta, ma mentre vi si trovano non si può comprendere che le ritirino in seguito alla intimazione del governo ottomano, dimodoché siffatta risoluzione non avrebbe per effetto che un indugio altamente a deplorarsi nelle presenti congiunture. Se non che prima che queste linee vengano sotto gli occhi dell'E. V. gli ulteriori eventi saranno noti ad Essa.

Ebbi l'onore di ricevere i telegrammi relativi all'azione da interporsi da questi rappresentanti delle quattro Potenze, e che l'E. V. si compiaceva rivolgermi nelle ore pomeridiane di ieri (1). Però l'incaricato d'affari di Germania era presso di me fino ad ora avanzata, né aveva ricevuto alcuna istruzione dal suo governo. E quelli d'Austria-Ungheria e di Russia ne erano ugualmente privi. Se stamane riceverò avviso che essi ne siano muniti non indugierò un istante ad agire in conformità degli ordini dall'E. V. impartitimi.

* E frattanto si continua in questo arsenale l'allestimento di quattro fregate, sebbene s'incontri qualche difficoltà a trovare il carbone di cui non si ha alcun deposito. E mi fu riferito ieri confidenzialmente alla Porta essere stati dati ordini per un concentramento di forze in Siria vicino alle frontiere dell'Egitto, dove esse potrebbero all'occorrenza essere mandate per terra. Se non che mi sembra che quel cammino sarebbe assai lento e lungo. Delle quali cose credetti mio dovere di dare iersera contezza telegrafica all'E. V. (2).

(l) -Cfr. n. 37. (2) -Ed., ad eccezione del brano tra asterischi, in LV 35, p. 163.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI

T. 373. Roma, 1° giugno 1882, ore 11.

Veuillez dire à M. de Freycinet que l'opinion publique chez nous s'émeut des fréquentes aggressions auxquelles les ouvriers italiens en France sont en butte, et que nous comptons, à l'occasion de l'incident de la raffinerie Say dans Paris mème, sur l'adoption de promptes et éfficaces mesures. Renseignez-moi exactement sur les faits qui se sont passés et sur les mesures du gouvernement. Probablement j'en serai interrogé publiquement à la Chambre.

(l) -T. 369 e 371 del 30 maggio 1882, non pubblicato. (2) -T. 733 del 30 maggio 1882, non pubblicato.
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L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 745/967. Londra, 1° giugno 1882, ore 12,50 (per. ore 15,30).

Je ne puis guère voir Granville avant demain. Hier a eu lieu conseil des ministres pour affaires égyptiennes. Aujourd'hui doivent avoir lieu dans le Parlement interpellations sur cette question. La proposition d'une conférence à Constantinople est acceuillie ici avec indifférence. On demande des mesures promptes et efficaces pour mettre fin à la rébellion militaire; des ordres sont données pour renfort escadre anglais devant Alexandrie. Quelques uns suggèrent au Gouvernement anglais de se borner à occuper fortement le canal de Suez, et de laisser question égyptienne se résoudre d'elle mème, pourvoyant seulement à la sureté des sujets anglais.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

T. 377. Roma, 1° giugno 1882, ore 23,50.

Le langage de Granville et vos impressions au sujet de ce langage me font penser que malgré ce qu'il y a eu de net et d'explicite dans nos déclara~ions depuis le début de la crise actuelle en Egypte, on n'en fait pas à Londres une juste appréciation. Le moment n'est pas propice pour accentuer notre programme de façon à laisser supposer que nous voulons dès aujourd'hui subordonner à des restrictions et réserves particulières l'acceptation de notre part du principe du concert européen pour le règlement des affaires égyptiennes. Mais nous avons constamment exprimé, à l'egard de ces affaires, des convictions auxquelles nous restons d'autant plus fidèles, qu'elles cadrent parfaitement avec ce principe, le seui apte, selon nous à assurer une heureuse solution de la question. Je tiens donc seulement à ce que V. E. en !asse l'application exacte aux événements actuels, n'hésitant pas à les rappeler à lord Granville avec l'entière franchise que comporte la loyauté qui a toujours présidé aux rapports éventuels entre l'Angleterre et l'Italie. Notre objectif est, tout d'abord, d'écarter absolument toute intervention ou occupation militaire étrangère en Egypte, celle notamment qui serait l'objet de l'action isolée de quelques Puissances seulement. Si une intervention morale ou matérielle devenait tout à fait indispensable, nous admettrions, camme ayant le moins d'inconvénients, l'intervention ottomane, qui n'est pas, à vrai dire, une véritable intervention, et qui serait la plus acceptable au sentiment national et religieux égyptien. Dans cette hypothèse le concert européen, loin de s'effacer, aurait son ròle tout tracé, ce serait à lui de s'assurer que l'intervetion ottomane n'eut pour but

que de rétablir l'ordre en Egypte, et de renforcer la libre autorité du Khedive. Pour éviter que, tout en maintenant à un point de vue général le statu quo en Egypte, les mesures que la Sublime Porte prendrait, le cas échéant, ne compromettent les réformes civiles réalisées, ainsi que la saine manifestation d'une vie nationale dans le Pays; avec le sage développement des institutions locales, nous estimerions nécessaire un accord préalable, à cet effet, entre les Puissances européennes et la Turquie, en vue de fixer la durée et le but de l'action ottomane en Egypte. Loin dane de repousser toute idée d'intervention ottomane dans les affaires de l'Egypte, ainsi que lord Granville a pu le supposer, nous avons envisagé l'appel que les deux Puissances occidentales ont proposé de faire à cette intervention, morale pour le moment, camme étant, en quelque sorte, le gage de l'acceptation par toutes les Puissances du double principe du concert européen, et du remplacement de l'action isolée de quelques Puissances étrangères par l'exercice de l'autorité du Souverain légitime, et par l'action combinée du concert européen. Voilà les considérations qui ont dirigé jusqu'ici notre politique dans affaires égyptennies, et qui pourront régler, en toute occasion, votre langage envers le Cabinet de Saint James.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL CONTE ANTONELLI (l)

L. P. Roma, 1° giugno 1882.

Ho l'onore d'informarla che il governo del Re, conoscendo l'intenzione sua di restituirsi fra breve allo Scioa, e valendosi delle sue cortesi esibizioni le affida, con grato animo, l'incarico di recare al Sovrano di quel Paese doni e lettere di S. M. il Re, in ricambio dei doni e lettere inviati a S. M. dal Re Menelik, nonché altri doni reali destinati ai notabili di quel regno.

Un certo tempo essendo necessario per la provvista dei doni, rispetto ai quali si accetta con riconoscenza l'offerta di Vossignoria di curarne la scelta, la prego di procedere senz'altro ai relativi acquisti in base al progetto che Ella ebbe già la cortesia di sottopormi, e nei limiti di un importo complessivo di lire ottomila circa. Ella si compiacerà di far intestare a se stesso le liste dei fornitori, e da questo ministero le saranno a suo tempo somministrati i fondi occorrenti per saldarle.

*Quanto alle spese di viaggio, essendo mio desiderio di lasciare a Vossignoria la massima libertà personale proporrei che Ella stessa m'indicasse la somma che deve esserle fornita per le maggiori spese alle quali dovrà sotto

7 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XV-XVI

stare in ragione dell'incarico ufficiale che Le viene affidato. Questa somma Le sarà rimessa all'atto della sua partenza ed anche prima qualora tale sia il suo desiderio *.

A tempo opportuno saranno consegnate alla S. V. le lettere Reali colle necessarie istruzioni per l'adempimento della sua missione; e frattanto La prego di indicarmi approssimativamente l'epoca da Lei stabilita per la partenza.

Aggiungerò che, per ragioni a Lei note, il governo del Re desidera che sia serbato, per ora, un assoluto segreto sull'incarico affidatole, e fa quindi assegnamento sulla sua riservatezza.

Voglia gradire, signor conte, i r.J.iei rlm;raziamenti per la cortese premura colla quale Ella volle porsi a disposizione del ministero per la missione in parola. Le sue doti personali, l'esperienza acquistata nei suoi viaggi in quelle contrade mi sono arra sicura che Ella saprà compierla in modo vantaggioso pel servizio dello Stato.

(l) Ed., ad eccezione del brano tra asterischi. in LV 66, pp. 74-75.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 3035. Berlino, 1° giugno 1882 (per. il 5).

Ainsi que je le télégraphie à V. E. (2), j'apprends par mon collègue d'Angleterre qu'il a communiqué hier soir au département impérial des affaires étrangères une proposition du cabinet de Paris agréée par le cabinet de Londres, pour la réunion à Constantinople d'une conférence entre les représentants des six Puissances et la Turquie sur les bases indiquées dans les notes des deux Puissances occidentales du 11 février dernier, et qui avaient été admises. Cette communication a été prise ad referendum. Tout porte à croire qu'elle rencontrera l'assentiment des quatre cabinets. Lord Ampthill ne savait pas encore si son collègue de France avait déjà fait la mème démarche, mais il est évident que les deux gouvernements s'y associent.

* Cet appel à une conférence est un expédient auquel le cabinet Freycinet a recours pour sortir de l'impasse, où il s'est fourvoyé, et le cabinet Gladstone adhère à cette combinaison pour se dégager d'un tète-à-tète trop compromettant s'il devait se prolonger. On laisse ainsi aux passions le temps de s'apaiser un peu et de préparer une solution des affaires en Egypte. Il est vrai que les changements de scéne dans cette tragi-comédie se succèdent avec tant de rapidité qu'ils pourraient déjouer tous les calculs.

Quoiqu'il en soit *, la question en ce qui touche le point de vue nettement exprimé par les quatres cabinets rentre dans une voie régulière, où il s'agira maintenant de la maintenir. Il semble que la dépèche adressée par V. E. en

(2l T. 746 del l o giugno 1882, non pubblicato.

date du 27 février aux représentants du Roi à Paris et à Londres (l) en réponse à la note précitée du 11 du meme mois, indique assez dans quel sens nous pourrions, sauf entente préalable avec les trois autres cabinets, répondre au projet de conférence.

(l) Ed., ad eccezione del brano tra asterischi, in L V 35, p. 170.

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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (2)

R. 2354. Costantinopoli, 1° giugno 1882 (per. l'8 giugno).

Siccome già ebbi l'onore di riferire all'E. V. (3), ieri fu convenuto fra i rappresentanti d'Italia, di Germania, d'Austria-Ungheria e di Russia di fare alla Sublime Porta una comunicazione verbale nel senso delle rispettive istruzioni.

Il ministro degli Affari Esteri era tuttavia in consiglio al palazzo imperiale ed io ebbi la relativa conferenza col segretario generale Artin effendi al quale dissi il R. governo essere d'avviso che, nelle gravi congiunture in cui versava l'Egitto il più efficace rimedio sarebbe di fare intervenire l'autorità del Sultano che ne era il Sovrano; S. M. potrebbe se lo crederà opportuno fare una manifestazione tendente a sostenere l'autorità del Kedive ed a biasimare quelli che hanno provocata la rivolta e potrebbe richiamare a Costantinopoli gli ufficiali superiori che sono stati la causa principale dei recenti torbidi.

Analoga comunicazione verbale fu fatta il giorno istesso dai miei tre colleghi predetti.

Fu da noi creduto opportuno l'adottare questa forma senza manifestare una adesione intiera ed esplicita alle comunicazioni degli ambasciatori di Francia e d'Inghilterra, sia perché essa ci sembrò più conforme alle rispettive istruzioni, sia perché queste contenevano espressioni che potevano non essere completamente conformi agli intendimenti degli altri governi. In queste comunicazioni infatti era detto, fra le altre cose, aversi a suggerire al Sultano d'approvare il Kedive, di seguire in tutto i consigli delle potenze occidentali e di biasimare quelli che avevano accusato S. A. di non essersi conformato ai voleri di S. M. il Sultano nel seguire siffatti consigli. De' quali suggerimenti non era fatta parola in nissuna delle nostre istruzioni.

Alla Porta mi fu riferito il Consiglio de' ministri avere la sera innanzi sottomesso a S. M. il Sultano un mesbatà pel quale si proponeva l'invio di un commissario in Egitto con la squadra. Però S. M. non aveva ancora presa una risoluzione in proposito. E di tutto diedi ieri contezza telegrafica all'E. V.

(l) -Cfr. serie II, vol. XIV, n. 604. (2) -Ed., in LV 35, p. 167. (3) -T. 738 del 31 maggio 1882, non pubblicato.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A COSTANTINOPOLI, CORTI, A LONDRA, MENABREA, A PIETROBURGO, NIGRA, A VIENNA, DI ROBILANT, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI, E ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 378. Roma, 2 giugno 1882, ore 0,15.

L'ambassadeur d'Angleterre est venu me communiquer un télégramme de lord Granville, ainsi conçu: «Me référant au télégramme de lord Lyons qui vous a été reproduit hier, j'ai informé l'ambassadeur de France, que le Cabinet a décidé d'accepter la proposition du gouvernement français, et ceci avec d'autant plus d'empressement, qu'elle est conforme aux vues, qu'il a conjoinctement avec le gouvernement français exprimé aux autres Puissances. Le gouvernement de Sa Majesté a accepté Constantinople comme siège de la conférence, et propose que base des négociations, soient les principes énoncés dans la circulaire du 11 février, savoir le maintien des droits du Souverain et du Khedive,

des engagements internationaux et arrangements éxistant d'après ces engage:nents, soit avec l'Angleterre et la France seules, soit avec ces deux nations, et les autres Puissances, la conservation des franchises garantie par les firmans du Sultan, avec le développement prudent des institutions égyptiennes. Veuillez communiquer ce qui précède au gouvernement auprès duquel vous etes accrédité ». J'ai répondu à sir Augustus Paget que j'allais examiner sa proposition de concert avec les autres Puissances et la Sublime Porte.

(Per Vienna, Berlino, Pietroburgo, Costantinopoli) Veuillez me faire connaitre le plus tòt possible l'opinion, et tout d'abord l'impression du gouvernement auprès duquel vous etes accrédité (1).

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 753. Vienna, 2 giugno 1882, ore 17,16 (per. ore 18,45).

Kalnoky trouve avec raison que communication anglaise n'est point une proposition, car elle ne fait qu'annoncer adhésion à celle que la France lui a adressée. Il faut donc attendre communication française pour voir ce qu'il y aura à répondre. En attendant, il est, en principe, d'avis qu'il est indispensable

de tout faire pour sortir d'une situation aussi embrouillée, résultat d'une série de maladresses des deux Puissances occidentales. II n'a rien à objecter à la conférence, mais il trouve qu'il faudra en examiner soigneusement d'avance les bases et les modalités, car la situation peut changer d'un moment à l'autre. Araby pacha ne semble pas disposé à attendre décision des Puissances. En première ligne il trouve nécessaire de s'assurer intentions de la Porte qui ne semble pas disposée à accepter un mandat européen qu'elle rendrait valable avec son autorité souveraine. Il a chargé Calice de renseigner à cet égard san.~ en faire cependant objet d'une démarche auprès de la Porte. D'après impression du Cabinet autrichien l'idée de la conférence est surgie en conséquence de la non réussite de l'entente entre Paris et Londres sur une ultérieure action commune. Dans ma conversation avec Kalnoky j'ai insisté sur le vague des bases indiquées par Angleterre relativement arrangement existant, ce qui avait été déjà relevé lors de la circulaire du 11 février, et j'ai dit qu'il me semblait que la meilleure manière de préciser négociations serait donnée par les mots statu quo sans plus de détails. J'ai fait ressortir convenance et désir de notre part d'un accord entre nous sur cette question, appréciation et désir qu'il a déclaré partager complètement avec la réserve de reprendre conversation quand il recevra proposition française que l'ambassadeur de France lui a dit attendre probablement demain. Ayant puis de nouveau sondé ses intentions sur l'envoi éventuel batiments il m'a dit que marine impériale a des navires pas trop éloignés des eaux d'Egypte, et pourra en y envoyer en cas d'absolue necessité, mais que cela aussi ne se fera pas sans qu'il se soit mis d'accord avec les autres Cabinets.

(l) Cfr. nn. 47, 48, 49 e 53.

48

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 755. Berlino, 2 giugno 1882, ore 17,45 (per. ore 20,15).

Le Cabinet de Berlin avant de répondre à la proposition conférence attend, comme nous, de savoir l'opinion des autres Cabinets et de la Turquie. Si personne ne contredit, l'Allemagne aussi adhèrera. Des objections, selon l'avis personnel du secrétaire d'Etat, pourraient cependant se produire du còté du Sultan, qui, de prime abord, jugerait contraire à sa dignité de voir, meme avec son concours, une conférence européenne délibérer chez lui sur l'Egypte, faisant partie intégrante de so n territoire; il ne devrait néanmoins pas perdre de vue que sa diplomatie vient de remporter un grand succès en emmenant les choses à ce point, et que, dans le sein des conférences, il rencontrerait l'appui de quelques Puissances.

49

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 757. Pietroburgo, 2 giugno 1882, ore 19,18 (per. ore 21,40).

Giers, interragé par mai, m'a répandu ce qui suit: « Selan lui prapasitian de la canférence de Canstantinaple répand entièrement au pragramme des quatre Puissances. Le Cabinet de Saint Pétersbaurg n'y dannera tautefais san adhésian que si les autres Cabinets l'acceptent également ».

50

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. 382. Roma, 3 giugno 1882, ore 12,30.

Paur ètre en mesure de répondre à l'interpellatian du Sultan, je dais prier V. E. de me dire si les cambats entre français et traupes indigènes, dant Sa Majesté parle, ant lieu sur le territaire tripalitain au bien ailleurs en dehars de la frantière. Il faudrait aussi savair si des tribus indigènes relèvent de quelque manière au mains un drait de la sauveraineté du Sultan.

51

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A PIETROBURGO, NIGRA, E A VIENNA, DI ROBILANT

T. 383. Roma, 3 giugno 1882, ore 13,35.

Wimpffen est venu me dire qu'avant de se pranancer sur la prapasitian d'une canférence le camte Kalnaky tenait à cannaitre là dessus man avis. Je lui ai dit, d'abard, que la demande de Kalnaky {l) venait de se craiser avec celle que je lui avais fait paser par Rabilant CV. E.) dans un but analague (2). J'ai ajauté que ma première impressian était que la canférence marquerait définitivement le retaur au cancert eurapéen, écartant par l'égalité du vate attribué à chaque Puissance, taute idée de prépandérance, et que la majarité pourrait y étre cansidérée camme acquise d'avance aux idées désintéressées et impartiales sur lesquelles s'était manifesté entre les quatre Cabinets un parfait accard, qui se confirmerait sans doute au sein de la canférence. A

mon avis on devrait: 1° définir clairement le but et le mandat de la réunion, 2° s'engager à accepter les délibérations de la conférence; 3° convenir au préalable et d'une manière absolue que rien ne serait entrepris en Egypte, pour quelque motif que ce soit, par l'action isolée de quelque Puissance, pendant les travaux de la conférence. J'ai encore émis l'opinion que tout en acceptant la base générale proposée par l'Angleterre, il y avait tel point spécial, et nommément le contrale financier, qui n'ayant jamais été formellement reconnu par les autres Puissances, paraissait devoir former l'objet bien plus que d'une condition préalable d'occupation, de l'examen de la conférence elle meme, pour décider s'il doit avoir une organisation européenne, ou bien exclusive de la part de certaines Puissances. J'ai enfin conclu déclarant que ces impréssions n'avaient point le caractère d'une proposition, car dans ma conviction la meilleure réponse sera toujours celle sur laquelle les quatre Cabinets pourront se trouver d'accord. Veuillez faire part de ce qui précède au ministre des affaires étrangères, et me faire connaitre le plus tot possible l'avis du gouvernement auprès du quel vous etes accrédité, ainsi que la forme qu'il préférerait pour la réponse à donner (l).

(l) -Cfr. n. 47. (2) -Cfr. n. 46.
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L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 771/968. Londra,, 3 giugno 1882, ore 16,36 (per. ore 20,15).

Les vues si nettes et si explicites exposées par V. E. dans son télégramm" de l'avant dernière nuit (2) sur sa politique relative à la question égyptienne ont été accueillies par Lord Granville, à qui j'en ai fait part hier avec autan1 plus de faveur qu'elles sont, ainsi qu'il me l'a déclaré, entièrement conformP"à celles du Cabinet anglais, aussi m'a-t-il témoigné qu'il avait la plus grande confiance dans la sincérité et loyauté du gouvernement italien. Granville m'ayant demandé mon avis sur le résultat probable de l'intervention du Sultar: en Egypte, je lui ai répondu que si le Sultan se présentait en Egypte camme pacificateur et avec l'intention manifeste de respecter l'autonomie et les institutions égyptiennes, il est probable et méme possible qu'il retablira l'ordre et le statu quo, mais si au contraire le Sultan voulait implanter une administration turque en Egypte, il échouerait dans son entreprise. Granville est également de cet avis. Il pense que le Sultan hésitant à agir dans le premier sens il faudrait le menacer de changer le siège de la confèrence. Une telle menace le déterminerait et mettrait peut étre fin à ses hésitations. Granville pense que le Sultan devrait faire en sorte de mettre ordre aux affaires d'Egypte avant mème la réunion de la conférence. Ce serait un acte d'habileté de sa part. Granville m'a dit ensuite confidentiellement que la question d'une intervention en Egypte

avait déjà été traitée avec Gambetta qui voulait la définir d'accord avec l'Angleterre seule; Granville fit toujours ses réserves à ce sujet et méme vers la fin du court ministère Gambetta il mit en avant l'idée d'une intervention turque et du concert européen. Gambetta n'eut pas le temps de se déclarer sur ces propositions qui furent renouvelées à M. de Freycinet. Celui-ci refusa d'abord d'y accéder sous prétexte du mauvais effet que leur acceptation aurait produit en France dont l'amour propre aurait été blessé par un tel acte. L'Angleterre ayant insisté, M. de Freycinet vu l'état d'anarchie en Egypte a fini par céder. Granville me disait que si cette adhésion avait eu lieu 10 jours plus tòt la révolte d'Araby pacha n'aurait pas pris de telles proportions et tout serait aujourd'hui rentré dans l'ordre. Maintenant le problème est devenu plus difficile et l'on hésite à croire au succès. Ces confidences de Granville expliquent la scène violente de Granville d'avant hier dans la Chambre des députés. Hier ont eu lieu à la Chambre des Communes de nouvelles interpellations sur l'Egypte, mais la réponse de Dilke n'ajoute rien d'important aux choses dites dans la séance précédente.

(l) -Cfr. nn. 57, 60, 63. (2) -Cfr. n. 42.
53

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 772. Costantinopoli, 3 giugno 1882, ore 21,30 (per. ore 22).

Les ambassadeurs de France et d'Angleterre ont fait aujourd'hui proposition formelle de la conférence. Elle s'est croisée avec la communication officielle que le ministre des Affaires Etrangères faisait aux 6 représentants des Puissances de la décision souveraine d'envoyer commissaire en Egypte. Le ministre des Affaires Etrangères a dit à toutes les six que la résolution prise hier par Sa Majesté pour rétablir l'ordre en Egypte rendait la conférence superflue. Pour mon compte j'ai répondu que j'ignorais jusqu'ici quelles étaient les vues de mon gouvernement sur la proposition. Mes trois collègues se trouvent dans la méme position.

54

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, MENABREA, A PIETROBURGO NIGRA, A VIENNA, DI ROBILANT, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI

T. CONFIDENZIALE 386. Roma, 3 giugno 1882, ore 23,59.

Le Sultan a fait dire à Corti par son secrétaire qu'il espère que l'envoi de son commissaire suffira pour le rétablissement de l'ordre, et que les Puissances ne lui demanderont pas la réunion de la confèreDce. En tout cas, si les événements d'Egypte exigeaient des mesures ultérieures Sa Majesté demanderait l'avis des Puissances amies.

55

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 244. Parigi, 3 giugno 1882 (per. il 6).

La commissione incaricata dagli uffici della Camera di esaminare i progetti presentati dal governo francese per il riordinamento della Tunisia ha tenuto ieri un'importante seduta alla quale intervennero il presidente del Consiglio ed i ministri della Guerra della Giustizia e della Pubblica Istruzione il primo per rispondere intorno alla politica in generale e gli altri intorno alle istituzioni speciali da loro proposte.

Nel pubblicare il rendiconto di tale seduta i giornali meglio informati dicono che il signor di Freycinet vi fu interpellato riguardo alle intenzioni del governo sulla Tunisia. Il signor Delafosse sollevò dei dubbi sull'opportunità di un riordinamento come quello proposto e chiese se non sarebbe possibile stabilire fra le Potenze un accordo internazionale o modus vivendi. Altri commissari domandarono invece se il progetto non condurrebbe necessariamente all'annessione. Il signor di Freycinet rispose che egli si teneva fermo al protettorato ed al trattato del Bardo che deve essere la regola del governo francese.

Intorno alla commissione finanziaria della Tunisia il signor di Freycinet rispose che egli era obbligato di rispettarla perché essa dipende da accordi internazionali. Non si potrebbe sopprimerla che prendendo a carico della Francia il debito tunisino che si eleva a 125 milioni e col debito fluttuante a 150 milioni.

Il signor Léon Say che assisteva egli pure alla seduta aggiunse che per conto suo non potrebbe acconsentire che la Francia si addossasse questo nuovo onere finanziario; e quanto all'espediente che consisterebbe nel fare appello al concorso dell'alta banca per troncare la difficoltà esso secondo il parere del ministro presenterebbe grandissimi inconvenienti.

Relativamente poi all'istituzione proposta di tribunali francesi il signor di Freycinet rispondendo al signor Ténot che domandava l'abolizione delle capitolazioni espresse la speranza che i servizi resi dai tribunali indurrebbero progressivamente le Potenze a rinunciare alle capitolazioni.

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L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (2)

R. 873. Cairo, 3 giugno 1882 (per. il 12).

*Mi sono regolarmente pervenuti i telegrammi di V. E. del 29 scorso mese (3), e del 1° e 2 corrente (4), concernenti la proposta del governo inglese della riunione a Costantinopoli d'una conferenza delle Potenze sulla questione egiziana*.

Conchiudevo il precedente mio rapporto (l) accennando ad indizi di qualche atto violento del partito militare contro il Kedive. Per ordine di Arabi in tutte le prefetture della città, e nelle provincie si fece firmare una petizione per la deposizione del Kedive, e per la proclamazione di Halim pascià, che per terrore furono ripiene di migliaia di firme, e continuano ancora a raccoglierne in tutte le classi della popolazione.

La mattina del 1° corrente si annunziava pubblicamente una dimostrazione armata contro S. A. per deporlo e proclamare il nuovo Kedive. E tutte le informazioni avvalorarono questa voce, essendosi pubblicato un ordine del giorno del ministro della Guerra, che ordinava a tutte le truppe d'indossare l'uniforme di gala per le 3 pm.

L'agitazione era grandissima nella popolazione.

A mezzogiorno il Kedive mi chiamò e mi trovai con i colleghi di Germania, e di Russia, quello d'Austria essendo assente in Alessandria. Sua Altezza ci diede lettura di due lettere di due ufficiali, a lui devoti, di due differenti reggimenti, che l'informavano di tutto il programma della dimostrazione fissata per quel giorno, e per contr'ordine rimessa ad oggi. Il Kedive era turbatissimo, e ci pregò di telegrafare ai nostri rispettivi governi di voler indurre il Sultano d'inviare un commissario senza perdita di tempo.

*Il trascinare, e rimettere un atto di tanta gravità, mi confermò sempre più nell'opinione che Araby, senza prevederne la soluzione che lo concerne, sia un istrumento della Turchia, che lo eccita a minacciare fatti estremi, onde imporne alla Potenza, recalcitrante ad ammettere il suo intervento, a venire in Egitto come potenza sovrana.

Infatti oggi non vi è l'ombra di pericolo della tanto annunciata dimostrazione, e so di certa scienza che Arabi ha ricevuto dal suo agente a Costantinopoli an telegramma che gli ordina in nome del Sultano di non commettere atti che potrebbero creare complicazioni, mettendo in pericolo la sicurezza pubblica*.

Finora, a giudicare dalle apparenze, sembra fuor di dubbio che Arabi accolga ~on rispetto gli ordini del Sultano, perché è convinto che questi scioglierà la questione in di lui favore. Ma non sarebbe da sorprendere, che se altro sia l'intendimento della Turchia, potrà allo smascherarsi, avvedersi troppo tardi di non poter così facilmente imbrigliare questo partito militare così esaltato da' suoi eccitamenti.

Questa notte S. A. ha ricevuto da Costantinopoli la comunicazione officiale della partenza, pEr quEsta mattina. di D2rvish pascià come commissario imperiale. E perciò divido l'opinione dei miei colleghi che sino all'arrivo del commissario turco, e secondo l'attitudine che assumerà, avremo una sosta nello svolgersi degli avvenimenti.

Con telegramma del 30 scorso mese (2) informai l'E. V. come il R. vice-console di Porto-Satd fosse stato interpellato dal console inglese, e dai comandanti delle corvette francese ed inglese, sull'attitudine che terrebbe la nostra corazzata in caso di sbarco di truppe francesi, o d'invasione di beduini nella città,

e delle istruzioni che diedi al signor de Boccard, come la regia corazzata non avrebbe assolutamente altro mandato che di dar rifugio ai nazionali in caso d'estremo pericolo, senza avere menomamente l'apparenza di prender parte alcuna negli avvenimenti che potessero far spiegare l'azione della flotta anglo-francese. Mi sorprese che dei funzionari subalterni facessero tale richiesta, quando forse il R. governo ha fatto conoscere alle due potenze la missione della Castelfidardo a Porto-Said, e che in diverse occasioni ho francamente ripetuta a questi due agenti, miei colleghi.

* Come ho telegrafato all'E. V. in data di ieri (l), questo agente francese ha fatto una certa pressione sul Kedive perché chiamasse Ragheb pascià a formare un nuovo Gabinetto, Ragheb pascià, turco, che fu al potere spesse volte sotto Ismail, vecchio, paralitico, da diversi anni scomparso dalla scena, e dimenticato, nei primi movimenti del partito nazi.onale ebbe la velleità di alludere ad una repubblica egiziana. La prima impressione nell'opinione pubblica si fu che un accordo segreto esistesse fra l'agente francese ed Araby, H quale aveva accettato di sottomettersi a questo nuovo ibrido ministero; ma quindi si seppe che il movente della pressione sul Kedive fu che l'agente francese si sia lasciato convincere che Ragheb pascià avrebbe domato e disperso il partito militare senza l'intervento della Turchia. Tutto l'immaginato edifizio cadde sotto il peso del ridicolo. *

A reggere il ministero degli Affari Esteri non vi è neppure il segretario generale, in congedo in Europa, e l'avvocato del contenzioso, signor Pietri, ha assunto da sé di dar corso ad affari amministrativi di poca importanza.

Ieri il signor Pietri è venuto da me, come da tutti i colleghi, e ci ha dato lettura di un ordine di Arabi a quel dicastero, che unisco in copia. Il Pietri ci soggiunse che il Kedive non ha dato nessun ordine ad Arabi, né in nome suo, né in nome del Sultano; e che inibiva si facesse agli agenti esteri qualsiasi comunicazione officiale a di lui richiesta, *potendo comunicarla officiosamente come nuova pruova della prepotenza pretorana.*

ALLEGATO.

(2 giugno 1882}

Conformément à l'ordre verbal j'ai reçu de S. A. le Khédive, et à ce que lui a été adressé par notre auguste Souverain, le prince des croyants, tendant à assumer la responsabilité pour l'armée, qui est sous mon commandement, touchant la sécurité publique, je déclare à tous que je garantis la tranquillité et la sécurité publique, que je garde tous les habitants de l'Egypte, sans distinction de religion, ou de nationalité, tant indigènes qu'européens, les garantissant de tout ce qui pourrait porter atteinte à leurs droits ci vils.

En conséquence de ce qui precède, je vous adresse la présente, vous priant d'en donner communication à messiéurs les agents et consuls generaux de toutes les Puissances, afin qu'ils sachent qu'il n'y a aucune crainte à avoir pour les européens, et qu'ils soient assurés de la sécurité de leurs personnes, de leur honneur et de leurs biens, et afin de demontrer la bonne intention des égyptiens envers ceux qui les traitent bien.

(l) -Ed., In LV 43, p. l. (2) -Ed., con data 2 giugno, ad eccezione del brani fra asterischi, in LV 35, pp. 171-173. (3) -T. 360 del 28 maggio, non pubblicato; ma cfr. n. 24. (4) -T. 375 del 1 giugno 1882 e T. 378 del 2 giugno 1882, non pubblicati. (l) -R. 872 del 29 maggio 1882, non pubblicato. (2) -T. 732 del 30 maggio 1882, non pubblicato.

(l) T. 750 del 2 giugno 1882, non pubblicato.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 781. Berlino, 4 giugno 1882, ore 16,37 (per. ore 17,50).

J'ai donnée lecture au secrétaire d'Etat du télégramme de V. E. sur votre conversation d'hier avec Wimpffen (1), il vous remerciait et appréciait vos considérations, mais d'après son avis personnel il faudrait de longs pourparles entre le Cabinets pour parvenir à une entente sur les différents points signalés et on s'exposerait à prendre un temps précieux en présence des événements qui se précipitent en Egypte. Il vaudrait mieux, si la conférence se réunit, y entrer sans toucher préalablement au vif de la question, autrement on risquerait de faire abortir la conférence avant meme qu'elle se réunisse. Les deux Puissances occidentales marquent d'une manière très sensible un retour au concert européen, le tete-à-tete leur pèse et elles en viendront peut etre d'elles memes à se piacer de plus en plus sur le terrain des intérets généraux. En attendant le Cabinet de Berlin accepte, en principe, la proposition de conférence pour autant que les autres Puissances y adhèrent; quant à la forme pour la réponse à donner il n'a pas d'opinion arretée.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A COSTANTINOPOLI, CORTI, A LONDRA, MENABREA, A PIETROBURGO, NIGRA, A VIENNA, DI ROBILANT, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI, E ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 393. Roma, 4 giugno 1882, ore 23,59

L'Ambassadeur de Turquie m'a aujourd'hui communiqué deux télégrammes de la Sublime Porte. Le premier annonce l'arrivée en Egypte de Dervish pacha avec mission de «maintenir l'ordre et lo statu quo dans cette province, partie intégrante de l'Empire, et de raffermir l'autorité du Kedive ». L'autre se référant à la proposition franco-anglaise, et exprimant le ferme espoir que la mission de Dervish pacha suffira à ramener la situation normale en Egypte, dit que la Sublime Porte ne saurait s'expliquera la nécéssité d'une conférence, alors que le règlement des affaires égyptiennes rentre dans les prérogatives et les droits du Souverain. La Sublime Porte espère donc que le projet de conférence sera abandonné.

(l) Cfr. n. 51.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 782. Berlino, 5 giugno 1882, ore 15,25 (per. ore 18).

Du moment où il fallait émettre avis si la présence du Roi serait opportune et désirée (1), j'ai dù en voie indirecte et sous forme privée procéder aux investigations les plus consciencieuses. Il ne m'a pas été possible, hier dimanche, de m'assurer de la chose, mais aujourd'hui je suis à meme et d'après les meilleures sources de mander ce qui suit: les Souverains d'Angleterre, d'Autriche et de Russie se font représenter au bapteme par des princes de sang. Le Roi de Saxe vient en personne. Le Roi des belges enverra un délégué. C'est à ces Souverains, camme au Roi d'Italie que ces invitations ont été faites. Si donc N.A. Souverain arrivait, il serait le seul Souverain d'une grande Puissance étrangère. Il est bien qu'il connaisse cette circonstance avant d'aviser, mais s'il se décide à faire le voyage, Leurs Majestés seront aujourd'hui, camme toujours, très bienvenues à cette Cour où elles ont déjà laissé les meilleurs souvenirs. Il me semble, d'après ces indications, qu'il n'y a pas d'hésitation possible. L'absence d'autres Souverains de Grands Etats ne donnera que plus de relief à la présence de nos Augustes Souverains. Ils auront moralement et matériellement de toute manière une présence très marquée, qui ne pourra que produire ici et en Italie le meilleur effet, ce sera la consacration de notre politique actuelle. Je vais télégraphier tous les renseignements pour cadeaux et décorations (2). En attendant il me résulte que, dans les circonstances actuelles on tiendrait ici à ce que ce voyage ne donnat pas lieu à des commentaires qui ne manqueraient pas de se produire si Leurs Majestés étaient accompagnées d'un de nos ministres. On tiendrait aussi à ce que la suite de Leurs Majesté fùt réduite à un service d'honneur très restreint. Lors de la visite du Roi Vietar Emmanuel en 1873 on avait trouvé que son entourage et sa suite étaient très nombreux ce qui avait causé maints embarras. On désirerait que Leurs Majestés qui seront logées au chateau de Berlin, arrivassent ici le samedi 10 juin après midi de manière à pouvoir assister le jour meme à un diner chez l'Impératrice. Le train d'Italie, voie de Brunich et Leipzig arrive ici à midi et demi, heure qui conviendrait parfaitement (3).

«1. Se quasi tutti i Sovrani, ed anche quello del piccolo Belgio, si faranno rappresentare come padrini nel battesimo; sarebbe conveniente che il solo Re d'Italia, Sovrano di una grandePotenza, v'intervenisse di persona, assoggettandosi nell'angustia del tempo al disagio di un lungo e precipitoso viaggio?

2. -s. M. la Regina, non essendo madrina, nè essendo personalmente invitata e pregata, come mai potrebbe offrirsi essa pure a recarsi a Berlino? 3. -Il nostro Sovrano costituzionale, nel senso e nella estensione che in Italia è data al sistema costituzionale, potrebbe uscir fuori dello Stato, ed incontrarsi in un convegno di Sovrani, senza essere assistito da un ministro responsabile? 4. -Poichè il sentimento pubblico del popolo italiano non desidera un viaggio del suo Re a Berlino se non per lo scopo d'un maggiore e più intimo avvicinamento politico tra i due Stati; la mancanza di qualunque ministro italiano a Berlino, mentre ben due ministri ebbero
(l) -T. 391, del 4 giugno 1882, non pubblicato. (2) -T. 783, pari data, non pubblicato. (3) -Cfr. il seguente appunto di Mancini, M.C.R. Carte Mancini, su questo telegramma:
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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 1668. Vienna, 5 giugno 1882 (per. l'8).

Mi procurai ieri una conversazione col conte Kalnoky intorno alle considerazioni sulle basi a cui dovrebbe esser sottoposta l'accettazione della proposta di conferenza avanzata dalla Francia e dall'Inghilterra, che l' E.V. svolgeva al conte Wimpffen, e si compiaceva comunicarmi con suo telegramma del 3 (2).

Anzitutto il ministro imperiale facevami osservare che nell'intervallo la Sublime Porta aveva fatte delle dichiarazioni agli ambasciatori a Costantinopoli le quali chiaramente esprimono la non accettazione per ora della conferenza da parte del governo turco, e siccome tutte le Potenze subordinano la loro accettazione a quella concorde delle altre, la Turchia compresa, così per il momento la questione resterà in sospeso. Ad ogni modo volendo io per ogni eventualità conoscere il parere del conte Kalnoky intorno alle idee manifestatemi al riguardo dall'E. V. cominciò col dirmi apprezzarle egli grandemente, aver però alcune osservazioni da fare in proposito.

Anzitutto egli credeva dover rilevare le parole che alludevano alla costituzione di una maggioranza in seno alla conferenza che a parer suo non troverebbero la loro applicazione nel caso attuale, essendo sempre ammesso che nelle conferenze come nei congressi non vi possono essere voti di maggioranza, essendo solo il comune consenso che costituisce le deliberazioni; *non poneva poi in dubbio che né la Porta né le Potenze occìdentali mai accetterebbero deliberazioni che non sarebbero state emesse anche col loro consenso. Per la stessa ragione non sarebbe possibile convenire in antecedenza in modo assoluto, che nulla sarebbe intrapreso in Egitto, per qualunque motivo, dall'azione isolata di alcune Potenze durante i lavori della conferenza. Infatti egli osservava, che le flotte delle Potenze occidentali, che stanno attualmente nelle acque dell'Egitto, potrebbero, ove se per disgrazia un proiettile venisse ad esser lanciato da terra contro di esse trovarsi costrette, per l'onore della bandiera, ad un'azione, di cui difficile sarebbe il prevedere le conseguenze; di più sta il fatto che la stessa Turchia ha cominciata un'azione, che, malgrado accenni per ora ad essere tutta morale, soltanto potrebbe anche assumere altre proporzioni.

Il conte Kalnoky ammetteva poi bensì, che là dove le Potenze occidentali accennano fra le basi su cui dovrebbero poggiare le deliberazioni della conferenza, si fa menzione in termini troppo generali di preesistenti impegni (engagements) male precisati e pure non tutti ammessi dalle Potenze, ma ad ogni modo opinava quelle esser le basi proposte da chi rivolgeva l'invito, si poteva chiedere le precisassero ma ciò fatto non si potrebbe rifiutarle. Io credetti dovere

l'onore di accompagnare il Re a Vienna, non potrebbe dare occasione a temerari giudizi di eccessiva timidità verso la suscettibilità della Francia, od anche di condizioni, se non imposte, desiderate nella visita del principe di Bismarck? Con l'imprudenza e l'ignoranza di una parte della stampa italiana, simili commenti sarebbero assai probabili, e la visita a Berlino produrrebbe nella pubblica opinione un effetto contrario a quello che potrebbe giovare alla forza ed al prestigio del governo ».

oppugnare questa teoria osservando che siccome le Potenze occidentali non hanno maggiori diritti sull'Egitto delle altre Potenze così dal momento che ci invitano ad occuparci degli affari di questo Paese è di comune e pieno diritto l'accettare, rifiutare o modificare le basi che ci vengono proposte per le trattative. S. E. non respinse intieramente questi miei apprezzamenti, ma mi osservò però star di fatto che ciò che si tratterebbe nel caso presente sarebbe di terminer la crise actuelle, che quindi non si potrebbe senza grave pericolo trarre in campo in quella discussione tutte le questioni che si riferiscono all'Egitto.

In conclusione, egli ripetevami, ciò che già aveva detto agli ambasciatori di Francia e d'Inghilterra, la cosa indispensabile all'evenienza essere che essi precisino le loro idee intorno alle misure da prendersi per raggiungere il precitato risultato.

* -Questa conversazione mi conferma vi è maggiormente nella opinione che l'Austria e la Germania videro con soddisfazione la non riuscita dell'azione isolata della Francia e dell'Inghilterra e quindi il nuovo appello da esse fatto al concerto europeo per risolvere di comune accordo con la Porta la crisi egiziana. I due imperi non vorrebbero però prevalersi di ciò per far subire uno smacco toppo sensibile alla Francia che avrebbe indubbiamente per conseguenza la caduta del ministero Freycinet. *In quanto poi ha tratto alla questione del controllo, che già più d'una volta fu toccata di sbieco nelle mie conversazioni col conte Kalnoky, ho dovuto formarmi il convincimento che, anzitutto per la precitata ragione i due Gabinetti imperiali accettano tacitamente almeno les engagements avvenuti al riguardo fra le due Potenze occidentali e l'Egitto e non ne faranno oggetto di discussione di sorta. * -Con rincrescimento quindi, vedo dai giornali nostri che la opinione pubblica va fuorviando al riguardo in Italia, acquistando la persuasione che il mal passo in cui son cadute le Potenze occidentali avrà per conseguenza di cancellare tutto un passato che non si può negare per le giuste suscettività, e gl'interessi anche del Paese nostro. Ciò potrebbe succedere se quelle Potenze continuassero a progredire nella falsa via in cui si sono poste, ma se invece vi si arrestano come sembra probabile, si può esser sicuri che il ristabilimento dello statu quo esistesse prima dell'ultima crisi, sarà l'unico scopo a cui tenderà l'azione dei due imperi e quindi quello che prevarrà nelle decisioni del concerto europeo. Le conseguenze di ciò per l'avvenire ci saranno assai favorevoli, se sapremo evitare di Rnllevare ostacoli che in fin dei conti non sarebbero serii, parmi quindi che la sola cosa a cui dobbiamo tendere si è di concorrere a consolidare quel concerto europeo, evitando d'accennare di volere accampare a nostra volta interessi privati.*
(l) -Ed., ad eccezione dei brani tra asterischi e con alcune varianti, in LV 35, pp. 185-186. (2) -Cfr. n. 51.
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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 795. Vienna, 6 giugno 1882, ore 15,20 (per. ore 17,40).

J'ai longuement causé avec Kalnoky sur état actuel question conférence. Il trouve que évidemment il faut attendre résultat action commissaire envoyé par le Sultan. C'est ce qu'il a répondu à l'ambassadeur de France tout en lui répétant que du reste Cabinet de Vienne avait accepté en principe, pour san compte, la confèrence. Ll m'a ajouté que Bismarck tient extrèmement à ce que la conférence se réunisse, que ainsi il agira auprès du Sultan pour qu'il y adhère, mais Kalnoky doute qu'il réussisse.

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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. CONFIDENZIALE 2356. Costantinopoli, 6 giugno 1882 (per. il 13).

Io ignoro finora l'impressione prodotta presso i Gabinetti delle Potenze dal rifiuto da parte della Sublime Porta di associarsi alla proposta della conferenza sulle cose dell'Egitto. S. M. il Sultano fu evidentemente indotto in questa risoluzione dal desiderio di profittare della presente situazione per esercitare la sua piena ed intiera autorità in Egitto, indipendentemente dall'azione delle Potenze. Io ebbi l'onore di riferire alla E. V. le notizie che avevo tratte da buona fonte circa le istruzioni impartite ai commissari ottomani, le quali si riassumevano nell'incarico di stabilire l'accordo fra il Kedive e l'elemento militare (2). Se non che chi può conoscere le istruzioni verbali e segrete che S. M. può avere confidate a Dervish pascià? S. E. è infatti incaricata di una missione di conciliazione fra il Kedive e l'elemento militare, fra il Kedive sostenuto dalle Potenze estere e l'elemento militare che dispone della forza armata, si atteggia a rappresentante della nazionalità musulmana, né invoca altra sovranità che quella di S. M. il Sultano. Dervisch pascià ha apparentemente a raffermare l'autorità del Kedive, ma non dispone di alcuna forza per raggiungere questo scopo. E lascio all'E. V. di trarre le conseguenze probabili di siffatta situazione.

D'altra parte S. M. respinge risolutamente la proposta d'intendersi colle Potenze per mezzo di una conferenza composta dei rappresentanti di esse, rigetta il mezzo che queste le propongono per far passare la quistione egiziana nel campo europeo, per dare efficacia all'esercizio della autorità sovrana. Sua Maestà rifiuta quella mano che i governi di Francia e d'Inghilterra le tendono per cederle una parte del potere che avevano reclamato fino ad ora. Quali saranno gli effetti di questo rifiuto? Saranno Francia ed Inghilterra per rinunziare all'accordo con tanta pena stabilito fra di esse, lascieranno esse piena libertà a

S. M. il Sultano d'agire a suo talento ed indipendentemente dal concerto delle Potenze? San questi ardui problemi sui quali l'E. V. è meglio di me in grado di formarsi un adeguato giudizio, e molto dipenderà dall'atteggiamento che sarà per prendere il governo germanico.

E frattanto Sua Maestà è ansiosa di conoscere l'accoglienza che i quattro governi hanno fatta alla proposta di conferenza. Ieri Essa fece chiamare a

palazzo l'incaricato d'affari di Germania, il quale però non aveva ricevuto alcuna notizia in proposito da Berlino. L'ambasciatore di Austria-Ungheria è stato informato il suo governo avere accettata la conferenza pel caso che gli altri vi aderissero del pari. Quello di Russia non ha alcuna potenza riguardo alle disposizioni del suo governo. E mi sembra probabile che i governi non prendano alcuna ulteriore risoluzione innanzi d'avere assistito ai primi effetti della missione ottomana. Nel segnar ricevuta all'E. V. del suo ossequiato dispaccio in data del 23 ultimo n. 1380 di questa serie (l) ...

(l) -Ed., ad eccezione del brano fra asterischi, in LV 35, pp. 190-191. (2) -T. 777 del 4 giugno 1882, non pubbllcato.
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L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 801. Pietroburgo, 7 giugno 1882, ore 2 (per. ore 10,35).

Ayant communiqué confidentiellement à M. de Giers la substance de votre télégramme du 3 courant (2) relativament aux conditions dans lesquelles devrait s'exercer l'action de la conférence, S. E. me répond qu'il partage votre opinion que la conférence marquerait retour au concert européen. Les conditions indiquées par V. E. paraissent très rationnelles à M. de Giers qui, pour sa part, désirerait qu'elles soient acceptées, le cas échéant, par toutes les autres Puissances. Quant à la conférence elle méme M. de Giers croit possible qu'en cas de refus définitif de la Sublime Porte, les deux Gouvernements occidentaux proposent une conférence ailleurs qu'à Constantinople et sans la Turquie, mais il doute qu'une telle proposition rencontre suffrage de toutes les autres Puissances.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 808. Berlino, 7 giugno 1882, ore 16,50 (per. ore 17,50).

Aujourd'hui mes collègues de France et d'Angleterre ont demandé, au nom de leurs gouvernements, au Cabinet de Berlin de s'employer, lui aussi, auprès de la Sublime Porte pour réunir sans retard la conférence. Cette conférence ne pourrait que fortifier la tache de Dervish pacha. Le secrétaire d'Etat a pris la demande ad referendum en émettant avis personnel qu'il pensait que l'Allemagne préterait san concours si les autres Cabinets consentaient de leur còté. Le prince de Bismarck est de retour à Berlin depuis avant hier.

8 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XV-XVI

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 51.
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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 812. Vienna, 8 giugno 1882, ore 21,15 (per. ore 23,10).

Kalnoky vient de m'informer que les ambassadeurs de France et d'Angleterre sont allés hier lui demander l'appui du Cabinet autrichien en faveur de la dernière démarche franco-anglaise à Constantinople afin que le Sultan consente à la réunion de la conférence sans attendre résultat de la mission de Dervisch pacha, et qu'aujourd'hui les ambassadeurs de Russie et d'Allemagne lui ont communiqué des télégrammes de leurs gouvernements qui se disent très disposés à appuyer la démarche anglo-française si les autres Puissances consentent et ont déjà donné des instructions dans ce sens à leurs ambassadeurs à Constantinople. Kalnoky vient de télégraphier à Calice qu'il est autorisé à se joindre à ses collègues d'Allemagne, d'Italie et de Russie pour conseiller à la Porte d'adhérer, aussi de son còté, en principe, à la réunion de la conférence. Il vient de télégraphier aussi à Wimpffen et il espère que cette manière de voir sera partagée par V. E. Le Cabinet de Vienne et de Berlin y adhèrent fortement, désirant maintenir le Cabinet Freycinet, qui tomberait sans retard si le projet de conférence échouait dès à présent. Je prie V. E. de vouloir bien me mettre en mesure de communiquer à Kalnoky les instructions qu'elle aura données au comte Corti (1).

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A PIETROBURGO, NIGRA, E A VIENNA, DI ROBILANT (2)

T. 409. Roma, 8 giugno 1882, ore 23.

L'ambassadeur d'Angleterre et le chargé d'affaires de France hier m'ont fait deux communications, de la part de leurs gouvernements. Elles expriment le désir que le Cabinet de Rome ainsi que ceux de Berlin et de Vienne et de Saint Pétersbourg, pretent leur concours aux Puissances occidentales à Constantinople pour obtenir que la Sublime Porte adhère à la conférence, car elle ne serait pas en opposition avec la mission confiée à Dervish pacha en Egypte, mais au contraire aiderait à son succès, demeurant l'Europe réunie pour parer à un échec éventuel de cette mission. En meme temps il serait utile que dans le cas d'insuccès le concert européen puisse prendre la suite de l'affaire sans perte de temps, et la dépeche britannique ajoute que la conférence, arreterait les mesures ultérieures à prendre par le Sultan pour maintenir son autorité. J'ai repondu que le gouvernement italien n'ayant

d'objections à accepter en principe la conférence, si les autres trois Cabinets l'accepteront sauf à mieux préciser le but, le mandat de la réunion et les conséquences, j'aurai consulté les trois autres Cabinets, sur l'opportunité de faire. en parfait accord une démarche uniforme auprès du Sultan dans le sens proposé, et si leur opinion sera affirmative, le Cabinet de Rome aussi sera pret à s'y ranger. J'ai ajouté que cet échange de vues exige quelques jours, qui suffiront à nous mettre en mesure [d'apprécier], par l'accueil qu'on fera au Caire aux premières démarches de Dervish pacha, si sa mission a des ~hances sérieuses d'aboutir à une solution paisible et durable. Veuillez faire part de ce qui précède au ministre des Affaires Etrangères, et me faire connaitre le plus tòt possible son avis quant à la substance et à la forme de la démarche uniforme qui devrait se faire à Constantinople si elle doit avoir lieu (l).

(l) -Cfr. n. 72. (2) -Ed. in italiano, con alcune varianti, in LV 35, p. 193.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, MENABREA, A PIETROBURGO, NIGRA, A VIENNA, DI ROBILANT, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI (2)

D. Roma, 8 giugno 1882.

Il 27 maggio scorso la Sublime Porta indirizzò ai rappresentanti a Costantinopoli delle Potenze mediatrici una nota in cui, per risolvere finalmente le questioni rimaste sospese nella delimitazione della frontiera turco-greca, si dichiara pronta a sgombrare tre dei principali punti sui quali si aggira la controversia, se la Grecia accetta la soluzione turca pel quarto e consente di rimettere simultaneamente alle autorità ottomane il lago ed il villaggio di Nezeros.

Desiderando, ora come sempre, d'agire nella questione turco-ellenica, di pieno accordo coi suoi colleghi, il R. ambasciatore a Costantinopoli, nella sua qualità di decano degli ambasciatori delle Potenze europee, radunò i rappresentanti di Germania, Austria-Ungheria, Francia, Gran Bretagna e Russia per decidere sul da farsi. E fu deciso di trasmettere ai rispettivi governi copia della nota della Porta insieme con un memorandum identico, contenente le considerazioni che all'alto consesso parvero opportune nell'interesse delle due parti. Accludo copia di questi due documenti (3).

Sono ora a pregarla d'indagare e farmi conoscere qual'è sulla transazione proposta dalla Sublime Porta l'opinione del governo.

Da Atene ricevo avviso (4) che il governo ellenico sta per diramare una circolare intorno alla suddetta nota ottomana, e che il signor Trikupis ha dichiarato a quel R. rappresentante essere deciso a declinare qualunque discus

(-4) R. 353 del 1o giugno 1882, non pubblicato.

sione tendente a modificare a danno della Grecia la linea di confine tracciata dalla commissione europea. Il signor Trikupis faceva anche intendere che . qualora si debba o si voglia assolutamente condurre il Gabinetto di Atene ad una revisione delle deliberazioni già convenute, la discussione che oggidi sembra limitata al monte Analypsis, potrebbe assumere altro indirizzo ed altre pro

porzioni.

È quindi della massima importanza che mercé l'accordo delle Potenze me

diatrici, l'attuale vertenza abbia pronto e definitivo scioglimento.

(l) -Cfr. nn. 69 e 70. La risposta da Vienna. T. 832 del 10 giugno 1882, non è pubblicata. (2) -Ed. in LV 39, pp. 25-26. (3) -Cfr. n. 35. nota 3.
68

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC

L. P. Vienna, 8 giugno 1882.

Je m'empresse de vous remettre ci joint ma réponse à la lettre qu'en voie

toute réservée vous avez été chargé de me faire parvenir Cl).

Je tiens puis à vous remercier pour le choix que vous avez fait du courrier

spécial, qui n'aurait pas pu m'étre plus agréable. Ce choix n'aurait du reste

pas pu étre plus heureux car personne ne se doutera à Rome de sa venue

à Vienne, et ici son arrivée avait une explication si naturelle que personne

méme à l'ambassade n'y a vu malice.

J'ai puis encore à vous remercier pour votre lettre du 31 mars (l) qui

répondait si bien à mes propres impressions.

Je ne vous cacherai pas que je vous avais écrit une longue lettre de douze

pages, ostensible à M. Mancini sur l'affaire Ludolf, mais je l'ai briìlée car elle

avait éte écrite avec du vinaigre au lieu d'encre. J'étais encore terriblement

excité par le si désagréable incident Ludolf et vous le comprendrez, car je

suis poursuivi par une fatalité qui fait que chaque chose qui nous réussit ici

a aussitòt un revers de la medaille des plus désagréables.

M. Mancini a beau dire que je ne suis pas dans le cas de me rendre parfaitement compte de la situation: je tiens cependant à vous assurer que je m'en rendais un compte parfaitement exact, ainsi par exemple je savais parfaitement que le véritable gros grief de notre ministre contre le comte Guillaume de Ludolf de Naples, est que celui-ci étant chargé d'affaires des Deux Siciles quand il était émigré à Turin était chargé de le surveiller ce qui il faisait probablement avec zèle! Ce qu'il y a de curieux c'est que Kalnoky s'en est douté et me l'a aussi laissé entendre. Mais heureusement ce fàcheux incident a été vidé ainsi n'en parlons plus. Il n'y a cependant pas à se faire d'illusion tout ce que j'avais fait pour mettre en odeur de sainteté M. Mancini auprès de la Cour et du gouvernement a été et reste très fort endommagé par cet épisode. On a parfaitement saisi que c'est à l'intervention personnelle du Roi qu'on doit que la chose s'est arrangée, et on lui en est personnellement fort reconnaissant ce qui est toujours bon: ainsi il y a dans tout cela au moins un bon còté.

Je tiens puis du reste à vous assurer que le nouvel ambassadeur d'Autriche que vous avez probablement connu est de tous les diplomates autrichiens sur les quels le choix pouvait tomber, celui qui mieux convient à la situation, aussi l'a-t-on fait passer sur le corp à quatre de ses collègues, car il n'était pas le premier sur la liste camme M. Mancini semblait le croire.

Mais en voilà assez sur ce véritable pettegolezzo. Nous avons eu la chance de finir à temps notre grosse affaire et nous pouvons dès à présent commencer à en recueillir les fruits, seulement il ne faut pas se hater trop et mettre ainsi la main sur les fruits qui ne sont pas encore mùrs; c'est ce que je me suis essayé à faire comprendre dans un rapport sur les affaires d'Egypte que j'ai expédié par la poste (1). Il est essentiel que nous comprenions qu'on n'a pas envie de se brùler les doigts pour tirer les marrons du feu. Sachons ne pas nous presser et nous arriverons plus sùrement à attendre notre but. La France a déjà reçu un rude coup en Egypte, et les conséquences ne tarderont pas à s'en faire sentir, mais nous y gagnerons d'autant plus qu'on verra moins notre main. Je veux puis espérer que les démonstrations du parti le plus radica! français en faveur de Garibaldi ne changeront rien à la marche des choses chez nous. Je m'arrete ici car le sujet est des plus glissants, mais je sais que nous nous entendons parfaitement sans avoir besoin de nous expliquer davantage.

(l) Non pubbllcata.

69

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 821. Berlino, 9 giugno 1882, ore 17,29 (per. ore 18,50).

Les communications anglo-françaises dont parle télégramme de V. E. de la nuit dernière (2) et dont je viens de donner lecture au secrétaire d'Etat on été faites également ici ainsi qu'il résulte de mon télégramme du 7 (3). Bismarck a confirmé opinion personnelle tout d'abord émise par le secrétaire d'Etat, à savoir que l'Allemagne accepterait, pour autant que le trois autres Cabinets seraient du meme avis. Depuis lors Cabinet de Berlin apprendait que Autriche et Russie avaient envoyé [à] leurs représentants à Constantinople instructions les autorisant, si les ambassadeurs d' Allemagne et d'Italie recevaient la meme instruction, à se concerter pour démarche uniforme auprès du Sultan relativement à la réunion de la conférence. Le Cabinet de Berlin vient, de son còté, d'instruire, dans un sens analogue son représentant en Turquie. Secrétaire d'Etat me disait spontanément dans cette question que le Cabinet de Berlin avait cherché à faciliter l'oeuvre de la France et de l'Angleterre du moment surtout où ces Puissances se placeraient aussi sur le terrain des intérets généraux, mais qu'il le faisait sans enthousiasme, ni conviction, car il

ne voyait pas quelle serait l'issue de cette affaire. Il n'avait vu, lui aussl, aucun inconvenient à ce que l'an attendit quelques jours pour connaitre accueil fait au Caire aux propositions du commissaire ottoman.

(l) -Cfr. n. 60. (2) -Cfr. n. 66. (3) -Cfr. n. 64.
70

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 805. Pietroburgo, 9 giugno 1882 (per il 19).

Col mio precedente dispaccio del 7 giugno (Serie politica n. 804) (2) partecipai all'E. V. il modo di vedere di questo ministro degli Affari Esteri di Russia intorno alla proposizione d'una conferenza a Costantinopoli per regolare gli affari d'Egitto, ed intorno alle condizioni indicate dall'E. V., nelle quali l'azione della conferenza stessa avrebbe ad esercitarsi.

Ora ho ricevuto il telegramma in data di ieri (3) col quale la E. V. informandomi delle premure fatte dall'Inghilterra e dalla Francia perché i Gabinetti di Roma, di Vienna, di Berlino e di Pietroburgo facciano fare a Costantinopoli passi conformi per indurre la Turchia a non opporsi ed a partecipare alla conferenza, mi chiede di farle sapere a questo riguardo l'opinione del governo russo. A tal fine mi recai oggi dal signor de Giers, il quale mi disse che dopo aver presentito l'avviso dei vari Gabinetti, il governo imperiale di Russia aderiva puramente e semplicemente alla proposta riunione della conferenza ed era disposto d'inviare all'ambasciata russa a Costantinopoli istruzioni conformi alla domanda fatta dai governi di Francia e d'Inghilterra. Intorno alle condizioni e riserve relative all'azione ed al mandato della conferenza, il signor de Giers, come Le esposi in precedente dispaccio, trova assai ragionevoli quelle che l'E. V. ebbe ad indicare. Ma è di parere che non convenga produrle prima dell'adesione di tutte le Potenze alla conferenza ed anzi prima della riunione di essa. Il signor de Giers crede che ciò che più importa si è di constatare e d'affermare in modo indubitabile il concerto europeo, del quale la conferenza sarebbe la prova la più manifesta, e d'evitare con cura di fornire alla Turchia pretesti di rifiuto o d'indugio, mettendo innanzi fin d'ora condizioni o riserve che possono dar luogo a discussioni od a contestazioni, per ragionevoli che siano, essendo d'altronde anche probabile che la maggior parte delle condizioni indicate dall'E. V. saranno proposte ed accettate in seno alla conferenza stessa.

Il signor de Giers mi ha pregato di esporre confidenzialmente questo suo modo di vedere all'E. V. Io ebbi cura del resto di far notare anche questa volta al ministro imperiale che l'E. V. s'era limitata ad esporre le sue impressioni, astenendosi da ogni proposizione, attesoché, secondo la sua opinione, la migliore soluzione debba pur sempre essere quella che avrà l'adesione unanime dei quattro Gabinetti.

(2\ R. 804 del 7 giugno 1882, non pubbl!cato. 13) Cfr. n. 66.

(l) Ed., !n LV 35, p. 195.

71

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 828. Parigi, 10 giugno 1882, ore 11,50 (per. ore 13,10).

On prétend au ministère des Affaires Etrangères que la démarche faite hier par l'ambassadeur de Turquie pour décliner l'invitation à la conférence n'a pas été formelle. C'est du temps que demande la Porte, mais M. de Freycinet, pour qui la réunion de la conférence est presque devenue une question de Cabinet, insiste toujours pour qu'elle se réunisse quand meme. Elle devrait s'ajourner de suite après sa réunion pour donner à la Turquie le temps de faire ses preuves. On m'a aussi signalé au ministère des Affaires Etrangères un projet qui consisterait à constituer en Egypte, au bord du canal de Suez et en quelque sorte un remplacement du contròle anglais-français, une commission internationale dans le genre de celle qui fonctionne au bord du Danube. Je crois que cette idée mérite l'attention de V. E. On va jusqu'à prétendre que M. Malet y serait favorable.

72

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI (l)

T. 410. Roma, 10 giugno 1882, ore 12,35.

Faisant suite à mon télégramme d'hier (2), et après un échange de vues avec les Cabinets de Berlin, Vienne et Saint Pétersbourg, j'autorise V. E. à se mettre d'accord avec ses trois collègues, et si tous ont reçu des instructions analogues, de conseiller à la Porte d'adhérer de son còté aussi, en principe à la réunion de la conférence, pour aider au succès de la mission de Dervish pacha, et dans le cas d'insuccès, pour délibérer sur le mesures ultérieures à prendre par le Sultan pour maintenir son autorité en Egypte, et y assurer l'ordre légal, sans préjuger les réformes et les libertés garanties par les firmans, et le développement prudent des institutions nationales.

73

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 842. Costantinopoli, 11 giugno 1882, ore 11,35 (per. ore 22,58).

Jusqu'ici la Porte persiste dans le refus de la conférence; la raison principale de ce refus consiste dans la répugnance du Sultan de paraitre agir en

Egypte comme l'exécuteur de la volonté des Puissances; par là meme il est difficile de croire que le Sultan puisse se décider à envoyer ses troupes contre les égyptiens. Dès lors l'intérèt principal de la question se concentre actuellement dans la marche de la mission de Dervish pacha, si elle atteint le but de raffermir le Kedive et de réduire à l'impuissance réelle l'élément militaire, la conférence aurait moins d'importance. Les nouvelles qu'on reçoit ici à cet égard du Caire sont plutòt bonnes, mais, si la mission n'aboutit pas nul doute que la plupart des Puissances se refuserait à laisser à la Turquie carte bianche d'agir. Le ministre des Affaires Etrangères reconnaissait Iui-mème hier que, dans cette éventuallté, la Porte aurait à se consulter avec les représentants des Puissances sur les mesures ultérieures. Si, disait-il, on s'était borné à nous faire une proposition dans ce sens, nous aurions pu accepter. Je lui répliquais que la conférence n'avait pas d'autre signification au fait; si le gouvernement turc refusait de s'entendre avec les Puissances les gouvernements français et anglais pourraient ètre poussés plus loin qu'ils ne veulent à présent ou bien la conférence pourrait se réunir ailleurs sans la coopération de la Turquie ce qui aggraverait singulièrement la situation. Pour ce qui me regarde j'ai toujours agi conformément aux instructions de V. E. (1), en parfait accord avec mes collègues d'Allemagne, d'Autriche et de Russie. Depuis deux jours Allemagne

soutient conférence avec plus de vigueur.

(l) -In pari data questo telegramma venne comunicato alle ambasciate di Londra e Parigi con T. 411. (2) -T. 403 del 7 giugno 1882, non pubblicato.
74

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 845. Cairo, 11 giugno 1882, ore 19 (per. ore 5 del 12).

Jusqu'à présent personne n'a pu pénetrer le pian de Dervish pacha, pas mème, d'après les renseignements que je me suis procurés, aucun de mes collègues. Nous l'avons vu séparément. Il se dit à tout le monde rassuré sur la réussite de sa mission, seulement on dit qu'en cas extreme, il prendra commandement de l'armée et qualité de ministre de la Guerre. Il a sondé Kedive sur une conciliation. Son Altesse lui a répondu qu'il demanderait, plutòt de quitter le Pays. La mème tentative auprès de Araby a eu un résultat encore plus catégorique: impossible conciliation pour lui. Le Iangage de Dervisch pacha au Kedive lui assure que le Sultan est pour lui et le Kedive et son parti croyent que la Turquie meme malgré elle, doit le soutenir pour empècher intervention armée des Puissances occidentales. Araby et son parti ne se fient pas des caresses du commissaire turc. Avec les collègues nous avons des informations que le parti militaire ne cèdera pas méme aux ordres du Sultan pour le maintien du Kedive. C'est un duel qui ne se terminera que par la chute d'un des deux. Le fanatisme réligieux est excité au plus haut degré et le prestige d'Araby s'est accru immensement dans la population. Si Dervish pacha ne

réussit à se rendre le maitre de la situation le Kedive pourrait etre exposé à de graves dangers. Il est impossible prévoir les événements. D'un moment à l'autre on attend avec anxiété le premier acte de Dervish pacha qui puisse éclairer un peu la situation. Je vous informerai de tout ce qui peut arriver.

(l) Cfr. n. 72.

75

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 861/974. Londra, 13 giugno 1882, ore 18,04 (per. ore 23,35).

Aujord'hui Granville m'a dit qu'il expédierait à Constantinople des instructions pour proposer au Sultan de tenir pretes troupes à envoyer en Egypte au premier avis. Ces troupes ne devraient pas y rester au delà d'un mois à moins que Kedive et les Puissances ne réclament prolongation de leur séjour. Le Sultan devrait s'engager à maintenir le statu quo et à ne point porter atteinte à l'autonomie de l'Egypte. La France, après quelques hésitations a adhéré à cette proposition. Ambassadeur de France qui me suivait devait proposer à Granville de mettre le Sultan en demeure d'adhérer à la conférence et de la réunir. Granville, à qui j'ai demandé s'il aurait accédé à cette proposition, dans toute son étendue, m'a répondu évasivement et me disant qu'il était convaincu que Sultan était sur le point de céder depuis qu'il avait vu que l'accord des Puissances se maintiendrait. Granville doute beaucoup du succès de la mission de Dervish pacha.

76

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 866. Parigi, 14 giugno 1882, ore 15,53 (per. ore 18,40).

Le discours que vient de prononcer V. E. sur les affaires d'Egypte fait sensation ici. La République jrançaise constate qu'il contient des révélations inattendues et attend texte complet avant de se prononcer. Dans les cercles politiques français on relève, entre autres, la phrase où, après avoir parlé de l'accord constant entre les quatre Cabinets et de l'attitude des deux Puissances occidentales, V. E. dit les considérer comme un moyen efficace pour la solution d'autres graves questions internationales. On y voit une allusion à la Tunisie. Je serai reconnaissant à V. E. de m'envoyer le texte de son discours. Ministre des Affaires Etrangères s'abstient, encore aujourd'hui, de recevoir le corps diplomatique.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A COSTANTINOPOLI, CORTI, A LONDRA, MENABREA, A PIETROBURGO, NIGRA, A VIENNA, DI ROBILANT, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI, E ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 421. Roma, 14 giugno 1882, ore 17,39.

L'ambassadeur d'Angleterre vient de me communiquer Ies télégrammes suivants: « Télégramme n. l. A la demande de Iord Dufferin celui ci a reçu instructions pour écarter les dernières objections du Sultan, de donner l'assurance qu'aucune autre question sauf l'égyptienne ne sera traitée dans la conférence. Demandez au gouvernement auprès duquel vous ètes accrédité s'il autorise son représentant à Constantinople à donner une assurance identique. Signé Gianville ».

« Télégramme n. 2. Le moment est venu où les progrès du désordre en Egypte menacent de réclamer une action plus décidée. Je dois vous charger de proposer au nom du gouvernement de la Reine :w gouvernement près duquel vous ètes accrédité, que le Sultan, soit en cas de nécessité, engagé collectivement par les Puissances réunies en conférence à se tenir prét à expédier au Kedive une force suffisante pour mettre Sa Majesté en mesure de maintenir son autorité. Le Sultan serait requis de donner l'assurance positive que ces troupes ne devraient ètre employées que pour le maintien du statu quo, et qu'il n'y aurait pas d'atteinte aux libertés de l'Egypte garanties par les précédents firmans du Sultan ni aux accords européens existants. Les troupes ne resteraient en Egypte au delà d'un mois, sauf requéte du Kedive, avec consentement des grandes Puissances, ou des Puissances occidentales comme représentant l'Europe. Tous les frais de l'expédition seraient supportés par le gouvernement égyptien. Les représentants français sont chargés de faire la mème proposition. Signé Granville ».

« Télégramme n. 3. Veuillez communiquer au gouvernement auprès duquel vous ètes accrédité les instructions suivantes que le gouvernement de la Reine se propose d'adresser par télégraphe à l'ambassadeur de Sa Majesté à Constantinople pour sa règle dans la prochaine conférence. « V. E. connait les vues ctU gouvernement de Sa Majesté au sujet de l'état des affaires en Egypte ainsi que les bases sur lesquelles il désire voir le rétablissement du statu quo. Le temps presse tellement que dans ces limites le gouvernement de Sa Majesté désire laisser beaucoup à votre discrétion, en pleine et amicale communication avec les représentants des autres Puissances, qui ont toujours été disposées à reconnaitre une certaine initiative de la part de l'Angleterre et de la France. Ainsi qu'il est déclaré dans la circulaire du 11 février il est juste que le Sultan prenne part à toute mesure ou discussion qui représenterait l'action unie et l'autorité de l'Eurape à l'égard de l'Egypte. Conformément à ce point de vue Sa Majesté a été invitée à nommer un représentant à la conférence. Toute objection que le Sultan a pu avoir au sujet de la conférence devrait ètre écartée par le fait que celle-ci serait tenue à Constantinople et qu'une invitation formelle d'y assister a été adressée à la Porte. Le gouvernement de la Reine compte donc avec confiance que le gouvernement ottoman verra l'urgence absolue de s'accorder avec promptitute avec les autres Puissances sur les mesures nécessaires pour le maintien de l'autorité du Sultan et du Kedive, et pour le rétablissement de l'ordre en Egypte sur la base du statu quo. Le Sultan a déjà envoyé un commissaire en Egypte sur son yacht impérial. L'action ainsi entreprise par Sa Majesté en concours avec l'Angleterre et la France prouve qu'il apprécie la gravité de la situation. Il est en effet évident que, pour préserver les liens actuellement existants entre l'Egypte et la Puissance souveraine, le Sultan doit etre pret et ferme à exiger l'obéissance des militaires rebelles, qui défient maintenant le Vice Roi. Vous aurez soin, dans toute proposition que vous ferez d'avoir les dus égards pour la position et la dignité de Sa Majesté comme Souverain. Le gouvernements français a consenti à expédier memes instructions. Signé Granville ».

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. 422. Roma, 14 giugno 1882, ore 19,15.

Je viens de vous faire connaitre les trois communications que l'ambassadeur d'Angleterre m'a tout à l'heure remises au sujet de l'affaire égyptienne (1). Pour gagner du temps je vous autorise, dès maintenant, pour le cas où vos collègues d'Allemagne, d'Autriche-Hongrie, et de Russie, recevraient instructions analogues, à insister auprès du Sultan, pour réunion immédiate de la conférence. V. E. devrait, à cet effet, appeler l'attention du Sultan sur ces deux points, savoir: l. la conférence ne pourra s'occuper d'aucune autre question sauf l'égyptienne; 2. qu'un des premiers actes des Puissances réunies en conférence serait d'inviter le Sultan à se tenir pret à expédier en cas de nécessité en Egypte une force suffisante pour mettre le Kedive du mesure de maintenir sa propre autorité. Le Sultan devrait, de son còté donner l'assurance, que ces troupes ne seraient employées que pour le maintien du statu quo, qu'aucune atteinte ne serait portée aux libertés et aux institutions de l'Egypte selon les firmans et accords européens, et qu'enfin ces troupes seraient retirées dans un mois, sauf requete du Khedive, avec consentement des grandes Puissances. Sur ce dernier point nous ne saurions naturellement admettre la variante anglaise « ou bien des Puissances occidentales, comme représentant l'Europe ». Veuillez me télégraphier (2), si et aussitòt que vos collègues vont recevoir instructions sur cette affaire (3).

T. -423, pari data.
(l) -Cfr. n. 77. (2) -Cfr. n. 82. (3) -Questo telegramma venne comunicato alle altre ambasciate e all'agenzia al Cairo con
79

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 1671. Vienna, 14 giugno 1882 (per. il 19).

La dimissione chiesta per ragione di salute dal generale Ignatiev da ministro dell'Interno, ed accordatagli da S. M. l'Imperatore fu accolta dalla stampa austriaca con vero giubilo. Il governo imperiale non nasconde del pari la sodfisfazione causatagli da quel tanto desiderato evento. Il conte Tolstoi che gli succede è uomo a quanto mi si assicura qui di poco valore, egli appartiene al partito vecchio russo senza esser però panslavista; si ritiene quindi che si limiterà ad esercitare la sua azione all'interno, astenendosi da quell'ingerenza negli affari esteri, che il suo predecessore era accusato di spiegare con somma intensità. Ciò non toglie però che qui non si creda ancora finita la carriera del conte Ignatiev e si teme assai possa essergli affidata una posizione in cui abbia campo di servirsi, a danno dell'Austria e della Germania, di quei potenti mezzi d'azione che ha saputo prepararsi mentre era ministro dell'Interno. Conseguentemente nei circoli governativi di questa capitale si considera come un pieno ottimo successo la dimissione dell'irrequieto generale, ma ciò non basta ancora per rendere meno intense le diffidenze che esistono a riguarao del vicino Impero.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

L. P. Berlino, 14 giugno 1882.

Je vous suis très obligé de votre très intéressante lettre de 3 juin (1). Excusez-moi si j'y réponds d'une manière incomplète. J'ai du retarder de 24 heures le départ du courrier, car hier matin je n'avais pas encore préparé un seul rapport pour Rome. Vous en devinez le motif. Le Due d'Aoste avait quitté Berlin le 12 au soir tard pour se rendre incognite à Bruxelles où il possède des immeubles. Depuis le 10 date de son arrivée, jusqu'au départ je n'ai pas eu un moment de repos. Vous savez par expérience que dans ces occasions il faut toujours payer de sa personne et penser à tout. C'est le 28 mai que les invitations furent expédiées par la voie ordinaire de la poste par le prince Guillaume aux nombreux parrains parmi lesquels on tenait beaucoup à ce que les Maisons re

gnantes des grandes Puissances monarchiques fussent représentées. On en a fait ici un grand mystère et ce n'est que d'une manière indirecte que moi et mes collègues avons appris la chose. Echange de télégrammes entre Rome et l'ambassade. Jusq'au dernier moment le Roi espérait venir, et j'avoue que l'occasion était favorable. Invitation non recherchée, une conséquence logique du voyage à Vienne. J'ai souvent poussé à la roue. Mais, vrai changement de scène. On a résolu l'envoi du Due d'Aoste. Les devoirs constitutionnels du Roi ne lui permettaient pas à "son très vif regret, comme il l'avait espéré de venir en personne, mais il espérait avoir bientòt l'occasion de voir son filleul et de réitérer à l'Empereur tous ses sentiments d'amitié et d'admiration. C'était un peu une décéption ici. Il faut convenir aussi que la Cour du prince Guillaume ne s'y était pas pris assez à temps ... Enfin ce qui est fait est fait et ce qui n'a pas été fait, reste à faire. Il est vrai qu'avec l'age avancé de l'Empereur on ne peut trop faire le calcul de rattraper une occasion perdue.

L'accueil fait au prince, les démonstrations durant son séjour, et au départ n'ont rien laissé à désirer. L'Empereur l'a nommé chef du quatorzième hussard. Le prince de Bismarck, la veille, m'avait prévenu de cette intention de Sa Majesté mais on désirait avant de ne rien faire entendre mon opinion. Je n'ai pas hésité à répondre que le Roi étant lui-mème colonel propriétaire d'un régiment prussien et s'estimant très honoré de cette haute distinction, il ne pouvait apprendre qu'avec satisfait que Son Auguste Frère recevait la mème distinction, et que le due d'Aoste ne pourrait que partager ce sentiment. Le temps manquait pour le consentement préalable du Roi, mais je prenais tout sous ma responsabilité. Ce dernier argument a décidé le Due qui manifestait tout d'abord quelques scrupules.

Avant son arrivée Mancini me télégraphiait (l) que chez nous le secret du traité d'alliance était si rigoureusement observé que le Due d'Aoste ignorait entièrement la chose. Il savait seulement que nos relations avec l'Autriche et l'Allemagne se trouvaient sur le meilleur pied. On me chargeait donc de prévenir qui de droit de régler en conséquence le langage. Par un concours de circonstances indépendantes de la bonne volonté du due et du prince de Bismarck ils n'ont pas eu de conversation entre eux. Le journaux prétendant que le Chancelier s'est rencontré avec l'archiduc Rodolphe, mais le Comte Hatzfeldt dit n'en rien savoir.

Depuis que j'ai fait l'indiano avec Széchenyi à propos de sa demande que le premier de nous qui recevrait une copie du Traité, la communiquerait à l'autre, il ne m'a plus parlé de cette affaire.

Par ce courrier je n'écris pas un seui mot sur l'Egypte. Jéprouve le besoin de me recueillir un peu, et de me remettre au courant de cette question qui s'embrouille toujours plus. L'essentiel c'est que nous maintenions l'alignement.

J'aurais grand besoin à mon tour, du congé. Depuis que je n'ai plus l'excellent Tosi à l'ambassade, une partie plus grande du travail retombe sur mes épaules, et je me sens un peu fatigué.

(l) Non pubbl!cata.

(l) Non pubblicato.

81

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A COSTANTINOPOLI, CORTI, A LONDRA, MENABREA, A PIETROBURGO, NIGRA, A VIENNA, DI ROBILANT, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI

T. 426. Roma, 15 giugno 1882, ore 0,30.

Nous sommes loin de vouloir entraver le concert européen, et moins encore nous détacher des autres Puissances: mais nous ne saurions encourir la responsabilité de leur laisser ignorer !es prévisions que M. de Martino nous télégraphie du Caire dans l es termes suivants: «Il faut, dit-il, ne pas se faire d'illusi an. A la première nouvelle d'une intervention armèe, mème exclusivement turque, toutes !es Colonies seront victimes d'un fanatisme qui n'a plus de limites » (1). Veuillez donner connaissance de ce qui précède au gouvernement auprès duquel vous ètes accrédité. Il pourra, par son agent en Egypte, contròler jusqu'à quel point cette appréciation est exacte.

82

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 871. Pera, 15 giugno 1882, ore 6,15 (per. ore 18,15).

Reçus les trois télégrammes de V. E. de cette nuit (2). Tous mes collèguès sont sollicités à solliciter la prompte acceptation de la conférence, et la plupart d'entre eux ont déclaré qu'on n'y traitera que affaires d'Egypte, mais, d'après les instructions de mes collègues, les ambassadeurs de France et d'Angleterre entre autres, on n'aurait à faire mention de l'intervention turque que devant la conférence constituée. Je crois aussi que ce modus vivendi serait plus prudent. Je crois devoir prévenir V. E. que !es instructions que l'ambassadeur d'Angleterre a reçues, pour sa règle, dans la nouvelle conférence portent en effet l'alternative suivante: << avec consentement des grandes Puissances ou des Puissances occidentales représentantes de l'Europe »; il serait bien que mes collègues d'Allemagne d'Autriche et de France aient, camme moi, le cas échéant, instructions d'omettre la seconde alternative. Conseil des ministres cette nuit n'est venu à aucune conclusion.

(l) -T. 865 del 14 giugno 1882, non pubblicato. (2) -Cfr. nn. 77 e 78 e T. 419 del 14 giugno 1882, non pubblicato.
83

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGGLI ESTERI, MANCINI

T. 873. Vienna, 15 giugno 1882, ore 16,30 (per. ore 19,20).

J'ai fai t connaitre à Kalnoky instructions que V. E. a envoyé à Corti (l); de son còté il avait télégraphié à ambassadeur à Constantinople instructions conformes au télégramme anglais n. l (2). Il trouve, du reste, que, vu l'urgence que la conférence se réunisse, il vaut mieux ne pas entrer en discussion sur termes des autres propositions anglaises. Quant à la phrase relative prolongation occupation turque «ou bien des Puissances occidentales comme représentant de l'Europe », il est d'avis que, si on a admis une certaine initiative de la part de ces Puissances, on ne leur a pas reconnu un mandat quelconque. Il trouve donc qu'on peut admettre la susdite variante comme soumise à la condition que la coni'érence pourra, ou non, leur confier ce mandat. Du reste il trouve que, tout en se maintenant à ce point de vue, il est préférable ne pas engager discussions là dessus pour ne pas retarder réunion conférence qui est urgente.

84

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 872. Berlino, 15 giugno 1882, ore 18,25 (per. ore 18,45).

Les trois communications anglaises ont été faites ici hier (2). Elles so n t encore soumises à examen et cela d'autant plus que France n'a encore, jusqu'ici, fait, à cet égard, aucune démarche. J'ai donné lecture instructions éventuelles à Corti, qui ne ferait rien sans accord préalable avec ses trois collègues. Secrétaire d'Etat me dit que, jusqu'à présent, chargé d'affaires d'Allemagne à Constantinople s'est borné à recommander à deux reprises réunion conférence. S.E. évitait de se prononcer sur variante anglaise «ou bien les Puissances occidentales comme représentantes de l'Europe ». D'après son opinion personnelle, il serait assez malaisé et les chances de réussite assez incertaines, au point de vue où se place le Sultan en sa qualité de souverain en Egypte, de poser des conditions ou de présenter comme des concessions ce qu'il envisage comme appartenant à l'exercice de ses prerogatives. Cabinet de Berlin avait reçu avis semblable à celui que mande De Martino sur les graves dangers auxquels les colonies seraient exposées par le fanatisme arabe en cas d'intervention armée quelcon

que et, comme nous, il avait jugé nécessaire d'en informer les autres Cabinets. A la fin de cet entretien et sous forme privée, le secrétaire d'Etat, suivant le cours que j'avais imprimé à la conversation, ne ménageait pas, lui aussi, critique à la conduite de la France et de l'Angleterre. Après s'étre fourvoyées, elles nous demandent, et cela en ayant l'air de nous faire une faveur, de les aider à masquer, autant que possible, leur échec.

(l) -Cfr. n. 78, nota 3. (2) -Cfr. n. 77.
85

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 875/975. Londra, 15 giugno 1882, ore 18,50 (per. ore 22,25).

Je viens de faire part à Granville du contenu du dernier télégramme de

V. E. qui me communique celui de M. De Martino (1). Granville reconnait que la situation de l'Egypte s'est aggravée, mais il ne croit pas pouvoir, en ce moment, modifier les dernières instructions qu'il vient d'envoyer pour la convocation immédiate de la conférence. Une divergence s'étant élevée entre Noailles et Dufferin au sujet de savoir si les troupes turques en Egypte seraient sous les ordres immédiates du Kedive, Granville a donné à Dufferin autorisation de régler, lui-méme, cette divergence. J'au vu ce matin un personnage assez bien qui arrive d'Egypte; ce qu'il m'en a dit confirme les appréciations de De Martino, si non qu'il croyait encore à l'efficacité d'une intervention turque. Ce méme personnage m'a dit qu'au Caire on était persuadé que l'agent français jouait double jeu; qu'il s'était mis d'accord avec Araby pour faire rappeler Malet et prendre, par suite de son intimité avec Araby, une position prépondérante sur celle de l'Angleterre. J'ai parlé incidemment de ces bruits à Granville en lui faisant remarquer que cette partie de ma conversation n'avait aucun caractère officiel; en me répondant il m'a laissé entendre qu'il croyait ces bruits assez fondés. Je dis ceci à V. E. en toute confidence.

86

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 876. Pietroburgo, 15 giugno 1882, ore 19,50 (per. ore 22,30).

En prévision des événements M. de Giers a envoyé, depuis quelques jours, au représentant russe à Constantinople, instructions l'autorisant à se joindre à ses trois collègues de l'Italie, de l'Allemagne et de l'Autriche pour demander réunion de la conférence soit pour provoquer, au besoin, auprès du Sultan adop

tion des mesures urgentes qui seraient jugées nécessaires en Egypte. En meme temps, ordre a été donné au commandant du navire russe, « Prince Pojarsky :~>, d'aller se mettre à la disposition de l'agent russe en Egypte, mais avec mission purement humanitaire et avec instructions de se refuser à toute démarche ayant caractère politique ou militaire. Giers a reçu hier au soir les trois communications anglaises, mais il n'a encore rien reçu de la France. S. E. se propose de répondre que les voeux contenus dans ces communications n'étant pas en opposition au programme des quatre Cabinets, le gouvernement russe y adhère si les trois Cabinets de Rome, Vienne et Berlin y adhèrent aussi.

(l) T. 418 del 13 giugno 1882, non pubblicato.

87

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 882. Parigi, 16 giugno 1882, ore 15 (per. ore 17,35).

On a été frappé ici et on a observé que les dangers signalés par M. De Martino (1), méme en cas d'une intervention armée exclusivement turque, semblaient démontrer l'existence réelle d'un parti national en Egypte. Cette observation mérite d'étre rapprochée du langage qui m'a été tenu hier à l'ambassade de Turquie. On y dit que l'Europe se trompe si elle croit que des troupes turques peuvent aller en Egypte faire une démonstration militaire anti-musulmane et on y déclare ne pas s'expliquer l'objet d'une intervention armée de la Turquie. Les interpellations sur les affaires d'Egypte sont remises. Un des ministres me disait hier soir que le Cabinet ne veut pas en accepter, jusqu'après la publication du livre jaune ce qui est une date assez vague. Le complot qui menaçait hier encore de renverser le ministère parait étre déjoué pour le moment. A l'ambassade de Turquie on dit que l'ambassadeur d'Allemagne à Paris plus encore que Bismarck travaille au maintien de M. de Freycinet aux affaires étrangères et que ce dernier a absolument besoin pour se soutenir de la prompte réunion de la conférence. Cette appréciation me parait tout à fait juste.

88

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 885. Londra, 16 giugno 1882, ore 17,30 (per. ore 23,45).

Hier soir à la Chambre des Communes, en réponse au baron Worms Dilke di t ce qui sui t relativement à la cession d' Assab. Le gouvernement actuel n'a fait que proposer un arrangement entre Turquie, Italie et Egypte cet accord n'a

9 -Documenti diplomatici -Serle II -Vol. XV-XVI

pas abouti et rien n'a été fait à cet égard. Les italiens étaient déjà à Assab lorsque le gouvernement précédent a quitté le pouvoir.

Ensuite Elliot a annoncé une interpellation au sous secrétaire des Affaires Etrangères sur un passage du discours de V. E. où il est dit que le gouvernement italien ne consentirait pas à l'intervention en Egypte de certaines Puissances et a demandé si ce passage se référait à France et Angleterre. En réponse Dilke déclara qu'il ne serait pas à méme de donner une explication plus complète que celle qu'il pouvait fournir en ce moment. Le gouvernement italien agissait d'accord avec les autres gouvernements. D'ailleurs le gouvernement anglais refuse toujours de discuter !es discours des ministres étrangers dans !es assemblées étrangères.

(l) Cfr. n. 81.

89

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1393/838. Londra, 16 giugno 1882 (per. il 20).

Il discorso che l'E. V. testé pronunziava sulla questione egiziana nella Camera dei deputati venne già accolto con molto favore in questo Paese quando non era ancora conosciuto che da semplici telegrammi; ora questo sentimento di approvazione si è fatto più manifesto dopo che i giornali pubblicano il testo stesso di quel discorso.

L'E. V. ha posto molto chiaramente la quistione egiziana, dimostrando che dessa ha un carattere d'interesse europeo e che nulla può essere conchiuso senza il concorso delle grandi Potenze che fin da principio hanno contribuito al riordinamento di quel Paese e i di cui diritti d'ingerenza in quegli affari sono consacrati dai trattati.

L'accordo che si era stabilito tra Francia ed Inghilterra per concentrare in esse il monopolio dell'amministrazione egiziana può quest'oggi considerarsi come gravemente compromesso se non intieramente sciolto, e le divergenze inevitabili che sono sorte in occasione della rivolta di Arabi-Pacha si fanno ad ogni momento più marcate.

L'Inghilterra si appiglia precisamente al sistema delineato da V. E. di fare appello alle Potenze per ricondurre l'ordine in Egitto e così se la Francia non vorrà recedere dalle sue idee di preponderanza, essa si troverà isolata di fronte alle altre Potenze europee.

Questa idea della separazione degli interessi inglesi in Egitto da quelli della Francia, ha fatto inoltre progresso in Inghilterra, e ieri nella Camera dei lords in una viva interpellanza fatta al conte Granville, il marchese di Salisbury diceva: «Io spero che sia bene inteso dal governo della Regina e dagli altri che noi siamo liberi di raggiungere da noi soli lo scopo della politica inglese se non possiamo ciò ottenere col concerto con altre Potenze ». Il conte Granville in risposta segnalava queste parole del marchese di Salisbury che suggeriva, diceva egli, essere cosa desiderabile che l'Inghilterra si separi dalla Francia e si astenga da un'alleanza con qualsiasi altra Potenza. Queste parole del mar

chese di Salisbury sono tanto più da notare che fu egli stesso che strinse

l'alleanza esclusiva anglo-francese in favore dei portatori dei titoli egiziani.

Io mi ricordo di avere a quell'epoca più d'una volta insistito presso il marchese di Salisbury, allora capo del Foreign office, accennando la instabilità Ji una tale alleanza ed il poco vantaggio che l'Inghilterra ne avrebbe ricavato. Ora i fatti confermano le mie previsioni, ed è da sperare che il governo inglese si persuaderà che per mantenere fortemente la posizione che egli ha diritto di avere in Egitto, desso ha anche bisogno del concorso delle altre Potenze europee.

In referenza alle precedenti considerazioni aggiungerò che nella ultima seduta della Camera dei Comuni il signor G. Elliot chiedeva al sotto segretario di Stato per gli Affari Esteri se questo aveva letto il discorso di V. E., in una parte del quale era detto che la politica del governo italiano era di rifiutare la sua adesione all'intervento in Egitto per parte di alcune Potenze, il signor Elliot domandava quindi se questa rimarca si applicava all'Inghilterra ed alla Francia.

In risposta a questo quesito sir Charles Dilke disse: «che non sarebbe più tardi in grado di rispondere più completamente di quello che lo poteva in quel momento; il governo italiano agiva di concerto cogli altri governi. Il Dilke pensava che fosse semplice regola di cortesia di aggiungere che il governo sempre declinava di discutere ciò che era detto da ministri stranieri in assemblee straniere ».

P. S. -Ho telegrafato quest'oggi in chiaro a V. E. (l) il compendio delle due discussioni anzi accennate.

90

IL MINISTRO A BUCAREST, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 283. Bucarest, 16 giugno 1882 (per. il 22).

Le generali preoccupazioni create dalla quistione egiziana, si estendono anche a questo Paese, dove è manifesta la perplessità che invade tutti gli animi di fronte alle oscure eventualità di un avvenire che potrebbe essere prossimo. E siccome ciascuno, negli eventi d'interesse generale, suole considerare quel lato che più direttamente la concerne, così anche nel caso presente trovano qui eco principalmente quelle voci che vorrebbero far credere le quistioni che attualmente si agitano nel Mediterraneo poter fornire favorevole occasione ad alcune Potenze per proseguire più alacremente nel compimento dei disegni loro attribuiti circa l'assetto finale dei Paesi compresi nella penisola balcanica.

La stampa di qui è attenta a raccogliere tutti l sintomi della ripresa di una politica dalla quale le piccole nazionalità si sentono minacciate nelle condizioni più vitali della loro autonomia economica e civile. Viene perciò segnalato con insistenza, fra tali sintomi, il passaggio al ministero comune delle Finanze dell'Impero austro-ungarico, del signor Kallay, delle tendenze del quale, quando qui non si credesse avere prove recenti, si conserverebbe tuttavia la memoria, essendo egli stato uno degli artefici più operosi della politica anzidetta nelle missioni compiute prima in Serbia e poscia nella Rumelia orientale.

È un'opinione, qui da molti divisa, che la spinta della monarchia austroungarese verso l'Oriente e particolarmente verso Salonicco, possa essere prossimamente ripresa e che frustranee abbiano ad essere così le speranze che aveano fatto nascere, negli ultimi mesi, la politica inaugurata dal conte Kalnoky e resa necessaria dalle difficoltà interne del vicino Impero, non menoché le resistenze armate dei crivosciani e dei bosnesi.

Compio, nel riferire queste impressioni al R. governo, al debito mio che è di non tacere cosa alcuna che possa riuscire di complemento alle informazioni che il ministero deve sempre possedere. Ma V. E. ben comprende che a me mancano gli elementi per valutare il peso che conviene dare a tali impressioni e notizie.

(l) Cfr. n. 88.

91

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A COSTANTINOPOLI, CORTI, A LONDRA, MENABREA, A PIETROBURGO, NIGRA, A VIENNA, DI ROBILANT, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI, E ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 435. Roma, 17 giugno 1882, ore 1.

Le chargé d'affaires de France n'a pas fait démarche identique à la démarche anglaise du 12. Il est venu hier me faire communication suivante: «Le gouvernement français d'accord avec lord Granville, désire connaitre si le Cabinet de Rome est disposé à prendre part à une déclaration qui serait faite à la Porte par les six Puissances pour lui notifier que, si dans un délai de 48 heures elle n'accepte pas la conférence, les dites six Puissances seraient décidées à se réunir dans une autre capitale avec ou sans le concours de la Turquie ». En vue de la gravité de cette proposition je me suis réservé de consulter les trois autres Cabinets avant de donner une réponse quelconque, d'autant plus que je n'ai pas reçu jusqu'ici de l'ambassadeur d'Angleterre la meme communication.

(Per Londra, Berlino, Vienna, Pietroburgo) Veuillez porter ce qui précède à la connaissance du Cabinet auprès du quel vous etes accrédité, et me faire le plus tòt possible connaitre son opinion d'une manière claire et positive (1).

(l) Cfr. nn. 98 e 99. Le risposte da Ber!lno e da Londra sono contenute nei T. 892 e T. 896 del 17 giugno 1882, non pubblicati.

92

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 886. Pera, 17 giugno 1882, ore 1,30 (per. ore 13,45).

Dans une conversation que l'ambassadeur de France a eu aujourd'hui Sultan s'est déclaré plus que jamais contraire à la conférence en affirmant que si on lui laissait quelques jours tout serait arrangé en Egypte. Il est question d'y envoyer un autre commissaire. Sa Majesté se montre également contraire à l'idée d'envoyer des troupes. On soupçonne que ses tendances sont plutòt de traiter avec Araby. Ce soir ambassadeur d'Angleterre a envoyé forte remontrance au palais. Sur demande des ambassadeurs d'Angleterre et de France demain réunion chez moi, comme doyen, pour traiter de la conférence, selon nos instructions.

93

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 888. Parigi, 17 giugno 1882, ore 14,20 (per. ore 16).

Je remercie V. E. de son télégmmme du 15 (1). Une fois la première impression passée, le discours de V. E. qui a si bien témoigné de notre vitalité politique italienne que de l'accord des quatre Puissances a été habilement exploité par la feuille ministérielle pour démontrer le danger que faisait courir à la France la politique d'intervention et d'aventure préconisée par Gambetta. On se sert du langage tenu par V. E. pour prouver qu'il n'y a pas de programme à opposer à celui de Freycinet et personne ne peut faire mieux ou autrement que lui. Les journaux dévoués à Gambetta sont aussi silencieux que possible. En somme la presse se garbe bien de rendre un hommage à l'Ualie mais il est évident, pour moi, que dans les cercles politiques notre prestige diplomatique vient de faire un grand pas.

94

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A COSTANTINOPOLI, CORTI, A LONDRA, MENABREA, A PIETROBURGO, NIGRA, A VIENNA, DI ROBILANT, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI, E ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 437. Roma, 17 giugno 1882, ore 15,50.

L'ambassadeur d'Angleterre me communique un télégramme de son gouvernement ainsi conçu: «Engagez le gouvernement auprès duquel vous etes

accrédité à consentir à la réunion immédiate de la conférence à Constantinople, ou ailleurs, avec ou sans instructions, et à envoyer des instructions à cet effet à son représentant à Constantinople. Mais nous sommes toujours d'avis que la conférence se réunisse à Constantinople, quand meme la Porte n'y prenne pas part, pour raisons de convenance et pour gagner du temps ». L'ambassadeur d'Angleterre ajoute confidentiellement que son gouvernement a des raisons de croire que le Sultan préférerait la conférence sans sa participation, mais il donnerait toutes les assurances qu'on pourrait lui demander. L'avis du Cabinet allemand m'étant déjà connu (1).

(Per Berlino, Parigi, Londra, Costantinopoli) j'ai pressé les ambassadeurs du Roi à Vienne et à Saint Pétersbourg de me donner une réponse. (Per Vienna e Pietroburgo) je prie V. E. de me faire connaitre le plus tòt possible l'avis du gouvernement auprès de quel vous etes accrédité (2).

(l) Cfr. n. 81.

95

IL MINISTRO A MADRID, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 608. Madrid, 17 giugno 1882 (per. il 21).

I sanguinosi avvenimenti d'Alessandria d'Egitto hanno anche qui risvegliata la pubblica attenzione.

Al Senato nella seduta delli 13, richiesto il ministero quali misure si fossero adottate per la protezione degli spagnuoli in Egitto, rispose il ministro della Marina assicurando che le opportune istruzioni erano state trasmesse al console di Spagna in Alessandria e che sollecitamente una nave corazzata recherebbesi in quelle acque. Credo anzi di sapere che altra nave parimenti corazzata terrà dietro alla prima.

All'indomani, del pari al Senato, il marchese di San Carlos dopo avere esposto che malgrado la Spagna non tenga direttissimi interessi in Egitto pure deve starle a cuore tuttociò che concerne la sicurezza del canale di Suez via che la riavvicina ai suoi possessi asiatici, chiese al ministro di Stato alcune spiegazioni di natura a calmare gli allarmi destati dai recenti avvenimenti di Egitto.

Confermò nella sua risposta il marchese de la Vega de Armijo la gravità delle cose in quelle regioni, sulle quali era stato informato minutamente dal console di Spagna al Cairo, persona che tiene singolare conoscenza di quanto interessa quel Paese e che anzi chiese di essere autorizzato a seguire l'esempio degli altri consoli recandosi egli pure in Alessandria. Già da qualche giorno il governo in previsione dei fatti che purtroppo si verificarono, aveva prese le necessarie disposizioni per l'invio sulle coste d'Egitto d'una nave da guerra che stesse alla disposizione dei consoli e degli spagnuoli che volessero trovarvi rifugio in caso di pericolo. Dopo le ultime gravissime notizie si decise

d'affidare quella missione ad una nave più importante di quello si fosse dapprima pensato, tanto più che all'ora presente, probabilmente, tutte le Potenze fanno sventolare le loro bandiere in quelle acque. Espresse la fiducia il ministro che le Potenze le quali si fecero iniziatrici della questione di Egitto adotteranno misure per impedire che le odierne complicazioni possano esercitare malefica influenza sul canale di Suez, il che costituirebbe una catastrofe, capace di trascinar seco incalcolabili mali. Su questo punto il ministro degli Esteri usò le seguenti parole: «Se questa via di comunicazione avesse a scomparire la sventura sarebbe immensa in quanto che le nazioni non troverebbero modo di rimpiazzarla, giacché le navi moderne non sarebbero capaci di compiere il viaggio per il cammino anticamente percorso ». Affermò per ultimo il marchese de la Vega de Armijo che il governo spagnuolo si studia di stare al corrente di quanto occorre, non dubitando che l'animo delle grandi Potenze è rivolto ad assicurare la libertà di quella via e tiene fiducia che il sentimento nazionale inteso in Egitto, sosterrà quest'opera colossale che pone in comunicazione due grandi mari.

A proposito della questione di Egitto la stampa d'ogni colore eccita il governo spagnuolo a praticare una politica estera più attiva. Quella che difende gl'interessi del partito conservatore lamentasi di ciò che il governo dal 1881 in poi lasciò trascorrere molte opportunità per intervenire nella questione delle grandi Potenze, altrimenti ora nelle questioni che concernono l'Egitto anche la Spagna sarebbe stata consultata. Osservasi del pari che la Prussia ed il Piemonte i quali nel 1850 erano ben lungi da quel grado di possanza in cui oggi si trovano, approfittando con destrezza delle difficoltà europee, ottennero d'intervenire nei consigli europei e con quel mezzo raggiunsero il loro ideale, la unità nazionale. Anche la Spagna possiede un ideale che le importa di realizzare quanto alla Prussia ed alla Sardegna loro importava la unità nazionale, cioè quello di civilizzare l'Africa settentrionale ed anzitutto quella parte che spetta all'impero del Marocco, affermando così nel modo più evidente l'influenza della Spagna sull'altro lato dello Stretto. La Spagna possiede nell'Estremo Oriente estesissime provincie che devono costituire l'emporio della ricchezza mondiale e per afferrare questo risultato è necessario camminare innanzi, senza perdere di mira lo scopo a cui si tende. Si consiglia quindi il governo a dirigere una nota alle Potenze esprimendo i motivi sui quali la Spagna fonda i suoi diritti per intervenire nelle rivoluzioni europee, soprattutto in quelle questioni che s'aggirano sul Mediterraneo, sul settentrione africano e sulla via dell'India.

Dal suo lato la stampa democratica tiene eguale linguaggio ed esorta il governo a studiare la questione egiziana acciò non venga turbato l'equilibrio mediterraneo e non si propaghi ai margini del canale di Suez, l'anarchia che con si grande violenza scoppiò nelle vie d'Alessandria, inclinando, per ciò conseguire, verso la politica iniziata dai tre imperi e dal regno d'Italia.

Il giornale democratico el Imparcial che nella stampa spagnuola si distingue per il tatto e la destrezza con cui esso svolge i quesiti di politica estera, dimostra che mentre la Spagna non tiene verun interesse ad imporre all'Egitto una data forma di governo bastandole che esista in quel Paese un governo

capace di garantire la libera comunicazione tra la madre patria e l'imperv filippino non potrebbe la Spagna considerare senza inquietudine il passaggio dell'Egitto sotto il dominio, od anche sotto l'influenza, di nazioni già oltremodo preponderanti nel Mediterraneo, giacché da esse avrebbe a temere assai più che dall'autorità del Sultano e sin anche dell'istesso Araby-Bey, se non al presente, sempre quando certe eventualità dovessero presentarsi. Conchiude quel periodico col dichiarare che le simpatie della Spagna non stanno al lato delle Potenze occidentali cioè dell'Inghilterra e della Francia.

La stampa governativa ribatte l'accusa d'indolenza mossale dagli avversarii osservando che altrimenti non si condusse il signor Canovas del Castillo allorché fu al potere, giacché accorsero avvenimenti importantissimi come la guerra tra la Russia e la Turchia, le Conferenze di Berlino ed il trattato di pace, senza che il Gabinetto da lui presieduto si sia immischiato in quegli assunti. Nell'operare il governo per introdursi nei maggiori consigli europei, gli è d'uopo farsi legge della massima prudenza per non incorrere in un rifiuto.

Anzitutto deve il governo appoggiare le sue reclamazioni su alcun che di più solido che non le parole dei suoi ambasciatori ed è per questo che furono chiesti d'urgenza nei bilanci somme più vistose che nell'addietro per riformare la marina militare. Del resto il presente governo conosce i proprii doveri, apprezza l'importanza che ha per la Spagna la libertà del canale di Suez e quindi non può rimanere indifferente innanzi alle complicazioni odierne, ma neppure i suoi avversari possono pretendere ch'egli scopra ove tendano i negoziati da lui appena iniziati. Porre in discussione la sua condotta sarebbe lo stesso che svelarla a chi tiene interesse di combatterla e benché al dì d'oggi la moderna diplomazia segua procedimenti assai più trasparenti che per lo passato, non può esigersi che il governo scopra tutto il suo pensiero su questi particolari.

I riflessi che ho l'onore di sottoporre all'E. V. sono tolti dal giornale l'Iberia, l'organo più autorizzato del Gabinetto Sagasta e sono sopratutto ispirati dal dispetto che nel governo risveglia la condotta della Francia tanto nella questione delle indennità di Salda quanto in quella che si riferisce al Marocco.

(l) -T. 892 del 17 giugno 1882, non pubbl!cato. (2) -Cfr. nn. 98 e 99.
96

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA

T. 440. Roma, 18 giugno 1882, ore 16,45.

Le baron d'Uxktill est parti avant hier en congé. D'après certains bruits, la supposition n'est pas écartée qu'on veuille le ritirer de Rome, et le remplacer avec Ignatiev qui rentrerait ainsi dans la carrière diplomatique. Si ces bruits ont un fondement quelconque, il est urgent que V. E. veuille m'aider à nous épargner une pareille éventualité. Le général Ignatiev est trop remuant pour convenir à notre politique essentiellement paisible et conservatrice. Le ròle surtout qu'il a joué en 1877 à la veille de la guerre turco-russe, n'est pas fait du tout pour nous rassurer. Nos rapports actuels, avec l'Autrice-Hongrie et l'Allemagne risqueraient d'ailleurs d'etre atteints, par la présence à Rome d'un diplomate russe qui donnerait de l'ombrage à Vienne et à Berlin, et dont les agissements pourraient exciter des soupçons, qui tout gratuits qu'ils seraient, n'en seraient pas moins fàcheux. Je laisse au tact et à l'habilité de

V. E. de choisir les moyens les plus propres à nous faire atteindre notre but. Le plus pressé, en attendant, est de faire en sorte que M. de Giers ne puisse pas nous dire qu'il a été par nous mis sur ses gardes trop tard déjà, et alors qu'un principe d'engagement ne laisserait plus entièrement libres l'Empereur et ses conseillers, de revenir sur leurs décisions. Je recommande cette affaire à

V. E. d'une manière toute spéciale.

97

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. 441. Roma, 18 giugno 1882, ore 17.

Ne connaissant pas encore les vues des Cabinets de Vienne et de Pétersbourg au sujet de la dernière proposition anglaise, je ne suis pas en mesure jusqu'ici, de vous donner là dessus des instructions formelles. Cependant pour éviter le danger de rester isolés, et bien qu'on puisse douter du résultat pratique d'une conférence à Constantinople, à laquelle la Turquie demeurerait étrangère, j'autorise V. E. à ne pas hésiter d'y prendre part si tous ses collègues en recevaient l'instruction. En ce cas il me parait utile que les ambassadeurs tàchent, avant de se réunir à Constantinople, d'obtenir de la Sublime Porte l'engagement moral indiqué dans la récente communication confidentielle de lord Granville. C'est à dire qu'elle est disposée à donner toutes les assurances qu'on lui demanderait.

98

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 900. Vienna, 18 giugno 1882, ore 17 (per. ore 17,50).

Le Cabinet de Vienne accepte réunion immédiate de la conférence meme sans que la Turquie y siège, si la Porte préfère ainsi. Quant au délai de 48 heures à donner à la Porte pour se décider Kalnoky a déclaré que la chose était trop grave pour pouvoir la décider immédiatement; il a, d'ailleurs, fait comprendre que le Cabinet de Vienne n'accepterait pa:s cette proposition. II a en outre accepté, aussi pour son compte, la déclaration de désintéressement semblable à celle faite jadis pour Dulcigno que le Cabinet anglais vient de proposer à l'acceptation des Puissances. II n'y a pas accord parfait entre démarche française et anglaise, mais Kalnoky trouve que la confusion est déja assez grande comme cela et ne veut pas l'augmenter en ouvrant discussion sur des questions que conférence, en examinant propositions que les Puissances occidentales lui présenteraient, sera chargée de discuter. ·

99

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 902. Pietroburgo, 18 giugno 1882, ore 17,30 (per. ore 19,10).

Gouvernement russe a donné adhésion éventuelle à la proposition anglaise en la subordonnant à l'accord des autres Puissances (1). La meme adhésion vient d'etre donnée par Monsieur de Giers à une nouvelle proposition anglofrançaise faite aujourd'hui et selon laquelle conférence se réunirait à Constantinople sans la participation de la Turquie, mais, à ce qu'il parait, avec l'agrément du Sultan.

100

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 906. Berlino, 19 giugno 1882, ore 2,52 (per. ore 5).

Aujourd'hui, après un diner auquel les ambassadeurs, y compris celui de Turquie étaient conviés, chancelier a tenu avec nous conférence. II nous a exposé situation actuelle des choses, d'après des télégrammes reçus de différentes capitales. Selon télégramme d'aujourd'hui du prince de Hohenlohe demande s'il n'y aurait pas d'objection à ce que la conférence se réunisse jeudi 22 juin à Constantinople. Cabinet de Berlin a aussitòt envoyé son acquiescement car, d'après des nouvelles parvenues, de Rome entre autres, tous Ies Cabinets ayant accepté proposition déjà faite d'une convocation immédiate l'adhésion était implicitement donnée pour la date dont il s'agit. Pour ce qui regarde de plus particulièrement Turquie toute idée de convocation est écartée;

elle prefère, d'ailleurs, conférence sans sa participation. Il aurait adhéré à son désir et mème à sa proposition. Chancelier tiendrait, pour gagner du temps et pour éviter feu croisé de télégrammes de demander à nos gouvernements s'ils considèrent eux aussi comme points acquis: 1° que la France et l'Angleterre convoquent conférence limitée à l'Egypte; 2° une acceptation de leur còté que la conférence s'assemble à la date du 22 juin sans participation Turquie sauf à lui communiquer résultat délibération pour entendre les vues du Sultan. Ambassadeur de France demande s'il fallait nouvelle invitation formelle, la conférence, à son avis, ne pourrait que prendre pour base de négociations les principes énoncés dans la communication anglofrançaise du 11 février dernier, principes admis par les autres Cabinets. J'ai fait observation qu'en présence de la tournure des événements, il ne faudrait pas perdre du temps précieux à se consulter préalablement sur un programme; mieux vaudrait entrer en conférence avec les mains libres chacun ayant faculté de faire faire sur l'Egypte propositions qu'il lui semblerait les mieux appropriées. Pour amener tranquillité et assurer securité des colonies étrangères, il me paraissait en outre qu'en acceptant les principes indiqués dans la communication de février sur le maintien du statu quo, les Cabinets n'avaient eu en vue que les arrangements d'ordre général, il ne serait pas opportun de réveiller maintenant une discussion là dessus. Le prince de Bismarck avait lui-méme déjà laissé comprendre que mieux vaudrait de ne pas s'aventurer dès à présent sur ce terrain; chaque Puissance aurait occasion, dans le sein de la conférence, d'exposer sa manière de voir, aussi a-t-il ajouté en reprenant la parole qu'il conviendrait en effet de ne pas empiéter sur les délibérations de la conférence de crainte qu'on ne soulève des difficultés de la part de telle autre Puissance qui ne consentirait peut ètre pas à en préjuger, en quelque sorte, le résultat si on invitait avec un programme à l'avance trop déterminé. Un de mes collègues ayant désiré savoir dans quel sens il avait lieu de télégraphier à nos gouvernements, prince de Bismarck en a indiqué substance. La voici: par une communication faite par M. de Freycinet à l'ambassadeur allemand et à laquelle l'Angleterre s'associe, le chancelier ayant été mis en demeure de se prononcer sur la réunion à Constantinople pour le 22 juin d'une conférence limitée à l'Egypte sans participation de la Turquie y a donné son assentiment subordonné à l'acquiescement des autres Cabinets. Il serait fort à désirer que les gouvernements envoyassent sans retard à leurs ambassadeurs à Constantinople instructions de se constituer en conférence à la date précitée, après qu'ils en auraient tous reçu autorisation. Je prie V. E. de me répondre par télégraphe (1), à la dernière partie de ce télégramme. Bismarck retarde son départ pour la campagne jusqu'à ce qu'il ait reçu réponse des différents gouvernements, mais il est tellement sur d'une réponse favorable que demain les journaux d'ici seront autorisés à annoncer adhesion de l'Allemagne, pour autant que les autres Puissances, comme tout portait à le présumer, y adhèrent aussi, nouvelle qui fera hausser la bourse.

(l) Cfr. n. 77.

(l) Con T. 448 del 19 giugno 1882, Mancini comunicava le istruzioni di cui al n. 103.

101

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 910. Pera, 19 giugno 1882, ore 8,43 (per. ore 20,30).

Le ministre des Affaires Etrangères m'a déclaré en son nom et au nom du Sultan qu'il démentait de la manière la plus catégorique la communication faite par Musurus pacha à Granville relativement à la conférence à Constantinople sans participation de la Turquie. La méme communication a été faite à mes cinq collègues. S. E. a di t aussi que l'état norma! des choses en Egypte serait complètement rétabli sous peu de jours et la tranquillité assurée. La Porte était par conséquence d'avis que la conférence était inutile, inopportune et contraire aux intéréts de la Turquie et qu'elle ne pouvait pas y adhérer.

102

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 909. Alessandria 19 giugno 1882, ore 15,10 (per. ore 19,10).

Tranquillité publique continue mais la panique et l'émigration ne se sont pas arrétées à cause des dispositions anglaises, françaises pour l'embarquement de leurs nationaux. Gouvernements d'Allemagne, Grèce, Etats Unis d'Amérique, Russie ont envoyé des transports pour embarquer leurs nationaux. Ce matin Kedive et le commissaire ottoman nous ont informé que le ministère doit étre formé parce que Ragheb pacha a télégraphié que cette nuit il arrive avec Araby et programme ministère. Proclamation du Kedive et du commissaire ottoman seront publiées et toutes les mesures que le nouveau Cabinet prendra pour garantir ordre public, mais si les deux Puissances viennent à quelques actes de guerre, ou la conférence de Constantinople décide une intervention armée, non seulement en Egypte mais, par confidence d'un membre de la commission, ottoman, depuis le Yemen éclaterait terrible mouvement panislamique. Je prie V. E. d'étre prévenu à temps pour sauver des milliers de nationaux que nous avons encore dans le Pays.

103

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. 446. Roma, 19 giugno 1882, ore 18.

Adhérant, en ce qui nous concerne, à une nouvelle proposition qui vient d'étre faite, j'autorise V. E. à prendre part, le 22 de ce mois, si vos collègues reçoivent autorisation identique, à la conférence qui se réunirait sans participation de la Turquie exclusivement pour l'affaire égyptienne (1).

(l) Questo telegramma venne comunicato in pari data alle ambasciate a Londra, Parigi,Pietroburgo e Vienna e all'agenzia al Cairo con il n. 447.

104

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI, A BERLINO, DE LAUNAY, A COSTANTINOPOLI, CORTI, A LONDRA, MENABREA, A PIETROBURGO, NIGRA, A VIENNA, DI ROBILANT, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI, E ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 449. Roma, 19 giugno 1882, ore 18,15.

Les représentants d'Angleterre et de France m'ont proposé et j'ai immédiatement accepté la signature à Constantinople au début de la conférence, d'un protocole dont voici le projet: « Les gouvernements représentés par les soussignés, s'engagent (pour tout arrangement qui pourrait intervenir à la suite de leur action concertée pour les affaires égyptiennes) à ne rechercher aucun avantage territorial ni la concession d'aucun prévilège exclusif ni aucun avantage commerciai pour ses propres sujets, que les sujets de toute autre nation ne seraient pas à mème d'obtenir ».

105

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 911. Parigi, 19 giugno 1882, ore 18,35 (per. ore 21,15).

Le chargé d'affaires d'Autriche vient de déclarer au gouvernement français que san gouvernement adhère à la réunion de la conférence des ambassadeurs à Constantinople pour le règlement exclusif des affaires d'Egypte sur la base du statu qua sans participation de la Turquie. L'ambassadeur d'Allemagne a du faire aujourd'hui aussi une démarche pour fixer la date de la réunion. II m'a observé qu'il y a avantage à délibérer sans le concours de la Turquie, que ce serait plus expéditif et plus imposant vis-à-vis de la Porte. L'ambassadeur d'Allemagne m'a dit que l'Espagne n'avait pas encore demandé officiellement san admission à la conférence, mais qu'à Berlin on y aurait pas d'objection. Le directeur politique m'a confirmé que les représentants de l'Espagne avaient taté le terrain à ce sujet ici, à Berlin et peut-ètre à Vienne. II s'attend à ce que, une fois la conférence réunie, l'Espagne vienne frapper à la porte.

106

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3049. Berlino, 19 giugno 1882 (per. il 23).

Avant hier, j'ai eu la visite de mon collègue d'Espagne autorisé de Madrid à me parler au sujet du dèsir de son gouvernement à prendre part au règlement des affaires d'Egypte. Les événements qui se déroulent dans ces contrées, le contre-coup qu'ils peuvent avoir au Maroc et dans les états musulmans de l'Afrique septentrionale, préoccupent très vivement le gouvernement espagnol dont les intérèts y sont considérables. Il désirait donc participer à la conférence annoncée dans ces derniers temps. Il comptait s'adresser tout d'abord à la France et à l'Angleterre auxquelles les autres Puissances accordaient une certaine priorité d'initiative. Mais, avant de procéder à une démarche formelle, le marquis de la Vega chargeait son représentant à Berlin de sonder les dispositions du gouvernement impérial. Ce diplomate s'en est expliqué ici le 6 courant. L'Espagne ne visait pas pour autant à recevoir le diplòme de grande Puissance, mais dans ce cas spécial elle croyait avoir des titres sérieux à ètre entendue. Sa cause était aussi celle de l'Europe. A la date du 13, le comte de Hatzfeldt faisait savoir au comte Benomar que les suffrages du prince de Bismarck étaient acquis à l'accomplissement d'un tel désir parfaitement justifié par la position et les intérèts de l'Espagne sur le sol africain. Son Altesse ajoutait confidentiellement que la cour de Prusse serait bien aise de donner un vote favorable à un Roi dont elle appréciait la sagesse, et à une monarchie qu'il lui importait de voir forte et influente. Le Cabinet de Berlin, sans en prendre l'initiative, promettait donc son appui mora! à une proposition dans ce sens.

Cela a été immédiatement télégraphié à Madrid, et le 14 les représentants espagnols à Paris et à Londres eurent l'ordre de faire des ouvertures à cet égard. Lord Granville répondait que la demande arrivait trop tard, puisque la réunion de la conférence était imminente, mais que les délibérations sur l'Egypte, selon toutes les prévisions, occuperaient longtemps la diplomatie, et qu'on retrouverait l'occasion de reparler de cette demande dont il était d'ailleurs enclin à reconnaitre le bien-fondé. M. de Freycinet se montrait favorable, en se réservant de s'entendre avec Londres et d'interpeller à Berlin.

Le fait est que l'ambassadeur de France ici, ainsi qu'il le déclarait luimème à mon collègue d'Espagne, a reçu une semblable instruction. Mais jusqu'à ce jour il n'en a soufflé mot au département impérial des relations extérieures.

Le comte Benomar, que j'ai revu hier et aujourd'hui, me donnait lecture d'un passage d'une dépèche en date du 11 par laquelle le marquis de la Vega l'informait que V. E. avait témoigné du meilleur bon vouloir, et avait chargé nos missions à Vienne et à Constantinople de s'employer en faveur de la demande dont il s'agit.

J'ai beaucoup remercié mon collègue d'Espagne de ces renseignements que jusqu'ici je n'avais reçus que par son obligeante entremise.

107

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 920. Berlino, 20 giugno 1882, ore 17,20 (per. ore 17,45).

J'ai notifié notre adhésion à la conférence pour le 22 juin. J'ai en outre annoncé notre acceptation au protocole de desintéressement proposé ici aussi par France et Angleterre et auquel Allemagne donna également son assentiment aujourd'hui, peu avant son départ pour la campagne, Bismarck a reçu de Constantinople des télégrammes disant que le Sultan ne s'était nullement montré favorable, ainsi qu'on le prétendait, à une conférence sous les conditions actuelles. Le chancelier regrettait cet incident imprévu, mais, au point où en sont les choses, il maintient son vote pour réunion conférence, telle qu'elle a été acceptée déjà par les autres Cabinets. Avis en a été aussitòt donné aux divers gouvernements.

108

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 922. Alessandria, 20 giugno 1882, ore 18,50 (per. ore 20,05).

Résultat de l'action des quatre Puissances: entente parfaite établie entre le Kedive et parti militaire; ministère Ragheb-Araby est formé d'éléments de tous les partis; programme ministériel maintient toutes les obligations internationales; amnistie politique; commission extraordinaire pour juger les fauteurs des crimes d'Alexandrie; proclamation du Kedive et commissaire ottoman pour rétablir confiance générale. Demain je transmets résumé du programme et de la proclamation aussitòt publiés.

109

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 924/979. Londra, 20 giugno 1882, ore 19,31 (per. ore 21,20).

Granville me charge d'informer V. E. que le jour de la conférence à Constantinople a été fixé pour le 22 et par le prince de Bismarck lui-meme sans avis préalable. Il parait que la Porte proteste contre la conférence. Granville dit qu'elle n'y siègera pas moins et que les Puissances étant d'accord vont trouver moyen de faire agréer ses délibérations par le Sultan. Granville m'a confirmé engagement que devraient prendre les Puissances de ne pas se prévaloir de la conférence pour avoir aucun avantage territorial ou concession exclusive. Granville, que j'ai interrogé sur la sécurité du canal de Suez, m'a donné à entendre qu'on s'en préoccupait; l'opinion publique pousse le gouvernement à faire quelque acte décisif pour proteger ce canal contre toute tentative d'interruption, Contrairement à ce que vous a dit ambassadeur d'Allemagne à Rome, Musurus pacha déclare formellement n'avoir jamais fait, au nom du Sultan, proposition de réunir conférence à Constantinople sans participation de la Turquie.

110

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A COSTANTINOPOLI, CORTI, A LONDRA MENABREA, A PIETROBURGO, NIGRA, A VIENNA, DI ROBILANT, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI, E ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 456. Roma, 21 giugno 1882, ore 2,40.

Les représentants d'Angleterre et de France m'ont remis aujourd'hui un télégramme identique de leurs gouvernements, en date d'hier, ainsi conçu:

<<Comme résultat de l'échange de vues, qui vient d'avoir lieu entre elles, les grandes Puissances ont, sur l'initiative de l'Angleterre et de la France, convenu, qu'il y avait lieu de délibérer en commun, sur l'état actuel de l'Egypte, et sur les mesures qu'il comporterait. En conséquence le gouvernement de Sa Majesté et le gouvernement de la République proposent que les représentants des six Puissances se réunissent en conférence à Constantinople le 22 de ce mois.

Les délibérations de la conférence seront exsclusivement restreintes au règlement des questions surgies en Egypte en suite des récents événements, sur les bases indiquées dans les communications identiques adressées, le 19 février dernier et le 2 de ce mois, par l'Angleterre et la France aux autres quatre Puissances. Agissez là dessus avec votre collègue français (britannique). J'ai confirmé, le télégramme d'hier (l) à l'ambassadeur du Roi à Constantinople, l'ayant autorisé, si ses collègues reçoivent instructions analogues, à prendre part à la conférence .à Constantinople le 22 juin, sans participation de la Turquie, et exclusivement pour l'affaire égyptienne.

111

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. 459. Roma, 21 giugno 1882, ore 23,55.

Après l'autorisation donnée par les six Puissances à la réunion de la conférence pour demain, son ajournement, ou le déplacement dans une autre

capitale, ou des négociations tout à fait inutiles, donneraient un spectacle de faiblesse de l'Europe entière devant un mot de la Turquie, qui persistera toujours dans ses efforts pour empecher la confèrence, jusqu'au moment où sa réunion devienne un fait accompli. Par conséquent je pense qu'il n'y a de mieux à faire dans les circonstances actuelles, que donner suite à la décision déjà arretée; et si tous l es ambassadeurs y son t également autorisés o n pourrait réunir la conférence sous votre présidence, à ce que je suppose, la déclarer constitueé, signer le protocole de désintéressement, prendre toutes les délibérations préliminaires, qui seraient jugées nécessaires, et en référer aux gouvernements respectifs. La conférence fixerait le jour de sa seconde séance, et sur les rapports des plénipotentiaires, si des nouvelles instructions, sur des questions spéciales, paraitraient nécessaires, on pourrait les attendre.

(l) Cfr. n. 103.

112

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. 460. Roma, 21 giugno 1882, ore 23,55.

J'attends demain, le plus t6t possible, nouvelles sur la réunion de la conférence. Confidentiellement pour vous, et surtout pour le cas où vous auriez la présidence, je dois vous rappeler l'utilité d'obtenir, comme une des délibérations préliminaires de la conférence, l'engagement mutue! que pendant ses travaux, rien ne serait entrepris en Egypte, par l'action isolée de quelques Puissam;es semement, et sans raccord unanime de toutes. Quant au moment et à 1a meilleure forme de provoquer une pareille décision, je m'en remets à votre prudence, vous concertant avec vos collègues, surtout avec ceux d'Allemagne et d'Autriche-Hongrie. Une délibération dans ce sens, peut avoir importance, notamment en vue de constater le fondement de la supposition signalée par De Martino dans le télégramme d'hier (l) de la possibili tè d'une prochaine action hostile des deux escadres.

113

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (2)

R. 1679. Vienna, 21 giugno 1882 (per. il 24).

A seconda degli ordini impartitimi dalla E. V. col suo dispaccio dell'S corrente (3) non ho mancato d'indagare quale è l'opinione del governo austro-un

c2) Ed., ad eccezione del brano fl'a ""t~ri"<·hi, in L V 39, p. 27.

IO-Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XV-XVI

garico sulla transazione proposta dalla Sublime Porta onde regolare definitivamente la vertenza ancora esistente tra essa e la Grecia, a riguardo della nuova frontiera turco-ellenica.

II conte Kalnoky dicevami ieri, a tal proposito, aver egli dichiarato esplicitamente al rappresentante ellenico che la Turchia avendo cedute due intiere provincie alla Grecia, questa non dovrebbe sollevar difficoltà e rinunciare dal canto suo al possesso del piccolissimo territorio che la Turchia desiderava conservarsi; che del resto egli non poteva a meno di ripeter ciò che aveva già detto in altre occasioni, cioè che tutti gli altri Stati aggiustano a mezzo di negoziati diretti fra di loro le questioni di confine che talvolta si producono, che conseguentemente la Grecia dovrebbe una buona volta cessare dal disturbar l'Europa per questioni di simil natura, trattandole invece direttamente colla Porta, e nel caso presente accettando la transazione da questa offertagli.

*Il linguaggio alquanto vivo tenuto dal conte Kalnoky al principe Ypsilanti fu indubbiamente causato in parte dal tono fuor di misura altiero col quale il signor Trikupis ebbe a redigere la nota sulla vertenza di cui è caso, comunicata dai rappresentanti ellenici ai Gabinetti delle grandi Potenze; ma ad ogni modo si può avere la certezza che il Gabinetto di Vienna accettando pienamente i considerando svolti dagli ambasciatori a Costantinopoli nel penultimo alinea del loro memorandum identique non solo non appoggierà la Grecia nella sua resistenza ad accettare la transazione offertagli dalla Porta, ma anzi non esiterà a sostenere la proposta che questa formula nella sua nota del 22 maggio.

Dividendo personalmente io pure il parere espresso dal conte Kalnoky, che è d'altronde conforme a quello implicitamente emesso dagli ambasciatori a Costantinopoli, mi permetto manifestare il voto che il R. governo vi si associ dal canto suo contribuendo così a porre finalmente termine alla già troppo prolungata questione delle frontiere turco-elleniche, che evidentemente d'altronde non potrebbe, anche col trascinarsi in lungo, risolversi in senso favorevole ai desideri della Grecia *.

(l) -T. 918 del 20 giugno 1882, non pubblicato. (3) -Cfr. n. 67.
114

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 880. Alessandria, 21 giugno 1882 (per. il 30).

Dacché incominciò la lotta tra Sua Altezza ed il partito militare, ed a misura che il Paese si pronunciava contro il primo, il barone de Kosié, mio collega d'Austria, non vide altra possibile soluzione che un cambiamento di Kedive. Trovò assai predisposto in questo concetto il collega di Germania, ed entrambi, coi quali sono in intime relazioni, mi dissero più volte che nei loro rapporti indicavano questa soluzione come l'unica per dare una definizione allo stato delle cose; ma però mai pronunciarono nome di candidato preferito.

Oggi ancora, benché essi vedano nel modus vivendi stabilito, gli elementi di un assetto definitivo delle cose, pure 1Jersistono sempre a credere necessaria,

in tempo più o meno lontano, la deposizione del Kedive, come sola garanzia per l'avvenire. Ed oggi sono stato assicurato, da fonte sicurissima, turca, che il barone de Kosjek, il quale, per un soggiorno di venti anni a Costantinopoli, vi ha lasciato molte aderenze nei circoli politici ottomani, vi si adoperi indefessamente in favore del principe Halim pascià.

Ho creduto doverne, informare l'E. V. con telegramma di questa data (l).

115

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 936. Costantinopoli, 23 giugno 1882, ore 1,57 (per. ore 11,55).

Ambassadeur d'Autriche vient de me notifier qu'il a reçu autorisation de son gouvernement de prendre part à la conférence si tous ses collègues ont l'instruc"tion analogue. Je vais m'entendre avec mes collègues pour la réunion.

116

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 939. Costantinopoli, 23 giugno 1882, ore 6,20 (per. ore 18,20).

Télégramme tdentique. La conférence sur les affaires d'Egypte s'est constituée aujourd'hui sous la présidence de l'ambassadeur d'Italie comme doyen. Le secret absolu a été convenu. Nous avons décidé d'adresser à la Porte un memorandum notifiant la constitution de la conférence et exprimant en meme temps nos segrets de la non participation de la Turquie ainsi que l'espoir d'avoir ultérieurement la coopération du gouvernement ottoman.

117

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 941/982. Londra, 23 giugno 1882, ore 19,56 (per. ore 22,10).

Granville m'a dit aujourd'hui que l'Autriche avait répondu qu'elle n'entendait pas refuser de prendre part à la conférence, mais que, auparavant, elle voulait épuiser les moyens de persuasion auprès du Sultan pour l'engager à y

intervenir. Bismarck interpellé au sujet de l'Egypte aurait répondu qu'il ne considérait pas le nouveau ministère Araby comme une solution satisfaisante. Granville m'a demandé en marquant quelque étonnement pourquoi Corti avait proposé de retarder la convocation de la conférence. Je lui ai répondu que j'ignorais le fai t mais qu'en ce cas se serait nature! d'attendre que l'Autriche se soit décidée. Granville m'a dit qu'il consentait à laisser quelque latitude pour retard réunion, mais il avait télégraphié à Constantinople et à Rome que le retard ne pouvait etre trop prolongé. Granville m'a dit que les accords qu'on prétend exister entre lui et Musurus pour l'occupation du canal de Suez n'ont aucun fondement. Cependant j'ai pu comprendre que le gouvernement anglais pense sérieusement à s'assurer le canal. Granville ne semble pas attribuer d'importance aux délibérations d'un groupe de députés qui font l'objet de mon télégramme n. 980 (1). Le parti financier qui détient titres égyptiens pousse vivement à une action militaire dans le but de sauvegarder ses titres.

(l) T. 925 del 21 giugno, non pubblicato.

118

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (2)

R. 266. Parigi, 23 giugno 1882 (per. il 26).

L'interpellanza già da qualche tempo annunciata sugli affari d'Egitto, della quale si diceva che il ministero non avrebbe voluto accettare la discussione fin dopo la pubblicazione del Libro Giallo, ebbe luogo alla Camera dei deputati nella seduta di ieri.

Invece del signor Lockroy, come si affermava prima, fu il signor CasimirPérier (dell'Aube) che si incaricò di interrogare il ministro degli Affari Esteri. Egli cominciò col chiedere quali sono le istruzioni generali che furono impartite al rappresentante francese alla conferenza di Costantinopoli, aggiungendo che voleva nello stesso tempo porgere occasione al presidente del Consiglio di spiegarsi sulla politica che intende praticare nelle cose egiziane.

L'oratore constatò la divergenza esistente fra le dichiarazioni fatte dal signor de Freycinet alla Camera 1'11 maggio ed il linguaggio da lui tenuto il 1° giugno in risposta all'interpellanza Delafosse; espresse l'avviso che l'oggetto della conferenza debba consistere nel mettere ordine non allo stato di diritto che, secondo lui, non fu finora violato, ma allo stato di fatto attuale in Egitto, il quale non è altro che un'anarchia per così dire consacrata dalla presenza nel nuovo ministero del capo del partito rivoluzionario.

Il signor Casimir-Périer continuò formulando parecchie domande relative sempre all'attitudine che la Francia terrà alla conferenza; chiese se, nel caso che questa· non desse risultati, la Francia riprenderebbe d'accordo col

l'Inghilterra la direzione degli affari d'Egitto; e infine, in attesa della soluzione, quali misure furono prese per proteggere la sicurezza dei francesi nel vicereame.

La conclusione del discorso dell'interrogante sollevò vivissima agitazione in gran parte della Camera; dopo aver dichiarato che, per conto suo, egli non aveva mai approvato la riunione della conferenza, egli espresse la propria convinzione che, quando la Francia potrà riprendere, insieme coll'Inghilterra, la sua posizione privilegiata in Egitto, la Camera non rifiuterà i mezzi di far fronte alle eventualità che potrebbero prodursi.

Il ministro degli Affari Esteri, nella sua risposta, esordì col richiamare i termini stessi della proposta fatta dalla Francia e dall'Inghilterra alle altre Potenze per la conferenza, esprimendo la sua persuasione che essa fosse radunata in quel momento; e comunicò alla Camera il testo del telegramma inviato il 19 corrente dai Gabinetti di Parigi e di Londra ai loro ambasciatori.

Il signor de Freycinet dichiarò che le basi indicate dalle ultime parole di quella comunicazione si riassumono nel mantenimento dello statu quo anteriore agli ultimi avvenimenti, cioè: ristabilimento dell'autorità del Sultano e del Kedive nei loro diritti rispettivi, quali furono consacrati dal diritto europeo; rispetto delle libertà e dell'indipendenza dell'Egitto, quali furono riconosciute dai firmani costitutivi; rispetto degli accordi e degli impegni internazionali conclusi sotto il regime creato dai firmani, impegno fra i quali figurano quelli conclusi specialmente dal Kedive colla Francia e l'Inghilterra.

Il ministro sostenne che queste basi sono la conferma del linguaggio da lui sempre tenuto, e della politica francese in Egitto, che non permetterà mai alcuna diminuzione all'autonomia del vicereame. Il ministro accennò pure al protocollo di désintéressement al quale le Potenze hanno aderito; ed aggiunse che la conferenza non si dovrà occupare che dell'affare egiziano, protestando contro le voci messe in giro sulla evocazione di « altre questioni, fra le quali ve ne sono di quelle, che la Francia non ammetterà mai vengano trattate in conferenza, essendo esse esclusivamente francesi ».

Le istruzioni date al rappresentante della Repubblica a Costantinopoli gli ordinano di accettare la discussione sopra ogni misura atta a raggiungere lo scopo consistente nel mantenimento dello statu quo normale; gli interdicono di associarsi ad ogni combinazione che non fosse suscettiva di realizzare pienamente questo scopo.

Infine il ministro dichiarò che, coll'entrare alla conferenza, la Francia non ha alienato alcuna parte della sua indipendenza, che egli aveva ferma speranza di poter accettare la solidarietà delle decisioni che sarebbero state prese a Costantinopoli, ma che se, contro ogni aspettativa, venissero a prodursi divergenze, se la Francia si trovasse in presenza di soluzioni giudicate incompatibili colla sua dignità e coi suoi interessi, il governo riprenderebbe tutta la sua libertà, come lo farebbe all'uscire di qualunque conferenza. Giacché, aggiunse egli, è di diritto pubblico che, entrando in una conferenza, nes

suna nazione aliena la propria sovranità, e che «le questioni non vi si decidono e non vi si impongono dalla maggioranza, ma dall'unanimità ». Ad ogni modo il signor de Freycinet conchiude manifestando la sua intera fiducia che l'accordo delle Potenze persisterà fino al termine.

(l) -T. 937/980 del 23 giugno 1882, non pubblicato. (2) -Ed., in L V 35, pp. 252-254.
119

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 945/983. Londra, 24 giugno 1882, ore 19 (per. ore 23,45).

Il me revient de bonne source qu'il règne dans le Cabinet de graves dissentiments au sujet de l'Egypte. Plusieurs ministres voudraient une action immédiate pour mettre fin aux desordres du vice-royaume; d'autres, au contraire, s'opposent à toute intervention. Il y a eu de part et d'autre menaces de démission. Il paraitrait qu'on serait disposé, à titre d'accommodement, à agir pour protéger le canal de Suez. On dit meme que Granville aurait fait à ce sujet des ouvertures à l'ambassadeur de la France pour appeler le concours de celle-ci. Je dois faire observer à ce sujet que Gladstone a dit hier à la Chambre qu'il lui semblait que la question du canal de Suez était entièrement au dehors du but de la conférence, d'où l'an peut conclure qu'ici l'an songe sérieusement à occuper les accès de ce canal. Les financiers et les manifacturiers de coton poussent toujours activement à une intervention armée. On annonce pour demain un grand meeting pour l'Egypte.

120

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. 481. Roma, 25 giugno 1882, ore 23,55.

Vos prochains télégrammes vont m'apprendre la réponse de la Porte à la communication qu'on lui a faite ainsi que la suite que pourra avoir notre idée d'un engagement excluant toute action isolée pendant les travaux de la conférence. Je crois en attendant utile de vous manifester, au sujet de la tàche de la conférence, mes impressions ultérieures. Cette tàche est naturellement double; établir les garanties aptes à assurer, pour l'avenir, une situation normale en Egypte; fixer les moyens éventuels d'exécution de ce programme pour le cas où une action matérielle deviendrait nécessaire. Me réservant de discuter avec V. E. ce dernier problème qui présent les difficultés les plus sérieses, j'appelle, quant aux questions se rattachant à la première partie du programme, votre attention sur les faits suivants:

Le retablissement du statu quo en Egypte comporte, selon nous, le maintien simultané des institutions et réformes civiles, le libre exercice des pouvoirs du Kedive, le fonctionnement régulier des forces militaires égyptiennes; tout ceci, bien entendu, sans toucher à la souveraineté du Sultan, dans les limites des firmans et des traités européens ni aux engagements internationaux de l'Egypte. Il faut, dans cet ordre d'idées, préserver de toute atteinte les réformes judiciaires, économiques et politiques, ainsi que le règlement légal des attributions de la Chambre des notables et le sage développement des institutions nationales. Nous pensons, d'ailleurs, que le meilleur moyen de garantir, pour l'avenir, les engagements et rapports internationaux est d'empecher qu'ils ne redeviennent, entre les Puissances européennes, une source de dissentiments et méfiances mutuelles, c'est de les y coi:ntéresser toutes, en droit, au meme titre. On se tromperait grandement, quant à nous, si on nous supposait prets à faire bon marché des intérets généraux et communs dès le jour où l'on nous offrirait la participation, en Egypte à un ròle privilégié. Nous sommes, au contraire, bien résolus à rester scrupuleusement sur le terrain du concert européen et de n'accepter ni partager avec d'autres Puissances un mandat quelconque qui ne serait pas l'effet d'une libre résolution des grandes Puissances. A nos yeux de but qu'on poursuit pourrait etre atteint par une commission des délégues des six Puissances exerçant simplement une haute surveillance sur l'administration financière, sans empiéter sur la compétence des autorités égyptiennes ainsi que sur la libre navigation, en tout temps, du canal de Suez, sans préjuger d'aucune façon ni les intérets spéciaux de l'Angleterre, ni les droits de la souveraineté territoriale. Nous ne partageons pas, sur ce dernier point, l'appréciation de M. Gladstone, qui a paru, dans un discours récent à la Chambre des communes, les écarter du programme de la conférence. Toutes propositions, tout moyen propre à faciliter un règlement satisfaisant de la question égyptienne et à assurer l'avenir, rentrent évidemment dans la compétence de la conférence. Seulement le terrain doit etre habilement préparé pour ces questions délicates, et le moment doit etre sagement choisi pour la discussion. Nous n'avons, quant à la personne du Kedive, aucune objection si tout le monde est d'accord pour le maintien de Tewfik. S'il en est autrement, nous estimerions uniquement devoir nous opposer d'une manière absolue au choix du prince Halim, dont les convictions et sympathies pour l'ancien régime égyptien sont connues et les relations personnelles n'offrent aucune garantie et qui, nous assure-t-on, arriverait, d'ailleurs, au pouvoir avec une charge énorme de dettes en souffrance. Après cette exclusion toute autre candidature nous trouverait indifférents et prets à écouter l'opinion des autres Cabinets. Il est enfin tout évident que sans une réorganisation de l'armée égyptienne avec des chefs et éléments nouveaux le retour du Pays à la tranquillité et la sécurité des colonies européennes ne seraient que précaires et apparentes. Ce sont des impressions que je livre à votre méditation vous priant de me dire là dessus, franchement, votre opinion, ainsi que de me faire part des renseignements que vous pourrez recueillir de vos collègues, meme dans des entretiens particuliers. Les télégrammes de V. E. vont, d'ailleurs, me renseigner, après chaque séance, de la marche de la conférence.

121

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. 483. Roma, 26 giugno 1882, ore 11.

Reçus vos deux télégrammes sur la séance d'hier (1). Merci. J'approuve votre remarque au sujet de la formule anglo-française d'invitation. Je vais, selon votre conseil, sonder les trois Cabinets là dessus et vous faire part du résultat.

122

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A PIETROBURGO, NIGRA, E A VIENNA, DI ROBILANT

T. 484. Roma, 26 giugno 1882, ore 11.

Je vous ai communiqué la dépèche du comte Corti sur la séance d'hier de la conférence (2). Son conseil me parait bon, c'est à dire qu'il faut nous concerter avec les trois autres Cabinets afin que tous les quatre se trouvent d'accord pour faire, le cas échéant, déclarer par leurs ambassadeurs qu'à leur avis la conférence doit envisager la situation, en Egypte, ex integro et que, par le seui fait de certaines expressions contenues dans les télégrammes des deux Cabinets et dont il n'a pas été, d'ailleurs, pris acte d'une manière formelle, la conférence ne saurait se considérer comme ayant déjà implicitement sanctionné, de manière à rendre impossible toute modification ultérieure, les accords spéciaux entre les deux Puissances occidentales et l'Egypte, auxquels les quatre Cabinets ont toujours été et sont aujourd'hui encore tout à fait étrangers. Veuillez, bien entendu, avant de faire une proposition quelconque, et sa.ns perte de temps, sonder là dessus le terrain et m'en faire connaitre le résultat le plus tòt possible (3). On a toujours déclaré ne vouloir préjuger aucune question ni proposition et en réserver l'examen à la conférence.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 954. Berlino, 26 giugno 1882, ore 18,08 (per. ore 20,15).

En me référant à ce que Bismarck disait le 18 juin aux ambassadeurs réunis chez lui, j'ai sondé le terrain dans le sens du dernier télégramme de V. E. d'aujourd'hui (4). Le sous secrétaire d'Etat prenait la chose ad referendum.

Il me semble que la meilleure vaie à suivre serait, pour nous servir d'une expression usité dans le style diplomatique de voir venir les différentes questions qui se rattachent à l'Egypte et qui se présenteront tòt ou tard dans le cours des délibérations de la conférence. Notre position est déjà indiquée par la réserve faite par Corti laquelle a essentiellement pour but de conserver liberté de discussion et de résolution sur toute proposition meme en dehors des bases ou principes suggérés dans les lettres d'invitation par la France et par l'Angleterre. Nouvelle affirmation de l'entente préalable à quatre serait certainement utile et désirable dans l'intéret général européen, mais meme, à défaut d'un renouvellement explicite de cette entente, il ne parait guère présumable que le représentant de l'Allemagne, entre autres, ne se conforme pas aux vues exprimées, il y peu de jours, par le chancelier, et, d'après lesquelles, on ne saurait, sur les affaires égyptiennes, restreindre la liberté de chacun des plénipotentiaires. Chargé d'affaires d' Allemagne à Constantinople télégraphie que le memorandum a produit bonne impression sur la Porte.

(l) -T. 947 e T. 949 del 25 giugno 1882, non pubblicati. (2) -T. 479 del 25 giugno, non pubblicato. (3) -Cfr., n. 123. Le risposte da Pietroburgo e da Vienna sono contenute nel T. 964 del 28 giugno e nel T. 958 del 27 giugno 1882, non pubblicati. (4) -Cfr. n. 122.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT (l)

L. P. Roma, 26 giugno 1882.

Dopo avere attentamente letto e meditato il rapporto confidenziale dell'E. V., in data 15 giugno (2), mi pare conveniente, presi anche opportuni concerti col presidente del Consiglio, di riferirne a S. M. il Re, standomi a cuore, in così delicato argomento, di nulla fare che possa menomamente discostarsi dai precisi intendimenti della Maestà Sua.

Questo mio scritto, che le giungerà per occasione sicura, porge adunque a

V. E. esatta notizia del pensiero del Re, che io mi adoprerò a qui riprodurre con la massima fedeltà e cura.

Se la restituzione della visita che nello scorso autunno i nostri Sovrani fecero nella capitale austro-ungarica, e non altrove, per espresso desiderio dei loro augusti ospiti, dovesse ora avvenire, non già a Roma, ma in un'altra città qualsiasi del Regno e segnatamente in residenza campestre qual'è Monza, l'impressione, vano è dissimularlo, ne sarebbe pessima, e l'opinione pubblica in Italia ne piglierebbe tale atteggiamento che, senza nulla mutare, beninteso, al nostro programma, dettato da considerazioni di ordine elevato e sostanziale, certo renderebbe assai meno agevole il compito del governo, specialmente in vista delle prossime elezioni generali. L'E.V. suggerisce, per questa eventualità che S. M. non esiti a manifestare la freddezza dell'animo suo, sia lasciando ben intendere anticipatamente che il convegno avrebbe carattere esclusivamente privato e famigliare, sia eliminando, anche con la deliberata assenza di qualsivoglia ministro, ogni apparenza di importanza politica dell'avvenimento.

Apprezzo le considerazioni che dettano a V. E. un simile suggerimento, il quale, senza dubbio, coincide con le norme più elementari della etichetta e sarebbe una inappuntabile applicazione di quella regola di reciprocità che suoi fornire il criterio direttivo in tale materia. Certo, però, non le può sfuggire che, se l'atto dei Sovrani austro-ungarici avrà già in un primo effetto sfavorevole dal punto di vista politico, il male, da questo stesso punto di vista, si farà ancor più grave e accentuato per i procedimenti appunto che da parte nostra, quasi a guisa di giusto contraccambio, si saranno operati.

Non per questo ci sembrerebbe opportuno di uscire dal riserbo in cui S. M. il Re volle che il suo governo scrupolosamente si mantenesse rispetto a questo soggetto, e che V. E. non cessò dal canto suo, di raccomandare. Bensì V. E., dai particolari che qui verrò esponendole, scorgerà in qual modo si possa per avventura risolvere l'arduo problema.

La visita della coppia imperiale e reale a Monza non solo susciterebbe gli inconvenienti cui testé accennai, e sarebbe da parte di S. M. il Re oggetto della più viva ripugnanza, come quella che, agli occhi suoi, sarebbe men dicevale alla dignità e all'interesse politico del Regno, e quasi riuscirebbe l'equivalente d'un rifiuto di restituzione; ma fatta anche astrazione da queste gravissime obbiezioni d'ordine morale, che evidentemente non si potrebbero manifestare, neppure in forma palliata ed indiretta, e dovrebbero, invece, essere spontaneamente intese e ponderate a Vienna, esisterebbero ancora impedimenti d'ordine materiale, circa i quali sono possibili acconcie spiegazioni ea avvertenze. Dopo che sarà chiuso il Parlamento, nei primi giorni di luglio,

S. M. il Re si propone di effettuare escursioni varie e in più luoghi, avendone preso l'impegno verso rappresentanze di popolazioni che erano avvezze a vedere più di frequnte l'augusto suo genitore. Tra queste escursioni si intercaleranno le grandi manovre, le quali terranno anch'esse il Re lontano dalla Regina e nella impossibilità di qualsiasi ricevimento. E' quindi veridica affermazione questa: che, a cominciare dalla metà di luglio, fino ai primi giorni di novembre, S. M. il Re, impedito da obblighi imprescindibili, quasi costantemente lontano dalla residenza di S. M. la Regina, la quale anch'Essa dividerà la sua dimora estiva e autunnale tra Venezia, il Cadore ed altri luoghi alpestri, non si troverebbe affatto in grado di ricevere la visita dell'Imperatore e dell'Imperatrice d'Austria-Ungheria.

Trattasi d'una questione di fatto; ond'è che, salvo il migliore giudizio di

V. E., a cui me ne rimetto con intera fiducia, non solo non saprei ravvisare men conveniente, ma in certo qual modo stimerei invece doveroso da parte nostra, a titolo di riguardo e cortesia, di far pervenire alle Loro Maestà Imperiali e Reali le suesposte indicazioni acciò possano in tempo utile giovarsene. Il telegramma (l) che le inviai circa il ricevimento del conte Ludolf, e che accennava l'impossibilità di una udienza a Monza per le stesse circostanze qui svolte, ebbe appunto anche l'intento che siffatta notizia fin d'ora costì giungesse in occasione affatto estranea all'argomento della restituzione della visita. O col mostrare francamente quel telegramma, se già non l'abbia fatto, o tornando acconciamente sullo stesso tema. V. E. avrà facile opportunità d'in

sistere su questi proponimenti delle Loro Maestà, escludendo così completamente, come è assoluto desiderio del Re, ogni progetto di visita a Monza. Accampando poi quelle indicazioni con tali dichiarazioni che attestino non essere punto... (l) indugio suscettibile, da parte nostra di men benigna interpretazione, si concilierebbe, parmi, ogni esigenza, e si prenderebbe fin da ora una posizione ben chiara e scevra d'ogni possibilità d'equivoco.

In ogni modo, e qualunque sia per essere la forma in cui le istruzioni contenute in questo mio dispaccio le sembrino doversi eseguire, sarà importante ed essenziale che V. E. cerchi, a suo tempo, di procacciarsi e mi trasmetta tosto l'indicazione dell'epoca precisa in cui i Sovrani austro-ungarici si recheranno all'esposizione di Trieste. Avrò grato del pari che V. E. mi tenga esattamente informato di quanto possa riferirsi, anche solo indirettamente, a questo importante soggetto della restituzione della visita reale.

(l) -Da M. C. R., Carte Mancini. (2) -Non pubblicato.

(l) Non pubblicato.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. CONFIDENZIALE 485. Roma, 27 giugno 1882, ore 0,45.

V. E. a vu par les télégrammes de ces derniers jours que plusieurs indices feraient supposer, comme étant possible et peut-etre meme prochaine, l'éventualité d'une action militaire isolée des deux Puissances occidentales en Egypte. Nous sommes, je le répète, bien résolus, de notre còté, quoi qu'il arrive et malgré toutes démarches quelconques dont nous pourrions etre l'objet, à ne pas nous séparer des autres trois Cabinets affirmant, comme nous, la compétente exclusive du concert européen. Mais il n'en est que d'autant plus indispensable pour nous de pouvoir nous entendre, en temps utile, sur la ligne de conduite à suivre en vue de l'éventualité ci-dessus signalée et de connaitre sur ce sujet la pensée intime du comte Kalnoky et du prince de Bismarck. Pour ne pas faire de confusion et pour etre surs d'une réponse personnelle de ce dernier, je préférerais que V. E. put se procurer avec Kalnoky et avec Reuss un entretien simultané dont le but serait de nous procurer promptement et avec certitude l'opinion du prince chancelier ainsi que celle du Cabinet de Vienne. Ce serait, pour les trois Cabinets, une règle commune d'action dont les incidents de chaque jour et les prévisions de l'avenir me font de plus en plus sentir la nécessité absolue.

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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 962. Costantinopoli, 27 giugno 1882, ore 10,10 (per. ore 22,45).

Télégramme identique. Les ambassadeurs de France et d'Angleterre nous ont d'abord communiqué informations qu'ils ont reçues depuis notre dernière

séance sur l'état de l'Egypte. Ces informations sont de nature à augmenter les préoccupations. Après avoir complété l'échange de vues général qui a fait l'objet de notre dernière réunion, nous avons abordé la discussion des mesures auxquelles on pourrait recourir pour attendre le but assigné à la conférence. Ambassadeur d'Italie a proposé ensuite qu'il soit entendu que, pendant la durée de la conférence, les Puissances s'abstiennent de toute entreprise isolée en Egypte. Cette proposition a été acceptée avec la réserve d'un cas de force majeure telle que la nécessité de protéger la vie des nationaux. La prochaine séance est fixée à jeudi.

(l) Parola illeggiblle per deterioramento del documento.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 959. Berlino, 27 giugno 1882, ore 19,50 (per. ore 21,50).

Le secrétaire d'Etat, auquel M. Busch avait rapporté mon entretien d'hier, vient de me dire que, comme de raison, il ne pouvait que conformer son langage à celui que le chancelier avait tenu le 18 juin aux ambassadeurs. Le chargé d'affaires d'Allemagne à Constantinople ne saurait également que s'y référer. Le secrétaire d'Etat faisait à cette occasion des considérations qui cadraient avec celles contenues dans mon télégramme d'hier (1). L'essentiel était de faciliter l'oeuvre de la conférence en évitant de s'engager dans des discussions sur des idées et des principes sur lesquels l'accord ne serait pas facile peut-étre à obtenir; en serrant de trop près la situation déjà si embrouillée, o n la compliquerait davantage si une scission se produisait dans le sein de la conf~rence.

S. E. n'entendait nullement donner des conseils, mais il lui semblait que plus la question était grave plus il fallait se montrer calmes et attendre les propositions collect!ves ou séparées de la France et de l'Angleterre. Du reste, d'après le ton qui domine dans les journaux de Londres, la question d'action risque fort de se poser avant la question d'organisation de l'Egypte. Ambassadeur de Turquie doit présenter aujourd'hui nouvelle circulaire annoncée par le télégramme de Corti (2). Le secrétaire d'Etat répondra verbalement qu'il conviendrait tout d'abard convaincre les membres de la conférence que tout est pour le mieux en Egypte. Ils demanderont alors des instructions à leurs gouvernements respectifs.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. 491. Roma, 28 giugno 1882, ore 12,10.

Ni Corti dans son télégramme du 25, (3) ni moi dans le mien du 26 (4), nous n'avons nullement imaginé de prendre dans la conférence l'initiative d'une discussion quelconque au sujet du contrale financier en Egypte. Mais, comme

l'éventualité d'une proposition franco-anglaise visant à la consacration par le concert européen du contròle tel qu'il était naguère établi, nous parait assez probable, nous pensons qu'une entente préalable sur ce point entre les trois, et, s'il est possible entre les quatre Cabinets, est hautement à désirer. Si maintenant vos télégrammes impliquent la certitude que le Cabinet de Berlin est d'accord avec nous pour considérer notre situation commune camme étant tout à fait impréjugée à l'égard du contròle et qu'il y avait lieu, par conséquent, de librement discuter, le cas échéant, ce sujet dans la conférence, nous ne demandons pas davantage pour étre en mesure de donner au comte Corti, sur ce point, une instruction claire et positive. Veuillez dane, je vous en prie, me rassurer par un télégramme conçu en termes catégoriques (1). Le comte Robilant me télégraphie déjà à cet égard (2), après ses entretiens avec Kalnoky et les entretiens de ce dernier avec Reuss, ainsi qu'il suit: « J'ai pu constater que le contròle, tel qu'il était, n'est plus considéré ici et à Berlin que camme un fait du domaine de l'histoire, mais dont le rétablissement tel quel n'est plus à imaginer ». V. E. me parait s'occuper, avec raison, principalement d'une question d'action. Tachez de me dire quelles seraient vis-à-vis d'une telle éventualité, les idées et l'attitude du Cabinet allemand (3). V. E. sait que c'est bien là surtout l'hypothèse dans laquelle l'entente intime entre les trois Cabinets serait, à nos yeux, de la plus haute importance.

(l) -Cfr. n. 123. (2) -T. 955 del 26 giugno 1882, non pubblicato. (3) -T. 949 del 25 giugno 1882, non pubblicato. (4) -Cfr. n. 122.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A COSTANTINOPOLI, CORTI, A LONDRA, MENABREA, A PIETROBURGO, NIGRA, A VIENNA, DI ROBILANT, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI, E ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO (4)

T. 492. Roma, 28 giugno 1882, ore 17,10.

L'ambassadeur de Turquie vient de me remettre copie d'une circulaire en date du 26 juin. La Sublime Porte, après avoir rappelé qu'elle s'est de sa propre initiative appliquée à faire mettre en exécution sur les lieux en Egypte des mesures sages et pratiques constate, reproduisant textuellement deux télégrammes de Dervish pacha que ces mesures ont ramené en Egypte une situation normale. La Sublime Porte est dane convaincue d'avoir atteint le but poursuivi par tous sans que ces mesures aient désormais besoin d'étre renforcées par d'autres dont elle a peine à s'expliquer l'utilité pratique et exprime la certitude de voir les Puissances reconnaitre que la conférence ne présentant plus aucune nécessité doit étre définitivement abandonnée. J'ai dit à Musurus bey

{l) Cfr. n. 134.

!3) Cfr. n. 136.

que la conférence siégeant maintenant à Constantinople avec un mandat que les Puissances lui ont d'un commun accord attribué en vue de l'affaire egyptienne la Sublime Porte devrait dans son propre intéret, fournir à la conférence elle-meme la démonstration que tout est rentré en Egypte dans l'ordre norma! et qu'il n'y a plus lieu, pour l'Europe, de se préoccuper, dans le présent et pour l'avenir, de la situation de ce Pays.

(2) -T. 958 del 27 giugno 1882, non pubblicato. (4) -Ed., In ltal!ano, In LV 35, p. 278.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

T. 494. Roma, 28 giugno 1882, ore 19.

Les nouvelles des préparatifs militaires anglais, les bruits d'une possible occupation anglaise à Suez et le langage meme des ministres britanniques devant les Chambres, nous imposent le devoir de connaitre clairement les intentions du gouvernement de la Reine. J'ai communiqué à V. E. le télégramme de Corti (1), annonçant l'accord pris dans la séance d'hier que, pendant réunion de la conférence chaque Puissance s'abstiendra de toute entreprise isolée en Egypte sauf dans le cas de force majeure pour protéger la vie des nationaux. Je prie V. E. de demander à lord Granville une franche manifestation. Nos sentiments d'amitié pour l'Angleterre et de sympathie pour son Cabinet actuel nous inspirent le désir d'écarter tout projet de malentendu et Je complications éventuelles. On peut à Londres compter sur notre disposition à employer notre coopération bienveillante en vue de concilier les intérets anglais avec ceux de l'Europe. Nous sommes convaincus que toute entreprise militaire isolée, sans l'assentiment de la conférence, produira pour tous des conséquences bi e n regrettables. Quant à l'intéret spécial que l'Angleterre a de sauvegarder canal de Suez, je pense que les récentes déclarations de Gladstone ne regardent que la question de la neutralisation bien différent de l'autre concernant la libre navigation. On comprend que la proposition de déclarer la neutralisation perpétuelle du canal de Suez ait rencontré ou puisse rencontrer e n core l es répugnances de l'Angleterre car celle-ci ne voudrait pas renoncer à se servir de cette voie de communication avec les Indes, méme en temps de guerre, pour l'envoi d'armes et transport de troupes dans son Empire indien. Mais, qmmt à un accord pour mieux garantir en tout temps la libre navigation du canal de Suez vis-à-vis de toutes autres Puissances, ainsi que de la Porte et de l'Egypte, il me semble évident que l'intérét de l'Angleterre, bien loin d'en étre atteint ou affaibli ne pourrait qu'étre avantagé et fortifié par une garantie collective des grandes Puissances. C'est là une proposition dont la conférence pourrait facilement étre saisie avec une chance de succès assuré.

V. E. devrait entretenir, très confidentiellement, lord Granville, si elle le juge à propos, sur ces importants sujets et me faire connaitre ses idées là dessus.

(l) Cfr. n. 126.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 1682. Vienna, 28 giugno 1882 (per. il 3 luglio).

Avendo avuto occasione d'intrattenermi ieri col conte Kalnoky al suo ebdomadario ricevimento del martedì intorno agli affari d'Egitto, non ho mancato di svolgergli le idee a riguardo della conferenza che l'E. V. si era compiaciuta manifestarmi nei suoi telegrammi del 25 (l) e 26 corrente (2), senza, ben inteso, formular proposte di sorta. Non ho però mancato di insistere sulla necessità che i tre gabinetti di Berlino, Vienna e Roma si pongano d'accordo onde fissare l'attitudine comune da osservarsi alla conferenza dai rispettivi rappresentanti, se non su tutte le questioni che possono cadere nella discussione di quel consesso europeo, su alcuni punti principali almeno; quali sarebbero i capisaldi che devono servir di base. alle trattazioni, e l'attitudine da mantenersi in comune a fronte di quelle proposte relative ad un'azione militare in Egitto, che le Potenze occidentali potrebbero per avventura portare innanzi, e più essenzialmente ancora sulla concorde attitudine a prendere, se per un caso non impossibile dette Potenze addivenissero senz'altro ad un principio qualsiasi d'intervento in Egitto, all'infuori dell'azione della conferenza. Mi studiai di dimostrare al conte Kalnoky quel preventivo accordo essere non solo necessario onde non trovarsi anche questa volta colti inaspettatamente da un qualche fatto compiuto irrimediabile come altri ebbero già a verificarsi, ma anche affinché la mancanza di preventiva intelligenza non dia luogo da parte delle tre Potenze in seno alla conferenza, a quelle esitazioni che chiaramente dimostrerebbero alla Francia e all'Inghilterra l'assenza di antecedenti accordi facendo anzi supporre divergenza di vedute, e dando loro un incoraggiamento ad agire a loro talento senza curarsi degli altri Gabinetti.

Il conte Kalnoky mostrommi apprezzare pienamente il modo di vedere dell'E. V., ma non nascondevami intanto non avere per il momento dal canto suo idee concrete sul da farsi, non ravvisare però gran pericolo in quell'assenza d'accordo per ora, poiché evidentemente, dicevami egli, ad una qualsiasi proposta delle Potenze occidentali della natura di quelle da me indicate gli ambasciatori delle altre Potenze risponderebbero dichiarandosi senza istruzioni ed essere quindi in dovere di prenderla ad referendum lasciando così campo ai rispettivi Gabinetti di concertarsi allora sulle deliberazioni da prendersi. A ciò io obiettai, che se quel sistema potrebbe in certa maniera premunirei contro uno dei casi possibili, non ci garantiva affatto contro l'altro da me preveduto, cioè che le Potenze occidentali addivengano ad un'azione senza sottoporre prima la proposta alla conferenza, ciò che farebbero tanto più facilmente, avendo avuto con l'applicazione del sistema preindicato il mezzo d'accertarsi dell'assenza d'idee ben accertate e di pendenti accordi. Questo mio ragionamento parmi

impressionasse il conte Kalnoky poiché finì col dirmi essere dal canto suo persuaso quanto noi della necessità di quegli accordi preventivi a cui pure la Russia dovrebbe prender parte, e mi assicurò che si sarebbe dato cura di eccitare gli altri due Gabinetti ad addivenire con l'Austria e l'Italia al necessario scambio d'idee.

Più tardi poi seppi che l'ambasciatore di Germania, che fu ricevuto dal ministro dopo di me, aveva avuto l'incarico dal principe di Bismarck di dirgli che il rappresentante della Germania a Costantinopoli riceverebbe istruzioni pel caso che le Potenze occidentali facessero una qualche proposta alla conferenza relativa ad un'azione militare qualunque, di dichiarare che la Germania non crede opportuno prendere in considerazione proposte di quella natura prima che un accordo in proposito sia intervenuto con la Porta; l'accordo con la Turchia dovendo essere base prima di tutto ciò che si dovrebbe fare in Egitto. Non dubito che il Gabinetto di Vienna avrà date analoghe istruzioni al suo ambasciatore a Costantinopoli, ritenendo anche che dal canto nostro si farebbe altrettanto, poiché era informato che io aveva avuto conoscenza della comunicazione fattagli dal principe di Reuss.

Avendo così confermato quanto aveva l'onore di riferire all'E. V. col mio telegramma di ieri, ore 5 pomeridiane (1), non so trattenermi dall'esprimerle il vivo dubbio che io nutro si possa arrivare ad ottenere quel perfetto e pratico accordo di vedute fra le Potenze che tanto sarebbe desiderabile nella presente circostanza. Sta di fatto che in questa faccenda dell'Egitto ognuna delle Potenze si lascia unicamente guidare da speciali suoi interessi ed intendimenti. La Germania poco o nulla si cura dell'Egitto, ma al principe di Bismarck fa comodo assai che la Francia s'impigli più che mai in disastrose avventure sulle terre africane, e quindi mostrando sempre di non voler contrastare le sue aspirazioni andò man mano incoraggiandola tacitamente a svolgerle sempre più. L'odio poi che palesemente il cancelliere nutre per il signor Gladstone fa sì, che si può essere sicuri nulla farà onde aiutarlo a trarsi dal mal passo in cui anche l'Inghilterra è caduta ed anzi cercherà con ogni mezzo di causare la rovina di quel Gabinetto onde far ritornare al potere i Tory.

La Russia interessi diretti in Egitto non ne ha, ma tutto ciò che può nuocere alla Turchia entra nelle sfere dei suoi interessi, e costituisce nella presente questione il suo principale obiettivo.

L'Austria-Ungheria ha indubbiamente interessi diretti in Egitto; certamente questi sono minori di quelli italiani, ma pur sempre tali da costringerla a darsi premura di ciò che succede in quelle regioni, ma per intanto il suo obiettivo principale si è di non indisporre la Turchia con la quale essa ha ogni interesse a vivere in ottimi rapporti non solo per il presente, ma anche per la realizzazione pacifica dei suoi scopi in avvenire.

Gli interessi italiani di varia natura nella questione d'Egitto sono troppo evidenti perché occorra farne cenno qui, ma è chiaro che a fronte dei diversi

apprezzamenti a cui s'inspirano le altre Potenze è difficile assai che essi trovino da parte degli altri Gabinetti efficace appoggio. Certamente l'Inghilterra e la Francia non procedono strettamente concordi con un programma con precisione convenuto ed anzi mi pare assai probabile che quanto prima l'una o l'altra delle due Potenze si staccherà da quella mal combinata alleanza che riposa intieramente sopra interessi divergenti; non è però men vero che pericoli gravi possono venire per le Potenze mediterranee sì da quell'alleanza tal quale è che dall'azione isolata dell'una o dell'altra Potenza poiché non si può aver dubbio che prendendo in considerazione anche una sola delle possibili eventualità, se l'Inghilterra occupa il canale di Suez ed opera a tale effetto uno sbarco anche su altri punti ~lla costa onde assicurare le sue spalle, né una fra le altre Potenze né tutte assieme tenteranno cosa qualsiasi per contrastargli quell'azione; la Francia dal canto suo si affretterà a sbarcare truppe essa pure e occuperà Alessandria e le altre Potenze staranno a guardare come ebbero a guardare la squadra ancorata dinanzi Alessandria; astenendosi perfino dal fare una sterile protesta tanto più che in fin dei conti non si può disconoscere all'Inghilterra un interesse preponderante sul canale poiché ben si sa che questa rappresenta 1'80 per cento degli interessi di ogni natura di tutte le altre Potenze insieme.

Tutto ciò premesso non prevedo una soluzione molto soddisfacente per noi di quell'affare egiziano, ma certo essa sarà sempre più favorevole ai nostri interessi se sapremo mantenerci uniti alle altre Potenze, evitando d'isolarci con accampare pretese che non troverebbero accoglienza favorevole né a Berlino, né a Vienna, né a Pietroburgo.

(l) -T. 479, 480, 482 del 25 giugno 1882, non pubblicati. (2) -Cfr. n. 122.

(l) T. 958 del 27 giugno 1882, non pnbbl!cato.

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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

L. P. Therapia, 28 giugno 1882.

Mancherei a' miei doveri se non le esponessi francamente il mio pensiero circa un punto delicatissimo di cui tratta il telegramma dell'E. V. del 26 corrente (2).

L'E. V. dice che «il R. governo s'opporrebbe in modo assoluto alla scelta del principe Halim pel trono d'Egitto, le cui simpatie ed i convincimenti per l'antico regime egiziano son noti, .le cui relazioni personali non offrono alcuna 5aranzia, e che, a quanto si assicura, giugnerebbe al potere coll'enorme carico Ji debiti non soddisfatti ». Ora io posso assicurare l'E. V. che siffatte informazioni sono assai lontane dal vero, e furono evidentemente fornite da persone malvolenti. Io conosco personalmente Halim pascià da quando venni primieramente a Costantinopoli. Sua Altezza non manifestò mai né con me né con altri

11 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XV-XVI

speciali simpatie per l'antico regime eg1z1ano, ché anzi ne' suoi discorsi si dimostrò sempre piuttosto favorevole alle idee liberali. Le relazioni di Sua Altezza furono sempre riservate e correttis.;ime, non ebbe mai alcuna dimestichezza cogli elementi mussulmani, coltivò piuttosto amichevoli relazioni cogli ambasciatori esteri senza preferenza per l'uno più che per l'altro. Le sue relazioni coll'ambasciata d'Italia furono sempre ottime, e ne diede, fra l'altro, una prova a proposito del reclamo dell'avvocato Galli per servigj non resi, al quale, per deferenza a' miei officj, sborsava la somma di 100.000 lire incirca, ed era per tal modo ultimata una spiacevole pendenza che durava da più anni. Né io intesi mai che Sua Altezza sia carica di debiti, ché anzi il suo modo di vivere, soprattutto dopo che la commissione di liquidazione gli ridusse la pensione al quarto è assai modesto e ristretto. Io non ho alcuna idea preconcetta sulle eventuali candidature al trono d'Egitto all'infuori di quella di conformare la mia condotta alle istruzioni che l'E. V. sarà d'impartirmi. Ma ho stimato mio dovere di ristabilire il giusto ed il vero, quali fui ingrado di trarre dalla posizione in cui mi trovo da parecchi anni.

Dovetti unicamente alle mie relazioni d'amicizia con Lord Dufferin ed il marchese di Noailles d'ottenere l'inserzione del paragrafo relativo all'astensione d'azione isolato nel telegramma identico, ché gli altri colleghi erano freddi e soprattutto il germanico allegava la mancanza di istruzioni. Né più sarebbe stato possibile d'ottenere senza un previo accordo fra i Gabinetti.

Il Sultano fa ora l'arabista. Ma chi può leggere nel fondo del suo animo? Da alcune parole raccolte né penetrali di Jildiz Kiosque parrebbe quasi che S. M. intenda seguire la massima di Machiavelli che i nemici conviene vezzeggiarli o spegnerli, secondo l'opportunità. Il che si vedrà appresso.

E' notevole che alla seduta di jeri l'ambasciatore di Francia non abbia appoggiata la proposta d'intervento turco fatta dal collega inglese, il che dinota evidentemente uno screzio fra i rappresentanti delle due Potenze occidentali, tanto più che m'è noto questo fatto non essere effetto del caso.

(l) -Da M.C.R., Carte Mancini. (2) -Cfr. n. 120.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

L. P. Berlino, 28 giugno 1882.

Les télégrammes pleuvent à Berlin comme à Vienne. C'est à peine si on a le loisir de se recueillir. Chaque télégramme qu'on expédie doit ensuite etre paraphrasé et développé dans un rapport. Tout cela prend du temps. Encore s'il était utilement employé. M. Mancini est dans une agitation fébrile. Il traite un peu beaucoup la question d'Egypte au point de vue doctrinaire en perdant trop de vue le còté pratique. Dans une réunion que les ambassadeurs ont eu le 18 juin chez le prince de Bismarck celui-ci tout en se prononçant en faveur de la conférence meme sans participation de la Turquie, laissait entendre que mieux vaudrait y entrer sans préjuger le cours des délibérations.

Mon collègue de France insistait pour que l'an se tint aux bases et principes contenus dans la circulaire anglo-française du 12 février dernier. J'ai cru à propos de me rallier de préférence à l'avis du chancelier, ayant pour but de laisser dans ces affaires d'Egypte une certaine latitude de discussion à chacun des plénipotentiares. Le prince de Bismarck reprenait la parole pour s'exprimer dans le méme sens. Ce qui n'a pas empéché que les télégrammes d'invitation de Paris et de Londres se référaient à la circulaire du 12 février. Quoiqu'il en soit, ne voile-t-il pas que M. Mancini prenant camme point de départ un conseil donné par le comte Corti, et dont il exagérait la portée, nous charge de sonder le terrain pour une entente à quatre. Il suggère méme de traiter (ex integro) la question d'Egypte. Avant de connaitre ce qu'on en pensait ici, j'ai recommandé prudence et calme. L'essentiel est de ne pas entraver l'oeuvre de la conférence en courant le risque d'amener une scission qui compliquerait plus encore une situation déjà très embrouillée. Ce qui m'a été dit par le comte Hatzfeldt n'avait rien d'encourageant pour les vues de notre ministre des Affaires Etrangères. L'Allemagne joue la désintéressée en répétant sa rengaine qu'elle se ralliera aux propositions qui auraient l'assentiment des autres Puissances. Dans ces conditions nous devons nous en tenir au concert européen. Nos intéréts spéciaux ne seront sauvegardés dans une certaine mesure que si nous saurons les concilier avec les intéréts généraux de l'Europe. Au reste on serait induit à croire vu l'attitude plus accentuée de l'Angleterre que nous approchions de la période d'action, et que dès lors ce qui a trait à l'organisation de l'Egypte passera à l'arrière plan.

A la réunion des ambassadeurs dont je fais mention plus haut j'ai pu causer quelque instant en téte à téte avec le prince Bismarck. Il témoignait toute sa satisfaction du traité d'alliance, en ajoutant qu'il aurait beacoup tenu à y apposer sa signature camme plénipotentiaire, mais qu'il aurait craint de soulever quelque susceptibilité à Vienne. L'essentiel était de réussir, et il sé félicitait des rapports intimes et durables désormais établis entre les trois Puissances.

Autant notre politique étrangère est bien acheminée, et autant je crains des écarts dans notre politique intérieure. Les républicains et radicaux font trop de bruit chez nous. Les démonstrations pour Garibaldi et Mazzini ont un parfum plutòt un puanteur de républicanisme qu'il serait indiqué d'employer des désinfectants. Le gouvernement laisse faire; il n'a pas méme le courage de combattre la motion de Cavallotti tendant à déclarer campagne nationale l'expédition de Mentana. Tout cela ne présage rien de bon.

Il y a eu quelque dissentiment dans la peu nombreuse colonie italienne à Berlin. Mais tout a fini par s'arranger sans bruit, sans discours. Elle a souscrit proprio motu pour une couronne à déposer sur la tombe du général Garibaldi et l'ambassade a été priée d'en faire la transmission à Rome. La cassette qui renferme cette couronne part aujourd'hui avec le courrier.

Je vous remercie beaucoup de votre lettre du 19 courant (1). Je comprends que vous éprouviez de la fatigue après une année aussi laborieuse. Je

pense que d'ici à la fin de juillet, on pourra prendre un congé. Moi aussi j'ai besoin de repos, et madame de Launay surtout dont la santé laisse beaucoup à désirer, mais je n'ose encore faire des projets.

(l) Non pubblicata.

134

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 970. Berlino, 29 giugno 1882, ore 17,46 (per. ore 20,35).

Dans un de ces télégrammes d'llier (l) V. E. parle d'une constatation faite au sujet du contròle financier en Egypte, lequel ne serait plus considéré, à Vienne et à Berlin, que comme un fait du domaine de l'histoire et dont le rétablissement tel quel ne serait plus à imaginer. Le secrétaire d'Etat dit que jusqu'ici il n'a nullement connaissance que Kalnoky et prince de Reuss se soient exprimés dans ce sens. Le secrétaire d'Etat, pour sa part, n'a pas soufflé mot dans ces derniers temps sur cette question. Il n'a pas fait allusion en répondant, entre autres, verbalement, à l'invitation à la conférence. Il s'est borné à accepter, sans toucher à des idées, au principe rappelé à cette occasion par la France et par l'Angleterre. Il ne pouvait, pour prévenir des malentendus, que me répéter qu'il avait conformé son langage à celui tenu le 18 juin par le chancelier aux ambassadeurs. Il est loisible à chaque représentant à la conférence de faire telle ou telle autre proposition concernant l'Egypte et de provoquer une discussion. Du reste Corti a fait une déclaration qui laisse coudées franches, reste seulement à savoir dans quelles mesures il convient d'user de sa déclaration de réserves essentielles et de ne pas nuire à une entente générale. Si la question se pose chaque représentant sollicitera des instructions et alors les gouvernements examineront ce point camme tout autre. Les préférences du Cabinet de Berlin, si une intervention armée devenait inévitable, ont toujours été d'en confier le soin au Sultan, en sa qualité de Souverain de l'Egypte, mais il ne se refuserait pas à une autre combinaison qui recevrait approbation des autres Puissances.

L'ambassadeur d'Angleterre a parlé aujourd'hui de la proposition de son collègue à Constantinople de demander intervention ottomane. Secrétaire d'Etat vient de me dire qu'il a répondu que, dès le début, l'Allemagne s'était prononcée pour une semblable combinaison. Alors, à Paris du moins, on n'en voulait pas. Maintenant on arrive peut étre trop tard et probablement le Sultan déclinera le mandat, surtout en présence des conditions auxquelles on surbordonnerait l'action de la Turquie. D'après les nouvelles de Paris, le ministre Freycinet, comme après la conférence de Berlin sur les affaires de Grèce, fait aussi un mouvement de recul dans la question d'Egypte. Il laisse le pas à l'Angleterre à ses risques et périls.

(l) C!r. n. 128.

135

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 499. Roma, 29 giugno 1882, ore 23,45.

Il est si peu dans mes intentions d'engager avec le Cabinet de Saint James un échange d'idées pour canal de Suez à l'insu des Cabinets de Berlin et de Vienne, que je me suis empressé de vous communiquer mon télégramme à Menabrea (l) pour votre information et règle de votre langage, si l'occasion s'en présente, avec Kalnoky. Je suis entièrement d'accord avec V. E. sur la nécessité absolue de ne rien entreprendre sans accord préalable avec les trois Cabinets. La démarche, toute confidentielle, que Menabrea ferait, loin de nous engager, le cas échéant, à une action quelconque n'a d'autre but et ne saurait avoir d'autre effet que de nous renseigner sur les véritables dispositions du Cabinet anglais à l'égard d'une action milttaire isolée de sa part et notamment de l'occupation éventuelle du canal de Suez. Si les indices inquiétants qu'on nous signale, à ce sujet, depuis quelques jours, ont un fondement réel, nous risquons d'ètre pris au dépourvu par les événements. D'ailleurs une négociations éventuelle pour une garantie collective des grandes puissances de la libre navigation du canal de Suez ne regarderait pas l'intérèt général de l'Europe et ne pourrait pas ètre initiée qu'en suite d'une entente entre les quatre Cabinets.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (2)

R. 3056. Berlino, 29 giugno 1882 (per. il 3 luglio).

Dans la seconde partie du télégramme (3) mentionné dans mon rapport

n. 3055 (4) V. E. désire savoir quelles serait vis-à-vis de l'éventualité d'une action armée en Egypte les idées et l'attitude du cabinet de Berlin. J'ai aussi amené la conversation sur ce sujet dans mon entretien d'aujourd'

hui avec le secrétaire d'Etat. Voici ce qui résulte de son langage. Les préférences du gouvernement impérial, si une intervention armée devenait

inévitable, ont toujours été et sont encore d'en confier le soin au Sultan en sa qualité de souverain de l'Egypte. Mais le prince de Bismarck ne s'opposerait pas

à d'autres combinaisons qui recevraient l'approbation des autres Puissances. Le cabinet de Berlin preterait-il dans ce dernier cas un concours effectif? Le comte de Hatzfeldt ne s'est pas expliqué là-dessus. Mais je n'hésite pas à affirmer qu'on ne voudrait ici sacrifier ni soldats ni argent pour une cause qui n'affecte que très-indirectement les intérets de l'Allemagne.

Lord Ampthill vient de parler de la proposition de lord Dufferin à la conférence en faveur d'une intervention ottomane. Le secrétaire d'Etat m'a dit dans quel sens il avait répondu. Le Cabinet de Berlin dès le début s'était prononcé pour une semblable combinaison, camme offrant le moins d'inconvénients. Alors, à Paris surtout, on n'en voulait pas. Maintenant on arrive peut-etre trop tard et le Sultan déclinera probablement le mandat, ou les conditions auxquelles on subordonnerait l'action de la Turquie.

J'avais télégraphié (l) dans quels termes le comte de Hatzfeldt se proposait de répondre verbalement à la circulaire de la Porte du 26 juin. Il comptait laisser entendre qu'on se trompait d'adresse et qu'il fallait d'abord convaincre les représentants de la conférence à Constantinople. Ignorant si les autres cabinets s'exprimeraient de la sorte, il a préféré, toute réflexion faite, dire à Sadoullah pacha qu'il attendrait de connaitre la manière de voir des autres cabinets. Je n'ai pu communiquer que postérieurement la réponse donnée par V. E.

A en juger par des nouvelles récentes de Paris, le ministère Freycinet, camme après la conférence de Berlin sur le frontières helléniques, ferait aussi maintenant un pas en arrière dans la question égyptienne. Il laisserait l'Angleterre s'engager la première à ses risques et périls.

* -En me référant à mon télégramme de cette après-midi (2), je remercie V. -E. des quatre autres télégrammes qu'Elle m'a transmis hier (3). J'ai lu particulièrement avec un vif intéret les instructions envoyées à mon collègue à Londres * ( 4).
(l) -Cfr. n. 130. (2) -Ed., ad eccezione del brano tra asterischi in LV 35, p. 281. (3) -Cfr. n. 128. (4) -R. 3055 del 29 giugno 1882, non pubblicato.
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IL MINISTRO A BRUXELLES, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 51. Bruxelles, 29 giugno 1882 (per. il 2 luglio).

Ho già avuto campo di fare osservare a V. E. che la stampa libera di questo Paese, nella sua continua lotta col partito cattolico, non lascia mai sfuggire una sola occasione di ribattere le accuse ed i falsi apprezzamenti, quando giudizi di scrittori stranieri, ostili a noi, vengono a fornire nuovi pretesti ai clericali

belgi, per travisare i fatti e sfogare la loro ira contro tutto ciò che succede in Italia.

Quanto affermo, viene ora, anche una volta, messo in luce, nella polemica sollevata da alcuni giornali, in seguito alla pubblicazione dell'opuscolo recentemente dettato dal signor Emilio Ollivier, sulle condizioni del Papato.

Diversi periodici clericali, e fra essi il Courrier de Bruxelles, avendo, con sterminata lode, citati i brani principali dell'opuscolo «Le Pape est-il libre à Rome», ed approvatane la conclusione negativa, il giornale di Gand La Flandre Libérale, che meritatamente è fra i più stimati ed autorevoli. organi del partito liberale belga, coglie l'opportunità per combattere le asserzioni dell'ex ministro francese, e per dichiarare quale sia realmente la condizione odierna del Pontefice nella capitale del Regno d'Italia. Parmi possa interessare V. E. il conoscere succintamente questi giudizi della Flandre Libérale.

Dopo aver osservato che lo scrittore francese non getta alcuna nuova luce sulla situazione, e che la sua pubblicazione, invece di contenere fatti ed argomenti nuovi, vale solo a porre in rilievo la debolezza della tesi sostenuta, il giornale di Gand, addita come l'ex ministro bonapartista siasi arruolato nelle fila del partito clericale, talché era da prevedersi come egli concludesse il suo scritto, coll'affermazione che il Papa non è libero in Roma. «Le opinioni ed il carattere del signor Ollivier », soggiunge l'autore del notevole articolo in discorso, « non avendo per se stessi alcun peso, la sua risposta non può avvalorarsi se non con le ragioni che la sostengono, e queste non sono di natura da corroborarle, siccome è facile dimostrare». Per l'esercizio del suo alto ministero spirituale presso il mondo cattolico, il Pontefice è ora in Roma pienamente libero ed indipendente: ciò è pubblico e palese, né possono esistere due opinioni in proposito, e lo stesso signor Ollivier lo riconosce. Ma qual vescovo di Roma ritiene l'Ollivier che il Papa non sia libero di esercitare convenientemente le sue funzioni episcopali, e la Flandre libérale gli replica non essere provato che il Pontefice non possa compiere tali atti episcopali. Infatti, il Papa non vi si accinse mai; né si può affermare quindi che la sua libertà sia inceppata. «Il governo italiano si è impegnato », prosegue il foglio liberale, « con la legge delle guarantigie a fare rispettare la persona del Papa. Chi può sostenere che esso non adempirebbe questo suo mandato altrettanto efficacemente che la polizia pontificia? Trattasi infatti di fare rispettare materialmente il Sovrano Pontefice, giacché non appartiene ad alcuno di farlo rispettare moralmente. Ognuno è libero di avere sul Papa e sul papato l'opinione che più gli talenta; e Leone XIII, ridiventando Re, mercé l'inquisizione e tutti i mezzi coercitivi più crudeli, usati nei peggiori tempi della Chiesa, non potrebbe mutar nulla allo stato di cose odierno. Or bene codesto rispetto materiale, che è il solo al quale il Pontefice può pretendere, il governo italiano non è desso forse assai meglio in grado di assicurarglielo col suo numeroso esercito e ben ordinata polizia, che non li zuavi ed i gendarmi pontifici? Se Leone XIII volesse celebrare pubblicamente le solennità della Chiesa e passeggiare per le vie di Roma, il governo italiano saprebbe fare il suo dovere, ed è ridicolo il pretendere che esso sarebbe impotente là dove

la polizia papalina sarebbe per riescire efficace». Il fatto affermato dall'Ollivier è dunque !ungi dall'essere comprovato. Il senso comune, al contrario, dice che esso è inesatto, e che il Sommo Pontefice può fare quanto gli piaccia, tutto ciò, in una parola, che il signor Ollivier sostiene essergli ora interdetto.

Ma supponiamo anche l'asserzione fondata in modo assoluto. Ammettiamo che l'odio verso il Papa sia in Roma sì forte, che tutte le disposizioni prese dal governo italiano fossero insufficienti a tutelare Leone XIII fuori del Vaticano. Che ne risulterebbe? Che il Papa non è libero? Ammettiamolo pure per un istante. E con ciò? Non basta attestare il fatto e lamentarlo; conviene ricercare sovra chi ne deve ricadere la responsabilità. Quando si sarà appurato ad evidenza che i sentimenti dei romani, o di parte di essi, sono tali che il Papa perde parte della sua libertà, non si sarà fatto un passo per porre termine a simile controversia. Per quale causa questi sentimenti sono tali e come possono i medesimi modificarsi? Ecco la vera questione. L'Ollivier non la sfiora neanche. Da buon difensore del Papa egli ha ragione, giacché la verità è che il Papa stesso è il vero autore della situazione di cui si rammarica. L'Italia ha raggiunto l'unità col sangue dei suoi martiri; essa è oggi una grande nazione. Nel suo incedere verso l'indipendenza, l'Italia ha sempre trovato dinnanzi a sé, ad attraversarle la via, il Papato collegato con lo straniero. Essa l'avrebbe forse dimenticato, se nel giorno della sua riscossa per la libertà, ci si fosse sottomesso, ed avesse accettata l'unità italiana, la cui formazione non aveva potuto impedire. Ma H Papato si è incaricato esso stesso di rammentare all'Italia che rimaneva suo nemico secolare ed implacabile. Egli conspira contro di essa offrendo la sua alleanza a tutti i governi ed a tutti i popoli, che volessero gettarsi sull'Italia per distruggerla. Anzi fa più che conspirare, poiché è pubblicamente ed apertamente ch'egli si sforza annientare l'opera di Cavour di Garibaldi e di Mazzini. Tutte le Potenze hanno riconosciuto il Regno d'Italia, il Papa solo gli è rimasto ostile, lavora contro di esso e concentra a Roma nel suo palazzo del Vaticano tutti gli intrighi e tutti i raggiri allo scopo palese e dichiarato di rovesciare l'ordine di cose attuale. E v'ha chi si meraviglia che il popolo di Roma non rispetti questo grande cospiratore, che non sia disposto ad inginocchiarsi sul suo passaggio, e che l'odio sia così forte contro questo nemico nazionale, che desso non osi più mostrarsi in pubblico per le vie di Roma? «Se il Papa vuoi essere libero », conchiude poi la Flandre liberale, << o meglio se egli vuoi essere rispettato, giacché la confusione del signor Ollivier è manifesta, ch'ei cessi dal cospirare contro l'Italia, accetti i fatti compiuti, si contenti di ciò che ha, ed allora sarà inutile di proteggerlo contro odii che più non esisteranno. Egli potrà celebrare i grandi e piccoli misteri di Santa Madre Chiesa nelle quattro basiliche, pronunciare dalla Loggia tutte le benedizioni che gli piacerà, andare a San Giovanni in Laterano a piedi ed in cocchio, solo o processionalmente, nessuno in Italia se ne lagnerà, né cercherà di impedirglielo, o di inquietarlo ln cosa alcuna».

Nella speranza che a V. E. riesca grato toccar con mano come la migliore stampa liberale belga si consideri solidale colla nostra politica nazionale, nelle questioni che si connettono alla situazione odierna del Pontificato in Roma...

(l) -Cfr. n. 127. (2) -Cfr. n. 134. (3) -Cfr. n. 129; T. 489, T. 490 del 27 giugno 1882, non pubblicati; T. 495 del 28 giugno 1882, non pubblicati. (4) -Cfr. n. 130.
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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. CONFIDENZIALE 972. Costantinopoli, 30 giugno 1882, ore 10,50 (l).

Dans la séance d'hier au soir, délibération sur l'opportunité de demander intervention turque a fait peu de progrès. Mes collègues, surtout celui de France, éprouvent beaucoup de répugnance à se prononcer là dessus. On s'est borné à discuter sur le mode et conditions, le cas échéant. Quant au premier, sachant combien le Sultan est opposé à agir comme mandataire de la conférence, mais qu'il ne serait pas maintenant aussi éloigné de l'idée d'expédier ses troupes, j'ai demandé s'il n'y aurait pas lieu de faire quelques concessions qui laisseraient au Sultan une certaine apparence d'initiative. Tous mes collègues furent de cet avis à l'exception du français qui s'y opposa fermement. Parmi les conditions du statu quo à maintenir l'ambassadeur d'Angleterre a mentionné, à plusieurs reprises, l'institution des contr6leurs. Dufferin a aussi déclaré que le gouvernement britannique considérait le cas de danger imminent pour le canal de Suez et celui d'une tentative de débarquement de troupes turques en Egypte sans le consentement des Puissances comme compris dans le cas de force majeure réservé par les déclarations échangées à la dernière séance.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 975. Vienna, 30 giugno 1882, ore 15,15 (per. ore 18,30).

Le télégramme à Menabrea que V. E. m'a communiqué le 28 (2) étant précedé de l'indication « confidentiel » je n'aurais pas cru pouvoir m'en servir dans ma conversation avec Kalnoky. Y étant maintenant autorisé par télégramme de la nuit dernière (3), j'en toucherai quelques mots, si l'occasion se présente. Je ne puis néanmoins m'abstenir de représenter que cet échange d'idées avec le Cabinet anglais est dangereux, car il faut avoir présent qu'avant tout l'Allemagne désire voir le Cabinet de Saint James se mettre dans une fausse situation. On verra donc de fort mauvais oeil nos efforts pour l'aider à s'en tirer. Outre cela la forme dans laquelle V. E. propose à l'Angleterre d'entrer dans la voie d'un accord avec les autres Puissances et la Turquie pour garantir, en tout temps, la libre navigation du canal, implique, dès à présent, notre adhésion à cette proposition, si elle venait à etre faite au sein de la conférence. C'est donc là un engagement que nous prenons sans nous etre entendus avec Berlin et Vienne et ceci est grave. Peut ètre qu'une certaine méfiance se fait jour à l'égard

d'une entente éventuelle de l'Italie avec les Puissances occidentales au sujet de l'Egypte, si on nous accordait une participation à la situation prépondérante à laquelle elles prétendent; supposition que j'ai toujours éliminé de la façon la plus formelle. On aurait pu arriver au meme résultat en se mettant préalablement d'accord à ce sujet avec Vienne et Berlin. En l'état des choses, je ne parlerai de tout avec Kalnoky que si j'y suis amené par quelques allusion de sa part.

(l) -Il telegramma è privo di ora di arrivo. (2) -T. 495 del 28 giugno 1882, non pubblicato, ma cfr. n. 130. (3) -Cfr. n. 135.
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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 2376. Therapia, 30 giugno 1882 (per. il 5 luglio).

La quarta seduta della conferenza fu tenuta iersera alla R. ambasciata e durò fino ad ora avanzata.

Io riassunsi i lavori passati e conchiusi l'ordine del giorno portare la discussione sulla proposta dell'ambasciatore della Gran Brettagna di domandare al governo ottomano l'intervento delle forze turche in Egitto, suggerendo di trattare come quistione preliminare quella di sapere se lo stato dell'Egitto fosse tale da rendere necessario l'intervento di forze estere. L'ambasciatore d'AustriaUngheria disse non avere sufficiente conoscenza della situazione per pronunziarsi sopra questo punto. Gli incaricati di affari di Germania e di Russia s'acconciarono all'avviso del barone Calice. E l'ambasciatore di Francia pronunziò abili parole dalle quali risultava chiaramente la sua viva ripugnanza a dichiarare che quell'intervento era opportuno. Io credetti invero mio dovere di chiamare ripetutamente l'attenzione de' miei colleghi sull'urgenza di provvedere ad uno stato di cose che già poteva chiamarsi stato d'anarchia. Ma i miei sforzi furono vani e si preferì invece di discutere le condizioni dell'eventualità dell'intervento in discorso.

Le informazioni da me tratte da buona fonte, il giorno istesso portando, il Sultano essere sempre fermo a ripudiare le proposte della conferenza, ed a respingere qualunque specie eli mandato da essa, ma essere meglio disposto riguardo al progetto di mandare le sue truppe in Egitto, della quale quistione aveva a trattarsi la sera istessa nel Consiglio de' ministri, domandai: se non fosse conveniente di fare qualche concessione in ordine alla forma, di modo che, mantenendo intatte le condizioni richieste dalle Potenze, a mezzo per esempio di una comunicazione officiale emanata dalla Sublime Porta, il Sultano avesse l'apparenza dell'iniziativa. Tutti i miei colleghi si mostrarono disposti a fare qualche concessione in questo senso, affine di rendere più probabile la riuscita del nostro compito all'eccezione dell'ambasciatore di Francia, il quale sostenne risolutamente il governo ottomano non dover agire senza un mandato formale della conferenza. La quale discussione avrà a riprendersi al momento opportuno, sopratutto se la Sublime Porta prende l'iniziativa di qualche proposta in quel senso.

S'entrò quindi nell'argomento delle condizioni, e l'ambasciatore di Francia espose come le principali fossero: 1° mantenimento dello statu quo; 2° limitazione della durata della occupazione; 3° indipendenza del Kedive e del suo Gabinetto. *La discussione fu lunga, e nel corso di essa l'ambasciatore d'Inghilterra menzionò ripetutamente fra le condizioni dello statu quo l'istituzione dei controllori come esisteva prima dei recenti rivolgimenti. Al quale riguardo io sarei grato se l'E. V. volesse fornirmi positive istruzioni, imperocché, avendo indagato le disposizioni de' miei tre colleghi, ebbi a persuadermi che nessuno di essi ha l'istruzione d'elevare alcuna abbiezione in proposito, e la mia opposizione isolata potrebbe avere il grave inconveniente d'arrestare il corso delle deliberazioni al momento di prendere una risoluzione decisiva*.

L'ambasciatore d'Inghilterra dichiarava infine il suo governo considerare il caso di pericolo imminente pel canale di Suez, e quello del tentativo di sbarco di truppe turche in Egitto senza il consenso delle Potenze, come compresi fra i casi di forza maggiore quali sarebbero (tels que) quelli per la protezione dei nazionali. Senza le quali parole tels que sarebbe stato impossibile d'ottenere l'assenso de' miei colleghi alla proposta.

La prossima seduta veniva indetta pel 2 luglio. Ed io aveva l'onore di rivolgere all'E. V. nella notte il telegramma identico, e più tardi uno confidenziale (l) .

(l) Ed., ad eccezione del brano tra asterischi, in LV 35, pp. 282-283.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 1683. Vienna, 30 giugno 1882 (per. il 3 luglio).

Facendo seguito al mio rapporto del 26 corrente n. 1681 (2) relativo al progettato nuovo ordinamento dell'esercito austro-ungarico, sono in grado di riferire all'E. V. con certezza che l'eccitamento a riorganizzare l'esercito imperiale in quella forma meglio atta ad assicurare la precisione e prontezza della mobilizzazione, venne fatta con insistenza dalla Germania. A Berlino infatti si ravvisava poco aggradevole unteimlich che l'alleato sul quale si dovrebbe fare in un caso di bisogno pronto ed efficace assegno, abbia l'esercito ordinato in modo, che il minimo sempre possibile movimento insurrezionale in Bosnia può scompigliargli l'ordine di battaglia; e che d'altronde per i suoi antiquati ordinamenti che implicano l'esistenza dei reggimenti di riserva di difficile mobilizzazione, sarebbe nell'impossibilità di muoversi a seconda del suo ordre de bataille, nel brevissimo tempo a ciò consentito dalla moderna arte della guerra.

(l) -T. 971 del 30 giugno 1882, non pubblicato ma cfr. n. 138. (2) -Non pubblicato.
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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

L. P. Therapia, 30 giugno 1882.

La riunione di jersera mise sempre pm m luce lo screzio esistente fra il modo di vedere dell'ambasciatore inglese e quello del francese in ordine all'intervento turco. Il marchese di Noailles non vi si oppone apertamente, ma, sia colla ripugnanza di manifestarsi in favore, sia coll'opporsi alle facilitazioni che potrebbero farsi al Sultano riguardo alla forma, lascia vedere come quella soluzione non gli vada a genio. E l'E. V. sarà meglio di me in grado di giudicare se siffatte disposizioni da parte dell'Ambasciatore corrispondano a quelle del suo governo.

E' strano che di questa divergenza non si rendessero ragione i miei colleghi d'Austria-Ungheria, di Germania e di Russia alla terza seduta, i quali credettero allora che la proposta fosse fatta d'accordo dai due ambasciatori. Suppongo che ne saranno penetrati a quest'ora. Né ho bisogno d'aggiungere come uno screzio in materia di tanta importanza fra i due ambasciatori ai quali incomberebbe naturalmente di prendere l'iniziativa delle risoluzioni ad adottarsi porti grave incaglio al sollecito progresso dei lavori della conferenza.

143

APPUNTO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

[Roma] (2).

Si la Porte refuse d'intervenir en Egypte, ou son intervention pour une cause quelconque en peut avoir lieu une question se pose devant les quatre Cabinets: une simple abstention de déléguer toute autre Puissance pour faire cesser en Egypte un état que la conférence a réconnu anarchiche et intollerable, sera-t-elle une mesure logique, suffisante et justifiable, en laissant à la France et à l'Angleterre, ainsi qu'à toute autre Puissance, pleine liberté d'intervenir sans délégation? En présence de cette dernière intervention rien ne peut ètre déclaré, bien entendu sans créer des dangers de guerre?

A mon avis, par cette abstention les quatre Cabinets abdiqueraient la compétence du concert européen hautement affirmée en plusieurs occasions pour les mésures à adopter sur l'Egypte; renonceraient en faveur de tout le monde à une autorité qui n'appartient qu'à l'Europe; reculeraient silencieusement devant l'action isolée des deux Puissances occidentales après avoir exigé la promesse que rien ne se ferait sans le consentement de l'Europe; et feraient à ces deux Puissances une position favorable et justifiable. Elles pourraient faire valoir une double justification.

En premier lieu puisque l'Europe a déclaré, et l'expérience a confirmé, que l'état anormal de l'Egypte menace le sécurité et la vie des européens, le respect des traités, et les droits souverains de la Porte et du Sultan, il devient évident que dans l'invention des autres Puissances celles qui agiront, et supporteront les frais et les sacrifices d'une action militaire, au lieu de contrarie les intéréts de l'Europe, auront quelque titre à prétendre la réconnaissance. En second lieu, puisqu'il existe un programme des voeux unanimes des sis grandes Puissances, formulé dans la communication faite au nom de la Conférence à la Sublime Porte, l'Angleterre et la France, qui se chargeraient de l'exécution, méme sans aucun mandat exprès, affirmeront à bon droit que leur intervention en Egypte n'a pas lieu en opposition avec la volonté de l'Europe, mais en exécution de cette méme volonté. Ce qui suffira à entourer leurs armes d'un prestige et à faciliter leur tàche, sans préserver les quatre Cabinets d'une participation indirecte aux responsabilités de l'opération.

(l) -Da M. C. R., Carte Mancini. (2) -Documento senza data. Presumib!lmente del luglio 1882.
144

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 994. Alessandria, 3 luglio 1882, ore 16,10 (per. ore 20,25).

Aujourd'hui la position s'est nettement dessinée. Dervish pacha doit renoncer à son pian que j'ai télégraphié en date du 1er (l) de négocier avec ministère l'arrivée troupes turques camme amies et protectrices. En y ayant fait une simple allusion conseillant le calme et la prudence, le ministère en masse lui à répondu qu'on la repousserait ne faisant aucune différence entre les tures et les anglais et lui a fait comprendre que, sa mission étant terminée, il n'a plus rien à faire en Egypte. Mon collègue autrichien doute que cette nouvelle situation soit oeuvre d'intrigues françaises et que la France pourrait prendre le parti d'Araby.

145

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 993. Berlino, 3 luglio 1882, ore 17,24 (per. ore 19,45).

Secrétaire d'Etat me dit que le gouvernement impérial observe en ce moment une très grande réserve sur la question égyptienne. C'est sans et contre sa conviction et par simple acquit de conscience qu'il a consenti à participer à la conférence dont il ne se promettait que peu ou point de

résultats. La marche des discussions semble justifier cette prévision. Il attend que l'Angleterre ait nettement formulé sa proposition d'intervention turque et de connaitre sous quelles conditions celle-ci devrait avoir lieu. Du reste une discussion à cet égard deviendrait oiseuse, si on ne se mettait pas d'accord avec le Sultan. Consul général d'Allemagne en Egypte n'a pas télégraphié les confidences faites par Dervish pacha et dont il s'agit dans un télégramme de V. E. transmis dans la nuit du l"r au 2 juillet (1). Le secrétaire d'Etat, auquel j'en parlais, n'y attachait pas d'importance et n'y voyait qu'une finasserie orientale.

(l) T. 982 del l" luglio 1882, non pubblicato.

146

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 995/990. Londra, 3 luglio 1882, ore 19,54 (per. ore 23).

Voici la réponse que lord Granville vient de me donner verbalement au sujet des ouvertures faites par V. E. relativement au canal de Suez. En premier lieu cette question n'est pas du ressort de la conférence actuelle, qui ne doit s'occuper que du retablissement de l'ordre en Egypte. En second lieu Granville ne se refuse pas à traiter, dans une autre réunion, la question de la neutralité et de la liberté du canal, mais, avant d'entreprendre une discussion à ce sujet, il désire qu'on définisse exactement la neutralité et la liberté du canal et les conséquences qui en dériveront. Ainsi, dit-il, supposons deux Puissances en guerre l'une contre l'autre, la France et l'Italie pour exemple. Un navire de guerre français, poursuivi par un navire italien aurait-il le droit d'y pénétrer après lui pour l'attaquer lorsqu'il en sera sorti? Si ce droit est admis, à quelle distance des deux embouchoures du canal l'attaque peut avoir lieu? Ces peu de mots suffisent pour indiquer la nature des questions qu'il s'agit de résoudre. Granville n'a pu m'en dire davantage, car il allait au Parlement et c'est en l'y accompagnant que j'ai eu avec lui cette discussi o n.

147

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 996. Therapia, 4 luglio 1882, ore 11,10 (per. ore 22,40).

Hier Sultan a envoyé introducteur des ambassadeurs se plaindre auprès de l'ambassadeur d'Angleterre des préparatifs militaires du gouvernement britannique. S. E. a répondu, en termes énergiques, que, surtout devant le refus persistant de la Porte de traiter avec les Puissances, chaque gouvernement

avait le droit et le devoir de pourvoir à ses intérets. Lord Dufferin a tenu un langage très vif dans le meme sens à la Porte. Ambassadeur de France se tient plutòt sur la réserve et manifeste une certaine tendance à trainer les travaux de la conférence. Reçu télégramme de V. E. de cette nuit (l) relatif au contròle. · J'agirai de mon mieux selon les instructions.

(l) T. 508 del 1° luglio 1882, non pubblicato.

148

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1003. Vienna, 4 luglio 1882, ore 17 (per. ore 19,35).

Nous avons longuement, Kalnoky et moi, discuté ensemble question d'Egypte et conférence, mais la conclusion de tous nos longs discours se reduit à ceci: 1°. Qu'il ne saurait donner aucune instruction à Calice sur des points spéciaux ne connaissant pas suffisamment l'état des choses, la France et l'Angleterre, qui devraient faire elles proposition, n'étant pas d'accord entre elles. L'ambassadeur d'Autriche a donc ordre de prendre ad referendum toute proposition éventuelle. Cette abstention du Cabinet autrichien est aussi motivée par silence complet absolu de Bismarck; 2°. Il croit que la conférence n'aboutira à rien, et il ne doute pas que, dans ce cas, l'Angleterre interviendra seule, ce qui n'a pas l'air de l'inquiéter; 3°. Il a posé, comme principe bien précis, à l'ambassadeur d' Angleterre que question du canal ne peut etre séparée de celle de l'Egypte, é~ant, meme plus que tout autre, de caractère éminemment européen, à quoi Elliot n'a rien répondu; 4°. Il est entièrement de mon avis sur intrigues françaises pour s'entendre avec Araby. Comme conclusion de mes impressions, je dirai qu'il est inutile de chercher à s'entendre avec les autres Cabinets tant que Bismarck maintient son abstention et en outre que, si, ce qui me parait probable, l'Angleterre, seule ou par l'entremise de la conférence, propose à l'Italie prendre part à une action militaire en Egypte, nous devons décliner nettement cette proposition, car ce serait nous fourrer le coeur léger dans une souricière.

149

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (2)

R. CONFIDENZIAI,E 3059. Berlino, 4 luglio 1882 (per. l'8).

*Après etre resté plusieurs jours sans mettre les pieds chez le Secrétaire d'Etat, l'ambassadeur de France lui a fait visite aujourd'hui pour pressentir son avis sur la situation actuelle. Le comte de Hatzfeldt, ainsi qu'il me le racontait,

déclinait de se prononcer officiellement, mais ne se génait pas d'énoncer une opinion personnelle. Il rappelait !es cliscussions sur !es frontières helléniques. Toutes les tentatives d'une solution pacifique auraient échoué, si les diplomates, réunis en conférence à Constantinople ne s'étaient pas assurés préalablement des dispositions de la Porte. La meme voie n'a pas été suivie, assez à temps du moins, pour les affaires égyptiennes. On en subit maintenant les conséquences fàcheuses. Et certes l'Allemagne n'en est nullement responsable, car elle n'a jamais varié dans la manière de voir que des garanties d'un arrangement équitable devraient c<re recherchées dans une entente avec, et non sans le Sultan. Il existe bien, maintenant une proposition de le charger d'une intervention armée, mals on ne connait pas encore sous quelles conditions, et si eli es seront acceptées au point où l'o n a laissé arriver les choses *.

Le chargé d'affaires britannique insiste pour que la conférence en vienne à une conclusion, parceque l'incertitude qui pèse sur les résolutions de cette assemblée, augmente partout les embarras et la responsabilité *. J'ignore si so n langage est conforme à ses instructlons; mais * il me laissait aussi entendre, de son propre mouvement, que les bases indiquées dans la circulaire du 12 février ne constituaient pas un noli me tangere absolu. Il fallait un point de départ. A cet effet il convenait de revenir au statu qua ante, avec les améliorations qui, d'un commun accord, seraient jugées utiles.

Je ne sais si V. E. partage mon sentiment. Mais je crois que si on parvenait à désintéresser l'Angleterre en lui garantissant, ainsi que vous le suggériez, la libre navigation du canal de Suez (et je ne vois pas pourquoi nous n'en prendrions pas l'initiative) * on lui fournirait le joint de rompre la lourde chaine qui l'attache à la France. Quand celle-ci se sentirait isolée, elle se montrerait bon grè mal grè plus malléable. Plus on y pense, et plus on en revient à l'idée qu'un dénouement pacifique ne s'obtiendra que lorsque l'Angleterre aura faussé compagnie à la France*. Les événements d'Egypte ressemblent fort à une revanche de l'islamisme et sa réponse à la main-mise sur Tunis ainsi qu'à la tentative de médiatisation du Khédive au moyen d'un contròle anglo-français. Si la Grande Bretagne, rassurée sur ses communications maritimes, se rapproche davantage des quatre autres Puissances, il sera plus aisé de venir à bout des questions qui touchent plus directement l'Egypte.

(l) -T. 515 del 3 lugUo 1882, non pubblicato. (2) -Ed. ad eccezione dei brani tra asterischi, in LV 35, p. 288.
150

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 275. Parigi, 4 luglio 1882 (per. il 27).

Col mio rapporto n. 271 di questa serie in data del 29 giugno (l) ho avuto l'onore di ragguagliare l'E. V. delle decisioni state prese in una recente seduta dalla commissione parlamentare incaricata di esaminare il progetto di riordinamento della Tunisia.

A nome di tale commissione il deputato Dubost ha deposto ieri alla Camera la sua relazione, della quale i giornali riferiscono i punti principali.

Riservandomi di trasmettere all'E. V., appena sarà pubblicato, il testo completo di tale relazione, mi reco intanto a premura di qui riassumerle i concetti che l'informano.

Dopo aver determinato le condizioni del protettorato francese, il signor Dubost descrive lo stato amministrativo attuale della Tunisia, e mostra come esistano nella reggenza due poteri antagonisti, quello del Bey e quello degli stranieri, costituito, da un lato, dalla commissione finanziaria, e dall'altro, dal regime delle capitolazioni.

Il relatore aggiunge che, da questa divisione di autorità ne risulta fatalmente, dal punto di vista politico ed amministrativo, una situazione anarchica, e dal punto di vista economico, uno stato di cose che forma un ostacolo invincibile ad ogni progresso e ad ogni riforma.

La relazione constata l'accordo generale nel riconoscere che la trasformazione dell'ordinamento finanziario attuale e del regime delle capitolazioni è il preambolo necessario di qualunque riordinamento politico, amministrativo ed economico della reggenza, ed aggiunge che il protettorato non può diventare efficace che a condizione di permettere un simile riordinamento.

Il progetto del governo non costituisce, secondo il relatore, un vero ordinamento del protettorato. La maggior parte delle misure che esso propone avrebbero potuto essere prese prima del trattato del Bardo; ne risulta che il progetto non modifica sensibilmente la situazione attuale, e se il governo si limitasse a questo la Francia resterebbe in Tunisia con tutti gli inconvenienti e senza i vantaggi del protettorato.

Agli occhi della commissione non vi sono che due politiche riguardo alla Tunisia; l'una, che nessuno propone e che la Camera condannerebbe, è l'abbandono; l'altra, lo stabilimento di un protettorato efficace.

La maggioranza della commissione pensa quindi che la Francia non potrebbe restare più oltre in Tunisia nelle condizioni presenti, e per conseguenza, pur proponendo l'approvazione del progetto di legge presentato dal ministero, a titolo di leggera modificazione all'attuale stato di cose, essa emette il voto che il governo studii, il più rapidamente possibile, un progetto complessivo, che regoli tutti i punti relativi all'ordinamento del protettorato.

(l) Non pubblicato.

151

IL MINISTRO A LISBONA, OLDOINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE RISERVATO 498. Cintra, 4 luglio 1882 (per. il 10).

V. E. ignora per certo che dopo le commemorazioni solenni alle quali corona governo e Nazione hanno a buon dritto preso parte per la morte del generale Garibaldi, il Vaticano se ne è commosso ed in vista di eventuali pericoli il Sommo Pontefice ha fatto fare per mezzo del cardinale segretario

12 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XV-XVI

di Stato una importante comunicazione ai governi cattolici accreditati presso la Santa Sede nell'intento di ottenere dal governo del Re maggiori garanzie al Santo Padre, non sembrando sufficienti al libero esercizio del suo alto ministero religioso quelle esistenti contenute nella legge italiana detta delle Garanzie.

Anzi la comunicazione fatta primieramente al marchese di Thomar ambasciatore portoghese aveva per iscopo di promuovere una propaganda di pressioni contro l'Italia.

V. E. sa ed i miei dispacci ai suoi onorevoli predecessori ne fanno fede, quanto il Portogallo fu ed è amico dell'Italia anche nella questione romana e quanto la sua azione, perché fosse più di ogni altro in grado di esercitarla fu utile specialmente all'occasione dell'ultimo Conclave e dell'elezione papale.

Non dubitai quindi che la risposta portoghese alla comunicazione vaticana sarebbe consentanea alla sua politica passata e benevola verso l'Italia.

Di fatti lo fu, né dubito lo sarà ognora, come V. E. potrà meglio scorgerlo, senza aver d'uopo di render conto dei suoi colloqui col ministro di Serpa Pimentel, dalla traduzione qui unita della risposta portoghese della quale S. E., coll'amichevole e perenne deferenza di cui mi onora, si è compiaciuto favorirmi confidenzialmente il testo.

Nella propizia occasione che il signor di Serpa venne gentilmente avanti jeri a passare la giornata di domenica a questa mia campagna; S. E. aderì di buon grado alla mia richiesta di comunicare a V. E. in modo riservato il testo del suo importante dispaccio, soggiungendo esser lieto anche in quella circostanza «de jouer avec nous cartes sur table ». Ed infatti l'ultimo paragrafo non può essere più esplicito né più a noi favorevole.

ALLEGATO

IL MINISTRO DEGLI ESTERI PORTOGHESE, SERPA PIMENTEL, ALL'AMBASCIATORE PORTOGHESE PRESSO LA SANTA SEDE, THOMAR

v. -E. nel suo dispaccio relativo aUa domanda che le venne fatta dal cardinale segretario di Stato in udienza lei ... riferisce che; Il Santo Padre vivemente impressionato dai discorsi ed articoli pubblicati all'occasione degli onori funebri resi a Garibaldi; S. -E. il cardinale desiderava che i governi cattolici per mezzo dei loro rappresentanti presso il Quirinale reclamino dal governo italiano delle misure atte a far cessare gli attacchi diretti incessantemente contro la religione e contro il Papa, e conseguentemente sperava che V. E. (marchese di Thomar) ne conferirebbe coi suoi colleghi a Roma e riceverebbe da Lisbona le istruzioni competenti.

Il governo di Sua Maestà Fedelissima ha sempre annesso (ligon) la maggior importanza alla indipendenza ed inviolabilità del Supremo Pontefice, né quindi avrebbe dubbio (noo duvidesia) ad associarsi a pratiche amichevoli che pot,rebbero esser necessarie al libero esercizio dell'alta missione papale; dalla quale dipende la pace delle coscienze, la concordia e la tranquillità delle nazioni ove predomina la religione cattolica.

Felicemente però nulla di grave e di veramente importante fa temere una casualità si deplorabile, e nessun pericolo, credo, potrebbe minacciare le sue preziose garanzie dagli eccessi di alcuni tribuni esaltati o di speculatori senza autorità e senza prestig;o i quali attaccano tanto la religione quanto il proprio governo del quale il Santo Padre si lamenta e chiede soddisfazione.

Il governo italiano non potrebbe senza contraddizione e senza pericolo pei due poteri adottare nella repressione degli attacchi contro la Chiesa, una condotta diversa da quella che le leggi e la prudenza gli impongono di seguire con dimostrazioni offensive ai sentimenti e alle istituzioni nazionali.

L'ordine che ha regnato durante un avvenimento che per molti giorni ha totalmente eccitato le passioni popolari, e avrebbe potuto molto compromettere la tranquillità pubblica, è piuttosto un fatto notevole il quale darebbe al governo italiano il diritto di stupirsi (estranhor) con piena ragione del peso di confidenze che gli mostrerebbero i Gabinetti esteri, ed il governo portoghese per molti titoli è l'ultimo che potrebbe dubitare della sua lealtà nella applicazione della legge di garanzia.

152

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1011. Vienna, 5 luglio 1882, ore 14 (per. ore 18,15).

J'ai omis dans mon télégramme d'hier (l) de faire mention que Kalnoky m'a dit qu'ayant, à la suite des demarches que j'avais faites auprès de lui, demandé au Cabinet de Berlin de lui faire connaitre ses idées sur attitude à prendre à la conférence dans la situation actuelle, la réponse a été que l'Allemagne s'abstient de toute initiative laissant entièrement aux Puissances occidentales, sur l'initiative desquelles on s'est réuni, de formuler les propositions qu'elles croyent et, par conséquent, leur laissant aussi responsabilité des conséquences. Naturellement le Cabinet de Vienne se conforme également à cette attitude réservée. Il ne nous reste évidemment pas autre chose à faire, de notre còté aussi. Du reste nous sommes en bonne société et, vu les sentiments nullement bienveillants dont les Cabinets de Berlin et de Vienne sont animés à l'égard de la France et de l'Angleterre, nous ne pouvons douter que les événements ne tourneront pas au désavantage de ces deux Puissances dont le désaccord du reste est déjà plus que visible.

153

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1015. Pietroburgo, 5 luglio 1882, ore 17,50 (per. ore 21,10).

Voici le contenu de la note russe:

«Le Cabinet de Pétersbourg pense qu'il faudrait s'accorder sur les bases suivantes;

1. Maintien du concert européen en tout ce qui concerne affaires égyptiennes;

2. -Rétablissement du statu quo en tant que possible; 3. -Il serait à désirer que l'action morale des Puissances soit suffisante et qu'un protocole confirme situation politique de l'Egypte; 4. -Si cela ne suffit pas, le concert des Puissances doit prononcer et rien ne doit etre exécuté qu'avec son autorisation et son contròle; 5. -Si la Porte persiste à ne pas prendre part à la conférence les Puissances doivent s'efforcer de lui en faire intimer les conclusions; 6. -Si une intervention matérielle est inévitable, préférer la Turquie, mais par délégation européenne et avec garantie que le but ne sera pas dépassé; 7. -Si la Turquie refuse, et si l'Angleterre et la France s'obligent d'agir ensemble ou isolément, elles doivent le faire aprés entente avec un programme défini comme pour l'expédition de Syrie et, au besoin, avec le concours des commissaires des Puissances.

Le but final devrait etre le statu quo, mais il y aurait, peut-etre, lieu à le modifier sur certains points indiqués par l'expérience, comme, pour exemple, celui du contròle financier qui devrait revétir caractère international et etre restreint de manière à ne pas empiéter sur les affaires intérieures de l'Egypte ».

(l) Cfr. n. 148.

154

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 1685. Vienna, 5 luglio 1882 (per. l'8).

Il conte Kalnoky dicevami ieri che, a fronte delle voci che corrono sui giornali e del linguaggio anche poco preciso tenuto dai ministri inglesi in parlamento a riguardo della questione del canale di Suez, egli aveva creduto dover interpellare in proposito l'ambasciatore d'Ing;hilterra dicendogli con precisione: che a parer suo la questione del canale non potrebbe esser divisa da quella complessiva egiziana, tutto ciò che ha tratto al canale avendo anzi carattere assai più europeo che non le altre questioni relative all'Egitto, poiché alla questione del canale si trovano direttamente interessate tutte le Potenze comprese anche talune piccole che non hanno altri interessi in Egitto. A questa precisa osservazione sir H. Helliot rispose in modo assai evasivo: ciò nondimeno il conte Kalnoky non insistette, bastandogli di aver affermato in termini generali il suo punto di vista sul delicato argomento.

*A questo proposito S. E. aggiungevami che l'impegno proposto dal conte Corti ed accettato dai suoi colleghi, che durante la conferenza le Potenze si asterrebbero da ogni intrapresa isolata, fu a suo avviso reso di nessun valore dalla riserva che i rappresentanti delle Potenze occidentali vi vollero appiccicare, del caso di forza maggiore, che apre la porte ad ogni scappatoia per esimersi dall'assuntosi impegno.

Le dichiarazioni del resto fatte in proposito nella successiva seduta dallo ambasciatore d'Inghilterra sono evidentemente conferma della giustezza di questo apprezzamento.

(l) Ed., ad eccezione del brano tra asterischi e con alcunfl varianti, in LV 35, p. 280.

155

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A COSTANTINOPOLI, CORTI, A LONDRA, MENABREA, A PIETROBURGO, NIGRA, E AGLI INCARICATI D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI, E A VIENNA, GALVAGNA

T. 539. Roma, 9 luglio 1882, ore 17,30.

Je vois que les Cabinets hésitent à se prononcer d'une manière formelle au sujet du projet de communication proposé par la conférence. Aucun n'a, que je sache, donné jusqu'ici une adhésion éxplicite. Quant à nous, désirant, avant tout, maintenir le concert européen, et éviter tout danger de complications, nous sommes disposés à autoriser cette communication si tel est l'avis des autres Cabinets. Nous serions meme disposés à autoriser notre représentant à se preter à toute modification de rédaction et de forme, que ses collègues ou les Cabinets eux memes croiraient de nature à faciliter l'acceptation de la part du Sultan. Ceci, bien entendu, est une simple idée, elle n'est pas une proposition ni une initiative quelconque.

(Per Vienna, Berlino) Je dois, à cet égard, ajouter qu'en causant avec les ambassadeurs d'Allemagne et d'Autriche-Hongrie, j'ai pu constater que ceux-ci partagent avec moi l'impression que certaines aspérités de forme, existant dans la communication projetée, pourraient rendre encore plus difficile envers la Sublime Porte, l'accord qui est déjà problématique sur le fond. Une latitude qui serait laissée à ce sujet à la conference, pourrait faciliter la continuation avec la Sublime Porte d'une négociation que nous avons tout intéret à ne pas voir rompue dès le début. Mais .ie le répète ce n'est qu'une idée que je livre à l'appréciation des deux Cabinets amis.

156

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A COSTANTINOPOLI, CORTI, A LONDRA, MENABREA, A PIETROBURGO, NIGRA, A VIENNA, DI ROBILANT, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI

T. 557. Roma, 11 luglio 1882, ore 14,10.

L'ambassadeur d'Autriche m'a communiqué un télégramme de son Gouvernement se déclarant pret si les autres Puissances sont du mème avis, et sans présager la possibilité de quelques adoucissements de rédaction, à adopter la note préparée par la conférence, toutefois dans le cas où les autres Cabinets partageraient sa manière de voir, et seraient disposés à donner à leurs représentants

à Constantinople instructions analogues, le comte Kalnoky penserait de faire présenter par Calice à la conférence simultanément avec l'acceptation de la note des deux réserves suivantes: l. Par le fait de la signature de la note à adresser à la Porte, il ne devra etre créé aucun préjudice au point de vue de droit, tel que chacune des Puissances le maintient sur les matières traitées dans cette note. 2. Tant que la Porte n'entre pas dans la conférence, il sera nécessaire dans les phases ultérieures de l'affaire, que pour toute décision définitive on obtienne par la voie diplomatique l'assentiment de la Puissance territoriale dont l'absence n'est pas une raison légal pour qu'il soit porté atteinte aux droits découlant pour elle de sa position souveraine et internationale. J'ai répondu au comte Ludolf, que, sauf à me pronocer définitivement aussitòt que je connaitrais là dessus l'avis des Cabinets, ayant, comme nous, pour base fondamentale de toute délibération en pareille matière, le maintien du concert européen, j'étais disposé personnellement à approuver les réserves énoncées par la comte Kalnoky. J'ai ajouté, que pour éviter que, contrairement à l'esprit de sa proposition, et malgré l'entente existant déjà sur ce point tirer de la réserve n. 2 une conséquence inexacte, il paraitrait désirable d'énoncer encore une troisième réserve, à savoir que, dans le cas où la proposition d'intervention ottomane viendrait à echouer, la recherche et la réalisation de tout autre moyen de solution, devrait toujours ètre l'oeuvre de la conférence et non pas d'une ou plusieurs Puissances isolées.

(Per Berlino, Pietroburgo) Veuillez me télégraphier le plus tòt possible, ce que pense sur ces différents points le Cabinet auprès duquel vous etes acerédit.é (l).

(Alle altre ambasciate) Ceci est pour votre information. Je me réserve de vous télégraphier décision définitlve, après entente complète avec les trois Cabinets dt: Vienne, Berlin et Saint Pétersbourg.

157

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1064/995. Londra, 11 luglio 1882, ore 16,54 (per. ore 20,50).

Voici comment a été amené le bombardament des forts d'Alexandrie par la flotte anglaise: Le Sultan et le Kedive avaient donné ordre à Araby de suspendre les travaux d'armement des forts ce dernier avait promis de s'y conformer, mais l'amiral anglais assure avoir eu la preuve que, malgré cette promesse, les travaux continuèrent. Le gouvernement anglais vit dans cette conduite d'Araby un outrage et un défi devant lesquels l'honneur du Pavillon anglais ne permettait pas de reculer sans compromettre le prestige de l'Angleterre surtout aux yeux des peuples musulmans qu'elle gouverne directement. De là la dernière intimation de l'amirai Seymour à laquelle Araby ne s'est pas soumis et qui a donné lieu à l'ouverture des hostilités. Ici l'opinion s'est montrée presque unanimement favorable à

cet acte de vigueur. En meme temps une vive irritation se manifeste ici de toute part contre la France pour sa conduite douteuse qui lui a aliéné meme grand nombre de personnes spécialement parmi les spéculateurs qui tenaient à son alliance camme une garantie pour les porteurs de fonds égyptiens. Le langage des Clubs est des plus violents. Toutefois l'on ne croit pas que cela amène des hostilités entre l es deux Pays surtout si l'Angleterre, camme l'a assuré hier Granville, se borne à détruire les fortifications qui menacent la flotte et à protéger la sécurité du canal de Suez. D'après des conversatlons, que .i'ai eu, j'ai de bonnes raisons pour croire qu'à Berlin et à Vienne on a vu avec satisfaction la détermination décisive de l'Angleterre qui rend plus profonde sa divergence avec la France et tend à isoler cette dernière.

L' Angleterre profitera sans doute de l'action militaire qu'elle entreprend à elle seule pour execerceren Egypte une prépondérance qui, si elle est prudente, se barnera à assurer ses communications avec les Indes, afin de ne pas s'aliéner les autres grandes Puissances européennes. Je ne dois pas cacher que bien des gens croyent que le ministère a saisi volontiers l'occasion d'une action militaire soit pour avoir la main plus libre dans les affaires d'Egypte, soit pour montrer que, selon les circostances, il sait agir avec vigueur et faire respecter l'Angleterre.

(l) Cfr. n. 159. La risposta da Pietroburgo è contenuta nel T. 1069 del 12 lugllo 1882, non pubbllcato.

158

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1063. Parigi, 11 luglio 1882, ore 18,10 (per. ore 19,50).

L'ambassadeur d'Allemagne me dit que la France «ne prendra pusitivement pas part au bombardament d'Alexandrie »; que ministre des Affaires Etrangères ne peut, du reste, absolument rien faire sans assentiment préalable de la Chambre, et que la France n'interviendra que collectivement, dans le cas, probable, où, la Turquie déclinant l'invitation, on devrait recourir à d'autres moyens. Les informations que j'ai donné par mon télégramme du 8 (l) sont exactes, car, d'après le prince de Hohenlohe, les instructions transmises à Noailles sont, en principe, favorables à la proposition qui émane de la septième séance et l'ambassadeur de France à Constantinople a meme pour instruction de retirer toute proposition qu'il croirait pouvoir faire de son propre mouvement dans le cas où elle rencontrerait quelque obstacle dans le sein de la conférence. L'ambassadeur d'Allemagne explique l'attitude particulière que prend l'Angleterre par l'obligation où elle se trouve de « tirer un coup de canon qui soit entendu dans l'Inde » et il paraitrait que cette explication est aussi celle que donne l'ambassadeur d'Angleterre à Paris. L'ambassadeur d'Allemagne a reçu du comte de Lesseps une lettre conforme à celle que j'ai signalé hier (2) et il l'a communiqué à son Gouvernement, mais il dit ne pas bien s'expliquer le but que propose M. de Lesseps.

(l) -T. 1030 dell'B lugl!o 1882, non pubblicato. (2) -T. 1050 del 10 luglio 1882, non pubblicato.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1070. Berlino, 12 luglio 1882, ore 18,22 (per. ore 20,20).

Secrétaire d'Etat quand je lui rendais aujourd'hui visite était déjà informé des deux réserves que Kalnoky penserait faire présenter à la conférence et de la troisième réserve suggérée par V. E. Secrétaire d'Etat venait de s'en expliquer avec mon collègue d'Autriche. La première réserve semblait sousentendue et inutile; la seconde paraissait également superflue, car la conférence, camme telle, n'avait pas mandat de prendre décisions définitives; celles-ci son dévolues aux Gouvernements représentés, qui, selon l'avis du Cabinet de Berlin, après s'etre mis d'accord entre eux, auraient à s'employer aussi, dans les phases ultérieures, à obtenir l'assentiment de la Sublime Porte. Secrétaire d'Etat faisait, en outre, la remarque que, si ces deux réserves étaient prononcées, au moment de l'acceptation de la note, il se pourrait que telle ou telle autre Puissance les envisagerait peut-etre comme une entrave à une modification d'attitude. Si la note devenait lettre morte par la non acceptation de la Turquie il y aurait dès lors à prévoir hésitation et meme refus, tout au plus pourrait on énoncer ces deux réserves après la signature de la note, chaque Puissance conservant, d'ailleurs, pleine faculté d'expliquer, comme bon lui semble, son adhésion, mais le secrétaire d'Etat n'entendait émettre qu'une simple observation n'engageant pas son attitude ultérieure. Quant à la troisième réserve, il la jugeait de nature à amener une scission dans le sein de la conférence, puisque, dans le cas où la combinaison d'une intervention ottomane viendrait à échouer, il ne serait guère présumable que l'une ou l'autre des Puissances, qu'il ne désignait pas autrement, voulut d'avance se lier les mains qu'elle tient à garder libres, pour agir dans le sens de ce qu'elle croit son intéret. Il va de soi, d'ailleurs, que, dans une conférence !es résolutions n'ont de valeur que lorsqu'elles sont prises à l'unanimité.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. 564. Roma, 12 luglio 1882, ore 23,55.

La Russi e et l'Allemagne ayant approuvé l es réserves suggérées par le comte Kalnoky, je vous confirme autorisation de !es admettre pour notre compte. Il y aura dans la réserve n. 2 une légère variante de rédaction, convenue entre nous et l'Autriche. Quant à la trosième réserve que nous pensions opportune d'y ajouter, V. E. pourrait se borner à en faire l'objet d'une simple énonciation au procès verbal, alors que la conférence, ne fois le projet de note approuvé par tous !es gouvernements, devra se réunir pour prendre une décision soit sur la remise de la note elle meme, solt sur les mesures à prendre ultérieurement si la Porte déclinait d'intervenir. Enfin quant à la forme de la communication à la Porte, nous sommes tout à fait indifférents, bien que j'apprécie personnellement les considérations, qui vous ont fait préférer la forme de notes identiques, à celle d'une note collective.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL MINISTRO DELL'AGRICOLTURA, INDUSTRIA E COMMERCIO, BERTI (l)

D. Roma, 12 luglio 1882.

È noto a V. E. che questo ministero si proponeva già da alcuni mesi di mandare una missione in Abissinia; indugiò parendogli opportuno che fosse dato anzitutto un assetto definitivo al nostro possedimento di Assab, coll'avvenire del quale hanno intimo nesso le nostre relazioni coi Sovrani di quella contrada e l'esplorazione scientifica del Paese.

Votata ora dal parlamento e sancita dal Re la legge che provvede per la nostra colonia sono cessate le ragioni dell'indugio, epperò il sottoscritto si propone di inviare due distinte missioni le quali muoveranno di qui verso il prossimo settembre, dirette l'una al Re dello Scioa Menelik, e l'altra al negus Giovanni di Abissinia, incaricate entrambe di recare a quei sovrani lettere e doni del nostro Re. La missione dello Scioa sarà affidata al conte Pietro Antonelli, il quale ha nei suoi viaggi acquistata la pratica del Paese e saprà certamente corrispondere alla fiducia del governo. A capo della missione in Abissinia, che è di speciale importanza, è mio intendimento di destinare un ufficiale della carriera diplomatica o della consolare; ed accanto alla missione ufficiale muoverà a quella volta una spedizione scientifica, affidata al viaggiatore Gustavo Bianchi, il quale potrà raccogliere dati preziosissimi per lo sviluppo del nostro possedimento di Assab, ed agevolare al R. Inviato il compimento della sua missione.

Sarebbe stato mio desiderio che questa si fosse inoltrata sino al Goggiam per stringere rapporti di amicizia col sovrano di quella contrada, già comunemente conosciuto sotto il nome di Ras Adal, il quale ebbe tanta parte nella liberazione del capitano Cecchi, allorché questi era prigioniero della Regina di Ghera. Se non che parrebbe che il capitano Cecchi, dopo la sua liberazione, promettesse a Ras Adal di costruire un ponte sull'Abai o Nilo Azzurro, ed uguale impegno assumesse il Bianchi; di modo che questi non crede di poter spingere la sua esplorazione nel Goggiam senza mantenere la promessa fatta, e rimane dubbio se la stessa missione ufficiale presentandosi a Ras Adal avrebbe quella premurosa accoglienza che è sì importante coefficiente di successo in simili imprese.

C. Giglio, Roma 1959, pp. 236-237.

Per altra parte è evidente che un ponte sull'Abai collegherebbe il Goggiam collo Scioa, ed assicurerebbe lo sbocco del commercio di quella importante contrada verso Assab. Noti poi l'E. V. che, stando alle informazioni del viaggiatore Bianchi (le sole attendibili che noi abbiamo) tale costruzione non dovrebbe importare per noi una spesa considerevole; il materiale si troverebbe in abbondanza sui luoghi, e tanto esso che la mano d'opera sarebbero forniti dai nativi, per cui non dovrebbe farsi da noi altra spesa che quella occorrente per l'acquisto di qualche attrezzo, e pel mantenimento nel Goggiam di un ingegnere e di tre operai per Io spazio di due anni. Stando sempre alle indicazioni del Bianchi ciò importerebbe un preventivo complessivo di lire 25.000; ma, ridotta anche in questi modesti confini, la spesa non potrebbe essere sopportata per intiero dal ministero degli Affari Esteri il bilancio del quale già rimane straordinariamente gravato dall'invio delle due missioni allo Scioa ed in Abissinia. Epperò fo un caldo appello all'E. V. e chiedo il Suo concorso, pregandola di considerare che la spesa ha uno scopo eminentemente commerciale, per cui parrebbe intieramente giustificato che codesta amministrazione ne assumesse una parte a proprio carico.

(l) Ed. in L'Italia in Africa, Serle storica, vol. I Etiopia, Mar Rosso, tomo II a cura di

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 3070. Berlino, 12 luglio 1882 (per. il 18).

Ma correspondance indique chaque jour combien est grande la réserve du cabinet de Berlin dans Ies affaires d'Egypte. II s'est prèté sans illusions à l'expédient de la conférence. Le prince de Bismarck craignait, ainsi qu'il me le disait, qu'on ne dut appliquer à cette assemblée le vers de notre grand poète: «Lasciate ogni speranza o voi ch'entrate!».

Il se déclarait complètement désintéressé dans ces régions. Dans le fond de sa pensée, il existe peut-ètre un certain dépit qu'à Paris et à Londres on n'ait pas tenu suffisamment compte, quand il en était temps encore, de ses conseils d'user des ménagements voulus envers le Sultan.

Cette disposition d'esprit doit nécessairement augmenter Ies embarras de ceux qui comptaient sur Ies bons offices du chancelier pour amener un rapprochement entre la Porte et la conférence de Constantinople. L'Allemagne ::~ autre chose à faire que de rechercher des combinaisons tendant à remettre sur la benne voie une machine qui menace de dérailler, gràce à l'action précipitée de la France et de l'Angleterre à tour de ròle. Le gouvernement impérial a maintes fois déclaré que l'intervention du Sultan lui semblait la meilleure solution. Si Sa Majesté ottomane s'y refuse dans les conjonctures actuelles, les Puissances occidentales s'arrangeront comnie elles pourront. II se gardera de mettre le doigt entre l'arbre et l'écorce. Et cela surtout lorsque les évènements paraissent prendre une tournure qui ne fera qu'augmenter la jalousie et la défiance mutuelle de la France et de l'Angleterre. Les chances d'une coalition contre l'Allemagne seront écartées en raison directe de l'antagonisme entre ces deux Nations. Mais il travaillera néanmoins à prévenir que cette guerre sourde ne dégénère en hostilités ouvertes qui auraient un contrecoup pour la conservation de la paix générale.

Quels que soient les résultats de la conférence, je dois constater que dans ces dernières semaines mon collègue de France me témoigne le vif désir de voir renaitre les anciennes relations d'amitié et de confiance entre nos deux pays. Tout en énonçant des idées personnelles, il me laisse entendre combien il était regrettable que, dans le temps, il n'eut pas été fait à l'Italie une meilleure position en Egypte. Tout récemment encore, il me parlait, d'après certains bruits de journaux, de l'éventualité d'une intervention anglo-française et italienne, etc., etc. Je me suis borné à répondre que mon gouvernement ne variait pas dans son programme de maintenir avant tout le concert européen et d'éviter tout danger de complication. J'avais lu aussi des articles de gazette auxquels il était fait allusion, mais à en juger d'après la presse italienne, l'opinion publique ne semblait pas gouter une semblable combinaison.

Je ne sais trop s'il faut attribuer quelque v2.leur aux insinuations du baron de rcourcel. Je ne mets pas en doute la sincérité de ses sentiments. Mais il y aurait ingénuité de notre part à nous laisser allécher, si elles se produisaient officiellement, par des offres d'une participation, entre autres, au contrale financier sous la condition d'une intervention éventuelle en Egypte, et meme sans cette condition. Nous finirions par devenir les dupes de telles avances entourées de promesses dont l'accomplissement serait des plus problématiques. En entrant dans cette voie, nous ferions preuve de courte mémoire sur des faits de fraiche date. D'ailleurs l'Italie est moralement engagée à rester avec l'Allemagne, l'Autriche et la Russie sur le terrain des intérets généraux de l'Europe. Il eut été vraiment désirable que l'Angleterre se rapprochat davantage de ces quatre Puissances, et que la France pour ne pas s'isoler, entrat elle aussi avec armes et bagages dans le meme camp. C'eut été la meilleure garantie pour un arrangement équitable. En date du 28 juin, vous me communiquiez, monsieur le ministre, un télégramme adressé au comte Menabrea et dans lequel vous l'autorisiez à entrer en pourparlers avec lord Granville sur certaines idées dont l'accueil favorable aurait beaucoup amélioré la situation (1). Je suppose que ces ouvertures confidentielles n'ont pas abouti, puisque V. E. ne m'a plus rien écrit sur ce sujet. En vous accusant réception des dépeches politiques Jusqu'au

n. 1304 ...

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1075/996. Londra, 13 luglio 1882, ore 15,12 (per. ore 18,40).

Hier au soir je me suis entretenu avec Gladstone de l'attaque de la flotte anglaise contre les forts d'Alexandrie. Il m'a dit que cet acte était une nécessité

pour mettre un frein à l'audace d'Araby, qui, rebelle a son propre souverain, outrageait l'Euro p e et défiait l' Angleterre. Gladstone a di t que ce t te opération ne préjugeait aucune des questions dont doit s'occuper la conférence; qu'elle avait pour but de rendre libre l'accès du port d'Alexandrie, et que, lorsque ce résultat serait obtenu, ce qui ne doit pas tarder, le moment serait venu pour le Sultan d'envoyer ses troupes en Egypte, ce qu'il n'aurait pu faire auparavant à cause de la résistance d'Araby. Il croit que c'est l'instant suprème pour le Sultan, qui, s'il n'agit pas maintenant, s'expose à perdre tout prestige et toute autorité. Le Sultan ne devait intervenir en Egypte que pour retablir I'ordre sur les bases du statu quo, conformément aux firmans. Gladstone pense que les Puissances doivent insister vivement auprès du Sultan pour le résoudre à agir sans retard dans ce sens. II m'a dit ces paroles: «Nous avons de grands intérèts à défendre en Egypte, toutes les Puissances européennes en ont également quoique de nature diverse; l'Italie, elle mème, en a de très importants; il faut donc que l'ordre, qui se retablira en Egypte, soit de nature à protéger efficacement tous ces intérèts ». J'envoye aujourd'hui, par la poste, le discours que Gladstone a prononcé hier à la Chambre des communes et dans lequel il a exposé des idées conformes aux précédentes, en disant que l'Angleterre n'était pas en guerre contre l'Egypte et que le concert européen était toujours en vigueur. Dans ce discours il a été fort réservé relativement à la France. II a toutefois exprimé I'espoir que la bonne entente entre les deux Pays continuera à se maintenir. J'ai vu aujourd'hui également le premier lord de I'amirauté, qui m'a dit qu'Araby n'ayant pas accepté les conditions de la trève qu'il avait demandé lui mème, les opérations militaires doivent recommencer ce matin pour achever la destruction des forts et des batteries.

(l) T. 495 con 11 quale Mancini trasmetteva il n. 130.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A COSTANTINOPOLI, CORTI, A LONDRA, MENABREA, A PIETROBURGO, NIGRA, A VIENNA, DI ROBILANT, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI

T. 576. Roma, 13 luglio 1882, ore 23,55.

J'ai dit aujourd'hui à l'ambassadeur d'Angleterre au sujet du bombardement, que son gouvernement pouvait dans la présente conjoncture, comme toujours, compter sur la bienveillante appréciation du gouvernement de Sa Majesté. Ignorant officiellement et directement les faits, nous ne pouvions que nous en tenir aux déclarations réiterées du Cabinet de Londres, à savoir que, I'operation actuelle n'avait pour but que le désarmement des forts, et que l'Angleterre continuait de s'en remettre, pour règlement de la question egyptienne, à la conférence, dont il foudrait hàter le travail.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A COSTANTINOPOLI, CORTI, A LONDRA, MENABREA, A PIETROBURGO, NIGRA, A VIENNA, DI ROBILANT, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI

T. 587. Roma, 15 luglio 1882, ore 17,20.

L'amiral anglais a prié commandant notre cuirassé «Alexandrie » débarquer nos matelots pour aider maintien ordre. J'ai répondu qu'il doit s'abstenir, sauf le cas, où, sur besoin évident momentané, matelots autrichiens, allemands, russes, débarqueraient simultanément. Veuillez me télégraphier l'opinion du gouvernement auprès duquel vous etes accrédité (1).

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1691. Vienna, 15 luglio 1882 (per. il 18).

Avendo preso conoscenza nei documenti diplomatici recentemente trasmessimi dall'E. V. dei passi fatti dalla Spagna onde essere ammessa alla conferenza di Costantinopoli, e del loro risultato negativo, interpellai oggi in proposito il conte Kalnoky, dicendogli di ciò fare a soddisfazione di una personale mia curiosità. S. E. risposemi confermandomi ciò che avevo letto nei precitati documenti cioè, che all'insinuazione fattagli al riguardo con carattere personale dal ministro di Spagna, egli aveva risposto che certo il governo spagnuolo ha tutte le simpatie del governo imperiale, ma che nella questione di cui si tratta non si vedrebbe il mezzo di dargli soddisfazione, le sue aspirazioni evidentemente non potendo aver per base il diritto di una grande Potenza, e neppur quello di una Potenza più delle altre interessata negli affari d'Egitto, poiché in questo secondo caso, sia la Grecia che l'Olanda potrebbero accamparne un ben maggiore. D'altronde, egli dissemi aver fatto osservare al signor conte, che la conferenza essendo già a quell'epoca convocata, più non potrebbe essere il caso di prendere ad esame la convenienza di accrescere il numero degli Stati chiamati a prendervi parte. Avendogli poi chiesto se era vero che la risposta del Gabinetto di Berlino fosse stata invece assai più soddisfacente,

S. E. risposemi, che effettivamente il governo germanico aveva abbondato in parole cortesi, mostrando però anche intendimenti alquanto più benevoli, ma che ciò dipendeva dal fatto che il principe di Bismarck, più che mai animato dal desiderio di rafforzare il principio monarchico ovunque in Europa è disposto a fare tutto il possibile onde dar forza e prestigio nel suo Paese al giovane Re Alfonso.

Il conte Kalnoky aggiungevami ancora che i Gabinetti di Parigi e di Londra avevano dato risposta analoga alla sua, colla sola differenza, che gli uomini di Stato inglesi badano meno alla cortesia delle espressioni, allorché non intendono lasciar dubbio sul vero senso a darsi ad una loro dichiarazione.

Sebbene queste mie informazioni altro non siano se non una sostanziale conferma di quelle già pervenute all'E. V., pur parvemi opportuno farne cenno nella mia corrispondenza ufficiale.

(l) Le risposte da Berlino e da Vienna sono contenute nei T. 1102 e 1103 del 16 luglio, da Londra e da Pietroburgo nei T. 1105 e 1117 del 17 luglio 1882, non pubblicati.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. CONFIDENZIALE 1692. Vienna, 15 luglio 1882 (per. il 18).

Mi sono recato oggi dal conte Kalnoky onde, a seconda degli ordini impartitimi dall'E. V., conoscere il suo pensiero intorno al passo fatto dal governo inglese presso i vari Gabinetti, a riguardo dell'eventuale tutela del libero passaggio delle navi del canale di Suez, di cui era cenno nel telegramma direttomi ieri ore 2.15 a.m. (2).

S. E. osservommi anzi tutto, che se il Gabinetto di S. James col telegramma di cui mi dette lettura, esprime il desiderio che i vari Gabinetti si preparino a studiare i mezzi che possano assicurare la navigazione nel canale a fronte di pericoli evidenti che potrebbero anche essere imminenti, non chiede però affatto una risposta. Egli dissemi che si asterrebbe dunque assolutamente dal rispondere cosa alcuna. *A questo proposito facevami le seguenti osservazioni. Anzitutto che la Potenza immensamente più interessata nell'affare del canale si è l'Inghilterra, che quindi non le si può negare il diritto di provvedere prima di ogni altra alla sua conservazione; inoltre che conveniva aspettare ciò che la Francia sarebbe per dire dal canto suo. Finalmente aggiungevami che d'altronde tutto ciò che potrebbesi dire al riguardo nulla muterebbe alla situazione, tutto lasciando prevedere che coll'affare del canale si verificherebbe la ripetizione dell'incidente d'Alessandria. Ogni protesta o anticipata riserva resterebbe quindi senza effetto pratico, e quindi meglio vale astenersene. Egli conchiudeva mostrandosi fin d'ora preparato e rassegnato ai fatti compiuti che il governo britannico sarebbe per effettuare, tanto riguardo al canale di Suez come in altra parte dell'Egitto *.

S. E. avendomi dato lettura del telegramma, col quale l'ambasciata imperiale a Berlino lo informa che quel Gabinetto ha risposto alla comunicazione inglese, che fedele al principio fin qui seguito starebbe in attesa delle proposte che i Gabinetti occidentali sarebbero per fare anche su quella questione; parvemi opportuno fargli rilevare che quella forma di risposta a me sembrava assai migliore che non l'assoluto silenzio, tanto più che essa implicava l'affermazione

del debito dell'Inghilterra come della Francia, di nulla intraprendere senza averne preventivamente sottoposto l'opportuna proposta alle altre Potenze. *Ma il conte Kalnoky si mostrò irremovibile nel suo apprezzamento e non lo fu meno allorché io credetti dovergli dire di non potermi persuadere della convenienza di tanta rassegnazione da parte sua, mentre è chiaro che con la politica orientale inaugurata dall'Austria-Ungheria con l'occupazione della Bosnia, non può essergli indifferente ciò che succederà in Egitto cioè chi sarà padrone di quel Paese. Il conte Kalnoky rispose a ciò che effettivamente non gli poteva essere indifferente, (ffia che non vedeva il mezzo di arrestare gli eventi e che quindi per le ragioni dettemi persisteva trovar più opportuno lasciare che si svolgano.

Toccammo pure in questa conversazione la questione degli armamenti della Francia e la possibilità ch'essi vengano impiegati all'occupazione di Tripoli se l'Inghilterra s'impadronisse dell'Egitto. Il conte Kalnoky non escluse la possibilità di questa mia supposizione, ma si limitò a dire che quel fatto ove si verificasse, potrebbe creare gravi imbarazzi alla Francia, la Tripolitania essendo Paese di natura ad occasionarle ben altre difficoltà che non la Tunisia che d'altronde pare già in oggi pacificata. Non insistetti su questo argomento non avendo istruzioni in proposito. D'altronde a me pare sufficiente essermi assicurato, che tutto ciò che gl'inglesi ed i francesi potranno tentare sulla costa africana, non sarà di natura da fare uscire l'Austria-Ungheria dalla sua attitudine passiva; fatti questi a cui non saprei dare altra spiegazione all'infuori di quella che il Gabinetto di Vienna si tiene parato, a fronte di quella eventualità, a prendersi del pari i compensi che crederà opportuni nella penisola balcanica, mettendo innanzi al momento dato le stesse ragioni di urgente necessità di proteggere i suoi interessi minacciati, accampati ora dall'Inghilterra.

(l) -Ed., ad eccezione del brani tra asterischi, in LV 35, pp. 321-32.2. (2) -T. 575 del 13 luglio 1882, non pubblicato.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A COSTANTINOPOLI, CORTI, E A LONDRA, MENABREA

T. 592. Roma, 16 luglio 1882, ore 10,15.

Kalnoky me fait savoir par Ludolf qu'en causant avec l'ambassadeur d'Autriche-Hongrie à Londres, Lord Granville a laissé comprendre que le Gouvernement britannique serait assez disposé à soumettre à la conférence la question concernant la liberté et sécurité du canal de Suez.

(Per Costantinopoli) Si ce t te éventualité se réalisait V. E. pourrait dire que

cette méthode nous parait, en effet, la plus opportune, sauf bien entendu, à

nous proposer en son temps sur le fond de la question.

(Per Londra) Tàchez de savoir au juste quelles sont, à cet égard, les idées de lord Granville. Nous ne voulons, bien entendu, prendre une initiative quelconque, mais je n'ai pas besoin de dire que, sauf à nous prononcer sur le fond de la question, une pareille méthode nous paraitrait essentiellement sage et pratique.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A COSTANTINOPOLI, CORTI A LONDRA, MENABREA, A VIENNA, DI ROBILANT, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI

T. 600. Roma, 17 luglio 1882, ore 22,45.

Les indices qui nous arrivent de plusieurs còtés de l'impassibilité du langage du ministre de Noailles à Constantinople, bien que n'ayant pas un caractère officiel, le fait surtout des grands armements que la France opère, tout en se maintenant dans le plus profond mystère quant à ses intentions, font craindre que l'Europe puisse étre soudainement surprise de ce còté par des événements graves et imprevus. Je vous prie d'avoir l'oeil ouvert et de me dire tout ce qui vous paraitrait se rattacher à de pareils desseins.

(Per Vienna, Berlino) Il nous importerait surtout de savoir, si et comment le Cabinet auprès duquel vous étes accrédité, envisagerait, une éventualité de ce genre telle, par exemple, qu'une entreprise militaire de la France à Tripoli.

(Per Londra) Je pense que V. E. devrait ne pas hésiter à interroger lord Granville et Monsieur Gladstone de façon à les mettre dans l'impossibilité de nous cacher, à cet égard, une entente avec la France, si elle existait.

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IL REGGENTE IL COMMISSARIATO CIVILE AD ASSAB, PESTALOZZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 181. Assab, 17 luglio 1882 (per. il 15 agosto).

Le informazioni che ricevo da fonti diverse mi convincono sempre più che non pochi sono gli sforzi, per non dire gli intrighi, che si stanno facendo dalla parte di Obock per alienarci le simpatie del Re Menelik, e concentrare in quel porto francese il commercio dello Scioa; qualche primo tentativo di importazione di armi sarebbe riescito assai gradito a quel Re abissino, il quale forse un poco sconfortato da un troppo prolungato silenzio da parte degli italiani, si lascerebbe invece facilmente indurre a rivolgersi ad altri ed a loro si unirebbe a nostro detrimento.

A scongiurare tale possibilità ho creduto utile prendere argomento dalla prossima venuta in questi Paesi del conte Pietro Antonelli, amico personale di Menelik, per entrare in corrispondenza diretta col Sovrano dello Scioa e col suo primo ministro, e ciò allo scopo di dimostrare loro col fatto quanto facili siano le comunicazioni tra Assab ed Ankober, ed effettivamente se i corrieri che ho spediti ieri non troveranno inciampi per la strada, io spero che le mie lettere, di

cui unisco copia all'E. V., saranno, fra breve, consegnate al Re Menelik, e serviranno a confutare chiaramente le menzogne o le esagerazioni di altri a ca··ico di questa nostra stazione.

Contemporaneamente mi valsi della comunicazione fattami dal R. console in Aden di una lettera dell'Anfari al medesimo conte Antonelli, per rivolgermi a quel Sultano dell'Aussa e prepararlo fin d'ora al passaggio dal suo territorio del giovane e distinto nostro viaggiatore, chiedendogli anzi l'invio di quel suo bastone che assicura a chi lo porta ogni immunità, ed è la migliore garanzia contro la ignoranza di molti Danakil.

Come l'E. V. potrà pure rilevare dalla qui unita traduzione di quella mia lettera, io prego il Sultano Mohammed Anfari di accordare la sua protezione al messo che invio al Re Menelik, e colgo l'occasione per riconfermargli l'espressione dei pacifici nostri intendimenti; accennando poi a qualche frase della di lui lettera al. conte Antonelli, io lascio intravedere il desiderio del R. governo di entrare in trattative e stabilire accordi che dovranno essere da ambo le parti fedelmente mantenuti.

Io spero, col pronto ritorno di uno dei tre corrieri che spedisco, di avere una prima risposta dall'Aussa, la quale ci metterà in grado di conoscere le vere intenzioni dell'Anfari, e, quando quì giungerà il signor Antonelli, di giudicare delle probabilità di successo, o meno, riservate al progettato viaggio, il quale, se condotto a buon fine come spero, sarà certo di sommo vantaggio per l'avvenire di questo nostro possedimento.

ALLEGATO I

IL REGGENTE IL COMMISSARIATO CIVILE AD ASSAB, PESTALOZZA AL RE DELLO SCIOA, MENELIK

L. Assab, 16 luglio 1882.

Une lettre que je viens de recevoir de mon ami le comte Antonelli (1), m'annonce la prochaine arrivée de ce personnage distingué, qui a l'honneur de jouir de la haute bienveillance de V. M., et c'est pourquoi, pour vous etre agréable, je m'empresse de vous participer cette bonne nouvelle.

Le comte Antonelli W.endm d'abord à Assab, et d'ici il partira directament pour le Scioa, en passant par Aussa: il espère que les dispoitions du Sultan Mohammed Anfari à son égard se maintiendront bonnes et amicales; pour obtenir du susdit Sultan ce résultat et le fixer définitivement, nous comptons beaucoup sur le puissant concours de

V. M., et sur la bonne amitié qui existe entre Vous et Mohamed Anfari, graces à la quelle il Vous sera facile de persuader ce Sultan de nos intentions pacifiques, et du seul et sincère désir que le gouvernement italien a d'établir des relations purement commerciales et regulières entre le Scioa, l'Aussa et ce port d'Assab, où les navires trouvent un abri sur, les habitants un climat sain et tempéré, et les négociants toutes sortes de facilitations.

Ge débouché à la mer par Aussa et Assab est certainement le plus direct et le plus facile pour le royaume de V. M., et malgré les contrariétés et les oppositions que, d'un autre céìté, on cherche à nous faire, je ne doute pas que V. M. ne soit facilement convaincue de c,e que j'avance.

13 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XV-XVI

J'ose vous prier, Sire, de vouloir bien me faire accuser réception de cette lettre par le retour du courrier porteur de cette feuil!e, car je serai doublement heureux d'avoir l'honneur de recevoir une réponse de V. M.. et de pouvoir en méme temps constater que la route d'Assab est praticable tant à l'aller qu'au retour, quand la bonne volonté ne fait pas défaut.

ALLEGATO II

IL REGGENTE IL COMMISSARIATO CIVILE AD ASSAB, PESTALOZZA, AL SULTANO DELL'AUSSA MOHAMlVIED IBN HANFARI

L.

Lode a Dio. Dopo i saluti più distinti ed i voti più sinceri per il vostro bene e prosperità, domandiamo a Dio di conservarvi sempre felice. Le nostre notizie sono buone e siamo desiderosi di averne sempre di migliori ancora da Voi augurando di rimanere con Voi nella miglior concordia.

Iddio faccia che voi non diate ascolto alle menzogne dei cattivi e gelosi che sono nemic:i vostri e nostri, cercando di impedire le buone relazioni tra noi. Ma la vostra sapienza e la vostra perspicacia ci sono pegno che voi ve ne accorgerete e vi convincerete che unico scopo del potente Re d'Italia e di noi che siamo i suoi servi è quello di essere in amicizia, che le nostre intenzioni sono pure e che il nostro desiderio è di inaugurare con voi delle relazioni amichevoli e di alleanza con Voi e coi vostri sudditi i Danakil. Da parte nostra vi proteggeremo verso il mare ed impediremo sul nostro territorio il passaggio ad ogni vostro nemico, e così desideriamo che dalla parte dell'interno diate protezione alìe carovane. Certo è che quando sarete convinto di questi nostri sinceri sentimenti, si farà tra noi un trattato di amicizia e da ambo le parti ne saranno fedelmente mantenute le clausole. Speriamo pure che il vostro amico ed alleato il Re Menelik si metta pure di accordo in un interesse comune.

Ho avuto conoscenza della lettera amichevole che voi avete scritto al conte Antonelli (l) amico del Re Menelik ed ho saputo che egli ne rimase molto soddisfatto, e presto egli verrà qui in Assab per poi recarsi allo Scioa. Se adunque gli manderete il vostro bastone per mezzo di qualche vostro servitore, autorizzandolo a passare dall'Auss::t, egli ne sarà soddisfatto per fare la vostra conoscenza ed offrirvi qualche regalo.

Noi Italiani vostri amici fedeli che abbiamo qui costruito una città in Assab vi chiediamo di dirigere sempre le carovane vostre e quelle provenienti dall'interno verso Assab, poiché i negozianti italiani e gli altri qui residenti sono desiderosi di avere relazioni di commercio coi Donakil e con la gente dell'interno. Vi diamo, per Dio l'assicuraaione che tutti i vostri sudditi che qui verrano in Assab troveranno sempre ajuto e protezione da parte della nostra autorità e dei suoi funzionarj, e così anche desideriamo che Voi diate protezione ai commercianti che da qui anderanno verso Voi nel vostro Paese per speculazione di vendere e comprare.

Vi facciamo pure sapere che noi mandiamo un messaggio al Rè Menelik per annunziargli che il suo amico il conte Antonelli andrà presto a vederlo, vi preghiamo adunque di ajutare questo nostro corriere e facilitargli il suo pronto viaggio sino dal Re Menelik.

Siamo sempre disposti per ogni cosa vi possa occorrere e preghiamo Iddio di conservarvi sempre in buona salute e prosperità. Scritto dall'umile servo di Dio Giulio Pestalozza in data del 15 luglio 1882, corrispondente al 28 Sciaban 1298.

P. S. -Se giugessero delle carovane deUo Scioa per noi vi preghiamo di dirigerle verso Assab.

Col mezzo Mohammed Keito vi mandiamo due fucili, due ombrelli ed un poco di provviste che vi preghiamo di accettare m segno di amicizia benchè siano di poco valore per Voi, o Sultano!

(l) Ed. in L'Italia in Africa, op. c!t., tomo II, pp. 237-240.

(l) Non pubblicata.

(l) Non pubbl!cata.

171

IL MINISTRO A BUCAREST, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

L. P. Bucarest, 17 luglio 1882.

Con il barone Ring, reduce da Costantinopoli da due giorni, ebbi ieri lungo ed amichevole colloquio sovra le cose di Egitto. Le opinioni personali del diplomatico francese non si sono modificate in seguito agli ultimi avvenimenti.

Appena arrivato a Costantinopoli, mi diss'egli, mi sono avveduto dell'impossibilità di far prevalere il mio modo di vedere ed i partiti conciliativi che soli avrebbero potuto salvare la situazione. Chiesi inutilmente a Parigi che mi si lasciasse ripartire subito. La mia presenza colà riusciva affatto inutile. Vi assi

. curo, soggiungevami egli, che vi era di che disperare del buon senso. Che cosa si poteva in sostanza ragionevolmente volere? La sicurezza degl'interessi finanziari non era minacciata, poiché il giorno stesso in cui in nome di tali interessi, gli agenti di Francia e d'Inghilterra aveano protestato contro il governo nazionale, nella cassa del debito pubblico vi era una somma con cui pagare un semestre e mezzo di tutta la rendita egiziana. Si voleva forse preservare le colonie da pericoli? Ma era visibile che la politica seguita conduceva ad una catastrofe. Il Khedive Teufik è condannato come l'uomo servo dello straniero. I fetva di condanna sono stati spediti dalla Mecca, per lui non è che quistione di giorni, forse di ore. Invece di dare all'elemento nazionale il posto che non gli si può contestare si è preferito sopprimere le colonie straniere. «Elles génaient les anglais ». Bisognava che assolutamente tale o tal altra mediocrità impinguata con gli stipendi inseriti sul bilancio egiziano, che tale o tal altro agente estero, ligio ad interessi che non si potrebbero onestamente confessare inavouables, avessero ragione. Tutto il resto dovea a ciò essere sacrificato e lo è stato.

La Turchia potrebbe ora intervenire, ma come salvatrice del Paese dalle mani degl'inglesi. Diversamente l'autorità del Sultano sugli arabi è perduta ed il Sultano sente di averne bisogno. Il Sultano mi disse: «se mi forzeranno a sguainare la scimitarra, meglio sarà per me il farlo per gli amici miei che per i miei nemici ». Ma non bisogna illudersi sovra l'inerzia di un governo che tollera la presenza a Costantinopoli dell'ambasciatore di uno Stato che in piena pace ha bombardato una città aperta dell'impero. Chi anticiperebbe in ogni caso le spese di una spedizione turca? Per mandare Dervish pascià la Porta ha fatto un debito con i banchieri di Galata etc...

Le notizie che si avevano a Costantinopoli da Alessandria erano tali da giustificare il giudizio severissimo che il mio interlocutore recava della condotta dell'ammiraglio Seymour. I carceri ed i luoghi di pena sarebbero stati bombardati ed incendiati di proposito; lo stesso sarebbe stato fatto per i quartieri arabi senza calcolare che i miserabili abitanti si sarebbero per rappresaglia gettati sul quartiere europeo.

Sulla conferenza il linguaggio del barone di Ring fu meno esplicito. Essa si sarebbe, a suo dire, tenuta nei limiti di un colloquio fra i plenipotenziari di Inghilterra e di Francia. Il Sultano tentò presso l'incaricato d'affari di Germania, un passo diretto ad ottenere l'azione conciliativa del Gabinetto di Berlino. Ma il diplomatico tedesco si ricusò perfino di trasmettere la proposta a Berlino dicendo aver egli per istruzione di ottenere che anzi tutto la Turchia accettasse la conferenza. Il Sultano sarebbe stato assai raffreddato nelle sue simpatie tedesche da una tale risposta.

Della condotta degli altri nulla mi disse esplicitamente. Mi lasciò però comprendere <che, a suo avviso, i nostri interessi i più legittimi e la base di ogni nostra influenza in Egitto erano seriamente compromessi. Mi parlò delle notizie gravi che si avevano a Costantinopoli dell'eccitamento delle popolazioni musulmane della Siria, del panico che minacciava di rovinare la nostra colonia di Tripoli. Nel canale la Francia era decisa a non permettere che l'Inghilterra si stabilisse sola. Giammai, dopo la guerra di Crimea, gli armamenti marittimi della Francia furono portati, come al presente, alla massima loro estensione.

Ho telegrafato nella serata d'ieri (l) al ministero quest'ultima indicazione che mi parve talmente grave da dover essere immediatamente riferita. Di questa e delle altre notizie che riassumo nei punti principali, prego tuttavia V. E. di voler mantenere il carattere strettamente privato e confidenziale proprio della lo!"o origine.

(l) Da M.C.R., Carte Mancini.

172

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1130/1001. Londra, 18 luglio 1882, ore 17,38 (per. ore 22,25).

Voici les renseignements que je puis donner en réponse du dernier télégramme de V. E. (2). Il est certain qu'entre les deux gouvernements anglais et français il y a, depuis peu de jours, au sujet de l'Egypte, un rapprochement dont l'ambassadeur de France, à ce qu'il parait, a pris l'initiative. Il vient d'aUer à Paris pour engager, dit on, M. Freycinet à que la première alternative l'a emporté et des ouvertures d'action commune auraient été faites au Cabinet anglais. Pourtant le Cabinet anglais parait divisé sur ce point. Granville penche pour la France, Hartington et autres de ses collègues y sont, dit-on, contraires. De son còté Dufferin, à ce qu'on assure, voudrait que l'Angleterre s'entende avec la Turquie toute seule. De son còté celle-ci cberche à isoler l'Angleterre. Le Times, qui représente les porteurs de bons égyptiens, se montre maintenant plus favorable à la France contre la quelle pourtant se manifeste une forte partie de l'opinion publique, qui pense que la France tachera de concentrer tout l'intérèt de l'Angleterre sur le canal de Suez, tandis qu'elle méme s'instal

lerait prépondérante en Egypte. Ce matin j'ai été chez l'ambassadeur d'Allemagne pour lui parler de cette question. Il m'a confirmé les indications précédentes. Il a ajouté que son gouvernement entendait se tenir tout à fai t en dehors de ce t te affaire; qu'il sésirait que tout s'arrange, mais qu'en ce moment il ne veut pas s'en méler. En attendant le comte Munster m'a dit qu'il comptait partir en congé dans le courant de cette semaine; sa présence ici ne serait plus nécessaire. Il m'a dit aussi que l'ambassadeur d'Autriche avait été trop absolu en assurant que Granville entendait remettre à la conférence la question du canal de Suez. Au moment où nous en parlions, Granville entra dans le Cabinet du comte Munster, me priant de rester, vu qu'il avait une communication égale à faire à tout les deux. Le noble lord nous dit alors que, d'accord avec la France, il avait invité la conférence à s'occuper de la sécurité actuelle du canal de Suez désirant que les gouvernements intéressés s'entendent pour savoir à qui confier le soin d'y pouvoir. La chose semble urgente vu qu'Araby parait vouloir se concentrer sur le Caire et pourrait couper le canal d'eau douce. Ayant demandé à Granville si la conférence devrait aussi s'occuper de la neutralisation et de la liberté du canal, il répondit que non vu que cette question était réservée à une discussion ultérieure. Nous lui avons aussi demandé ce qu'il entendait faire et s'il avait un projet arrété pour le cas probable où la Turquie refuserait la mission dont la conférence voudrait la charger. Granville répondit que la conférence émettrait un avis à ce sujet, mais qu'il n'avait pas de projet arrété. Granville a été dans cette conversation plus réservé que de coutume, mais il a bien laissé voir que des pourparlers et un rapprochement ont eu lieu avec la France. Le Cabinet affaibli par la retraite de Bright, aurait probablement, si le dualisme anglo-français se retablissait, de rudes attaques à soutenir dans le parlement. Ici on se montre surpris de ce que l'Italie n'ait pas voulu concourir, camme l'a fait l'Allemagne, à la préservation de l'ordre à Alexandrie.

(l) -T. 1107 del 16 luglio 1882, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 169.
173

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A COSTANTINOPOLI, CORTI, A LONDRA, MENABREA, A PIETROBURGO, NIGRA, A VIENNA, DI ROBILANT, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI

T. 605. Roma, 18 luglio 1882, ore 23,55.

L'ambassadeur d'Angleterre m'a communiqué un télégramme donnant à lord Dufferin, instructions de présenter, de concert avec l'ambassadeur français à Constantinople, à la conférence la proposition suivante. En dehors du devoir individuel de chaque Puissance de parer à tout danger soudain qui se présenterait pour le canal de Suez, le gouvernement de la Reine pense, qu'il est désirable, que toute action, à cet égard, reçoive la sanction de l'Europe, et si possible encore de la Turquie. En conséquence, la France et l'Angleterre proposent à la conférence, de désigner les Puissances, qui, en cas de nécessité, seraient chargées de prendre les mesures requises, pour la protection du canal. Pour gagner du temps les Puissances, à cet effet, désignées, et ayant accepté le mandat, se concerteraient pour le mode et le moment de l'action, qui devrait en tout cas, se produire sur la base du protocolle de désintéressement.

J'ai répondu à l'ambassadeur d'Angleterre que notre représentant recevrait aussitòt instructions de prendre part à la discussion, qui s'ouvrirait, sur ces bases, dans la conférence.

(Per Vienna, Berlino) Je me réserve de donner instructions à Corti sur le fond de la question, après avoir connu, sur ce sujet, l'avis des Cabinets de Vienne et de Berlin. Tàchez de me renseigner là dessus le plus tòt possible (1). Si la proposition anglo-française est admise, nous ne serions nullement anxieux de voir désignée avec les Puissances occidentales pour la protection du canal. Nous n'accepterions le mandat, qu'à la condition qu'il serait également accepté, par l'Allemagne ou par l'Autriche-Hongrie.

(Per Costantinopoli) Je me réserve, quant au fond de la question, de vous donner instructions, après m'ètre concerté avec les Cabinets de Vienne et de Berlin.

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L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1131. Parigi, 19 luglio 1882, ore 2,15 (per. ore 3,55).

A la Chambre, après exposé situation par Lockroy Charmes, M. de Freycinet dit que, depuis événements d'Alexandrie, état des choses constitue droit à intervention armée. Dans situation actuelle de l'Europe un gouvernement sage doit s'efforcer agir avec Europe pour n'avoir pas à agir contre elle. L'alliance anglaise n'a jamais été ébranlée, mais le gouvernement a voulu rechercher en mème temps le concert européen. Si la Turquie accepte intervention, la France exercera une surveillance sur son intervention; toute la négociation est un triomphe pour la diplomatie française. Si la France est comprise dans les Puissances désignées pour intervention, elle accepte le mandat à condition qu'il soit nettement défini. Le canal doit étre libre; si d'autres Nations vont le protéger, la France doit étre du nombre. Pour le canal le gouvernement français désire provoquer une délibération de la conférence tout en réservant sa liberté d'action. Un accord dans ce sens a été conclu hier avec le Cabinet anglais. Gambetta parle contre concert européen et vante l'alliance francoanglaise. Freycinet saisira la Chambre, avant les vacances, de la question d'une action directe pour le canal de Suez et présentera un projet de loi spécial pour demander crédits nécessaires. La discussion continue demain.

(l) Cfr. nn. 177 e 181.

175

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1136. Therapia, 19 luglio 1882, ore 3,45 (per. ore 15,15).

Les ambassadeurs de France et d'Angleterre ont constaté, de la manière la plus catégorique, aujourd'hui, qu'ils considéraient la question du canal de Suez comme séparée de l'Egypte, pour laquelle nous avions demandé intervention ottomane, en déclarant que la première exigerait des mesures urgentes et spéciales. Les représentants d'Autriche et d'Allemagne n'avaient aucune instruction, et ils se sont méme refusé de prendre en considération la proposition. L'ambassadeur d'Angleterre a fait entendre que, si les Puissances rejetaient l'offre formulé en cette occasion de soumettre les mesures nécessaires à la sanction de l'Europe, l'Angleterre et la France seraient forcées d'agir pour leur compte. Notre prochaine délibération là dessus ne pourra avoir lieu que lorsque nous serons munis d'instructions positives. Je serai reconnaissant si, en attendant, V. E. voulait me faire connaitre si je dois considérer les deux réserves présentées par l'Autriche, selon télégramme de V. E. du 11 (1), définitivement acceptées par le gouvernement du Roi quoique elles n'aient jamais été présentées à la conférence.

176

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DEPRETIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (2)

T. Bellagio, 18 luglio 1882, ore 15,30 (per. ore 16,35).

Approvo risposta che hai fatta a Robilant (3) ed aggiungo che, siccome è probabile, verrà a parlartene Ludolf, io credo necessario dichiarargli senza esitare che riteniamo impossibile visita sovrana austriaca altrove che a Roma. Conviene, anzi, non lasciare speranza alruna controvisita anche eventuale in altra città Regno. La dignità della Corona ed il sentimento nazionale ne sarebbero offesi ed in prossimità delle elezioni generali il fatto potrebbe avere le conseguenze più gravi.

177

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1142. Vienna, 19 luglio 1882, ore 17,15 (per. ore 18,55).

Pour les raisons que j'ai déjà fait connaitre à V. E. Cabinet de Vienne ne croit pas pouvoir donner de mandat en général pour la question d'Egypte, et, dans le cas spécial du canal, ne veut pas créer une exception. Kalnoky

m'a dit qu'il n'avait pas de difficultés à déclarer qu'il n'a pas d'objection à

l

ce que des Puissances interviennent pour la protection du canal. Voilà tout. Il attendait, du reste, réponse de Berlin pour y conformer ses instructions à l'ambassadeur à Constantinople, tout en lui laissant une certaine latitude pour se mettre d'accord avec ses collègues sur la susdite base. Il est bien entendu qu'il ne saurait ètre question d'un contingent autrichien. J'ai constaté qu'on a vu avec satisfaction que l'Italie n'accepterait, par conséquent, pas non plus de mandat.

(l) -Cfr. n. 156. (2) -Da M.C.R., Carte Mancini. (3) -T. 602 del 18 luglio 1882, non pubblicato.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A COSTANTINOPOLI, CORTI, E A VIENNA, DI ROBILANT

T. CONFIDENZIALE 607. Roma, 19 luglio 1882, ore 23,55.

L'ambassadeur d'Allemagne est venu me dire confidentiellement, sans en ètre expressement chargé, d'après un télégramme de son gouvernement, que si le Sultan refusait d'intervenir en Egypte et la conférence venait à ètre saisie du projet de faire intervenir d'autres Puissances, l'Allemagne est dès aujourd'hui, résolue à ne donner le mandat d'intervenir à aucune Puissance, laissant toutes autres Puissances libres d'intervenir à leurs risques et périls. Le Cabinet de Berlin motive sa résolution par la considération qu'un mandat européen donnerait à l'intervention le caractère d'une lutte de la chrétienté contre l'islamisme. La déclaration dont M. de Keudell m'a donné connaissance à ce sujet est conçue en termes qui ne sauraient ètre plus nets ni plus péremptoires.

(Per Costantinopoli) Ceci pour le moment n'est que pour votre information. (Per Vienna) Tàchez de me dire, le plus tòt possible, quelles sont, sur ce point, les vues du Cabinet austro-hongrois (1).

179

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, E A VIENNA, DI ROBILANT

T. 608. Roma, 20 luglio 1882, ore 9,45.

La déclaration de l'Allemagne (2) a, en face du refus presque certain de la Porte, une gravité évidente. Se désintéresser de l'affaire égyptienne est assez facile pour les deux Empires; ce ne l'est pas également pour l'Italie, Puissance méditerranée, dont trois mille nationaux, c'est de Martino qui nous

le télégraphie (1), ont déjà débarqué et repris résidence à Alexandrie. Aux yeux de l'opinion publique, chez nous, refuser le mandat, mais laisser faire c'est, comme effet pratique, et comme impression tout à fait l'equivalent d'une carte bianche accordée aux deux Puissances occidentales; c'est ramener, avec foule de circonstances aggravantes, la question égyptienne au point où elle en était avant l'affirmation du concert européen en janvier dernier. Nous ne voulons point entraver les plans politiques de M. de Bismarck. Aussi préférons nous nous abstenir d'énoncer des propositions formelles. Mais nous devons ne pas cacher aux deux Cabinets que, pour nous rendre possible et facile la tache de nous maintenir avec eux dans une identité complète d'attitude, il est absolument indispensable qu'on tienne compte à Vienne et à Berlin de notre situation spéciale. Ainsi, par exemple, si l'intervention franco-aglaise devait avoir lieu, il est essentiel, pour que nous puissions rester, gouvernement et Pays, sur le meme alignement avec l'Allemagne et l'Autriche, qu'on caractérise et accentue la portée de cette intervention soit par des déclarations impliquant désapprobation d'une pareille action isolée, soit en renouvelant, à cette occasion, l'affirmation de la compétence exclusive du concert européen pour tout règlement définitif de la question égyptienne. Je prie V. E., comme je le fais également avec son collègue de Berlin (Vienne), de vouloir bien avoir, sur ce sujet important, une explication franche et immédiate avec le ministre des Affaires Etrangères, et m'en faire connaitre le résultat au plutòt (2).

(l) -T. 1145 del 20 luglio 1882, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 178.
180

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A COSTANTINOPOLI, CORTI, A LONDRA, MENABREA, A PIETROBURGO, NIGRA, A VIENNA, DI ROBILANT, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI (3)

T. 611. Roma, 20 luglio 1882, ore 9,45.

L'ambassadeur d'Angleterre me communique instructions données par Granville à Dufferin de proposer à la conférence, que si dans les 12 heures la Sublime Porte ne donne réponse affirmative, le silence sera considéré comme refus, et la conférence avisera à autre moyen le plus éxpéditif d'intervention. La France est priée de s'associer à cette proposition, et les autres Puissances sont requises de donner leur assentiment.

(Per Costantinopoli) Je me réserve de vous donner instructions, après avoir connu opinion des trois Cabinets. Vous pourriez, en cas d'urgence, vous associer à l'attitude de vos trois collègues.

(Per Vienna, Berlino, Pietroburgo, Parigi) Veuillez immédiatament me télégraphier réponse et instructions du Cabinet auprès duquel vous etes accrédité (4).

(l) -T. 1137 del 19 luglio 1882, non pubblicato. (2) -Cfr. nn. 182 e 183. (3) -Ed., in italiano e ad eccezione del brano fra asterischi, in LV 35, p. 235. (4) -Le risposte da Vienna, Berlino e Pietroburgo sono contenute nel T. 1160, 1162 e 1165 del 21 luglio 1882, non pubblicati.
181

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1151. Berlino, 20 luglio 1882, ore 17,35 (per. ore 20,15).

Cabinet de Berlin n'entend s'engager d'aucune manière à l'égard de la proposition relative au canal de Suez. Il n'acceptera pour lui meme et ne confiera aucun mandat à une ou deux Puissances. Le secrétaire d'Etat dit que la compétence de la conférence a été dans le début limitée à discuter et à arreter en cherchant de s'entendre avec la Turquie les mesures nécessaires au rétablissement d'un état de choses norma! en Egypte. Il s'en tient à ce programme et évite de prononcer sur ce qui sort de ce cadre. Il y a d:ameurs une question préalable. Le canal de Suez fait-il ou non partie de l'Egypte? Dans le premier cas il y aurait des responsabilités à encourir. Il y aurait le danger de créer des précédents qu'on pourrait invoquer dans d'autres directions.

Dans le second cas il y aurait aussi une part de responsabilité mal définie et le contrale présenterait réellement de graves difficultés. Le Cabinet de Berlin n'entend ni préjuger ni restreindre les délibérations de la conférence; il n'expose que sa manière de voir. Du reste que telle ou telle autre Puissance accepte de concourir à la protection du canal ou d'intervenir militairement en Egypte, il ne fera ni critique ni opposition, mais, en ce qui le concerne, il ne se soucie pas d'assumer un engagement quelconque. Cabinet de Berlin, vu les dispositions manifestées par la Porte de prendre part à la conférence, s'est abstenu de répondre à la communication des dernières instructions transmises par Granville à Dufferin.

182

L'AMBASCIATORE A VIENN A, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1150. Vienna, 20 luglio 1882, ore 18,40 (per. ore 20,15).

L'entrée de Turquie dans conférence que l'ambassadeur ottoman a annoncé officiellement tout à l'heure change de nouveau situation et pour le moment il ne peut etre question de la sommation qu'Angleterre voudrait qu'on adresse à la Porte. Il faut cependant se hater si on ne veut pas que Cabinet de Saint James procède sur la voie où il s'est mis. C'est l'opinion de Kalnoky. Je viens de lui donner communication du télégramme de ce matin de V. E. (1), il déclare devoir maintenir son abstention de donner mandat pour les raisons déjà dites, car il n'aurait pas l'opinion publique pour le soutenir si dans l'exécution on s'éloigne du mandat, mais, en déclarant ne pas avoir d'objection à l'action, à leurs risques et périls, d'une ou deux Puissances il trouve convenable et maintient de rappeler à la conférence engagement pris à l'avance par les deux Puis

sances, et surtout affirmer compétence exclusive du concert européen pour règlement définitif de la question égyptienne. Kalnoky comprend parfaitement position très délicate du gouvernement italien, il est loin de partager entièrement manière de voir de Bismarck, mais il dit que le chancelier allemand a et aura toujours voix prépondérante et ainsi il est impossible de suivre une route différente. Ceci, s'entend, est tout à fait confidentiel.

(l) Cfr. n. 179.

183

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1153. Berlino, 20 luglio 1882, ore 19,30 (per. ore 21,30).

Je viens de parler en toute franchise au secrétaire d'Etat dans le sens du télégramme de V. E. d'aujourd'hui Cl). Il avait reçu, peu avant la mienne, la visite de l'ambassadeur de Turquie chargé de notifier le consentement de son gouvernement à prendre part à la conférence. Tout dépendait maintenant de savoir de quelle nature seront les communications du représentant ottoman et jusqu'à quel point elles se concilieront avec la note identique; si ce n'est là qu'un expédient dilatoire, on se retrouvera dans les memes embarras. Si le Sultan refusait son concours et que la conférence fù.t saisie du projet de faire intervenir d'autres Etats, le Cabinet de Berlin est parfaitement résolu à ne pas intervenir lui-méme et méme il n'inclinerait pas à opter pour un mandat en faveur d'une Puissance quelconque. Ce serait s'adosser une responsabilité sans contrale sérieux. Le secrétaire d'Etat reconnait que l'Italie a une position spéciale en Egypte et dans la Méditerranée et il apprécie en meme temps avec quelle loyauté nous nous appliquons à maintenir notre alignement avec l'Allemagne, mais il n'est pas d'avis d'une déclaration impliquant désapprobation de l'action isolée anglo-française. Ce serait prendre parti contre les Puissances occidentales et accroitre !es complications au lieu de les diminuer. Quant à renouveler affirmation compétence exclusive du concert européen pour tout règlement définitif de la question égyptienne, il n'en voit ni l'urgence ni la nécessité. La démarche récente de la Turquie modifie, au moins momentanément la situation. D'un autre còté les quatre Puissances n'ont pas retiré leurs déclarations au point de vue des intérets généraux européens et la France et l'Angleterre elle méme accentuent vouloir le concert de l'Europe. Tel a été le langage du secrétaire d'Etat. Je ne vois pas trop quels avantages sérieux nous retirerions d'une... (2) de concert avec l' Angleterre et la France réunies, so i t e n ce qui concerne le canal de Suez, so i t pour l'ensemble des affaires égyptiennes. La rivalité, l'antagonisme d'intérets entre ces deux Puissances est une garantie qu'à la longue elles ne s'entendront pas plus pour une occupation à échéance indéterminée de l'Egypte que pour réorganiser, à elles seules, ce Pays. Le comte Corti pourrait d'ailleurs recevoir l'instruction de formuler nettement à la confèrence toute réserve au sujet d'un règlement définitif.

(l) -Cfr. n. 179. (2) -Gruppo indecifrato.
184

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A COSTANTINOPOLI, CORTI, A LONDRA, MENABREA, A PIETROBURGO, NIGRA, A VIENNA, DI ROBILANT, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI (l)

T. 614. Roma, 20 luglio 1882, ore 23,55.

La réponse de la Porte, nous parait surtout devoir étre considérée, comme ayant pour effet d'écarter l'obstacle absolu, qui s'opposait jusqu'ici à la solution, que tout le monde s'attendait à juger la plus opportune, dans Ies circonstances actuelles. Notre impression, est, que les Puissances devraient maintenant, tout en pressant la Porte, pour qu'elle adopte de promptes mesures, lui faciliter son oeuvre, par un esprit de conciliation sur les détails. Il est évident pour nous, que, le jour où l'intervention ottomane serait décidée l'attitude unanime des Puissances ne manquerait pas d'exercer son action en vue de l'intérét générale européen en Egypte, quels que soient d'après leur teneur libérale, !es arrangements préalables, qui se prendraient au sujet de l'intervention.

(Per Londra) C'est dans ce sens que vous devez vous exprimer avec lord Granville, dont les dispositions conciliantes et pacifiques, vont avoir dans cette nouvelle phase de la question, une influence décisive.

(Per Berlino, Vienna) Tachez de me dire, le plus tòt possible les dispositions et Ies vues du Cabinet auprès duquel vous étes accrédité, dans cette nouvelle phase de la question (2).

185

UMBERTO I, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (3)

T. Torino, 20 luglio 1882.

Preso conoscenza del dispaccio di Robilant ( 4) e delle istruzioni che ella ha rivolte (5), mi affretto a parteciparle ch'esse non potrebbero meglio corrispondere alla mia intenzione.

Riteneva che le prime intelligenze prese di annunzio degli impegni, quando credevasi la venuta Imperatore nel mese agosto, dovessero cessare dopo la sua visita a Trieste, tanto più che sarei stato sino dopo le manovre ma rilevando ora che venendo Imperatore nel primo settembre, converrebbe protrarre di molto questi impegni, benché io sia sempre disposto a sacrificare i miei voti personali quando trattasi degli interessi generali, pure, ritenendo che fare la visita a Trieste alla nuova epoca stabilita quando si affermasse che per le manovre e per gli impegni presi ad epoca fissa con Torino io non crederei

opportuno cambiare il programma tranne il caso in cui si trattasse di ricevere la visita a Roma preferirei non impegnarmi d'ora ad escludere assolutamente il soggiorno di Monza. Suppongo che Imperatore, ritornando a Vienna dopo la visita a Trieste, non verrebbe più questa stagione in Italia, mi lusingo poi di sapere presto se Imperatore rinunzia alla sua visita, ovvero si decida venire a Roma come, mi pare, ne conservi speranza Robilant.

La ringrazio ancora di tutte le informazioni sulle cose egiziane in attesa della risposta Sublime Porta che prevedo io pure negativa ritengo solo degno di esame il sistema di cui Ella mi fa parola confidando nel suo patriottismo.

Venerdì mattina mi reco nella vallata di Ceresole a poche ore da Torino. Occorrendo potrà rivolgermi i telegrammi a Cuorgnè.

(l) -Ed., in italiano, in LV 35, p. 345. (2) -Cfr. n. 193. La risposta da Berlino, è contenuta nel T. 1162 del 21 luglio, non pubblicato. (3) -Da M. C. R., Carte Mancini. (4) -T. 1116 del 18 luglio 1882, non pubblicato. (5) -T. 602 del 18 luglio 1882, non pubblicato.
186

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1164/1004. Londra, 21 luglio 1882, ore 17,25 (per. ore 19,20).

Lorsque V. E. m'a expédié son dernier télégramme qui porte la date de la nuit dernière(l), elle n'avait pas probablement reçu mon télégramme n. 1003 (2), dans lequel je lui faisais part de la réponse faite par Granville à la dernière note de la Turquie, qui indiquerait son intention de prendre part à la conférence. Granville ne considère cette nouvelle attitude de la Porte que camme un moyen dilatoire, il ne peut l'accepter camme une réponse satisfaisante à la dernière sommation. En conséquence l'ordre de départ a été donné aux troupes. En méme temps le ministre annonçait hier dans les deux Chambres que le gouvernement aurait demandé, lundi prochain, un crédit pour faire face aux nouvelles éventualités. A cette occasion aura lieu probablement un grand débat sur les affaires d'Egypte. On suppose qu'aujourd'hui, peut étre méme en ce moment, cette question sera discutée. La seule manière d'éviter une intervention anglo-française eut été que la Turquie, elle méme, envoyàt ses troupes sans trop discuter sur les conditions qu'on voudrait lui imposer. Peutétre serait il encore temps pour elle d'éviter cette intervention, qui, sans doute, ne tournera pas à l'avantage des droits de souveraineté absolue sur l'Egypte aux quels elle prétend.

187

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (3)

L. P. Courmayeur, 21 luglio 1882.

La più strana ed inaspettata notizia mi è stata data a Torino, al momento in cui partivo per Courmayeur, e da fonte così sicura, che non posso a meno di

scriverne confidenzialmente all'E. V. Mi si disse «che il mio nome era stato pronunziato a Vienna e a Berlino per l'ambasciata di Parigi; e che il ministero (ripeto i termini stessi adoperati da chi mi parlò) considerando una tale scelta come avente un carattere troppo spiccato nel senso dell'alleanza austro-germanica, non aveva gradito il suggerimento ed inclinava a nominare a Parigi il conte Corti».

Io ho sempre desiderato personalmente nell'interesse del servizio che Nigra fosse inviato a Parigi; riconosco pienamente che Corti ha assai più titoli di me ad una tale nomina; ed infine non ho mai pensato a porre la mia candidatura per quel posto. Non mi permetterei neppure di scriverle in proposito, se l'accaduto non mi ponesse, per due rispetti diversi, in una situazione che per me è grave e delicata.

In primo luogo sono dolentissimo che sia stata sollevata, non posso intendere come né perché, una tale questione di candidatura, la quale non può a meno, dal momento che è nota, di rendere difficile la continuazione delle funzioni che con tanto impegno e con tanta gratitudine per la di lei fiducia e benevolenza, ebbi l'onore di esercitare sotto i suoi ordini. Ed anzi ne diventerà difficile l'accettazione per parte mia d'un altro posto nel momento attuale, se apparirà che la candidatura stessa fu formalmente posta e formalmente respinta. E' un caso che credo raro nella carriera diplomatica, e che considero infelicissima per me.

In secondo luogo, dopo aver lavorato con indefesso zelo e con ansiosa preoccupazione a migliorare i nostri rapporti colla Francia, -dopo avere in qualche modo impegnato la mia personale responsabilità, coll'autorizzazione dell'E. V., nei negoziati col marchese di Reverseaux circa gli affari di Sfax e delle capitolazioni in Tunisia, -dopo avere infine sperato di collaborare con lei a suggellare con la reconciliazione (in quanto è possibile) colla Francia l'opera di pacificazione incominciata colla nostra politica verso l'Austria e la Germania, -nulla mi poteva riuscire più doloroso che di vedere attribuire alla mia azione un carattere meno che amichevole verso la Francia, -ed alla scelta eventuale della mia persona un significato altro che quello della designazione di un agente esente da pregiudizi e da idee preconcette, esatto esecutore delle istruzioni governative, e desideroso di migliorare il più che sia possibile le relazioni amichevoli col Paese presso il quale egli possa venire accreditato.

Le poche conversazioni che ebbi occasione di avere sulle nostre relazioni colla Francia con alcuni colleghi dell'E. V., specialmente coi ministri Magliani e Berti, e col presidente del Consiglio, non possono non averli pienamente illuminati sul mio conto; ed aggiungo che credo sapere che a Parigi non mi considerano punto con [sic] un avversario. Confido dunque nell'E. V. perché, quando mi si attribuiscono idee o atti che non sono miei, Ella rivendichi la schiettezza, la lealtà, l'imparzialità del mio operato, che fu sempre pienamente subordinato alle di Lei direzioni.

Mi perdoni queste righe scritte in gran fretta al momento della partenza del corriere.

(l) -Cfr. n. 184. (2) -T. 1155/1003 del 20 luglio 1882, non pubblicato. (3) -Da M. C. R., Carte Mancini.
188

L'AMBASCIATORE D'AUSTRIA A ROMA, LUDOLF, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

L. P. Roma, 22 luglio 1882.

Je me permets de vous envoyer ci-après une traduction plus complète des instructions données le 21 par Mr. le comte Kalnoky au baron Calice, que celle que je vous en ai faite verbalement.

«Le comte Duchatel, par ordre de son gouvernement, nous a pressé aujourd'hui de vous donner des instructions par rapport au canal de Suez qui au dire de Mr. de Lesseps se trouverait fortement menacé. Sir Henry Elliot de son còté a fait les memes representations concernant la situation de l'Egypte qui serait également très critique puisque Port Said et Alexandrie sont en danger et qu'Araby Bey se trouve etre le maitre du pays :~>.

« J'ai répondu à l'un et l'autre qu'il fallait d'abord attendre la réponse de la Porte à la note identique. Ce qu'il fallait faire ensuite dépendait de cette réponse. Quant au canal de Suez nous reconnaissons le danger dont il est menacé et toute mesure prise pour sa sècurité, remontrerait de notre part ni opposition ni difficulté. L'obstacle pour nous est seulement la concession d'un mandat dont la limitation préalable en vue des éventualités incalcolables de la situation, nous parait aussi impossible pour celui qui donne le mandat que pour celui qui le reçoit. L'état de choses créé en Egypte sans notre participation, n'est pas de nature à ce que nous puissions assumer une responsabilité quelconque pour la mise à exécution des mesures militaires proposées et celà d'autant moins qu'un engagement pareil pourrait me piacer en desaccord avec les corps représentatifs et avec l'opinion publique de l'Autriche-Hongrie. La question du mandat d'ailleurs ne pourrait etre traitée au sein de la conférence qu'après le refus de la Turquie d'intervenir et j'ai lieu de croire qu'il serait impossible d'arriver à ce sujet à une unanimité, tandis que l' Angleterre et la France représentant le nécessité d'une prompte action en Egypte comme inévitable.

De ce qui précède il resulte: Que nous ne mettrons don c pas d'obstacle qu'une ou plusieures Puissances, en cas de refus de la Porte, se chargent de veiller par les armes à la sécurité du canal de Suez et au rétablissement de l'ordre en Egypte, mais que nous n'avons pas l'intention de donner à cet effet un mandat qui pourrait entrainer des conséquences que nous ne sommes pas en état d'encourir '>.

Voici, Excellence, l'exacte teneur du télégramme du comte Kalnoky et j'accompagne encore ces lignes des voeux qu'elles puissent vous rencontrer déjà soulagé des souffrances de ce matin.

(l) Da M. C. R., Carte Mancini.

189

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

L. P. Vienna, 23 luglio 1882.

Ringrazio vivamente l'E. V. per l'approvazione impartita al linguaggio da me tenuto al conte Kalnoky a riguardo della controvisita imperiale. Credo difficile ella abbia occasione di parlarne col conte Ludolf pel momento, ritengo invece che per fugare la situazione, l'Imperatore al momento che crederà opportuno telegraferà direttamente a S. M. Ad ogni modo però se Ludolf ne tenesse parola a V. E. sarebbe meglio non dirgli che l'Imperatore sarebbe ricevuto con entusiasmo a Roma poiché previamente quell'entusiasmo lo spaventerebbe, le dimostrazioni di gioja degl'italiani non potendo che aggravare il malumore del Vaticano che qui si teme assai. Per conto mio al punto a cui sono giunte le cose starei incrollabile sul Roma o niente, tanto più che se un mezzo termine potesse presentarsi, e suppongo che a tale riguardo l'E. V. deve avere un'idea che non mi ha ancora esternato, lo si raggiungerebbe tanto meglio se avremo saputo farci ritenere inflessibili sul capitolo della nostra dignità.

Come l'E. V. avrà potuto constatare, negli affari d'Egitto non c'è assegno di sorta a fare sull'Austria, i tentativi del conte Kalnoky di avere delle idee proprie essendo andati falliti. Egli seguirà d'or inanzi ciecamente gl'impulsi che gli verranno da Berlino. Del resto sta di fatto che l'opinione pubblica in Austria non appoggerebbe il governo se volesse uscire dalla sua attitudine riservata, e d'altra parte per gli obbjettivi che qui si hanno in vista, consolidazione della posizione in Bosnia ed eventuale espansione verso Salonicco, certo si è; che li si potranno conseguire tanto meglio a cose finite con un'attitudine riservata che non malcontenti né gli uni né gli altri. Questa situazione non ci è certamente favorevole, ma non dipende da noi il mutarla.

Rendo grazie infinite all'E. V. pel modo cosi gentile con cui Ella ebbe a rammentarsi della mia commendatizia a favore del conte della Croce, e non ho d'uopo di dirle che vi trovai un nuovo pegno di quella particolar benevolenza ch'ella non ha mai cessato di dimostrarmi.

Prima di chiudere questa lettera in cui vi ha di tutto un poco, mi permetta che la preghi di accordarmi un congedo un poco lungo tosto che la cosa sarà decentemente fattibile. Ho passato un assai cattivo inverno, le mie condizioni di salute sono poco buone, ed il mio medico mi raccomanda caldamente cambiamento d'aria, attenta cura, ed un prolungato riposo. Sono realmente sofferente e stanco, ed ho sommo bisogno d'andare per due o tre mesi a rifarmi tranquillamente a casa mia a Torino. Se dunque gli affari prenderanno una piega ben definita, e se altri rappresentanti di grandi Potenze andranno in congedo, avanzerò io pure la mia domanda. Qui ciò che può

esserci a fare lo farà al par di me il barone Galvagna; in quanto poi ha tratto alla controvisita, giudicherei anzi opportuno il mio allontanamento troncando così negoziati senza uscita: del resto Kalnoky lo sa da assai tempo che aspiro ad un congedo, non potrebbe quindi credere che coprisse qualche secondo fine.

(l) Da M. C. R., Carte Mancini.

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L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1179. Parigi, 24 luglio 1882, ore 16,40 (per. ore 18,40 ).

L'ambassadeur d'Allemagne me dit que M. de Lesseps presse beaucoup le gouvernement français d'envoyer des troupes pour la protection du canal de Suez. Hohenlohe constate en outre que dans ses conversations avec lui le ministre des Affaires Etrangères ne parle plus d'intervention en Egypte, mais simplement de protection du canal. L'ambassadeur m'ajoutait «Nous, c'est à dire les quatre Puissances, nous ne donnerons positivement pas de mandat d'agir en Egypte ». L'ambassadeur explique les forces si considérables que la France prépare par la nécessité de tenir compte des maladies aux quelles seront exposés les soldats dans cette saison. Il croit la France et l'Angleterre d'accord, mais il pense pouvoir nier l'existence d'une convention spéciale. Il m'a demandé avec beaucoup d'intérèt si c'était vrai que la France nous avait invités à une coopération quelconque avec elle. J'ai répondu n'en rien savoir. Je sais que l'ambassadeur d'Allemagne a interrogé aussi le ministre des affaires étrangères à ce sujet.

191

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI, A BERLINO, DE LAUNAY, A COSTANTINOPOLI, CORTI, A LONDRA, MENABREA, A PIETROBURGO, NIGRA, A VIENNA, DI ROBILANT, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI (l)

T. 624. Roma, 24 luglio 1882, ore 16,45.

L'ambassadeur d'Angleterre m'a communiqué télégramme de Granville donnant instruction à Dufferin de faire démarche auprès du Sultan afin qu'il déclare Araby rebelle. Granville ajoute Cabinet allemand a déjà consenti faire appuyer cette démarche par son chargé d'affaires et nous demande d'en faire de mème. J'ai répondu que j'allais télégraphier à l'ambassadeur du Roi à Constantinople de s'associer à cet effet à ses collègues, si tous recevaient instructions analogues.

14-Documenti diplomatici -Serie Il -Vol. XV-XVI

(l) Ed., in italiano, in LV 35, pag. 354.

192

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1183. Therapia, 25 luglio 1882, ore 4,50 (per. ore 16,10).

Les ambassadeurs de France et d'Angleterre sont venus me signifier que demain ils notifieront à la conférence avant l'arrivée des délégués ottomans, que leurs gouvernements ont pris la résolution d'intervenir pour la défense et garantie du canal de Suez et ils exprlmeront le désir qu'une ou plusieurs Puissances prennent part aux opérations relatives. Il est méme possible qu'on fasse mention spéciale de l'Italie. L'ambassadeur de France m'a demandé si j'avais connaissance des dispositions du gouvernement du Roi à cet égard, et l'ambassadeur d'Angleterre m'a adressé la méme question en ajoutant que le gouvernement britannique désirerait vivement participation de l'Italie. Je me suis borné à répondre que je n'avais pas encore reçu d'instructions à ce sujet.

193

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1184. Vienna, 25 luglio 1882, ore ... (l) (per. ore 17,15).

Kalnoky se montre satisfait des déclarations de la Porte par rapport à son intervention, exprimées dans la circulaire communiquée aujourd'hui. Il donne instructions à Calice de faciliter autant que possible oeuvre de la Turquie dans le sens, précisément, du télégramme que V. E. m'a adressé à cet effet le 21 courant (2). Si V. E. donne instructions égales à Corti pour séance de demain, son action correspondra à celle de son collègue d'Autriche. Il trouve qu'il faut passer outre sur questions que, pour prolonger au delà de 3 mois occupation, Sultan devrait s'entendre avec Kedive, ainsi que sur ingérence européenne dans réorganisation armée égyptienne; conditions que Porte trouve incompatibles avec sa dignité; mais que Noailles a déclaré maintenir. Avec de la bonne volonté il y a moyen de tourner ces deux difficultés. L'essentiel est que la Porte entre effectivement en action et promptement.

194

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1191!1006. Londra, 25 luglio 1882, ore 16,40 (per. ore 19,10).

Hier, dans les dernières séances du Parlement, Granville dans la Chambre des lords et Gladstone dans la Chambre des communes, ont fait d'importantes

déclarations au sujet de l'Egypte. Il ressort de leurs discours, que j'expédie aujourd'hui par la poste à V. E., que la France se refuse de se joindre à l'Angleterre dans la campagne que celle-ci entreprend contre Araby, mais, par contre, la France s'est empressée de concourir à la défense du canal de Suez en occupant une des extrémités. Le ministre a demandé ·au Parlement une somme de deux millions trois cent milles livres sterlings, qui seront soldées moyennant une augmentation de trois pences par livre sterling sur l'Incom Tax du deuxième sémestre de l'année courante. La composition du corps d'armée est annoncée. Il sera formé de deux divisions. Le due de Connaught commandera une brigade. L'administration de la guerre éprouve des difficultés soit pour le recrutement des hommes, soit pour l'organisation du service. L'expédition ne sera prete à agir que assez tard dans le mois d'aout. Je viens de recevoir une lettre de Granville, qui me prie de me rendre au Foreign Office. Je vous télégraphierai ce soir objet de notre entrevue (1).

(l) -L'ora di partenza manca. (2) -Cfr. n. 184.
195

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (2)

R. 3080. Berlino, 25 luglio 1882 (per. il 29).

J'ai communiqué aujourd'hui au secrétaire d'état dans quels termes v. E. avait répondu à la demande de l'Angleterre nous engageant à appuyer une démarche que son ambassadeur à Constantinople a l'instruction de faire, afin que le Sultan déclare Arabi rebelle (télégramme d'hier au soir) (3).

L'assurance qui nous a été donné par M. Paget que le cabinet de Berlin a déjà consenti à faire appuyer cette démarche, n'est pas tout-à-fait correcte, car voici comment a été conçue la réponse verbale du comte de Hatzfeldt, laquelle s'accordait avec la vòtre: «Si lord Dufferin présente la motion d'inviter le Sultan « à faire une semblable déclaration, M. de Hirschfeldt s'y associera pour autant que ses collègues agissent de meme ».

Le comte de Granville, dans un discours prononcé hier à la chambre des lords, déclare que l'opinion publique en Europe se montre favorable à l'action de l'Angleterre en Egypte. Cette appréciation, me disait le comte de Hatzfeldt, manque aussi de quelque exactitude, en ce qui concerne du moins l'Allemagne. Ici on n'approuve, ni ne disapprouve. On ne critique pas, on ne fait pas opposition, mais on n'accorde aucune sanction à une intervention laissée aux risques et périls de la Puissance qui l'entreprend. S. E. ajoutait que la déclaration faite par SaYd pacha à la· dixième séance (télégramme de la nuit dernière) (4), à savoir qu'il était autorisé à accepter en principe l'envoi de troupes ottomanes en Egypte n'était pas sans importance. Il fallait attendre les explications ultérieures de ce ministre des Affaires Etrangères à la séance

de demain. Du moment où il y aurait des chances d'amener une entente, il conviendrait de faciliter la tache de la Turquie. Elle indiquera peut-etre quelque combinaison de nature à aplanir l'obstacle à la solution la plus opportune. Un concours ou un assentiment de la Puissance territoriale mettrait les Cabinets qui ne veulent pas rompre avec elle, qui veulent au contraire tenir compte de ses droits de souveraineté, dans une position où leur attitude ne comporterait plus le meme degré de réserve. L'reuvre de la conférence en deviendrait alors moins ardue. Au reste dans le cas où l'on ne s'entendrait pas '· dans le sein de la conférence, celle-ci n'est pas la seule expression de l'Europe. Selon le cours des événements, des éventualités peuvent surgir où les Cabinets seraient à meme de se prononcer sur la base de la communauté des intérets européens.

Le secrétaire d'état se bornait à cette énonciation, en répétant qu'il fallait attendre de savoir ce qui se passerait à la séancc du 26 juillet. Il avait vu par un résumé télégraphique du discours précité de lord Granville, que l'on espère à Londres que l'Italie s'associerait aux mesures de protection pour le canal de Suez. J'ai répondu * que rien de semblable ne résultait des renseignements que je recevais de Rome*. Je ne pouvais que me référer à votre télégramme reçu dans la nuit du 18 au 20 juillet (1), et dont j'avais donné connaissance ici.

J'apprends par le baron de Courcel qu'il vient d'ètre chargé de notifier que son gouvernement, ainsi que le gouvernement britannique, est pret à envoyer navires et troupes pour protéger, dès qu'il y aura urgence, le canal de Suez. *Il est évident que la France a décliné de s'engager du moins dans une occupation à l'intérieur de l'Egypte, du moment où elle s'est assurée que les quatre puissances et l'Allemagne surtout ne consentiraient pas à accorder un mandat. Par son attitude, la république croit avoir le pied ferme à l'étrier. Elle estime avoir résolu le problème de se ménager des accointances avec le concert européen en évitant une campagne dans la vallée du Nil, et de se concilier l'Angleterre par une coopération en vue de la sureté du canal de Suez. En voulant trop user d'adresse et mème ruser entre deux partis, on s'expose souvent à etre pris en défaut, et à mécontenter tout le m onde *. En me référant à mon télegramme d'aujourd'hui... (2).

(l) -T. 1192/1007 del 25 lugllo 1882, non pubblicato. (2) -Ed., ad eccezione del brani tra asterischi, in LV 35, pp. 357-358. (3) -Cfr. n. 191. (4) -T. 1180 del 24 luglio 1882, non pubblicato.
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L'ONOREVOLE CRISPI AL REDATTORE CAPO DE LA RIFORMA, PRIMO LEVI (3)

L. P. Londra, 25 luglio 1882.

Più volte mi son proposto di scrivervi, ma essendo molte le cose, delle quali dovrei parlarvi, ho finito col mantenere il silenzio. Misurando il tempo con la mente mi parve non averne abbastanza, ed ho concluso che, invece di scrivere lettere, avrei potuto discorrere lungamente al mio ritorno in Italia.

Oggi però mi dedico e scriverò quanto e come potrò.

Ero partito d'Italia col pensiero di fure un viaggio di piacere; ma cangiai proposito, pensando che valeva meglio un viaggio d'istruzione. Mi recai dunque pel Gottardo a Berlino, dove stetti sette giorni. Da Berlino, per la via di Bruxelles ed Ostenda, venni a Londra; dove starò in questi giorni di luglio.

Quali sono le mie impressioni? Non confortanti pel nostro Paese; se il governo non saprà svegliarsi in tempo, avremo nuovi danni dopo quello di Tunisi.

La Germania è completamente disinteressata nelle cose africane, e lascia fare a coloro che vi hanno o credono avervi interessi diretti. Bisogna dunque affrettarsi a prendere una parte, e non avere scrupoli, né timori.

L'accordo europeo è una commedia, e la conferenza di Costantinopoli un gioco da fanciulli. Le Potenze si sono riunite, perché non vi era altro da fare. La nessuna importanza della riunione è provata dal fatto di chi la presiede.

Chiunque intervenga in Egitto, sarà tollerato; non ne verrà una guerra da ciò. E chi interverrà, acconcerà le cose a modo suo. Bismarck pensa all'impero e la sua politica ha un solo scopo: che l'impero stia e si consolidi. Contro l'impero non vede che due soli amici: la Russia e la Francia. Le sue alleanze sono combinate in vista di una guerra che le potrebbe venire da codeste due Potenze.

Si è legata indissolubilmente l'Austria, e lavora a riordinare un forte esercito in Turchia. Poco si cura dell'Italia; sa che in caso di guerra non può esserle nemica. L'Italia non è forte; e se fosse forte, o lo divenisse, non potrebbe allearsi alla Francia perché gl'interessi dinastici vi si opporrebbero; e vi si alleasse, la repubblica porterebbe tali dissidi da scomporvi l'unità.

Tutto ciò è la conseguenza della nostra debolezza. Se fossimo armati, la nostra posizione in Europa sarebbe tutt'altra. Avrebbero necessità di noi, e nulla farebbero senza di noi.

In fatto d'armamenti, voi non potete immaginarvi con quale impulso febrile si proceda. La Germania non ha da fare nulla -almeno così io credevo -eppure ogni giorno aumenta i suoi armamenti e li migliora. Si parla dei fucili a ripetizione, nuovo strumento del quale a prova ha già munito due reggimenti. Il fucile fa 12 colpi in pochi minuti, altro che fucile ad ago!

E che dirvi dell'Inghilterra? L'Inghilterra, che di fronte a lei non vede che la Potenza marittima della Francia, non è contenta del suo naviglio. L'ammiraglio Symonds -se fosse italiano, Acton lo avrebbe destituito -ha fatto un opuscolo col titolo: «Il nostro grande pericolo se la guerra ci cogliesse con la nostra flotta, deficiente in numero, struttura ed armamento». Egli grida che il parlamento francese ha votato per 1.081.000 sterline, mentre l'inglese ne ha dato sterline 750.000 per le nuove navi. E grida, che la disparità non potrebbe continuare; e chiede un'inchiesta.

Ritorno alla Germania. Vi dissi quali creda siano i suoi nemici; e come lavori per difendersene. Or bene, per aver alleati futuri contro la Russia si è propiziata la China la cui ambasciata europea ha la sua residenza a Berlino. Nella China si riordinano gli eserciti e si trasformano gli armamenti. I chinesi avranno cannoni e fucili di nuovo stile.

Visitai a Berlino la nuova fabbrica di fucili dei fratelli Loewe -uno dei quali è deputato progressista -e vi si facevano mitragliatrici per l'Inghilterra, e fucili per la China.

Il Mancini si consola della sua politica, e ne ha ragione, perché eravamo caduti troppo basso con Cairoli, ma ancora non ha portato alcun benefizio reale, e non può portarne. Non abbiamo nemici; ma non abbiamo amici, quantunque tutti desiderino averci amici. Ma siccome non si fidano, e nulla noi facciamo per metterei avanti ed agire, tutti procedono nel loro interesse senza curarsi di noi e !asciandoci indietro.

Ormai bisogna intervenire in Egitto. La Germania non si opporrebbe, e ci resterebbe amica Io stesso, l'Inghilterra lo desidera, e ci accetterebbe di buon grado. Intervenendo, nulla si farebbe nell'Africa senza noi; e sopratutto si impedirebbe che agissero a danno nostro. Se resteremo inerti, la Francia si consoliderebbe nella Tunisia e sarebbe in pericolo la Tripolitania. II Mediterraneo ci sarebbe tolto per sempre.

A proposito della Tunisia, ho sentito tali cose sul contegno dei nostri a Berlino nel 1878, da farmi trasecolare. Fummo giuocati in un modo indegno per la imperizia di chi rappresentava.

A Corte qui son dolenti della stampa italiana, e non sanno comprendere il motivo dei nostri risentimenti. Il principe di Galles se ne dispiacque e poi soggiunse che l'Italia farebbe male a lasciar passare anche questa occasione per prendere parte all'intervento.

E qui piacerebbe, perché noi saremo di contrappeso alla Francia, che non è amata.

Avrei da scrivere un volume, perché la materia è vasta; e perciò temevo di prendere la penna, se per mezzo di Fabrizj voleste far leggere questa mia a Mancini, fatelo, ma conservatela, perché non mi resta copia, e questa lettera un giorno potrebbe essere un documento.

(l) -Cfr. n. 173. (2) -T. 1186 del 25 luglio 1882, non pubblicato. (3) -Da A. C. s., Carte Crispi.
197

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A COSTANTINOPOLI, CORTI, A LONDRA, MENABREA, A PIETROBURGO, NIGRA, A VIENNA, DI ROBILANT, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI

T. 632. Roma, 26 luglio 1882, ore 0,15.

L'ambassadeur de Turquie me communique télégramme circulaire, par lequel le ministre ottoman des affaires étrangères déclare, qu'il «a adhéré au nom du gouvernement impérial à la proposition des grandes Puissances concernant l'envoi de troupes ottomanes en Egypte ». Said pacha compte maintenant sur le concours bienveillant des Cabinets pour la délibération ultérieure, et l'examen des détails se rattachant à la proposition des Puissances. J'ai répondu à Musurus bey, que Ies instructions de notre ambassadeur, étaient déjà conçues en ce sens, mais que j'allais lui renouveler recommandation de chercher, d'accord avec ses collègues à faciliter l'entente définitive.

198

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. 633. Roma, 26 luglio 1882, ore 1,30.

Le télégramme du comte de Robilant que je vais vous reproduire, indique les instructions données à Calice pour la confèrence de demain. Elles coincident en substance avec les vòtres. J'autorise donc V. E. à se les approprier. Je crois, en outre, utile de vous dire, qu'à mon avis, et ceci bien entendu sans vous charger d'une proposition quelconque, si la Turquie mettait demain en avant l'idée de l'évacuation préalable par les anglais, il conviendrait de chercher à faire prévaloir quelque combinaison intermédiaire, comme, par exemple, l'engagement de ne pas aller au delà d'Alexandrie, et d'évacuer la ville en mème temps que la Turquie se retirerait du pays après la pacification. Le ròle du Sultan se trouverait ainsi, vis-à-vis des populations égyptiennes, avoir une caractère doublement libérateur. Voici le télégramme de Robilant: « Kalnoky se montre ecc. (Vedi telegramma n. 1184 da Vienna) » (1).

199

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. CONFIDENZIALE 635. Roma, 26 luglio 1882, ore 2.

Nous ne saurions, en dehors de la question d'intervention militaire, ne pas nous préoccuper des intérets économiques se rattachant à la liberté et à la sécurité du canal. Une idée qui, à cet égard, se présente à l'esprit, c'est l'établissement, pour la protection du canal, d'un service de police purement naval, auquel devraient participer, avec le consentement sinon avec le concours de la Turquie, toutes les Puissances, ou au moins les deux occidentales et deux autres déléguées par les quatre. Ce serait un retour à la première proposition franco-anglaise, sauf cependant, l'exclusion de toute action militaire terrestre par laquelle elle se confondrait, en fait, avec celle de l'intervention en Egypte. Nous hésiterions à prendre là dessus une initiative. Mais si V. E. avait le moyen de la faire mettre en avant, par quelque collègue, notre situation en serait notablement améliorée. Nos réserves de participation avec toutes les autres Puissances formant le concert européen à tout réglement définitif de la question égyptienne, se trouveraient ainsi placées, en vue notamment de nos intérèts matériels, sur une base de faits, qui faciliterait, le cas échéant, notre action ultérieure. J'ajoute que d'après ce que Kalnoky vient de dire à Robi

lant (1), le prince de Bismarck serait favorable à cette idée, et aurait chargé Reuss et Keudell d'en faire part aux deux Cabinets. Keudell s'est prononcé aujourd'hui avec mai en termes approbatifs en présence de Ludolf. Télégraphiez moi tout renseignement sur cette question spéciale (2).

(l) Cfr. n. 193.

200

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1196. Vienna, 26 luglio 1882, ore 15,15 (per. ore 19,30).

Mon télégramme d'hier (l) répond d'avance à celui de V. E. d'hier soir (3). Le silence absolu que Kalnoky a observé lorsque je lui ai parlé de la démarche anglo-française pour obtenir concours Italie à action pour protection canal est suffisamment significative. Il prouve que, le cas échéant, on ne donnerait pas plus à nous qu'aux deux autres Cabinets un mandat quelconque, nous laissant faire, à nos risques et périls, ce que nous croirons dans notre intéret. Ceci m'a été si clairement dit par rapport à l'Angleterre et la France qu'il serait non seulement inutile mais inopportun de réitérer une démarche à ce sujet.

V. E. peut compter que Calice a reçu avec précision des instructions dans ce sens.

201

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1197. Berlino, 26 luglio 1882, ore 17,47 (per. ore 20,45).

Je viens de lire au secrétaire d'Etat télégramme de la nuit dernière (4) contenant instructions transmises à Corti, relativement à la protection du Canal. Secrétaire d'Etat trouvait ces instructions correctes. Elles ne préjugeaient pas le fond de la question et cadraient avec la situation. La réponse que V. E. fera aujourd'hui aux représentants de France et d'Angleterre pour une coopération de l'Italie, sera évidemment conçue dans le meme sens. Le chargé d'affaires d'Allemagne prendra ad referendum toute nouvelle communication ou proposition. Secrétaire d'Etat me disait que, si on voulait se montrer méticuleux, on pourrait trouver anormal le procédé des ambassadeurs anglais et français à Constantinople d'annoncer-à la conférence la résolution de leurs gouvernements d'intervenir, avant que le délégués ottomans se présentent à la séance. La Turquie, en tout cas, devrait etre entendue préalablement sur ce point. On

ne saurait ne pas tenir compte de sa position de Puissance territoriale et de ses droits de souveraineté. Si elle ne veut ni ne peut protéger le canal, si elle ne suggère pas des moyens à cet effet, les Puissances pourraient alors chercher à se mettre d'accord sur des mesures de police dans l'intéret de cette importante voie de navigation et cela en dehors de toute vonsidération politique, mais, avant tout, il convient de connaitre la manière de voir de la Turquie, représentée dans le sein de la conférence. Le secrétaire d'Etat a donné à la dernière circulaire télégraphique de la Porte réponse verbale assez conforme à celle de V. E.

(l) -T. 1189 del 25 luglio 1882, non pubblicato. (2) -T. 1285 del 25 luglio 1882, non pubblicato. (3) -T. 642 del 26 luglio 1882, non pubblicato. (4) -T. 629 del 25 luglio 1882, non pubblicato.
202

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1199/1008. Londra, 26 luglio 1882, ore 19,25 (per. ore 21,40).

Je viens du Foreign Office où Granville m'avait prié de passer pour me faire la communication suivante. Après avoir rappelé qu'il avait proposé à V. E. de faire concourir l'Italie avec l'Angleterre et la France à la défense du canal de Suez, il me charge aujourd'hui de vous faire part d'une proposition plus importante, qui est celle de l'intervention de l'Italie, de concert avec l'Angleterre, pour le retablissement de l'ordre en Egypte. Il ne m'a pas caché que la France avait refusé de s'associer à cette expédition et que l'Autriche et l'Allemagne, ne faisant que des voeux pour le succès de l'entreprise, ne croyaient pas pouvoir prendre la responsabilité de donner dans ce but un mandat à une Puissance quelconque. J'ai répondu que j'aurais transmis cette proposition à mon gouvernement, mais que je ne pouvais rien dire à ce sujet vu que j'étais pris au dépourvu sur cette question, dont V. E. ne m'avait aucunement entretenue jusqu'à ce jour et qùi devait étre examinée sous le double point de vue politique et militaire. Granville se montre désireux de notre concours et voudrait avoir, aussitòt que possible, une réponse de V. E. En attendant il me dit que l'Angleterre, se trouvant engagée, était décidée à agir immédiatement quand méme. Veuillez me mettre en mesure de faire connaitre vos intentions à Granville.

203

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC (l)

L. CONFIDENZIALE. Roma, 26 luglio 1882.

Avevo cominciato a scrivervi una non breve lettera, per intrattenermi almeno da lontano della presente grave situazione politica con voi, che avete sempre meco divise le idee direttive delle nostre relazioni estere.

Né vi taccio che mi è penosa la vostra assenza in un momento in cui vi è tanto bisogno dei consigli intimi e fondati sulla piena conoscenza degli interessi e degli impegni nostri. Ma non intendo privare l'egregia signora baronessa di una compagnia che le è tanto necessaria, né impedire a voi di compiere una cura di cui la vostra salute aveva bisogno. Voglio soltanto che sappiate quanto a me sarà gradita la vostra cooperazione, allorché possiate senza domestico disagio, rendermela nelle straordinarie difficoltà che stiamo traversando.

Io stesso, benché infermo da più giorni, non ho potuto ancora lasciare Roma per andare a respirare le aure benefiche di Capodimonte. Ma qui rimangono egualmente gli ambasciatori Paget, Keudell, Ludolf, e Musurus, e gl'incaricati di Francia e di Russia, co' quali sono obbligato d'avere quotidiane conferenze sugli affari d'Egitto.

Quanto la mia lettera a voi destinata, e che spero compiere, rimase interrotta, dall'arrivo della vostra ultima confidenziale (l), la quale riferivasi a vostra personale convenienza; e mi sarei affrettato a rispondervi, se nei giorni scorsi non avessi dovuto per infermità rimanere inoperoso in letto, mentre l'argomento affatto confidenziale non mi permetteva di servirmi dell'altrui mano.

Vengo adunque a rettificare le inesatte vostre informazioni. Non è vero che a Berlino ed a Vienna siasi proposto il vostro nome per l'ambasciata di Parigi, ciò che sarebbe anche stato contrario a tutte le usanze e convenienze e non è vero che da Roma siasi espressa ripugnanza per una scelta che avrebbe avuto un carattere troppo favorevole a' legami con l'Austria e la Germania.

Altro non vi ha, se non che il Keudell, è già molto tempo, in una conversazione confidenziale e privata, e per sua curiosità personale mi domandò se fosse vero che tra i candidati a quell'ambasciata vi fosse pure il barone Blanc: ecco tutto. Ed io risposi, come era vero, che il vostro nome non era stato mai pronunziato, né messo innanzi da chicchessia, non per mancanza di merito, ma perché della mia grande stima e fiducia avendovi dato non dubbie prove, chiamandovi a dividere meco le cure e le responsabilità della direzione suprema della politica estera, non poteva sì nell'uno che nell'altro sorgere il pensiero di separarci, e quindi di far esaminare e discutere col De Pretis (promotore di altra candidatura, a mio avviso impossibile), se e come potesse per ora pensarsi ad una vostra qualsiasi destinazione. Il discorso non ebbe altro seguito, ma si chiuse con l'opinione da me espressa che certamente l'Italia doveva fare speciale assegnamento in voi, pe' grandi servigi di cui avrebbe bisogno in non lontane occasioni.

Di questo colloquio intimo, nessuno ebbe mai conoscenza, né anche il com

mendatore Malvano a cui parimenti nulla dissi della vostra lettera, e spero che

questi miei schiarimenti bastino a vostra piena soddisfazione e tranquillità.

(l) Da M. C. R., Carte Mancini.

(l) Cfr. n. 187.

204

L'ONOREVOLE CRISPI AL REDATTORE CAPO DE LA RIFORMA, PRIMO LEVI (l)

L. P. Londra, 26 luglio 1882.

Eccovi un'altra lettera; ma questa volta le notizie che io vi do non voglio appaiano nella Riforma. Ve le do per dare una giusta intonazione al giornale. Mi piacerebbe però, che le sapesse Mancini.

L'Inghilterra ha bisogno di un'alleata militare nell'impresa di Egitto. E sarebbe lieta che questa alleata fosse l'Italia. So, che l'invito formale è stato fatto al nostro ministero. Dio voglia che il Mancini non rispondesse, siccome feci Corti al 1878, e le conseguenze miserande le conoscete.

In Francia, per le incertezze del Freycinet si prepara una coalizione contro di lui, e non è difficile che fra due o tre giorni colà avremo una crisi. Allora Francia ed Inghilterra si combineranno; e noi resteremo esclusi. Bisogna dunque non perdere tempo, ed accettare immediatamente l'invito che ci venne fatto.

L'Inghilterra è pronta a tutto, perché al dramma egiziano sia data una soluzione conforme a' suoi interessi. Stamattina il Times parlava della necessità di un governo in Egitto sotto il protettorato inglese. Se l'Italia ricusa l'Inghilterra farà qualunque concessione alla Francia. Allora avverrà quello che io vi scrissi ieri (2): la Francia consolidata in Tunisia, forse col permesso di aggregarvi la Tripolitania.

Il Mediterraneo ci sarebbe chiuso.

Non è difficile, che la Germania, prevedendo tutto ciò e volendo aiutare la Turchia, persuada questa ad intervenire. In effetto stamattina si dava come certo che la Porta aveva risposto che interverrebbe: rimetteva ad altro giorno di dirne le condizioni. Come capirete, sarebbe cotesta una nuova dilatoria per impedire, o per lo meno per ritardare l'intervento delle Potenze mediterranee.

La Francia però non vuole sentirne della Turchia, poiché non la vuole si avvicini ai suoi possedimenti africani. E l'Inghilterra non se ne fida, perché vede la mano turca in tutto l'imbroglio egiziano.

Il nostro intervento non sarebbe avversato dalla Germania, anzi sarebbe bene accolto. Parrebbe al gran cancelliere che in tal modo si dissiperebbero i malumori per l'intrigo di Tunisi. Certamente non lo proporrebbe, nè ci inciterebbe, perché non è suo interesse, ed egli vorrebbe lavarsene le mani.

Conservate anche questa lettera, perché non ne ho copia.

205

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 644. Roma, 27 luglio 1882, ore 3.

Plusieurs de mes télégrammes antérieurs exprimaient déjà clairement notre intention bien arrètée, au cas mème d'une invitation parla France et l'Angleterre,

de ne pas nous associer, sauf mandat de la conférence et concours de l' Allemagne ou de l'Autriche, à une intervention avec les deux Puissances occidentales en Egypte, ainsi qu'à toute opération d'un caractère mal défini, concernant le canal de Suez. Nous persistons aujourd'hui encore dans cette intention. L'avis du Cabinet de Vienne, à cet égard, résulte très explicitement de votre télégramme de ce soir (l). Maintenant il nous importerait de voir l'idée de Bismarck, concernant un service de police purement naval auquel les différentes Puissances saraient appelées à participer, assumer un caractère pratique. L'Autriche-Hongrie qui ne saurait étre soupçonnée d'une vélléité d'intervention, dans l'acception absolue du mot ,et qui a, elle aussi, dans le canal de Suez des intéréts de premier ordre, paraitrait devoir étre la plus indiquée pour prendre une initlative, à laquelle le succès serait désormais assuré. C'est en ce sens que je prie

V. E. de s'employer auprès du comte Kalnoky, lui faisant bien comprendre qu'il ne s'agit plus d'une véritable intervention à l'égard de laquelle mon sentiment continue d'étre celui que je vous ai exprimé dans le télégramme du 18 juillet (2).

(l) -Da A. C. s., Carte Cr!spi. (2) -Cfr. n. 196.
206

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

T. 645. Roma, 27 luglio 1882, ore 18,30.

Je présume que Granville vous a fait hier au soir la proposition contenne dans votre télégramme (3), alors qu'il ignorait encore l'acceptation formelle et intégrale par le Sultan de I'intervention ottomane, telle qu'elle a été formulée dans la note identique du 15 juillet. La Porte s'est maintenant décidée à aller en Egypte en cédant aux instances, qui sont censées lui avoir, hier encore, été renouvellées par les six Puissances, l'Angleterre et l'Italie elles mémes comprises, Il y aurait, nous parait-il, contradiction de notre part, à négocier pour une intervention différente, et il ne nous reste, donc, à l'état actuel des choses qu'à remercier le Cabinet britannique d'avoir pensé que l'amitié de l'Italie pouvait, en cette circonstance se traduire, pour l' Angleterre, dans un concours utile. Telle est la réponse à laquelle V. E. doit se borner. Elle doit cependant soigneusement s'abstenir de tout ce qui pourrait autoriser des espérances pour le cas où la proposition allait nous étre représentée après, et malgré l'acceptation de la Turquie.

(l) -Cfr. n. 200. (2) -Cfr. n. 173. (3) -Cfr. n. 202.
207

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A PIETROBURGO, NIGRA, E A VIENNA, DI ROBILANT

T. 647. Roma, 27 luglio 1882, ore 23,30.

V. E. connait déjà la réponse que j'ai faite hier à la communication francoanglaise concernant le canal de Suez. La conférence n'a fait hier que recevoir, sans la discuter la notification, qui lui a été faite, à ce meme sujet, par les ambassadeurs d'Angleterre et de France. Paget est aujourd'hui revenu à la charge demandant ma réponse. Ne serait-il pas maintenant possible de rallier, en ce qui concerne le canal de Suez, au moins les quatre Cabinets, peut etre meme tous les six, autour de la combinaison agréée déjà à Berlin et à Vienne, consistant dans leur adhésion limitée à un service purement naval, et de surveillance, auquel participeraient d'après des règles à convenir toutes les six Puissances, avec le consentement, ou mieux encore avec le concours de la Sublime Porte? Je vous prie de demander au Cabinet auprès duquel vous etes accrédité, s'il est disposé à admettre, en principe cette combinaison, et à donner à son représentant à Constantinople instructions, autorisant cette adhésion limitée au sein de la conférence, sauf le règlement pratique des détails. Une manifestation identique de la part des quatre Cabinets aurait un double avantage: affirmer, une fois de plus, la compétence européenne; prouver qu'il n'y a pas abandon ni abdication de cette compétence, mais qu'on désire l'exercer de manière à éviter que son exercice puisse dégénérer en une intervention politique et militaire dans les affaires intérieures d'Egypte. Keudell et Ludolf télégraphient pour recommander cette combinaison à leurs gouvernements, il faudrait hater, pour ma règle, une réponse positive.

208

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, A UMBERTO I E AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DEPRETIS (l)

T. Roma, 27 luglio 1882.

Jeri sera Granville, dopo avere comunicato a Menabrea che la Francia rifiuta definitivamente associarsi per intervento politico-militare in Egitto, lo pregò formalmente officialmente di far pervenire al governo italiano, indipendentemente dall'altro invito riguardante il canale di Suez, la pr,oposta di concorrere militarmente con l'Inghilterra per stabilire ordine in Egitto (2). Ho intanto risposto (3) a Menabrea incaricandolo di ringraziare Granville e dirgli noi presumiamo proposta esserci stata fatta prima Sua Signoria conoscesse

(-2) Cfr. n. 202.

accettazione integrale intervento ottomano da parte del Sultano, il quale avrebbe con ciò aderito all'invito anche dell'Inghilterra e dell'Italia, di guisa che non potrebbesi senza contraddizione, allo stato attuale delle cose, negoziare per un intervento diverso. Se poi la proposta ci fosse riprodotta, malgrado risoluto intervento ottomano, penserei dover rispondere Italia non potersi impegnare per intervento militare, avente carattere ostile contro Potenza sovrana del territorio e ciò senza il consentimento dell'Europa, e neppure il concorso di almeno una tra le Potenze con cui ci trovammo finora concordi nel considerare le successive fasi della quistione egiziana.

(Per Sua Maestà) Prego Vostra Maestà farmi conoscere se approverebbe eventualmente questo mio linguaggio. Gli ambasciatori di Vostra Maestà a Berlino e Vienna, nonché gli ambasciatori di Germania e di Austria qui non lasciano dubbio alcuno quelle due Potenze essere fermamente risolute a non voler far atto spiacevole alla Turchia, e risolutissime poi a non intervenire, né dare a chicchessia mandato di intervento in Egitto. Offro a Vostra Maestà omaggio profondo rispetto.

(Per S. E. Depretis) Mi sarebbe grato assai di conoscere in proposito il suo pensiero -Launay, Robilant, Ludolf, Keudell -tengono tutti linguaggio identicamente reciso. Austria e Germania fermamente risolute nulla fare che possa spiacere alla Turchia, ancor più risolute a non intervenire, né dare a chicchessia mandato d'intervento. La Francia stessa, già lo dissi, ricusa partecipare intervento. La nostra sarebbe quindi avventura pericolosa a tutto nostro rischio di problematico prc fitto e che altererebbe sostanzialmente la base della nostra politica. Da questo incidente e dalla lealtà nostra trarrà certo vantaggio la nostra posizione verso l'Austria e Germania, né mancherò di far valere il servizio che rendiamo alla causa della pace. Credo però, allo stato attuale delle cose, non sperabile altro compenso tranne combinazione indicata nel precedente telegramma (1), circa canale Suez, implicante protezione nostri interessi materiali, riservante giusta parte influenza italiana, escludente ogni accusa di abbandono da parte nostro governo.

Aspetto la tua risposta con molta impazienza pur confidando che l'intervento turco eliminerà ogni molestia nostra preoccupazione in questo ordine di idee.

(l) -Da M. C. R., Carte Mancini. (3) -Cfr. n. 206.
209

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

D. 1461. Roma, 27 luglio 1882.

Con telegramma in data del 25 luglio (2) l'ambasciatore di Sua Maestà a Costantinopoli mi annunciava che gli ambasciatori di Francia e d'Inghilterra avrebbero notificato alla conferenza, prima dell'arrivo dei delegati ottomani,

come i loro governi avessero deciso di intervenire per la difesa e la garanzia del canale di Suez, esprimendo il desiderio che una o più Potenze prendessero parte alle opportune operazioni. Il marchese di Noailles aveva chiesto al conte Corti se egli conoscesse le disposizioni del R. governo a questo riguardo, e lord Dufferin gli indirizzava la stessa domanda aggiungendo che il governo britannico desiderava vivamente la partecipazione dell'Italia.

Risposi nella giornata stessa del 25 (l) al conte Corti che se alla conferenza i due ambasciatori si limitavano a notificare la risoluzione presa dai loro governi d'intervenire per la difesa e la garanzia del canale di Suez, esprimendo semplicemente il desiderio che una o due Potenze prendessero parte ctlle relative operazioni, egli dichiarasse, dovendosi pronunziare, che porterebbe la comunicazione anglo-francese alla conoscenza del R. governo. Supponevo che i di lui colleghi delle tre Potenze ne farebbero altrettanto. Ma nel caso in cui nella comunicazione franco-inglese ovvero nella discussione che ne sarebbe seguita, si facesse menzione esplicita della cooperazione dell'Italia, invitavo il conte Corti a dichiarare recisamente che il governo del Re non sarebbe in grado di pronunziarsi senza conoscere l'apprezzamento della conferenza sia circa l'intervento franco-inglese, sia circa il concorso eventuale di una o più Potenze.

Ieri l'ambasciatore d'Inghilterra venne a farmi la proposta ufficiale per la cooperazione dell'Italia colle due Potenze alla protezione del canale di Suez. Il telegramma di lord Granville, di cui sir A. Paget mi dava conoscenza, contiene la domanda al governo italiano di cooperare coll'Inghilterra e colla Francia alle misure da prendersi per la protezione del canale di Suez, ed esprime la soddisfazione che il governo della Regina proverebbe nel vederci a lui associaw a questo scopo. Ho risposto all'ambasciatore d'Inghilterra pregandolo anzitutto di ringraziare il suo governo per tale proposta, di cui apprezzavamo il carattere amichevole, e di volerlo assicurare di una completa reciprocità di sentimenti da parte nostra. Interessi economici di primo ordine si associano per noi alla sicurezza del canale, e v'era senza dubbio l'oppor

tunità di esaminare le misure da adottarsi per conseguire questo intento. Aggiunsi che il nostro ambasciatore a Costantinopoli ci aveva telegrafato (2) che la conferenza doveva in giornata occuparsi della comunicazione franco-inglese per la protezione del canale di Suez, e gli avevo, a mia volta, dato immediatamente delle istruzioni le quali lo ponevano in grado di prender parte alla discussione che s'aprirebbe in proposito in seno alla conferenza. Era evidente che la condotta del R. governo non sarebbe stata corretta, se avesse aderito, su questo argomento, a negoziati speciali all'infuori della conferenza, e prima di conoscere l'avviso che nella conferenza esprimeranno i rappresentanti delle altre Potenze. Il R. governo si riserbava dunque di rispondere dopo il risultato della discussione nella conferenza stessa.

L'incaricato d'affari di Francia venne poco dopo a farmi la stessa comunicazione. La mancanza d'istruzioni gli aveva impedito di effettuarla congiuntamente all'ambasciatore d'Inghilterra. Ho ripetuto al signor de Bacourt la stessa risposta data a sir A. Paget.

Confermando per tal modo all'E. V. i miei tre telegrammi in data del 25 e 26 luglio (1).

(l) -T. 642, del 26 luglio 1882, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 192. (l) -T. 629 del 25 luglio 1882, non pubblicato. (2) -T. 1195 del 25 luglio 1882, non pubblicato.
210

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (2)

R. 2412. Therapia, 27 luglio 1882 (per. 1'8 agosto).

Ieri seguì l'undecima seduta della conferenza tenutasi pure alla R. ambasciata, ed essa principiava alle due e durava fino alle sette ed un quarto.

Il signor ministro degli Affari Esteri annunziava primieramente che le truppe ottomane erano sul punto di partire per l'Egitto. Egli proponeva indi di iniziare la discussione sulle condizioni menzionate nella nota identica del 15 luglio, osservando tuttavia che l'accordo che aveva ad intervenire sulla materia, non dovrebbe influire sui movimenti delle forze armate. Cui rispondevano gli ambasciatori di Francia e d'Inghilterra i due argomenti essere collegati, imperocché era inteso dalle Potenze che la spedizione delle truppe ottomane in Egitto dovesse essere sottomessa alle condizioni enumerate nella nota. Ed i delegati ottomani finivano per acconsentire a siffatta posizione. Said pascià prendeva allora ad esame ciascun punto della nota. Qualche osservazione faceva S. E. riguardo all'organizzazione dell'esercito egiziano, però riconosceva la necessità di essa. Seguiva una lunga discussione sul prudente sviluppo delle istituzioni egiziane, la quale aveva termine in seguito all'osservazione per me fatta, intendersi per quelle parole il naturale sviluppo della civiltà, il quale doveva stare a cuore alla Potenza sovrana ancor più che alle altre. Si parlò eziandio degli aggiustamenti finanziari, al quale proposito l'ambasciatore di Francia osservava quei termini non essere che la riproduzione di quelli che erano usati nella nota ottomana del 26 giugno, ed io insistevo non essere quello il momento opportuno d'entrare in siffatti dettagli. Poche parole erano scambiate relativamente alla durata della occupazione ottomana. E si scorgeva che i delegati ottomani erano di fatto disposti ad accettare tutte le condizioni proposte.

Essendo per tal modo intervenuto un implicito accordo in ordine al contenuto della nota identica, gli ambasciatori d'Inghilterra e di Francia domandarono di fare una comunicazione della quale invitavano la conferenza a prendere atto. Ed il marchese di Noailles dava lettura, a nome dei due colleghi, del telegramma del signor Freycinet nel quale era detto «le due Potenze essere con

venute che, nel presente stato delle cose, esse sono pronte, se la necessità si presenta, a provvedere alla protezione del canale di Suez, sia sole, sia colla cooperazione di qualunque altra Potenza che volesse concorrervi ». Questa comunicazione non era seguita da alcuna discussione né osservazione. I rappresentanti d'Austria-Ungheria e di Germania avendo per istruzione di non conferire alcun mandato, né d'esprimere alcun veto in ordine all'intervento delle Potenze in Egitto, non potevano che limitarsi a portare la comunicazione alla conoscenza dei rispettivi governi. Dal mio canto non avevo ricevuto dalla E. V. l'ordine di esprimere alcun avviso sia sull'intervento franco-inglese, sia sulla cooperazione dell'Italia, chè anzi mi era noto pel telegramma che l' E.V. mi faceva l'onore d'indirizzarmi la mattina stessa (1), che in giornata codesti rappresentanti di Francia e d'Inghilterra farebbero una speciale proposta di concorso al R. governo. Né, in materia di tanta entità e che implica considerazioni di sì alta politica, sia in ordine alle nostre relazioni internazionali presenti, sia per gli effetti a venire, io posso avere altro avviso all'infuori di quello che il

R. Governo sarebbe per significarmi.

I delegati ottomani domandavano indi di consultarsi fra di essi, e quando tornarono fecero, a nome del governo imperiale, la dichiarazione che accettavano la proposta delle Potenze di spedire le truppe ottomane in Egitto, alla condizione che le truppe estere riceverebbero contrordine di muoversi verso l'Egitto, e quelle che già vi si trovavano, evacuerebbero il territorio tostoché quelle di

S. M. il Sultano sarebbero in vista. L'ambasciatore d'Inghilterra non intendeva da principio il senso della comunicazione, e domandò se i delegati ottomani non l'avessero per iscritto, però questi la ripetevano verbalmente. Lord Dufferin diceva allora essere questa la fine della conferenza, s'alzava, e la seduta era di fatto sospesa. Said pascià manifestava allora il desiderio di conferire privatamente con l'ambasciatore d'Inghilterra, e dopo alcun tempo questi mi domandava, allegando che in una congiuntura di tanta entità preferiva fosse presente una terza persona, e diceva indi che il signor ministro degli affari esteri l'aveva pregato di dargli un consiglio, ma egli non conosceva da quali sentimenti fosse animato in quel momento il governo di S. M. la Regina, epperò non poteva assumere la responsabilità di dare un consiglio. Cui soggiunsi che prendevo io risolutamente siffatta responsabilità e scongiurava il signor ministro degli affari esteri di modificare una dichiarazione che chiuderebbe ogni via che poteva condurre agli accordi, e di limitare la domanda nel senso che le truppe estere (inglesi) non andrebbero più oltre, quando quelle della Turchia giungessero in Egitto, allegando tutte le ragioni che militavano in favore di siffatta proposta. E dopo qualche esitazione Said pascià accettava il consiglio, e, ripresa la seduta,

S. E. modificava in tal senso la sua proposta, riservandosi tuttavia di ottenere la approvazione superiore dell'operato. Fu indi convenuto che la Sublime Porta ci farebbe la comunicazione in discorso per nota ufficiale in risposta alla nostra del 15 luglio.

La prossima seduta era fissata per venerdì 28 corrente, però i delegati ottomani si riservavano di domandarla per oggi, se ne fosse il caso.

15 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XV-XVI

Si redigeva infine il telegramma identico che io ebbi l'onore di spedire all'E. V. alle otto (1). E stamane le diressi altro telegramma sui più importanti punti trattati in quella seduta (2).

(l) -T. 642 del 26 luglio 1882, non pubblicato. (2) -Ed., in LV 35, pp. 370-372.

(l) Cfr. n. 209, nota l, pag. 163.

211

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (3)

R. CONFIDENZIALE 2413. Therapia, 27 luglio 1882 (per. il 2 agosto).

Ieri ricevetti il telegramma (4) che l'E. V. mi faceva l'onore di rivolgermi per ragguagliarmi, all'infuori della questione militare, il R. governo preoccuparsi degli interessi economici che implicavano la libertà e la sicurezza del canale di Suez; si potrebbe provvedere alla protezione del canale per un servizio di polizia puramente marittimo; *il R. governo esitava a prendere l'iniziativa di analoga proposta, ma se io potessi metterla innanzi per mezzo di qualche collega la nostra posizione ne sarebbe notevolmente migliorata *; secondo quello che il conte Kalnoky diceva al conte di Robilant, il principe di Bismarck sarebbe favorevole all'idea; le telegrafassi tutto quello che potevo trarre sopra questa questione speciale.

*E stamane comparve l'altro telegramma (5) pel quale l'E. V. si compiaceva significarmi « essere bene che io sappia per mia informazione strettamente personale che l'idea di un servizio di polizia puramente marittimo, al quale le potenze potrebbero associarsi, emana dal principe di Bismarck stesso; l' E.V. aveva insistito per mezzo dei rispettivi rappresentanti onde le idonee istruzioni fossero trasmesse ai miei colleghi di Germania e di Austria-Ungheria »*.

In esecuzione degli ordini dall'E. V. impartitimi io non indugierò ad intrattenere della materia i miei colleghi di Germania e d'Austria-Ungheria. * E l'idea emanando dal principe di Bismarck non dubito che S. A. sarà disposta ad affidare all'incaricato d'affari di Germania il compito di prendere l'iniziativa in proposito*.

212

L'ONOREVOLE CRISPI AL REDATTORE CAPO DE LA RIFORMA, PRIMO LEVI (6)

L. P. Londra, 27 luglio 1882.

Ancora splende lo stellone d'Italia, e non astante i nostri errori, la posizione delle cose non è peggiorata, ed abbiamo tempo ancora per migliorare la nostra politica.

All'ora in cui scrivo (4% pomeridiane) di Francia nessuna notizia per la soluzione della crisi. Ogni giorno che passa è un guadagno per noi.

Qui grande battaglia alla Camera dei pari per la legge sugli arretrati dei fitti in Irlanda. Lord Salisbury farà un emendamento, che il governo non accetterà, e se i Pari lo voteranno, non sarà modo d'intendersi fra le due Camere; e si prevede che bisognerà ricorrere ad uno scioglimento della Camera dei Comuni. I conservatori non credono di vincere nelle elezioni generali, cioè di poter avere una maggioranza. Nulladimeno, Lord Salisbury si è incornato, e non vi è verso per dissuaderlo. Non voglio prevedere il caso di una vittoria dei conservatori, perché allora la nostra posizione nel Mediterraneo deteriorerebbe.

La crisi parlamentare in Inghilterra -ove avvenisse -e la durata della crisi ministeriale in Francia, la quale anch'essa potrebbe esser seguita una crisi parlamentare, darà a noi tempo di riflettere e di prepararci ad agire.

Nelle mie lettere (l) ho detto abbastanza sul contegno che dovremmo tenere. Oggi farò poche considerazioni.

L'Italia nel Mediterraneo dev'essere d'accordo con l'Inghilterra. Essa non teme lo sviluppo della nostra marina, ed è lieta di questo sviluppo, perché di fronte alla Francia è una forza di opposizione. Come vi dissi altra volta, l'Inghilterra non si preoccupa che della Francia.

Amici degl'inglesi ed alleati, non abbiamo da temere sui mari. Sarebbe diversamente, se fossimo nemici; non potremmo esser padroni delle nostre spiagge.

Nella politica continentale poi è tutt'altro il caso. È nostro dovere agire di concerto con la Germania. Non agendo di concerto, dovremmo essere fortemente armati, tanto che la Germania ci rispettasse e chiedesse l'opera nostra.

Sono identici i motivi della politica continentale e della politica marittima, nelle due politiche avendo innanzi a noi lo stesso nemico da combattere. Nella quistione di Egitto avevamo questo di bene, che unendoci alla Inghilterra non avevamo nemica la Germania. Quindi non vi era da esitare.

(l) -T. 1201 del 26 luglio 1882, non pubblicato. (2) -T. 1202 del 27 luglio 1882, non pubblicato. (3) -Ed., ad eccezione dei brani tra asterischi, in LV 35, p. 373. (4) -Cfr. n. 199. (5) -T. 638 del 26 luglio 1882, non pubblicato. (6) -Da A. C. S., Carte Crispi.
213

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1216. Pietroburgo, 28 luglio 1882, ore 13,20 (per. ore 15,45).

Interrogé par moi sur l'invitation faite à l'Italie par l'Angleterre et la France de coopérer avec elles pour la protection du canal, M. de Giers me répondit que, selon avis du Cabinet de S. Pétersbourg, la garde du canal appartient de droit à la Turquie et, si elle se montre impuissante à l'exercer, chaque Puissance aurait la faculté de prendre des mesures pour la sécurité de ses navires traversant le canal. M. de Giers croit douteux que les Puissances consentent à donner un mandat spécial pour la protection du canal à l'Angleterre et à la France.

(l) Cfr. n. 196.

214

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI, A BERLINO, DE LAUNAY, A COSTANTINOPOLI, CORTI, A LONDRA, MENABREA, A PIETROBURGO, NIGRA, A VIENNA, DI ROBILANT, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI (l)

T. 649. Roma, 28 luglio 1882, ore 16,45.

Paget est venu aujourd'hui me faire, d'après un télégramme d'hier soir de lord Granville, invitation formelle à l'Italie de coopérer avec l'Angleterre pour rétablir l'ordre en Egypte. Je lui ai dit que le général Menabrea m'avait communiquée déjà démarche identique faite auprès de lui par Granville, et je m'en suis réferé, quant à ma réponse au télégramme expédié hier par moi au comte Menabrea (2). Sir A. Paget ayant fait, à cet égard, la remarque que lord Granville avait sans aucun doute, en lui adressant le télégramme d'hier !l.U soir, connaissance de l'acceptation par le Sultan de l'intervention ottomane, je lui ai, à mon tour répondu, en faisant ressortir la différence de situation entre l'Angleterre occupant déjà Alexandrie, pouvant désirer de rester sur piace pour contròler l'efficacité de l'intervention ottomane; et toute autre Puissance qu'on appellerait maintenant à entreprendre une action militaire sur le sol égyptien. J'ai conclu, en déclarant que je ne serais en mesure de donner une réponse qu'après la réalisation des ces trois points: 1° recevoir de Menabrea le compte rendu de l'entretien qu'il doit avoir eu avec Granville d'après son télégramme d'hier (3); 2° etre à meme d'apprécier les déclarations officielles que le Cabinet britannique pourrait faire, en face de l'acceptation de l'intervention ottomane; 3° voir la situation se définir plus clairement, après ce qui concerne l'action de la Turquie en rapport avec ses déclarations.

215

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 966. Parigi, 28 luglio 1882, ore 18,20 (per. ore 20).

Le ministre des Affaires Etrangères vient de me dire que l'ambassadeur de France à Costantinople se félicite beaucoup de la manière dont le comte Corti préside la conférence. Puis S. E. passant en revue ce qui se passe jusqu'à présent a applaudi à la résolution due à l'initiative du comte Corti et qui assure l'abstention de toute action isolée en Egypte pendant la durée de la conférence. Il était clair que la pensée d'avoir écarté pour le moment, au moyen de cette résolution, l'éventualité d'une intervention isolée de l'Angleterre est pour beaucoup dans la satisfaction que semblait éprouver M. de Frey

cinet. Le chef du Cabinet du ministre, avec qui j'avais, quelques instants auparavant, causé de la situation en Egypte, a parfaitement admis l'opportunité éventuelle de recourir à un engagement avec Araby en se servant, pour influer sur lui, du spectacle de ruine et de désolation que présente l'Egypte depuis le départ des européens. Le ministre des affaires étrangères, tout en se tenant sur la plus grande réserve ne repousse pas cet expédient et j'ai lieu de croire que M. de Ring qui a été désigné pour assister Noailles à Constantinople est dans cet ordre d'idées.

(l) -Ed., In italiano, in LV 35, p. 383. (2) -Cfr. n. 206. (3) -Cfr. n. 202.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1221. Berlino, 28 luglio 1882, ore 18,51 (per. ore 19,30).

Cabinet de Berlin était informée de l'ordre transmis à M. Onu de s'abstenir de paraitre pour le moment à la conférence. L'Empereur Alexandre n'entend point en amener la rupture, ni se séparer du concert européen. Il a cru de sa dignité, en présence de l'action isolée qui se produit à còté de la conférence et tant que celle-ci n'aura pas un programme bien arreté, ordonner que son représentant s'abstienne de siéger dans cette assemblée. C'est une affaire de sentiment plus qu'une résolution dictée par des motifs politiques. Le secrétaire d'Etat, qui me donnait ces détails, ajoutait que ce n'était pas moins un fait regrettable. L'ordre dont il s'agit a été expédié lorsqu'on ignorait encore à Pétersbourg acceptation sans réserve par la Turquie de la note collective du 15 juillet. On savait seulement acceptation en principe. Il se pourrait donc que la Russie se ravisat. On comprendrait d'autant moins sa détermination maintenant que la situation s'est améliorée, que par l'attitude prise par la Turquie on semble se rapprocher de la solution désirée, et qu'une entente est en train de se préparer pour la protection du canal de Suez. Le secrétaire d'Etat ne croyait pas que Bismarck fut disposé à donner a Pétersbourg des conseils qui, du reste, ne lui sont pas demandés et il ajoutait: « Je n'ai point de suggestion à vous faire, mais vu vos intérets bien supérieurs aux nòtres dans la question d'Egypte, pourquoi n'agiriez-vous pas vous meme à Pétersbourg? « Secrétaire d'Etat s'est exprimé dans le meme sens avec mon collègue d'Autriche pour une initiative du còté aussi du Cabinet de Vienne.

217

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1227. Therapia, 29 luglio 1882, ore 1 (per. ore 11,20).

Ce matin j'ai reçu note de la Porte portant acceptation de la proposition d'intervention ottomane en Egypte sur la base de la note des Puissances et

en exprimant espoir qu'en présence de cettè' détermination l'occupation étrangère actuelle de ce Pays sera abandonnée aussitòt que les troupes ottomanes seront à Alexandrie plus un annexe qui soumet la réorganisation de l'armée égyptienne à l'accord entre la Porte et le Kedive à l'exclusion des Puissances. Ministre des Affaire Etrangères accompagne ce document d'une demande de réunion de la conférence aujourd'hui pour en discuter les termes, mais l'on ne saurait avoir la conférence en l'absence d'un des représentants. J'ai convoqué pour aujourd'hui mes cinq collègues. On ignare ici complètement, meme à l'ambassade de Russie, le motif de l'abstention du chargé d'affaires russe. C'est une chose extremement regrettable en ce moment car la conférence pouvait obtenir toute concession de la Porte dans les circonstances actuelles.

218

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1235. Pietroburgo, 29 luglio 1882, ore 22,20 (per. ore 2 del 30).

M. de Giers vient de me dire que l'Empereur donne son approbation à la combinaison concernant la coopération navale de toutes les Puissances pour la sécurité du canal. M. Onu a reçu instructions d'assister à la conférence et d'appuyer cette combinaison. M. de Giers m'a expliqué ordre d'abstention pour un sentiment de dignité de l'Empereur qui a été choqué que pendant que les plénipotentiaires discutaient à la conférence d'autres Puissances agissent et envoyent des troupes sans attendre les décisions. Le télégramme de V. E. (l) a fait impression sur M. de Giers qui le mettra sous les yeux de l'Empereur. J'espère que le plenipotentiaire russe continuera à assister à la conférence à moins qu'Angleterre refuse d'accepter intervention turque. Du reste le sentiment qui a fait agir l'Empereur en cette circonstance n'a rien de contraire au maintien du concert européen qu'il désire sincèrement.

219

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

D. 1462. Roma, 29 luglio 1882.

Mi pervenne il rapporto che l'E. V. mi dirigeva il 24 corrente n. 1436 (2) di questa serie per richiamare la mia attenzione sopra due corrispondenze pubblicate dal Times sotto il titolo di «Anglofobia in Italia » nonché quello in data del 25 corrente n. 1438 (2) col quale Ella mi trasmetteva un estratto del

Globe contenente una protesta contro le accuse mosse al giornalismo italiano nelle due corrispondenze suaccennate.

Il giudizio del signor Wood, corrispondente del Times è senza dubbio assai appassionato. Noi confidiamo che il governo britannico e le classi più elevate in Inghilterra non si saranno associati a cosi severi apprezzamenti. Non vogliamo neppure indagare se fosse, o non, giustificato l'eccitamento che in una parte della pubblica opinione in Italia si è manifestato per i dolorosi casi di Alessandria. È certo però che i giudizi, sia pure eccessivamente severi ed anche ingiusti, della nostra stampa, si riferivano esclusivamente a quell'incidente speciale ed alle sue conseguenze, né mai ebbero carattere di animosità verso una Nazione di cui tutti ricordano l'operosa e provvida amicizia in tempi difficili per l'Italia, e che gode fra noi di universali simpatie.

L'E. V. potrà esprimersi in questo senso nel caso in cui le venisse fatto parola di tale argomento.

(l) -Cfr. n. 207. (2) -Non pubblicato.
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L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1239/1012. Londra, 30 luglio 1882 ore ... (l) (per. ore 19,15).

Le discours de Granville à la Chambre des lords et surtout celui de Gladstone à la Chambre des communes prononcé dans la séance du 28 au 29 courant ainsi que les instructions données à Dufferin ont spécialement fixé l'opinion publique sur les intentions définitives du Gouvernement anglais au sujet de l'Egypte. Tout en acceptant la coopération promise par la Sublime Porte il est toujours plus décidé à hàter les opérations militaires indépendamment du concours que peut lui donner la Turquie, concours sur l'efficacité duquel il ne semble pas beaucoup compter. Gladstone, étant interpellé sur la coopération de l'Italie, a répondu que des communications étaient échangées à ce sujet. Il parait que la France, l'Allemagne, l'Autriche et la Russie se renferment dans l'abstention et laissent à l'Angleterre entière liberté d'action, car les ambassadeurs de ces Puissances sont tous partis en congé. Il ne reste ici que Musurus qui ne quitte jamais Londres et moi pour le moment. L'opinion de tous les partis se prononce toujours plus afin que l'Angleterre profite de cette occasion pour s'établir fortement en Egypte. Il est certain que le Gouvernement s'il conduit à bonne fin san expédition voudra faire ses frais et bien au delà encore. La presse anglaise se montre très hostile à l'Italie. Le dernier numéro de la Saturday Review, ordinairement si modéré, contient un article venimeux et outrageant contre nous. C'est un échange de procédés entre les presses des deux Pays.

(l) Manca l'indicazione dell'ora di partenza.

221

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1240. Berlino, 30 luglio 1882, ore 18,50 (per. ore 20,50).

Combinaison d'un service de police et surveillance purement navale sur le canal de Suez a rencontré suffrage de toutes les Puissances y compris la France et la Porte, sauf celui de l'Angleterre qui ne s'est pas encore prononcée, mais qui connait cette combinaison. Ce n'est dane plus le cas de se mettre en communication avec Paris et Londres pour se renseigner sur leurs intentions car la combinaison dont il s'agit est arrivée au point de maturité et rien ne s'oppose à ce qu'une proposition dans ce sens soit présentée à la conférence. Le secrétaire d'Etat ne s'opposait pas à la formule que vous indiquiez (l) sauf qu'on pourrait réserver de se concerter dans chaque cas spécial où il se produirait dans la pratique des divergences de vues. Le Cabinet de Berlin avait parlé de son initiative avant de connaltre vas intentions, mais, d'accord avec l'Autriche, il nous l'abandonne maintenant. Corti aurait dane à faire la proposition au nom de l'Italie seule pour ne pas avoir l'apparence en la présentant aussi au nom d'autres Puissances, de viser à une sorte de démonstration. Il sera appuyé par ses collègues d' Autriche et d' Allemagne. On ne sai t pas eneo re ici si la Russie est déjà d'accord sur cette question d'initiative. M. Onu vient d'etre autorisé à reparaitre à la conférence, mais ne prendra part qu'aux délibérations concernant le canal de Suez. Du moment où la France n'insistera plus pour une coopération à trois, nous pourrions nous borner à répondre à la démarche collective de la France et de I'Angleterre que, depuis lors, les circonstances se sont modifiés et que la question est réservée à la conférence.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1241. Berlino, 30 luglio 1882, ore 18,50 (per. ore 20,40).

Profitant de l'autorisation de V. E. je viens de donner lecture au secrétaire d'Etat, en recommandant d'en garder strictement le secret, de vos télégrammes du 27, 28 et 29 juillet (2) sur l'invitation formelle à l'Italie d'intervenir avec l'Angleterre pour rétablir l'ordre en Egypte. Il m'a beaucoup remercié de cette communication en se louant beaucoup de la confiance que nous lui témoignons, de notre loyauté et de notre attitude parfaitement correcte en cette question. En réponse à ce que je lui avais lu touchant les observations sur notre position

spéciale comme Puissance méditérranéenne il me laisse entendre qu'un règlement définitif de la question égyptienne presuppose, d'après les traités en vigueur, l'assentiment de l'Europe et qu'il n'est pas méme permis d'admettre qu'une Puissance quelconque pense autrement. Dans cet ordre d'idées les intéréts d'un chacun et nommément de l'Italie trouveront leur solution equitable, dans ce règlement définitif. Tel a été, si je l'ai bien compris, le fond de la pensée exprimé par S. E. C'était là, au reste, un sujet, sur lequel l'occasion ne manquerait pas de revenir. Le secrétaire d'Etat m'a aussi parlé d'une communication que Dufferin avait été chargé de faire à la prochaine séance de la conférence et sur la quelle ses collègues ont demandé des instructions à leurs gouvernements respectifs. Je n'en reproduis donc pas la substance. Il a été télégraphié au chargé d'affaires d'Allemagne que, s'il s'agissait d'une simple communication, il n'aurait qu'à en rendre compte à Berlin. Le Gouvernement, toujours conséquent avec son programme, n'approuve ni ne désapprouve ce que chaque Puissance croit entreprendre dans son propre intérét et sous sa propre responsabilité, mais s'il s'agissait d'une proposition, le chargé d'affaires devrait la prendre ad referendum. Au reste, si le Sultan accepte les conditions de l'Angleterre à une simple coopération militaire ottomane, l'Europe ne saurait se montrer plus turque que les tures.

(l) -T. 655 del 29 luglio 1882, non pubblicato. (2) -Cfr. nn. 207 e 214, i TT. 646 del 27 luglio 648 del 28 luglio, 655 e 657 del 23 luglio 1882, non sono pubblicati.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A COSTANTINOPOLI, CORTI, A LONDRA, MENABREA, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI

T. 662. Roma, 30 luglio 1882, ore 19.

Les quatre Cabinets sont désormais d'accord quant au canal de Suez, sur la base d'un service de police et surveillance purement navae, qui devrait s'organiser selon des règles pratiques à convenir, avec le consentement ou mieux encore avec le concours de la Turquie, et avec participation de tou.tes les Puissances. D'après un télégramme que Keudell m'a communiqué, la chargé d'affaires allemand à Constantinople se serait déjà assuré de l'adhésion du gouvernement ottoman. On attend, pour présenter la proposition à la conférence, d'étre d'abord fixés sur la formule, dont j'ai présenté le projet aux autres Cabinets (1), et d'avoir définitivement décidé si l'ltalie doit, comme il est probable, prendre l'initiative, au sein de la conférence. Nous attendons, ce matin de savoir, si les Cabinets de Berlin et de Vienne veulent bien nous laisser, ainsi que nous l'avons suggéré, le soin d'entrer à cet égard, en communication avec les deux Puissances occidentales, envers lesquelles nous répondrions ainsi à leurs propositions de coopérer avec elles, pour toutes mesures éxigées par la protection du canal de Suez. Tout ceci est pour votre information et pour règle de votre langage. Je me réserve de vous donner instructions aussitòt le moment venu.

(l) T. 655 del 29 luglio 1882, non pubblicato.

224

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T 1242. Vienna, 30 luglio 1882, ore 19,12 (per. ore 21,45).

J'ai lu confidentiellement à Kalnoky réponse que V. E. a faite à Paget (l) au sujet de l'invitation de l' Angleterre à l'It ali e à une coopération ave c elle à une action pour le rétablissement de l'ordre en Egypte. J'ai cru aussi bien faire de lui lire les télégrammes précédents é::hangés entre V. E. et Menabrea. Kalnoky a trouvé le tout parfait. Je lui ai dit alors ce que V. E. me chargeait de lui faire entendre relativement à attitude de l'Italie vis à vis de l'Allemagne et de l'Autriche, insistant sur la confiance que V. E. a sur l'appui de ces deux · Puissances en faveur de nos intéréts spéciaux au règlement du compte final. A ceci Kalnoky m'a dit: « L'Italie peut étre siì.re que notre appui au règlement de compte final ne fera pas défaut en faveur de ses intéréts spéciaux, d'autant. plus que ces intérets spéciaux d'autant plus que ces intéréts sont tous négatifs, vu que ce qu'elle veut c'est que d'autres ne s'établissent pas en Egypte, ce que nous ne voulons pas non plus ». Il a encore ajouté qu'il croit le moment venu de fixer les idées des Puissances sur ce qu'elles entendent pour règlement final de la question, et qu'il a raison de croire qu'un projet de proposition sera trés pochainement mise en avant par prince de Bismarck ce qui aura l'avantage de faciliter l'accord à ce propos.

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IL MINISTRO AD ATENE, CURTOPASSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (2)

R. 372. Atene, 30 luglio 1882 (per. il 4 agosto).

Or sono diversi giorni, il signor Trikupis diramava ,ai rappresentanti greci presso le grandi Potenze una circolare relativa al memorandum concordato a Costantinopoli, in seguito alla nota di Said pascià del 22 maggio ultimo scorso, col quale si raccomanda all'attento esame dei sei Gabinetti mediatori l'ultima transazione offerta dalla Sublime Porta per la definitiva soluzione della quistione della frontiera turco-ellenica. Cotesta circolare sarà già certamente conosciuta dall'E. V., come pure una memoria spiegativa che l'accompagnava; talché avrà Ella potuto facilmente scorgere quanto sia lontano il Gabinetto di Atene dallo accettare il componimento progettato dalla Turchia e constatare, sventuratamente, la esattezza delle informazioni contenute nel mio rapporto del 1° giugno (3).

Nel ripetermi il tenore della circolare in discorso ed il suo fermo proposito di non acconsentire a nuove concessioni, soggiungevami ieri il signor Tricoupis, dover aver forza e valore la sola linea di frontiera ammessa dalla maggioranza della commissione di delimitazione, comunque rappresenti già una interpretazione vantaggiosa per la Turchia del tracciato indicato dalla conferenza; qualora non si voglia oggi tener conto delle conclusioni della commissione, impugnandone così la legalità, il Gabinetto di Atene non potrebbe ammettere che una discussione tra le linee turca e greca; pensiero che, a parer mio, può accennare al desiderio di trattative dirette con la Sublime Porta, all'infuori della cooperazione dei mediatori.

Il presidente del Consiglio dicevami d'aver preso l'iniziativa in questa fase della quistione, piuttosto che attendere un invito ufficiale dei sei Gabinetti, in seguito ad un lamento mossogli dall'incaricato d'affari di Turchia circa la occupazione di una piccola località (irreperibile nelle migliori carte geografiche), che le forze elleniche avrebbero di fresco eseguita; *ma a me sembra più probabile che vi sia stato indotto dalle entrature ufficiose fattegli dal mio collega di Russia e, forse, da altri ancora nel senso del memorandum e dall'aver potuto procurarsi ora soltanto siffatto documento. Il signor ministro pretende poi non essere i rispettivi Gabinetti disposti ad approvare l'implicito consiglio dei loro rappresentanti, ma siamo pur troppo abituati ad assistere alle illusioni che suol farsi il signor Trikupis in ordine agli intendimenti dell'Europa rispetto alla Grecia e, quindi, ai disinganni che ne seguono.

Ciò che più preme si è l'estrema irritazione di lui verso coloro che ne beneficarono il suo paese. Non potendo trascendere ad atti inconsulti ed arroganti che ferirebbero direttamente le Potenze mediatrici, prende egli di mira la Turchia. Difatti, mettendo in non cale la presenza in Larissa dei commissari ottomani destinati a regolare i punti previsti dall'articolo 9 della convenzione, dichiara a noi apertamente di aver sciolto la corrispondente commissione greca ai cui membri darà senza indugio altre occupazioni.

(l) -Cfr. n. 214. (2) -Ed., ad eccezione dei brani tra asterischi, in LV 35, p. 32. (3) -R. 353, non pubblicato.
226

L'ONOREVOLE CRISPI AL REDATTORE CAPO DE LA RIFORMA, PRIMO LEVI (l)

L. P. Londra, 30 luglio 1882.

Il 26 vi parlai di una possibile crisi ministeriale in Francia (2) ed il 28 vi telegrafai (2) (con un giorno di precedenza) che il ministero Freycinet avrebbe avuto alla Camera una votazione contraria. Nelle mie lettere vi ho fatto prevedere, che se il ministero italiano non si fosse associato all'Inghilterra per intervenire in Egitto questa si sarebbe messa d'accordo con la Francia e saremmo rimasti espulsi dal Mediterraneo.

Le cose francesi sono andate come io le aveva previste. Ora resta la seconda parte delle mie previsioni, la quale non è ancora realizzata, ma è in via di rea

lizzarsi. Per evitare il gran danno, ieri telegrafai a Fabrizj con la vostra cifra, nella speranza che egli avrebbe potuto scuotere Mancini dalla sapiente inerzia nella quale si è messo.

Quale ministero vada al potere in Francia, non lo so, perché oggi è domenica, e la domenica qui tutto tace. Non vi è telegrafo, non vi è stampa, non si può vedere alcun uomo politico.

In Italia i giornali -moderati e progressisti -sono partiti da un dato falso. Essi credevano Francia ed Inghilterra d'accordo, e che l'invito all'Italia era stato fatto da tutte e due. Nessun accordo fin oggi a Parigi e Londra; ma l'accordo può esser fatto domani col nuovo ministero.

Freycinet è caduto non già perché voleva occupare il canale di Suez, ma perché non voleva andare in Egitto. Il credito alla Camera francese fu respinto, non perché si volesse rifiutare il denaro al ministero, ma perché il denaro chiesto da esso era poco. I francesi, dopoché gl'inglesi bombardarono Alessandria e cominciarono a mandare truppe in Egitto, vogliono intervenire anche essi, e questo, e non altro, è il significato del voto di ieri.

Gl'inglesi avevano voluto prevenirli con l'alleanza italiana. Non ci sono riusciti. Non dovremo, né potremo lagnarci, se nel loro interesse, si uniscano alla Francia, e le facciano larghe condizioni.

Chi andrà in Francia al potere? o Waddington, o gli uomini suoi. Il discorso, fatto da lui al Senato, è segnalato come un capolavoro. Siccome Gambetta non può andare, e Freycinet non può restare, bisognerà fare un ministero che contenti la maggioranza parlamentare, e che ripigli l'impresa africana come era stata ideata sin da principio.

Waddington combinò l'affare tunisino in Berlino, e Waddington ci cacciò d'Egitto. Lui dunque od i suoi, sappiamo quello che ci attende. Noi saremo bloccati nel Mediterraneo, e questa volta la colpa è nostra, anche della Riforma.

E vi ripeto, che a Berlino non s'interessano della questione egiziana. Qualunque cosa si faccia in Egitto, la Germania non trarrà la spada dal fodero. Questa frase uscì dalla bocca di un uomo di stato tedesco.

Conservate questa e le mie lettere precedenti. Tengo a ciò.

Martedì sera sarò a Parigi. Alloggerò al Grand Hotel. Vi resterò poco; e di lì saprete, se ritornerò in Italia, o se prenderò un'altra via. Vi assicuro intanto, che la politica mi tiene inquieto, e vorrei liberarmene.

(l) -Da A.C.S., Carte Crlspi. (2) -Non pubblicato.
227

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. 663. Roma, 31 luglio 1882, ore 2,30.

Il a été convenu avec Berlin et Vienne que V. E. prendra dans la conférence, au nom de l'Italie seule, l'initiative de la proposition pour la protection du canal de Suez. Vos collègues d'Allemagne, d'Autriche-Hongrie et de Russie, aussi, d'après ce qu'on nous assure de Berlin, ceux de France et de Turquie appuyeront votre proposition. V. E. est donc autorisée, après s'ètre concertée avec ses trois collègues, à présenter à la prochaine séance la formule suivante: «La conférence reconnait qu'il convient d'organiser, pour la sécurité et la libre navigation du canal de Suez, avec le concours de la Sublime Porte, un service de police purement naval, et de surveillance, auquel toutes les Puissances seraient appélées à participer, d'après des règles à convenir, et avec réserve de se concerter, dans chaque cas spécial où l'application de ces règles paraitrait insuffisante ». Il est bien entendu que V. E. a pleine faculté de suggérer ou d'admettre toute variante de simple forme, qui faciliterait l'entente. Je vais, de mon còté, donner aux deux Puissances occidentales une prévention de l'initiative qui vous est confiée la rattachant à l'initiative faite par elles à l'Italie, de participer aux mesures qu'elles allaient prendre pour la protection du canal.

228

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAURAY, A COSTANTINOPOLI, CORTI, A LONDRA, MENABREA, A VIENNA, DI ROBILANT, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI, E AL MINISTRO A MADRID, GREPPI

T. 666. Roma, 31 luglio 1882, ore 2,50.

Le ministre d'Espagne m'a remis un mémoire où son gouvernement développe les considérations par lesquelles il se croit fondé à demander de participer à tout arrangement éventuel concernant le canal de Suez. J'ai répondu à M. del Mazo que nous ne pouvions naturellement pas prendre une initiative isolée, mais que nous apprécierions avec bienveillance les titres que l'Espagne possède dans cette question, et que son gouvernement pourra compter, en cette occasion aussi, sur notre amitié.

229

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1250. Pietroburgo, 31 luglio 1882, ore 22 (per. ore 1,20 del 1° agosto).

J'ai communiqué à M. de Giers formule des propositions que Corti doit présenter à la conférence (l) relativement au canal de Suez. Il me parait que, à ce sujet, nous sommes parfaitement d'accord avec la Russie et les deux autres Cabinets. J'ai prié M. de Giers de mettre sous les yeux de l'Empereur vos considérations que j'ai développées de mon mieux, tendant à obtenir que Sa Majesté donne ordre à son plénipotentiaire de continuer à intervenir à la

conférence pour l'avenir. Mon collégue d'Autriche-Hongrie a aussi agi dans le meme sens. Un premier résultat est obtenu cependant. Cet incident constitue un symptòme dont il faut tenir compte, car l'Empereur a pris la résolution dont il s'agit contre l'avis forme! de son ministre des Affaires Etrangères qui s'est abstenu d'en faire part aux ambassadeurs dans l'espoir d'en obtenir la révocation au dernier moment.

(l) Cfr. n. 227.

230

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. 671. Roma, 31 luglio 1882, ore 22,55.

Dans la communication verbale que je viens de faire aux représentants d'Angleterre et de France, j'ai, en ce qui nous concerne, rattaché notre proposition relative au canal de Suez, à celle que ces deux Puissances m'avaient présentée, il y a quelques jours, sur ce mème sujet. Mais V. E. doit maintenant, en conférence, énoncer purement et simplement notre proposition indépendament de toute autre démarche ou proposition antérieure. Il est évident, d'ailleurs que notre formule, impliquant amendement et acceptation limitée de la notification aglo-française, lui est, au fond, substituée. Nous sommes assurés de l'appui et de l'adhésion des représentants des Cabinets de Berlin, de Vienne, et de Saint Pétersbourg, ainsi que de l'acquiescement de la Turquie. Bismarck croyait, il y a deux jours, pouvoir espérer aussi consentement de la France, qui devient encore plus probable, en vue du vote de la Chambre refusant !es crédits pour l'occupation militaire du canal. Paget et Bàcourt ont aujourd'hui télégraphié à Londres et Paris. Paget a reçu une impression satisfaisante de notre proposition. Si l'Angleterre voulait se réserver une action isolée pour les cas qu'elle jugerait de force majeure, au lieu de réserver ces cas à un concert ultérieur des Puissances, elle n'accepterait évidemment pas notre proposition, et il faudrait en référer aux Cabinets. Mais le prince Bismarck croyait qu'il suffit que notre proposition soit acceptée par !es quatre Puissances et la Turquie. Télégraphiez si demain aura lieu la réunion de la conférence.

231

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 2419. Therapia, 1° agosto 1882 (per. 1'8).

Ho avuto l'onore di ricevere i sei telegrammi che l'E. V. si compiaceva rivolgermi dal 29 luglio ad oggi relativamente alla questione del canale di Suez (2).

Per uno del 31, l'E. V. mi significava essersi convenuto coi governi di Germania e d'Austria-Ungheria che io prenderei nella conferenza l'iniziativa della relativa proposta; sembrare che la Turchia e la Francia fossero disposte ad accettarla; avessi ad intendermi coi miei colleghi per presentarla alla prossima riunione della conferenza; seguiva il testo della comunicazione a farsi, e l'E. v. aggiungeva stava per informare le Potenze occidentali dell'iniziativa che mi era affidata. Per altro telegramma l'E. V. mi ragguagliava l'incaricato d'affari di Russia riceverebbe l'autorizzazione d'assistere alla seduta nella quale sarebbe trattata questa questione. * E per un terzo l'E. V. mi significava sollecitassi quanto potevo la riunione della conferenza per questo scopo*.

Non indugiai un istante a conferire coi miei colleghi sull'argomento. L'incaricato d'affari di Russia aveva bensì ricevuto il telegramma che l'autorizzava a partecipare alla deliberazione sulla questione del canale di Suez, ma d'altra parte il presidente della conferenza non cessava di fare le più vive istanze onde lo mettesse in grado di radunare la conferenza per ultimare la discussione relativa all'intervento ottomano in Egitto, ed egli aveva ricevuto poco innanzi un nuovo telegramma concepito nei termini più caldi; si presterebbe S. E. a discutere una questione speciale senza che la conferenza potesse entrare in quella che più stava a cuore al governo ottomano? Egli aveva domandato nuove istruzioni a Pietroburgo, ed aspettava la risposta; mi pregava quindi vivamente di differire d'uno o due giorni la domanda della riunione. L'incaricato d'affari di Germania era dell'avviso dell'incaricato d'affari di Russia di differire d'alcun poco la riunione della conferenza. La Sublime Porta difficilmente si presterebbe a riunire la conferenza senza trattare della grave questione che era rimasta in sospeso nel momento in cui un accordo definitivo era pressoché conchiuso, e l'ambasciatore d'Inghilterra aveva dal suo canto già annunziato una comunicazione della più grande importanza. Arduo sarebbe d'escludere dalla prossima seduta la trattazione di questo argomento. Il barone Hirschfeldt mi confermava in pari tempo, in seguito agli ordini del suo governo, essersi già assicurato dell'assenso della Sublime Porta alla proposta, i relativi negoziati colla Francia essere seguiti a Parigi. L'ambasciatore d'Austria-Ungheria era disposto ad aderire a tutto quello che sarebbe messo innanzi in proposito dai suoi colleghi d'Italia e di Germania. Innanzi a siffatta situazione io non potevo· prendere una risoluzione immediata. Epperò mandai stamane il signor Vernoni ad intrattenerne il signor ministro degli Affari Esteri, affine di prepararlo ad adunare la conferenza per questo scopo tostoché riceverebbe da me l'idoneo avviso. * E tengo ad assicurare l'E. V. che dal mio canto farò ogni sforzo affine di sollecitare la conclusione di questa pendenza.

E ieri io aveva pregato l'E. V. di fornirmi qualche ulteriore istruzione (l) sul modo di presentare la proposta alla conferenza, vale a dire se avesse a presentarsi in sostituzione alla notificazione fatta alla conferenza il 26 luglio dagli ambasciatori d'Inghilterra e di Francia o come corollario di essa, oppure indipendentemente. I quali ragguagli desideravo di avere, affine di mettermi in grado di rispondere nel caso i rappresentanti delle Potenze occidentali fa

cessero intendere la mia proposta lasciar sussistere la notificazione predetta pei casi di forza maggiore. Alla quale domanda l'E. V. si compiaceva rispondermi per telegramma d'ieri sera avessi ad enunciare puramente e semplicemente la nostra proposta indipendentemente da ogni altra pratica o proposta anteriore. Ed avrò l'onore di conformare la mia condotta alle istruzioni per tal modo impartitemi dall'E. V. *.

(l) -Ed., ad eccezione dei brani fra asterischi, in LV 35, p. 404. (2) -Cfr. nn. 227, 228 e 230. Gli altri telegrammi nn. 656 del 29. 660 del 30, 665 e 668 del 31 luglio 1882, non sono pubblicati.

(l) T. 1244 del 31 luglio 1882, non pubblicato.

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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1269. Therapia, 2 agosto 1882, ore 20,25 (per. ore 4 del 3).

Télégramme identique. A l'ouverture de la deuxième séance délégués ottomans ont saisi la conférence de la déclaration avec son appendice en date du 27 juillet qui avait déjà été également saisie d'une double communication de l'ambassadeur d'Angleterre touchant la présence des troupes anglaises en Egypte et la demande d'une proclamation déclarant Araby rebelle ainsi que la réponse de la Porte en date du Fr aout. Ambassadeur d'Italie a ensuite donné lecture à la conférence de la proposition suivante: (voir formule que V. E. m'a télégraphié le 30 juillet) (1). Ambassadeur d'Angleterre a dit que n'ayant pas d'instructions il ne pouvait qu'en référer à son gouvernement. Ambassadeur de France a fait ressortir la similitude entre cette proposition et celle qui a été précédemment formulée par son collègue d'Angleterre et par lui. Les représentants d'Autriche, d'Allemagne, et de Russie ont adhéré à la proposition de l'ambassade d'Italie; les délégués ottomans se sont réservés de répondre à la prochaine séance. La déclaration du 27 juillet et son appendice relativement à l'acceptation par la Sublime Porte de l'intervention en Egypte ayant soulevé des objections les délégués ottomans se sont enfin engagés à apporter à la prochaine séance une déclaration plus cathégorique. Prochaine séance vendredi.

233

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1271. Therapia, 2 agosto 1882, ore 23,20 (per. ore 2 del 3).

Voici ce qui s'est passé aujourd'hui après la lecture de ma proposition sur le canal. Ambassadeur d'Autriche a adhéré; ambassadeur d'Angleterre a dit que n'ayant pas reçu d'autres instructions, il maintenait sa communication du 26 juillet; ambassadeur de France a déclaré que, considérant ma proposition

180 camme parfaitement conforme à celle qu'il avait précédemment formulée, il ne pouvait pas s'y opposer; il pouvait d'autant moins s'y opposer qu'il venait de recevoir un télégramme dont il donnait lecture et qui portait que le baron Marochetti avait signifiée hier à M. de Freycinet que le gouvernement du Roi acceptait la proposition franco-anglaise de coopérer aux mesures à prendre pour la protection du canal. Les chargés d'affaires d'Allemagne et de Russie adhéraient à ma proposition. La position actuelle est dane qu'il existe devant la conférence une proposition anglo-française ni acceptée, ni refusée par les autres représentants et une proposition italienne acceptée par l'Allemagne, l'Autriche, et la Russie. Il est probable que les délégués ottomans adhèrent à ma proposition. Les communications anglaises posaient la question de l'intervention militaire anglaise sur laquelle nous n'avons pas d'instructions. Le gouvernement turc n'enverra que cinq mille hommes pour le moment en Egypte.

(l) Cfr. n. 227.

234

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. 678. Roma, 3 agosto 1882, ore 16.

Après les nouvelles d'Alexandrie, que je viens de vous transmettre il devient tout à fait urgent d'arriver à une conclusion pour l'affaire du canal de Suez. J'espère que les plénipotentiaires ottomans nous donneront demain leur adhésion. Je télégraphie à Menabrea (l) pour que Dufferin reçoive instructions. Quant à la France, si son adhésion formelle n'est possible à cause de la crise, n'y aurait-il pas moyen de prendre acte du langage du marqufs de Noailles? Je dois, à toute bonne fin, ajouter, sur ce dernier point, que notre chargé d'affaires à Paris n'a pas du tout notifié notre adhésion à la proposition anglo-française, il s'est borné à recommander notre proposition, en la rattachant, ainsi que je l'ai l'expliqué à V. E., à celle des deux Puissances occidentales. Il est bon que V. E. rectifie, le cas échéant, mais sans créer un incident, auprès de ses trois collègues l'assertion inexacte de M. de Freycinet.

235

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1284. Berlino, 4 agosto 1882, ore 17,49 (per. ore 19,45).

Secrétaire d'Etat regrette vivement qu'en suite démission ministère français Noailles ait dù prendre ad referendum proposition d'initiative italienne pour protection du canal de Suez à laquelle M. de Freycinet avait déjà promis son

16 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XV-XVI

appui. Malheuresement est à prévoir que par le meme motif la conférence dans sa séance d'aujourd'hui ne pourra pas encore recevoir cette adhésion importante. On ne saurait admettre quand on obtiendrait les suffrages de la France et de la Turquie que l'Angleterre seule se tienne à l'écart en présence d'une proposition qui se rattache à celle présentée à la neuvième séance par les Puissances occidentales. J'ai demandé s'il n'était pas à craindre que l'Angleterre ne cherchat dans l'intervalle à poser des faits accomplis par l'occupation de Port Said et de Suez avant que la proposition dont il s'agit ne devienne une décision de la conférence. Secrétaire d'Etat ne niait pas qu'il y eùt dangers en la demeure, car les événements marchent plus vite que la conférence; il ne restait en attendant qu'à faire des voeux pour que l'Angleterre et la Turquie réussissent à se mettre d'accord dans la question d'occupation en Egypte; une semblable entente rencontre des partisans dans le Conseil des ministres à Constantinople mais jusqu'ici le Sultan ne semble pas encore s'etre prononcé à cet égard.

(l) T. 679 del 3 agosto 1882, non pubbllcato.

236

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1290. Vienna, 5 agosto 1882, ore 18,17 (per. ore 21,35).

Voyant que démonstrations ménaçantes continuent à Trieste contre sujets italiens et meme consulat, j'ai été chez comte Kalnoky, et lui ai représenté gravité d'un pareil état de choses, nécessité d'y porter prompt remède. S. E. m'a dit qu'il regrettait vivement tout ce que dans l'effervescence du reste justifiée de la population de Trieste pourrait avoir l'air de viser le gouvernement italien qui ne peut qu'ètre complètement en dehors de tout cela, et qu'il va s'adresser au ministre de l'Intérieur pour lui recommander de prendre mesures nécessaires pour que les faits lamentables que je lui ai rapportés ne se répètent plus. Il croit nécessaire pour calmer opinion publique en Italie de faire faire mention de ceci sous forme indirecte dans un journal. Je n'y vois pas d'inconvenient.

237

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 2428. Therapia, 5 agosto 1882 (per. il 15).

Ho avuto l'onore di ricevere il dispaccio che l'E. V. si compiaceva rivolgerml il 24 luglio u.s. n. 1425 (2) insieme colla copia della risposta del ministro ellenico degli Affari Esteri in data del 14 luglio, in ordine alla transazione

proposta dalla Sublime Porta per comporre in modo definitivo le pendenze relative alla frontiera turco-greca. Questi rappresentanti delle Potenze avevano espresso all'unanimità l'avviso che, per ragioni che è ora superfluo il rammentare, il governo ellenico avrebbe potuto stimare conforme a' suoi interessi d'accettare la proposta soluzione. Ed i rispettivi governi non manifestarono diverso consiglio. Innanzi al rifiuto categorico da parte del governo ellenico di prendere in considerazione la proposta della Sublime Porta, non rimane che a cessare ogni intromissione nella materia. Le Potenze mediatrici fecero ogni sforzo per indurre la Turchia a cedere un vasto territorio alla Grecia, non in esecuzione di un obbligo contratto da parte di quella, ma nell'esercizio della mediazione contemplata dall'articolo XXIV del trattato di Berlino; riuscirono alla stipulazione della convenzione del 24 maggio 1881, e ne sorvegliarono l'esecuzione nel termine prescritto dalla convenzione stessa. Rimasero alcuni punti in controversia, e le Potenze si prestarono ad interporre offici onde ottenere un equo scioglimento di queste secondarie differenze, i quali offici non approdarono. Né è dovere dei mediatori di continuare la loro azione per un tempo indefinito. In tali circostanze a me sembra le Potenze non possano che lasciare alle parti interessate di venire direttamente a quel componimento che giudicheranno opportuno. In quasi tutti i casi di mutazione di frontiera, anche quando esse seguirono per effetto di guerre fortunate, sorsero divergenze di maggiore o minore importanza riguardo alla applicazione degli accordi intervenuti, e queste divergenze trovarono idonee soluzioni. Ed in questo senso si potrebbe rispondere alla nota della Sublime Porta del 27 maggio u.s.

Ed ora la Sublime Porta ci ha indirizzato un'altra nota in data del lo agosto per la quale, dopo aver toccato della questione della frontiera, essa muove gravi reclami sul persistente rifiuto da parte del governo ellenico, sotto vari pretesti, di designare il suo delegato alla commissione contemplata dall'art. 9 dalla convenzione, e prega le Potenze di far pratiche onde ottenere l'esecuzione di una stipulazione che tanto interessa quelle popolazioni musulmane. L'E. V. conosce che la istituzione di siffatta commissione fu stipulata affine di regolare tutte le questioni che sorgerebbero riguardo alle proprietà dello Stato e dei particolari. Lascio all'E. V. di giudicare se il governo greco abbia ragione di persistere in quel rifiuto, e se il R. Governo abbia ad interporre gli offici richiesti dalla Sublime Porta. Unisco al presente la copia della nota della Sublime Porta, ed aspetterò le istruzioni dell'E. V. per la risposta a farsi.

ALLEGATO

IL MINISTRO DEGLI ESTERI TURCO, SA'I'D PASCIA, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI

Costantinopoli, 7 agosto 1882.

Par sa note du 27 mai dernier le soussignè, ministre des Affa.ires etrangères de

s. M. I. le Sultan, avait eu l'honneur d'informer LL. EE. MM. les ambassadeurs d'Italie, d'Autriche-Hongrie, de France, de la Grande Bretagne et MM. les chargés d'affares

d'Allemagne et de Russie que la Sublime Porte, en vue de trancher les difficultés existantes à propos du tracé de la nouvelle frontière turco-hellénique, avait décidé d'abandonner ses droits sur les trois points de Kara Ali Derbend, de Kritiri-Gountcha et de Gurtchova, à la condition que la Grèce lui donnerait satisfaction sur le quatrième ayant trait à Nézeros.

Cette communication est restée jusq'à présent sans réponse. Bien que la délimitation prévue par la convention du 24 mai 1881 soit déjà achevée, le gouvernement héllénique se prévaut cependant de certaines questions de détail pour refuser de désigner son délégué à la commission prévue par l'art. 9 de la dite convention, au grand préjudice des ayant droit.

Le soussigné prie S. E. M. l'ambassadeur de Sa Majesté le Roi d'Italie de vouloir bien faire auprès de qui de droit !es démarches nécessaires pour assurer l'application de la décision précitée et écarter ainsi toute cause de retard ultérieur par rapport aux affaires qui concernent les populations musulmanes.

(l) -Ed., In LV 39, pp. 33-34. (2) -Non pubblicato.
238

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, E AL CONSOLE GENERALE A TRIESTE, ANFORA

T. 687. Roma, 6 agosto 1882, ore 12,40.

(Per Vienna) Je prie V. E. de vouloir bien remercier le comte Kalnoky des

dispositions qu'il va faire prendre à Trieste pour mettre fin à une agitation

déplorable (l).

(Per Trieste) En insistant auprès du lieutenant impérial pour l'adoption de

mesures aptes à faire cesser une agitation déplorable. Veuillez saisir l'occasion

pour déclarer, à l'égard de l'épouvantable forfait du premier de ce mais, que

nous sommes les premiers à désirer que l'enquete soit énergique, et rigoureuse.

Nous souhaitons, que le coupable, quel qu'il soit, subisse la peine que son crime

mérite, nous le considérons camme l'ennemi de la monarchie italienne tout

autant que de la monarchie austro-hongroise. S'il était italien; nous n'aurions

qu'à le livrer entièrement à la justice du Pays.

239

IL MINISTRO DELL'AGRICOLTURA, INDUSTRIA E COMMERCIO, BERTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (2)

NOTA n. 13655. Roma, 6 agosto 1882 (per. il 7).

Ho ricevuto la lettera colla quale l'E. V. (3) mi comunica il progetto di inviare una missione allo Scioa ed un'altra all'Abissinia, coll'intendimento di spingere eventualmente quest'ultima sino al Goggiam, il cui Sovrano tanto contribuì alla liberazione del capitano Cecchi.

Da parecchi anni questo ministero promuove con sussidi ed ajuti d'ogni maniera le esplorazioni africane, tendenti a dare al commercio nazionale nuovi e proficui sbocchi in quelle vaste e ricche contrade: e non v'ha dubbio che la missione ora progettata dall'E. V. contribuirà efficacemente a questo scopo. Per la qual cosa volentieri aderisco alla domanda di codesto ministero e concorrerò alle spese necessarie per l'oggetto indicato nella nota dell'E. V., a condizione però che faccia parte della spedizione abissinica anche un ufficiale di questo ministero, che sarà da me specialmente incaricato di studiare la parte commerciale, nelle regioni che percorrerà la spedizione.

Attendo una risposta dall'E. V. per stabilire la somma con cui questo ministero concorrerà alla missione anzidetta.

(l) -Cfr. n. 236. (2) -Ed., in L'Italia in Africa, op. cit., tomo II, p. 242. (3) -Cfr. n. 161.
240

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 2429. Therapia, 6 agosto 1882 (per. il 14).

Ieri seguì la tredicesima seduta della conferenza. Fu primieramente messa in discussione la proposta che io aveva presentata all'ultima seduta riguardo alla protezione del canale di Suez. Al quale proposito il signor ministro degli Affari Esteri domandava se le misure a prendersi avessero ad essere provvisorie oppure permanenti. Le mie istruzioni né la formala non contenevano veramente alcuna indicazione a questo riguardo, ma scorgendo che il sentimento generale era per la prima versione, e l'accettazione della proposta sarebbe grandemente facilitata dalla specificazione di siffatta condizione, proposi di aggiungere dopo la parola «sorveglianza» le parole «aventi carattere provvisorio ». Il quale ammendamento era accettato da quelli che avevano aderito alla proposta, ed il principio era approvato eziandio dagli ambasciatori d'Inghilterra e di Francia. Lord Dufferin essendo indi interrogato se aveva ricevuto le idonee istruzioni, rispondeva avere ricevuto una risposta dal suo governo, ma essa era concepita in termini sì vaghi che non ne aveva bene compreso il senso, e aveva domandato ulteriori spiegazioni, però non respingeva la proposta. Il marchese di Noailles dal suo canto diceva riservare parimenti la sua opinione, ed aggiungeva non rendersi esatta ragione della portata delle misure a prendersi; esse avevano invero per iscopo di proteggere quella importante via commerciale, senonché, se essa fosse minacciata, lo sarebbe evidentemente dal lato di terra; lungo la parte del canale che percorreva il deserto si trovavano dei punti in cui i ripari erano assai alti; come potrebbero delle navi cui non era lecito di sbarcare alcune forze difenderlo dagli eventuali attacchi che potevano effettuarsi per mezzo di mine poste in quei ripari? Rispondeva l'incaricato d'affari di Germania, la proposta, a suo avviso, non

escludere in modo assoluto lo sbarco di pochi soldati nei casi di imminente pericolo; per questo scopo erasi inserita nella formala la riserva di concertarsi nei casi speciali nei quali l'applicazione di quelle regole sembrasse insufficiente. E l'ambasciatore d'Austria-Ungheria s'associava a quella spiegazione. Cui il marchese di Noailles soggiungeva siffatta dichiarazione provare sempre più la conformità esistente fra la proposta italiana e quella che era stata precedentemente presentata. Però i rappresentanti di. Germania e d'AustriaUngheria osservavano non avere espresso che un avviso personale, e rientravano nella questione del canale. I delegati ottomani significavano infine la loro formale adesione alla mia proposta.

L'ambasciatore d'Inghilterra domandava indi la parola ed insisteva in termini assai gravi presso i delegati ottomani onde S. M. il Sultano emanasse senza ulteriori indugi una proclamazione nella quale fosse dichiarato che Arabi era ribelle al suo Sovrano. Cui i rappresentanti ottomani rispondevano interporrebbero nuovi uffici in proposito. Questa risposta non dava soddisfazione allo ambasciatore d'Inghilterra, il quale affc:nava non sarebbe permesso alle truppe imperiali di sbarcare prima che lo scopo dell'intervento ottomano fosse proclamato in modo pubblico e solenne; la stampa oificiosa della capitale e delle provincie spargeva la voce che le forze imperiali ivano in Egitto per scacciarne i forestieri ed il Kedive; il governo britannico non poteva lasciar sussistere alcun dubbio a questo riguardo; i delegati ottomani avrebbero eziandio a dargli avviso della partenza delle truppe, e della quantità di esse. Cui replicava Said pascià le truppe imperiali non erano ancora partite per l'Egitto, assumeva l'impegno di dare alla conferenza avviso della partenza di esse.

Era poscia domandato ai delegati ottomani se erano pronti a rilasciare la dichiarazione scritta e contenente l'accettazione formale della proposta d'intervento ottomano, nonché delle condizioni enumerate nella nota del 15 luglio. Essi ripeterono quello che già avevano detto al principio della seduta, vale a dire aspettare un telegramma. Senonché l'ora erasi fatta tarda ed il telegramma non era comparso. Insistevano i rappresentanti onde ottenere quella dichiarazione, e l'ambasciatore d'Inghilterra finiva per prevenire i delegati imperiali che il governo della Regina potrebbe interpretare quell'indugio come un rifiuto. Seguivano dei colloqui privati fra Said pascià ed alcuni dei rappresentanti ed in quello che io ebbi con S. E. feci ogni sforzo per fargli intendere i gravi pericoli che il governo ottomano correva con questi indugi, i quali potevano avere per effetto di rendere impossibile l'intervento ottomano. Ma era evidente che i delegati ottomani non erano autorizzati a rilasciare la chiesta dichiarazione, e finirono per domandare di rimettere la presentazione di quel documento alla prossima seduta che seguirebbe l'indomani o posdomani. Né posso celare all'E. V. come queste esitazioni da parte del governo ottomano di confermare per iscritto l'accettazione già significata verbalmente, producesse una penosa impressione presso i rappreselltanti delle potenze.

Era infine redatto il telegramma identico (l) che io aveva l'onore di spedire poco appresso all'E. V.

(l) Ed. in LV 35, pp. 421-423.

(l) T. 1291 del 5 agosto 1882, non pubblicato.

241

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1301. Vienna, 8 agosto 1882, ore 17 (per. ore 18,10).

Kalnoky qui a fait au chargé d'affaires de Russie meme réponse que V. E. par rapport occupation du canal de Suez en présence proposition italienne relative au canal, a seulement ajouté qu'il trouverait convenable qu'on provoque de lord Dufferin quelques déclarat.ions à ce sujet au sein de la conférence. Il est d'avis que, quand la question de la protection navale du canal, qui ne doit etre que purement provisoire sera résolue, la conférence devrait s'ajourner pour reprendre, si besoin en est, à une époque ultérieure ses travaux. Ministre a aussi parlé en ce sens à Nelidov et il m'a dit avoir été très satisfait de sa conversation avec le nouveau représentant russe à Constantinople.

242

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A COSTANTINOPOLI, CORTI, A LONDRA, MENABREA, A PIETROBURGO, NIGRA, A VIENNA, DI ROBILANT, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN

T. 692. Roma, 8 agosto 1882, ore 18,15.

L'ambassadeur de Turquie m'a communiqué deux télégrammes. L'un confirme que la Porte à intégralement accepté la note du 15 juillet, et qu'elle a décidé de « faire une proclamation concernant le maintien du Kedive, et déclarant rebelle Araby pacha. L'autre annonce que Said pacha a été chargé par le Sultan de négocier, avec l'ambassadeur d'Angleterre, les bases d'une convention militaire.

243

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 2431. Therapta, 8 agosto 1882 (per. il 14).

La quattordicesima seduta della conferenza seguì ieri in città, alla residenza del signor ministro degli Affari Esteri. S. E. mise nuovamente in discussione la mia proposta per la protezione del canale di Suez, e domandò agli ambasciatori d'Inghilterra e di Francia se avevano ricevuto le idonee istru

zioni, cui entrambi risposero le istruzioni non essere comparse, ma prevederle favorevoli alla adesione. S. E. diceva indi siffatta proposta riferirsi unicamente alla protezione marittima, ma i pericoli potrebbero venire anche dalla parte di terra. Sarebbe utile d'aggiungervi che la difesa terrestre sarebbe affidata alla Potenza alla quale apparteneva la sovranità territoriale. Siffatta addizione traeva evidentemente la discussione sopra un terreno irto d'inevitabili scogli, che avrebbero fatto naufragare la proposta italiana. Dissi adunque quell'emendamento avrebbe mutato completamente il carattere della proposta, ed i delegati ottomani non insistettero. Io domandavo allora che si facesse un protocollo sull'argomento, cui l'incaricato d'affari di Germania assentiva, aggiungendo che sarebbe preferibile l'aspettare per tale scopo l'adesione dell'Inghilterra e della Francia, i cui rappresentanti sarebbero per tal modo in grado di apporvi la loro firma. E questo fu l'avviso adottato dalla conferenza.

I delegati ottomani dichiaravano poscia essere pronti a rilasciare l'accettazione scritta della nota identica del 15 luglio. E ne fu redatto un protocollo speciale che fu firmato da tutti i plenipotenziari. Il tenore del protocollo è quello che inserimmo nel telegramma identico, però m'astengo dallo spedire col presente la copia destinata al R. governo, perché sorse una discussione circa l'ordine delle firme, né trovandosi a casa del signor ministro i mezzi di consultare i precedenti, la questione non poté essere definita. Però è convenuto che il protocollo ha da considerarsi come firmato ieri, ed in ogni caso non tratterassi che di mutar l'ordine delle firme. Ed era per tal modo conchiusa questa fase dei nostri lavori.

Said riveniva poscia incidentalmente alla questione del canale di Suez, e diceva essere essa oltremodo urgente, imperocché le forze inglesi avanzavano in quella direzione, già occupavano Suez ed Ismailia, ogni giorno giungevano nuove truppe. Queste parole erano seguite da un profondo silenzio. S. E. domandava allora all'ambasciatore d'Inghilterra se avesse ricevuto la noti:l:i'l. dell'occupazione d'Ismailia, cui questi rispondeva ignorarla. E la discussione non aveva altro seguito poiché nessuno si decideva a rompere il silenzio.

Il signor ambasciatore di Francia domandava indi di rileggere la nota identica del 15 luglio e faceva sopra le varie parti di essa alcune osservazioni. In seguito alle quali sorgeva un dialogo tra l'ambasciatore d'Inghilterra e il signor ministro degli Affari Esteri; ed in risposta alle relative domande de! primo, Said pascià diceva le truppe attualmente destinate all'Egitto consistere di seimila uomini circa, senza contare la cavalleria e l'artiglieria; esse si radunerebbero a Suda dove sarebbero probabilmente pronte a partire per l'Egitto fra una settimana. Dervich pascià sarebbe il comandante in capo e Server pascià il commissario imperiale; non sapeva ancora dove quelle truppe sbarcherebbero. Il quale dialogo poneva fine alla seduta. Ed al mio ritorno di città avevo l'onore di spedire all'E. V. il telegramma identico convenuto (1).

Fu il signor ministro degli Affari Esteri che propose di fissare giovedì per la prossima seduta. Gli ambasciatori d'Inghilterra e di Francia, nonché l'incaricato d'affari di Germania, osservavano come sarebbe inutile di radu

narci se non vi era materia a trattare. Io tacqui, e fu infine deciso, per deferenza al signor ministro, di radunarsi giovedì alla R. Ambasciata a Therapia. Ma il sentimento generale era evidentemente che i lavori della conferenza sarebbero sospesi. La conferenza trovavasi invero innanzi ad un equivoco che non poteva prolungarsi indefinitamente. Come poteva essa infatti trattare la questione egiziana ignorando i fatti principali che seguivano in Egitto, come la spedizione inglese nell'interno, l'occupazione da parte di quelle forze delle più importanti posizioni del canale di Suez? Il che è tanto vero che mentre noi stiamo discutendo sull'intervento ottomano, la Sublime Porta tratta coll'ambasciatore d'Inghilterra di una convenzione militare separata, alla quale quella ha già acconsentito in principio. E ieri lord Dufferin aspettava da Londra il progetto di convenzione. Le operazioni militari non saranno regolate che dalle ragioni strategiche, e l'avvenire dipenderà dalle sorti delle armi. Sulle quali considerazioni io ebbi stamani l'onore di rivolgere un telegramma all'E. V. (1).

Ho avuto l'onore di ricevere i due telegrammi dell'E. V. del 6 (2) e 7 corrente (3), pel primo dei quali essa si compiaceva darmi contezza della comunicazione fattale dall'incaricato di Russia relativamente alla proposta italiana sul canale di Suez, e pel secondo mi significava lord Granville avere fatto conoscere al conte Kalnoky essere disposto ad accettare la proposta stessa, purché avesse un carattere temporario. Pei quali mi pregio offrire alla E. V. i miei distinti ringraziamenti.

P. S. I protocolli furono indi rettificati ponendo le firme nell'ordine usato. Epperò unisco al presente l'esemplare destinato al R. governo (2).

(l) Ed., ad eccezione del brano tra asterischi in LV 35, pp. 425-426.

(l) T. 1296 del 7 agosto 1882, non pubbl!cato.

244

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. 695. Roma, 9 agosto 1882, ore 11,55.

Si la conférence doit demain s'ajourner il est d'autant plus ìmportant qu'on arrive avant qu'elle se sépare, à une conclusione pour l'affaire du canal de Suez. Je prie donc V. E. de vouloir bien, après s'ètre concertée avec ses trois collègues, renouveler proposition de signer, à cet égard, protocole ou autre pièce analogue, avec réserve d'accession pour les autres Puissances, qui ne seraient pas en mesure de donner adhésion immédiate. Cette meme pièce devrait confier aux commandants respectifs le soin d'arreter les règles pratiques d'exécution. Je prie également V. E. d'examiner, d'accord avec ses collègues, s'il n'y aurait possibilité et opportunité de faire confirmer par la conférence, à l'occasion de son ajournement, le principe de la compétence exclusive du concert européeen pour le règlement final de la question égyptienne.

(l) -T. 1299 del 7 agosto 1882, non pubblicato. (2) -Non pubblicato. (3) -T. 688 del 7 agosto 1882, non pubblicato.
245

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A COSTANTINOPOLI, CORTI, A LONDRA, MENABREA, A PIETROBURGO, NIGRA, A VIENNA, DI ROBILANT, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN

T. 699. Roma, 9 agosto 1882, ore 15,10.

Le chargé d'affaires de Russie me communique télégramme de Giers à Onu. Après avoir constaté qu'à fin de sauvegarder caractère international du canal toutes les Puissances veulent considérer occupation de Suez par les anglais, camme un incident militaire, qui ne doit pas empecher l'adoption de la proposition italienne, M. de Giers ajoute qu'il y aurait lieu de demander les explications à Dufferin en conférence, et il en donne à Onu instructions de se joindre à celui de ses collègues qui ferait une pareille interpellation, ou bien si personne ne la fait, d'en prendre lui meme l'initiative.

246

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1308. Vienna, 9 agosto 1882, ore 15,30 (per. ore 17).

Je me suis exprimé avec le comte Kalnoky au sujet des événements de Trieste dans le sens du télégramme de V. E. du 6 courant (1), de manière cependant à ce que conversation entre nous sur cet argument si délicat n'eù.t pas raison de continuer. Je constate, du reste, que gouvernement impérial a compris danger qu'il y aurait à laisser établir une polémique aigre entre les journaux autrichiens et italiens sur ce t te questio n si délicate; aussi au moyen du Pressebureau, on a mis la sourdine aux journaux ici, et le silence s'est fait camme par enchantement. Autant que possible il faudrait tàcher que le meme silence soit observé de notre còté mais j'avoue que je ne suis pas sans crainte sur l'écho que trouveront en Italie les mesures que le gouvernement austro-hongrois prendra certainement à Trieste, à commencer par incarcération et expulsion sur une large échelle de nos concitoyens de cette colonie. Si en conséquence de ces faits il s'établissait en Italie un foyer de conspiration contre l'Autriche et que l'« Italia irredenta » se lierait à d es démonstrations, une prompte répression avec une main de fer serait indispensable, car sans cela notre considération en Europe que nous avons déjà eu tant de peine à conquérir serait à peu près irréparablement perdue. Je n'ai pas besoin d'insister sur les conséquences de la chose. Nous avons déjà été à meme de les subir assez durement. Je prie V. E. de vouloir bien aussi donner connaissance de ma part de ce télégramme à S. E. le président du conseil, qui pourrait très bien partager ma manière de voir qui est. également celle de V. E. à ce sujet.

(l) Cfr. n. 238.

247

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1313. Berlino, 9 agosto 1882, ore 17,56 (per. ore 18,35).

Secrétaire d'Etat est d'avis qu'il faut attendre accession de la France et de l'Angleterre avant de signer protocole pour un service de surveillance sur le canal de Suez, et non laisser protocole ouvert à l'accession. Du reste une simple déclaration d'assentiment des Puissances suffirait, sans qu'il fut nécessaire de la consigner dans un protocole. Les télégrammes identiques en tiennent parfaitement lieu. S. E. admettait pourtant cette formalité du protocole si telle était la manière de voir des autres Puissances. Il ne semble pas au secrétaire d'Etat que le moment soit venu d'ajourner les séances tant que cette question ne sera pas réglée, et il devient probable qu'elle le sera ensuite des explications fournies à Londres sur la véritable signification de la proposition dont nous avons eu l'initiative. La Gazette Générale de l'Allemagne du Nord a publié ce matin un article qui présente l'affaire sous son véritable jour; le consentement de l'Angleterre amènera celui de la France; il convient dane d'attendre ce résultat, de meme que celui des négociations entre l'Angleterre et la Turquie pour intervention ottomane. Quand les opérations militaires commenceront, la conférence pourra simplement suspendre les séances, sauf à se réunir de nouveau d'un commun accord. Lorsque les représentants à la conférence interromperaient les réunions le moment viendrait de s'entendre entre eux pour que l'un de ses membres tint un langage impliquant que le règlement fina! de la question égyptienne est de la compétence européenne, mais il faudrait éviter à ce sujet de donner trop de solemnité à la chose, tout ce qui pourra avoir l'air de partager l'Europe en deux champs, en un mot tout ce qui pourrait froisser une Puissance quelconque.

248

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1705. Vienna, 9 agosto 1882 (per. il 12).

L'accordo in princ1p10 relativamente all'intervento pare sia prossimo a stabilirsi fra l'Inghilterra e la Porta, stando alla comunicazione fatta ieri dall'ambasciatore turco ed al linguaggio dell'ambasciatore britannico. Da quanto mi è dato giudicare da qui, quel risultato di grande importanza, che segna un notevole voltafaccia da parte dei Gabinetti di Berlino e di Vienna, è dovuto in molta parte all'azione spiegata a Costantinopoli ed a Londra dal conte Kalnoky. A questo riguardo credo opportuno porre qui in sodo un fatto di cui convien prender nota.

Il ministro imperiale, insistendo uno degli scorsi giorni vivamente coll'ambasciatore turco affinché persuadesse la Porta ad accettare intieramente l'invito d'intervento fattogli dalla conferenza, nonché ad aderire alle domande messe innanzi al riguardo dal governo inglese, Edhem pascià dicevagli che il suo governo sarebbe disposto a seguire quei consigli, ma che ciò che lo tratteneva si era il timore che non poteva a meno di nutrire a riguardo degli intendimenti finali del Gabinetto di St-James intorno all'Egitto. Il conte Kalnoky, a distruggere quella prevenzione, disse a Edhem pascià che la Porta aveva torto di non fidarsi dell'Inghilterra, ed anzi non esitava ad aggiungergli che per conto suo egli non dubitava menomamente, che ristabilito l'ordine in Egitto ed installatovi un governo buono e durevole, le truppe inglesi si ritirerebbero senza cercare in quella regione soddisfazione speciale ad interessi particolari del governo britannico.

Tosto dopo quella conversazione il conte Kalnoky ne telegrafava il resoconto all'incaricato d'affari austro-ungarico a Londra invitandolo a darne lettura a lord Granville. Ciò essendo stato immediatamente fatto, lord Granville rispose che non solo il conte Kalnoky aveva rettamente interpretato gl'intendimenti del governo della Regina, ma che anzi, a meglio ciò accertare, egli non avrebbe esitato a firmare colle due mani quelle esplicite dichiarazioni state fatte a Edhem pascià.

Quel linguaggio essendo stato tosto ripetuto alla Porta, vi ha ogni ragione di ritenere che esso sia stato la causa determinante dell'arrendevolezza ora mostrata dal Sultano. Ad ogni modo non vi ha dubbio che le dichiarazioni fatte da lord Dufferin in seno alla conferenza, sono una conferma di quelle così esplicite che Lord Granville teneva all'incaricato d'affari austriaco; ed era questo il punto di vista sotto il quale compiacevasi considerarle il conte Kalnoky che ieri raccontavami l'incidente che forma oggetto del presente rapporto.

249

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 1706. Vienna, 9 agosto 1882 (per. il 12).

Avendo tenuto parola ieri al conte Kalnoky della risposta che l'E. V. ebbe a fare all'incaricato d'affari di Russia, che l'interpellava per incarico del suo governo, onde conoscere se l'occupazione di Suez da parte degli inglesi non pregiudicasse la proposta italiana della protezione puramente navale del canale, il ministro imperiale dissemi già averne avuto conoscenza dal conte Ludolf, ed aver così potuto constatare che i due Gabinetti di Roma e di Vienna avevano emesso su quella delicata quistione un identico apprezzamento.

S. -E. ieri aggiungevami di aver dal canto suo espresso un parere ancora, e questo si è che converrebbe far in maniera che il Gabinetto di St-James faccia fare a mezzo di lord Dufferin una qualche esplicita dichiarazione in seno della conferenza, che meglio precisi in forma ufficiale gl'intendimenti del governo inglese.

Il conte Kalnoky conchiudeva poi il suo discorso col manifestarmi sembrargli conveniente che, ultimata la questione del canale, la conferenza ponga termine ai suoi lavori aggiornandosi fino a quell'epoca in cui la sua opera potrebbe, per avventura, tornar utile. Ciò egli ripetevami con insistenza, ed anzi devo dire che l'aggiornamento di cui egli parlavami esprimeva nel suo pensiero una vera chiusura. Stando alle mie impressioni, il modo di vedere del conte Kalnoky troverà assenzienti tutti gli altri Gabinetti; *parmi dunque si possa fin d'ora dire che i giorni della conferenza sono contati; non si tratta più che di farla morire il meno male possibile pel decoro delle potenze già non poco compromesse dalla sua prolungata esistenza *.

(l) -Ed., ad eccezione del brano fra asterischi, in LV 35, p. 429.
250

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

T. 1318. Therapia, 10 agosto 1882, ore 20,10 (per. ore 21).

Télégramme identique. A la quinzième séance d'aujourd'hui les délégués ottomans ayant exprimé le désir d'avoir un protocole de la séance, nous l'avons rédigé dans les termes suivants: «Le président a rremis en discussion à l'ouverture de la séance la proposition italienne concernant le canal de Suez, dont le texte a déjà été présenté à la conférence. Les représentants d'Allemagne, d'Autriche-Hongrie, de Russie et de Turquie ont confirmé leur adhésion antérieure. L'ambassadeur d'Angleterre a déclare que son gouvernement adhérait également à la condition qu'il soit entendu que la proposition italienne se limite dans ses effets à la crise actuelle et ne soit pas un empechement, si la nécessité cessait, soit pour Angleterre soit pour autres Puissances de mettre des troupes à terre et d'occuper certains points nécessaires à la sécurité du canal. Il est également entendu que l'Angleterre réserve toute sa liberté d'action pour coopération militaire, ayant en vue le rétablissement de l'autorité du Kedive. L'ambassadeur de France a fait savoir qu'il attendait incessamment ses instructions. Le chargé d'affaires de Russie a demandé à l'ambassadeur d'Angleterre explications sur l'occupation de Suez pa;r les forces anglaises. L'ambassadeur d'Autriche s'est associé à cette demande. Lord. Dufferin a répondu que cette occupation avait été effectuée par ordre de amiral anglais, en vue de sauver cette ville d'un danger imminent et devrait étre considérée comme ne portant aucune atteinte au caractère international du canal. Le

ministre des Affaires Etrangères a annoncé que par suite de l'acceptation par le gouvernement ottoman de la note identique, les troupes impériales allaient partir aujourd'hui ou demain, et, en réponse à une demande de l'ambassadeur d'Angleterre, a ajouté qu'elles ne débarqueraient pas en Egypte avant l'arrivée àu commissaire et du général en chef. La prochaine séance lundi ».

(l) Ed., in L V 35, p. 433.

251

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2434. Therapia, 10 agosto 1882 (per. il 16).

Nelle ore pomeridiane di jeri ebbi l'onore di ricevere il telegramma pel quale l'E. V. (l) mi significava essere della massima importanza elle nella riunione d'oggi si venga ad una conclusione per l'affare del canale di Suez; avessi, dopo essermi inteso coi colleghi, a proporre nuovamente di firmare un protocollo od altro atto analogo colla riserva della accessione delle Potenze che non sarebbero in grado di aderirvi immediatamente, l'atto avrebbe a conferire ai rispettivi comandanti il compito di fissare le regole pratiche della esecuzione; avessi inoltre ad esaminare co' miei colleghi se non sarebbe opportuno di confermare il principio, il regolamento finale della quistione egiziana appartenere esclusivamente al concerto europeo.

Non indugiai a conferire co' miei colleghi di Germania e d'Austria-Ungheria affine di condurli, per quanto fosse possibile, ad agire nel senso dall'E. V. indicato. L'incaricato d'affari di Germania dichiarò non potrebbe partecipare ad un protocollo speciale della relativa deliberazione della conferenza senza ulteriori istruzioni, imperocché un atto al quale non aderirebbero l'Inghilterra e la Francia non avrebbe altro effetto pratico che di far constare in modo formale la divisione dell'Europa in due campi, tale non credeva egli essere l'intendimento del principe di Bismarck, il quale non s'era deciso a sostenere la proposta in discorso che quando credette avere ottenuto l'assenza della Francia; erano indi sopravvenuti dei malintesi e la crisi ministeriale, per cui l'ambasciatore di Francia non aveva ricevuto analoghe istruzioni; ed in ogni modo non gli sembrava opportuno di fare una simile dimostrazione l'indomani della costituzione del nuovo ministero.

Osservai come i delegati turchi si fossero dimostrati propensi a firmare il protocollo, cui il barone di Hirschfeldt replicava far parte della politica tradizionale del governo ottomano di suscitare divisioni fra le Potenze europee.

L'ambasciatore austro-ungarico non manifestava propositi altrettanto fermi in ordine alla proposta. Ma finiva per associarsi alle considerazioni del suo collega di Germania. Innanzi alle cui dichiarazioni diveniva impossibile di

procedere alla firma del protocollo separato nella seduta di oggi. Epperò dovetti accontentarmi della risoluzione di far nuovamente constare nel telegramma identico della seduta le rispettive posizioni.

E quanto alle istruzioni a darsi ai rispettivi comandanti, i rappresentanti di Germania e d'Austria-Ungheria non sono autorizzati ad impartirne, né sembra ad essi essere pratico e conforme agli intendimenti dei governi di stabilire un accordo pel regolamento di polizia navale all'infuori della partecipazione dell'Inghilterra e della Francia.

Si venne indi a parlare della seconda parte del telegramma dell'E. V., la quale riguardava la competenza del concerto europeo di provvedere al regolamento finarle della questione egiziana. Al quale proposito l'incaricato d'affari di Germania osservava analoga dichiarazione essere contenuta nella nota inglese del 30 luglio, la quale era stata presentata alla conferenza nella seduta del 2 agostQ, e diceva, «il governo britannico desiderare d'informare ~ll conferenza che. tostoché fosse raggiunto lo scopo militare, esso domanderebbe il concorso delle Potenze affine di prendere le misure necessarie pel futuro e buon governo dell'Egitto». Alla quale dichiarazione nessun rappresentante aveva fatta opposizione. Suggerii di prendere atto di siffatta dichiarazione se fosse possibile per iniziativa dei delegati turchi. E fummo d'accordo di fare analoga dichiarazione prima propizia congiuntura la quale potrebbe forse essere fornita dalla comunicazione che aveva a fare l'incaricato d'affari di Russia.

Ebbi parimente l'onore di ricevere il telegramma pel quale l'E. V. (l) si compiaceva ragguagliarmi l'incaricato d'affari di Russia aveva ricevuto l'ordine di domandare a lord Dufferin in conferenza delle spiegazioni sull'occupazione di Suez; e stamani comparve quello (2) pel quale l'E. V. m'ordinava seguissi a questo riguardo la condotta dei rappresentanti d'Austria-Ungheria e di Germania. Il primo dei quali ebbe infatti l'istruzione di associarsi al suo collega di Russia, ed il germanico non ebbe finora le ,idonee istruzioni. Ma, come non si tratterà evidentemente d'entrare a fondo in una discussione che ci condurrebbe sopra un terreno assai periglioso, mi sarà facile di barcheggiarmi. Né è sicuro che la seduta d'oggi sarà l'ultima.

E mi giunsero pure i due telegrammi dell'E. V. di jeri, l'uno contenente la comunicazione dell'ambasciatore di Turchia (3), l'altro relativo allo scambio d'idee fra l'E. V. e l'Ambasciatore d'Inghilterra in ordine al ritardo da parte della Sublime Porta d'accettare le proposte delle Potenze (4).

Oggi è aspettato il signor Nelidov che viene col titolo di inviato straordinario e ministro plenipotenziario in missione speciale. La quale si muterà poscia, secondo ogni probabilità, in missione permanente. E delle cose predette ebbi stamane l'onore di dare avviso telegrafico all'E. V. (5).

(l) Cfr. n. 244.

(l) -Cfr. n. 245. (2) -T. 701 del 9 agosto 1882, non pubblicato. (3) -T. 700 del 9 agosto 1882, non pubblicato. (4) -T. 696 del 9 agosto 1882, non pubblicato. (5) -T. 1315 del 10 agosto 1882, non pubblicato.
252

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1323. Berlino, 11 agosto 1882, ore 15,35 (per. ore 18,15).

Secrétaire d'État, tout en n'émettant que des idées personnelles, regrettait que la conférence se fiì.t réunie hier sans attendre que le représentant français fiìt à meme de se prononcer au nom de son gouvernement sur la proposition italienne, mais si d'ici au 14 aoiìt la France prend position sur cette question, et que la Turquie et l'Angleterr s sont entendues sur le projet de convention militaire, le secrétaire d'Etat croit que la conférence devrait suspendre lundi ses séances, car son ordre de jour épuisé, un des membres de l'assemblée pourrait alors indiquer que le· moment est venu d'interrompre les réunions et rappeler à cette occasion, camme par incident, sans y mettre de la solemnité et dans un langage très mesuré, l'entente unanime entre les Puissances pour considérer qu'un règlement défini des affaires égyptiennes est de la compétence du concert européen. Le langage du secrétaire d'Etat aujourd'hui restait conforme à ce que j'ai télégraphié avant hier à

V. E. (1).

253

IL MINISTRO DEGLI INTERNI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A COSTANTINOPOLI, CORTI, A PIETROBURGO, NIGRA, E A VIENNA, DI ROBILANT

T. 710. Roma, 11 agosto 1882, ore 23,55.

M. Duclerc a déclaré à Ressman que le Conseil des ministres, interprétant le vote de Ia Chambre camme un mandat d'abstention absolue avait été unanime à délibérer de ne pas autoriser le marquis de Noailles à adhérer à la proposition italienne pour le canal de Suez. Il est possible que le gouvernement français revienne encore sur une décision si absolue. Mais il nous parait en tout cas essentiel, que la conférence prenne, avant de s'ajourner une résolution au sujet de la méthode à suivre, pour fixer les règles pratiques d'exécution, sans quoi la protection collective du canal, risquerait de rester lettre morte. L'abstention éventuelle de la France ne devrait pas faire difficulté, car elle serait toujours libre de se joindre plus tard au service, qui se serait, en attendant, organisé. Notre proposition est de confier la tàche de fixer les règles pratiques à une réunion des commandants supérieurs respectifs qui sont déjà sur les lieux. Nous sommes cependant prets à admettre toute autre méthode que les Puissances préféreraient.

(Per Costantinopoli) Je télégraphie camme ci-dessus, à Vienne, Berlin et Pétersbourg. Veuillez vous employer en ce sens, auprès de vos trois collègues, et une fois d'accord avec eux auprès des plénipotentiaires de Turquie et d'Angleterre, de sorte que ce dernier puisse, avant la séance de lundi demander et recevoir instructions.

(Per Vienna, Berlino, Pietroburgo) Veuillez faire en sorte que le plénipotentiaire du gouvernement auprès duquel vous etes accrédité, reçoive sur ce point instructions positives, avant la séance de lundi.

(l) Cfr. n. 247.

254

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN

T. 711. Roma, 11 agosto 1882, ore 23,59.

Bien qu'il s'agisse, d'après votre télégramme d'hier au soir (1), d'une délibération anonime du Conseil, je vous prie de vouloir bien faire considérer à M. Duclerc, qu'un service purement naval de police et de surveillance, tel que nous l'avons proposé pour la protection du canal de Suez, n'est au fond que l'accomplissement de la tàche normale et journalière de tout navire de guerre, envers sa propre marine marchande. Je ne vois dane vraiment pas comment le vote de la Chambre française, par lequel les crédits égyptiens ont été repoussés, pourrait constituer un empechement. Nous nous trouvons, au point de vue constitutionnel, dans la meme situation, mais nous n'avons pas un vrai besoin de l'approbation parlementaire pour nous engager à prendre part à ce service. Si nous insistons aujourd'hui pour que la France ne refuse pas son adhésion, c'est parce que nous aimerions à voir le véritable caractère de notre proposition accentué par la présence effective dans le canal des pavillons de toutes les grandes Puissances. Veuillez en cette circonstance, remercier

M. Durclerc de ses bonnes dispositions envers nous, et l'assurer de la parfaite réciprocité de nos sentiments.

255

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1462/1177. Londra, 11 agosto 1882 (per. il 17).

Quella parte del discorso pronunziato dal primo ministro nel banchetto del lord Mayor che si riferisce all'Egitto e di cui ebbi l'onore di telegrafare un ristretto (2), è, nelle presenti circostanze, di molto momento.

(2} Non pubblicato.

17 -Documenti diplomatici -Serie li -Vol. XV-XVI

Il signor Gladstone dichiarò che l'Inghilterra interviene in Egitto per difendere interessi, non solamente suoi propri, ma di tutte le nazioni del mondo civile e che si è accinta alla impresa con mire disinteressate e con nobili intenzioni.

In ordine al primo punto, l'oratore fece notare come l'Egitto sia l'adito del commercio dell'Oriente e dell'Occidente e come è necessario che sia retto da governo legale, pacifico ed ordinato. E se, soggiunse, la gravezza dell'impresa di ristabilirvi l'ordine e di reprimere l'insurrezione di Arabi pascià dovrà pesare sull'Inghilterra sola, a lei sola l'onore e la gloria.

In rispetto al secondo punto, egli dichiarò che l'Inghilterra non fa guerra agli egiziani, ma vuole salvarli dal despotismo militare e dalle azioni sinistre di corruzione e dai balzelli, (avanzo di antiche oppressioni), combinati insieme per proteggerlo. Non vuoi comprimere la libertà del popolo; anzi desidera ravviarne la prosperità. L'Inghilterra, il primo ministro insistette, va in Egitto con mani pure, con nobile disegno, senza avere nulla da nascondere altrui, con scopo proclamato ad alta voce, colla coscienza di avere diritto di esigere la fiducia e la benevolenza delle altre nazioni ed i loro voti per il pronto successo delle sue armi.

Queste dichiarazioni sono state accolte con soddisfazione dall'opinione pubblica, poiché rispondono ai sentimenti della maggior parte. Esse ripudiano le intenzioni, ad arte attribuite al governo da banchieri, giornalisti e trafficanti di borsa, che l'Inghilterra si sia messa all'opera di reprimere l'insurrezione in Egitto allo scopo di stabilirvi un protettorato; e, da quanto ho saputo da ciascuno dei miei colleghi, esse hanno dissipato, fino ad un certo punto, i sospetti con cui talune nazioni stanno vigilando le azioni e i motivi del governo britannico. Vero è, bensì, d'altra parte, che nessuno dei miei colleghi si è fatta mai l'illusione di credere che l'Inghilterra, finita la guerra, non voglia o non debba ritenere, in Egitto, l'esercizio di una utile preponderanza, acconcia ai suoi particolari interessi.

Debbo aggiungere che, nello stesso banchetto del lord Mayor, il segretario di Stato per la guerra annunziò che da circa trenta a quarantamila uomini erano partiti per l'Egitto dal Regno-Unito e dalle Indie e, che quest'oggi, la prima divisione delle truppe inglesi doveva sbarcarvi col duca di Connaught, comandante una brigata.

(l) T. 1317 del 10 agosto 1882, non pubblicato.

256

IL CONSOLE GENERALE A TRIESTE, ANFORA, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

L. P. Trieste, 11 agosto 1882.

Voglio scriverle anche oggi poche linee per tenerla al corrente di quanto avviene qui dopo i deplorevoli fatti dei giorni scorsi.

Le dimostrazioni di piazza cessarono; ma il contegno della stampa officiosa verso di noi continua ad essere provocante, come V. E. rileverà dagli uniti brani di giornale, e le autorità mostrano con i loro atti di associarvisi.

Alle dimostrazioni anti italiane si risponde arrestando e sfrattando italiani. Lo stesso luogotenente mi informò di due che erano stati arrestati; uno dei comproprietarii del caffè Lichte venne a lamentarsi di aver ricevuto ordine di sfratto senza averlo provocato; si parla d'altri arrestati, d'altri sfrattati, e d'Italiani chiamati dall'autorità ed ammoniti.

Ho scritto jeri alla polizia per essere informato dei fatti, e se veramente risultasse che le misure che si prendono a carico dei nostri connazionali sono ingiustificate, non mancherò di rinnovarne lagnanze alla luogotenenza.

Avrei creduto che il barone Prety sarebbe venuto a vedermi dopo quanto era accaduto, ed aspettai due giorni la sua visita; ma egli non venne, ed al terzo giorno credetti conveniente di recarmi invece da lui, volendo avere con lui sui fatti avvenuti spiegazioni verbali.

Il luogotenente fu con me cortesissimo, e mi espresse il suo vivo rincrescimento per la dimostrazione occorsa innanzi al consolato; ma non seppe trovare una parola sola per riprovare quelle fatte in istrada, anzi cercò di giustificarle come una legittima manifestazione dell'indignazione popolare per l'attentato di mercoledì sera.

Io gli ripetetti quanto gli aveva scritto a questo riguardo, e feci lo stesso, quando volle attaccare gl'italiani, sostenendo che essi avevano, ed è vero, tenuto nella circostanza un contegno ammirabile. Il barone Prety si lamentò che alcuni di essi sparlavano del governo, ed accennò al Ballo della beneficenza di mezza quaresima, dicendomi che a suo tempo era necessario che ci intendessimo, per dare a quella festa un indirizzo diverso.

Quello che però io trovo più grave è che queste autorità invece di evitare dimostrazioni di qualunque genere, in un momento in cui gli animi sono agitati e le passioni politiche vivamente eccitate, le permettono e promuovono.

La sera della vigilia della festa dell'imperatore avremo un'altra fiaccolata, dei veterani; si promuove una sottoscrizione per offrir loro una bandiera; altri impiegati della luogotenenza si sottoscrissero come membri onorarii dell'Associazione, a fin si vuole venga accordato al loro capo la cittadinanza triestina.

Tutte queste cose non ci interesserebbero, se venendo difficoltà e conflitti potessimo rimanerne estranei, ma il caso attuale ha dimostrato che si finisce sempre per volerne agli italiani per quanto procurino di non prendervi parte.

Ho voluto informare di tutto ciò V. E. perché conosca quale sia qui la situazione, e non per creare difficoltà, e queste stesse cose e nei stessi termini le riferirò al R. Ministero.

Quanto a me, procurerò mantenere in tutte le circostanze un contegno dignitoso si, ma sommamente prudente.

Quando seppi dei fatti della sera del due fui colpito a un tempo da due sentimenti: orrore per l'atroce attentato, indignazione per l'ingiustizia di volercene far solidali. Tutti i miei atti sono stati ispirati da questo doppio sentimento.

Voleva scrivere due linee e mi so n lasciato a scrivere due foglietti; V. E.; mi perdoni...

257

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. uu. 1328. Parigi, 12 agosto 1882, ore 12,40 (per. ore 14,35).

J'ai la satisfaction d'annoncer à V. E. que le marquis de Noailles va recevoir dans un moment instructions d'adhérer à la proposition italienne touchant protection du canal Suez. Dans un Conseil des ministres tenu à l'instant,

M. Duclerc a fait des efforts pour faire revenir ses collègues sur leur précédente décision pour donner, vient-il de me dire, un témoignage d'amitié au gouvernement italien. Il y a eu beaucoup d'opposition mais M. Duclerc l'a emporté. Président de la République a été favorable. Adhésion sera faite sous des réserves que M. Duclerc ne m'a laissé comprendre qu'à demi. Il m'a dit un mot du caractère provisoire de la protection et m'a déclaré qu'il faudra s'entendre pour que le commandement des forces navales de surveillance ne soit pas attribué à l'une des Puissances à l'exclusion des autres. Il faisait évidemment allusion à la prétention éventuelle de l'Angleterre de prendre ce commandement. J'ai vivement remercié M. Duclerc de ce premier bon procédé envers nous.

258

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 3099. Berlino, 12 agosto 1882. (per. il 18).

Par un de vos télégrammes de la nuit dernière (2), en m'annonçant que le Conseil des ministres à Paris avait été unanime à ne pas adhérer à la proposition italienne pour le canal de Suez, vous m'exposiez vos vues, et vous m'invitiez à faire en sorte que le plénipotentiaire d'Allemagne à Constantinople reçut sur ce point des instructions positives avant la séance de lundi.

J'ai donné lecture de ce télégramme au secrétaire d'Etat. Il ne s'expliquait guère que le Cabinet Duclerc interprétàt le vote de la Chambre comme un mandant d'abstention absolue, tandisqu'une entente pour une surveillance collective exercée par toutes les Puissances semblait pouvoir se concilier avec ce vote, et fournir mème à la France l'occasion de sortir d'une position devenue à certains égards embarrassante. Tout en regrettant cette attitude et en énonçant l'espoir qu'on reviendrait sur une décision si arrètée qu'elle semble, le comte de Hatzfeldt partageait personnellement et en principe l'avis de V. E. qu'une telle abstention ne constituerait pas un obstacle au règlement de la

questian, du mament surtaut aù le pratacale resterait auvert à l'accessian de la France. Elle serait taujaurs libre camme vaus le dites, de cancourir plus tard au service arganisé dans l'intervalle. Il pensait aussi, mais ce n'était encare que sa première impressian, qu'en effet la canférence ne devrait pas s'ajaurner sans prendre une résalutian sur la méthade à suivre quant aux règles pratiques d'exécutian du service de palice navale. Il crayait également, sans émettre encare une opinian définitive, qu'à cet égard une certaine marge devrait étre laissée aux cammandants supérieurs des navires respectifs, auxquels an se barnerait à envayer des instructians générales.

M. de Hatzfeldt se réservait de revenir demain sur cet argument. Il camptait bien étre un mesure de danner, avant la séance de lundi, les directians nécessaires à M. de Hirschfeld.

En me référant à man télégramme d'aujaurd'hui (1).

(l) -Ed. in LV 35, pp. 437-438. (2) -Cfr. n. 253.
259

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3101. Berlino, 12 agosto 1882 (per. il 18).

Selan un mat qui a caurs à Paris, le Cabinet Duclerc est un ministère Gambetta, vu de das. La nauvelle administratian campte trais amis palitiques de l'ancien dictateur, et M. Duclerc a taujaurs été avec lui en bans rapparts. Le gauvernement occulte reparaitra dane camme saus le ministère FerryCanstans.

En attendant, le partefeuille des Affaires Etrangères est canfié à un hamme qui jusqu'ici n'a fait dans cette partie aucun apprentissage, et cela dans un mament aù la questian égyptienne prime tautes les autres. Il est vrai que les partis en France ont accumulé assez de fautes paur ne plus savair aù ils en sant, paur se trauver camme perdus dans la canfusian de leurs prapres aeuvres. C'est un intervalle de relache, de lassitude aù les candidats sérieux manquent au se retirent si an fait appel à leur dévauement paur se mettre sur la bréche. On a rarement vu une palitique étrangère passer par tant de phases à si bref délai. Elle cammence par les illusians. Elle se flatte d'exercer une influence prépandérante, de maintenir paur la France une pasitian privilégiée. Elle essaie de lier partie avec l'Angleterre pour résaudre la questian d'Egypte par l'autarité des deux Puissances, par des démanstratians diplamatiques au navales sans l'assentiment de la Turquie et de l'Eurape. Puis an essaie de faire accroire que les autres Puissances abandannent à Paris et à Landres la haute directian dans la vallée du Nil. On arme, an se prépare paur une campagne, et taut-à-caup an s'arréte en chemin. On se trauve ramené de

position en position à une sorte d'expectative impissante, et pendant que cette retraite s'accomplit les événements suivent leur cours. L'intervention turque qu'on se promettait d'abord d'exclure, semble à la veille de se réaliser de concert avec l'Angleterre. La conférence européenne dont on aurait voulu pouvoir se passer est devenue une dernière ressource pour les politiques dans l'embarras.

Une fausse conduite à l'intérieur a contribué sans doute à ce résultat. Un gouvernement qui ne sait pas se fixer et se conduire à l'intérieur, ne saurait avoir ni autorité ni direction à l'extérieur. D'un autre còté, si la France s'abstient, c'est qu'elle craint peut-ètre que l'Allemagne ne nourrisse des projets hostiles et guette l'occasion de lui courir sus quand une partie notable de ses forces seraient engagées sur plusieurs points de l'Afrique septentrionale. Elle redoute peut-ètre aussi que dans une alliance avec les anglais, ceux-ci ne l'abandonnent à moitié chemin, et de tomber alors dans un isolement plein de dangers. Mais si telle est sa pensée où son intuition, il aurait été indiqué dès le début de se ranger résolument dans le concert européen, au lleu de manquer à un tel point de suite, de netteté, de prévoyance dans le maniement aussi délicat que compliqué des intérèts extérieurs.

Ici la politique française est jugée très sévèrement. lors mème qu'on ne le crie pas sur les toits. On évite, donc soigneusement tout ce qui serait de nature à causer de l'irritation chez les voisins. On use au contraire de beaucoup de ménagements. Le mot d'ordre est de se garder mème de l'apparence d'une provocation. Mais on a l'oeil ouvert, on se tient prèt à repousser les attaques si les visées de M. Gambetta reprenaient le dessus, s'il travaillait à ménager une revanche à l'armée et à la marine qui doivent ètre profondément blessées de voir le drapeau tour à tour déplié et replié, comme dans un jeu d'enfants.

Heureusement que notre politique est mieux inspirée. V. E. n'a pas dévié de

san programme, malgré des offres sous certains rapports séduisantes pour notre amour propre. Nous faisons bien de nous réserver en bonne et puissante société, soit pour le règlement définitif des intérèts engagés en Egypte, soit surtout pour d'autres questions plus graves vers lesquelles on s'achemine vu l'état précaire de la France. Après la paix à tout prix, la guerre à tout prix pourrait devenir son système. Les gros atouts seront alors, seulement alors, de mise.

A un autre point de vue, les critiques ne sont pas épargnées aussi à l'Angleterre qui manoeuvre en dehors de la conférence avec un sans gene sans pareil. Mais on se contente de les formuler tout bas, et on avertit mème la presse de mettre une sourdine à son langage. L' Allemagne ne désire pas sans doute qu'il s'établisse une alliance forte et durable entre les Puissances occidentales; mais elle ne veut pas ètre prise en défaut, comme si elle travaillait à les désunir, et s'exposer à produire précisement un effet contraire. Si elle n'accorde pas de mandat, elle ne veut pas non plus prononcer de veto, tout en réservant une entente générale pour le règlement définitif d es affaires égyptiennes.

En accusant réception des dépèches de cette série jusqu'au n. 1320 inclusivement...

(l) T. 1332, non pubblicato.

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L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1464/1184. Londra, 12 agosto 1882 (per. il 17).

Il discorso pronunziato ieri sera dal primo ministro nella Camera dei Co

muni, relativamente all'intervento inglese in Egitto, mentre avvalora le dichia

razioni da lui fatte la sera precedente alla Mansion House, mette maggiormente

in rilievo le intenzioni del Gabinetto.

In risposta a sir H. Wolff che gli chiese se il governo avesse in mente di

occupare indefinitivamente l'Egitto, il signor Gladstone proruppe nelle parole

seguenti:

«Indubbiamente, di ogni altra cosa al mondo, questa il governo non farà.

Essa sarebbe in contraddizione coi nostri principii, colle mallevadorie date da

noi all'Europa e colle i:qtenzioni dell'Europa stessa ».

Dopo avere quindi premesso che era intempestivo dichiarare quali sarebbero i risultamenti dell'impresa britannica, il Capo del governo soggiunse: «A tenore degli impegni positivi che abbiamo presi, quei risultamenti dovranno attenersi coll'intervento e coll'autorità dell'Europa. Essi non potranno avere per base le decisioni di una singola Potenza qualsiasi ».

Cionostante l'oratore convenne con sir H. Wolf che l'Inghilterra aveva assunto l'obbligo di sostenere l'autorità del Kedive, ma che, «il ripristinamento dello statu qua ante in Egitto non doveva, oramai, riguardarsi come lo scopo definitivo ed adeguato che l'Inghilterra poteva proporre alla sua azione militare».

In seguito, il signor Gladstone contraddisse l'opinione che Arabi pascià ed i suoi aderenti sieno rappresentanti del sentimento nazionale in Egitto. Citò, a sostegno delle sue affermazioni, non solo il parere degli ufficiali consolari e dei controllori britannici, eccettuandone il Blunt, non solo quello di Riaz, di Cherif e di Sultan pascià, ma la convinzione dell'Europa, poiché la conferenza riunita a Costantinopoli, egli disse, ha già fatto appello al Sultano acciocché dichiari che il potere che ha attraversato l'autorità del Kedive, è illegale, ribelle e funesto; e lo reprima colla forza.

Soggiunse che un sistema di falsità e di menzogne dominava nella maggior parte dei carteggi spediti dall'Egitto e che, allorquando l'Inghilterra avrà adottato le misure necessarie per la difesa di Alessandria, per la protezione del Kedive e per la sicurezza del canale di Suez e dopo che si sarà impadronita dei principali punti strategici, farà un'inchiesta sui sentimenti della opinione pubblica in Egitto.

In un susseguente rapporto avrò l'onore di riferire alla E. V. quanto mi è stato dato sapere relativamente alla dichiarazione molto significativa del signor Gladstone, citata poc'anzi, cioè «che il ripristinamento dello statu qua ante in Egitto non doveva riguardarsi come lo scopo definitivo ed adeguato dell'azione militare dell'Inghilterra in Egitto».

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1710. Vienna, 12 agosto 1882 (per. il 18).

Il conte Kalnoky da cui mi recavo ieri onde conoscere il suo apprezzamento intorno al risultato della 15a seduta della conferenza mostravasene soddisfatto e dicevami che tutto faceva sperare quel consesso potesse, nella sua prossima riunione, prorogarsi in modo regolare, lasciando esplicitamente, secondo l'idea da lui avanzata, che al regolamento definitivo della questione di Egitto, s'addivenga poi a suo tempo, mediante la cooperazione di tutte le Potenze.

S. E. facevami poi intravedere, che quell'avvenir lontano a cui è difficile provveder oggi, la preoccupava assai, poiché emettevami l'apprezzamento, che la conferenza futura avrebbe un compito ben altrimenti arduo dell'attuale. Al tempo stesso dicevami anche, che dalle varie notizie, che riceve un po' da dovunque risultavagli manifestarsi un'eccitazione nella razza musulmana, ed essenzialmente fra gli arabi, che poteva assumere quanto prima un carattere minaccioso.

Per •conto mi'o non esito a credere col conte Kalnoky che lo svolgimento della questione, che per ora è ancora esclusivamente egiziana, potrà prepararci gravi sorprese, e serie complicazioni.

Il ministero francese non è ritenuto siccome Gabinetto serio, e non può durare; a succedergli sarà chiamato un ministero Gambetta o peggio; e ciò potrebbe precisamente verificarsi al momento in cui tutte le Potenze rientreranno in scena per quel tale regolamento definitivo della quistioni d'Egitto, che assai facilmente assumerà così una ben maggiore estensione.

Guai all'Italia se non fosse preparata per quel giorno. Quando dico preparata non intendo dire militarmente, poiché in quattro, tre o forse anche due mesi soltanto saremo militarmente checché si possa fare, ciò che siamo oggi, e nulla più. Certo amerei meglio, avessimo in quel giorno un esercito ben altrimente forte, che esercitasse un peso assai maggiore nella bilancia Europea; ma anche quale è il nostro esercito, non lo credo inferiore agli altri, in arredamento, istruzione, disciplina, compattezza, ed anzi tutto devozione al Re ed alla Patria.

Ciò che intendo dire augurandomi che il prossimo inverno ci trovi preparati si è, che il governo sia forte, ed in grado di appoggiarsi unicamente su elementi monarchici costituiti in un gran partito nazionale compatto, che non ammette mai transazione colle sette, o col partito rivoluzionario. A patto, che ciò sia; ma a questo patto solo noi potremo contare sul concorso, e sull'appoggio della Germania, e dell'Austria-Ungheria, a tutela dei nostri speciali interessi. E' ritenuto in Italia siccome un aforisma fuori d'ogni discussione, che una trasformazione, che deve rinnovare la società sta svolgendosi in Europa che il miglior, anzi l'unico mezzo onde non essere travolti si è di precederne l'azione con sempre nuove concessioni allo spirito rivoluzionario, che d'altronde è difficile prevedere dove ci condurrebbe poiché le menti sane non riescono ad afferrare neppur più un concetto qualsiasi, nelle teorie, che si vanno spargendo nella vicina Francia. Or bene io posso garentire, ed è anzi dover mio il farlo che simile aforisma non ha affatto corso in Austria, e che tutti gli atti del governo tendono anzi a frenare quel movimento, che del resto in questo Paese è assai poco sensibile. La Germania, in meno buone condizioni a questo riguardo dell'Austria, batte lo stesso cammino.

L'intima alleanza poi, che stringe l'uno all'altro i due Stati, ha essenzialmente per scopo principalissimo, l'affermazione dei principi monarchici conservativi, non certo come l'intendevano gli uomini di Stato, che governavano l'Europa 30 anni fa; ma più stretti forse di quanto li vorrebbero gli stessi cosi detti conservatori in Italia.

L'alleanza austro-germanica non si propone oggi di andar a combattere la rivoluzione in casa altrui come il faceva in passato; ma si propone di opporre una diga alla sua invasione in casa propria. Troppo sovente in questi ultimi anni, e specialmente in questi ultimi mesi, ciò mi fu fatto sentire quil nel modo il più esplicito, perché io e per mezzo mio il R. Governo possa aver dubbi in proposito.

Se dunque, convocata la nuova Camera, il governo potrà presentarsi all'Europa forte dell'appoggio esclusivo di un partito veramente monarchico, la nostra voce troverà ascolto a Vienna, come a Berlino, o l'esercito, che saremo pronti a portare in linea peserà nella bilancia in sufficiente maniera. Ma se a quest'epoca la lotta dei partiti, ed anzi il sopravvento dei facinorosi, provocasse disordini all'interno, sterili lotte nel Parlamento, anche se avessimo un esercito assai maggiore, l'Europa non ci terrebbe in conto alcuno, e prima fra le altre Potenze, la Germania, e l'Austria-Ungheria ci abbandonerebbero al nostro destino; ben sapendo, che su di uno Stato in quelle condizioni, non si può fare assegno alcuno, ed essendo d'altronde, come già dissi assolutamente contrario ai loro intendimenti chiaramente espressi le più volte, il dar appoggio qualsiasi ad uno stato di cose, che è la negazione completa di ciò, che esse vogliono propugnare anzi tutto il consolidamento cioè dell'ordine, e dei sani principi di vera libertà del mezzo dell'autorità sovrana.

Questo mio linguaggio parrà assai probabilmente esagerato; si dirà, che dipingendo su di un fondo vero in parte, ho caricato i colori; ma l'avvenire dimostrerà che non mi sono menomamente allontanato dalla verità nel tratteggiare la situazione. Mi si obietterà probabilmente, che vivendo da molti anni all'estero, non sono in grado direttamente di apprezzare la nostra situazione interna; ma a ciò risponderò, che forse anzi il viver lontano dal Paese, rende il mio giudizio più imparziale, non essendo questo offuscato da spirito di parte, né da antipatie personali. Vorrei l'Italia, come la voleva il Gran Re, rispettata non solo, ma temuta; e quindi ho ritenuto mio sacro dovere, al momento in cui sta per incominciare un periodo di preparazione ad eventi, che possono irrimediabilmente compromettere il nostro avvenire, ed assicurarlo, di esporre colla massima chiarezza senza reticenza alcuna ciò che conviensi fare, ove seriamente si voglia nei prossimi eventi fare assegno sulla prossima cooperazione delle due Potenze imperiali, che piaccia o non saranno per qualche tempo ancora nel periodo storico, che traversiamo, arbitri della situazione in Europa.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A COSTANTINOPOLI, CORTI A PIETROBURGO, NIGRA, A VIENNA, DI ROBILANTE AGLI INCARICATI D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, A MADRID, TERZAGHI E A PARIGI, RESSMAN

T. 716. Roma, 13 agosto 1882, ore 11,30.

Le ministre d'Espagne est venu nous prier, au nom de san gouvernement, de prendre nous meme initiative, pour admission Espagne au service collectif de protection du canal de Suez. Le Cabinet de Madrid dit que trois autres Cabinets, outre l'Italie sont consentant; adhésion France probable; ignare disposition Angleterre. J'ai répondu renouvelant d'abord notre précédente déclaration etre prets témoigner en cette circonstance, de notre amitié envers Espagne, ayant avec nous solidarité d'intérets dans la Méditerranée. Nous devions cependant, en vue de notre dignité aussi bien que de celle de l'Espagne, chercher à ne pas nous exposer à un insuccès. Aussitòt après acceptation définitive de nostre proposition concernant la protection du canal, et au moment d'établir quelles Puissances devraient etre appelées à coopérer au service collectif, nous nous mettrions dane immédiatement en communication avec les autres six Cabinets, ;;oit pour l'admission de l'Espagne, soit pour la désignation de la Puissance qui devrait en prendre l'initiative.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1343. Berlino, 13 agosto 1882, ore 18,14 (per. ore 19,50).

Si restreinte que soit l'adhésion française, elle facilite la tàche de la conférence à l'égard de notre proposition pour le canal. Il faut laisser à cette assemblée une certaine latitude, de meme qu'aux commandants supérieurs des navires respectifs qui auraient les règles pratiques d'exécution d'après des instructions générales des gouvernements, lesquelles seraient dictées dans l'esprit des délibérations de la conférence. Le plénipotentiaire allemand recevra l'instruction de s'entendre avec ses collègues sur cette question de meme que sur celle éventuelle d'un ajournement des séances. V. E. sait que le Cabinet de Berlin objecte contre l'idée dernièrement émise par la Russie au sujet de l'arrangement à conclure entre la Turquie et l' Angleterre, mais quant à une nouvelle affirmation de la compétence du concert européen, il ne voit pas la nécessité de la déclararer au moment de la suspension des séances. Il va de soi que tel est son point de vue partagé par tous les autres Cabinets, qui plus d'une fois se sont prononcés dans ce sens. Si on jugeait, néanmoins, à propos de renouveler cette réserve, le gouvernement impérial se joindrait aux autres Puissances. Une certaine agitation se manifestant en Orient en Syrie, entr'autres, deux nouveaux batiments de la marine allemande, une corvette ed un aviso se rendent dans la Méditerranée uniquement dans un but de protection des nationaux.

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L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 326. Parigi, 13 agosto 1882 (per. il 17).

Ho ricevuto oggi nel mattlno il telegramma (2) che V. E. mi fece l'onore d'indirizzarmi nella notte, e mi sono recato immediatamente al ministero degli Affari Esteri per assicurarmi un colloquio entr'oggi col signor Duclerc, dal quale fui difatti ammesso poco dopo. Gli dissi che era intenzione dell'E. V. di far proporre dal conte Corti, nella seduta che la conferenza terrà domani a Costantinopoli, un modo di organizzare un servizio navale di sorveglianza del canale di Suez, ora che la protezione collettiva del canale era ammessa in massima da tutte le Potenze. Salva l'approvazione ulteriore dei governi, sarebbe attribuito ai comandanti delle forze navali delle potenze interessate, i quali si trovano sul luogo, il compito di stabilire le regole pratiche della sorveglianza e polizia del canale. Accennai al signor Duclerc i vantaggi di questo sistema * che, a giudizio dell'E. V., era il migliore per evitare il pericolo da lui stesso additato di lasciar monopolizzare la direzione del servizio da una sola potenza*; e lo pregai di dare pronte istruzioni al marchese di Noailles, affinché questi potesse aderire a tale proposta nella seduta di domani.

Il signor Duclerc si mostrò un poco sorpreso della prontezza di questa nuova proposta del governo italiano, * annunziatagli prima che fosse in modo definitivo accettata dal voto della conferenza la proposta della protezione collettiva.* Obbiettai che in fatto l'unanime adesione a questa non era più dubbia; che, volendo la cosa, si doveva pur volere altresì il modo d'esecuzione, e che dopo le già lunghe trattative corse, mi pareva saviezza e non precipitazione il porre subito mente ad attuare provvedimenti resi di più in più urgenti dalla situazione in Egitto. S. E. non volle tuttavia pronunciarsi e mi dichiarò che in ogni modo non lo potrebbe prima di conoscere l'opinione del marchese di Noailles e degli altri colleghi dell'ambasciatore di Francia a Costantinopoli, e prima di averne anche parlato col ministro della Marina.

* Insistei per conoscere almeno quale fosse la personale impressione del signor Duclerc, e se la nuova proposta dell'E. V. non provocasse a priori da parte sua nessuna abbiezione. Tentai di concretare gli altri possibili metodi di procedere e di additarne i probabili inconvenienti. Ma il signor Duclerc non

207 tradì nessuna propensione preconcetta e mi ripetè che gli premeva di udire anzitutto il giudizio del marchese di Noailles, il quale meglio di lui stesso poteva rendersi conto dei vantaggi o pericoli della proposta. Una delle sue preoccupazioni era sempre quella di impedire che la Potenza incaricata ora del comando delle forze navali raccolte a tutela del canale di Suez, non volesse poi venirne a ritenerlo per sempre, ciocché, mi disse il signor Duclerc, egli non ammetterebbe neppure se si trattasse della Francia stessa*.

(l) -Ed., ad eccezione dei brani fra asteri"vhi, in LV 35, p. 440. (2) -T. 714 del 13 agosto 1882, non pubblicato.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

L. P. Berlino, 13 agosto 1882.

Je profite d'un moment de répit pour griffonner à la hate cette lettre. Avant tout je vous remercie de celle que vous m'avez écrite le 4 aoiìt (1), et qui était remplie de détails fort intéressants.

Voici tout ce que je sais sur M. Crispi. Un télégramme (l) arrivé de la Consulta après son départ, disait qu'il n'avait aucune mission ni officielle, ni officieuse, qu'il voyageait pour son simple agrément. Il prétendait lui aussi ètre venu ici uniquement en touriste. Il a cependant, sans y réussir, cherché à rencontrer M. de Bennigsen, l'homme de l'avenir ainsi qu'il le qualifiait. Autant que je sache, il n'a pas vu le comte de Hatzfeldt, tout au plus se sera-t-il abouché avec un des employés supérieurs du ministère des Affaires Etrangères, un M. de Hubhitein une ame damnée du chancelier. Celui ci se trouvait à Varzin et certes après les indiscrétions commises par Crispi en 1877, il n'aurait pas été reçu. Il m'a fait l'impression d'un homme assez penaud. Il me disait méme d'un ton empreint de tristesse et au fond de vanité: «il est dommage que le prince de Bismarck ne soit plus pour moi ce qu'il l'a été il y a quelques années. Une entente entre des hommes camme lui et moi, serait très désirable ». Il n'a fait aucune allusion à ses plans de voyage que je ne lui avais pas demandés, et ce n'a été que après son départ que j'ai appris indirectement qu'il s'était rendu à Londres, et de là à Constantinople, par quelle voie je l'ignare. Nous avons causé de choses et d'autres, lui cherchant à me faire parler, moi me tenant sur une extrème réserve. A son debutté à Berlin, il se montrait favorable à notre attitude de rester en dehors du camp anglo-français. A sa dernière visite, il penchait pour notre action collective avec l'Angleterre. Je me suis accordé le malin plaisir de lui demander pourquoi il avait dit à la Chambre qu'à ses yeux une guerre entre l'Italie et la France serait une guerra civile. Camme heureusement nous ne formions pas une seule et mème nation, je ne comprenais pas cette expression pas , plus que le cliché de la razza latina, des nazioni sorelle. Il m'a répondu

que comme on l'accusait de semer la zizanie entre les deux Puissances, il avait bien voulu marquer que tel n'était pas son programme. Je dois avouer que je l'ai trouvé fait raisonnable sur un point, à savoir sur la nécessité de pousser aux armements sur terre et sur mer afin de nous mettre dans une forte position au double point de vue de l'offensive et de la défensive. Il faudrait à cet effet un emprunt de 300 millions et suspendre l'exécution de de la loi sur l'abolition de" la monture. On en viendra peut-etre là avec une nouvelle chambre; <<mais, ajoutait-il avec la vanité qui le caractérise, la proposition devrait étre faite par un homme qui, comme moi, inspire confiance au Pays. Ce qui n'est pas le cas pour Mancin malgré tous ses mérites ». Après cela il ne reste qu'à tirer l'échelle.

Dieu merci nous touchons à l'ajournement de la conférence, sans [que] nous ayons modifié notre attitude de marcher d'accord avec nos deux alliées. Je ne sais trop si cela nous profitera dans la question méme d'Egypte où elles sont moins intéressées que nous. Mais si méme, comme il est à prévoir, nous ne devions pas retirer aucun bénéfice direct, nous devons réserver nos gros atouts pour des questions autrement graves qui peuvent résulter de l'état précaire de la France. Sa misérable politique dans les affaires d'Egypte, le mécontentement qui doit régner dans son armée et dans sa marine, le triste ròle des chambres, finiront par amener un de ces brusques revirements d'opinion dont ce Pays est coutumier. Le moment alors viendra pour nous et pour d'autres aussi de prendre position. Ne croyez vous pas que toute cette affaire d'Egypte finira par un congrès? Ici du moins on persiste à affirmer que le règlement définitif est réservé au concert européen.

Dans votre lettre vous me parlez d'une proposition de Bismarck d'étudier à quatre l'accord à établir pour le jour du règlement de comptes; proposition déjà lancée à Rome, à Vienne et à Saint Pétersbourg. Je ne sais absolument rien à ce sujet. On ne m'en a pas parlé ici, on ne m'en a rien écrit de Rome. Aussi je ne souffle mot. Peut-étre que le comte Hatzfeld voulait y faire allusion lorsqu'il me disait un jour en réponse à des remarques présentées sur notre position spéciale en tout ce qui tient à la Méditerranée et par conséquent aussi à l'Egypte: «le dernier mot appartiendra à l'Europe. C'est là au reste un sujet sur lequel nous reviendrons ». Je vous serais très obligé de m'informer si vous apprenez quelque chose de plus sur ce point.

On fait grand bruit de notre initiative pour un service de police et de surveillance navale sur le canal de Suez. Mais c'est une initiative qui nous a été cédée par l'Allemagne qui préfère agir dans l es coulisses. L'adhésion de la France quelque conditionnelle qu'elle soit comme celle de l'Angleterre, complète l'assentiment. D'ailleurs il ne s'agit que d'un provisoire durant lequel l'Angleterre s'est ménagée carte bianche. On se montre contraire ici à l'idée russe qu'il serait aussi désirable que l'arrangement si conclu entre l' Angleterre et la Turquie ne se fit pas en dehors de la conférence. Je vous quitte pour me rendre chez le comte Hatzfeld avec qui j'ai pris rendez vous pour connaitre les instructions qu'il va envoyer à M. de Hirschfeldt pour la séance de demain.

Comme j'ai pensé à vous lors du facheux incident de Trieste !

(l) Non pubblicato.

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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1355. Therapia, 14 agosto 1882, ore 22,58 (per. ore 1 del 15).

Ce n'est pas sans une grande difficulté que je suis parvenu aujourd'hui à obtenir la signature du protocole relatif à l'exécution de la proposition italienne pour le canal, sans spécifier l'entremise des Gouvernements respectifs pour donner les instructions aux commandants: je n'aurais eu l'adhésion de personne car aucun de mes collègues n'est autorisé à donner les instructions nécessaires aux commandants, quelques uns n'ont pas mème de navires sur les lieux. Les délégués ottomans auraient voulu saisir la conférence de la convention militaire, mais moi et mes collègues d'Autriche et d'Allemagne les avons conseillé de s'abstenir.

267

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 2439. Therapia, 15 agosto 1882 (per. il 21).

La sedicesima seduta della conferenza fu ieri tenuta alla residenza del signor ministro degli Affari Esteri a Cabatash. Il signor presidente apriva la discussione rammentando come nella precedente seduta tutti i plenipotenziari avessero aderito alla proposta italiana per la protezione del canale di Suez ad eccezione dell'ambasciatore di Francia, e domandava a questi se avesse ricevuto le idonee istruzioni. Rispondeva S. E. avere ricevuto l'ordine di aderire alla proposta se tutti i plenipotenziari mantenevano le adesioni precedentemente espresse, ed invitava quindi il signor presidente a verificare se siffatte adesioni erano mantenute. Cui tutti i rappresentanti rispondevano affermativamente, l'ambasciatore d'Inghilterra aggiungendo le parole «nella forma comunicata all'ultima seduta ». Riprendeva allora il signor presidente, lord Dufferin avere formulate alcune riserve, fra le altre quella che tutte le Potenze avessero la facoltà di metter truppe a terra; se S. E. la manteneva, egli avrebbe pure a presentare la riserva che la difesa del canale dalla parte di terra appartenesse alla Potenza territoriale. Rispondeva lord Dufferin non ritirare alcuna delle condizioni espresse. E s'impegnava per tal modo una discussione che minacciava di tutto rimettere in questione. Io domandavo allora la parola ed esponevo i plenipotenziari ottomani avere già data, come risultava dal protocollo del 10 agosto, la loro adesione alla proposta; siffatta

adesione essere stata confermata dal presidente della conferenza al principio dell'odierna seduta; non potevano essi modificarla nella presente congiuntura; le riserve dell'Inghilterra non riguardavano che quel governo e la posizione speciale di esso nella quale la maggioranza dei membri della conferenza non intendeva entrare; erasi convenuto all'ultima seduta essere state significate tutte le adesioni all'eccezione di quella dell'ambasciatore di Francia; s'aspettava ora soltanto la decisione di questo. Le quali dichiarazioni erano confermate dai rappresentanti d'Austria-Ungheria, di Germania e di Russia. Said pascià dichiarava allora mantenere la sua precedente adesione. Ed il marchese di Noailles aderiva alla proposta, colla restrizione che «la Francia si riservava completa libertà di appreziazione quanto all'applicazione delle misure alle quali essa poteva essere chiamata a partecipare per effetto del presente accordo ». A proposito di questa riserva osservava il presidente della conferenza che ad essa vorrebbe associarsi a nome dei delegati ottomani, e domandava spiegazioni in proposito. Cui rispondeva il marchese di Noailles, non avere più ampie istruzioni, ma interpretare la riserva nel senso che l'accordo intervenuto conferisse alle parti contraenti il diritto ma non l'obbligo di prender parte alle misure in discorso. E l'ambasciatore di Francia esprimeva indi il desiderio di presentare alcune osservazioni le quali non avrebbero ad invalidare l'espressa adesione, né a suscitare alcuna discussione in proposito. Diceva egli desidererebbe di avere alcuni schiarimenti sul significato dell'accordo; non erasi mai verificato in modo positivo se l'espressione (tutte le Potenze) si riferisse alle presenti od eziandio ad altre; che s'intendevano mantenuti in vigore tutti i firmani relativi alla conservazione del canale, ed ai privilegi di quella compagnia? Come s'aveva a procedere per l'esecuzione dell'accordo? Cui rispondevo quanto alla questione delle Potenze che avevano a prender parte alle relative misure. Sapevo starsi attualmente scambiando delle idee fra i governi, ciascuno dei quali avrebbe l'occasione d'esprimere i suoi sentimenti sulla materia; la proposta italiana non toccava in verun modo alla validità dei firmani concessi; e quanto al modo di esecuzione domandavo la licenza di fare una proposta la quale servirebbe di complemento a quella che era già stata adottata. E davo allora lettura della farmola nella quale cercai di riprodurre, per quanto era compatibile colla situazione dei miei colleghi, i termini che l'E. V. si compiaceva significarmi pei suoi telegrammi. Ad essa aderivano senza commenti i rappresentanti delle cinque Potenze. Ma Said pascià sollevava nuove obbiezioni, il presente progetto riguardava la protezione marittima del canale, ma non v'era parola della difesa dalla parte di terra la quale apparteneva alla Potenza territoriale, ed avevo gran pena a ricondurlo nella questione sul canale. Ed allora allegava, il governo ottomano non avere alcuna nave sui luoghi; come poteva incaricare il comandante di prender parte a quelle deliberazioni? Cui rispondevo,

S. E. s'era compiaciuta informare la conferenza, nella precedente seduta, che in quel giorno od il giorno appresso un esercito ottomano partirebbe alla volta dell'Egitto; le navi ottomane non tarderebbero quindi a comparire in quelle acque. La quale osservazione poneva fine alla discussione.

Fu indi redatto e parafato il protocollo che ebbi l'onore di spedire poco appresso all'E. V. col telegramma identico Cl).

E quando fu terminata questa discussione i delegati ottomani espressero il desiderio si facesse un protocollo sommario delle passate sedute. Alcuni dei miei colleghi mossero varie obbiezioni. E quando il signor presidente venne a domandare il mio avviso, risposi esistere diverse specie di protocolli; v'erano i protocolli regolari di ciascuna seduta i quali esigevano l'organizzazione di un segretariato, e questo sistema non era stato adottato nella presente congiuntura; un altro sistema erasi seguito l'anno passato nell'occasione dei negoziati per la questione turco-ellenica, ed era quello di fare un protocollo generale alla fine dei negoziati stessi; se le LL. EE. stimavano che la presente fase dei nostri lavori fosse compiuta, i miei colleghi non avrebbero forse abbiezione a fare un protocollo generale. Il signor presidente domandava allora l'avviso degli altri rappresentanti i quali esprimevano, l'un dopo l'altro, l'avviso unanime: la presente fase dei negoziati essere infatti esaurita, i nostri lavori potrebbero essere ripresi a tempo più opportuno. I delegati ottomani manifestarono diverso avviso, e si riservarono di farci conoscere il giorno in cui avrebbe a seguire la prossima seduta. La quale questione sta ne' seguenti termini: tutti i miei colleghi hanno per istruzione di aderire se alcuno prendesse l'iniziativa di proporre la sospensione dei lavori della conferenza, istruzione che io però non possiedo. Senonché in materia di tanta importanza, chi può prendere l'iniziativa senza averne l'ordine categorico dal rispettivo governo? Per le quali ragioni, e dinanzi all'avviso diverso dei delegati ottomani, si aggiunse al nostro telegramma identico, «quando le Potenze giudicheranno opportuno che le nostre sedute siano sospese, i nostri governi avranno a darci l'istruzione formale di fare una dichiarazione in questo senso alla conferenza».

Non avendosi dunque in questa seduta a prorogare la conferenza, non fu il caso di presentare la dichiarazione che il componimento finale della questione egiziana non si farebbe senza la cooperazione di tutte le Potenze. Per essa io non ho invero che il telegramma del 10 corrente (2) pel quale l'E. V. mi comunica le impressioni del governo austro-ungarico in proposito, aggiungendo che esse sono identiche a quelle del R. Governo. Però l'ambasciatore austro-ungarico non volendo prendere l'iniziativa della proposta, io avevo acconsentito ad assumerla se se ne presentava il caso, ed avevo per tale scopo redatto una formula, la quale corrispondeva a quella menzionata nel telegramma predetto, ed era stata accettata dal mio collega d'Inghilterra, nonché da tutti gli altri. Ne unisco copia al presente ed essa potrà servire per la prossima occasione ( 3).

Prima che incominciasse la seduta di ieri, il signor ministro degli Affari Esteri aveva significato in privati colloquii intervenuti con me e co' miei colleghi d'Austria-Ungheria e di Germania avere egli ricevuto l'istruzione di mettere il progetto di convenzione militare a stipularsi con l'Inghilterra in

deliberazione alla conferenza. Lo consigliammo ne' termini più categorici di desistere da questo pensiero, poiché saremmo costretti di declinare d'entrare nell'argomento. Ed il signor ministro non diede infatti esecuzione al suo intendimento. Di che diedi contezza all'E. V. pel telegramma che ebbi l'onore di rivolger le in seguito all'identico (l).

Unisco al presente l'esemplare del protocollo del 10 agosto destinato al

R. Governo (2).

(l) Ed. in LV 35, pp. 445-447.

(l) -Cfr. n. 266. (2) -T. 704, non pubblicato. (3) -Non si pubblica.
268

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (3)

R. 1468/1203. Londra, 15 agosto 1882 (per. il 20).

Tostoché ricevette il dispaccio dell'E. V. del 24 luglio scorso n. 1457 (4), S. E. il generale Menabrea si rivolse, per iscritto, a lord Granville pregandolo di fargli conoscere il pensiero del governo inglese relativamente alla dichiarazione del governo ellenico del 2 luglio scorso sulla vertenza pel confine fra Kristivi e Zanko.

Non essendo pervenuta a quest'ambasciata alcuna risposta dal Foreign office a questo riguardo, pregai ieri lord Tenterden di dirmi se il Foreign office inclinasse a sostenere l'accomodamento proposto dalla Sublime Porta su quella quistione, ovvero se giudicasse plausibile la dichiarazione del signor Trikupis, che il governo greco non poteva consentire ad alcuna transazione la quale tendesse a modificare le decisioni della commissione europea.

Lord Tenterden mi rispose che una comunicazione analoga a quella indirizzata all'E. V., era stata fatta a lord Granville dal ministro di Grecia in Londra e che il governo della Regina considerava essere imprudente allontanarsi dall'attitudine finora seguita dalle Potenze e di fare una mozione ufficiale che tendesse a rendere invalido il principio di cosa definita (finality) nello stabilimento della frontiera turco-ellenica, come fu tracciata dalla commissione. Se però, soggiunse lord Tenterden, la Porta e la Grecia venissero ad un accordo amichevole sulla questione in controversia, la soluzione alla quale giungerebbero sarà accettata dalle Potenze. Nel desiderio, dunque, di facilitare l'effettuazione di questo scopo, il rappresentante dell'Inghilterra in Atene è stato autorizzato a comunicare ufficiosamente la proposta della Porta al governo greco.

Queste idee, conchiuse Sua Signoria, furono comunicate, è già qualche tempo, all'ambasciatore britannico a Costantinopoli. Ed il Foreign office, appena ricevette la comunicazione del ministro di Grecia summenzionata, non credette dover fare altro che trasmetterla a lord Dufferin, senz'aggiungere alcuna osservazione.

18 -Documenti diplomatici -Serle II -Vol. XV-XVI

(l) -Cfr. n. 266. (2) -Non pubbl!cato. (3) -Ed., in LV 39, p. 35. (4) -Non pubbl!cato.
269

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1370. Parigi, 16 agosto 1882, ore 19,40 (per. ore 21).

Aujourd'hui étant le premier jour d'audience régulière chez le ministre des Affaires Etrangères, je viens de me rendre auprès de lui. Il m'a dit avant toute chose que la France avait adhéré aussi à notre proposition relative à la mise en oeuvre du service collectif sur le canal de Suez, ce que [je] savais déjà par le télégramme de V. E. en date d'hier (l) et il m'a de nouveau déclaré que le gouvernement français s'y était décidé par désir d'ètre agréable à l'Italie et d'établir des meilleurs rapports entre nos Pays; «vous le voyez m'a-til dit vous faites de nous tout ce que vous voulez, il faudra bien s'en souvenir si plus tard j'ai aussi quelque chose à demander ». Le chargé d'affaires d'Espagne qui venait de voir le ministre des Affaires Etrangères ne lui a point parlé du désir de son gouvernement de prendre part au service collectif. Cependant M. Duclerc parait favorablement disposé. Dans la conversation le ministre s'est plaint du zèle remuant, excessif, et parfois compromettant de M. de Lesseps, dont la femme vient d'adresser une lettre au journal anglais l'Observer qui ne parait pas faite pour attirer les sympathies anglaises «quoique née dans un Pays anglais, y dit la contesse de Lesseps, je foule aux pieds avec mépris cette nationalité en face d'un Pays qui cherche par des moyens déshonnètes à s'emparer de ce qui ne lui appartient pas ».

270

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1478/1220. Londra, 17 agosto 1882 (per. il 21).

Nella seduta del 15 corrente della Camera dei lords, lord Granville, rispondendo al conte De La Warr, disse che, a tenore delle informazioni ricevute in questi ultimi tempi, un grande terrore esisteva nella Tripolitania ed a Bengasi e che numerosi europei si rifugiavano a Malta.

Il governo della Regina aveva mandato una nave da guerra a Bengasi, dove

esisteva il maggior fermento e, nello stesso tempo, aveva incaricato lord Duf

ferin di mettersi in comunicazione coi suoi. colleghi e colla Porta, su quell'ar

gomento.

Inoltre il governo britannico aveva interrogato i Gabinetti d'Italia, di

Francia e d'Austria, ma le notizie giunte a quelle Potenze non erano di natura

da ispirare seni timori per la sicurezza degli europei a Tripoli. L'Austria e la Francia, però, si erano messe d'accordo col governo inglese nel fare delle pratiche premurose presso la Sublime Porta, onde questa prendesse tutte le necessarie precauzioni. La Porta avea promesso di farlo: ed a Tripoli il Vali aveva pubblicato una circolare ai consoli, pigliando su di sé la responsabilità della sicurezza e della pace in quella provincia. Questa circolare avea avuto buon effetto ed avea calmato le apprensioJ?-i degli europei; onde non vi è motivo di temere che i sudditi britannici corrano alcun pericolo a Tripoli.

Nella conversazione che io ebbi oggi con lord Granville, Sua Signoria mi ripeté queste dichiarazioni, da lui fatte alla Camera dei lords, ed avendolo io informato che, in seguito all'agitazione che si manifesta in Siria, una nave della R. squadra, attualmente al Pireo, aveva ricevuto l'ordine di recarsi nelle acque di Beirut per tenersi alla disposizione del R. Console, il conte Granville come ebbi l'onore di telegrafare all'E. V. (1), accolse con molto piacere questo annunzio e mi soggiunse: «Siamo troppo occupati in Egitto per potere mandare altrove le nostre navi ».

Devo informare, finalmente, l'E. V. che la notizia pubblicata nello Standard del 15, spedita da Vienna, che uno scambio d'idee aveva avuto luogo fra le Potenze sulla quistione dell'occupazione eventuale di Tripoli per parte dell'Italia, e che la Francia approvava quel disegno non fu creduta degna di fede, talmenteché io non stimai opportuno di portarvi sopra, per telegrafo, l'attenzione dell'E. V.

(l) T. 720 del 15 agosto 1882, non pubblicato.

271

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1378. Berlino, 18 agosto 1882, ore 16,30 (per. ore 17,10).

A la séance de la Chambre des Communes, M. Dilke affirmait non seulement que les relations entre l'Angleterre et l'Allemagne sont cordiales, mais en~ore que cette dernière soutient chaudement la politique anglaise dans les affaires d'Egypte. Le secrétaire d'Etat m'a dit confidentiellement qu'il ne se rendait pas compte sur quoi pouvait se baser cette dernière assertion. Le Cabinet de Berlin n'a donné ni approbation, ni bHime, ni mandat, ni véto. Il n'objecte pas à ce que le Cabinet anglais prenne ce qu'il appelle des mesures conservatoires du moment où il déclare lui-meme que le règlement définitif de la question est réservé au concert européen. M. Dilke n'a dane pas été exact dans son langage. Il serait malaisé de rectifier publiquement. Cela n'est pas, au reste, néeessaire, car l'attitude de l'Allemagne est suffisamment connue par les autres Cabinets.

(l) T. 1374 del 17 agosto 1882, non pubblicato.

272

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, TERZAGHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 626. Madrid, 18 agosto 1882 (per. il 22).

Sembra ora accertato che il pellegrinaggio partirà dalla Spagna verso la fine di settembre arrestandosi nell'andata o nel ritorno a Lourdes per essere poi nuovamente in Spagna prima del 15 ottobre per la festa di Santa Teresa.

Come è noto all'E. V. l'idea originaria del pellegrinaggio spagnolo nacque in conseguenza dei fatti accaduti a Roma nella notte del 13 luglio dell'anno scorso. Il Sommo Pontefice diede in quell'epoca istruzioni alla nunziatura di acfoperarsi allo scopo di un pellegrinaggio, che per il suo numero e per il suo forte organamento sostituisse una protesta contro la situazione in cui si trovava il Vicario di Gesù Cristo. La nunziatura fece osservare, dal suo punto di vista giustamente, come i fatti lo constatavano che non si poteva costituire una Romeria come la desiderava la Santa Sede, che facendo appello ai carlisti. La Santa Sede insistette; la nunziatura si rivolse ai carlisti; Nocedal protetto dal cardinale Mareno costituì giunte esclusivamente carliste e quasi intieramente laiche; ottenne di disporre di somme abbastanza rilevanti e molte migliaia di pellegrini erano pronti per recarsi a Roma. Il pellegrinaggio assunse evidentemente uno scopo non solamente religioso ma eziandio politico, cioè di organizzare il partito carlista. Il governo spagnuolo si commosse, fece vivissime e insistenti istanze presso la Santa Sede; la Curia poco a poco cedette per non inimicarsi il governo spagnuolo, e apparentemente insinuò che la nunziatura avesse fors'anche oltrepassato le sue istruzioni. Le giunte laiche carliste si sciolsero e furono incaricati i vescovi della costituzione del pellegrinaggio, che assunse così un carattere diocesano e ecclesiastico e non più essenzialmente laico. Vi fu lotta viva tra la maggiorità dei vescovi alfonsisti e una parte del basso clero e taluni vescovi, come per esempio quello di Doilia, carlisti di sentimenti. Nocedal e i suoi seguaci si ritirarono non avendo ottenuto il loro scopo e dichiarando che non farebbero parte del pellegrinaggio nelle mutate contingenze. E' quindi ora nel loro interesse di dimostrare che il pellegrinaggio, effettuandosi senza il loro concorso non avrà l'entità di quello già da loro costituito.

Il cardinale Mareno, ancor maggiormente fanatico clericale che carlista, tentò di eccitare il sentimento religioso con riunioni e con una pastorale, scritta col fiele che distingue il focoso prelato, di questi fatti si fa cenno nei rapporti di questa R. Legazione in data del l o e del 30 maggio numeri 593 e 600 di questa serie (l). I vescovi, nella loro maggioranza attualmente alfonsisti fecero tutti gli sforzi per dar forza alla Romeria, ma il mancato concorso dei carlisti e il periodo di tempo trascorso dall'epoca dei fatti accaduti in Roma nella notte del 13 luglio 1881, credo dimostreranno l'inanità del tentativo di costituire un pellegrinaggio che si avvicini anche da lontano a quello già costituito dai car

listi; vi saranno forse molti generali ma pochi soldati e sembra siano pure scarsl i mezzi finanziari dei quali dispongono i capi della Romeria.

Per le considerazioni svolte sino ad ora sembrerebbe, in apparenza, che la prossima Romeria non meriti attenzione alcuna; ma temo che forse, a mio avviso, questo non sarebbe un apprezzamento intieramente esatto. Il pellegrinaggio con carattere carlista, si sarebbe eseguito contro la volontà espressa del governo spagnuolo sarebbe stato nell'interesse carlista di dimostrare disciplina, e se pure i pellegrini avessero trasmodato, come sarebbe stato sempre da prevedersi, ad atti violenti, il governo spagnuolo avrebbe approvato altamente ogni repressione da parte nostra. Ben differente è il carattere della Romeria attuale,

quantunque non sarà, molto probabilmente, molto numerosa. La costituzione di essa fu fatta a dispetto dei carlisti, in conseguenza di insistenti istanze del governo spagnuolo presso la Santa Sede, i loro capi sono in parte vescovi, una altra parte di famiglie aristocratiche, appartenenti bensì quasi tutti alla «Unione cattolica o al partito conservatore, quindi avversari del partito » attualmente al potere, ma di sentimenti, nella generalità, dinastici alfonsisti. E' quindi evidente che disordini anche non gravi, che .accadessero durante la permanenza del pellegrinaggio a Roma, porrebbero il governo spagnuolo in imbarazzo non lieve e ben maggiore di quello che avrebbe risentito in conseguenza di una repressione anche violenta per parte nostra per un atteggiamento ostile che avesse assunto la Romeria carlista. E' d'uopo eziandio di non dimenticare che è nell'interesse del partito dell'unione cattolica e conservatore di tentare di compromettere il partito ora al potere, dimostrando che non sa difendere i propri nazionali all'estero.

Il sottosegretario di Stato signor Mendez Vigo al quale feci cenno della Romeria, non mi nascoste le preoccupazioni del governo spagnuolo. Mi disse non aveva ancora contezza esatta della Romeria; ma aver motivo di credere che taluni vescovi, tra i quali quelli di Sevilla e di Valenza, taluni membri di famiglie at'istocratiche come i conti di Cheste, Orgas, Gnaqui, Carsqa-Arquelles etc. e signore come la contessa Gnaqui e la marchesa Novos abbiano espresso l'intendimento di prender parte alla Romenia; non è persino esclusa assolutamente la possibilità, soggiunse che si unisca al pellegrinaggio il cardinale Moreno che col suo fanatismo aumenterebbe il pericolo di attriti. Il signor Mendez Vigo mi assicurò che il governo e anch'egli personalmente fanno ogni sforzo per dissuadere prelati fanatici e segnatamente signore dal loro intendimento. ma non essere sicuro dell'effetto degli uffici, soggiunse che sarebbe conveniente che entrambi i governi prendessero tutti i provvedimenti che credessero più opportuni per evitare attriti eventuali che porrebbero il governo spagnuolo nell'imbarazzo, per i motivi esposti. I capi del pellegrinaggio chiesero persino passaporti da rilasciarsi dal ministro di Stato e raccomandazioni ai consoli; sino ad ora si rispose che ciò non si accorda che ai diploma t ici; si sottoporrà al signor Sagasta la decisione definitiva al suo ritorno a Madrid. Il signor Mendez Vigo finì 11 suo dire colla promessa di darmi maggiori particolari sulla Romeria e sulle persone che la costituivano appena ne avrà contezza esatta e dopo il ritorno prossimo in Madrid del ministro dell'Interno; sarà mia cura di portarli a conoscenza della E. V.

Chiedo venia alla E. V. per il lungo rapporto su questo argomento; ho creduto mio dovere di tentare di dare un quadro possibilmente esatto della costituzione e del carattere della Romeria perché il R. governo, nella sua saviezza, possa agire nel modo che crederà più conveniente.

(l) Non pubbllcat!.

273

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A COSTANTINOPOLI, CORTI, A PIETROBURGO, NIGRA, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GALVAGNA

T. 740. Roma, 21 agosto 1882, ore 18,30.

Le chargé d'affaires de Russie m'a communiqué dépeche de M. de Giers en date du 11 aoùt, dont voici résumé. Après échange de vues avec les autres Cabinets, et d'accord notamment avec les idées qui lui ont été énoncées par le Cabinet de Berlin, le Cabinet de Saint Pétersbourg pense que la conférence pourrait suspendre ses travaux après avoir posé le principe qu'aucune décision unilaterale de la question d'Egypte ne saurait etre admise et par conséquent la décision finale du sort de l'Egypte doit etre exclusivement de la compétence du concert européen. M. de Giers ajoute avoir appris avec plaisir que le Cabinet de Berlin serait disposé, le cas échéant, à prendre l'initiative d'une déclaration dans ce sens. Le Cabinet de Pétersbourg pense en outre que avant de s'ajourner la conférence aurait à décider de deux questions urgentes. La première concernerait la protection du canal de Suez. La seconde concerne l'intervention turque en Egypte. M. de Giers se référant à la note du 15 juillet et à l'acceptation du Sultan estime qu'il ne reste plus à la conférence qu'à inviter la Porte et l'Angleterre à s'entendre pour l'exécution, mais que «si cette entente n'avait pas lieu et si le Sultan se trouvait dans l'impossibilité de remplir la mission qui lui a été confiée ce serait encore à la conférence qu'il appartiendrait de se prononcer ». Répondant à M. Sevié, je lui ai dit que j'appréciais l'ensemble des considérations et principes émis dans la dépeche dont il venait de me donner communication. L'Italie est toute disposée à s'associer à la déclaration que la conférence ferait avant de s'ajourner pour constater l'unanimité des Puissances à l'égard de la compétence exclusive du concert européen pour le règlement définitif de la question égyptienne. Quant aux questions que d'après M. de Giers la conférence devrait encore décider, avant son ajournement, nous pensons que la première, celle concernant le canal de Suez, que, le 11 aoùt, était en suspens, peut maintenant etre considérée comme résolue pour autant que cela rentre dans le ressort de la conférence, les details d'exécution devant cependant etre réglés entre les commandants, d'après les instructions que les Cabinets vont leur donner, de façon à ce que les délibérations de la conférence ne restent pas lettre morte. L'autre question se rattachant

entièrement à l'attitude que les quatre Puissances ont cru devoir adopter vis-à-vis de l'action particulière de l'Angleterre nous parait devoir former l'objet d'un échange préliminaire de vues entr'elles. C'est pourquoi, ai-je dit à. M. Sevié, j'allais immédiatement me mettre là-dessus en communication avec Berlin et Vienne.

(Per Vienna e Berlino) Différent assez sensiblement de la communication télégraphique dont la présente dépeche écrite de M. de Giers est le développement, la conclusion actuelle du Cabinet de Saint Pétersbourg est en ce dernier point non pas que la conférence se saisisse de la négociation entre la Turquie et l'Angleterre, mais qu'avant de s'ajourner elle déclare qu'au cas d'insuccès de cette négociation et l'intervention turque devenant par cela meme irréalisable il lui appartient de se prononcer sur la situation. La gravité d'une pareille déclaration est évidente car dans l'éventualité, que les dernières nouvelles indiquent comme étant assez probable, de l'insuccès de la négociation anglo-turque, la conférence se trouverait engagée à se prononcer sur une situation des plus délicates. Désirant etre en mesure de faire une réponse, je vous prie de me faire connaitre sur la proposition de la Russie l'avis du Cabinet auprès duquel vous etes accrédité (1).

274

IL MINISTRO A BELGRADO, TOSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 72. Belgrado, 21 agosto 1882 (per. il 1° settembre).

Sembra che da qualche tempo questo governo sia venuto nel timore di veder compiuta l'annessione della Bosnia-Erzegovina all'Impero austro-ungherese in epoca poco lontana. Lo deduco dalle parole che ebbi l'occasione di udire su tale argomento da due di questi ministri, senza che nelle conversazioni avute con essi io avessi provocato siffatte confidenze.

A parer loro, il fatto di una simile annessione avrebbe conseguenze funeste per la Serbia, la quale ha sommo interesse di vivere nel migliore accordo con l'Austria-Ungheria. L'indirizzo dato alla politica estera dal gabinetto Pirotchanaz è riconosciuto, nei suoi punti essenziali, come il più ragionevole dagli stessi avversarii del ministero. Malgrado ciò, se le due provincie slave che l'Austria-Ungheria ebbe dalle altre Potenze il mandato di amministrare dovessero realmente essere dichiarate parte integrante dell'Impero, l'irritazione in Serbia sarebbe tale da rendere impossibile la continuazione dell'attuale sua politica e l'esistenza di un ministero qualsiasi che non la ripudiasse. La Serbia volgerebbe i suoi sguardi verso la Russia, come verso la sola Potenza dalla

quale gli slavi potrebbero sperare ancora salvezza. Sarebbe questo un movimento irresistibile.

Non so se questi ministri, per dare adito a siffatte previsioni, abbiano qualche indizio più serio delle voci messe in giro da alcuni giornali che, nelle critiche circostanze in cui può versare la Turchia in seguito agli avvenimenti che si svolgono in Egitto, vedono una occasione favorevole per l'Austria-Ungheria di porre un termine allo stato di cose provvisorio stabilito nella Bosnia Erzegovina.

In ogni modo, quantunque la irritazione di un piccolo Stato come il Regno di Serbia non possa essere cosa da inquietare troppo l'Impero austro-ungherese, i timori e le previsioni dei ministri Serbi, propugnatori essi medesimi di un programma di intimo e quasi esclusivo accordo con l'Austria-Ungheria, meritano qualche attenzione. Giova infatti ricordare che, nella lotta di opposte influenze la quale mai non si interrompe negli Stati dei Balcani, l'arrendevolezza della Serbia ai disegni di questa o di quell'altra Potenza ha un vantaggio che deve essere tenuto in qualche conto. Egli è unicamente a tal punto di vista che stimai di dover riferire a V. E. degli apprezzamenti sovra una eventualità che, quand'anche sia ora puramente ipotetica, dovrà pure tosto o tardi verificarsi per la Bosnia-Erzegovina.

(l) Cfr. nn. 275 e 276.

275

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1401. Vienna, 22 agosto 1882, ore 17,50 (per. ore 19,10).

Par mon télégramme du 20 (1) je m'étais empressé de communiquer à

V. E. les renseignements que j'avais pu me procurer sur l'avis émis par le comte Kalnoky au sujet de la proposition formulée dans la dépeche russe du 11 courant. S. E. vient de me confirmer exactitude de ces renseignements. La conférence ne devant que s'ajourner et ses membres restant à Constantinople rien n'empeche qu'en cas de nécessité elle soit reconvoquée si, ainsi qu'il y a lieu de craindre aujourd'hui, l'entente ne pouvait pas s'établir entre la Turquie et l' Angleterre; ce serait à la Porte, qui a vai t accepté d'intervenir militairement en Egypte, de provoquer une nouvelle réunion de la conférence pour la saisir de l'impossibilité dans laquelle elle se trouve de remplir la mission qui lui avait été confiée. C'est dans ces termes que le comte Kalnoky m'a dit d'avoir répondu au chargé d'affaires de Russie, il trouve très juste l'observation de V. E. que la dépeche russe, pour ce que concerne le canal de Suez entre dans une question déjà resolue par la conférence et en général il m'a paru ne pas saisir idée pratique de cette communication.

(l) T. 1388 del 20 agosto 1882, non pubblicato.

276

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1403. Berlino, 22 agosto 1882, ore 18,20 (per. ore 20).

Je viens de donner lecture au sous secrétaire d'Etat du télégramme de

V. E. (l) relatif à la circulaire russe du 11 aoiìt. Il a tout lieu de croire qu'à Saint Pétersbourg on a été inexactement renseigné sur les dispositions énoncées par l'Allemagne de prendre, le cas écheant, l'initiative poÙr ajournement de la conférence et pour réserver compétence du concert européen dans le règlement final des affaires égyptiennes. Cette dépeche se rapporte à une situation qui s'est modifiée dans l'intervalle et aussi l'ambassadeur de Russie ne lui a pas soufflé mot sur ce document et notamment sur les deux questions dont la conférence aurait à s'occuper avant de s'ajourner. La première comme V. E. le fait observer a été résolue en principe, du moins pour autant qu'elle rentre dans le ressort de l'assemblée; la seconde comme vous le dites avec beaucoup de justesse est des plus délicates; le sous secrétaire pense que les conjonctures actuelles comportent une grande prudence; c'est une phase d'attente des événements militaires qui ne peuvent tarder à se produire en Egypte. Toutes les Puissances sont en attendant d'accord que la décision finale sur le sort de l'Egypte appartient à l'Europe et l'Angleterre elle meme le déclare en chaque circonstance. Il résulte des derniers rapports du chargé d'affaires d'Allemagne à Constantinople que Dufferin se proposait de présenter la motion suivante: «la conférence constate qu'une entente amicale existe entre les Puissances et qu'il a été établi que le règlement de la question d'Egypte ne saurait avoir lieu qu'avec la coopération de toutes les Puissances ». Je me permets de me réferer à mon rapport n. 3100 du 13 (2) qui répondait à un télégramme de

V. E. de la meme date (3).

277

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (4)

R. 2444. Therapia, 22 agosto 1882 (per. il 28).

I negoziati fra l'ambasciata d'Inghilterra e la Sublime Porta per la stipulazione della convenzione militare, non progrediscono in modo soddisfacente. Il 17 corrente lord Dufferin, non avendo ricevuto alcuna comunicazione dalla Porta riguardo al progetto di convenzione da esso presentato, fece domandare

notizie in proposito a palazzo dal suo dragomanno, cui S. M. faceva rispondere i suoi ministri non aver potuto occuparsene in quei giorni a cagione delle fest'~ del Bairam. Ed il 19 il signor ministro degli Affari Esteri invitava il signor ambasciatore a trasferirsi alla sua residenza per trattare della convenzione. La conferenza durava parecchie ore, dall'una e dall'altra parte si facevano varie concessioni, e gli articoli che ne risultavano erano presi ad referendum. I punti principali di divergenza erano la limitazione del numero delle truppe ottomane a spedirsi, che dalla parte inglese si voleva fissare a 5 o 6000, e la designazione dei luoghi di sbarco, l'ambasciatore proponendo Aboukir, Rosetta e Damietta, e la Porta desiderando sostiturvi Alessandria, che avrebbe indi a servire di base alle relative operazioni, Porto Said e Suez. E, mercé le mutue concessioni l'accordo sembrava vicino a stabilirsi. Senonché il 20 il signor ministro degli Affari Esteri faceva conoscere al signor ambasciatore S. M. il Sultano avere rifiutato i punti presi ad referendum, ed invitava questo a ritornare presso di lui affine di discutere la pendenza. Cui lord Dufferin rispondeva per iscritto, vano essere di riprendere la discussione in siffatte condizioni, aggiungeva un altro segno del malvolere e della ostilità del governo ottomano essere intervenuto, poiché esso si opponeva all'esportazione di 700 muli acquistati a Smirne ed altri luoghi pel servizio dell'esercito inglese; egli non verrebbe alla conferenza proposta. E più tardi in giornata il signor ministro degli Affari Esteri comparve con Assim pascià all'ambasciata inglese dove seguì un'altra lunga discussione sui punti in contestazione, ma senza frutto poiché i negoziatori ottomani non avevano ricevuto ulteriori istruzioni da palazzo. L'indomani 21 fu giorno di riposo. E stamane il signor ambasciatore d'Inghilterra ricevette le aspettate istruzioni per le quali erano attenuate le domande dell'Inghilterra. Lord Dufferin le fece conoscere a palazzo, e S. M. radunava immediatamente il consiglio dei ministri. Ma fino a questo momento non mi sono note le risoluzioni prese in esso.

Nell'accusare ricevuta all'E. V. degli ossequiati dispacci in data 9, 10 e 13 correnti n. 1431, 1432 e 1433 ... (l). '

(l) -Cfr. n. 273. (2) -Non pubbllcato. (3) -T. 712 del 12 agosto 1882, non pubblicato. (4) -Ed., in LV 35, p. 466.
278

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A PIETROBURGO, NIGRA, E AGLI INCARICATI D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, E A VIENNA, GALVAGNA

D. 1325. Roma, 23 agosto 1882.

Dal complesso dei carteggi pervenutici in questi ultimi tempi si trae come le Potenze non sembrino disposte a prestare ulteriormente i loro buoni officii alla Grecia, per appoggiare il desiderio suo che la Sublime Porta sì induca ad

accettare puramente e semplicemente il tracciato della frontiera, quale fu deliberato a maggioranza dalla commissione mista a termini dell'art. 1° del trattato 24 maggio 1881. Intanto però il governo ellenico, persistendo nel volere che la Sublime Porta ceda anche rispetto alla variante da essa messa innanzi per il breve tratto di confine che corre lungo il laghetto di Nezeros, si ricusa, dal canto suo, a prestarsi alla formazione della commissione mista di cui è cenno nell'art. 9 del predetto trattato. E la Sublime Porta rivolge invito alle Potenze acciò si adoperino a far recedere il Gabinetto ellenico da siffatto suo proposito.

Il rapporto del R. ambasciatore in Costantinopoli (1), di cui qui acchiudo copia, indica il preciso stato della questione.

Non può dubitarsi che una certa connessione esista tra l'uno e l'altro patto di una stessa convenzione, né quindi si può dire senz'altro destituita d'ogni fondamento la pretesa della Grecia, la quale vorrebbe differire la costituzione della commissione mista secondo l'art. 9 del trattato, in fino a che la controversia relativa alla frontiera abbia avuto soluzione conforme all'art. 1° del trattato stesso. D'altra parte le Potenze parevano da ultimo propendere a lasciar dibattere tali quistioni direttamente fra le due parti principalmente interessate. Come, però, per converso non sembra dubbio un certo qual diritto per la Sublime Porta, a conseguire l'appoggio diplomatico delle Potenze le quali ottennero da essa le importanti concessioni contenute nel trattato 24 maggio, e sotto questo aspetto, si fecero in compenso quasi mallevadrici delle garantie contenute nel trattato stesso a favor suo, così, prima di pronunciarmi circa la richiesta della Sublime Porta, amerei conoscere se codesto Gabinetto, malgrado la non avvenuta letterale esecuzione, da parte della Turchia, dell'art. 1° del trattato, sia disposto a concederle i suoi buoni officii presso il Gabinetto di Atene, acciò questo non indugii a dare esecuzion€ all'art. 9 del trattato medesimo. La pregherei quindi di volere in una prossima opportunità interrogare a questo proposito codesto ministro degli Affari Esteri, riferendomene indi il pens1ero.

(l) -Non pubblicati. (2) -Ed., 1n L V 39, pp. 35-36.
279

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LISBONA, COTTA

D. 191. Roma, 23 agosto 1882.

Il signor di Carvalho y Vasconcellos venne in questi giorni da me, e mi comunicò un telegramma col quale il ministro degli Affari Esteri di S. M. Fedelissima gli impartisce istruzioni di dichiarare che il Portogallo sarebbe disposto, nei limiti dei mezzi suoi, a prender parte al servizio navale di polizia e sorve

glianza nel canale di Suez, qualora l'Europa ciò stimasse necessario o conveniente. Non si tratta, come ben si scorge, di una formale domanda di ammissione a quel servizio, sibbene di una semplice dichiarazione mercé la quale il Portogallo pone, in certa guisa, la cooperazione sua a disposizione delle Potenze.

La comunicazione del signor di Carvalho non poteva non essere da noi apprezzata, come quella che attesta un pensiero di amichevole solidarietà da parte di uno Stato il quale possiede e deve tutelare oltre il canale di Suez rilevanti interessi.

Non ho quindi esitato ad esprimermi, per quanto ci concerne, in termini favorevoli, ed ho anche soggiunto che mi sarei tosto messo in comunicazione cogli altri Gabinetti, per indagarne gli intendimenti rispettivi, in riguardo alla comunicazione del governo portoghese. Conchiusi dicendo al signor Carvalho che qualora le altre Potenze siano d'accordo, circa l'opportunità del concorso del Portogallo, al servizio collettivo per la protezione del canale di Suez, noi saremmo, per parte nostra, ben lieti di profittare dell'offerta.

Nel confermarle così il mio telegramma del 21 corrente... (1),

(l) Cfr. n. 237.

280

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (2)

L. P. Therapia, 23 agosto 1882.

Ho buone ragioni per credere che la recente condotta del governo russo relativamente alla quistione egiziana sia piuttosto stata inspirata dal nuovo ministro in questa residenza che da premeditati propositi. Al signor Nelidov si debbe l'improvviso eclissi del signor Onu dalla conferenza, chè in quel momento egli stava presso l'Imperatore. A' suoi suggerimenti s'attribuisce la prima proposta di sottomettere la convenzione militare alla conferenza. Né io dubito che anche l'ultima comunicazione sia stata da esso consigliata. Il signor Neli

dov è uno de' più distinti allievi del generale Ignatiev. Ei fu per più anni il di lui braccio destro, mentre gli ambasciatori di Russia e d'Inghilterra avevano per dogma fondamentale della loro politica di sostenere una lotta a morte l'uno contro l'altro, e ci riuscirono. Né è quindi a meravigliarsi che il signor Nelidov si risenta ancora dell'antico costume. Dal mio canto non credo dover accentuare il mio atteggiamento più di quello che m'è prescritto dalle sagge istruzioni dall'E. V. impartitemi. E la prego d'aggradire gli omaggi con cui mi pregio rassegnarmele.

(l) -T. 738, non pubblicato. (2) -Da M.C.R., carte Mancini.
281

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 345. Parigi, 24 agosto 1882 (per. il 27).

Mi sono recato stamane al ministero degli Affari Esteri per informare il signor Duclerc della promessa che dai Gabinetti di Vienna e di Londra era stata fatta ai R. incaricati d'affari in quelle residenze, d'inviare pronte istruzioni ai proprii comandanti navali nelle acque egiziane allo scopo di concertarsi coi loro colleghi per l'organizzazione pratica del servizio di protezione del canale di Suez. Feci osservare a S. E. che, in seguito alla ristabilita circolazione nel canale di Suez ed alle dichiarazioni fatte dal generale Wolseley, delle quali si tenne pago anche il signor di Lesseps, la situazione pareva ridivenuta tale da permettere l'esecuzione del programma accettato dalla conferenza di Costantinopoli per l'ordinamento pratico della protezione collettiva del canale; e richiamai in ispecie l'attenzione del signor Duclerc sull'importanza della comunicazione fatta da lord Granville al cavaliere Catalani. Il signor ministro degli Affari Esteri della Repubblica mi rispose che egli avrebbe desiderato di essere il primo a dare al comandante francese l'istruzione di mettersi all'opera con i suoi colleghi, ma che, avendo le mani legate dal voto della Camera, gli era forza d'essere l'ultimo. E mi ripeté che perciò, quando tutte le altre Potenze l'avranno fatto, lo farà egli pure.

Il signor Duclerc si preoccupa sempre del pericolo che il servizio navale di sorveglianza lo trascini oltre i limiti d'una azione pacifica ed incruenta, e con questa preoccupazione egli si domandava che cosa significasse la riserva fatta dal conte Kalnoky che il comandante austriaco dovrà riferire al proprio governo nei casi che uscissero dal servizio puramente marittimo.

«Nel caso che ci si tirino addosso colpi di fucile, egli disse, «io dovrei rispondere», ed è appunto ciò che mi sta a cuore di «evitare».

282

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC

L. P. Aix-les Bains, 25 agosto 1882.

Je vous adresse ma lettre à Rome que je suppose étre, en ce moment, votre quartier général, quoique M. Mancini d'un còté, et le Roi de l'autre doivent souvent vous obliger à parcourir la longueur de la péninsule. On m'avait fait espérer que je vous aurais trouvé en Savoie, mais jusqu'à présent cet espoir ne s'est pas vérifié. Je me proposais, cette année, de faire la cure des eaux arsenicales de la Bourboule en Auvergne à huit-cent mètres au dessus du niveau de la mer; mais lorsque j'ai P'l partir de Londres la saison était déjà trop avancée et j'ai du y renoncer. Le docteur Guillaud prétend qu'à Aix il peut m'administrer une cure équivalente moyennant une combinaison d'eau de soufre, et d'arsenic, nous verrons!

Quand j'ai quitté Londres, on était un peu froid avec nous à cause du refus assez net que nous avions donné à l'Angleterre de l'aider dans l'expédition d'Egypte. Le refus précédent de les aider à maintenir l'ordre à Alexandrie

les avait déjà étonnés, après tant de déclarations d'amitié envers le Ministère Gladstone. Pourtant j'ai laissé lord Granville dans les meilleurs termes, quoiqu'il fut avec moi d'une grande réserve sur l'expédition, tandisque auparavant il se montrait plus expansif. Je ne vous cache pas que je crois nécessaire pour l'Italie de s'affirmer militairement comme grande Puissance, et une expédition heureuse nous donnerait une grande force. Je ne sais si celle d'Egypte aurait pu étre heureuse pour nous, je ne possède pas les éléments pour en juger; d'autre part il faut tenir compte des autres considérations politiques et des engagement que nous avons pu prendre ailleurs (ce que j'ignore): mais il est certain que si nous avions pu obtempérer au désir de l'Angleterre cela nous aurait procuré un puissant appui dans ce Pays, non pas qu'on se serait mis au feu pour nous, mais la sympathie d'un grand Pays comme l'Angleterre est une force. Je m'aperçois de l'impression qu'a laissé l'expédition de Crimée dans laquelle nous avons combattu avec les anglais; on parle en

core du corps d'armée piémontais; sa belle conduite dans cette circonstance n'a pas peu contribuer à la constitution du Royaume d'Italie qui a été efficacement aidl) par l'appui moral de l'Angleterre. Je vois par les journaux que sir A. Paget fait quelques visites à Capodimonte et qu'elles lui sont rendues, ce qui me fait. espérer que les bons rapports se maintiennent. Quant à l'avenir de l'Egypte il faut le lire dans les colonnes du Times dont les leading articles expriment la pensée dominante en Angleterre et à laquelle le ministère pourra difficilement résister malgré ses déclarations de désintéressement. J'ai laissé à Londres le bon Catalani qui se montre tout effrayé de la responsabilité que lui incombe; par bonheur pour sa tranquillité le parlement et les mmistreF: sont en vacance et se livrent aux plaisirs de la campagne; ainsi les affaires choment à l'exception de celle d'Egypte qui se déroule d'elle méme sous l'action combinée de sir Garnet Wolseley et de sir A. Seymour, à moins que le sultan ne reparaisse sur la scène d'une manière inattendue et ne reveille la conférence qui s'abandonne au sommeil du juste qui n'a rien sur la conscience, ni bien ni mal.

En passant par Paris ou je me suis arrété pendant deux jours, j'ai vu Ressman qui est tout heureux d'étre rentré en possession de la chancellerie et qui de plus est en ce moment chargé d'affaires. Il est au mieux avec l'actuel président du Conseil et l'on doit en grande partie à cette circonstance si le ministère est revenu sur sa première résolution de s'abstenir au sujet de la proposition italienne relative au canal de Suez. Paris que je n'avais pas vu depuis près d'une année, m'a produit une singulière impression; l'élégance Y a disparu, on trafique beaucoup, mais on s'aperçoit qu'il y a une malaise moral. On aspire à un autre ordre de choses et si un César meme un demi César quelconque se présentait, on l'accueillerait avec enthousiasme, car la nation sent le besoin de se relever à ses propres yeux et à ceux des autres nations. Je vous parlerai de cela et de bien d'autres choses lorsque j'aurai le plaisir de vous rencontrer et je désire que ce soit en Savoie, car mon intention n'est pas d'aller cette année ni à Capodimonte ni à Rome à moins qu'on ne m'y appelle. J'irai offrir mes hommages à Leurs Majestés à Monza lorsqu'elles y seront. Un de ces jours j'écrirai au ministère pour la prolongation de mon congé au delà du mois légal car il ne vaudrait par la peine de faire le voyage de Londres en Italie pour si peu de temps, d'ailleurs il faut bien que Catalani ait quelque bénéfice de sa régence.

283

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI DI RUSSIA A ROMA, SEVIC

D. Roma, 27 agosto 1882.

J'ai reçu avec la lettre que vous m'avez fait l'honneur de m'adresser le 25 du mois, la copie de la dépeche confidentielle de S. E. M. de Giers, en date du 31 juillet, 12 aout 1882, que j'avais désiré posséder et que vous venez d'etre autorisé à me remettre. Cette pièce remarquable a, à mes yeux, le prix, surtout, de constater une fois de plus la bonne entente entre nos deux gouvernements. C'est à ce titre que je tenais à en garder le texte, dont je m'abstrendrai, naturellement, de faire aucun usage qui ne serait strictement confidentiel et secret, et a fortiori de le publier.

Veuillez, je vous en prie, vous rendre interprète auprès de S. E. M. de Giers, le remerciant tout particulièrement en mon nom, de la bonté avec laquelle il a bien voulu accueillir ma demande.

284

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI

D. 1472. Roma, 28 agosto 1882.

Il conte Gloria, R. console in Cairo, prima di lasciare l'Egitto spedì a Rifaat bey, segretario generale del ministero dell'Interno di Araby-pascià, un telegramma, in verità poco felice, che fu a prima vista interpretato dal Khedive in senso poco favorevole alla politica italiana.

D'altro canto il 13 agosto il cavalier Manfredi, comandante l'« Affondatore» attualmente in Porto Said, credette opportuno, senza consigliarsi colla R. autorità consolarE> in Porto Said, anzi a sua completa insaputa, di recarsi ad Ismaila con due ufficiali dello stato maggiore. Il signor di Lesseps fece agli ufficiali della R. Marina una accoglienza pomposa e fece quanto poteva per far credere ad un accordo col R. governo nella sua condotta attuale.

Ho creduto opportuno informare la S. V. illustrissima dei due fatti suaccennati acciocché Ella possa all'evenienza dichiarare che il governo del re non ha approvato né il telegramma del conte Gloria, né la gita del cavalier Manfredi, e che anzi ha chiesto spiegazioni ad entrambi.

Qui acchiudo per migliorare intelligenza copia del ~;apporto del cavalier De Martino (l) ave sono riferiti i fatti cui si ri.ferisce questo mio dispaccio.

285

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GALVAGNA

D. 1355. Roma, 29 agosto 1882.

Dal rapporto confidenziale di lei in data del 21 di questo mese n. 1717 (2), ho potuto rilevare come la S. V. sia conscia delle assicurazioni schiette e precise che io mi affrettai a porgere all'incaricato d'affari austro-ungarico quando questi venne ad espormi in forma officiosa i desideri amichevoli di S. E. il conte Kalnoky rispetto ad una cooperazione nostra alle misure di sorveglianza ed alle indagini rese necessarie ed opportune dai recenti casi di Trieste. Il cavaliere di Tavera mostrò di apprezzare quelle mie dichiarazioni, che egli ha senza dubbio riferito al suo governo.

Naturalmente fu tosto mia cura di mettermi in comunicazione col mio collega ministro dell'Interno acciò le fatte promesse avessero, come è fermo intendimento nostro, puntuale esecuzione. Ed ora la nota di cui qui acchiudo copia, del ministro dell'Interno (2), chiarisce che quanto è in potere nostro per soddisfare le legittime esigenze di governo austro-ungarico, si sta facendo e non tralascerà di farsi anche in avvenire. D'ogni ulteriore particolare Le porgerò immediata notizia. Intanto la S. V. Illustrissima potrebbe del qui acchiuso documento dar conoscenza officiosa a S. E. il conte Kalnoky.

P. S. Jeri ancora ho scritto direttamente al Bolis, direttore generale della Sicurezza Pubblica, sempre più eccitando il suo zelo per la scoperta dei fatti e delle persone che possono avere qualsiasi connessione col deplorabile attentato di Trieste. Sono in corso altri provvedimenti di inchiesta e sorveglianza, ed a misura che si otterranno risultamenti apprezzabili, saranno a lei comunicati.

(l) -Si tratta del R. 900 del 18 agosto, non pubbl!cato. (2) -Non pubbl!cato.
286

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 355. Parigi, 29 agosto 1882 (per. il 1° settembre).

Dopo aver partecipato a questo signor ministro degli Affari Esteri, nella udienza del 24 corrente, le informazioni che fino allora erano pervenute all'E. V. da Londra e da Vienna circa il promesso ed imminente invio d'istruzioni ai comandanti navali d'Inghilterra e d'Austria a Porto Said allo scopo di autorizzarli a concertare coi loro colleghi le regole pratiche del servizio navale di protezione del canale di Suez, io mi recai il 26 corrente di nuovo dal signor Duclerc, e gli annunziai, giusta i telegrammi di V. E. in data del 24 e 25 corrente (2), che i Gabinetti di Berlino e Pietroburgo avevano essi pure inviato istruzioni analoghe ai propri comandanti, cosicché tutti i governi, salvo quello della Sublime Porta, il quale non aveva sul luogo alcun bastimento da guerra, avevano agito secondo la proposta dell'E. V. Insistei quindi affinché anche il governo francese si decidesse a dare senz'altra dilazione gli occorrenti poteri al suo comandante a Porto Said.

Il signor Duclerc, soddisfatto di udire che tutti i Gabinetti avevano provveduto, mi disse che il Consiglio dei ministri doveva riunirsi martedì, cioè il 29 corrente, che egli si sarebbe inteso col presidente della Repubblica e che sperava poter fare oramai altrettanto.

L'E. V. avendomi indirizzato l'altro ieri un telegramma (3), che indicava l'utilità di ricordare al signor ministro degli Affari Esteri di Francia, essere stato convenuto nell'ultima riunione della conferenza di Costantinopoli che il comandante turco, quando più tardi un bastimento della Sublime Porta arriverà a Porto Said, si conformerà agli accordi presi intanto dai suoi colleghi delle altre Potenze, io mi recai ieri di nuovo dal signor Duclerc, e gli accennai l'opportunità che di ciò fosse fatta menzione nelle istruzioni al comandante francese.

Il ministro mi ripetè che l'invio delle istruzioni doveva discutersi il domani nella seduta del Consiglio dei ministri, e mi pregò di rammentargli il testo preciso della proposta di V. E.; ciocché feci, mandandogli dopo l'udienza copia dei telegrammi di V. E. in data del 31 luglio (4) e del 13 agosto (5). Il *signor Duclerc mi disse poi che l'ambasciatore di Germania non aveva ancora ricevuto da Berlino la notizia datami dall'E. V. col telegramma del 25 corrente (6), cioè che quell'ammiragliato aveva già mandate al comandante tedesco le sue istruzioni. E difatti il principe di Hohenlohe me l'aveva detto anch'egli due giorni prima. Il principe domandò a Berlino telegraficamente come stavano le cose; ma non aveva ancora una risposta*.

19 -Documenti dipilomatici -Serle II -Vol. XV-XVI

Questa mattina finalmente S. E. il signor Duclerc, così come mi aveva promesso, mi annunziò il risultato della deliberazione del Consiglio dei ministri con una lettera particolare nei seguenti termini.

« Il Consiglio dei ministri mi ha or ora autorizzato ad aderire alla proposta del governo italiano relativa alla polizia del canale di Suez ».

(l) -Ed., ad eccezione del brano fra asterischi, in LV 35, p. 481. (2) -T. 748 e 751, non pubblicati. (3) -T. 757 del 27 agosto 1882, non pubblicato. (4) -Cfr. n. 227. (5) -T. 714, non pubblicato. (6) -T. 752, non pubblicato.
287

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 1723. Vienna, 29 agosto 1882 (per. il 3 settembre).

In conformità delle istruzioni impartitemi da v. E. col dispaccio n. 1325 del 23 corrente (2), ho domandato oggi a questo ministro degli Affari Esteri se, malgrado la non avvenuta letterale esecuzione da parte della Turchia, dell'art. 1° del trattato turco-ellenico del 24 maggio 1881, il Gabinetto di Vienna sia disposto ad esercitare i suoi buoni uffici ad Atene, acciò il governo ellenico non indugi a dare esecuzione all'articolo. 9 del trattato medesimo. Il conte Kalnoky mi rispose essergli sembrato che tali questioni di dettaglio dovrebbero definirsi direttamente tra i due governi interessati; ciononostante aver egli trasmesso le varie comunicazioni, che gli furono successivamente fatte dall'ambasciata ottomana e dalla legazioni di Grecia, al barone Calice coll'istruzione di porsi d'accordo coi suoi colleghi circa ai passi da consigliarsi

-o da farsi in ordine ai buoni uffici richiesti da una parte e dall'altra. Del resto aggiungevami S. E. la questione si è ora complicata di molto collo scontro cruento che ebbe luogo sul confine tra le truppe greche e le ottomane; ed egli usavami la cortesia di darmi lettura di un telegramma di cui l'ambasciatore di Turchia gli aveva rilasciato copia pochi istanti prima, e nel quale la Sublime Porta dopo aver riferito il fatto lagrimevole che attribuiva alle provocazioni dei soldati greci, pregava il governo imperiale e reale di interporre i suoi buoni uffici affine d'indurre il Gabinetto d'Atene a non ricercare con atti aggressivi la soluzione delle questioni territoriali pendenti. Il conte Kalnoky dicevami che aderendo al desiderio della Porta, telegraferebbe all'incaricato d'affari d'Austria-Ungheria ad Atene, perché inviti il governo ellenico ad assumere verso la Turchia un contegno moderato e ad evitare specialmente conflagrazioni sul confine. Il governo ottomano addossa nel suo telegramma tutta la responsabilità del fatto alle truppe elleniche; è quasi indubitato che il Gabinetto di Atene nel riferire l'incidente, alla sua volta lo addebiterà alle truppe ottomane. Il conte Kalnoky sembrommi però propenso a credere che la provocazione sia piuttosto venuta dai greci che dai turchi, sia perché questi ultimi occupavano già di fatto le posizioni che la Grecia reclama come sue, sia perché recenti rapporti ricevuti dalla legazione d'Austria

Ungheria ad Atene gli accennavano le intenzioni aggressive da cui sembrava animato il governo ellenico, intenzioni rivelate non solo dal linguaggio assai altiero del signor Trikupis, ma anche da movimenti e da concentrazioni di truppe greche verso i punti del confine in litigio. Della comunicazione fatta dall'ambasciatore di Turchia, e delle istruzioni mandate dal conte Kalnoky alla legazione imperiale e reale ad Atene ho dato testé notizia per telegrafo a

V. E. (1).

(l) -Ed. !n LV 39, p. 41. (2) -Cfr. n. 278.
288

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A COSTANTINOPOLI, CORTI, A PIETROBURGO, NIGRA, E AGLI INCARICATI D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, A PARIGI, RESSMAN, A VIENNA, GALVAGNA E AL MINISTRO AD ATENE, CURTOPASSI

T. 765. Roma, 30 agosto 1882, ore ... (2).

Ambassadeur de Turquie est venu aujourd'hui me donner à son tour lecture d'un télégramme circulaire de son gouvernement relatif au regrettable conflit qui s'est produit aux frontières turco-helléniques entre les troupes des deux Pays. En voici le résumé: « Au moment où les troupes turques se disposaient à changer, suivant l'usage, la garnison de Kavaliderven et à demander le libre rétablissement des communications aux troupes helléniques (la question du territoire litigieux se trouvant soumise à la décision des grandes Puissances) la Porte ne sauvait admettre que les autorités helléniques, anticipant sur cette décision aient recours à la violence. Le gouvernement ottoman a par conséquent invité le Cabinet d'Athènes à prendre les mesures nécessaires pour empécher le renouvelement des hostilités et à maintenir le statu quo ante jusqu'au règlement des points en litige. En méme temps il engage instamment les gouvernements des grandes Puissances à amener le Cabinet d'Athènes à transmettre à ses autorités des ordres dans le méme sens ».

(Per tutte le Potenze meno Costantinopoli ed Atene). Je prie V. E. de vouloir bien me faire connaitre quel accueil la demande de la Sublime Porte a rencontré de la part du gouvernement auprès duquel vous etes accrédité. En attendant de connaitre la manière de voir des autres gouvernements en présence de la nouvelle situation, créée par les derniers incidents, et des dangers qui menacent la tranquillité de l'orient, j'ai autorisé les représentants du Roi à Constantinople et à Athènes à se joindre, le cas échéant, à leurs collègues pour donner aux deux parties des conseils de modération.

(Ad Atene e Costantinopoli) Je me suis empressé de porter la communication de l'ambassadeur ottoman à la connaissance des représentants du Roi auprès des grandes Puissances, en les invitant à me faire connaitre la

maniére de voir des Cabinets en présence de la nouvelle situation créée par les derniers incidents, et des dangers qui menacent la tranquillité de l'orient. Je prie en mème temps V. E. d'employer tous !es moyens pour me faire connaitre exactement la vérité entre les deux versions contradictoires, et je vous autorise, ainsi que j'adresse la mème autorisation a Monsieur Corti (Curtopassi), de donner à la Sublime Porte (M. Trikupis) des conseils de modération, si vas collègues sont disposés à s'associer à vous dans cette démarche pour faire comprendre la gravité des dangers et la responsabilité.

(l) -T. 1455 del 29 agosto 1882, non pubblicato. (2) -Manca l'indicazione dell'ora di partenza.
289

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1466. Therapia, 31 agosto 1882, ore 10 (per. ore 10,25).

Ministre des Affaires Etrangères a été hier au soir informé ambassadeur d'Angleterre que le Sultan n'avait pas encore pu se décider à sactionner la convention et demandait deux jours de répit. Ambassadeur attendra les instructions de san gouvernement. La Porte se montre conciliante envers le gouvernement hellénique. Elle vient de lui proposer de déclarer zòne neutre, jusqu'à la définition des questions pendantes, I'endroit où a eu lieu le conflit. Jusqu'ici aucun de mes collègues n'a reçu l'ordre de s'entremettre dans cette affaire. Ministre des Affaires Etrangères m'ayant demandé hier mon avis là dessus j'ai répondu que les Puissances n'auraient rien à ajouter à leurs notes collectives du 18 et 30 novembre 1881 et qu'il était désirable que ces questions soient résolues entre les parties intéressées.

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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 2457. Therapia, 31 agosto 1882 (per. il 6 settembre).

Avendo ieri avuto l'occasione di trovarmi col signor ministro degli Affari esteri, S. E. domandava il mio avviso sull'incidente avvenuto verso la frontiera orientale della Grecia. Io non conoscevo invero i dettagli dell'occorso, ché da parte del governo ottomano si dice i greci avere approfittato dello allontanamento momentaneo della guarnigione ottomana per occupare quella regione, e dall'ellenico si dà altra versione, né qui si ha mezzo di verificare il fatto. Non era, in ogni caso, mio intendimento di entrare in discussione sull'argomento. Però mi limitai a rispondere l'opinione delle Potenze sulle

questioni pendenti essere esposta nelle note collettive di questi rappresentanti di esse del 18 e 30 novembre 1881 (allegate in copia ai miei rapporti del 15 e 30 novembre) (l); dopo quel tempo quelle non avevano avuto ad esprimere altro avviso; sarebbe desiderabile che, facendo prova di spirito di conciliazione dall'una e dall'altra parte, le divergenze di cui si tratta fossero direttamente composte. Cui S. E. replicava la Sublime Porta essere animata dal più sincero desiderio di vivere in buona armonia col vicino regno; aveva essa il giorno istesso proposto al governo ellenico, per mezzo del suo incaricato d'affari ad Atene e di questo ministro di Grecia, di dichiarare zona neutra, fino alla definizione delle questioni pendenti, il luogo nel quale era seguito il conflitto; sperava che sì ragionevole proposta sarebbe accettata dall'altra parte.

Né alcuno de' miei colleghi, ché tutti li vidi iersera, è finora stato autorizzato ad intromettersi in questo affare. Il meglio sarebbe senza dubbio che il signor Trikupis, prestandosi in questa congiuntura ad un pronto e soddisfacente componimento dell'incidente, preparasse il terreno alla definitiva soluzione di tutte le questioni pendenti. * Senonché il signor Trikupis non ha finora dato alle Potenze prove di quella dignitosa calma e di quel sentimento delle situazioni che s'addicono all'uomo di stato animato dal desiderio di fare il bene del suo Paese e di preparargli un glorioso avvenire*.

Ebbi indi l'onore di ricevere il telegramma che l'E. V. (2) si compiaceva rivolgermi per farmi conoscere la comunicazione fattale in proposito da cotesto ambasciatore di Turchia, ed alle istruzioni che seguono avrò cura rli esattamente conformare la mia condotta.

(l) Ed., ad eccezione del brano fra asterischi, in LV 39, pp. 43-44.

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L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1726. Vienna, 31 agosto 1882 (per. il 4 settembre).

Durante il colloquio avuto l'altro ieri col conte Kalnoky sugli affari di Egitto gli domandai se avesse qualche notizia sulla prossima seduta della conferenza. S. E. mi rispose di non averne alcuna; aveva soltanto saputo che da tutti i Gabinetti era stata accettata la formula di dichiarazione con la quale è riservato alla competenza del concerto europeo il regolamento definitivo della questione; in quanto poi all'epoca precisa in cui si riunirà per l'ultima volta la conferenza, egli riteneva probabile che si indugierà fino a che siano condotti a termine i negoziati per la convenzione anglo-turca. La quale convenzione, stando alle notizie che erano giunte l'altro ieri al ministero imperiale degli Affari Esteri, sembrava essere ancora una volta sul punto di naufragare. La Porta aveva ceduto alle esigenze dell'Inghilterra tanto circa

al proclama contro Arabi pascià quanto circa alla scelta di Alessandria come base di operazione delle truppe ottomane; ma pur consentendo acché lo sbarco avesse luogo su altri punti della costa egiziana, essa insisteva per poter almeno fare in un modo qualsiasi atto di presenza in Alessandria; ma anche a ciò opponevasi il Gabinetto di Londra; e quindi nuovo inciampo ai negoziati. Sull'andamento e sui vari incidenti delle trattative tra l'Inghilterra e la Porta l'E. V. sarà stata esattamente e dettagliatamente informata dal regio ambasciatore a Costantinopoli. Io mi san permesso di accennare a quest'ultima fase dei negoziati solamente per ispiegare a V. E. come l'ambasciatore di Turchia si sia, due giorni or sono, rivolto, a nome del suo governo, al ministro imperiale degli Affari Esteri onde ottenere che questi interponga i suoi buoni uffici a Londra per rimovervi gli ultimi ostacoli alla conclusione della convenzione militare. Quantunque io non sia in grado di asserirlo, pure non dubito che il conte Kalnoky, nello stesso modo che, non ha guarì, prestò l'opera sua al riavvicinamento tra la Porta e l'Inghilterra, avrà accettato anche questa volta di agire presso il Gabinetto britannico nel senso desiderato dal governo ottomano. Ad avvalorare questa mia supposizione dirò che l'altro ieri questo ministro imperiale, conversando meco, considerava come assai deplorevole l'eventualità che le trattative non approdino alla convenzione militare, e che l'Inghilterra abbia a trovarsi perciò sola di fronte agli egiziani, mentre la cooperazione della Turchia toglierebbe alla guerra attuale quel carattere, già accennato dal principe di Bismarck, di lotta tra la cristianità e l'islamismo. Era corsa qui, e corre invero la voce, che il Gabinetto di Londra non abbia più in animo, ora che le operazioni militari in Egitto sono già molto avviate, di addivenire ad una convenzione con la Turchia; ma mi risulta che ieri ancora questo ambasciatore d'Inghilterra ebbe a dare al conte Kalnoky le più esplicite assicurazioni del desiderio del suo governo di giungere ad una intesa

colla Porta per la cooperazione di questa in Egitto.

(l) -Non pubblicati nel vol. XIV della serle Il. (2) -Cfr. n. 288.
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IL MINISTRO AD ATENE, CURTOPASSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 384. Atene, 31 agosto 1882 (per. il 7 settembre).

Col telegramma di questa mane (2) l'E. V. si è compiaciuta riassumere la circolare telegrafica nella quale la Sublime Porta recando, a sua volta, a conoscenza dei sei Gabinetti mediatori il conflitto occorso sulla frontiera orientale turco-ellenica, accusa le forze greche d'averlo provocato.

*In presenza delle asserzioni contrarie del Gabinetto di Atene, ella mi commette d'impiegare ogni mezzo per appurare il vero: ma come accontentare l'E. V.? Mi fan difetto gli elementi necessari per pronunziarmi con piena

facoltà di causa e, suppouendo anche che una inchiesta o parecchie testimonianze venissero ad indicare in modo positivo quale dei due distaccamenti abbia fatto fuoco pel primo, codesta circostanza, nel mio pensiero, non basterebbe per discernere la verità*.

Tra le due versioni presentate, quella della Sublime Porta parmi rivestire un carattere di maggiore probabilità, se si pon mente sovratutto alla facoltà (anche tacita se vuolsi) concessa alle forze ottomane di approvvigionare e cambiare, di tempo in tempo, la guarnigione di Kara-Ali Derbend; il rifiuto opposto questa volta dal comandante di Zorba avrebbe potuto irritare i soldati turchi ed indurii a far uso pei primi, delle loro armi * (comunque ciò non sia ancora provato) *. È vero bensì che il signor Trikupis, interpellato a più riprese da me e dai miei colleghi sulla cagione del conflitto, abbia sempre dichiarato che le forze imperiali, dopo d'aver intimato indarno alla guarnigione di Zorba di sgombrare la posizione, abbiano aperto il fuoco, ma come spiegare allora il silenzio assoluto serbato dalla circolare greca su codesta importantissima circostanza? * Alcune reticenze, inoltre, nel linguaggio di S. E., sempre che si voglia approfondire la vera cagione del triste fatto, ed il poco favore col quale accoglie l'idea di una inchiesta sui luoghi, mi fanno sorgere seri dubbi sulla veracità della versione greca*.

Si tenga pur conto, ed in modo speciale, dell'impegno assunto dall'attuale Gabinetto verso il parlamento di conseguire il possesso dei tre punti contestati dalla Sublime Porta; * ove ciò non avvenisse fino al prossimo novembre, il signor Trikupis sarebbe senza dubbio rovesciato e non è egli uomo da rinunziare al potere senza esaurire, prima, tutti i mezzi, che possono assicurare lo scopo prefisso e vagheggiato *.

Del resto, l'E. V. non ignora le ultime circolari di questo Gabinetto, relativamente al componimento proposto dalla Turchia, in data del 22 maggio ultimo scorso (vedi doc. dipl. nn. 5274, 5280, 5281, 5282, 5301 della serie LX) (1), e potrà desumere il fermo proponimento di rivendicare il possesso dei tre punti in litigio senza alcuna retrocessione. Fedele al suo programma, il signor Trikupis si adopera con ogni mezzo di attuarlo e, reputando forse essere giunto il momento opportuno, potrebbe aver dato ordine in Tessaglia di carpire la prima occasione, *ed anche di affrettarla, per tentare l'avventura*, nella speranza eziandio che l'Europa s'induca finalmente a far eseguire, in tutta la sua integrità, i patti stipulati nella convenzione del 24 maggio.

Il surriferito telegramma dell'E.V. mi autorizza poi, qualora i miei colleghi siano disposti a seguirmi, a dare a questo governo consigli di moderazione •ed a porre sotto i suoi occhi la gravezza delle circostanze e le responsabilità che assumerebbe.

Ho potuto ben presto constatare come i miei colleghi di Francia, di Russia e di Germania non avessero alcuna facoltà per un passo qualsiasi. L'incaricato d'affari d'Inghilterra però ha comunicato questa mane al signor Trikupis un telegramma, col quale lord Granville lo consiglia premurosamente di far cessare senza indugio le ostilità, *e quello di Austria-Ungheria, pur facen

.:1ogli udire le stesse cose, ha dichiarato da parte del conte Kalnoky che, qualora la Grecia non si arrendesse ai consigli di prudenza e di pace, sarebbe essa abbandonata affatto dall'Europa.

Queste ultime parole ripetute, forse, con mal garbo o con soverchia importanza da un giovane e poco esperto diplomatico, hanno prodotto tristissima impressione sull'animo del signor Trikupis, il quale ha risposto nei seguenti termini: <<Je sais bien et depuis longtemps que nous n'avons rien à attendre de l'Europe; aussi, nous comptons sur nos propres forces pour nous défendre » *.

Persuaso dopo questi due uffici, eseguiti isolatamente che, almeno per ora, nessun accordo tra i sei rappresentanti interverrebbe, non ho esitato ad intrattenere nei termini i più amichevoli, il presidente del Consiglio sulla :>pportunità di usare eccessiva prudenza per evitare serie complicazioni e responsabilità, certamente dannose alla Grecia; la quale non potea disconoscere i grandi favori procuratile dall'Europa ed insieme la necessità di provvedere, .1nzi tutto, allo sviluppo delle ricchezze dei nuovi acquisti.

Il signor Trikupis ha accolto le mie parole con la sua solita benevolenza e mi ha assicurato d'aver già spedito ordini perché si cessi il fuoco, senza troppo danno degli interessi greci.

Ho avuto l'onore di riassumere il presente rapporto nel mio telegramma di poco fa (1).

(l) -Ed., ad eccezione del brani tra asterischi. !n LV 39, pp. 45-46. (2) -Cfr. n. 288.

(l) Cfr. n. 35. Gli altri documenti non sono pubblicati.

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IL MINISTRO AD ATENE, CURTOPASSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (2)

R. 387. Atene, 2 settembre 1882 (per. il 10).

In seguito agli ordini trasmessi da Costantinopoli e da Atene, un armistizio de facto sembra sussistere, fin da ieri l'altro, sul confine turco-ellenico.

Il signor Trikupis mi ha detto or ora d'aver dato facoltà al rappresentante del Re sul Bosforo di negoziare con la Sublime Porta un armistizio formale sulla base dello statu quo ante; spera egli eziandio, giusta le ultime indicazioni del signor Kondouriotis, di veder comprendere nelle imminenti trattative il componimento definitivo del dissidio, onde trasse origine il conflitto.

A tal proposito, S. E. si è compiaciuta ripetermi confidenzialmente il tenore di una lettera nella quale il signor Kondouriotis asserisce risultargli in modo positivo, come Said pascià sia personalmente favorevole ai richiami del Gabinetto di Atene in ordine al possesso dei tre punti contestati; bisognerebbe soltanto, che le Potenze mediatrici facessero rimostranze alla Sublime Porta per l'adempimento integrale dell'articolo lo della convenzione del 24 maggio e delle conclusioni della commissione di delimitazione.

Comunque il signor Trikupis accusi il diplomatico ellenico di soverchio ottimismo, pure nondimeno mi ha fatto egli intendere, che sarebbe assai contento se l'E. V. avesse contezza di quanto mi confidava. Ed io non esito a tradurre in atto il di lui pensiero pel caso ave, nell'alto di lei apprezzamento, le asserzioni del signor Konduriotis possan meritare alcun esame ed importanza.

Mi sia concesso, pertanto, di esprimere una opinione: reputo indispensabile che l'Europa compia l'opera di pacificazione intrapresa tra la Grecia e Turchia, se vuolsi sinceramente la tranquillità in queste contrade. La cessione della Tessaglia e di un lembo dell'Epiro alla Grecia è un fatto unico nella storia, perché non motivata da guerra né da sommosse autoctone: la Turchia che l'ha compiuta sarà probabilmente tacciata di soverchia debolezza nelle future istorie, ma non debbesi porre in oblio la parte esercitata dall'Europa a Berlino ed a Costantinopoli per beneficare la Grecia. A me non ispetto biasimare o lodare l'opera delle grandi Potenze; osserverò soltanto, che se queste ebbero abbastanza autorità per imporre una loro volontà all'impero ottomano, ne avranno sempre abbastanza per esigere l'adempimento esatto degli impegni da esso contratti. Si risolva il problema anche a seconda della transazione proposta dalla Sublime Porta, se si voglia, ma non si lasci adito a pretesti di perenni difficoltà e complicazioni. Sempre che la quistione del confine non sia appianata, il governo greco, senza distinzione dei partiti che si avvicendano al potere, non potrà sottrarsi alle esigenze che gl'impone la politica interna, e, ponendo in non cale gli avvertimenti dell'Europa e la riconoscenzp. che le dovrebbe, sarà continuamente condotto a sacrificare gl'interessi generali ad una tendenza ambiziosa.

Riferendomi al telegramma d'oggi (l) ho l'onore, ecc.

(l) -Non pubblicato. (2) -Il brano tra asterischi è edito in LV 39, p. 49.
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L'AMBASCIATORE A LONDRA MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (2)

L. P. Aix-les-Bains, 2 settembre 1882.

Da una ventina di giorni ho lasciato Londra coll'intendimento di recarmi alle acque della Bourboule in Auvergne per liberarmi di una nevralgia all'orecchio, esacerbata dai soliti fogs (nebbie) del Tamigi; ma la stagione era già troppo inoltrata, il tempo cattivo per cui ho dovuto rassegnarmi a fare la cura d'Aix-les-Bains dove io ebbi il piacere d'incontrare la figlia di V. E. l'egregia signora Grazia Pierantoni col suo marito che anch'essi hanno l'intenzione di fermarsi alcuni giorni in questa stazione di bagni. Quando li vidi essi stavano bene e sembravano soddisfatti della loro cura.

Prima di lasciare l'Inghilterra io ebbi pm volte l'occasione di vedere lord Granville che si mostrò sempre benevolo, ma però molto riservato ri

spetto alla spedizione di Egitto o per meglio dire riguardo alle operazioni militari. Tanto lui che il signor Gladstone dichiararono infondati i suggerimenti del Times che considera il protettorato dell'Inghilterra, come la conseguenza naturale della spedizione il di cui successo non era messo in dubbio. Ma siccome il Times lusinga l'amor proprio britannico ed inoltre rappresenta il ceto finanziario o per meglio dire degli affari, è da presumere che il ministero sottostarà a quella influenza, a meno ché ostacoli sorgano da qualche parte, contro quel divisamento.

La debolezza del corpo di spedizione inglese e gli ostacoli che incontra in Egitto spiegano il desiderio del Gabinetto britannico di associarsi in quella impresa una Potenza, come l'Italia, che dispone di una forza militare di terra assai superiore a quella propria di cui può valersi l'Inghilterra e nel concorso della quale essa sperava di non incontrare una rivalità quale essa temeva per parte della Francia.

La irritazione cagionata dal nostro rifiuto di concorso sembra alquanto attutita; prima di partire da Londra ho lasciato al nostro corrispondente Signor St... le occorrenti istruzioni affinché agisse presso i principali fogli pubblici per moderare il loro linguaggio rispetto all'Italia.

Dopo un anno appena che ho lasciato la Francia, vi ho trovato un mutamento notevole nelle idee e nell'atteggiamento delle popolazioni. Parigi è sempre il gran centro dove affluiscono gran genti di tutte le parti del mondo; ma quella metropoli ha perduto della sua eleganza; la società distinta ed eletta, scompare; quella città si può paragonare ad una immensa fiera perpetua dove tutti accorrono gli uni per fare quattrini il più prontamente possibile in ogni sorta di speculazioni, gli altri per divertirsi e godersi rapidamente la vita. Il sentimento che sembra sorvolare è che non si è sicuro dell'indomani. Benché la forza che gli elementi governativi possono attingere nelle leggi centralizzatrici della Francia, sia immensa, pure l'autorità del governo è depressa, il rispetto verso i suoi rappresentanti va ogni giorno scemando. Uno si accorge di questo fatto, specialmente nelle provincie più lontane da Parigi e nelle quali il giogo della capitale diventa sempre meno tollerato. Le idee di riscossa, di gloria militare, di conquiste, che una volta eccitavano la fibra francese, sono ora senza effetto; chacun pour soi et Dieu pour tous, è diventato il sentimento dominante. Anzi molti si contentano del chacun pour soi. Pochi giorni sono mi recai ad Evian dove incontrai il generale Cialdini che vi si è stabilito per qualche tempo, per liberarsi dalla febbre che da più mesi lo tormenta; egli mi disse di essersi i vi incontrato col ministro delle Poste che avendo fatto un giro ne' dipartimenti, aveva dichiarato al nostro illustre generale che non vi si voleva assolutamente sentire parlare né di spedizioni, né di complicazioni politiche estere e che il sentimento preponderante nella Francia era quello della pace. Il generale Cialdini si era anche trovato ad Evian con uno dei grandi capitalisti ed affaristi greci, stabi.lito a Marsiglia, il signor Rodocanati (se ben mi ricordo). Quel signore ·che si trova alla testa della società dell'Enfida, gli diceva che l'affare della Tunisia era tutta una speculazione che si era presentata al pubblico con un colore politico; ma che la conquista della Tunisia aveva per unico scopo

quello di fare degli affari, delle speculazioni, e che la Francia aveva vinta l'Italia su quel terreno, perché dà prova di maggiori capitali. Denari fare denari ecco il gran movente in questo Paese.

Ho letto ne' giornali che la E. V. si propone di fare una gita in Torino in occasione del congresso di diritto internazionale. Se tale è l'intenzione di

V. E. desidererei di esserne informato per potermi recare ad ossequiare la E. V.

Intanto io spero che ella vorrà permettermi di protrarre il mio congedo oltre il regolamentario mese poiché ho bisogno di mettere qualche ordine ne' miei affari che soffrono delle mie prolungate assenze.

(l) -Non pubblicato. (2) -Da M.C.R., Carte Mancini.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A COSTANTINOPOLI, CORTI, A PIETROBURGO, NIGRA, AGLI INCARICATI D'AFFARI A BERLINO, TUGINI, A LONDRA, CATALANI, A PARIGI, RESSMAN, A VIENNA, CALVAGNA, E ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 769 bis. Roma, 5 settembre 1882, ore 19.

Le chargé d'affaires d'Angleterre m'a remis un projet imaginé par les deux contròleurs en Egypte pour le règlement des réclamations pécuniaires auxquelles les derniers événements donnent lieu. Les Puissances devraient d'après ce projet s'engager à l'acceptation préalable d'un décret du Khédive en vertu duquel la compétence pour décider sur toutes ces réclamations serait attribuée à une commission internationale composée des quatre commissaires de la dette publique, de cinq délégués désignés respectivement par les gouvernements d'Italie, d'Allemagne, d'Angleterre, de France et de Russie et d'un délégué égyptien. On demande notre adhésion. Je me réserve de répondre après m'étre mis en communication avec les autres Cabinets.

(Per tutti meno Londra e Costantinopoli) Veuillez me dire le plus tòt possible l'avis du gouvernement auprès duquel vous étes accrédité (1). (Per Alessandria) Veuillez me dire votre avis sur ce projet (2).

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN

T. 772. Roma, 5 settembre 1882, ore 22.

Je vais vous reproduire ici un télégramme du gérant de notre consultat à Tunis ajoutant que M. Raybaudi me fait savoir par un télégramme postérieur (3) qu'une note officielle de la résidence française confirme l'exactitude

de son récit mais que celle-ci déclare ne pas pouvoir intervenir dans une affaire ressortissant de la juridiction militaire. La prétention du général commandant le corps français d'occupation me parait absolument inadmissible. Nous n'avons pas fait d'objection formelle à la réserve, qu'à l'occasion des notes échangées à l'égard des capitulations en Tunisie, la France a énoncé en vue du droit primordial de défense appartenant à toute armée. Mais nous ne saurions certes accepter qu'une pareille réserve ait pour effet de soumettre tout délit à la juridiction militaire par le fait seulement qu'il serait commis contre un militaire et de soustraire ainsi nos nationaux en Tunisie, dès qu'ils seraient prévenus d'un délit de cette nature, à leur jury nature! d'après les capitulations en vigueur dans la régence. Il est superflu d'ajouter que le consulat italien ne manquera pas, aussitot qu'une plainte régulière lui sera présentée, de faire justice. Nous avons télégraphié à Raybaudi (l) de s'abstenir de toute démarche ultérieure et de s'efforcer de calmer l'agitation que cet incident a produit dans notre colonie. Mais nous comptons que le gouvernement français ne tardera pas à prendre en considération amicale nos observations et à donner instructions opportunes au commandant du corps d'occupation. Voici le récit télégraphique de M. Raybaudi. (Vedi telegramma da Tunisi in data 5 settembre 1882) (2).

(l) -Per la risposta da Berlino cfr. n. 301. Le risposte da Vienna, da Parigi e da Pletroburgo sono contenute nei TT. 1491 e 1495 del 6 settembre e nel T. 1498 del 7 settembre 1882, non pubblicati. (2) -T. 1494 del 6 settembre 1882, non pubblicato. (3) -T. 1488 del 4 settembre 1882, non pubblicata.
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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (3)

R. 2460. Therapia, 5 settembre 1882 (per. il 12).

L'E V. facevami l'onore di ordinarmi col suo riverito telegramma del 31 agosto ( 4), procurassi di farle conoscere esattamente la verità fra la versione turca e la versione greca dell'incidente di Kara-Ali-Derbend. La versione fornita all'E. V. da codesto ambasciatore di Turchia è conforme ai ragguagli che mi fu fatto finora di raccogliere. Ma io trovo inoltre una preventiva conferma di essa in un rapporto che il R. ministro ad Atene * dirigeva all'E. V. li 14 agosto (documento diplomatico n. 5313 (LX)) (5), nel quale sono citate le seguenti parole dette dal signor ministro degli Affari Esteri al signor Curtopassi: <<Bisogna che io mi ripresenti alla Camera col possesso di Kara-Ali-Dervend, Kritiri e Guntcha; la prima di queste località cadrà ben presto nelle nostre mani, dovendo le forze ottomane necessariamente sgombrarla per esser rimaste isolate sul suolo greco, dopo l'occupazione per noi del passaggio di Zorba » *. Non si tratta dunque da parte della

Grecia di un fatto accidentale, ma di un piano deliberato * di tattica parlamentare. Il signor Trikupis ha bisogno dei tre punti prima di presentarsi alla Camera, e li prenderà, sebbene essi siano tuttavia in contestazione, cogli stratagemmi o colla forza. Non havvi che una difficoltà ed è che la Turchia potrebbe non prestarsi all'esecuzione di questo progetto, e le Potenze potrebbero essere d'avviso la Grecia non avere ragione di suscitare gravi complicazioni in oriente nelle presenti congiunture, mentre molti Stati limitrofi hanno quistioni pendenti di frontiera e non turbano la pace del mondo *.

Frattanto i comandanti delle forze turche e greche sulla frontiera orientale firmarono un armistizio. Né io diedi all'E. V. conoscenza di questo fatto poiché mi era noto il signor ministro degli Affari Esteri di Grecia averlo notificato a quei rappresentanti delle Potenze. E la Sublime Porta intavolava senza indugio negoziati col signor ministro ellenico in questa residenza pel componimento di tutte le questioni pendenti. Il signor ministro degli Affari Esteri, in seguito a relativa deliberazione del consiglio, insisteva sull'ultima proposta di transazione, la Turchia essere pronta a consegnare i tre punti occupati dalle sue forze, fra i quali travasi pure Kara-Ali-Derbend, a condizione che il governo ellenico cedesse sul quarto. Rispondeva il signor Konduriotis il suo governo non poter cedere sopra alcun punto, le decisioni della commissione di delimitazione dovere essere eseguite in tutta Ia loro integrità; se la Sublime Porta non addiveniva a siffatta esecuzione il governo ellenico rifiuterebbe dal suo canto d'eseguire le stipulazioni, che concernevano gl'interessi delle proprietà musulmane. Cui replicava il signor ministro riservarsi di meglio studiare la questione, riprenderebbero le trattative il 6 corrente. E le cose rimanevano quindi nello stato in cui si trovavano innanzi al conflitto. Di che diedi un cenno telegrafico all'E. V. il 3 corrente (1).

Io non vedo molta probabilità che le parti interessate abbiano ad inten

dersi, né i miei colleghi hanno istruzioni d'intromettersi attivamente nella

pendenza. Quando si presenta l'occasione io non cesso tuttavia di raccoman

dare ai ministri del Sultano la prudenza e la conciliazione.

(l) -T. 769 del 5 settembre 1882, non pubblicato. (2) -T. 1493, non pubblicato. (3) -Ed., ad eccezione del brani tra asterischi, in LV 39, pp. 54-55. (4) -Cfr. n. 288. (5) -Non pubblicato.
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L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1729. Vienna, 5 settembre 1882 (per. il 10).

Valendomi dell'autorizzazione datami da V. E. col dispaccio n. 1355 del 29 agosto scorso (2), ho dato oggi al conte Kalnoky officiosa conoscenza della nota del ministero dell'Interno annessa allo stesso dispaccio e relativa alle istruzioni date alle RR. Prefetture di Venezia e di Udine in seguito al luttuoso fatto di Trieste. Il ministro imperiale se ne mostrò assai grato e soddisfatto,

come si mostrò grato e soddisfatto che il R. governo abbia consentito ad una

corrispondenza diretta tra l'autorità politica di Trieste ed i prefetti d'Udine

e di Venezia e la direzione generale di Pubblica Sicurezza in Roma allo scopo

di meglio sorvegliare e reprimere le mene irredentiste. Di quest'ultima dispo

sizione, che l'E. V. s'era compiaciuta di comunicarmi col telegramma del 2 (1),

il conte Kalnoky aveva già avuto notizia dall'incaricato d'affari a Roma, il

quale lo aveva informato pure di essersi messo in rapporto diretto col com

mendatore Bolis. S. E. si rallegrava dell'amichevole ed efficace cooperazione

delle R. autorità, mercé la quale, egli ne nutre la fiducia, sarà impedito ogni

ulteriore tentativo criminoso. Ciò che mi parve preoccuparlo a giusto titolo,

è la tema che qualche fatto deplorevole abbia a prodursi a Trieste durante

il soggiorno che vi faranno prossimamente le Loro Maestà Imperiali; ed è

precisamente allo scopo di prevenire siffatto pericolo che è spiegata oggidì

la massima sorveglianza da questo Governo e che è invocata la nostra coope

razione.

Le confermo il mio telegramma d'oggi (2).

(l) -T. 1480 del 3 settembre 1882, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 285.
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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (3)

R. 2462. Therapia, 6 settembre 1882 (per. il 12).

Ieri venne a vedermi il signor ministro di Grecia, il quale mi disse sperare che i negoziati diretti colla Sublime Porta approderebbero in breve ad un risultato soddisfacente, questa dimostrando disposizioni assai concilianti. Aggiungeva, S. E. il signor ministro degli Affari Esteri avergli espresso il fermo avviso che le Potenze non avessero ad intromettersi in queste trattative, comporrebbero la questione fra di essi, e poi i due vicini rimarrebbero amici ed uniti per combattere il comune nemico. Ed il signor Konduriotis esprimevagli dal suo canto analoga opinione.

Ed il signor ministro di Russia venne a significarmi il suo governo avergli telegrafato che la soluzione di questa questione era di competenza della conferenza di Costantinopoli. Osservai che questa conferenza non aveva autorità per trattare altra questione all'infuori di quella dell'Egitto, cui il signor Nelidov rispondeva non trattarsi della presente conferenza ma di quella dell'anno passato. Replicai che l'anno passato non vi fu alcuna conferenza, però nulla osterebbe a radunarci se gli altri colleghi credessero opportuno d'interporre un'azione collettiva e se le nostre istruzioni fossero conformi. Il signor Nelidov soggiungeva non avere istruzioni positive, e mi lasciava intendere poter quindi eziandio consigliare alla Grecia di cedere sulla questione di Nezeros. Dal mio canto i fatti occorsi, la nota del signor Trikupis del 14 luglio, le dichiarazioni

che l'E. V. faceva al signor ministro di Grecia all'occasione della comunicazione da parte di questo del documento stesso, non mi autorizzavano ad ammettere alcuna deviazione dalle decisioni della commissione di delimitazione. Perloché io avevo già dichiarato al signor ministro degli Affari Esteri l'opinione del R. Governo essere esposta nelle note collettive del 18 e 30 novembre 1881 (1). Ed i miei colleghi di Germania e d'Austria-Ungheria si erano finora limitati a raccomandare alla Sublime Porta la prudenza e la conciliazione. Era quindi prezzo dell'opera di meglio vedere come si mettevano i negoziati diretti. Gli ambasciatori d'Inghilterra e di Francia non hanno alcuna istruzione sulla materia. Ed io mi regolerò in ogni cosa secondo gli ordini che l'E. V. stimerà conveniente d'impartirmi.

(l) -T. 767 bis, non pubblicato. (2) -T. 1490 del 5 settembre 1882, non pubblicato. (3) -Ed. In LV 39 pp. 55-56.
300

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN

T. 779. Roma, 7 settembre 1882, ore 12.

Raybaudi confirme per un télégramme d'hier soir (2) que le conseil de guerre devait prononcer ce matin son arrét. Mais, si le jugement avait été ajourné par un motif quelconque, nous pensons que le gouvernement français devrait, dans son propre intérét, ne pas s'interdire par une décision précipitée la possibilité d'un arrangement équitable et amicai. Notre proposition serait de suspendre toute procédure devant le conseil de guerre et de mettre provisoirement le prévenu à la disposition du consulat italien jusqu'à ce que les deux gouvernements se soient mis d'accord sur la question de principe. Veuillez ne pas dissimuler à M. Duclerc combien est grave, à nos yeux, la résolution qu'il doit prendre. M. Duclerc ne se fait probablement pas une idée assez exacte de l'énorme difficulté que nous avons eue à amener entre les deux pays, après l'excitation de 1881 le calme et l'apaisement. Si par un incident quelconque l'occupation française à Tunis, ainsi que les corollaires qu'on voudrait, à Paris, en tirer, devaient maintenant ressaisir chez nous l'opinion publique, le résultat utile du travail assidu de conciliation que nous avons poursuivi jusqu'à présent serait en quelques instants perdu. M. Duclerc aurait grandement tort de se faire illusion là-dessus et nous estimons n'accomplir qu'un strict devoir d'amitié en l'en avertissant s'il en est temps encore. Personne ne comprendrait certes qu'on veuille pour une aussi petite affaire s'exposer à soulever une si grave question. Je vous prie de faire en ce sens une démarche pressante et de m'en télégraphier aussitòt que possible l'issue. Si le conseil de guerre avait malheureusement ce matin déjà prononcé sa sentence, il y aurait toujours lieu de demander par les mémes considérations ci-dessus un sursis à l'exécution de la peine jusqu'au règlement de la question de principe.

(l) -Non pubblicate nel vol. XIV della serie II. (2) -T. 1493 del 5 settembre 1882, non pubblicato.
301

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TUGINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1501. Berlino, 7 settembre 1882, ore 15,40 (per. ore 16,20).

Le sous secrétaire d'Etat vient de me dire que l'Angleterre a fait ici la meme communication relativement au projet des contròleurs en Egypte pour le règlement des réclamations pécuniaires dont parle votre télégramme du 5 au soir (1), mais il n'a pas été jusqu'ici à meme de se former une idée exacte du contenu de ce projet. Avant de se prononcer, Cabinet de Berlin tient lui aussi à connaitre là-dessus l'opinion des autres Puissances. C'est dans ce sens que le sous secrétaire d'Etat a télégraphié au chargé d'affaires d'Allemagne à Rome en l'invitant à faire savoir ce que V. E. pense à ce sujet.

302

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A COSTANTINOPOLI, CORTI, A PIETROBURGO, NIGRA, AGLI INCARICATI D'AFFARI A BERLINO, TUGINI, A LONDRA, CATALANI, A PARIGI, RESSMAN, A VIENNA, GALVAGNA, E ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 784. Roma, 8 settembre 1882, ore 23,55.

Le chargé d'affaires d'Angleterre insistant pour une réponse au sujet de la méthode projetée pour la liquidation des dommages en Egypte, je lui ai dit verbalement que nous sommes en principe, et en ce qui nous concerne, disposés à l'accepter si les autres Cabinets en font du meme. Ce que nous sommes dès aujourd'hui prèts à admettre, sauf à régler les details d'accord avec les autres Cabinets se serait donc: 1° la création d'une commission internationale pour statuer avec juridiction souveraine sur les réclamations; 2° la compétence de cette commission telle qu'elle résulte du projet de décret annexé à la communication britannique, à savoir les quatre commissaires de la dette pubblique, cinq délégués nommés respectivement par les gouvernements d'Allemagne, d'Angleterre, de France, d'Italie, et de Russie et un délégué nommé par le gouvernement égyptien.

303

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2465. Therapia, 8 settembre 1882 (per. il 13).

Lì 6 del presente seguì fra il signor ministro degli Affari Esteri ed il ministro di Grecia la conferenza già per me annunziata. Né i relativi negoziati

fecero alcun passo, il signor Konduriotis essendo fermo nel richiedere la esenzione integrale delle decisioni della commissione di delimitazione, od in caso negativo il governo ellenico si rifiuterebbe all'esecuzione delle stipulazioni relative all'aggiustamento delle quistioni delle proprietà dello Stato e dei Vacouf, nonché alla partecipazione al debito pubblico dell'impero, e Said Pascià insistendo sulla transazione proposta. La prossima riunione fu fissata per domani, ma io non vedo come essi potranno mettersi d'accordo, massime dopoché il sangue sparso aggiunse alle difficoltà inerenti alla quistione stessa, quella dell'onor militare e dell'amor proprio offeso.

(l) Cfr. n. 295.

304

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 1734. Vienna, 8 settembre 1882 (per. il 15).

Il 5 corrente quest'incaricato d'affari di Russia diede al conte Kalnoky comunicazione di un telegramma del signor di Giers relativo all'incidente occorso non ha guarì a Karali-Dervend tra le truppe elleniche e le ottomane. Questo telegramma, di cui V. E. deve aver avuto egualmente conoscenza, conchiudeva coll'emettere l'opinione che i Gabinetti non dovrebbero indugiare ad affidare ai rispettivi rappresentanti a Costantinopoli l'incarico di risolvere in modo definitivo la questione del confine turco-greco. Ho saputo che questo ministro imperiale ha risposto che aderiva pienamente all'idea del governo russo sulla necessità di regolare al più presto quella vertenza, e che anzi aveva già data al barone Calice l'autorizzazione di associarsi agli uffici che i di lui colleghi avrebbero istruzione di fare in tal senso. Io aveva avuto l'onore di essere ricevuto dal conte Kalnoky prima che l'incaricato d'affari di Russia avesse fatta la anzidetta comunicazione; e s. E. mi aveva manifestato il suo vivo desiderio di veder risolta sollecitamente siffatta vertenza che per l'atteggiamento aggressivo dei greci potrebbe degenerare in una seria complicazione. Il governo ellenico è evidentemente nel suo diritto, quando reclama la consegna delle località assegnate alla Grecia dal trattato del 1881 e dalla commissione di delimitazione; ma si pone dalla parte del torto quando vuoi esigere tale consegna con mezzi violenti calcolando sugli imbarazzi in cui si trova attualmente la Porta per gli affari d'Egitto. Queste stesse considerazioni il conte Kalnoky ripeté più tardi al segretario generale del ministero degli Affari Esteri ellenico che è qui di passaggio per ritornare al suo posto e che ebbe l'onore di essergli presentato. Con quest'ultimo egli si sarebbe anzi espresso con maggiore vivacità dicendo che il Gabinetto di Atene col suo atto inconsiderato ha indisposto a suo riguardo tutti i governi d'Europa e

(l l Ed., ad ecce~lune del brano tra asterisf'hl. in LV 39, p. 58.

20 -Documenti diplomatici -Serle II -Vol. XV-XVI

che la Grecia la quale è debitrice dei suoi ultimi acquisti unicamente alla benevolenza ed all'appoggio delle Potenze non deve opporsi ulteriormente alla retrocessione di qualche lembo di territorio, che le è chiesta dalla Porta e consigliata dall'Europa.

305

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. CONFIDENZIALE 1537/1047. Londra, 11 settembre 1882, ore 16 (per. ore 18,15).

Le bruit répandu il y a quelque jour que la Turquie aurait offert à l'Angleterre de lui céder l'Egypte est fondé sur des faits incontestables: ce bruit a été accueilli avec incredulité, toutefois, je suis en mesure d'informer

V. E. avec la certitude la plus absolue que l'offre de la cession de l'Egypte a été faite par la Turquie et refusée par l'Angleterre. Le Cabinet anglais a soupçonné que la Sublime Porte voulait mettre l'Angleterre en désaccord avec les autres Puissances.

306

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. R. 1509/1346. Londra, 11 settembre 1882 (per. il 15).

Alla fine di un colloquio che ebbi, quest'oggi, con Sir. Charles Dilke, che :1a stretta attinenza con varii giornali liberali e, notevolmente col Daily News, gli lessi, senza aggiungere sillaba di commento, il telegramma da Roma pubblicato nel numero del suddetto giornale del 9 corrente, in cui si trovano acerbe ed immeritate parole contro i nostri giornali.

Il Dilke non rispose verbo ma, distaccato quel telegramma dal foglio, sottolineò quelle parole colla matita e lo trasmise al Direttore del giornale.

In verità sarebbe tempo che si mettesse fine a questa non proficua guerra .l'ingiurie fra i giornali italiani e gli inglesi e sono ben lieto di avere l'onore ui segnalare all'E. V. l'articolo di fondo del Times di oggi il quale fa notare un cambiamento negli apprezzamenti dei fogli italiani sulla politica dell'Inghilterra in Egitto.

Né in Italia né in Inghilterra il governo può o deve esercitare alcuna influenza sulla stampa. Esso non può rispondere che degli atti dei suoi agenti e, se fossero stati male interpretati, metterli sotto il loro vero lume. E non è fuor di luogo, far notare a questo proposito che le spiegazioni da me date, per incarico dell'E. V., al Foreign Office, in ordine al telegramma del conte Gloria, furono accettate con manifesto compiacimento: ho di ciò un nuovo contrassegno in una lettera ufflciale di ringraziamento, ricevuta oggidi direttamente eia lorcl Granville. Non Cl, 1erei, però, malgrado il dispaccio di codesto R. Ministero del 5 corrente, n. 1476 di questa serie (l), ritornare su quell'argomento senza un ordine preciso dell'E. V., per non mostrare di dare molto peso a cosa in se stessa di non grande importanza.

307

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (2)

R. 1736. Vienna, 11 settembre 1882 (per. il 21).

Recatomi ieri dal conte Kalnoky gli domandai se fossegli stata fatta una comunicazione recentissima da questa legazione di Grecia intorno alle trattative iniziate a Costantinopoli tra il signor Konduriotis e Said pascià per regolare definitivamente la questione di confine. Avendone avuto risposta negativa, mi affrettai a dare al ministro imperiale degli Affari Esteri conoscenza verbale del telegramma (3) che in proposito m'era stato mandato la sera del 9 dall'E. V.

Il conte Kalnoky accolse con visibile impazienza il nuovo appello della Grecia ai buoni uffici delle Potenze. * Egli non mi celò il suo malcontento per la condotta aggressiva del Gabinetto ellenico, il quale ha voluto profittare degli attuali imbarazzi della Sublime Porta per fare atto di prepotenza. Sperò forse di cattivarsi in tal guisa le simpatie dell'Inghilterra; volle in ogni modo dare alla questione di confine un carattere tale da costringere le Potenze ad intromettersi efficacemente ed in suo favore. Non è riuscito nel primo intento ed è dubbio che riesca nel secondo *. L'incidente di KaraliDervend è stato un colpo premeditato; ne son prova e le misure militari prese da lunga mano, ed il linguaggio tenuto dal signor Trikupis prima e dopo il fatto. * Le osservazioni ed i consigli fatti giungere ad Atene per mezzo dell'incaricato d'affari d'Austria-Ungheria furono dal presidente del Consiglio accolti con modi altieri e fors'anca non del tutto cortesi. Il signor Trikupis si lusinga forse di trascinare dietro di sé l'Europa; ma se prosegue nella via delle minaccie e delle violenze l'Europa potrà abbandonarlo sull'orlo dell'abisso che si sarà egli stesso aperto coi suoi atti inconsiderati *. Il barone Calice ha già da parecchi giorni istruzione di associarsi alle pratiche che sarebbero fatte dai suoi colleghi per raccomandare ai ministri del Sultano la moderazione e la conèiliazione. Ma sarebbe poco dignitoso per le Potenze se, mentre i loro rappresentanti. a Costantinopoli s'adoperano a sciogliere pacificamente la questione, il governo ellenico desse seguito alle sue minaccie e provocasse nuove conflagrazioni sul confine.

Le quali cose dettemi dal conte Kalnoky m'inducono a credere, come ebbi l'onore di telegrafare ieri a V. E. ( 4), che il governo imperiale non è

(.J) T. 1525 del 10 settembre 1882, non pubblicato.

disposto ad intervenire efficacemente nel conflitto, e che l'ambasciatore austro~ ungarico a Costantinopoli si limiterà, per quanto riguarda la vertenza turcoellenica, ad associarsi agli uffici dei suoi colleghi quel tanto che sarà necessario per non distruggere l'accordo esistente tra le Potenze.

(l) -Non pubblicato. (2) -Ed., ad eccezione dei brani fra asterischi. in LV 39. p. 63. (3) -T. 787 del 9 settembre 1882. non pubblicato.
308

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

L. P. Pietroburgo, 11 settembre 1882.

Non l'ho annojata colle mie lettere. Ho fatto meglio, spero. Mi sono studiato d'eseguire con impegno, e nel miglior modo che seppi, le sue istruzioni nelle varie fasi della questione egiziana capitata così male a proposito per l'Europa e per noi, e non per fatto nostro. Ho la soddisfazione di confermarle che l'accordo fra l'Italia e la Russia fu in generale perfetto e costante. Della qual cosa ella ebbe la prova nel dispaccio che il signor de Giers le fece recentemente comunicare e del quale le fu rilasciata copia, con preghiera però che il dispaccio non sia pubblicato per evitar commenti o gelosie. Devo aggiungere che questo dispaccio è dovuto all'iniziativa dello stesso signor de Giers, e non ad alcun mio suggerimento diretto od indiretto. Non vi fu che un solo incidente, al quale noi non partecipammo altrimenti che per iscongiurarne le conseguenze che potevano essere molto gravi. Voglio dire dell'ordine inviato, tempo fa, al signor Onu, (e revocato poi non senza difficoltà) perché questo rappresentante della Russia a Costantinopoli avesse a cessare dal pigliar parte alle riunioni della conferenza. La defezione della Russia avrebbe distrutto l'accordo delle quattro Potenze; al quale accordo si devono i risultati, comunque modesti ottenuti finora, e si dovranno quelli maggiori che si possono sperare nel componimento finale della questione. Ed è poi evidente che col ritiro della Russia, la conferenza avrebbe miseramente naufragato. In questa circostanza non ho risparmiato gli ufficii verbali e scritti. I di lei telegrammi che ho fatto mettere, nella loro sostanza, sotto gli occhi dell'Imperatore, e che ho commentato il meglio che potei, fecero buona e salutare impressione. Infine fu ottenuto che l'ordine di astensione fosse revocato, e così l'accordo fu mantenuto, e la conferenza ha potuto procedere. Devo dire che in tutta questa faccenda non venne mai meno il buon volere del signor de Giers, al quale era grave il trovarsi per la prima volta, in una questione di politica estera, in dissenso col suo Sovrano. Ella ebbe a suo tempo la spiegazione di quest'incidente, datale dallo stesso signor de Giers nel dispaccio apposito, che le fu letto dal signor Sevié. Alle ragioni esposte in quel dispaccio conviene aggiungere un sentimento d'antico rancore contro l'Inghilterra, la tradizionale avversaria della Russia nell'Asia, rancore che cova pur sempre, come carbone sub cinere doloso, nell'animo d'ogni patriota russo e

quindi in quello dell'Imperatore. Di questo fatto bisognerà tener nota, e converrà non dimenticare questa prima manifestazione d'una volontà colla quale l'Europa avrà tosto o tardi a contare.

Il ritiro del conte Ignatiev e la morte del generale Skobelev non furono senza esercitare un'influenza favorevole nelle relazioni tra la Russia e la Germania. Per ora non parmi che vi sia alcun pericolo da questo lato per la pace europea; parlo, ben inteso, di pericolo immediato. Continuano però, per parte della Russia, le precauzioni, specialmente sulla frontiera più vulnerabile della Polonia, nelle di cui vicinanze sta costruendosi la ferrovia, essenzialmente militare, di Pinsk, destinata a render più facile il concentramento di truppe intorno a Varsavia. A proposito della morte subitanea di Skobelev, le mando qui unito un estratto di lettera, scrittami da Mosca da un testimonio oculare dei funerali fatti al vincitore di Gheok-Tepé. I particolari ivi narrati sono tali, che non ho creduto doverle mandare questo estratto di lettera, se non per mezzo d'un corriere di Gabinetto, che oggi ho a mia disposizione.

Vorrei poterle dire qualche cosa di sicuro intorno al futuro incoronamento dell'Imperatore. Ma di certo non si sa nulla. L'Imperatore stesso, a chi gli chiede quando ciò avverrà, risponde costantemente: Dio solo lo sa. Tuttavia è più che verosimile che l'incoronamento sarà rimandato all'anno prossimo, a meno che, contro ogni consuetudine, l'Imperatore si decida ad un tratto a farsi incoronare, dirò così, per sorpresa, improvvisamente, e senza l'intervento di rappresentanze estere. La cosa non è probabile, ma non è nemmeno del tutto impossibile. Intanto il signor de Giers ha detto agli ambasciatori qui accreditati che essi possono tranquillamente andarsene in congedo. I difatti gli ambasciatori d'Austria e di Francia sono di già partiti pel loro congedo annuo. Quel di Germania parte venerdì prossimo. Io pure vengo a chiederle d'accordarmi il solito congedo, durante il quale, passando per Parigi, mi recherò in Italia, dove mi propongo d'andare ad ossequiarla. Il momento per lasciar Pietroburgo mi sembra propizio, la mia presenza non essendovi punto indispensabile. Io conterei di partir di qua nei primi giorni d'ottobre. Ben inteso il ministero sarà esattamente ragguagliato dell'epoca precisa della mia partenza e de' miei successivi indirizzi durante il congedo. Le sarei molto obbligato s'ella vorrà da,.mi per telegrafo un cenno del suo gradimento.

(l) Da M. C. R, Carte Mancini.

309

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 2466. Therapia, 12 settembre 1882 (per. il 18).

La convenzione turco-inglese non è ancora firmata, e la discussione versa sempre sulla redazione dell'articolo relativo al luogo di sbarco delle truppe ottomane. La E. V. conosce come l'ambasciatore d'Inghilterra proponesse, per

ultimo, di stipulare che queste si recherebbero a Porto Said per sbarcare indi nel luogo che sarebbe convenuto fra i rispettivi comandanti, ed i plenipotenziari ottomani insistevano onde si dichiarasse che esse sbarcherebbero a Porto Said. Lord Dufferin ne riferiva nuovamente al suo governo, il quale rispondeva il 10 corrente insistendo che le forze turche avrebbero a sbarcare nel punto del canale che le autorità militari sarebbero per stabilire, il luogo dello sbarco non potersi specificare nella convenzione, poiché esso potrebbe essere modificato in seguito alle operazioni militari che si stanno svolgendo, però non escludevasi Porto Said. I plenipotenziari ottomani si trasferivano la sera istessa all'ambasciata inglese, e si dichiaravano pronti ad accettare la redazione proposta dal signor ambasciatore, se non che questi riservavasi di domandare ulteriori istruzioni sopra una forma d'articolo che era bensì stata proposta da esso, ma che non aveva ancora ricevuto la sanzione del suo governo. E la differenza era ridotta a sì poca cosa, che veramente non sembrava potesse intervenire alcun maggiore indugio alla conclusione dell'accordo. Di che diedi avviso telegrafico alla E. V. li 11 corrente (l).

Nell'accusare ricevuta degli ossequiati dispacci di questa serie in data 30 agosto u.s. e 2 corrente n. 1437 e 1438 (2) ...

(l) Ed. in LV 35, pp. 492-493.

310

IL MINISTRO AD ATENE, CURTOPASSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1545. Atene, 13 settembre 1882, ore 13,30 (per. ore 17,30).

Chargé d'affaires de Turquie a communiqué que le commandant impérial a reçu ordre de substituer un échange de lettres au protocole pour la conclusion de l'armistice; une pareille instruction a été transmise au général Grivas. M. Konduriotis mande qu'ayant confirmé à ~aid pacha le rejet par son gouvernement de la proposition ottomane relative au district de Auntscha, ministre impérial lui a répondu qu'il espérait bientòt ètre à mème de faire une autre proposition qui serait de nature à satisfaire le Cabinet d'Athènes. Chargé d'affaires hellénique à Vienne télégraphie que le comte Kalnoky reconnait en principe les droits de la Grèce et qu'il a autorisé le baron Calice à coopérer avec ses collègues pour le règlement du différend, aussitòt qu'ils croiront le moment opportun arrivé. Il était essentiel de s'assurer le concours bienveillant du Cabinet autrichien, qui ne saurait agir qu'en conformité des vues de celui de Berlin. M. Trikupis s'en montre-t-il fort satisfait et ne doute presque plus d'une solution au gré de ses désirs.

(l) -T. 1531, non pubblicato. (2) -Non pubblicati.
311

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1548. Londra, 13 settembre 1882, ore 17,09 (per. ore 20,40).

Réponse au télégramme de V. E. du 9 courant (l). Granville vient de m'informer que Dufferin a été autorisé aujourd'hui à s'unir à ses collègues pour insister auprès de la Porte afin que la question de la frontière hellénique soit soumise à la décision des représentants des six Puissances à Constantinople.

312

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A COSTANTINOPOLI, CORTI, A PIETROBURGO, NIGRA, AGLI INCARICATI D'AFFARI A BERLINO, TUGINI, A LONDRA, CATALANI, A PARIGI, RESSMAN, e A VIENNA, GALVAGNA

T. 805. Roma, 15 settembre 1882, ore 17,45.

Le Cabinet de Saint Pétersbourg pense qu'en prenant pour base le protocole de la commission de délimitation tmco-hellénique les ambassadeurs à Constantinople pourraient inviter les deux parties à rechercher une transaction amiable et qu'en cas d'insuccès il leur appartiendrait encore de s'entendre afin de proposer une solution pratique. Le baron d'Uxkull m'a dit que [il] a reçu instructions en ce sens. Je lui ai ròpondu que l'ambassadeur du Roi possède déjà instructions très larges lui permettant de se joindre à ses collègues, une fois que ceux-ci seraient d'accord, pour toute démarche apte à amener un arrangement entre les deux parties.

313

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1516/1368. Londra, 15 settembre 1882 (per. il 19).

Debbo significare con rincrescimento, all'E. V. che il mal animo dei giornali inglesi, e ciò che più conta dei principali di essi, contro di noi, non è punto diminuito com'era da supporre. Il Times d'ieri, oltre a talune invettive in un articolo di fondo, ha pubblicato, col titolo «Anglofobia italiana», due lettere nelle quali non so se sia maggiore il maltalento o l'assurdità. Una di esse firmata « Ouida », a giudizio degli inglesi con cui ne feci parola, non

è degna di risposta o di attenzione. Bensì nell'altra, firmata William Clayton, si asserisce che, nell'ultima settimana di luglio, S. E. il nostro illustre ministro delle Finanze abbia pronunziato nella Camera dei deputati le parole seguenti: « Grazie al buon successo del recente prestito italiano, il paese è ben provveduto nel caso che nasca una guerra in seguito all'attitudine presa dall'Italia verso l'Inghilterra nella quistione egiziana». Non era dunque cagione di dubbio che faceva mestieri di contraddire immediatamente quella insussistente e maligna asserzione; e, non esitai a smentirla deliberatamente, parlandone con sir Charles Dilke con cui primo mi avvenni. Fui quindi sollecito a chiedere informazioni del signor Clayton e seppi essere persona di una certa autorità nei circoli dei conservatori di cui è partigiano.

Ebbi quindi l'onore di spedire all'E. V. il telegramma n. 1051 (l); e perché la falsa asserzione era stata fatta da un privato, non mi feci ardito di proporre all'E. V. che quest'ambasciata la smentisse nello stesso Times come cionondimeno molto avrei desiderato.

Prevedendo quindi quale potesse essere la risposta dell'E. V., feci capo al nostro signor Roberto Stuart onde scrivesse e firmasse la smentita; e lo pregai si tenesse apparecchiato a recarsi la sera stessa all'ambasciata, premendomi non si frapponesse l'indubio di un sol giorno a rispondere al signor Clayton .

E non appena quindi io ricevetti il telegramma (2) ch'ella si compiacque spedirmi su quell'argomento, fui in grado di trasmettere all'ufficio del Times la lettera che il signor Stuart cortesemente scrisse per ismentire l'artificiosa insinuazione, ed una mia lettera al direttore di quel giornale per ottenere che la prima fosse sollecitamente pubblicata.

Com'ebbi l'onore di dare contezza questa mattina all'E. V. col telegramma

n. 1054 (3), l'esito corrispose all'aspettativa, ed il Times d'oggi contiene nelle sue colonne una ferma e precisa contraddizione delle parole del Signor Clayton.

Duolmi però che nello stesso numero di quel giornale si contenga, sempre nel titolo di «Anglofobia in Italia » un'altra lettera con cui sono fatti segno d'inventive non so quali nostri giornali con caricature.

Sarebbe veramente desiderabile che i nostri figli non raccogliessero tutte queste, oramai non più provocate, disfide e non le stimassero degne di risposta. In tal caso, s'io mal non m'oppongo, l'opinione pubblica di questo Paese renderebbe loro giustizia e li vendicherebbe contro la malevolenza di pochissimi che, per ragioni politiche o personali, hanno in odio il nostro Paese.

Sono tanto più incoraggiato a manifestare quest'opinione in quantocché nella Pall Mall d'ieri sera ed in quella d'oggi scorgo due lettere colle quali spontaneamente si respingono le ingiuste invettive contro i giornali italiani. Entrambe quelle lettere sono intitolate: « Corrispondenti inglesi e stampa italiana».

Nel trasmettere all'E. V. le qui incluse copie (4) di tutte queste lettere sulle quali, ben mio malgrado, ho dovuto volgere all'attenzione dell'E. V.

(l) Cfr. n. 307, nota 3.

(l) -T. 1551 del 14 settembre 1882, non pubblicato. (2) -T. 800 del 14 settembre 1882, non pubblicato. (3) -T. 1561/1054, non pubblicato. (4) -Non pubblicate.
314

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. RR. 1518/1372. Londra, 15 settembre 1882 (per. il 21).

Mi onoro partecipare all'E. V. talune informazioni raccolte in due conversazioni che io ebbi, l'una con sir Charles Dilke, l'altra con un membro autorevole del Parlamento inglese, in ordine all'imminente ricostituzione dell'Egitto.

Da sir Charles Dilke seppi che il Consiglio di Gabinetto tenuto ieri a Downing Street, contrariamente a quanto dicevasi, non aveva preso alcuna determinazione: tanto più che non consisteva che di cinque o sei ministri. Fui quindi dal medesimo confermato nell'opinione che non era probabile che il governo inglese fosse in grado di comunicare così tosto alle Potenze alcun programma delle sue intenzioni. E ricavai inoltre che in una riunione tenuta (al cominciare della guerra) al Foreign office, nella quale erano intervenuti sir Charles Dilke medesimo, lord Tenterden, sir Edward Malet ed altre persone competenti a deliberare sulla quistione egiziana, si era deciso che lo stesso Kedive sarebbe stato invitato, a tempo opportuno, a manifestare i suoi pensieri sul riordinamento dell'Egitto e a darvi forma di progetto.

Vari pareri erano stati messi in campo in quella riunione del Foreign office, e molti punti di principale e di accessoria importanza erano stati discussi, senza che sir Edward Malet avesse pronunziato parola. E quando fu interrogato sul suo silenzio rispose che, terminata la guerra, con maturo esame di fatti e di circostanze, col corredo delle opinioni degli statisti egiziani, egli avrebbe manifestato, in un rapporto al Foreign office, le sue opinioni su ciascun punto di quell'importantissimo argomento. E poiché il governo inglese fa assegnamento sopra sir Edward Malet, e poiché è uso a non affrettarsi, non è probabile che si accinga a dar forma concreta a tutti i suoi disegni senza aver ricevuto quel rapporto ed altri rapporti analoghi dal Wilson, dal Colvin, da Cherif pascià e da altre persone di gran conto negli affari egiziani.

Vero è d'altra parte che, a tenore dell'indole e delle tradizioni degli inglesi, è da credere che le difficoltà della questione saranno superate e composte spartitamente e non nel loro complesso.

E già lo scopo principale, quello di ripristinare l'autorità civile e militare del Kedive, è stato raggiunto coll'ingresso delle truppe inglesi al Cairo. L'esercito egiziano che diede così mala prova di sé, è già stato, o sarà tosto, disciolto. E, se fino a questo momento, non sembra essere stato deciso quali ordini di truppa, di milizia o di gendarmeria saranno chiamati a sostituirlo; se indigeni, se raccogliticci di varie nazionalità, o se (per qualche tempo almeno) anglo-indiani, è questo appunto uno dei nodi non ancora sciolti della quistione che ho avvertito di sopra.

Taluni altri punti minori del vasto argomento sono già stati discussi dall'opinione pubblica e già probabilmente risoluti. Uno di essi (come ebbi già

l'onore d'informare l'E. V. in un precedente rapporto) è di abolire il controllo ed il condominio anglo-francese; e di assegnare soltanto talune delle sue ·facoltà ed appartenenze alla commissione del debito pubblico, composta di quattro delegati nominati dall'Italia, dall'Inghilterra, dalla Francia e dall'Austria-Ungheria. I quali avrebbero potere di sindacare l'esattezza delle cifre

dei bilanci delle entrate e delle spese del governo egiziano.

Quanto poi al disegno di riforma della Camera dei notabili, ai tentativi di

svolgere i principii di autonomia locale nelle popolazioni (opera ardua se

mai ne fu), ed alle generali mallevadoria che il Vicerè darà al popolo, affinché

l'antica oppressione e gli antichi balzelli più non rinascano, si può forse

asserire che nulla ancora è stato deciso.

Bensì sul nodo più avviluppato della quistione, cioè a dire sulla natura

e sulla forma della preponderanza che l'Inghilterra desidera ritenere indi

sputata in Egitto, come frutto della vittoria, sir Charles Dilke mi fece com

prendere (in modo strettamente confidenziale), che l'agente e console generale

britannico presso il Kedive, conservando il titolo e l'ufficio presente, eserci

terebbe altresì l'incarico che è affidato ai cosidetti residenti inglesi presso

taluni principi indiani.

Ebbi l'onore di comunicare all'E. V. la sostanza di ciò che precede col

telegramma d'oggi n. 1056 (1), né credo opportuno di dilungarmi a discorrere

sopra altri disegni che si ascrivono all'Inghilterra, com'è quello, verbigrazia,

di tener guarnigione sopra certi luoghi determinati dell'Egitto, poiché né

io vi presto fede, né furono menzionati dal mio illustre interlocutore.

Per completare però (per quanto da me si può) questi rapidi cenni sopra

un argomento di tanto rilievo, chiedo licenza alla E. V. di parteciparle ciò che

ho potuto or ora raccogliere da uno dei più autorevoli membri della Camera

dei comuni, il quale esaminò un diverso aspetto della quistione, e mi parlò

press'a poco nella forma seguente:

Il governo inglese, egli disse, è conscio che, quali che siena le proposte

che indubbiamente farà alle Potenze, non è l'Inghilterra sola che dovrà decidere

sulle medesime, ma il concerto europeo.

E' bensì vero che il governo inglese non ebbe alcun mandato dalle Potenze

di ripristinare l'ordine in Egitto, e che essendo stato spinto dalla molla del

proprio interesse non avrebbe conti da rendere agli altri governi, nessuno

dei quali stese la mano ad aiutarlo nell'impresa. Cionondimeno il governo

inglese sarà costretto a chiedere, fra non guarì, l'approvazione delle altre

Potenze sui suoi disegni del futuro riordinamento dell'Egitto; e vi sarà co

stretto, se altro non fosse, dai motivi seguenti:

In primo luogo dalle dichiarazioni fatte, nel modo più solenne, da due

ministri, dei quali uno è leader della Camera dei Lords e l'altro della Camera

dei comuni. In ogni dispaccio scritto da lord Granville sulla quistione egi

ziana, ed in ogni discorso pronunziato dal signor Gladstone sullo stesso tema,

sono stati riconosciuti i diritti del congresso europeo di sancire le proposte

dell'Inghilterra.

Ed in secondo luogo dall'interesse che ha grandissimo di non riaprire l'adito alla temuta questione d'oriente. Imperocché se l'Inghilterra provasse al mondo coll'autorità del suo esempio che una Potenza qualsiasi può torsi l'arbitrio d'intervenire colle armi in una provincia ottomana, colla scusa (vera

o falsa che sarà) di ristabilirvi l'ordine; e potrà quindi disporne a suo senno e beneplacito, senza che l'Europa sia chiamata, non dico a giudicare, ma ad approvare quell'intervento; ciò costituirebbe un precedente di cui si prevarrebbero parecchie altre Potenze per intervenire a loro volta, a mano armata, in altre provincie dell'impero ottomano; e ciò darebbe campo forse ad una guerra generale, forse alla rovina dell'impero turco.

Fin qui il mio interlocutore. Non è fuor di luogo di confermare adesso all'E. V. il telegramma che ebbi l'onore di spedirle il giorno 14 corrente (telegramma 1053 (1).

«Il conte Eriberto di Bismarck sarebbe stato incaricato di fermare un accordo fra l'Inghilterra e la Germania sopra certi punti della quistione egiziana. Egli avrebbe soprattutto insistito presso lord Granville pel mantenimento della sovranità della Porta». Posso anche aggiungere che egli avrebbe parimenti insistito per la sollecita comunicazione alle Potenze delle proposte dell'Inghilterra, e che avrebbe, dal suo canto, promesso l'appoggio della Germania per facilitare a Costantinopoli l'approvazione di quelle proposte.

Lord Granville avrebbe promesso, da parte sua, di mostrarsi, quanto era possibile, conciliante verso la Porta; e si tiene per fermo che egli abbia dato istruzioni in quel senso all'ambasciatore britannico a Costantinopoli.

(l) T. 1563/1056, non pubblicato.

315

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL VICE CONSOLE A BENGASI, GRANDE

D. s. N. Roma, 17 settembre 1882.

Nel momento in cui la S. V. si reca ad assumere le funzioni alle quali ella fu destinata in Bengasi, stimo opportuno metterla al fatto di ciò che costituisce attualmente il principale interesse italiano nel territorio appartenente alla sua giurisdizione.

Nella primavera dello scorso anno la Società di esplorazione commerciale in Africa, residente in Milano, rivolse la sua attenzione alla Cirenaica e deliberò di studiare se fosse possibile dare maggior impulso alle relazioni commerciali di quella regione coll'Italia e istituirvi in progresso di tempo colonie agricole alle quali il Paese per la bontà del clima e la feracità del suolo sembra essere adatto. Furono a tale uopo colà inviati tre delegati, i signori Bottiglia (capitano mercantile) Mamoli e Pastore. Il primo di essi giunse a Bengasi nel gennaio 1881 e il R. governo ottenne dalla Sublime Porta che

a suo favore venisse rilasciato un Firmano che lo raccomandava alla prote

zione delle autorità locali. Gli altri due delegati vennero nel marzo successivo

e contemporaneamente giunsero a Bengasi i membri di due spedizioni incari

cate di visitare l'interno della penisola e studiarla nei rapporti commerciali,

agricoli e scientifici.

Ma il contegno del signor Bottiglia e le circostanze che accompagnarono

l'arrivo di una delle spedizioni destarono diffidenza nelle autorità del Paese,

le quali credettero che sotto le apparenze commerciali si ascondessero fini

politici. Il pascià Alì Kemali, sebbene accordasse protezione agli inviati della

società e li munisse di una scorta, ebbe cura di farli diligentemente sorve

gliare, prescrisse che il loro viaggio si limitasse a Derna e impedì assoluta

mente che le esplorazioni si estendessero fino al golfo di Bomba e al porto

di Tobruk, ove la società intendeva principalmente praticare gli studii per la

futura colonizzazione.

Le due spedizioni furono compiute felicemente, malgrado qualche ostilità dei beduini dell'interno e nel maggio 1881 fecero ritorno in Italia. I delegati Bottiglia e Pastore rimasero a Bengasi, che entrambi abbandonarono in seguito, essendo sostituiti dai signori Rossoni e Gabaglio; il signor Mamoli si recò a Derna, ove comperò, per conto della società, una piccola casa e si diede a studiare le condizioni del Paese e ad iniziare qualche commercio, mantenendosi in buoni rapporti con gli abitanti.

Nella scorsa primavera avendo il Mamoli intrapreso una escursione per iscopo di caccia e di commercio nella direzione del golfo di Bomba, venne fermato a mezza via dalle guardie spedite alla sua ricerca dal f.f. di Kaamakan di Derna e ricondotto in quella città. Per questo fatto e pel contegno ostile del pascià Ali Kemali, il governo del Re . mosse richiamo alla Sublime Porta, la quale accogliendo prontamente le istanze del R. Ambasciatore, fece luogo al cambiamento del Vali.

Ritornato nel frattempo il Mamoli a Bengasi, col mezzo del R. agente consolare fece istanze al nuovo governatore per essere autorizzato a riprendere il suo commercio a Derna e ad esplorare le coste vicine; ma il Vali, udito il Consiglio di amministrazione del Vilayet, diede la risposta negativa della quale ella troverà copia. L'agente consolare volle protestare, ma non fu dal pascià ricevuto; allora il signor Mamoli presentò il reclamo del quale pure le si esibirà copia e la decisione pendeva tuttora alla partenza dell'ultimo corriere.

Tale essendo Io stato delle cose, è desiderio del R. governo che la S. V. si adoperi anzi tutto a distruggere le diffidenze sorte nelle autorità e nel Paese per l'erronea supposizione che l'Italia nutra disegni men che amichevoli sul territorio del Vilayet di Bengasi. Il governo del Re non ha mai avuto né incoraggiato tale proposito, ma esso non può che desiderare che abbiano un favorevole risultato gli sforzi dell'iniziativa privata, per dar vita ai commerci italiani coi porti di Bengasi e Derna, che offrono il più diretto accesso all'Africa centrale e per fondare possibilmente, sotto la sovranità e protezione del governo ottomano colonie agricole ove possa dirigersi una parte della nostra emigrazione.

A tale scopo è necessario che la S. V. procuri di mantenere buoni rapporti col Vali e colle altre autorità e di persuaderli che il promuovere le relazioni coll'Italia il cui governo trovasi nei rapporti della più cordiale amicizia con quello di S. M. il Sultano, non può che essere utilissimo alle condizioni del Vilayet e conforme alle mire ed agli interessi della Sublime Porta. Ma converrà d'altra parte far conoscere che il R. Governo non sarà mai per ammettere alcuna infrazione alle capitolazioni che reggono la condizione degli stranieri nell'Impero ottomano; che a norma di queste nessun Firmano o speciale permesso occorre agli italiani per esercitare il commercio, stabilirsi e acquistare proprietà in qualsiasi parte dell'Impero, e che, se pure per ragioni di ordine pubblico e per garantire la sicurezza stessa degli stranieri, e sopratutto finché dura l'attuale eccitamento religioso nei musulmani, è necessario che si astengano da viaggi ed esplorazioni nell'interno, che senza produrre alcun vicino risultato, potrebbero esporli a serii pericoli e dare origine a gravi complicazioni.

Di ogni emergenza la S. V. vorrà far sollecito rapporto a questo ministero, col quale ella resta autorizzata a corrispondere nei casi d'urgenza direttamente, quantunque per gli affari ordinari il suo ufficio dipenda dal R. Consolato in Tripoli.

(l) T. 1560/1053, non pubblicato.

316

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI

D. 1486. Roma, 18 settembre 1882.

Dopo avere accettato in massima, e più precisamente in quanto concerne i due punti che ci parevano sostanziali, il progetto inglese per la liquidazione dei danni cagionati dai recenti avvenimenti in Egitto, abbiamo stimato debito nostro di scendere a un più minuto esame dei particolari del progetto stesso. E qui mi pregio di indicarle la conclusione a cui il nostro studio ci ha condotti.

Anzitutto ci è sembrato di non doverci punto preoccupare del modo in cui sorse ed ebbe prima forma il progetto. Sarebbe un volerei addentrare nella spinosa quistione del controllo. A noi basta il fatto che il governo inglese, accettato per conto suo il concetto, lo abbia proposto in forma precisa alla accettazione degli altri Gabinetti. Del resto, questo solo ci si chiede: che il

R. agente in Egitto sia autorizzato a firmare tale documento per cui il governo del Re si dichiari anticipatamente assenziente al divisato decreto kediviale, e si obblighi, di concerto con le altre grandi Potenze firmatarie del documento stesso, a farlo pur accettare dagli altri governi che sono parte nel regime della riforma, di guisa che esso acquisti forza di legge a termini del regime stesso.

Circa il tenore del decreto non avremmo che una sola osservazione da presentare.

Non scorgesi perché debba ivi farsi menzione (art. 3 e 4) del previo avviso conforme del controllo generale per la emanazione dei decreti che regoleranno la emissione dei titoli da rilasciarsi a tacitazione dei reclami. Si comprende che si faccia, in certo modo, obbligo al Kedive di munirsi anticipatamente, per la emanazione di tali decreti, del parere conforme dei commissari presso la cassa del debito pubblico, avendo questi una diretta competenza in tutto ciò che concerne il debito pubblico egiziano. Ma per i controllori manca la ragione di siffatta necessità, né le Potenze che furono estranee alla creazione del controllo si potranno indurre a riconoscere, incidentalmente, l'esistenza legale e quasi internazionale di una simile istituzione. Le parole du contròle général sarebbero quindi, a nostro avviso, da radiarsi negli articoli 3 e 4.

Un errore puramente materiale è da correggersi all'art. 2, primo alinea, dovendosi evidentemente leggere dix invece di neuj commissarii. Ad accertare l'errore basta sommare insieme le tre categorie di commissarii enumerate nello stesso articolo, il totale essendo appunto di dieci commissarii.

Non consta che altri governi abbiano fino ad ora proposto emendamento alcuno, tranne il governo francese che suggerisce, nel preambolo, di surrogare alle parole << s'impose » le parole << se recommande ». Già le feci conoscere che noi ammettiamo l'emendamento, se gli altri Gabinetti vi consentono.

Qui acchiuclo lo schema del decreto kediviale (1), secondoché risulterebbe modificato dall'emendamento che noi proponiamo e dall'emendamento francese. Tranne il caso in cui altra Potenza facesse proposta di variante ulteriore, che anche a noi paresse accettabile ed ottenesse il consenso di tutti i Gabinetti, noi siamo disposti a convertire la nostra accettazione di massima in una accettazione formale e definitiva, con riferimento beninteso al testo qui acchiuso. E tostoché ci consti dell'accordo fra tutti i Gabinetti, noi impartiremo istruzione al R. agente e console generale in Egitto di firmare la dichiarazione diplomatica di cui è cenno nel preambolo del decreto.

317

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 2470. Therapia, 18 settembre 1882 (per. il 25).

Li 14 del presente il signor ambasciatore d'Inghilterra notificava alla Sublime Porta il suo governo averlo autorizzato a firmare la convenzione nei termini che erano stati convenuti coi delegati ottomani. E questi erano, sarebbero firmati in pari tempo la convenzione contenente le condizioni generali dell'intervento ottomano in Egitto, ed un memorandum spiegativo di quelle condizioni, nel quale era significato le truppe si trasferirebbero nelle acque di

Porto Said per sbarcare indi dove sarebbesi convenuto col comandante inglese, la prima spedizione non eccederebbe il numero di due o tre mila uomini, questi porterebbero le loro provvigioni, Baker pascià sarebbe comandante in secondo. Ed il governo britannico domandava inoltre che nel testo della proclamazione che sarebbe officialmente comunicata all'ambasciata fosse omessa la parola « straniero » nella frase «intervento militare straniero ». Ed è evidentemente quel progetto di memorandum che diede origine alla voce corsa pei giornali esteri di trattative per una convenzione segreta.

L'indomani, 15, S. M. il Sultano faceva invitare il signor ambasciatore a recarsi a palazzo allo scopo di firmare la convenzione. S. E. giungeva a Yildiz Kiosk alle tre pomeridiane, e seguiva una deliberazione di cui non esiste forse esempio negli annali diplomatici. L'ambasciatore era in una sala attigua a quella dove stava il Sultano, e servirono successivamente d'intermediari fra di essi i due Said, Server pascià, il primo dragomanno del signor ambasciatore, e Rascid bey. Sua Maestà mandò una volta anche Dervish pascià, comandante del contingente ottomano, ma a questo punto lord Dufferin dichiarava sufficiente essere il numero dei negoziatori. La discussione si apriva sui termini del memorandum, e l'ambasciatore esprimeva la sua meraviglia che si avesse ancora a discutere un atto che era già stato accettato dai delegati ottomani. Però S. M. domandava si omettesse il memorandum, dava essa la sua parola d'onore che le cose seguirebbero secondo quelle intelligenze, non era il Sultano che trattava coll'ambasé:iatore, ma Abdul Hamid che domandava questo favore all'amico Dufferin. Cui rispondeva S. E. avere piena fede nelle parole di S. M. ma potrebbe più tardi nascere qualche contestazione sopra il tenore di esse, ed era quindi preferibile s'avesse qualcosa di scritto, si presterebbe tuttavia a qualunque forma. Se S. M. non aggradiva il memorandum egli si accontenterebbe di una lettera del ministro degli Affari Esteri, oppure di una propria a quello. Proponeva infine S. M. d'introdurre quelle condizioni nelle istruzioni ad impartirsi a Dervish pascià; e S. E. accettava questo modus procedendi purché queste istruzioni gli fossero officialmente comunicate. L'ambasciatore aspettava per due ore la redazione delle istruzioni; le quali risultavano poi lungi dal contenere quello che era stato convenuto. La discussione fu ardua e lunga, durante la quale lord Dufferin non poteva tenersi dall'esprimere ai delegati ottomani la sua riconoscenza che, per tanti incagli ed indugi, gli facessero la riputazione di grande diplomatico; egli finiva nondimeno per significare sottometterebbe questa versione all'aggradimento del suo governo. S. M. invitava in quel mezzo lord Dufferin a venire presso di essa, e S. E. acconsentiva dichiarando riceverebbe gli ordini di S. M. che si farebbe un dovere di comunicare al suo governo, ma non entrerebbe in discussione col Sovrano. Il dialogo fra i due personaggi non durava che dieci minuti e si riprendeva la discussione per intermediari.

Né meno ardua fu la deliberazione riguardo alla forma della proclamazione. Insisteva l'ambasciatore acciocché fosse tolta, come era già stato inteso, la parola «straniero » dalla frase che riguardava l'intervento britannico. E dall'altra parte non si voleva aderire alla richiesta, domandando se gl'inglesi pretendevano per avventura di essere turchi od egiziani. Senonché lord Dufferin aveva l'ordine di reclamare questa om1sswne, né voleva assumere la responsabilità di rinunziarvi. Volendo però dare una maggior prova della sua condiscendenza offriva di domandare nuove istruzioni al suo governo anche sopra questo punto. E mentre questa discussione seguiva si sapeva il ribelle Arabi essere già prigioniero nelle mani delle forze inglesi.

Il signor ambasciatore d'Inghilterra lasciava il palazzo alle due del mattino, avendovi per tal modo passate undici ore, e conservava ancora al suo governo piena libertà di stipulare o non stipulare la convenzione come gli sembrerebbe conveniente. Delle quali cose io avevo l'onore di dare avviso telegrafico all'E. V. il 16 corrente (l).

Lord Dufferin giungeva a Therapia alle tre del mattino e trovava un telegramma pel quale lord Granville gli significava, se la convenzione non fosse firmata né esistesse impegno di onore di firmarla, S. E. avesse a soprassedere fino a nuovo avviso. Perloché egli si felicitava grandemente che la lunga deliberazione occorsa non avesse approdato ad un risultato definitivo.

E poche ore appresso veniva un messaggio da palazzo, S. M. ritirare il testo delle istruzioni per Dervish pascià comunicate la notte innanzi, farebbe indi conoscere la versione definitiva, la quale comparve infatti l'indomani 17. Senonché l'ambasciatore d'Inghilterra riceveva nell'intervallo da lord Granville l'istruzione di significare alla Sublime Porta il governo britannico esprimeva la sua riconoscenza pel buon volere dimostrato dal governo ottomano in questa congiuntura, però essere d'avviso che lo scopo dell'intervento essendo ottenuto, non era più il caso di mandare le forze ottomane in Egitto. La quale notificazione S. E. faceva ai ministri del Sultano la mattina del 17, ed io avevo l'onore di darne poco appresso contezza telegrafica all'E. V. (2). Né mi sembra probabile che, le cose essendo giunte a questo punto, la convenzione militare sia per essere stipulata fra la Turchia e l'Inghilterra.

Ho creduto prezzo dell'opera d'allargarmi alquanto nella narrazione di questa fase dei negoziati, poiché essa mi sembra avere un'importanza storica di non poca entità.

Nel segnare ricevuta ail'E. V. degli ossequiati dispacci di questa serie

n. 1439 e 1440 in data 7 e 6 corrente... (3).

(l) Non si pubblica.

318

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A TUNISI, RAYBAUDI MASSIGLIA

T. CONFIDENZIALE 818. Roma, 19 settembre 1882, ore 11,45.

La question de principe avec le gouvernement français au sujet des limites de la compétence militaire en Tunisie exige une discussion et entraine nécessairement un délai. Il est, dans l'intervalle, de la plus haute importance, que

rien ne survienne à Tunis, qui puisse compliquer davantage la situation. Veuillez à cet effet redoubler d'efforts et d'instances auprès des notables de la colonie dont nous connaissons et apprécions tout le patriotisme. Si Meschino, comme nous avons raison de le supposer, obtient, par une grace à la quelle nous sommes et nous voulons rester étrangers, son élargissement, vous devez à tout prix obtenir qu'on s'abstienne de toute démonstration intempestive. Veuillez en attendant, et pour notre simple information, tacher de savoir nous dire si Meschino serait disposé à s'éloigner volontairement pour quelques mois de Tunis par des motifs de prudence et de sécurité personnelle. Il est bien entendu que nous n'admettrons jamais, comme condition, l'obbligation d'éloigner nous mème Meschino, mais il est évident que son départ volontaire nous épargnerait bien d'embarras. Il n'a pas besoin d'ajouter que vous devez faire ces investigations en évitant toute ombre de soupçon.

(l) -T. 1567, non pubbllcato. (2) -T. 1580, non pubbllcato. (3) -Non pubbl!cati.
319

IL MINISTRO AD ATENE, CURTOPASSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1595. Atene, 19 settembre 1882, ore 14,30 (per. ore 15).

Je remercie V. E. pour télégramme de ce matin (1). M. Trikupis m'a dit depuis hier, que réunion n'allait pas encore avoir lieu à Constantinople parce que les représentants de France, d'Autriche et d'Allemagne se trouvaient sans instructions. Connaissant de longue date ses écarts, je l'ai laissé sous cette impression, d'autant plus qu'il est à espérer que le chargé d'affaires d'Allemagne ne tardera pas à ètre autorisé à participer à la réunion. Le président du Conseil a approuvé l'attitude et le langage de M. Kondouriotis à la dernière conférence avec les délégués ottomans et lui a bien recommandé de continuer à se montrer inébranlable.

320

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TUGINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1598. Berlino, 19 settembre 1882, ore 17,10 (per. ore 19).

Le Cabinet de Berlin n'est pas encore à mème de se prononcer au sujet de la proposition russe relative à la question grecque. Il attend encore des renseignements sur la manière de voir des autres Cabinets. Jusqu'à présent

21-Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XV-XVI

le sous-secrétaire d'Etat n'avait reçu que des détails pas trop vagues et contradictoires sur l'accueil que les différents Cabinets auraient fait à la proposition précitée. Quelques Cabinets paraissaient disposés à n'en accepter que la première partie, c'est à dire celle concernant le transaction amiable, tandis que les opinions étaient partagées relativement à l'arbitrage en cas d'insuccès, ce qui constitue la seconde partie de la proposition russe. Dans ces circonstances le sous-secrétaire d'Etat croyait devoir attendre les éclaircissements qu'il venait de demander à cet égard. Aussitòt qu'il pourra se rendre compte exactement de l'état des choses, il sollicitera les ordres de l'Empereur. Par conséquent il s'est réservé de me communiquer sous peu la décision du Cabinet de Berlin ainsi que les instructions qui seront expédiées à cet effet au chargé d'affaires d'Allemagne à Constantinople.

(l) Con T. 814 del 18 settembre, Mancini comunicava alle ambasciate a Berlino, Londra, Parigi, Pietroburgo, Vienna e alla legazione ad Atene 11 testo del T. 1590 del 18 settembre da Costantinopoli.

321

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 2471. Therapia, 19 settembre 1882 (per. il 25).

Ebbi l'onore di ricevere il telegramma che l'E. V. si compiaceva rivolgermi li 15 del presente (2) per farmi conoscere la proposta del Gabinetto di Pietroburgo per la soluzione della nuova questione greca; gli ambasciatori a Costantinopoli avrebbero ad invitare le due parti a ricercare una transazione amichevole, ed in caso di insuccesso toccherebbe ancora agli ambasciatori d'intendersi per proporre una soluzione pratica; l'E. V. m'autorizzava in pari tempo ad associarmi ai miei colleghi quando fosse intervenuto fra di essi un accordo sulle domande atte a condurre ad un aggiustamento fra le due parti.

Sarebbe senza dubbio desiderabile che le due parti riuscissero a comporre la divergenza, * ma per chi ha presenti alla mente il dispaccio che il signor Trikupis diresse alle Potenze il 14 luglio, le convenienze parlamentari del Gabinetto d'Atene, i propositi minacciosi di esso, il sangue testé sparso, non sembra probabile che le parti saranno per trovare una transazione amichevole *. Ed alla conferenza che seguì ancora li 17 corrente fra il signor ministro di Grecia ed i delegati ottomani, nulla si fece poiché il primo non poté essere smosso dalla domanda dell'esecuzione integrale delle decisioni della commissione di delimitazione. Non avremmo dunque a trovare una soluzione pratica. La quale non può essere per noi che l'interposizione di calde istanze presso la Sublime Porta per ottenere l'esecuzione di quelle decisioni, non avendo noi alcuna autorità per modificarle, né essendovi alcun dubbio sul

diritto della Grecia. Questi offici noi già interponemmo, e continueremo ad esercitare. Però se essi non basteranno per raggiungere lo scopo, starà ai rispettivi Gabinetti di concertarsi, se lo crederanno opportuno, sui mezzi più efficaci per costringere la Turchia alla esecuzione dei suoi impegni.

E frattanto il signor ministro di Russia domandava una riunione dei sei rappresentanti per deliberare sulla quistione in base alle istruzioni pervenutegli. Ed io convocava i miei colleghi pel 17 corrente; senonché la mattina istessa il signor incaricato d'affari di Germania venne ad avvisarmi non essere autorizzato a partecipare alle deliberazioni sulla questione turco-ellenica fino a che avesse ricevuto nuove istruzioni; e la riunione non poté quindi seguire. Delle quali cose io ebbi ieri l'onore di fornire alla E. V. un riassunto telegrafico (1).

Il solo mezzo pratico per uscire dalla difficoltà sarebbe, a mio avviso, quello di ricorrere all'arbitrato, il quale risulterebbe indubbiamente favorevole alla Grecia, ma salverebbe in pari tempo l'amor proprio della Turchia, la quale merita pure qualche riguardo sia per essere la parte che cedette il territorio, sia per avere lealmente eseguito il grosso della convenzione. Senonché questo mezzo non può essere proposto dagli ambasciatori a Costantinopoli i quali sono legati dalla convenzione. Esso avrebbe ad esser messo innanzi dalla Turchia; e m'è infatti noto che se ne parlò alla Sublime Porta, e si pensò di domandare l'arbitrato dell'Imperatore di Germania. Pel quale tuttavia s'incontra la difficoltà che un delegato germanico faceva pure parte della commissione di delimitazione, e sembrerebbe che il voto di esso potesse essere messo in dubbio dal rispettivo Sovrano. Se l'idea dell'arbitrato avesse ad avere alcun seguito sarebbe quindi forse preferibile di ricorrere al capo d'uno Stato che non prese parte alla convenzione turco-ellenica.

(l) -Ed., ad eccezione del brano tra asterischi, in LV 39, pp. 73-74. (2) -Cfr. n. 312.
322

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1522/1380. Londra, 19 settembre 1882 (per. il 23).

Mi onoro informare l'E. V. in risposta al telegramma (2) che Ella si compiacque spedirmi in data di ieri, che, essendomi recato al Foreign Office lo stesso giorno, ebbi, in assenza di lord Granville, una conversazione con sir Charles Dilke. Ed avendo portato il discorso sopra un'asserzione fatta nel Times del 14 corrente, che è del tenore seguente: «Almost alone among statesmen, the italian ministers have spoken ill of us, and of our dealings in Egypt », feci notare ch'essa era gratuita.

Sir Charles Dilke, confermando le mie parole, mi rispose che, non solo quella asserzione non aveva fondamento, ma che, sin dal 23 agosto scorso, il Foreign Office aveva in mano prove del contrario. E, colla sua somma cortesia, mi fece lettura di un rapporto indirizzato da sir Augustus Paget a lord Granville, in data di Napoli, 16 agosto scorso.

In quel rapporto l'ambasciatore d'Inghilterra a Roma, riferendosi ad un abboccamento che egli aveva avuto, il giorno precedente, con l'E. V., partecipava al suo governo come ella gli avesse dato le più precise assicurazioni della cordiale amicizia del governo italiano per l'Inghilterra.

L'E. V. avrebbe fatto sinceri voti per il successo della spedizione inglese ed avrebbe dichiarato che il governo inglese poteva fare assegnamento che l'Italia non avrebbe messo in campo difficoltà o fatto ostacolo all'azione dell'Inghilterra in Egitto.

Sir Charles Dilke soggiunse che l'E. V. si era espressa in termini analoghi a quelli di cui si era servito il governo germanico in una dichiarazione che esso aveva fatta all'Inghilterra qualche giorno prima; e mi fece notare che il rapporto di sir Augustus Paget era giunto a Londra il 23 agosto, cioè troppo tardi malauguratamente per poterne dare conoscenza al parlamento, come egli aveva fatto delle dichiarazioni della Germania. (Veggasi il rapporto politico di questa ambasciata in data del 16 agosto scorso) (1).

Egli si dolse meco di quel contrattempo che gli impedì di manifestare al Paese quale fosse l'atteggiamento del governo italiano, e di mettere così un argine, in ora opportuna, alle maligne insinuazioni dei giornali ed al maltalento di una parte dell'opinione pubblica.

Feci allora notare a sir Charles Dilke (parlando però in mio nome proprio e senza facoltà avutane), che egli potrebbe adesso cogliere una occasione per illuminare la pubblica opinione a quel riguardo. Ed egli, cortesemente, mi promise che alla riapertura del parlamento, nel mese di ottobre prossimo, farebbe alla Camera dei comuni, in acconcio momento, la dichiarazione che io gli aveva chiesta.

Non mancherò di rammentargli, a tempo debito, la sua promessa se l'E. V. non ha obiezione in contrario.

Ebbi l'onore di comunicare tutto ciò che precede all'E. V. col mio telegramma di ieri (2), soggiungendo che degli articoli sarebbero pubblicati al più presto possibile nel Daily News e nel Morning Post per rettificare le asserzioni del Times e mettere in rilievo il vero stato delle cose. Non osavo, però, ancora nulla sperare dal Times, giacché non era in mio arbitrio di poter comunicare a quel giornale quanto di sopra ho riferito.

Chiedo ora licenza all'E. V. di aggiungere che, nel primo articolo di fondo del Daily News di oggi (e non certo per opera mia, ma di persona autorevolissima) è comparso ciò che segue:

«Taluni giornali italiani sbraitano contro di noi, e quindi gli allarmisti dicono: è chiaro che il governo ed il popolo italiano sono già nemici nostri.

Ora non potrebbesi al mondo commettere uno sbaglio più grave che quello di pigliare le declamazioni di certi giornali italiani per le opinioni del governo italiano; ammenoché non si voglia, in riscontro, che gl'italiani prendano le apostrofi di certi giornali inglesi per la opinione del governo inglese. È fuor di dubbio che il governo italiano sia malcontento che si faccia supporre che egli sia geloso dei nostri successi in Egitto. Noi crediamo che, già in epoca relativamente lontana, il 15 di agosto, il governo italiano offrì ai ministri della Regina le più vive assicurazioni di benevolenza e di simpatia coi nostri disegni. E l'Italia fu una delle prime Potenze che si congratulò con noi delle nostre vittorie».

Dall'altro lato si legge nel Morning Post un articoletto (e questo è di mano del signor Roberto Stuart e per mio incarico) nel quale notasi il passaggio seguente: «Abbiamo motivo di credere che, contrariamente alle asserzioni del Times, sino dall'82 primo cominciamento delle ultime vicende della quistione egiziana, il governo italiano abbia agito ed agisca tuttavia nella maniera più amichevole verso l'Inghilterra».

Detto ciò, debbo ancora soggiungere che io ebbi, ieri sera, una lunga conversazione col direttore del Times con cui ho qualche rapporto di amicizia, da varii anni.

Egli convenne con me che l'asserzione contenuta nell'articolo del Times comparso il 14 di questo mese, non aveva fondamento di prove; ma mi avvertì che, cionondimeno, l'editore non avrebbe voluto, egli medesimo, disdirsi.

Mi consigliò, piuttosto, di far pubblicare nel Times una lettera per smentire le suddette asserzioni, firmata da qualche persona notevole od anche senza alcuna firma, ove io il volessi.

Comunque ciò sarà per essere, mi sembra, per ora, forse avere ottenuto, colle mie pratiche, che più non si pubblicheranno, nel Times, maligne insinuazioni contro il regio governo; mentre che, nello stesso tempo, la maggior parte dei giornali di Londra e delle provincie hanno già ripubblicato le parole del Daily News e del Morning Post, le quali non avranno, probabilmente, piccola influenza nella pubblica opinione.

(l) -T. 1590 del 18 settembre 1882, non pubblicato. (2) -T. 811 del 17 settembre 1882, non pubblicato. (l) -Non pubblicato . (2) -T. 1591/1058 del 17 settembre 1882, non pubblicato.
323

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1609. Londra, 20 settembre 1882, ore 10,42 (per. ore 14,30).

Granville vient de me dire qu'il est d'avis que la décision de la commission de délimitation doit etre exécutée par la Turquie et par la Grèce, et qu'il avait autorisé Dufferin à se mettre d'accord avec ses collègues à cet effet. Sa Seigneurie a ajouté que la proposition de la Russie rouvrirait une question qui pourrait devenir interminable.

324

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN

T. 824. Roma, 21 settembre 1882, ore 2,20.

Vos derniers télégrammes me prouvent que vous avez taché d'obtenir de

M. Duclerc une solution équitable de la question de principe sur la compétence des tribunaux militaires à Tunis, et qu'il se refuse admettre toute distinction entre territoire ennemi et territoire étranger, entre soldats français en service et hors du service, car lui suffit qu'on ait offensé d'une manière quelconque l'uniforme français. Je dois observer que c'est le fond mème de la question de principe. Or en présence du refus inflexible de

M. Duclerc, je ne tiens pas que cette question, soit, dès à présent, décidée ou transigée par l'établissement d'un modus vivendi. Nous pouvons la séparer tout-à-fait de l'incident Meschino qu'il est urgent de vider. Il suffira que par l'échange de notes projeté, les gouvernements s'accordent à déclarer que cette question reste ouverte et en état de discussion entre les deux Cabinets, sans qu'elle soit préjugée, ni dans l'un sens ni dans l'autre, par l'incident Meschino. Cette déclaration naturellement laisse à chacun des deux gouvernements le droit de maintenir ses propres convictions, exprimées jusqu'ici, sur l'étendue de compétence. Votre dernier télégramme (l) m'annonce que M. Duclerc est disposé à recevoir un mémoire italien en réponse et réfutation du mémoire consultati! de la commission française et qu'il le soumettra à l'examen de son comité du contentieux. Eh bien, c'est précisément accepter et réserver la discussion de cette question et la laisser ouverte, mème après l'incident Meschino. Je ne comprends dane comment il pourrait logiquement se réfuser à un simple échange de déclarations dans le sens sous énoncé. Pour le moment on peut ignorer quel sera le résultat final de cette discussion réservée, et rien n'empèche que M. Duclerc convaincu de son bon droit puisse espérer de le voir reconnu. En limitant dans de si modestes propositions votre demande, j'espère encore que vos efforts aboutiront et que ce malheureux incident sera épuisé. Quant à l'éloignement temporaire de Meschino de Tunis, vous n'accepterez jamais que cet éloignement nous soit demandé comme une condition de son élargissement. Mais pour faire connaitre à M. Duclerc toute l'amitié et délicatesse de nos sentiments vis-à-vis du gouvernement français, je vous envoyie une copie d'un télégramme que j'ai envoyé spontanéament à notre consul à Tunis pour provoquer cet éloignement volontaire de Meschino. Cette démarche donnera la mesure de notre esprit conciliant et de nos bons procédés. Le télégramme expédié à Tunis est le suivant. (Vedi telegramma spedito n. 818) (2).

(l) -T. 1606 del 20 settembre 1882. non pubblicato. (2) -Cfr. n. 318.
325

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TUGINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 3129. Berlino, 22 settembre 1882 (per. il 26).

Nella visita che ho fatto oggi al sottosegretario di Stato, questi mi ha annunciato che il Gabinetto di Berlino ha già autorizzato il rappresentante di Germania in Costantinopoli a prendere parte alle riunioni degli ambasciatori delle Potenze incaricati di ricercare un modo di soluzione definitiva della vertenza per la frontiera turco-greca.

*Codesta notizia mi è stata data in riconferma della recente comunicazione fatta all'E. V. da codesto incaricato d'affari di Germania, e della quale è cenno nel di lei telegramma del 20 corrente (2) *.

Il sotto-segretario di Stato faceva voti che i rappresentanti delle Potenze in Costantinopoli riuscissero nella ricerca di un accomodamento soddisfacente per le due parti contendenti. A quanto lasciava testé intendere qui il rappresentante della Sublime Porta, il governo ottomano si mostrerebbe ora animato da sentimenti assai concilianti per rispetto a tale vertenza. E dalle notizie pervenute a questo dipartimento degli Affari Esteri, pare pure che il ministro di Grecia in Parigi abbia assicurato essere il governo ellenico del pari pronto a far da parte sua prova di sentimenti non meno concilianti.

Dal canto suo, il governo tedesco è risoluto a mantenersi, anche per rispetto a codesta vertenza, nell'atteggiamento finora seguito per le cose, che riguardano in genere l'oriente. Ogni qual volta si convince che sopra un dato punto delle cose orientali le altre Potenze pervengono ad un accordo serio e positivo, il Gabinetto di Berlino non esita ad associarsi ad esse ed a cementare con la sua autorità siffatto accordo.

326

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, TERZAGHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 637. Madrid, 22 settembre 1882 (per. il 27).

Ho l'onore di trasmettere, qui unito, alla E. V. un brano del giornale La Unton organo della «Unione cattolica» (3) che rappresenta il partito alfonsista ultra-clericale. Il giornale pubblica i documenti più rilevanti concernenti lo svolgimento e direi quasi la storia del pellegrinaggio, che parte oggi per Roma. Il giornale tenta dimostrare il suo trionfo sui carlisti, abbandonati poco a poco dalla Curia romana nell'organamento della Romeria. In fatto i documenti della Curia pubblicati nel giornale, e il giornale stesso

ammettono la preoccupazione che nutrivano per il numero straordinario di pellegrini riuniti dal signor Nocedal e dalle giunte carliste; ma l'astensione dei carlisti ebbe per consequenza il numero esiguo della Romeria attuale, cioè una prova che la grande maggioranza di quella parte del popolo che è di sentimenti ultra-clericali nutre, nello stesso tempo sentimenti carlisti.

I documenti delucidano e confermano quanto ebbi l'onore di dar contezza all'E. V. nel rapporto in data del 18 agosto n. 626 (l) e altri susseguenti. Il nunzio monsignor Bianchi fu assente da Madrid per un lungo periodo di tempo durante lo svolgimento della Romeria da carlista e laica a ecclesiastica e alfonsista. Dicesi che non rimarrà bensì più a lungo a Madrid ma che è prossima pure la sua elevazione alla dignità cardinalizia; ciò proverebbe che la disapprovazione, d'altronde velata, per parte della Curia pel suo atteggiamento nella costituzione della Romeria fu più apparente che reale e espressa solamente allo scopo di evitare una lotta aperta col governo spagnuolo.

(l) -Ed., ad eccezione del brano tra asterischi, in LV 39, pp. 77-78. (2) -T. 820, non pubblicato. (3) -Non si pubblica.
327

IL CONSOLE GENERALE A TRIESTE, ANFORA, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

L. P. Trieste, 22 settembre 1882.

Acchiudo alcuni brani dell'Adria con la descrizione delle feste che abbiamo avute a Trieste (2). Tutto passò bene, grazie al cielo, non astante il cattivo tempo, l'incessante pioggia ed i criminali progetti, fortunatamente sventati. I sovrani ed i principi imperiali non possono lamentarsi dell'accoglienza che ebbero a Trieste. Alla stazione della ferrovia furono ricevuti con gran pompa ed acclamati da una immensa calca e così pure nel recarsi a visitare l'esposizione, dove ritornarono più volte. Il varo del nuovo piroscafo del Lloyd il «Medusa » riuscì felicissimo, la serata di gala al teatro Politeama brillante, e l'illuminazione splendida: merito del nostro Oltino. La sera stessa della illuminazione e dei fuochi fu pure offerta alle Loro Maestà ed ai principi una magnifica festa da ballo a bordo del piroscafo del Lloyd la «Berenice». L'amministrazione del Lloyd fece le cose proprio bene: trasformò la coperta di quel piroscafo in una elegante sala da ballo, riccamente addobbata ed illuminata a luce elettrica, e vi riunì la parte più eletta della società triestina per ricevere le coppie imperiali. Ma disgraziatamente, dopo molto attendere, giunse la contrariante notizia, che a causa del tempo, nessuno della famiglia imperiale sarebbe intervenuto. Fu un malumore generale e non mancarono mormorazioni e commenti; le signore specialmente erano irritatissime. Si crede generalmente che la vera ragione per cui non intervennero fu perché si temeva che potesse aver luogo qualche nuovo attentato, e per questa stessa ragione si suppone che venisse contromandata la festa popolare che doveva aver luogo

il giorno dopo sulle alture del Cacciatore. Il certo è che la sera del ballo pioveva, anzi diluviava, così che la scusa, se non fu vera, fu assai a proposito.

Il corpo consolare in questa circostanza è stato trattato con riguardi ai quali non era abituato. Fummo ricevuti per i primi e presentati tutti all'imperatore da S. E. il barone Pretis, ciò che eliminò la questione del decanato. Fu pure fatta distinzione tra i consoli di carriera e i consoli commercianti negli inviti a pranzi e nei posti che ci furono assegnati. Io fui invitato al primo pranzo con i colleghi inviati del mio grado e col barone Morpurgo, come console generale del Belgio, ma il primo posto fu dato a me, il secondo al console generale di Francia. S. M. l'Imperatore poi mi trattò con ispeciale benevolenza, tanto in occasione del ricevimento officiale, spero, ed i termini dell'autografo imperiale che acchiudo (1), danno motivo a sperarlo, è che la visita fatta a Trieste dall'Imperatore e dal suo primo ministro valgano a far rinunziare all'idea, che pareva prevalesse a Vienna dopo l'attentato del 2 agosto, di volere adottare qui misure di rigore alla chiusura dell'esposizione. Sarebbe un grave errore ed una grande ingiustizia. Le bombe scoperte a bordo del piroscafo del Lloyd ed a Ronchi e quella gettata qui provano ormai chiaramente che gli autori di questi scellerati attentati fanno parte di una combriccola dì pochi emigrati triestini i quali, sciolta l'irredenta, si sono trovati senza mezzi, senza appoggi e senza speranze, ed ai quali conviene perciò giuocare tutto per tutto. È naturale che questi siano scoperti, perseguitati e puniti, e a ciò mirano gli accordi presi tra i due governi, ma sarebbe un'ingiustizia voler rendere responsabile dei fatti di pochi birbanti un'intera cittadinanza ed una colonia estera, di cui non si è un individuo solo che figuri complicato nei fatti stessi. Ho ripetuto questo molte volte al luogotenente che incomincia ad essere assai meglio disposto verso di noi. Egli si è molto lodato oggi della cooperazione che prestano alla direzione di polizia di Trieste la direzione di pubblica sicurezza in Roma e le prefetture di Venezia ed Udine.

Non so se V. E. è stata informata di un nuovo affare di pesca che mi è venuto addosso? Si tratta di una nostra barca peschereccia aggredita a sassate dagli abitanti di Santa Croce: questi pretendevano che i chioggiotti erano in contravvenzione, gli altri asseriscono che erano fuori del miglio marittimo, ma dentro, o fuori, il fatto è che l'aggressione ebbe luo~to e che le sassate fecero effetto sul capo di un nostro marinaro che è rimasto più di venti giorni all'ospedale. Informato appena del fatto, diressi una nota energica alla luogotenenza che mi ha risposto, che gli aggressori sono stati denunciati al procuratore di Stato e che si procede contro di essi: mi consta infatti che nove furono arrestati. Allo stesso tempo ho raccomandato il ferito ad un avvocato che si incaricherà, quando abbia luogo il dibattimento, di farlo presentare pel risarcimento di danni e pregiudizii; sto pure difendendo il caso di un venditore girovago, preso in contravvenzione vendendo statuette di gesso, che fu punito con la multa e che si vorrebbe punire anche con lo sfratto ed ho un reclamo di certo signor Marcorzi, un corrispondente del Figaro, che fu arrestato a Isola, perché sprovvisto di recapiti; tenuto una notte in prigione a Capo d'Istria, e poi man

dato qui a Trieste dove fu constatata la sua identita e rilasciato. È certamente strano, che un corrispondente di giornale, che deve essere bene al corrente di quanto avviene, abbia pensato di venirsene proprio in quel momento a passeggiare in Austria, senza provvedersi d'un recapito qualunque, ma dall'altra parte non è giustificato l'estremo rigore usato verso di lui dall'autorità di Capo d'Istria, dal momento che non c'era contro di lui nessun fondato sospetto.

Manassero è ritornato dal suo congedo ed è partito in congedo l'altro vice console, Francisci, che farà ritorno a Trieste con una sposa. Il Manassero mi ha riferito, che aveva avuto il piacere di vedere V. E. e che avevano parlato dell'invio di cui io le aveva scritto. Trovo fondatissimo il motivo per cui non si credette di farlo. Mi raccomandò pure, in nome di V. E., di seguire il cam mino tracciatomi: non ne dubiti; lo seguo con piacere e con convinzione. Perdoni il disordine in cui è scritta questa lettera, e ne scusi la prolissità. Mia moglie si unisce a me per presentare all'E. V. ed alla gentile contessa...

P. S. -Quanto vorrei che Trieste fosse sulla strada che mena da Torino a Vienna.

(l) -Cfr. n. 272. (2) -Non pubbllcato.

(l) Non pubblicato.

328

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1528/1398. Londra, 23 settembre 1882 (per. il 28).

Col mio telegramma n. 1063 di questa mattina (l) io ebbi l'onore di partecipare all'E. V. il mio ritorno in Londra fino da ieri.

Quest'oggi mi recai al Foreign Office dove non incontrai che il sotto-segretario assistente, sir Julian Pauncefote, che io pregai d'informare del mio arrivo il conte Granville, che travasi a Walmer-Castle, e di chiedere per me al nobile lord un convegno il più tosto possibile.

Come lo telegrafai all'E. V., lord Tenterden morì improvvisamente ieri, mentre trovavasi in cam!lagna. Egli sarà rimpianto da coloro che lo conoscevano più intimamente. Sotto un'apparenza fredda e assai riservata, egli nascondeva un cuore eccellente ed io non ebbi che a lodarmi dei miei rapporti con lui, tanto più che conservava le migliori rimembranze per l'Italia che aveva abitata per qualche tempo e dove egli ritornava, di quando in quando, volentieri.

L'onorevole Gladstone e gli altri ministri sono quasi tutti assenti e non fanno una apparizione in Londra che in occasione della riunione del consiglio, che ha luogo secondo le esigenze del momento.

Tutti gli ambasciatori, ad eccezione di quello di Francia, e la maggior parte dei principali capi di missione sono parimenti assenti. L'ambasciatore di Francia, che io incontrai quest'oggi, si lamenta della invisibilità dei capi

del Foreign Office egli pretende che sir Charles Dilke si nasconde per non lasciarsi sfuggire i segreti del Gabinetto. Non parlo delle varie opinioni ed asserzioni emesse dai giornali, poiché, per la maggior parte esse sono semplici congetture. Ma vi si trova una notizia assai importante che ha· qualche apparenza di probabilità, ed è che, vista la insufficienza dell'attuale canale di Suez per il passaggio delle grosse navi e per il traffico che si aumenta ogni giorno, l'Inghilterra avrebbe l'intenzione di costrurre un secondo canale che dal Mediterraneo andrebbe a riggunge il porto di Suez.

Parlai con sir Julian Pauncefote delle intemperanze della stampa tanto in Inghilterra che in Italia, ma egli disse che non vi si attribuiva alcuna importanza e che ciò non faceva sviare i buoni sentimenti dell'Inghilterra riguardo all'Italia. Io so che l'onorevole Gladstone se ne era lamentato; ma egli era persuaso che le acerbità di alcuni nostri giornali contro l'Inghilterra non esprimevano i sentimenti dell'Italia in generale e tanto meno quelli del R. governo; sarebbe però opportuno di trovare mezzo di farla finita con quella guerra d'inchiostro che desta delle irritazioni reciproche e rende meno facili i buoni rapporti che importa di mantenere fra i due Paesi.

(l) T. 1619/1063 del 23 settembre 1882, non pubblicato.

329

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1624. Therapia, 24 settembre 1882, ore 7,10 (per. ore 19,15).

Aujourd'hui réunion des six représentants pour délibérer sur la proposition russe relative aux affaires de la Grèce, mais ministre de Grèce nous fit savoir qu'aujourd'hui il s'était entendu avec la Porte, sur la base de la remise immédiate, de la part de celle-ci, de tous les points en contestation, sauf à négocier plus tard des échanges amicaux. Là dessus nous ne sommes point entrés dans la question.

330

IL MINISTRO AD ATENE, CURTOPASSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1628. Atene, 25 settembre 1882, ore 15 (per. ore 18).

Par suite de l'entente directe suhvenue entre M. Konduriotis et Said-pacha, dont le comte Corti n'a pas certes manqué d'informer V. E. (1), ont a prévenu général Grivas de se tenir prèt à occuper les trois points jusqu'ici contestés, dès que le forces ottomanes les auront évacués. M. Trikupis m'a dit qu'il se réserve, après le fait accompli, de faire parvenir au gouvernement du Roi l'expression de la vive reconnaissance du Cabinet d'Athènes pour la puissante

coopération de l'Italie à l'aplanissement du différend. La commission hellénique, prévue par l'art. 9 de la convention du 24 mai, se trouve déjà ici prete à partir pour Larissa aussitòt après la remise des territoires en question.

(l) Cfr. n. 329.

331

IL CONSOLE GENERALE AD ALGERI, GARROU, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. l. Algeri, 25 settembre 1882 (per. il 30).

La recrudescenza delle agitazioni che irradiano da Tunisi rende forse opportuno di esaminare in questo momento lo stato dell'Algeria al punto di vista Jella politica internazionale.

Senza codesta persuasione non avventurerei trattarne prima d'avere acquistato, con congruo soggiorno, la maturità di appreziazione che permette risalire dagli effetti alle cause.

Sempre però è che, stando a ciò che è ostensibile, è di conforto di vedere che l'impegno con cui, come in ogni altro Paese francese, gli organi della pubblicità, anche di colore contrario, s'accordano a fomentare l'antagonismo nazionale contro di noi, non v'è sintomo che lo riveli radicato o solamente reale in questo Paese.

La numerosa colonia italiana che il lavoro e le industrie tengono disseminata in ogni punto dell'Algeria vi vive tranquilla, senza angarie e senza molestie, forse perché, aliena dalla politica, in niuna parte è abbastanza numerosa per far sorgere qui centri di esaltazione che per esagerazione di patriottismo sono causa efficiente di disordini altrove.

Gli antecedenti d'archivio mi rivelano che le appreziazioni che sottometto oggi a V. E. sono dissonanti relativamente a quelle che partivano di qui stesso or è un anno. Ma è da considerare che, nel parossismo di una sopra esaltazione abbastanza estesa, non era forse possibile sceverare allora, come lo si può oggi, le apparenze dalla realtà, sopratutto quando non si avevano altri elementi di giudizio che le appreziazioni altrui, e l'apparenza di disavvenenze personali.

A meno di avvenimenti che rischiarandomi, mi facciano più tardi mutare avviso, ciò che in fatto di movimento politico stimo oggi più degno dell'attenzione del governo di Sua Maestà è la tendenza spiccata, quanto accelerata, che porta gli italiani residenti in queste provincie a farsi iscrivere cittadini francesi.

Non ho ancora potuto, né la mancanza di dati certi mi permetteva forse, mai rimontare ad epoca più remota. Sempre però è che solo per le vie che per la legislazione locale, impostano l'intervento del consolato, non meno di 211 italiani sono divenuti francesi in Algeria negli ultimi due anni. Evidentemente è questo lo svolgimento naturale di provvedimenti che legittimamente prende ogni Stato che ha colonie.

L'interesse pubblico li fa assorbenti, e il privato basta secondarli sempreché (come pei nostri immigrati qui) trattasi di proletarii artigiani o industrianti.

Nondimeno, nell'insieme, più che ogni altra nazione la nostra sperimenta danni sensibili in questa posizione, e basterebbe a provarlo, il decadimento assoluto della pesca del corallo, divenuta oggi mai quasi al tutto industria francese.

Non è mio compito indagare se vi è, e quale possa essere il rimedio efficace a questo stato di cose. Era mio compito ricercarne le cause, e lo adempio manifestando l'intimo convincimento di star essa unicamente nell'inappuntabile egoismo che informa la legislazione della colonia.

332

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 2474. Therapia, 26 settembre 1882 (per. il 3 ottobre).

L'E. V. mi faceva l'onore di telegrafarmi il 20 del presente (2), codesto incaricato d'affari di Germania averle significato che questa ambasciata di Germania era stata autorizzata a prender parte alla riunione dei sei rappresentanti a Costantinopoli per gli affari della Grecia. Ed il barone di Hirschfeld veniva poco appresso a farmi analoga comunicazione. La riunione era indetta pel 24, senonché ci veniva poco innanzi annunziato, per messaggio del ministro di Grecia, avere questi stabilito un completo accordo il giorno istesso alla Sublime Porta sulla seguente base. La Turchia procederebbe senza indugio alla consegna alla Grecia di tutti i punti in conformità delle decisioni della commissione di delimitazione; la Grecia eseguirebbe dal suo canto tutte le stipulazioni che le sono imposte dalla convenzione; sarebbero le due parti per trattare indi di uno scambio di territori allo scopo di rendere la frontiera più conforme agli interessi dell'una e dell'altra. I sei rappresentanti non si radunavano quindi che pro forma, e non entravano nel merito della questione. Di che ebbi l'onore di dare poco appresso contezza telegrafica all'E. V. (3).

333

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1634/1064. Londra, 27 settembre 1882, ore 18,24 (per. ore 20,35).

J'arrive de Walmer-Castle où j'ai été invité par le comte Granville à qui, ainsi que V. E. m'en avait chargé (4), j'ai renouvelé les félicitations du gouvernement du Roi pour l'expédition d'Egypte dont le prompt succès évite de

sérieuses complications. Par suite des explications que je lui ai données, il m'a paru persuadé que notre refus momentané de concourir à cette expédition était parfaitement justifié. Il m'a rappelé que le pian de campagne suivi était conforme à celui que j'avais indiqué et qui du reste, dit-il, avait été préalablement fixé par l'état major anglais. Il agrée avec plaisir l'appui de V. E. dans la nouvelle phase qui va s'ouvrir pour la réorganisation de l'Egypte, mais en ce moment, dit-il, il ne peut rien dire, vu qu'il n'y a aucun projet arrété. Aussitòt qu'il y en aura, il en fera part à V. E. Il se bome à assurer une chose c'est que l'Angleterre ne veut ni le protectorat et encor.e moins la souveraineté de l'Egypte. Je lui ai dit que tandis que nous reconnaissons à l'Angleterre le droit d'avoir une position prépondérante en Egypte, l'Italie de son còté espérait en avoir une proportionnée à ses intéréts réels. Granville semble se préoccuper du contròle que les partisans de celui-ci et surtout la maison de Rotschild tàchent de maintenir par tous les moyens possibles, avec l'espoir d'obtenir en outre l'administration directe du domaine de l'Etat. Par contre les journaux les plus dévoués au ministère combattent vivement ce contròle qui ayant absorbé le gouvernement du Khedive, est considéré comme la cause déterminante de l'insurrection. Beaucoup pensent que l'établissement de tribunaux bien composés pour assurer une bonne justice, et la surveillance d'une commission de finance internationale suffiraient, outre les mesures d'ordre public, pour maintenir le fonctionnement régulier du gouvernement égyptien. Granville a été très réservé sur le mode de procéder pour l'acceptation des nouveaux arrangements à proposer pour l'Egypte. Il attend que le projet en soit formulé. J'ai saisi l'occasion de ma visite pour dissiper la fàcheuse impression produite par l'intempérance d'une partie de notre presse. Granville me semble convaincu que ce langage violent contre l'Angleterre n'exprime aucunement du Roi. Granville m'a dit avoir reçu à Walmer-Castle la visite de Bismarck fils. Ici on suppose qu'un rapprochement et une entente entre l'Allemagne et l'Angleterre existe. Ce serait donc entre Londres et Berlin qu'on élaborerait la solution de la question égyptienne.

(l) -Ed. in LV 39, p. 80. (2) -T. 820, non pubbl!cato. (3) -Cfr. n. 329. (4) -T. 823 del 21 settembre 1882, non pubblicato.
334

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

T. 838. Roma, 28 settembre 1882, ore 23,55.

Le gouvernement italien avait accepté en principe le projet de décret du Khedive pour les indemnités égyptiennes tel qu'il avait été formulé par le Foreign Office et communiqué à nous par l'entremise du représentant du Cabinet de Saint James à Rome. Notre acceptation avait été expressement donnée sous la condition que la commission internationale serait composée d'après les termes de ce projet, c'est à dire en accordant deux membres de la commission à l'Angleterre, à la France et à l'Italie, en proportion de la mesure des dommages bi'en plus considérables apportés aux sujets et aux propriétés italiennes. Nous avions en méme temps proposé dans la formule anglaise une petite modification et nous avions accepté un amendement proposé par la France. Depuis plus d'une semaine nous ignorons le cours ultérieur de cette négociation et maintenant on parle d'un nouveau projet de source égyptienne qui refuserait les deux vois à l'Italie et introduirait d'autres changements substantiels. Je prie V. E. de prendre les informations nécessaires pour me rens'eigner exactement sur l'état actuel des choses et veuillez insister vivement auprès du Cabinet de Saint James pour faire maintenir la première proposition en vue de la quelle seulement nous pourrions renoncer à la juridiction ordinaire des tribunaux mixtes (1).

335

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1652. Londra, 29 settembre 1882, ore 19,10 (per. ore 22).

Par lettre du 25 courant j'ai communiqué au Foreign Office les déterminations de V. E. relatives à la commission d'indemnités égyptiennes. J'ai vu aujord'hui Granville avant son départ pour son chàteau et je lui ai communiqué les observations contenues dans le dernier télégramme de V. E. (2) qui se refère à cette question. Il m'a dit qu'en effet le K'edive proposerait un nouveau décret, mais que le Foreign Office y faisait des objections et qu'il expédierait à Mafet, à ce sujet, un télégramme qu'il aurait communiqué. Granville a saisi cette occasion pour me préciser la promesse qu'i:l m'avait faite de communiquer à V. E. ses propositions relatives à l'organisation de l'Egypte. Il n'entend point qu'une telle communication soit exclusive à V. E., mais il se reserve d'en faire de semblable à d'autres Puissances, s'il le croit opportun.

336

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2479. Therapia, 29 settembre 1882 (per. il 5 ottobre).

Ieri ebbi l'onore di ricevere il telegramma (3) pel quale l'E. V. si compiaceva significarmi, secondo informazioni assai riservate, e indirizzate da Costantinopoli al governo francese, sarebbe stato conchiuso un trattato segreto fra l'Inghilterra e la Porta sulla base del protettorato inglese in Egitto mediante il pagamento di cinque milioni di lire sterline alla Porta; la notizia non incontrare molta credenza, però avessi a dirle quello che potrei saperne.

Io feci quanto diligenza potei per tenere l'E. V. informata giorno per giorno, direi quasi ora per ora, dei negoziati che seguirono fra questo ambasciatore

britannico e la Sublime Porta. M'allargai soprattutto sulla lunga seduta tenuta a palazzo il 15 del presente, la quale fu l'ultima, né approdò ad alcun risultato. Queste narrazioni non lasciavano luogo alla stipulazione d'alcun trattato segreto. E vedendo come tutta la stampa europea persistesse nell'errore, ne spiegai !"origine pel mio rapporto confidenziale del 18 corrente n. 1414 (1). Nel qual senso ebbi l'onore di rispondere ieri al telegramma dell'E. V. (2).

E iersera venne a mia conoscenza essere stati comunicati a palazzo dei progetti di liquidazione del tributo egiziano ad effettuarsi dal governo britannico, pei quali questo fornirebbe un capitale convenuto al governo ottomano ed assumerebbe i relativi obblighi verso i portatori dei titoli garantiti sul tributo stesso. Ma questi non sarebbero finora che progetti in aria, messi innanzi da gente d'affari, e non dai rispettivi governi. Né le presenti disposizioni di S. M. il Sultano sembrerebbero favorevoli alla acc-ettazione di proposte le quali tenderebbero senza dubbio a conferire al governo britannico una preponderanza sulle cose dell'Egitto che potrebbe in seguito prendere le proporzioni di vero protettorato. Ancora tre giorni sono S. M. emanava infatti un iradè pel quale ordinava che gli operai condotti in Egitto per conto del governo inglese fossero arrestati ai Dardanelli al loro ritorno, sebbene essi fossero stati impiegati col consenso della Sublime Porta e per mezzo di questi agenti di polizia; né dubito che siffatta misura sarà per produrre una penosa impressione in Inghilterra. Però io seguirò attentamente quei progetti di operazioni finanziarie, e di quanto sarà per venire a mia conoscenza avrò l'onore di dare pronto avviso all'E. V. Alla quale mi pregio di rinnovare, ecr

(l) Questo telegramma fu comunicato alle altre ambasciate con T. 839, pari data.

(2) Cfr. n. 334.

(3) Non pubblicato.

337

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, TERZAGHI. AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 640. Madrid, 29 settembre 1882 (per. il 4 ottobre).

Il giornale la Union organo del partito costituito dagli ultra clericali devoti a Don Alfonso, contiene nel suo numero di jeri a sera un telegramma in data del 27 corrente (11 ore di sera) inviato da Genova dal vescovo di Sigiienza e diretto al cardinale Moreno, arcivescovo di Toledo, del tenore seguente:

«Il pellegrinaggio toledano è giunto felicemente e senza difficoltà sino in Italia; però questa volta alcuni gruppi hanno dimostrato ostilità a vari pellegrini, dando così motivo ad una commissione numerosa della gioventù cattolica di Genova di presentarsi ai vescovi spagnuoli, per fare una protesta solenne di adesione alla causa della Chiesa, e assicurare che la popolazione sensata è aliena, la Dio mercé, da atti simili.

I vescovi spagnuoli gradirono la testimonianza di affetto della gioventù cattolica di Genova e ha benedetto i suoi degni rappresentanti ». Il vescovo di Sigiienza.

Mi pregio trasmettere, qui unito all'E. V. il brano del giornale l'Union (1) che dà contezza del telegramma, facendolo seguire da invettive violente contro l'Italia. L'Epoca organo dei conservatori-liberali, capitanato dal signor Canovas, pubblica il telegramma, ma senza commenti; giornali di questa mane che caddero sotto i miei occhi non ne fanno cenno sino ad ora.

Il telegramma e gli apprezzamenti del giornale che lo accompagnano confermano quanto ebbi l'onore di riferire all'E. V. con rapporto in data del 18 agosto :scorso n. 626 (2) di questa serie, e altri successivi, nei quali io esprimeva la tema che il pellegrinaggio, poco numeroso per l'astensione assoluta dei carlisti, ma ultra clericali e devoti, almeno in apparenza, a Don Alfonso, tenterebbero di creare imbarazzi al governo spagnuolo e di turbare le relazioni cordiali, che ora esistono tra l'Italia e la Spagna.

Sarò grato all'E. V. se vorra degnarsi di pormi in grado, se fossi interpellato, di stabilire, con conoscenza di causa, la verità dei fatti, che sarà evidentemente falsata ora e poi dai capi della Romeria.

(l) -Cfr. n. 317. (2) -T. 1637 del 28 settembre 1882, non pubblicato.
338

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. 843. Roma, 30 settembre 1882, ore 23,55.

Ministre de Grèce vient de me donner lecture d'un télégramme de son gouvernement d'après lequel chargé d'affaires de Turquie à Athènes aurait fait une deuxième déclaration peu conforme à la première, car, au lieu de consentir à l'évacuation de tous les points contestés de la frontière avec une simple réserve quant à l'un d'eux, il déclare qu'on évacuera les trois points, mais le quatrième ne sera évacué qu'en partie. Dans l'opinion du gouvernement hellénique cette modification annulerait l'accord intervenu entre les deux gouvernements. Celui-ci insiste par conséquent pour l'exécution complète de l'accord précédent. Veuillez vous renseigner sur les motifs de ce changement et employer vos bons offices pour éviter qu'une question déjà vidée en principe ne vienne renaitre ( 3) .

339

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, MALVANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (4)

L. P. Torino, 30 settembre 1882.

Soventi assai mi accade di pensare ai disertati affari ed a V. E. che in sé li accentra. Non mi è occorso però di concretare tale idea che meritasse di

22 -Documenti diplomatici -Serle II -Vol. XV-XVI

esserle sottoposta. La deficienza di nozioni esatte circa la presente situazione delle singole questioni, mi esporrebbe, del resto, ad avventati giudizi.

Oggi, però, mi si presenta la opportunità di ricordarmi alla sua benevolenza.

Il generale Robilant, come ella sa, sta villeggiando nelle vicinanze di Torino al pari di me: il Po divide la mia collina dal piano ove travasi la sua residenza del Longotto. Ho pensato di fargli visita ed ebbi con lui lunga conversazione, di cui mi sembra dover porgere cenno a V. E.

Il consenso del generale alla politica estera da lei ispirata e diretta è pi'eno ed incondizionato. La sua affermazione fu, a questo riguardo, ricisa assai, ed io credo che lo stesso linguaggio sia stato da lui tenuto con l'E. V. Il generale specialmente si compiace del nostro atteggigamento verso la vicina Monarchia, essendogli venuta da Galvagna la non sospetta attestazione che a Vienna sono molto contenti di noi. Il generale persiste, anche dopo il rapido successo delle armi inglesi, a stimare cauta ed avveduta la condotta tenuta dal governo italiano nelle cose egiziane. Bensì egli crede che, sopratutto in questo momento, l'Italia deve liberamente curarsi dei suoi speciali interessi in Egitto e delle peculiari esigenze della sua situazione. Il generale conosceva il concetto di V. E. che, concretato a Firenze nei colloquii con Sua Maestà e col generale Menabrea, fu poi consegnato nel telegramma di istruzioni spedito a Londra. Avendo io minutamente esposto al generale il tenore di quel telegramma, egli lo giudicò correttissimo e tale da non poter suscitare l'ombra di una obiezione, né a Vienna, né a Berlino. Forse già fu fatto; in ogni modo converrebbe, secondo il generale, che, ad evitare ogni meno esatta versione, i nostri rappresentanti a Vienna ed a Berlino avessero notizia precisa di quelle istruzioni, e fossero così posti in grado di darne spiegazione in tempo opportuno.

Le preoccupazioni del generale, secondoché V. E. se ne sarà accorta in occasione della sua gita a Torino, sono esclusivamente attinenti alla politica interna. Egli traduce il suo pensiero, a questo riguardo, in questa formala: che l'amicizia dei due Imperi non potrà esserci praticamente proficua se non quando quei due governi avranno acquistato il convincimento di averci consenzienti e cooperanti al loro programma essenzialmente conservativo. Non si tratta, dicevami, di Santa Alleanza, ma di un argine salutare contro certe tendenze che minacciano le basi, delle Monarchie non solo, ma della società stessa. Il generale, sempre in questo ordine di idee, annette molta importanza alle prossime elezioni e alla posizione che, rimpetto alle medesime, sarà presa dal governo.

Io ho creduto l'essere giusto interprete dal pensiero di lei sforzandomi di dimostrare che la politica interna professata dal presente Gabinetto è essenzialmente conservativa, nel legittimo significato del vocabolo. Il governo punto non si dissimula l'esistenza, anche in Italia, benché in minor grado, di sintomi minacciosi per l'ordine sociale, ed è risoluto a provvedere, con ogni mezzo più efficace, al rimedio. Il dissidio (se pure è dissidio, trattandosi di situazioni politicamente affatto dissimili) consiste solo nel metodo pratico che si voglia adottare per combattere il male. A Vienna e a Berlino potranno parere, od anche essere migliori, certi mezzi che in Italia farebbero pessima prova. Il convincimento del governo nostro si riassume in una fede sicura nella efficacia Jella legge, essendo esso risoluto a fare di questa una applicazione altrettanto ferma ed energica quanto scrupolosa e leale. Circa le elezioni, io dichiarai la mia incompetenza; non mi trattenni però dall'osservare che, per il raggiungimento dello scopo onesto cui mirasi, molto più gioverà, anziché l'utopia di fusioni equivoche e sospette, il franco appoggio alle candidature che seriamente si presentano con programmi saviamente liberali.

V. E. può ben immaginare quanto ha potuto essere detto, dall'una e dall'altra parte, circa questo tema. Mi parve che il generale riportasse buona impressione, segnatamente quando non mi peritai di affermare pienamente concorde, anche rispetto alla politica interna, la E. V. col presidente del Consiglio.

Poche persone ho visto dacché sono qui. Mi sono però persuaso che l'indirizzo politico attuale è in questo ambiente piemontese singolarmente pregiato.

(l) -Non si pubblica. (2) -Cfr. n. 272. (3) -La risposta è contenuta nel T. 1667 del 2 ottobre, non pubblicato. (4) -Da M.C.R., Carte Mancini.
340

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, MALVANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

L. P. Torino, ... (2).

La lettera di V. E. (3), a cui ne porgo i pm VIVI ringraziamenti, mi è pervenuta jeri appunto quando fui reduce da Belgirate, ove lasciai i signori Cairoli in ottima salute. Avevo creduto d'essere interprete del pensiero di lei, porgendo ad entrambi i complimenti di V. E., ed essi mi lasciarono la cura di contraccambiarli.

Coll'onorevole Cairoli poco si parlò di politica; ma quel tanto bastò a formarmi il più sicuro convincimento che l'atteggiamento suo sarà benevolo, segnatamente in quanto concerne la politica estera. Rispetto a questa il suo concetto dominante è questo: la politica del presente Gabinetto, quella di lei in ispecie, essere precisamente quella che stava già nei suoi intendimenti quando egli era ministro. Se pure in passato l'on. Cairoli aveva concepito alcuna ombra per mala interpretazione di parole da lei pronunciate alla Camera, essa si è ora interamente dileguata: su questo punto stimai di entrare in più minuti particolari che furono apprezzati. Del resto l'on. Cairoli starà in grande riserbo; vede il pericolo che certuni vogliono cercare di trarlo a sé per i loro fini, ed è ben risoluto a scansarlo. La signora non verrà a Roma; egli, l'on. Cairoli, verrà (dissemi) «il meno e il più brevemente possibile». Non so se V. E. avrà occasione di parlare in pubblico prima delle elezioni; se ciò avvenisse ritengo che sarebbe assai opportuno di mantener l'on. Cairoli nelle sue buone disposizioni con alcune parole amichevoli come, ad esempio, quelle che V. E. pronunciò a proposito dell'affare di Assab e che furono assai gradite.

L'on. Cairoli mi ha poi raccomandato il piccolo affare di decorazioni cui si riferisce racchiusa memoria (l).

A Torino, passando, rividi il generale di Robilant. Mi premeva di udire le sue impressioni dopo il discorso di Stradella. Mi affretto a soggiungere che tali impressioni furono ottime. Il generale che, l'altra volta ch'io lo vidi, era dubbioso ancora, sopratutto in quanto concerne l'indirizzo della politica interna, mi si mostrò, questa volta, pieno di fede. Trovò assai acconcie le parole riflettenti la politica estera, ripetendomi a più riprese che la Germania e l'Austria vogliono un'Italia amica, ma tale che non si accapigli a ogni pié sospinto con la Francia. Il generale le ha scritto circa il suo ritorno a Vienna, e le si dichiarò disposto, occorrendo, ad una gita a Roma; in ogni modo, e questa fu la sua conclusione, egli ritornerà a Vienna riconfortato e sicuro del fatto suo.

Col generale Robilant cadde il discorso sopra le notizie delle estradizioni chieste ci dall'Austria-Ungheria in relazione coi fatti di Trieste. Il generale, dopo che si fu lungamente trattato (beninteso in forma ipotetica, mancando ad entrambi i dati di fatto), ha concretato così il suo pensiero: «doversi fare né più né meno di quello che il nostro presente regime legislativo e convenzionale comporta; ogni concessione che al di là di questo limite si facesse avrebbe, agli occhi suoi, un duplice inconveniente: a) sarebbe contraria a quel programma di dignitosa fermezza che egli non tralascia di raccomandare rispetto all'Austria; b) potrebbe costituire un ostacolo alla adesione di quel nuovo regime in materia di reati politici che vuolsi assolutamente adottare.

Il generale mi ha anche accennato alla voce nuovamente corsa della sua destinazione a Parigi, che io credo non fondata, e rinnovò la espressione della più decisa ripugnanza.

Poiché, con la sua consueta bontà, V. E. mi conferma, mercé le sue cortesi parole relative al mio ritorno, la licenza accordatami vorrei approfittarne integralmente, anche per poter pigliar parte, se occorre, alla votazione di ballottaggio. Sarei quindi a Roma, ai cenni di lei, il 6 novembre.

(l) -Da M. C. R., Carte Mancini. (2) -Documento senza data. Presumibilmente dell'ottobre 1882.
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L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1669/1072. Londra, 2 ottobre 1882, ore 17,30 (per. ore 24).

Far mon télégramme n. 1064 (2) j'avais déjà informé V. E. que la question égyptienne se traitait en ce moment entre Londres et Berlin. Ici on approuve beaucoup le comte Granville de ce qu'il cherche un point d'appui en Allemagne pour mieux se soustraire aux exigences de la France. On trouve

UJ Non pubblicata.

d'ailleurs que jusqu'ici il a agi très habilement en parvenant à s'émanciper

de la France, voire méme de la Turquie. Sa manière de procéder est certainement concertée avec M. Gladstone et par suite avec le Cabinet; par conséquent il n'est pas à présumer qu'il la change. A ce qu'on assure le débat actuel entre l'Angleterre et la France git au sujet de l'abolition des capitulations en Tunisie. Ce que l'Angleterre accorderait sur ce point serait un abandon que la France ferait de ses prétentions en Egypte. Lorsque dernièrement je développais auprès de lord Granville mes meilleurs arguments pour lui prouver l'utilité d'une entente préalable avec V. E., il me répondit qu'il comptait sur le bienveillant concours du gouvernement du Roi, mais qu'il devait surtout s'adresser aux Cabinets qui lui étaient le moins favorables, afin de vaincre leur résistance. Ce matin j'ai vu l'ambassadeur d'Allemagne arrivé hier de chez lord Granville; il ne m'a pa caché qu'il y avait eu des pourparlers entre Londres et Berlin, en ajoutant que le prince de Bismarck désire que l'organisation de l'Egypte soit de nature à satisfaire tous les intéréts légitimes; assure en outre que jusqu'à présent il n'y a eu rien de concrète à cause des nombreuses questions à considérer; entre autres celle du canal. Granville lui a dit que ce n'est que vers la fin de ce mois qu'on serait à méme de formuler un projet; en ce moment on travaille ici au ministère des Finances pour se rendre compte de la condition financière de l'Egypte. L'ambassadeur d'Allemagne pense qu'on renoncera au controle du moins tel qu'il est constitué; d'abord p arce qu'il ne plait guère au Cabinet, ensuite parce que chaque jour l'hostilité contre cette institution devient plus grande. L'ambassadeur d'Allemagne m'a dit que puisque pour le moment il n'y a rien à faire ici, il part pour quelques jours pour chasser en Ecosse; de là il reviendra pour quelques jours, et repartira pour l'Allemagne. Le comte Granville est de nouveau à son chateau où je ne puis guère aller le voir sans avoir quelque communication importante à lui faire. Quant à M. Gladstone, il est également à son chateau où il ne reçoit guère; d'ailleurs Granville pourrait considérer comme peu correcte une démarche de ma part auprès de M. Gladstone et se l'avoir à mal. De telles démarches ne peuvent ici se faire que lorsqu'il y a dissentiment dans le Cabinet sur quelque question comme cela avait lieu pour Assab. De nouveau, en réponse au dernier télégramme de V. E. (1), je pense que dans l'état actuel des choses, vu la haute considération dont jouit V. E. auprès de Granville et de Gladstone, le mieux à faire est que V. E. m'adresse une lettre personnelle et confidentielle dans laquelle elle exposerait très succintement ses vues et ses désirs sur l'organisation égyptienne. V. E. m'autoriserait à envoyer confidentiellement à Granville une copie de cette lettre. Je suis persuadé, qu'en l'ayant en permanence sous les yeux, un tel document produirait sur l'esprit de Granville plus d'effit que de longues discussions, dont le souvenir s'efface. Comme il importe de gagner de temps cette lettre devrait m'étre télégraphiée sans retard.

(2) Cfr. n. 333.

(l) T. 847 del 1° ottobre 1882, non pubblicato.

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IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

L. P. Roma, 4 ottobre 1882.

Non ebbi tempo ieri di rispondere alla gentilissima lettera di V. E. (2), della quale le rendo le più sentite grazie. Non partirei il 10 se stessi bene. Ma sento di tanto in tanto dolori che m'inquietano. Starò assente solo per pochi giorni, e differirò l'operazione, ma ho bisogno di qualche punzione del chirurgo come misura di precauzione almeno così suppongo. Farò in modo che neppure si sappia nel pubblico che sono assente.

L'incaricato di Affari d'Inghilterra mi ha pregato di comunicarle le unite bozze di parte del Blue book che concerne l'Italia. Egli prega vengano restituite il più presto che a V. E. sarà possibile. Ho letto con attenzione quei documenti in cui non trovai indizii di inesattezze; ma come è naturale V. E. sola può verificare e fare le occorrenti correzioni.

Ho creduto di doverle telegrafare (2) la comunicazione fattami alla Consulta piuttosto seriamente dal Bacourt. Egli mi parve deciso a far conoscere recisamente a V. E.: 1°. che sin dopo il suo arrivo il presidente del Consiglio e

V. E. l'autorizzarono a affermare a Parigi che la quistione degli ambasciatori stava per essere sciolta senza indugio; 2° che l'annunzio non essendosi verificato non si presta più fede a Parigi alle spiegazioni affatto rassicuranti date dal Bacourt sul ritardo; 3° che si crede da molti a Parigi, senza che il ministero francese possa essere sicuro del contrario, che l'Italia si è risoluta a ritardare indefinitamente la nomina, per non ripudiare il programma ostile del signor .Crispi; 4° che il solo rimedio ad una situazione che ridiventa tale da inquietare l'opinione in Francia e renderla di nuovo malevola verso l'Italia, sarebbe la comunicazione confidenziale del Ressman al Duclerc delle positive risoluzioni nostre al riguardo.

Non tacerò a V. E. che il linguaggio misurato e cortese, ma chiaro, del Bacourt mi parve ispirato da un dispaccio ricevuto, e destinato a diventare argomento di un suo rapporto al proprio governo. Perciò evitai, con scrupolo anche maggiore del solito se possibile, di rispondergli altrimenti che nei termini riferiti nel mio telegramma a V. E.

Il ministro della Guerra c'invierà in giornata i documenti relativi alla questione delle decorazioni tedesche, e speriamo poterli acchiudere alla cassetta di stasera.

In quanto a Terzaghi si è ritenuto, in conformità dell'unito foglio, che

V. E. avesse già telegrafato a Terzaghi a Madrid.

(l) -Da M. C. R., Carte Mancini. (2) -Non pubbl!cata.
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IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

L. P. Roma, 5 ottobre 1882.

Ella è tanto indulgente verso di me che ardisco sottoporle il mio pensiero sul dispaccio dell'H settembre {2), che trovai scritto e spedito quando giunsi. Era ottimo se riusciva, ma l'insuccesso essendosi verificato, e non essendovi a mio parere nessuna probabilità che ci si ammetta mai ad una entente à trai bisogna considerar bene se ci convenga apparire avere accarezzato l'idea di una entente à trois e meno ancora una occupazione in tre. Io credo fermamente:

che anche quando fossimo ammessi ad una tale occupazione non ci converrebbe intervenirvi, perché potressimo soffrire più della Francia e dell'Inghilterra il danno dell'opposizione che vi farebbero, come già annunzia il Journal de S. Pétersbourg l'opposizione dei tre imperi; e perché, come le potrà spiegare il commendatore Giaccone, ogni solidarietà nostra, anche di intenzione, coll'impiego della forza finirebbe di rovinare la nostra influenza in Egitto;

che il nostro interesse in Egitto non è quello della Francia e dell'Inghilterra, bensì quello dell'Austria, unica base per noi di ristorazione della nostra influenza in Egitto; ella potrà sentire intorno a ciò forse pure il commendatore Giaccone;

che davanti anche al parlamento sia assai meglio dichiarare che la quistione non è abbastanza matura per la presentazione di documenti, anziché confessare un insuccesso per provare che s'è fatto qualche cosa.

Perciò ardisco sottoporle il dispaccio che secondo il mio subordinato parere non potrebbe se non farci del bene agli occhi di tutti.

P. S. ore 6 -L'ambasciatore di Russia è venuto a dirmi che ha ricevuto istruzione dal suo governo di esprimersi all'occasione nel senso che la quistione d'Egitto non potrebbe essere validamente sciolta se non colla partecipazione delle altre Potenze.

344

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, TERZAGHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 642. Madrid, 5 ottobre 1882 (per. il 10).

Ebbi oggi l'onore di presentarmi al marchese della Vega di ritorno da due giorni in Madrid dalla residenza reale di San Ildefonso. Mi accolse molto amichevolmente e espresse il rincrescimento di non aver incontrato alla Granja

il rappresentante d'Italia; risposi che sarei stato ben lieto di presentare 1 miei omaggi alle Loro Maestà ed al marchese della Vega a San Ildefonso ma che ne fui impedito dalla circostanza di essere il solo della legazione in Madrid.

Il marchese della Vega mi trattenne lungamente svolgendo le questioni più rilevanti che lo preoccupavano. Cominciò il suo dire ringraziando il governo italiano per la simpatia che dimostra alla Spagna e per i buoni ufficii in suo favore; mi tesse la storia dell'atteggiamento della Spagna verso altre Potenze nelle faccende egiziane. Mi ricordò che l'Italia rispose verso la metà di agosto (rapporto n. 625 in data del 15 agosto) (l) alla richiesta dell3: Spagna di prender parte alla petizione collettiva del canale di Suez in modo molto favorevole, soggiungendo giustamente che la dignità dei due Sultani non permetteva esporsi ad un insuccesso e che era necessario di conoscere gli intendimenti delle altre Potenze. Il ministro di Stato mi ripeteva così esattamente la dichiarazione del R. governo della quale diedi conoscenza al marchese della Vega per istruzioni impartitemi addì 13 agosto dall'E. V. (2). Il ministro di Stato continuò il suo discorso affermando che il governo italiano in principio di settembre si rivolse al governo spagnuolo chiedendogli se desiderasse che si facesse ben tosto la proposta ufficiale e ciò in considerazione che le grandi Potenze avevano risposto confidenzialmente accettando la partecipazione della Spagna alla questione relativa al canale di Suez; che il governo spagnuolo aveva risposto lasciando all'Italia la scelta del momento opportuno. Il ministro mi confermava cosi quanto mi aveva assicurato il signor Mendez Vigo cioè che il telegramma che dava questa notizia era diretto al marchese della Vega a San Ildefonso dal signor del Mazo dopo una conferenza che avrebbe avuto luogo, salvo errore in Torino, telegramma del quale io dava contezza senza commenti con rapporto in data del 13 settembre serie politica

n. 632 (l). Il marchese della Vega soggiunse con linguaggio alquanto vivace ma che mi sembrava lasciar intravedere un sentimento di disillusione che purtroppo (sic) l'Inghilterra sino ad ora seppe essere padrona della situazione eludendo i buoni intendimenti di talune Potenze un po' eziandio per colpa della loro indecisione e degli interessi diversi e più rilevanti per le une e per le altre.

Quantunque io sospettassi, dalla conoscenza personale antica del ministro di S. M. Cattolica in Roma e dalla totalità delle contingenze, che forse il ministro di Spagna, d'altronde con buon intendimento, dipingesse con colori un po' più vivi della realtà gli sforzi che l'Italia era disposta di prendersi in favore della Spagna è superfluo dichiari che non lasciai intravedere questo sospetto né con una parola né con un gesto.

Il marchese della Vega però sulla fine del suo discorso lagnandosi dell'atteggiamento non favorevole alla Spagna della Gran Bretagna anche nelle questioni del trattato di commercio e del contrabando in Gibilterra, non credetti prudente, precisamente in conseguenza del linguaggio amichevolissimo che tenne meco durante il lungo colloquio, di serbare un silenzio assoluto che

sarebbe forse stato interpretato come un'approvazione interna. Con forma che stentai di rendere la più amichevole che sia possibile e affermando che l'Italia è amica vera e sincera della Spagna gli risposi che mi permetteva di osservare, ben inteso come apprezzamento esclusivamente personale, che forse sarebbe nell'interesse della Spagna di non urtare troppo direttamente la Gran Bretagna, le proposte, se non assolutamente accettabili almeno discutibili comunicate dal signor Morier relativamente al trattato di commercio e come conseguenza la promessa di fare ogni sforzo per reprimere il contrabando molto nocivo alla Spagna nel territorio e nelle acque territoriali di Gibilterra (rapporto commerciale n. 338 in data del 22 settembre) (l) furono, come il marchese della Vega stesso mi confermava, respinte quasi senza discussione. Forse la Spagna con un atteggiamento almeno nella forma più arrendevole potrebbe rendere la Gran Bretagna più favorevole in altre questioni rilevanti la costa mediterranea dell'Africa e Gibilterra.

Dissi finalmente che sembravami minor male non avendo altra scelta la divisione dell'influenza sulla costa africana del Mediterraneo tra due o più Potenze, che diventerebbero probabilmente bentosto rivali, che il predominio quasi assoluto di una sola. Il marchese della Vega non si oppose al mio ragionamento anzi lo approvò in gran parte ma mi addusse che la difficoltà quasi insuperabile di accludere un trattato di commercio con Inghilterra è di far accettare ai catalani una diminuzione notevole dei dazii per le merci inglesi, che sarebbero a lor dire, la rovina intiera della loro industria; disordini gravi accaddero già in Catalogna per la conclusione del trattato colla Francia; ben più violenta resistenza si farebbe in Catalogna ad un trattato che desse all'Inghilterra il trattamento della nazione più favorita, e, giusta quanto affermava, senza errare, il ministro di Stato, la Gran Bretagna fa dipendere tutte le altre questioni dalla conclusione del trattato di commercio.

Spero che il linguaggio da me tenuto in sì delicato argomento possa ottenere l'alta approvazione dell'E. V. e la...

(l) -Da M. C. R., Carte Mancini. (2) -Non pubbllcato. (l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 262.
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L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1699/1079. Londra, 9 ottobre 1882, ore 17,30 (per. ore 20,30).

D'après des informations que j'ai recuillies et que je crois fondées, voici quel serait en ce moment l'état actuel des choses relativament à la réorganisation de l'Egypte. Le ministère anglais se trouve en présence de nombreuses difficultés qu'il tache de résoudre une à une avant de formuler un projet qui aìt la chance de réunir l'assentiment des Puissances. Le canal de Suez, l'organisation financière, l'occupation provisoire de l'Egypte par un corps d'armée anglais sont en elles mèmes des questions très compliquées, mais

un des obstacles principaux à surmonter consiste dans la prétention qu'a la France de maintenir sa position précédente en Egypte. Or en Angleterre on ne veut absolument plus de dualisme anglo-français. L'opinion dans tous les partis se prononce chaque jour d'une manière plus énergique contre ce système, et le ministère compromettrait sérieusement sa position s'il cédait sur ce point; aussi on considère le contròle à deux comme condamné; on donnerait quelques unes de ces attributions à la commission de la dette publique, comme V. E. l'a indiqué dans son télégramme du 21 septembre (l) qui contient ses instructions. Ici on parait disposé à satisfaire la France par l'abolition des capitulations à Tunis, en organisant toutefois les tribunaux de manière à assurer leur intégrité, et leur indépendance. D'autre part on ne semble vouloir rénoncer à aucun des avantages commerciaux qu'assurent les traltés; puisque l'Angleterre à elle seule a entrepris et achevé l'expédition, elle veut en profiter pour s'affranchir. J'ai entendu dire qu'on regrette cependant que nous n'y ayons pas pris part non pas au point de vue militaire, mais parce que cela nous aurait créé des droits supérieurs à ceux de la France; ce qui aurait aidé à se débarrasser des prétentions de cette Puissance. Au Foreign Office on ne peut rien savoir, les ministres eux-mémes sont très reservés. M. Gladstone àans un récent discours s'est abstenu à l'égard de l'Egypte; maintenant il est en E cosse où probablement il n'en dira pas davantage. Granville est à son chateau à deux heures et demi de chemin de fer de Londres et ne vient que rarement ici; enfin on m'assure que les ministres ne sont tellement silencieux que parce qu'ils n'ont encore rien de bien arrété dans leurs projets. Le Parlement se réunit le 16 courant, mais devant la Chambre des communes on ne portera que la question du règlement intérieur. Il y aura bien d'interpellations dont le ministère se débarrassera. Granville me disait espérer que la Chambre des lords se prorogerait immédiatement jusqu'à l'année prochaine. V. E. est déjà informé qu'un délégué de la Grèce fera partie de la commission des indemnités. La Belgique et la Hollande ont été informées qu'il y aura dans cette méme commission un délégué pour représenter leurs intéréts et ceux des autres Puissances secondaires.

(l) Non pubblicato.

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L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (2)

L. P. CONFIDENZIALE. Parigi, 10 ottobre 1882.

Inviai iersera all'E. V. per mezzo della posta i numeri dell'Intransigeant, del National, del Soir e del Siècle ch'ella volle domandarmi col suo telegramma (3) e che contengono articoli sulla eventuale nomina del cavalier Nigra ad ambasciatore in Francia.

I miei noti ed invariabili sentimenti di profonda stima e di amicizia pel cavalier Nigra mi rendono difficile di dire senza nessuna reticenza sia pur anche al migliore, al più oculato e più indipendente dei ministri tutto ciò ch'io so e penso circa le origini della non meno sleale che sciocca guerra che qualche basso interesse individuale tenta e ritenta d'accendere, ma che nel fatto è deplorata e riprovata da tutta la parte sana dell'opinione pubblica. Parmi d'altronde che venga sufficiente luce sull'origine e sullo scopo vero di quei tentativi dalla circostanza in ispecie ch'essi si produssero cosi svergognatamente violenti appena nelle ultime settimane, mentre nello scorso aprile, quando dopo il mio ritorno a Parigi si diffondeva qui la notizia della nomina imminente del cavalier Nigra, vi fu più plauso che silenzio, e disapprovazione niuna. La tattica stessa che si tentò d'usare è edificante: siccome l'argomento dei legami coi bonapartisti più non regge, si mise addirittura sulle spalle di Nigra l'invasione prussiana.

Ignoro se simili strane arti e tali colpi da ciechi producano qualche effetto in Italia: qui la gente sensata ne ride e la qualità stessa dei pochi giornali in cui il sordido intrigo trovò un campo illumina tutti. Farebbe una eccezione il Siècle se non si fosse anche là conosciuta la mano che diede la spinta e che fu mano d'una donna.

In conversazioni puramente private già da più tempo e un pajo di volte il signor Duclerc toccò meco alla questione degli ambasciatori. Quanto vivamente il governo francese desideri il ristabilimento di rapporti pienamente regolari era d'altronde già allora ed è ogni giorno più manifesto dai continm suggerimenti di tutta la stampa ufficiosa. Il signor Duclerc mi disse che comprendeva l'indugio di V. E. parendogli naturale che per provvedere in modo definitivo a questo posto il R. Governo volesse attendere il risultato delle elezioni; ma dichiarò ad un tempo che per parte sua egli sarebbe in ogni istante pronto a designare il proprio ambasciatore, ove noi volessimo annunziargli la nostra scelta, la cosa dovendo farsi ad un solo tratto dai due lati. Ed aggiunse che per parte sua egli non prenderà un uomo politico, affinché non siano da temersi legami di partito che a noi potrebbero spiacere. Il suo ambasciatore sarebbe preso nei ranghi della carriera diplomatica, ed anzi egli appena esiterebbe tra più di due nomi.

«Noi accetteremo con premura qualunque uomo che dal vostro lato potrà essere proposto per Parigi, disse poi il signor Duclerc, salvo uno solo, di cui indovinate il nome ».

-Forse, risposi: ma preferirei udirlo da voi, anziché doverlo indovinare. «Crispi. L'uomo che preferirei, perché è amico di ottimi e vecchi amici miei e perché so che conosce ed ama il Paese, è quello stesso che preferireste voi pure». -Anche questa volta, replicai, non vorrei dover indovinare da me. Fate allusione al cavalier Nigra? <<Sì, io personalmente gradirei molto la sua scelta. Ma badate che parlo per me solo, poiché ignoro finora le disposizioni de' miei colleghi e quella del presidente della Repubblica».

Qualche tempo dopo questo colloquio che nulla aveva di ufficiale, il signor Mollard, introduttore degli ambasciatori e intimo all'Elysée spontaneamente mi disse che M. de Bacourt aveva annunziata l'intenzione del nostro governo di mandar qui il cavalier Nigra e che il presidente della Repubblica non meno che il signor Duclerc si mostravano favorevolissimi a questa scelta.

Ieri finalmente, il capo del Gabinetto del signor Duclerc, il signor LarocheVernet mi fece un nuovo discorso sulla questione degli ambasciatori e mi scongiurò di far comprendere costi che non bisognava attribuire risponsabilità veruna al governo negli articoli d'alcuni giornali sui quali esso non aveva ombra d'influenza né diretta, né indiretta. «Credetemi, aggiungeva il signor Laroche-Vernet che pure conosco da più anni, colla nomina degli ambasciatori soltanto il passo decisivo verso l'accordo e verso la soluzione di talune difficoltà potrà essere fatto. Non temete ostacoli per ragion di persone: che il vostro governo ci notifichi la sua scelta e sarete soddisfatto di noi».

Ho stimato necessario di riferire intanto tutto ciò all'E. V., affinché ella conosca ogni parola che, senz'essere da me provocata, fu qui udita da me presso il ministero degli Affari esteri.

Sebbene il colloquio del generale Cialdini con un reporter del Petit Lyonnais già fosse riferito in uno dei numeri del Soir che le inviai ieri, accludo qui un foglio della Gazette du Soir che lo riproduce (1).

(l) -T. 823, non pubbl!cato. (2) -Da M.C.R., Carte Mancini. (3) -T. 857 dell'8 ottobre 1882, non pubbl!cato.
347

IL MINISTRO AD ATENE, CURTOPASSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1712. Atene, 12 ottobre 1882, ore 15 (per. ore 18,40).

La communication écrite du chargé d'affaires de Turquie porte que, d'après l'entente établie entre la Sublime Porte et M. Kondouriotis, les quatre points en litige seront bientòt livrés à la Grèce, suivant le tracé de la commission de délimitation, si ce n'est que le Divan fait la réserve de soumettre à une commission turco-grecque une rectification de territoire dans le district de Kalamaki. Le Cabinet d'Athènes a déjà répondu et aussi par écrit, qu'il prend acte des déclarations du gouvernement ottoman, et qu'il entend étendre à toute la nouvelle frontière cette rectification dans un but d'utilité réciproque. Les commissaires techniques grecs sont nommés et ils n'attendent pour partir que la nouvelle de l'arrivée de leurs collègues ottomans à Salonique. Les représentants helléniques seront chargés de porter à la connaissance des six Cabinets la communication turque et la réponse de M. Trikupis.

(l) Non pubblicato.

348

IL REGGENTE LA DIREZIONE GENERALE PUBBLICA SICUREZZA DEL MINISTERO DELL'INTERNO, BOLIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

N. R. 7077. Roma, 12 ottobre 1882.

Il prefetto di Genova assicura non risultargli affatto che in quella città vi siano state dimostrazioni ostili ai pellegrini spagnuoli. Soltanto alcuni ragazzi, che per curiosità seguivano quei pellegrini, emisero qualche fischio, ma si diedero tosto alla fuga essendo comparsi sul luogo agenti di pubblica sicurezza.

Nota poi lo stesso prefetto che la cosa passò affatto inosservata. Tanto mi pregio partecipare all'E. V. restituendo il rapporto comunicatomi col foglio a margine distinto (l).

349

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1720. Vienna, 14 ottobre 1882, ore 15 (per. ore 19,15)

L'ambassadeur d'Angleterre a communiqué hier au comte Kalnoky proposition de déclaration par laquelle le règlement des indemnités égyptiennes est réservé à une commission internationale à instituer ad hoc. Kalnoky a adhéré à cette proposition sans préjudice de la question relative à la composition de la commission et de celles de détail. Il a aussitòt télégraphié à l'agent d'Autriche-Hongrie au Caire de faire part de cette adhésion dans les memes termes au gouvernement égyptien afin de prévenir toute saisie des réclamations par les tribunaux ordinaires qui doivent rentrer demain en fonctions.

350

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GALVAGNA

T. 869. Roma, 14 ottobre 1882, ore 23,55.

Kalnoky vous a fait entendre que le gouvernement d'Autriche-Hongrie serait disposé à adhérer à la suppression des capitulations à Tunis en considération de l'assentiment donné par le Cabinet français à leur abolition en Bosnie. Veuillez appeler l'attention du comte Kalnoky sur la profonde diffé

rence qui passe entre l'état juridique de la Bosnie confiée par un traité européen à l'administration complète et à la responsabilité du gouvernement austrohongrois où l'Italie la première s'empressa de suspendre les capitulations et

l'état de la régence de Tunis où le seui titre de la France est le traité du Bardo. Ce traité laisse subsister le gouvernement du Bey, les institutions et les tribunaux consulaires, et en outre réserve expressément et méme garantit vis-à-vis des autres Puissances le maintien de toutes les conventions internationales existantes. Il a fallu récourir à notre parlement pour faire voter une loi qui a suspendu et méme seulement en partie et pour un délai déterminé les capitulations en Egypte en substituant aux juridictions consulaires la garantie des tribunaux mixtes composés de juges choisis par les différents gouvernements européens. Jusqu'ici le gouvernement français ne nous a adressé aucune proposition d'abolir, ni méme de modifier les capitulations à Tunis, ni d'y substituer des tribunaux mixtes. On comprend qu'il cherche auparavant de s'assurer sans retard le consentement des autres Cabinets pour s'adresser en dernier lieu à l'Italie et faire pression sur elle après l'avoir isolée. Ce système fait ressortir le grand intérét du [gouvernement] Roi à ne pas !aisser préjuger une question qui au besoin devrait étre discutée préalablement entre les différentes Puissances pour aboutir à une conclusion uniforme, s'il est possible. Les rapports qui lient l'Italie au Cabinet de Vienne nous autorisent à compter que celui-ci ne voudra pas se désintéresser trop facilement d'une question d'intérét commun donnant son assentiment avant de connaitre si toutes les autres Puissances n'ont pas d'objections, et aussi quelles seraient !es juridictions internationales que le gouvernement français se proposerait de créer à Tunis. Veuillez prier vivement le comte Kalnoky à prendre en sérieuse considération notre démarche et à nous assurer que dans cette question très délicate et importante le gouvernement du Roi animé d'esprit de conciliation, mais obligé à pourvoir à la défense de ses droits, pourra compter sur l'appui amicai et efficace du Cabinet impérial.

(l) Si tratta di un dispaccio del 9 ottobre, non pubblicato, con cui veniva comunicato al ministro dell'Interno 11 n. 337.

351

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TUGINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3137. Berlino, 14 ottobre 1882 (per. il 23).

Il discorso testé pronunciato a Stradella da S. E. il presidente del Consiglio produsse qui ottima impressione. La stampa tedesca e specialmente i giornali liberali, hanno apprezzato gli intendimenti pacifici del governo del Re per rispetto alle cose della politica estera. I giornali ufficiosi si sono accontentati di riferire l'ottimo effetto prodotto dalle parole di S. E. senza aggiungere alcuna considerazione. Soltanto la Norddeutsche Allgemeine Zeitung citando il Pester Lloyd, che aveva notato in quel discorso una lacuna per non essersi fatto cenno delle mene irredentiste, aggiunge che siffatta lacuna sarebbe stata oggi ricolmata coi fatti della polizia italiana, in seguito all'arresto di Demetrio Ragusa, complice dell'autore dei recenti tumulti di Trieste.

Nella visita che feci giorni sono al sotto-segretario di Stato, cercai di conoscere quale impressione avesse fatta su questo governo la parte di quel discorso, ove si accenna alle relazioni dell'Italia con gli Stati dell'Europa centrale. Il signor Busch si mostrò compiaciuto delle parole dell'on. presidente del Consiglio, le quali erano state qui favorevolmente giudicate.

352

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 1752. Vienna, 14 ottobre 1882 (per. il 17).

Domandai giorni sono a questo ministro degli Affari Esteri se, come m'era stato riferito, gli fosse stata fatta da quest'ambasciata di Francia una comunicazione relativa all'abolizione delle capitolazioni in Tunisia. S. E., dopo avermi confermata la notizia, mi disse che per l'Austria-Ungheria la questione non poteva essere ovvia. La Francia si trova a Tunisi in una situazione che ha una certa analogia con l'occupazione della Bosnia ed Erzegovina. Allorquando il governo imperiale prese l'anno scorso la risoluzione di sopprimere le capitolazioni nelle provincie occupate, il Gabinetto francese vi diede la sua adesione. Alla sua volta il Gabinetto di Vienna non può rifiutare il suo consenso al governo della repubblica per l'abolizione delle capitolazioni in Tunisia. Del resto, anche prescindendo da questo precedente che vincola il governo imperiale, il conte Kalnoky è d'avviso che, se le capitolazioni furono stabilite nei Paesi musulmani per la protezione dei sudditi esteri contro i soprusi delle autorità e dei tribunali locali, non vi sia più motivo di mantenerle in vigore allorquando venga introdotta nel Paese un'amministrazione che offra le dovute garanzie d'integrità e di giustizia.

Un rapporto diretto di recente dall'agenzia austro-ungarica a Tunisi dipinge sotto i più foschi colori la situazione di quella provincia sì dal lato amministrativo che giudiziario; soggiunge le colonie estere anelano ad una radicale riforma nell'amministrazione della giustizia, e conchiude col dire che qualsiasi tribunale venga colà istituito sarà sempre migliore del sistema che attualmente esiste. Il Gabinetto di Vienna darà quindi la sua adesione all'abolizione delle capitolazioni in Tunisia quando siano colà stabiliti dei tribunali regolari.

Confermando così il mio telegramma dell'll corrente (2).

(1) -Ed. in LV 43, pp. 3-4, con data 13 ottobre. (2) -T. 1708, non pubblicato.
353

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1753. Vienna, 14 ottobre 1882 (per. il 19).

L'ultima volta che ebbi l'onore di conferire con questo ministro degli Affari Esteri, or son tre giorni, egli dicevami di nulla sapere ancora sui progetti del governo inglese riguardo all'Egitto. Quello che dalle varie dichiarazioni fatte potevasi già ritenere come certo è che il Gabinetto di Londra non intende portare alcun fondamentale mutamento alle attuali condizioni politiche dell'Egitto, quindi né annessione all'Inghilterra, né emancipazione dalla sovranità del Sultano. Su due questioni principalissime si concentrerà verosimilmente l'attenzione degli uomini di Stato inglesi, la riorganizzazione, cioè, dell'esercito egiziano, ed il controllo generale. Per la prima, il Gabinetto di Londra potrà agire da solo, ma per l'altra è probabile che esso vorrà anzitutto procedere ad uno scambio d'idee con la Francia che finora ha diviso con l'Inghilterra gli onori di quella istituzione; e quando queste due Potenze si saranno poste in un modo qualsiasi d'accordo sulla sorte futura del controllo generale il relativo progetto sarà presentato al giudizio degli altri Gabinetti.

Tale è il modo di vedere espostomi giorni sono dal conte Kalnoky, il quale, conversando oggi sullo stesso argomento con un collega, ebbe a dire resultargli che nessuna decisione sarebbe stata per anco presa dal governo inglese, e che solo al 20 del corrente mese si aprirebbero in seno al consiglio dei ministri l'esame e la discussione delle riforme da proporsi; non potersi quindi attendere una comunicazione in proposito prima della fine di questo mese.

354

IL MINISTRO A BRUXELLES, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 61. Bruxelles, 15 ottobre 1882 (per. il 22).

La questione del Congo non solo continua a essere qui all'ordine del giorno, ma ingigantisce, *ed irrita a un sommo grado il sentimento pubblico contro le decisioni che il governo francese pare disposto a prendere.

Infatti, * il conflitto insorto fra i due esploratori Stanley e Brazzà ha assunto un vero aspetto internazionale che appassiona gli animi in Francia e nel Belgio.

È nota l'origine della divergenza che ora viene designata col nome di conflitto Stanley-Brazzà, *ma che, forse, domani potrà prendere il nome di due nazioni*.

Il vero atto politico compiuto dal signor Brazzà colla presa di possesso di un territorio in nome della Francia, ha già avuto per primo effetto di recare una grave iattura allo stabilimento delle stazioni * di carattere puramente commerciale ed internazionale che forma il programma • dell'associazione africana di Bruxelles.

Prima di addentrarmi in ulteriori considerazioni, non sarà senza interesse per V. E. il trovare qui un riepilogo dei fatti.

Nel suo maraviglioso viaggio dall'Oceano Indiano all'Atlantico attraverso l'Africa intera, lo Stanley, con la scoperta del Congo, ebbe a convincersi che quel fiume immenso era destinato a divenire la più importante arteria commerciale dell'Africa centrale.

Al suo ritorno in Europa l'ardito esploratore venne a Bruxelles, per mettersi in rapporto coll'associazione internazionale africana, qui costituita sotto l'alto patronato del Re dei belgi. Detta associazione affidò allora allo Stanley, che l'accettò, la missione di cercare d'aprire alla civiltà ed al commercio la grande via del Congo verso l'Africa equatoriale. Dopo tre anni di colossale lavoro, lo Stanley è in questi giorni tornato a Bruxelles, ed in verità ben può l'associazione africana andar superba dei risultati ottenuti.

Non è compito mio narrare gli enormi ostacoli incontrati sulla porzione del Congo ove la navigazione è resa difficile da numerose cataratte per una distanza di 220 chilometri, dalla foce del fiume sino al lago, cui Stanley diede il proprio nome. Ma non debbo mancare di qui ricordare che da questo punto il Congo diviene navigabile per una distesa di 8000 chilometri, e che lo illustre viaggiatore riesci a fondarvi non meno di cinque stazioni. Cioè, tre fra la costa e Stanley Pool; una quarta sul lago medesimo, chiamata Leopoldville, in onore di S. M. il Re dei belgi, e l'ultima al di là del lago. Sulle parti del Congo inferiore comprese tra le cataratte, egli introdusse battelli a vapore, e lungo il fiume stesso riesci con mille sforzi a costruire una strada. Se non che, giunto al lago che porta il suo nome, lo Stanley vi trovò il Brazzà già stabilito prima di lui.

Da più anni il Brazzà esplorava la regione dell'Ogoonè, * che è un fiume più al nord del Congo*. Grazie alle scoperte dello Stanley, potè seguire il corso di piccoli fiumi che affluivano al Congo, e, rientrato in Francia, ricevette a sua volta la missione di farsi strada dall'Ogoonè al Congo e eli crearvi delle stazioni. *Ma ciò che oggi si cerca a nascondere e a dissimulare è appunto l'origine di siffatta missione*. È degno di attenzione che al Brazzà l'incarico fu dato dal comitato francese dell'associazione internazionale stessa, poiché è noto che la direzione centrale di detta associazione fece appello al concorso di tutte le nazioni. Suo intento è precisamente di impedire, mercé un'azione comune, i conflitti dei diversi Stati nella questione del Congo. A tale scopo essa istituì comitati in molti Paesi, ed è, come dissi, dalla sezione francese, presieduta dal signor di Lesseps, che il Brazzà ebbe il suo mandato. La missione di lui non dunque in urto, ma in perfetto accordo avrebbe dovuto essere con quella dello Stanley.

23-Do0umenti diplomatici -Serle II -Vol. XV-XVI

II comitato centrale di Bruxelles, essendo naturalmente in rapporti con tutte le ramificazioni dell'associazione, ha persino rimesso la somma di 40,000 franchi al comitato francese, per dare il suo tributo internazionale alla spedizione Brazzà.

Ecco i fatti quali ho avuto cura di accertarli alla miglior fonte. *In tale situazione di cose, il modo di procedere del Brazzà è stato certamente assai singolare.

Ho riferito in alto, che*, giunto al lago che porta il suo nome, lo Stanley vi trovò stabilito il Brazzà. Questa circostanza non avrebbe presentato alcun inconveniente se il Brazzà avesse avuto lo stesso scopo del suo collega americano, e avesse agito di concerto con lui. Ma, al contrario, il Brazzà scostandosi dalle idee sino allora seguite, di propria iniziativa aveva firmato un trattato col Re Makoko, e preso possesso del suo territorio in nome della Francia. È dunque una vera annessione che il signor Brazzà così consumava, e di cui egli oggi chiede la sanzione al governo repubblicano. * Ben dissimile da questo è il programma dell'associazione africana. Essa non ricorre al sistema delle annessioni. Essa si limita ad occupare dei territori, mediante pagamento di annuali tributi. Essa ha, soprattutto, altamente proclamato di voler evitare annessioni particolari, atte unicamente a produrre lotte e discordie, le quali comprometterebbero, e in ogni caso ritarderebbero il risultato finale, che è la introduzione della civiltà nell'Africa centrale.

L'associazione di Bruxelles vuole che questa grande opera si compia nel solo modo desiderabile, vale a dire, per l'utile commerciale di tutte le nazioni.

Il trattato che nella vicina repubblica con tanta insistenza si domanda al governo di approvare, intralcierebbe l'esecuzione di questo nobile programma, monopolizzando la via del Congo a beneficio esclusivo degli interessi della Francia.

Secondo la stampa francese si tratterebbe nientemeno che di gettare le basi di un impero coloniale, capace di gareggiare con l'impero indiano. È chiara l'intenzione di cercare al Congo un eompenso alla disfatta sofferta in Egitto, quantunque l'esiguità del territorio occupato dal Brazzà e la difficoltà di trarne profitto, rendano ridicole certe odierne fantasmagorie della stampa francese.

Il Brazzà per giustificare gli atti politici di cui è stato autore, mentre era unicamente mandatario della società internazionale africana, afferma che la missione affidata allo Stanley ha un vero carattere officiale, politico e commerciale, destinato a dare al Belgio una posizione preponderante al Congo.

Ma chi è che ignora essere vietato a questo Paese qualunque stabilimento eoloniale dai termini stessi della propria costituzione? Tale semplice questione di fatto mi ha appunto trattenuto dallo smentire nella mia corrispondenza, l'assurda voce stata recentemente sparsa, che il viaggio in !spagna dell'an. Frère-Orban potesse avere per iscopo di negoziare l'acquisto di una delle isole Filippine.

Le asserzioni del Brazzà per spiegare la sua condotta adunque non reggono. Del resto * potrà la Francia procedere alla sanzione del trattato col Re Makoko senza imbattersi in ostacoli di ogni sorta?

L'antica sovranità che il Portogallo vanta su quelle regioni, non è mai stata riconosciuta dall'Inghilterra. Taccio però dei diritti che ora il Portogallo vorrebbe far valere presso la Francia, sul territorio conquistato dal Brazzà.

Checché ne sia, è lecito chiedersi quale sarà il contegno delle altre Potenze per le quali non può essere indifferente che tali contrade sieno occupate dalle stazioni dell'associazione internazionale, aperte a tutti, e a tutti favorevoli, oppure da stazioni francesi, in seguito a un atto che trasformasse quei territori in possedimenti della Francia, e permettesse, per conseguenza, a quella Potenza di chiuderne l'accesso, di stabilirvi uffici doganali, in una parola di esercitarvi diritti sovrani.

* Le Potenze, forse, non scorderanno che la Francia già possiede in Africa l'Algeria, la Tunisia, il Senegal ed il Gabon, e che una tacita convenzione ha riservato il centro del continente africano ad un'azione comune, priva di qualsiasi carattere di conquista particolare*.

(l) Ed., ad eccezione del brani fra asterischi, In LV 45, pp. 1-3.

355

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, TERZAGHI

D. 195. Roma, 16 ottobre 1882.

In risposta al rapporto di V. S. del 5 ottobre n. 643 di serie politica (1), mi pregio informarla che l'abolizione delle capitolazioni in Tunisia non fu sino ad ora oggetto di negoziati fra il governo italiano ed il francese. E non è d'uopo che io richiami la sua attenzione sulla natura delicata dell'argomento per farle presente l'opportunità che ella mantenga al riguardo la massima riservatezza. Ella potrà tuttavia rappresentare a codesto ministro degli Affari Esteri la convenienza che la Spagna, prima di dare una risposta in merito alla domanda francese, s'intenda col nostro governo per conoscere le intenzioni nella tutela di interessi evidentemente comuni.

356

IL MINISTRO A BELGRADO, TOSI, (2) AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, A NAPOLI (3)

L. P. Roma, 16 ottobre 1882.

Le porgo i miei ringraziamenti per la lettera personale che ebbe la bontà di scrivermi il 14 corrente (4). Non fu possibile di trovare qui i numeri del Tempo di Venezia nel quale furono pubblicati il memoriale e l'articolo ai

quali V. E. accenna: feci percw scrivere a Venezia per averne alcuni esemplari, che, appena ricevuti, trasmetterò a Capodimonte. Sull'argomento della estradizione, stimo di doverle ancora riferire alcuni particolari di una conversazione che ebbi oggi con il conte Ludolf, il quale prese occasione dal discorso del presidente del Consiglio per parlarmi dell'« Irredenta ». J'ai pu lire maintenant, disse egli, le texte meme du discours, et j'ai vu avec regret que le nom de l'« Irredenta » n'a pas été prononcé par le président du Conseil. Nos journaux en feront des commentaires fàcheux, et chez nous cette lacune sera déplorée: elle produira une mauvaise impression. Vous savez que les adversaires du Cabinet, accusent Depretis de ne vouloir rompre en visière avec personne, de ménager les uns et les autres. L'occasion était en tous cas des mieux indiquées pour condamner ouvertement 1'« Irredenta », dans ce moment surtout où des complots ont été préparés sur le sol italien contre la vie d'un Souverain ami, contre la tranquillité d'un pays voisin. Ho riassunto senza interruzioni l'insieme delle cose dette dall'ambasciatore nella conversazione. Da parte mia, non volli ammettere le sue osservazioni senza apporvi considerazioni che valevano secondo me a confutarle. «Je ne pense pas, gli dissi, que l'impression définitive du discours de M. Depretis puisse etre en Autriche telle que V. E. le suppose. Je me mets à votre piace, et je me figure aisément qu'on s'attendit de la part de notre président du Conseil à une tirade contre 1'« Irredenta ». Mais notez bien que M. Depretis a déclaré vouloir, en fait de politique étrangère, se maintenir sur le terrain des traités internationaux, et, à l'intérieur, n'admettre aucune conciliation avec les adversaires de nos institutions. Il n'a pas plus nommé dans son discours les republicains que 1'« Irredenta ». C'est cependant contre eux qu'il a pris une position des plus nettes. Nommer les irredentistes ou les republicains, c'était en quelque sorte leur reconnaitre une existence en face du gouvernement: or, on sait parfaitement qu'ils y sont de fait, mais nous ne devons pas l'admettre. On l'a si bien compris dans le Pays, que !es adversaires du ministère, sauf les républicains et les irrédentistes, se rallient maintenant au président du Consei!, justement parcequ'il a pris position avec tant de clarté et d'énergie contre les uns et les autres. Je suis convaincu qu'en Autriche aussi on ne tardera pas à s'en persuader. La première impression pourra faire croire chez vous qu'on a ménagé l'« Irredenta ». Mais ce t te impressi o n se modifiera bientòt ». Il conte Ludolf mi ha detto che era incaricato di chiedere la estradizione anche del nuovo arrestato, del Ragusa. Gli comunicai verbalmente la comunicazione fatta dal procuratore generale del Re a Venezia, circa l'arresto del Ragusa e la consegna fatta di lui alla autorità di Udine, la quale sta già istruendo contro due individui imputati di fatti che sembrano connessi a quelli per i quali il Ragusa venne tratto in arresto. Ma, quanto alle estradizioni stesse, l'argomento era già stato esaurito con il conte Ludolf in un precedente colloquio che riferii a V. E.

Il conte Ludolf aspettava oggi il corriere di Gabinetto, e contava recarsi a Napoli, salvo ostacoli impreveduti, posdomani mercoledì, oppure giovedì. Anche l'incaricato d'affari di Francia si recherà quanto prima a Napoli, nell'intento di parlare a V. E. della abolizione delle capitolazioni a Tunisi.

Egli non ha incarico di discutere sui particolari di un simile progetto od eventualità: ma soltanto di chiedere in quali disposizioni sarebbe il nostro governo a tal riguardo. Non ero in grado, gli dissi, per conto mio di esprimermi sugli intendimenti del governo del Re in simile materia.

Mi permetta, signor ministro, con la solita sua bontà ed indulgenza, di scrivere tuttavia anche su di ciò in qual modo io pensi. Sul terreno dei diritti acquisiti, del diritto esistente, l'Italia può opporre le migliori ragioni al progetto della Francia di istituire in Tunisia tribunali francesi in luogo di quelli tunisini e di abolire le capitolazioni esistenti colà in favore di altri Stati. Le ragioni dell'Italia sarebbero sostenute da un ministro più capace, senza paragone, di farle valere, che non lo sia il ministro degli Affari Esteri di verun altro governo interessato. Però, come le scrissi per gli eventuali accordi da prendere con la Spagna, non vedo per noi probabilità di successo. Per l'Austria, la Germania, l'Inghilterra forse anche, la causa è giudicata in vista di altro interesse puramente poltico. Ciò che il conte Kalnoky disse al nostro incaricato d'affari, egli si è certamente fatto un merito di dirlo anche all'ambasciatore francese: e ciò d'accordo con Bismarck. Le ragioni presentate con tanta logica da V. E., saranno bensì incomode per quei governi, ma non credo che essi vorranno per far cosa grata a noi desistere dal loro proposito. Cosa accadrà quando a Tunisi non vi fossero che tribunali francesi ed il tribunale consolare italiano? Vorrei sbagliarmi, ma temo che rimanendo soli saremo poi obbligati di cedere dopo aver dimostrato di non poter fare altrimenti. Quando così dovesse essere, meglio sarebbe di farlo senza la pressione delle circostanze, salvando le apparenze, dicendo che in fin dei conti un tribunale regolare europeo val sempre meglio del regime delle capitolazioni per ciò che riguarda la protezione degli interessati: e procurando, se vi è materia di farlo, di ottenere qualche compenso in altre cose. Se non vi è probabilità di disfare ciò che la Francia operò in Tunisia e anche probabile che bisognerà pure un giorno o l'altro rinunciare alle capitolazioni. Non vi sarebbe in qualche quistione che ci interessi da trovar materia a transazione che ci assicuri qualche vantaggio o soddisfazione? Sfax p.e.?

Procurerò di fare al più presto il lavoro riservato che V. E. mi commise relativamente alla comunicazione data ad altre Potenze della legge delle Guarentigie ed allo stato delle cose in siffatto argomento. Auguro che nessun incidente ridesti la quistione, come pure che da Berlino non sollecitino nessuna risposta. V. E. scrive che la causa Marinucci non esiste più, e che vi è cosa giudicata in favore del Vaticano. È certo che non esistano invece ancora due cause, dopo che una fu già definitivamente finita? A me pare che, incidentalmente, l'incaricato d'affari tedesco dicesse esservi ancora pendenti due cause, contro il cardinal Teodoli l'una, mi pare, e l'altra contro il cardinal Jacobini. Se cosi fosse, bisognerebbe assolutamente trovare modo di farle scomparire, di far pronunciare una incompetenza in istanza superiore, o chessò io. Non saprei che cosa sarebbe praticabile, ma sono certo che in un interesse maggiore del governo bisogna togliere di mezzo ciò che fornirebbe possibilmente ancora materia a reclamo. Vi deve sempre essere il mezzo di riuscire in un intento per il quale militano considerazioni di tanta gravità. Quando si discuteva tempo sono nella Camera inglese sulle precauzioni da adottare per il caso in cui un esercito nemico avesse potuto sbarcare in Inghilterra, il vecchio lord Wellington dichiarò che una tale eventualità non doveva poter verificarsi. Val meglio anche per l'Italia assolutamente togliere ad ogni costo ogni motivo o pretesto di raccomandazioni simili a quella che ci occupa, o di reclami più serii forse, e far sì che tale eventualità debba non poter verificarsi.

(l) -Non pubblicato. (2) -Tosi nel periodo settembre-dicembre prestò servizio al ministero degli Affari Esteri. (3) -Da M.C.R., Carte Mancini. (4) -Non pubblicata.
357

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TUGINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. CONFIDENZIALE 3140. Berlino, 16 ottobre 1882 (per. il 23).

Prevalendomi del contenuto del telegramma diretto dall'E. V. alla R. ambasciata in Vienna, in data di ieri (2) e riguardante la questione delle capitolazioni di Tunisi, ho cercato nella mia visita di oggi a questo sotto-segretario di Stato di scandagliare le disposizioni del governo imperiale per rispetto a siffatta questione. Ho avuto cura in questa circostanza di dichiarare in via confidenziale le idee svolte dall'E. V. sovra un argomento tanto delicato quanto importante. Ho lasciato intravedere al sotto-segretario di Stato come fosse naturale la nostra ansietà di conoscere su di ciò il modo di vedere del Gabinetto di Berlino, • al quale, come al migliore dei nostri amici, suole ricorrere spontaneamente il nostro pensiero ogni qualvolta * si tratta di non lasciar pregiudicare una questione come questa, che all'occorrenza dovrebbe essere ventilata d'accordo nel comune interesse. Ci pareva poco probabile che il Gabinetto di Berlino volesse disinteressarsi in questa quistione col dare il suo assenso prima di conoscere se tutte le altre Potenze non avessero a presentare le loro osservazioni in proposito.

Il sotto-segretario di Stato mi ha risposto *immediatamente e senza esitare che gli rincresceva di non poter corrispondere al desiderio nostro, come avrebbe voluto, attesoché la quistione era da reputarsi oramai come già pregiudicata, almeno per ciò che riguarda il governo imperiale *. Sin dallo scorso mese di maggio questo ambasciatore di Francia l'aveva interrogato circa tale argomento; *ed egli aveva dichiarato esplicitamente che* il governo imperiale sarebbe disposto ad acconsentire all'abolizione delle capitolazioni nella Reggenza. Dal momento, così ragionava il sotto-segretario di Stato, che in Bosnia si è posto mano a menomare il regime delle capitolazioni, il Gabinetto di Berlino non iscorgeva da parte sua né difficoltà, né inconveniente a lasciare che si facesse altrettanto nella Tunisia. Mi ha inoltre soggiunto che, or è qualche tempo, egli era stato nel caso di riconfermare ancora una volta questa maniera di vedere del suo governo. Non ha esitato tuttavia ad ammettere, come l'E. V. ha osservato, la differenza che passa fra lo stato giuridico della Bosnia e quello di Tunisi, l'una sorretto da un trattato europeo

e l'altro poggiato sul trattato del Bardo; ma, a parer suo, codesta era una differenza di valore puramente teoretico. Considerando le cose dal punto di vista pratico e di quello di fatto compiuto, se nella Bosnia l'amministrazione si trova difatto nelle mani del governo austro-ungarico, in Tunisi domina in realtà, la Francia; *la disparità delle condizioni fra i due Paesi non si riscontra se non nelle parti accessorie *.

Il signor Busch riconosceva volentieri che l'Italia vanta in Tunisi interessi di gran lunga maggiori di quelli della Germania; ma precisamente a cagione degli interessi secondarii che l'Impero tedesco ha in quella Reggenza, il Gabinetto di Berlino non aveva creduto che potesse derivare alcun pregiudizio di ciò che la Francia medita di fare per rispetto alle capitolazioni.

*Ed aprendo ancora più l'animo suo il sotto-segretario di Stato mi ha confidato che il Gabinetto di Berlino si trova in una speciale posizione rispetto al governo della Repubblica dopo i duri sacrificii imposti alla Francia con la guerra del 1870-71. Questa Potenza scorge d'allora in poi in ogni atto della Germania un secondo fine che la rende sospettosa e diffidente. Malagevole oltremodo è quindi alla Germania di non destare inconsapevolmente falsi sospetti. E per fermo se talora accade al governo imperiale di far cosa grata alla Francia, questa l'interpreta addirittura come un tranello teso per trarla in rovina; e se mai la Germania si rifiuta poi dall'assecondare alcun desiderio della Francia, questa s'adombra e l'accoglie come foriero di non lontani pericoli di guerra. Infine così il mio interlocutore conchiudeva il suo dire, il Gabinetto di Berlino ha reputato prudente di adottare la seguente norma di condotta: e cioè di schivare scrupolosamente, nelle quistioni simili a questa delle capitolazioni, di offrire a quella Potenza il menomo pretesto atto ad ingenerare in essa nuovi motivi di diffidenza verso la Germania.

Questo linguaggio del sotto-segretario di Stato, come l'E. V. potrà scorgerlo da sé, consuona interamente con ciò che ho avuto l'onore di riferire nel mio rapporto n. 3136 0). Mettendo ora insieme le notizie e le impressioni contenute nel carteggio di S. E. il conte de Launay ed in quel rapporto, nonché il tenore abbastanza chiaro ed esplicito delle parole del signor Busch, a me sembra che sarebbe oggi vano pensiero di fare ancora assegnamento sulla Germania per le cose che riguardano la Tunisia *.

(l) -Ed., ad eccezione del brano tra asterischi con data 15 ottobre, In LV 43, p. 6. (2) -Cfr. n. 350.
358

IL MINISTRO A BELGRADO, TOSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, A NAPOLI (2)

L. P. Roma, 17 ottobre 1882.

Il cavalier Alberti le avrà detto che ho preso su di me la responsabilità di ordinare il pagamento di tre sussidii, credendo di interpretare la volontà di

V. E. Spero mi vorrà approvare.

Ho veduto stamane S. E. il signor Depretis, il quale come le telegrafai hn. l'intenzione di recarsi a Capodimonte. Credeva di non poter partire da Roma che posdomani. Ma non aveva deciso nulla quanto al giorno. Gli feci premura di effettuare il viaggio al più presto, perché credevo che V. E. avesse da intrattenerlo di varii affari abbastanza urgenti.

Il conte Ludolf vorrebbe partire domani per Napoli. Se lo saprò domani in modo certo, lo telegraferò.

Le porgo i miei ringraziamenti per il telegramma d'oggi (1), relativo alla pubblicazione dei rapporti di Lord Dufferin. Ho già dato all'incaricato d'affari inglese, la risposta, verbalmente, nei termini prescritti da V. E.

Non crede che, stante le informazioni telegrafiche delle ambasciate a Vienna, Berlino, San Pietroburgo, sulle disposizioni di quei governi relativamente alla abolizione delle capitolazioni di Tunisi, sarebbe il caso che V. E. risponda all'incaricato d'affari di Francia, quando egli venga ad interpellarla, nei termini all'incirca che ho indicato nei foglietti qui uniti? A me sembra che una simile risposta sarebbe opportuna nella situazione attuale delle cose, e sarebbe anche buona da esporre in parlamento nel caso di interpellanze. Lasci che io la comunichi a V. E. come un mio pensiero, che sottopongo al suo autorevole giudizio.

Mi raccomando a lei per la commendatizia da fare a S. E. Magliani, che le mandai da due giorni, e che aspetto di ritorno per farla pervenire al ministro delle Finanze. Secondo me, è urgente.

Le telegrafo una lettera d'ufficio del generale Robilant, perché, qualora

V. E. volesse chiamarlo a Capodimonte, non vi sarebbe tempo da perdere. È oggi il 17; Robilant vuoi partire negli ultimi giorni del mese corrente: calcolo quindi, in caso di chiamata, bisogna scrivergli immediatamente, acciò egli possa subito venire.

ALLEGATO

APPUNTO.

Le moment me semble exiger que tout malentendu soit écarté entre l'Italie et la France. La question que vous m'adressez, pour connaitre nos dispositions en vue de l'abolition éventuelle des capitulations tunisiennes, ne me prend pas au dépurvu. Nous savons que vous avez de longue date sondé le terrain ailleurs, que les dispositions d'autres Puissances avec lesquelles nous tenons aussi à marcher d'accord sont conformes à vos désirs. Je ne prete pas l'oreille aux journaux qui prétendent que, dans cette question, la France a agi en vue d'une pression à exercer sur l'Italie. Je ne tiens compte que de considérations d'un tout autre ordre: la magistrature eurÒpéenne doit inspirer toute confiance,

-les capitulations n'ont en réalité pas de raison d'étre là où des tribunaux européns fonctionnent seuls,

-elles sont superflues, pour les intéréts qu'elles devraint sauvegarder, en Tunisie comme en Bosnie, malgré la différence juridique des conditions de ces deux Pays,

(1} Non pubblicato.

-et sourtout, comme le président du Conseill l'a dit à Stradella, nous tenons à effacer entre l'Italie et la France toute trace de récents évenements inutiles à rappeler maintenant. Dites donc de ma part à Monsieur Duclerc que le gouvernament italìen, tenant compte dans une égale mesure de la double considération, de l'adhésion que les autres Puissance sont disposées à donner à l'abolition des capitulation de Tunis. et du désir sincère d'écarter entre nos deux Pays toute trace de malentendu, est prèt lui-aussi à renoncer à ses capitulations avec la Régence de Tunis.

Je souhaite vivement que ces sentiments soient partagés par votre gouvernement. Les assurances reitérées de M. Duclerc me confirment dans cette confiance, et me font espérer que la France de son c6té ne tardera pas à contribuer, elle-aussi, à dissiper toute apparence de malentendu entre nos deux Pays, en nous témoignant dans les questions qui offrent encore matière à contestation entre nous, le mème bon vouloir que je vous témoigne aujourd'hui de la part de l'Italie.

(l) -R. 3136 del 14 ottobre, non pubblicato. (2) -Da M.C.R., Carte Mancini.
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L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, ZANNINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. CONFIDENZIALE 853. Pietroburgo, 17 ottobre 1882 (per. il 24).

Mi pervenne il telegramma in data di ieri l'altro (2) col quale l'E. V. mi ha fatto l'onore di trasmettermi copia dell'altro telegramma da lei diretto alla R. ambasciata in Vienna (3), che espone le viste del R. Governo circa la progettata abolizione delle capitolazioni in Tunisia. V. E. mi ordinò quindi di avere uno scambio confidenziale d'idee a tale riguardo con questo ministro imperiale degli Affari Esteri.

Il signor de Giers da me all'uopo interrogato m'ha confidato, il che del resto già mi risultava da altre informazioni, che il signor Ternaux-Compans, incaricato d'affari di Francia, gli ha fatto, pochi giorni sono, un'apertura su tale argomento. Non è però sceso a particolari sulle istituzioni che si surrogherebbero alle capitolazioni e la sola idea enunciata è stata quella generica dell'abolizione di queste ultime. S. E. gli ha risposto che la Russia travasi di fatto disinteressata in tale determinazione e che vi avrebbe per conseguenza aderito se le altre Potenze aderivano.

Conviene riconoscere, mi aggiunse il signor de Giers, che l'esempio della Bosnia è un precedente molto in favore della proposta francese.

Svolsi allora, in via egualmente confidenziale, gli argomenti addotti nel suddetto telegramma dell'E. V. e soprattutto insistetti sulla convenienza per noi che le altre Potenze non lascino isolare l'Italia; invocai l'uniformità di pareri, che da vari anni ha felicemente sussistito in tante questioni d'indole diversa tra i due governi d'Italia e di Russia, per chiedere che anche questa volta si proceda pienamente d'accordo con noi.

Il signor de Giers mi disse trovare al pari dell'E. V. molto desiderabile che siffatta questione delle capitolazioni si discuta dapprima fra le Potenze in

teressate per poi convenire in una determinazione umforme. Ma soggiunse altresl di nuovo che la Russia, non avendo nemmeno un suddito in Tunisia, è forzata ad astenersi dal muovere obbiezioni e dall'intervenire in discussioni nelle quali è notorio che non ha nessun interesse. Perciò il suo governo rimarrà in una prudente aspettativa, e si limiterà poi ad accedere alle decisioni che saranno prese dalle Potenze interessate.

Di questa conversazione mi sono dato premura di trasmettere questa mattina all'E. V. un sunto per telegrafo (1).

(l) -Ed., con alcune varianti, in LV 43, p. 7. (2) -T. 870 del 14 ottobre, non pubblicato. (3) -Cfr. n. 350.
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IL MINISTRO A LISBONA, OLDOINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 504. Cintra, 17 ottobre 1882 (per. il 28).

Mi pregio ringraziare v. E. della trasmissione del dispaccio del R. incaricato d'affari in Madrid annesso al ministeriale di questa serie n. 193 (2), concernente il ritardo della visita reale portoghese a Madrid e l'influenza inglese che vi si riferisce.

Le informazioni del cavaliere Terzaghi si risentono, mi permetto supporlo, dell'atmosfera locale nella quale sono attinte, ed avendo pur sempre veracità nel fatto non l'hanno intieramente quanto alle cause che l'hanno prodotto, in special modo quella di attribuire all'Inghilterra un veto che involgerebbe per così dire una tutela politica la quale non esiste, e ne è ampia prova tra le altre il trattato africano «Lorenzo Marquez '>, negoziato, firmato, approvato dalla Camera dei deputati ed annullato in ultima analisi per questione di politica « partitaria , e di portafogli ministeriali, malgrado tutti gli sforzi dell'Inghilterra per evitare lo scacco.

Non voglio dire con ciò, e sarebbe erroneo l'asserirlo, che l'influenza inglese non esista ed anche non sia bene accetta al governo ed al Paese, poiché è nell'istinto delle masse popolari che in eventualità di pericoli nazionali l'Inghilterra fu e sarà la più possente e fedele alleata del Portogallo, ed il· popolo lusitano usa dar sempre il nome significativo di «Papa , alla squadra inglese ogni qual volta questa fa le sue quasi abituali stazioni invernali nel Tago.

È altrettanto inoltre vero che l'Inghilterra come detentore maggiore del debito pubblico portoghese, come possente limitrofa coloniale asiatica e africana, come importatrice ed esportatrice commerciale più importante sarà sempre molto ascoltata, ma dall'influenza alla tutela avvi un gran tratto né l'Inghilterra esercita quest'ultima politicamente né il Portogallo la subisce.

Naturalmente, malgrado le mie convinzioni personali, in presenza delle informazioni che V. E. si è compiaciuta comunicarmi, mi feci un dovere di controllarle accuratamente ed in modo da non compromettere la sorgente.

Eccone il risultato: l'onorevole e mio personale amico, ministro degli Esteri, il quale fu ministro con altri portafogli moltissime volte, ed una per cinque anni consecutivi delle Finanze, posto da me giorni sono sul tema dell'influenza inglese, mi affermò esplicitamente che mai l'Inghilterra ha esercitato né tentato esercitare (sic) in alcun modo né sotto forma alcuna influenza politica interna in Portogallo, né ora menomamente circa la visita reale; una sol volta il signor Morier per mezzo di lettere particolari e di azione personale volle intromettersi in proposito di sistemazioni finanziarie e non riescì che ad ottenere risposte cortesi ma intieramente evasive. Mi giova puranche osservare che odo sovente dei lagni della legazione britannica, e tutti i ministri che si sono succeduti, sir Ch. Murray, lord Lytton e sir Robert Morier erano miei vecchi amici, pei lunghi e non plausibili ritardi nella soluzione degli affari che trattano col governo.

L'altro controllo che osai procurarmi fu jeri a Cascaes, giorno anniversario della Regina, ove mi recai per felicitare Sua Maestà, e dopo aver compiuto questo doveroso e per me sempre gratissimo omaggio il Re mi condusse nel suo Gabinetto come degna usare sovente nelle mie visite al Palazzo reale.

Sua Maestà mi aveva già parlato due volte prima d'ora del ritardo della sua visita in Spagna, e mi sembra averlo accennato sui miei scorsi dispacci, il primo ritardo cagionato dalla prolungazione di quasi due mesi (il doppio dello stabilito costituzionalmente) della sessione parlamentare, il secondo dal viaggio delle Loro Maestà Fedelissime nelle provincie del nord; mi permisi parlare del nuovo ritardo, menzionando la lettera autografa portoghese citata dai giornali e fatta pervenire per mezzo del ministro signor Corvo al Re di Spagna.

Sua Maestà degnò rispondermi che la sua lettera era in risposta ad una reale spagnuola ricevuta nel viaggio a Porto, nella quale il Re Don Alfonso pregava di contramandare la visita a Madrid quando verrà ulteriormente concertata, atteso l'avanzata gravidanza della regina di Spagna. Per conseguenza, soggiunse il Re, «l'iniziativa del ritardo non è nostra; andremo per certo colla Regina a restituire la visita a Madrid, quando nol sò, né è possibile assentarci colle Cortes aperte durante la sessione legislativa ».

La mia impressione fin da principio, fu quella che la visita Reale in Spagna sarebbe stata ritardata, ed ora è quella che al postutto verrà effettuata nella prossima primavera.

(l) -T. 1729 del 17 ottobre 1882. non pubblicato. (2) -Del 28 settembre, non pubbllcato.
361

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 1756. Vienna, 18 ottobre 1882 (per. il 23).

Mi sono recato ieri da questo ministro degli Affari Esteri e, dopo avergli ricordato quanto egli aveva avuto la cortesia di dirmi intorno alla manife

stazione fattagli da quest'ambasciata di Francia relativamente alla soppressione delle capitolazioni in Tunisia (rapporto n. 1752 del 14 ottobre (l) gli diedi confidenziale lettura del telegramma che su tale argomento mi fu spedito da V. E. la sera del 14 corrente (2). Il conte Kalnoky ascoltò quella lettura con la massima attenzione; quindi con maggiori dettagli della prima volta mi spiegò l'andamento di questa pratica e la risposta da lui data all'incaricato d'affari francese.

Il dispaccio del signor Duclerc, che rimonta ad alcune settimane fa, gli fu comunicato in via confidenziale. Esso non formulava alcun progetto, ma si limitava a rilevare la necessità di abolire le capitolazioni nella reggenza, ed esprimeva la speranza che l'Austria-Ungheria, la quale aveva sospeso le capitolazioni in Bosnia, aderirebbe alla loro abolizione in Tunisia. Il conte Kalnoky pur consentendo in massima nell'idea del governo francese quando fossero istituiti nella reggenza dei tribunali che ispirino fiducia nella legalità ed imparzialità della giustizia, fece osservare all'incaricato d'affari della Repubblica, che la questione avrebbe d'uopo di essere ponderatamente studiata, ch'egli dovrebbe sottoporla al giudizio dei ministri competenti, e fors'anca a quello delle camere legislative. A ciò limitassi la risposta data da questo ministro degli Affari Esteri, il quale non intese di pronunciarsi in modo definitivo intorno alla comunicazione del Gabinetto francese ch'egli d'altronde considerò come una semplice entratura.

Il conte Kalnoky sa che identici ufficii furono fatti dal governo della Repubblica presso il Gabinetto di Londra; ma ignora se la comunicazione sia stata fatta anche a Berlino ed a Pietroburgo. Né dopo quel primo passo egli ebbe alcuna notizia della pratica, né da alcuno gliene fu fatto cenno. Egli trova assai giusta la distinzione che V. E. fa rilevare tra lo stato giuridico della Bosnia e quello della reggenza; ed al pari di V. E. egli ritiene che, quando si presentasse la questione di abollre le capitolazioni in Tunisia, converrebbe procedere ad uno scambio d'idee tra i varii Gabinetti sul miglior modo di risolverla. Egli quindi entrerà con piacere in comunicazione con V. E., intorno a questo argomento.

Tale è signor ministro, la risposta che il conte Kalnoky mi ha incaricato di comunicare a V. E., e che mi sono affrettato a riferirle col mio telegramma di ieri (3).

*Se mal non m'appongo nel suo telegramma del 14 sera l'E. V. sembra propendere per l'idea che, qualora si dovesse addivenire ad una modificazione cìell'attuale giurisdizione nella reggenza, essa potrebb'essere sostituita da giurisdizioni internazionali nel genere di quelle istituite in Egitto*. Le Potenze che, dopo l'Italia, sono maggiormente interessate a quanto va succedendo in Tunisia sono l'Inghilterra ed in secondo grado l'Austria-Ungheria. Ora, e dall'atteggiamento osservato sino a qui dal Gabinetto di Londra di fronte agli atti della Francia a Tunisi, e dall'opinione emessa da quest'ambasciatore d'Inghilterra nel conversare ultimamente meco intorno al progetto del Gabinetto

di Parigi di abolire le capitolazioni nella Reggenza, io mi trovo indotto a credere che da parte del governo britannico nessuna obiezione seria sarà sollevata contro siffatto progetto ch'esso considera qual conseguenza logica, inevitabile degli avvenimenti che da oltre un anno vanno svolgendosi in Tunisia. Vorrà l'Austria-Ungheria rimaner sola con noi sulla breccia per lottare contro le velleità abolizioniste della Francia? Le considerazioni svoltemi dal conte Kalnoky durante il colloquio dell'H e con poche varianti ripetutemi ieri, non mi lasciano il menomo dubbio che il Gabinetto di Vienna aderirà alla soppressione delle capitolazioni nella Reggenza il giorno in cui verrà formulata in modo concreto la proposta di crearvi dei tribunali regolari. *Esso si mostra bensì disposto a procedere ad uno scambio d'idee cogli altri governi; ma non farà dell'istituzione di tribunali internazionali a Tunisi una conditio sine qua non del suo consenso *.

(l) Ed., ad eccezione dei brani tra asterischi e con alcune varianti, in LV 43, pp. 8-9.

(l) -Cfr. n. 352. (2) -Cfr. n. 350. (3) -T. 1737 del 17 ottobre 1882, non pubblicato.
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ALONGE, ALL'ONOREVOLE CRISPI (l)

L. P. Costantinopoli, 18 ottobre 1882.

Il reverendo padre Brugnon gesuita, tempo fa ritornato qui, mi ha dato l'occasione di rettificare i miei sospetti circa la sorte che io pensavo fosse toccata ad una mia, che ero permesso indirizzare a lei in Roma. È per questo che con la presente che più fiduciosamente le indirizzo, mi affretto a fare emenda del mio torto.

Le sono infinitamente grato non solo dei saluti con che mi volle onorare per mezzo del detto reverendo padre, ma sopratutto per avermi fatto sapere ch'ella, degnandosi di prendere in considerazione quanto mi ero permesso di esporle in quella, avesse già incominciato ad agire nel senso delle idee da me a lei espresse.

Io non le dirò quanto ciò mi arrechi di onore; le dirò solo, che ciò mi ha sommamente confortato, per la speranza che mi fa concepire di un migliore avvenire per le cose di qui che si legano ai più gravi interessi del nostro .Paese. Ora mai è noto a tutti, e tutti ne hanno la più ferma convinzione che, se per lo spazio di 22 anni, da che il Paese si è costituito, il governo avesse fatto la metà di quello che fa la Francia per accrescere la sua influenza all'estero, valendosi come fattori principali e più possenti de' frati e delle monache, il prestigio della nostra nazione non si troverebbe in tanto ribasso, e non sarebbe riuscito tanto agevol cosa alle altre Potenze d'infliggerei insulti crudeli. Io non voglio entrare in un argomento, che non è affatto di mia competenza, ma voglio constatare un fatto ed è che per nulla diminuirono la stima ed il prestigio che fra i popoli d'Oriente godeva la Francia 1 rovesci da lei subiti nella guerra di dodici anni fa, che anzi in 12 anni non hanno fatto che aumentarsi sempre più e quel ch'è doloroso, tutto a nostro danno.

Bisogna per forza convenire che non sono solo né i cannoni Grup né le formidabili corazzate, né la valentia de' diplomatici, né la prosperità del commercio e dell'industria nazionale che attrae ad una nazione il rispetto, e la simpatia all'estero, ma sopratutto quella Potenza diffusiva che non si avrà mai se non con l'avere a cooperatori persone che per la loro professione, ed istituto, e per l'amore del sacrificio sono i più adatti a diffondere la civilizzazione e conciliare sempre all'estero la stima ed il rispetto alla nazione cui appartengono. Dopo la sconfitta della Francia per le armi prussiane, i diplomatici francesi non si occupavano che a giocare alle palle nel recinto dell'ambasciata; non avevano altro da fare che i turchi si ridevano ed insultavano ad una nazione da loro temuta un anno avanti. Ma le istituzioni francesi rimasero presso loro in venerazione e continuarono a prosperare ed a fare tutta via rispettare il nome francese.

Noi abbiamo oramai in grazia agli sforzi combinati e concordi del zelante nostro ambasciatore conte Corti del zelantissimo ed infaticabile console generale Simonetti, della cooperazione efficace della nostra colonia e (diciamolo pure messa da parte la modestia) della grande attività e de' grandi sacrificii ed abnegazione della comunità de' frati conventuali non che delle bravissime suore la fortuna di possedere un collegio femminile con internato, esternato ed asilo infantile, ove più di 200 figli e figlie d'italiani vi ricevono la p1ù eccellente e solida educazione morale ed intellettuale.

Il governo in questo anno ha portato il sussidio che accorda a questa scuola sino alla somma di franchi 12.000 avanti non era che di soli 8.000. Or giova notare che pel locale dove in questo anno si è impiantato il detto collegio (locale che sotto tutti i punti di vista è il migliore che si poteva trovare) le suore pagano pel solo affitto franchi 13.000 annui. Da ciò solo si comprende di legieri quanta sia l'abnegazione di quelle povere e buone suore, e quali i sacrificii che debbansi imporre per poter tirare avanti non solo, ma per fare prosperare lo stabilimento alle loro cure affidato.

Sull'alto Bosforo, nel più grande villaggio che si nomina Buiuk-dere, e che da circa due secoli sta sotto la giurisdizione e dipendenza della nostra missione dalla cui parrocchia poi dipendono tanti altri villaggi, esisteva ab immemorabili una scuola parrocchiale la sola in cui s'insegnava dal parroco aiutato da un altro frate l'italiano ed il greco. Da sei anni a questa parte, riordinata e riformata a norma de' metodi ,in vigore, la detta scuola viene frequentata da un numero di allievi che fluttua dal 70 all'BO, che vi accorrono dai villaggi circonvicini. Da quell'epoca essa, in grazia di un sussidio annuo accordato dal governo austriaco, si trova sotto la protezione di detto governo, e la bandiera austriaca sventola sul locale fornitoci anche dall'Austria. Con tutto ciò devo aggiungere che è del tutto inesatto quanto comunicava tempo fa alla Riforma il suo corrispondente di Costantinopoli che cioè: in essa scuola fosse stato abolito l'insegnamento della lingua italiana; e devo dire invece che la nostra lingua è la lingua nella quale s'insegna dai tre miei confratelli in detta scuola. Nel medesimo villaggio da due anni abbiamo pure

fondata una scuola femminile che prospera a meraviglia, e dove più di 600 figliole di diversa nazionalità (ve ne ha anche dell'ebree e delle musulmane) vi apprendono la nostra cara favella. La fondazione di questa scuola a parte di tanti sacrificii materiali, ci ha costato grandissime noie per parte di altri istituti di tal genere francesi che tentavano da tempo di operare un'invasione, che sarebbe loro riuscita se non fosse stata ad impedirla franca ed efficace dalla parte nostra l'opposizione; lo che ci ha messo in cattiva vista presso l'ambasciata francese, dalla quale, per nostra disgrazia, siamo costretti a subire la protezione.

Tutto ciò va bene, o almeno meglio di prima. Però non vi ha dubbio che la fondazione di una scuola maschile in questa capitale sia di somma urgenza; ed il governo dovrebbe occuparsene senza ritardo di sorta, se non vuole che a parte dell'ignomia che ricade sulla nostra numerosissima colonia e sull'intera nazione, i figli di migliaia d'italiani non perdono del tutto in un alla cognizione della patria favella, ogni sentimento di patriottismo, e così la nostra colonia rimanghi italiana di nome, ma francese di fatto e di cuore, come disgraziatamente è accaduto di parecchie delle migliori famiglie. La colonia in generale è animata dalle migliori disposizioni, ed il governo troverà in essa un aiuto valevole, di cui si dovrebbe tirarne il miglior partito.

Però bisogna assolutamente rinunziare all'utopia di pochissimi fanatici che vorrebbero in Costantinopoli una scuola laica, primo perché ci vorrebbe un annuo assegno non minore di 40.000 franchi perché possa corrispondere alle esigenze; mentreché un assegno di soli 14.015 mila franchi basterebbe ad una comunità religiosa fra le tante che ce ne sono per fondare una scuola da potersi reggere al confronto di quelle di altre nazioni. Secondo perché, una scuola laica, la migliore che si possa sperare, rimarrebbe deserta per la nissuna fiducia che ispirerebbe ai padri di famiglia.

Né pensi che ciò dicendo mi stia a patrocinare la propria causa; tutto all'opposto. Io non desidero punto che il compito della direzione della detta scuola fosse affidata a noi, per la semplicissima ragione, che nello stato in cui si trova l'ordine nostro in causa della scarsezza del personale ci troveremmo assai impacciati, o almeno ci dovrebbe costare grandi sacrificii per disimpegnare l'incarico. Io signor commendatore mi avvedo di avere trasandato le regole della discrezione, diffondendomi troppo a lungo, e dicendo forse tante cose inutili; e tanto più me ne duole considerando di avere abusato della di lei pazienza in questi momenti, in cui ben m'immagino quanto debba essere occupato; ne chiedo scusa e faccio fine, omettendo anche una preghiera che avrei da farle per un bisogno personale. La riserbo per un tempo più opportuno, e precisamente quando io mi avrò da lei un qualche incoraggiamento perché possa ardire di farlo: è cosa che a lei non costerà più che parola.

Nota -Non occorre il pregarla che, qualunque sarà per essere il conto ch'ella farà di questa mia lettera, il mio nome rimanga sepolto nel secreto.

(l) Da M. c. R., Carte Manclnl.

363

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

L. P. Roma, 20 ottobre 1882.

V. E. avendo risoluto di respingere di nuovo le mie demissioni, sono tenuto, per deferenza come per disciplina, di obbedire all'ordine di rimanere al mio posto fino alle decisioni del Consiglio dei ministri che V. E. ben volle annunziarmi vicine.

V. E. mi fa l'onore di motivare il suo rifiuto con gravi considerazioni sulla responsabilità e solidarietà politica del segretario generale, davanti al parlamento ed al Paese, col ministero di cui egli pure fa parte.

Per dovere d'ufficio mi è forza osservare che mentre tale è la situazione dei segretari generali degli altri dicasteri, i quali tutti hanno sede in parlamento, tutt'altra è la situazione d'un diplomatico destinato al segretariato generale ed escluso personalmente da ogni azione parlamentare. Secondo le discipline della carriera, la solidarietà e la responsabilità sua verso il ministro sono essenzialmente d'ordine gerarchico, e rimangono le stesse come quando è in missione all'estero. Egli è debitore al suo capo di una coscienziosa collaborazione, d'una piena sincerità di consiglio; e non mancai di spingere quella sincerità all'estremo sin dalla prima questione grave che si presentò, nel settembre 1881. Egli è per altro e deve apparire davanti al pubblico solidale dell'indirizzo dato alla politica estera dal governo; e può essere chiamato a smentire ogni dubbio al riguardo. Ma mancherebbe al suo dovere se facesse

o si lasciasse attribuire una politica personale, e pretendesse o permettesse che la sua responsabilità apparisse diminuire l'autorità e la responsabilità del ministro. Questa è la tradizione che per la seconda volta in quattordici anni mantenni in queste mie funzioni, nelle quali mi tenni volontariamente estraneo al parlamento e declinai, per la delicatezza del mio ufficio, qualsiasi relazione colla stampa.

Ma una tale situazione, possibile nel 1869, non lo era più quando al mio ritorno al ministero da lunga e lontana missione trovai invalsi nuovi usi parlamentari ed amministrativi. E fattane l'esperienza, scrissi a V. E. il 30 aprile scorso (2) non potere in tali condizioni né far fronte alle nuove e per me imprevedute responsabilità politiche del mio ufficio, né guarentire la corretta esecuzione d'un indirizzo anche concertato in massima; epperciò pregavo coll'accennata lettera V. E. a scegliermi un successore.

In quanto ai motivi privati delle demissioni da me offerte di nuovo in agosto, V. E. sa che essi sono assolutamente estranei ad ogni ambizione personale. Mi riferisco in proposito alla dichiarazione fattale sin dalla mia entrata in ufficio, che non avrei accettato durante nè dopo le mie funzioni altri benefici di carriera se non quelli provenienti dalla mia anzianità. Quando

V. E. mi consigliò di aspettar le nomine al Senato ora compiute e la prossima nomina a Pietroburgo, la certezza che quelle nomine non potevano concer

nere fu da me asserita non quale nuovo motivo di dimissione già date, ma quale prova che V. E. poteva senza scrupolo accettarle. V. E. ricorderà altresì che quando sembrò staoilirsi, or sono pochi giorni, un'apparente connessione tra le voci di nomina a Pietroburgo d'uno dei diplomatici meno anziani, e le voci di una eventuale nomina al Senato, declinai formalmente, a scanso di ogni equivoco, la candidatura sia al Senato che ad un'ambasciata qualsiasi, ed insistetti per essere posto a disposizione del ministero.

Mi duole che il momento presente sia da V. E. ritenuto poco conveniente per la mia domanda; è quello che da V. E. stessa fu designato, quando nell'ultimo agosto mi ordinò di differire le mie demissioni a dopo le elezioni. È mio convincimento che le sinistre interpretazioni, cui V. E. accenna, non possono essere autorizzate dal semplice fatto che un agente diplomatico non investito di carattere parlamentare, ottenga la dispensa dall'ufficio già chiesta da sei mesi, ora che è facile rimpiazzarlo con piena convenienza parlamentare del ministero. Il Gabinetto, se davvero avesse annesso qualche pregio alla mia solidarietà e responsabilità non solo nell'ordine gerarchico, come accennai sopra, ma nell'ordine politico e parlamentare, mi avrebbe agevolmente posto in grado di adempierne i doveri, ed a questo fine avrebbe ricorso, dietro l'iniziativa che a V. E. sola spettava, al mezzo che gli rimane verso un diplomatico inelegggibile alla Camera, e che è stato adoperato verso altri segretari generali di questo dicastero.

Confido che V. E. ravviserà in questo rispettoso riscontro alle sue considerazioni l'adempimento anche d'un dovere verso l'ufficio cui V. E. mi fece l'onore di chiamarmi.

(l) -Da M. C. R., Carte Mancini. (2) -Non pubblicata nel vol. XIV della serle II.
364

IL MINISTRO DELLA MARINA, ACTON, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

NOTA. Roma, 21 ottobre 1882.

Lo scrivente si pregia rimettere alla E. V. una copia delle istruzioni spedite al comandante della Regia covetta « Ettore Fieramosca », riguardante la missione che, per incarico di cotesto ministero, gli sarà confidata dal reggente il commissario civile di Assab.

ALLEGATO.

IL MINISTRO DELLA MARINA, ACTON, AL COMANDANTE DELL'ETTORE FIERAMOSCA COBIANCHI

ISTRUZIONI. Roma, 21 ottobre 1882.

Il governo di S. M. ha in progetto di conchiudere trattati di amicizia e commercio col Sovrano Goggiam e col Negus di Abissinia che sono amici, affine di rendere utile il nostro possedimento di Assab.

24 -Documentt dtplomattct -Serle II -Vol. XV-XVI

Pare ora che il sovrano di Goggiam sia pngJ.Oniero del Re dello Scioa e che il suo alleato di Abissinia avendone chiesto il rilascio, si prepari a muovergli contro.

Sarebbe importantissimo avere notizie precise sulle condizioni attuali delle contrade suddette, prima di far muovere una missione incaricata di stipulare trattati, e siccome non sarebbe facile di accertare in Assab i fatti, converrà di andare sulla costa a prendere dirette informazioni.

Per tale scopo il reggente il commissariato civile di Assab, riceverà apposite istruzioni dal mir.istro degli Esteri ed inviterà la S.V. a compiere quelle missioni che, in seguito delle anzidette istruzioni, si renderanno necessarie.

La S. V. compirà tali missioni con l'ordinario suo zelo ed il governo confida che esse non mancheranno di produrre l'utile che se ne attende.

(l) Ed. in L'Italia in Africa, op. cit., tomo II, pp. 243-244.

365

IL MINISTRO A BELGRADO, TOSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

L. P. Roma, 23 ottobre 1882.

Ho avuto testé la visita dell'incaricato d'affari di Francia. La quantità di piccole faccende di cancelleria che esigono la sua presenza a Roma, ed anche la considerazione del prossimo ritorno qui di V. E., gli avevano impedito di effettuare il progetto di recarsi a Capodimonte per essere posto da lei in grado di far conoscere al suo governo quali erano le sue disposizioni, in tesi generale, al riguardo della abolizione delle capitolazioni con la reggenza di Tunisi. Stante ora che le Camere francesi si raduneranno il 6 novembre prossimo, e che il Gabinetto avrà da rispondere subito ad interpellanze su tale argomento, sarebbe urgente per il signor Duclerc dl ricevere da questa ambasciata francese una risposta la quale gli facesse conoscere le disposizioni del governo italiano, che si sperano favorevoli ai disegni della Francia per l'abolizione delle capitolazioni. Promisi al signor di Bacourt, che me ne esprimeva il desiderio di scrivere a V. E. per pregarla di comunicarmi la risposta da dargli.

Poco dopo, ebbi la visita di sir A. Paget, il quale mi consegnò un riassunto di ciò che era incaricato di comunicare a V. E. sull'argomento della abolizione delle capitolazioni di Tunisi. L'Inghilterra rinuncia a queste ultime, riservando i suoi diritti in ogni altra materia.

Intanto V. E. avrà veduto da telegrammi, che l'apertura di tribunali regolari francesi a Tunisi è imminente. Ritengo che senza dubbio essi saranno aperti prima della convocazione delle Camere francesi. Inclina anche a credere che il contrordine dato al signor de Bacourt relativamente alla sua corsa a Capodimonte (telegrafato da Ressman) (2), e la precipitazione della Francia a presentare con l'apertura dei tribunali un fatto compiuto, sieno in stretta relazione con il telegramma circolare di V. E. (3), inteso a met

tere gli altri Gabinetti in guardia contro la legalità di siffJl,tta decisione. Suppongo che il Gabinetto di Parigi avrà ricevuto l'avviso di ciò, e il consiglio di procedere con rapidità e risoluzione nella effettuazione di un disegno al quale le altre Potenze non intendono opporre ostacoli. Ciò a me sembra evidente.

Le risposte avute da S. Pietroburgo, Berlino e Londra, il memorandum di sir A. Paget, non lasciano sussistere dubbio sulla situazione nella quale si trova l'Italia, e che deve essere presa qual'è per quanto spiacevole. Non è da annettere serio valore alle postume esitazioni del Gabinetto di Vienna, dopo che il conte Kalnoky si è legate già le mani con la dichiarazione della quale informò il nostro incaricato d'affari.

Posto che V. E. mi permette di scriverle schiettamente ciò che penso, conchiudo che secondo me è urgente di dare al signor de Bacourt la risposta che fui già abbastanza ardito di suggerire a V. E. e che le mandai per scritto. Risposta motivata in modo che sarebbe secondo me da apertamente sostenere in parlamento.

Non bisogna nascondersi che il procedere della Francia a Tunisi e il consenso ottenuto dalle altre Potenze, costituiscono una pressione sull'Italia. Pressione però che, rispondendo nei termini da me indicati, noi di animo deliberato ignoreremo. Ma, a mio avviso, più si tarda e peggiore è la situazione sotto tale aspetto. Se ella lo crede opportuno, mi telegrafi i suoi ordini. Esprimo la mia opinione, senza pretendere di pregiudicare le decisioni di V. E. Converrebbe secondo me fare la risposta da me suggerita, e conchiuderla in modo identico e con le stesse riserve fatte dal governo britannico.

Sir A. Paget mi ha chiesto con molta premura le notizie di V. E., e mi ha incaricato di farle pervenire tutti i suoi complimenti. Udì con piacere che ella sarebbe per la fine del corrente mese di ritorno a Roma. Nel discorrere con me, confermava che l'elaborazione dei progetti di riorganizzazione per l'Egitto esigerebbe un tempo abbastanza lungo, a motivo delle numerose difficoltà che si incontravano. Sir A. Paget aveva viaggiato con due ambasciatori italiani, il generale Menabrea che si era fermato a Chambéry, ed il cavalier Nigra che da Torino si recava a Monza.

Nella sua conversazione, l'ambasciatore britannico deplorava vivamente lo scatenamento di odiosa animosità che si era manifestato nei giornali italiani contro l'Inghilterra, a proposito dell'intervento in Egitto. Gli inglesi avevano coscienza di aver cooperato, forse più di ogni altra nazione, a far sì che lo svolgimento delle cose conducesse, piuttosto che ad altre combinazioni al compimento delle aspirazioni degli italiani per un Italia indipendente e unita. In tutti i castelli che ebbe a visitare, in tutte le riunioni nelle quali si trovò, sir A. Paget fu interpellato sul motivo di un fenomeno tanto curioso e odioso, come quello di veder gli italiani animati di tanto astio contro gli inglesi, come se in Egitto si fosse trattato di disfare l'unità e l'indipendenza del loro Paese. Mi son studiato alla meglio di combattere siffatti apprezzamenti, rigettandoli sull'ignoranza del vero stato delle cose, sulla inesatta credenza che in Egitto Araby fosse un Garibaldi, campione della libertà e della indipendenza

di una nazione matura per siffatti destini e degna di conseguirli. Ma l'impressione esiste, non si cancellerà presto, e ne subiremo danno.

Decisamente è cosa troppa pericolosa quella di avere rapporti incompleti e equivoci con questo o quel giornale. Si accredita, e non a torto, un certo carattere ufficioso di tali organi, i quali poi in prima pagina compromettono in modo deplorevolissimo l'azione del governo. O bisognerebbe disporre interamente di alcuni fogli e dettare i temi da svolgere, o poter affermare che assolutamente non si ha relazione con essi. Lo feci, per conto mio, con sir

A. Paget, ma ella sa che qualche giornale ebbe per compiacenza le comunicazioni incomplete che si considerano come pericolose, ed alle quali V. E. non oppose un veto assoluto.

Unisco qui con la traduzione (e con preghiera di restituzione per la raccolta dei documenti) il memorandum di Sir A. Paget (1).

(l) -Da M. C. R., Carte Mancini. (2) -T. 1741 del 18 ottobre 1882, non pubblicato. (3) -T. 870 del 14 ottobre 1882, non pubblicato.
366

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (2)

L. P. Losanna, 23 ottobre 1882.

J'ai applaudi dans mon far intérieur au discours récemment prononcé à Stradella par notre président du Conseil. Il s'y trouve un passage sur lequel je me permets quelques observations. Nous avons, est-il dit, décliné de coopérer avec l'Angleterre, qui nous y invitait, à san intervention en Egypte, parce que nos obligations internationales nous en ont détourné.

Je ne sais ce qu'on a pu nous laisser entendre à Vienne. Mais pour ce qui concerne Berlin, je tiens à le rappeler, le gouvernement impérial n'a pas entravé notre liberté de détermination. On m'avait communiqué, pour mon information personnelle, la première réponse que le général Menabrea avait été chargé de faire aux ouvertures de lord Granville, quand on m'a autorisé à parler, nous avions déjà pris position. Il m'était seulement télégraphié que nous ne ferions cause commune avec l'Angleterre que si nous obtenions l'appui des deux Cabinets de Vienne et de Berlin, ou de l'un d'eux. A cela le comte d'Hatzfeldt disait qu'il n'avait ni à blàmer, ni à approuver notre attitude quelle qu'elle fùt, mais que l'Allemagne n'entendait encourir aucune responsabilité et prèter aucun appui. Au mème moment presque, M. de Keudell mandait que M. Mancini m'avait envoyé un projet de sa réponse à l'invitation anglaise de coopération en Egypte pour savoir à ce sujet l'opinion du Cabinet de Berlin. M. de Keudell avait commis une méprise, parce qu'il résultait de ma communication que la réponse en question avait été déjà faite à Londres Cependant le comte de Hatzfeldt (cela se passait le 30 juillet) tenait beaucoup à éviter toute erreur à cet égard. Il me rappelait que de tous ses entretiens

il résultait que l'Allemagne n'avait rien à dire sur les mesures que l'une ou l'autre des Puissances croit devoir prendre pour sauvegarder ses intérèts, ne voulant ni approuver, ni blamer. Le Cabinet de Berlin n'avait par conséquent à juger l'invitation que l'Angleterre nous adressait, ni la réponse que notre gouvernement croyait devoir donner. Le comte de Hatzfeldt en me parlant de la réponse qu'il croyait déjà faite, év,itait avec le plus grand soin tout ce qui aurait pu ressembler à une opinion favorable ou défavorable sur cette invitation. A plus forte raison, il ajoutait qu'il n'avait qu'à s'abstenir s'il ne s'agissait effectivement que d'un projet de réponse. Il ne fallait pas qu'on put penser, à tort certainement, que nous nous fussions laissés influencer de Berlin dans un sens quelconque, et il serait incompatible avec toute l'attitude du Cabinet impérial dans cette question de prendre sur lui mème l'apparence de cette responsabilité.

Le comte de Hatzfeldt m'avalit parlé et mème ecrit pour prévenir tout malentendu sur ce point. Ma dépèche du 30 juillet n. 3089 (l) ne laissait planer aucun doute que telle était bien la manière de voir du Cabinet de Berlin.

Il importe donc que les publications du Livre Vert, et les explications qui seront fournies à la Chambre ne viennent pas à l'encontre de cette manière de voir, autrement nous nous attirerions immanquablement des démentis de Berlin.

Chacun se rendra compte qu'ayant adhéré sans réserve à des déclarations faites à la conférence de Constantinople, et qui plus est en ayant présenté une nous-mème pour parer autant que possible à des entreprises isolées, nous avons agi de la sorte à plein gré, et ce n'est pas l'Allemagne qui a influencé d'une manière quelconque notre conduite.

Pour mon compte je regrette à certains égards que des scrupules de conscience peut-ètre trop timorée, nous aient detourné d'aller de l'avant et de prendre la place devenue vacante de la France. Je me réfère à mon rapport

n. 3076 du 18 juillet, età celui n. 3077 du 20 juillet (1).

(l) -Non allegato. (2) -Da M.C.R., Carte Mancini.
367

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL MINISTRO A BELGRADO, TOSI (2)

L. CONFIDENZIALE. Napoli, 24 ottobre 1882.

L'improvvisa interrogazione del Bacourt dopo i precedenti ordini e controordini, corrisponde alle abitudini caratteristiche di oscillante incertezza nei mezzi cui ricorre l'attuale Gabinetto francese nella trattazione degli affari. D'altronde in materia di tanta gravità mi pare che vi sia troppo disinvoltura anche nella forma di una semplice richiesta verbale, senza nulla di scritto che

faccia almeno ben conoscere ciò che sia in animo di fare, e tagliando fuori di ogni negoziato il nostro incaricato d'affari a Parigi, a cui pure il Duclerc aveva fatto incidentali prevenzioni sull'argomento.

Intanto è evidente che non sono in grado di dare una risposta al Bacourt se non dopo una deliberazione del Consiglio dei ministri. E questa giungerà sempre in tempo perché l'apertura delle Camere francesi ha luogo il 9, e non il 6 novembre, ed io sabato sera sarò costì.

Senonché dubito molto che il Consiglio dei ministri sia disposto a deliberare colla benda sugli occhi, e senza conoscere il nuovo stato di cose in Tunisia, probabilmente prodotto da un nuovo trattato, a noi finora ignoto, annunziato dal Times e non smentito dall'Havas, anzi confermato appuntando solo di inesattezza le indicazioni del giornale della City. Noi siamo i soli che finora non abbiamo riconosciuto il trattato del Bardo, e la Camera ha due volte approvato questa preservazione dei nostri diritti, malgrado la posizione isolata che abbiamo dovuto mantenere in questa questione. Se il nuovo trattato distrugge la commissione finanziaria tunisina, e, !ungi dal richiedere il nostro riconoscimento mercé concessioni e garantie, implica nuove violazioni dei nostri diritti assicurati da patti internazionali, riuscirebbe inutile un assenso sulle capitolazioni, se la nostra posizione dovesse rimanere la stessa circa altre controversie di uguale e forse maggiore importanza. Certamente se un nuovo trattato esiste, e sulla base del medesimo il governo francese si propone altre novità in Tunisia, tali documenti e proposte saranno presentati fra pochi giorni al Parlamento francese. Ora noi dovremmo almeno, prima di rispondere, ricevere schietta e confidenziale comunicazione preventiva dal Duclerc del trattato e delle proposte che intende fare.

Certamente è spiacevole, a fronte dell'attitudine di altre Potenze, o non interessate, o che alla loro adesione ebbero od hanno correspettivi di carattere analogo o di un valore politico, che l'Italia continui a restar sola nella sua riserva in Tunisia, incaricando il nuovo ambasciatore di un negoziato atto a soddisfare anche i nostri interessi, od almeno a stabilire un modus vivendi che prevenga inutili collisioni e dissidi; ma sarebbe anche peggio assumere la responsabilità, in faccia al parlamento ed il Paese, di un consenso prestato alla cieca, e prima ancora di procurarsi esatta notizia della nuova situazione.

Tutto adunque calcolato, ella potrà rispondere al Bacourt tre cose:

l. rinnovargli l'assicurazione generica delle nostre disposizioni amichevoli e concilianti, nella fiducia che anche da parte del governo francese si trovi eguale corrispondenza e non già qualche nuova occasione di pregiudizio agli interessi italiani;

2. -che non pretendo io assumere su di me solo la responsabilità di una risposta in così delicato argomento senza il voto del Consiglio dei ministri, rinunzierò al proponimento di rimanere a Capodimonte nella prima settimana di novembre per profittare del bel tempo nel mio malfermo stato di salute, ed affretterò il mio ritorno a Roma, appunto per essere in grado di dare una risposta prima dell'apertura delle Camere francesi fissata pel 9 novembre; 3. -che però, essendo probabile che il Consiglio dei ministri esprima il desiderio di conoscere preliminarmente se esista l'annunciato nuovo trattato della Francia colla Tunisia, e conoscerne il tenore; e sapere quali siano le innovazioni ed istituzioni che il governo francese intenda proporre al Parlamento, desidero che il Bacourt interroghi il Duclerc per sapere se consentirebbe a darne confidenzialmente comunicazione preventiva al nostro Governo.

Desidero conoscere il risultato del colloquio che avrà col Bacourt.

(l) -Non pubblicato. (2) -Da M.C.R., Carte Mancini.
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L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 403. Parigi, 24 ottobre 1882 (per. il 28).

Il Times di ieri pubblicò una lettera del suo corrispondente parigino in cui questi rivelava l'esistenza di un progetto di trattato che verso il 14 luglio ultimo sarebbe stato stipulato, il signor Blowitz diceva anzi «firmato », tra il Bey di Tunisi ed il ministro residente di Francia nella reggenza. Secondo le informazioni del corrispondente, le stipulazioni sulle quali sarebbe intervenuto l'accordo sono le seguenti:

lo impegno della Francia di prendere a suo carico le obbligazioni pecuniarie del Bey e di operare il riscatto del debito tunisino, che ascende a 130 milioni; e, come conseguenza diretta, soppressione della commissione internazionale di sorveglianza e di controllo finanziario;

2° istituzione di un tribunale francese, che avrebbe competenza sopra tutti i litigi nati sul territorio tunisino, qualunque sia la natura dell'affare e la nazionalità delle parti, e, come conseguenza diretta, abolizione delle capitolazioni giudiziarie;

3° facoltà data al governo della Repubblica di riordinare l'amministrazione tunisina, di assumere la gestione finanziaria della reggenza, di sorvegliare e dirigere in nome del Bey la riscossione delle imposte, ecc. A titolo di compenso pecuniario per questo parziale abbandono di potere, una lista civile di 700,000 franchi sarebbe costituita al Bey, e una pensione annua di un milione e 300,000 franchi ripartita fra i principi della sua famiglia.

Il relativo articolo del Times essendo stato immediatamente riprodotto dall'Agenzia Havas ed accompagnato da una nota officiosa la quale, dichiarandolo inesatto in qualche punto, ammetteva implicitamente che la sostanza non era lontana dal vero, io mi sono recato oggi nel pomeriggio al ministero degli Affari Esteri per intrattenerne il signor Duclerc e pregarlo di darmi intorno alla notizia pubblicata dal giornale di Londra qualche informazione che mi mettesse in grado di giudicare del suo fondamento, e di evitare che qualche atto compiuto non si aggravi pel modo della sua rivelazione.

S. E. il signor Duclerc mi disse che un progetto simile a quello annunziato dal Times esiste in fatto, ma che la Francia non vi appose ancora la propria

firma. Il signor Cambon ritornò recentissimamente a Tunisi appunto per prendere definitivi accordi col Bey, dopo aver ricevuto qui le ultime istruzioni del governo francese.

Il signor ministro degli Affari Esteri mi dichiarò che egli era infatti determinato a stabilire nella Tunisia uno stato di cose più regolare e più conforme alla situazione presente della Reggenza. Intorno alla questione delle capitolazioni egli mi ricordò d'avermi già informato della sua intenzione, prima di averne fatto parola agli altri Gabinetti. Il ministro della Giustizia prepara il piano d'organizzazione di un tribunale francese nella Tunisia. Per costituirlo in modo che offra ogni possibile guarentigia, egli vi nominerà magistrati scelti fra i più distinti ed onorati. In quanto alla questione finanziaria, il signor Duclerc mi disse che ce ne parlerà a suo tempo. Il riscatto del debito tunisino e la conseguente soppressione della commissione finanziaria di sorveglianza sono decisi in massima; ma i particolari non sono ancora stabiliti in modo preciso. Il signor Duclerc m'espresse la fiducia che essi lo saranno così da accontentare appieno i portatori di titoli del debito tunisino, la situazione dei quali non potrà se non tornare migliorata. Finalmente, il ministro mi dichiarò che saranno mantenute e rimarranno intatte le nostre stipulazioni commerciali col Bey, tranne che per comune accordo non fossero su qualche punto modificate.

Quando l'accordo col Bey sarà definitivo circa le suddette nuove stipulazioni, un progetto di legge sarà presentato alle camere per approvarle. Né sembra invero dubbia la pronta loro adesione, perocché questo passo innanzi sulla via che conduce all'annessione finale della reggenza era già da tempo previsto e domandato da una gran parte dell'opinione pubblica.

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IL MINISTRO A BELGRADO, TOSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

L. P. Roma, 25 ottobre 1882.

Ho fatto oggi stesso a questo incaricato d'affari di Francia la comunicazione prescritta da V. E. nella lettera che ella mi fece l'onore di scrivermi jeri (2). Ed il signor de Bacourt mi promise di chiedere a M. Duclerc la comunicazione confidenziale che V. E. desidera. L'incaricato d'affari, contento di udire la dichiarazione delle disposizioni amichevoli e concilianti di V. E., mi parve credere che la deliberazione del Consiglio dei ministri, la quale deve precedere la risposta che si aspetta a Parigi, sia forse cosa piuttosto di forma, e che il nostro governo consentirà alla abolizione delle capitolazioni di Tunisi.

Nel telegramma che le fu trasmesso la notte scorsa, il cavalier Ressman ha già dato un'idea del trattato ancora da firmare con il Bardo (3). Ed il

signor Duclerc ha già detto allo stesso Ressman che il debito tunisino sarà riscattato dalla Francia. Del che i portatori di titoli tunisini saranno per certo molto soddisfatti. Naturalmente l'esistenza di una commissione di sorveglianza sarebbe dopo ciò senza scopo, stante che essa era destinata a sorvegliare l'amministrazione finanziaria tunisina.

Ella ha veduto dai giornali che il Bey è gravemente infermo. Se muore, che accadrà? Forse una annessione più o meno completa? Non v'ha dubbio che, in vista di tali eventualità, il governo francese affretterà le decisioni ed i fatti compiuti. E non posso a meno di pensare che, da parte nostra, se il consenso alla abolizione delle capitolazioni, in massima, poteva come atto di amicizia verso la Francia portare qualche frutto, non doveva essere ritardato di un sol giorno.

La situazione è probabilmente prossima a mutarsi in modo da lasciare a noi il danno soltanto di un consenso forzato od almeno di cattiva grazia. A me sembra che valeva meglio farsene un merito, contentandosi di esprimere la fiducia di incontrare presso il governo francese le medesime disposizioni concilianti ed amichevoli. Ritengo che, in simili casi, V. E. come ministro degli Affari Esteri ha pieno diritto di decidere ciò che meglio giova ai nostri interessi, e che il parlamento non può a meno di approvare il suo operato. È evidente per me che, se ci opponiamo alla abolizione delle capitolazioni, saremo isolati: che vi è invece un vantaggio per l'Italia a dare il suo consenso, prima che la pressione si manifesti più chiaramente: e che, se sovratutto venisse a morire il Bey, la situazione può essere mutata in guisa da rendere superfluo l'accordo per la soppressione delle capitolazioni.

Il barone Blanc è arrivato oggi, e ne diede avviso testè per telegrafo a

V. E. (l).

Il conte de Launay è a Losanna, od almeno si trovava ancora colà pochi giorni sono. Gli manderò per la posta, dopo aver verificato se è tuttora a Losanna, ciò che V. E. telegrafa relativamente al raccomandato della principessa imperiale (l). Egli potrà direttamente far conoscere alla principessa il felice risultato delle premure adoperate da V. E. in favore del suo raccomandato. A Berlino, l'ambasciata non potrebbe far ciò che per tramite di quel dicastero degli Affari Esteri.

(l) -Da M. C. R., Carte Mancini. (2) -Cfr. n. 367. (3) -T. 1772 del 24 ottobre 1882. non pubb!lcato.
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L'INCARICATO D'AFFARI A BRUXELLES, GERBAIX DE SONNAZ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 63. Bruxelles, 25 ottobre 1882 (per. il 3 novembre).

La conferenza internazionale dell'arbitrato e della pace si riunì in Bruxelles pochi giorni or sono. Essa tenne quattro sedute li 17, 18, 19 e 20 del corrente alla Borsa. L'assemblea non era composta di molti personaggi noti; faremo

solo cenno del generale Ttirr, del padre Giacinto Loyson, del deputato tedesco Lasker e di varii rappresentanti belgi, fra i quali l'esimio economista Laveleye, la cui presenza in quella riunione stupiva varii dei suoi amici. La seduta delli 17 incominciò con due discorsi inaugurali dei deputati belgi Buls, borgomastro di Bruxelles, e Goblet d'Alviella. Poi Emilio Laveleye prese la parola per esaminare la questione sotto l'aspetto economico: il suo brillante discorso terminò con un caldo appello alla stampa di ogni Paese per la propaganda delle idee del congresso. Al signor Laveleye tennero dietro varii francesi, i quali si segnalarono con idee singolari. Infine l'assemblea adottò ad unanimità le seguenti quattro proposte:

1° E' utile creare in ogni Paese delle leghe della pace;

2° Giova unirle con una federazione universale;

3° II comitato belga si muterà in comitato definitivo;

4° Gli elettori nei Paesi rappresentativi sono invitati ad accordare di preferenza i loro voti ai candidati seguaci delle idee di pace.

Nella seduta delli 18 il padre Giacinto Loyson assunse la presidenza e tenne un lungo discorso politico-religioso, che eccitò non poco l'ilarità anche della gente seria. Parlarono poscia varii tedeschi, specialmente dell'Alsazia Lorena che si dichiararono nemici della guerra. Il generale Tiirr tenne dietro ai tedeschi ed ebbe felici movimenti oratorii: «mostrò come l'Austria si rialzasse dopo Sadowa con la libertà; l'accordo amichevole valere meglio che l'armamento». La storia in mano noi vediamo che la conquista brutale conduce poi sempre all'umiliazione ed alla rovina del conquistatore. Ecco una lezione di cui l'Europa deve trar profitto. Ogni punto del vostro programma è degno di lode ma sono partigiano del servizio personale militare che ci condurrà al disarmo generale. «Tre giorni non bastano alle discussioni di così gravi problemi >>.

L'oratore poi propone di formare una specie di società detta della Croce Bianca, la quale spingerebbe i governi ad accordarsi all'amichevole nei conflitti internazionali. Se si giungesse ad ottenere in varii Stati tale scopo si sarebbe fatto un gran passo in favore dell'arbitrato internazionale.

Il Ttirr terminava dicendo « LL.MM. Leopoldo I e Leopoldo II hanno impedito quattro guerre; se noi giungiamo solo ad impedirne una avremo ben meritato dell'Europa e del mondo »!

Sul finire della seduta si ritira una proposta del comitato organizzatore che chiedeva la riduzione proporzionale di tutti gli eserciti d'Europa, considerandosi dall'assemblea come prematura, giacché essa riconosce non avere ancora una azione sufficiente sull'opinione pubblica.

Nella terza seduta presieduta dal deputato inglese sir Freeland si discussero «i mezzi per assicurare la imparzialità dei tribunali internazionali, la costituzione di un tribunale permanente ed il principio sul quale deve essere basata la rappresentanza in un tal tribunale. Dovrassi esigere la maggioranza

assoluta per giungere ad un giudizio definitivo? A norma di qual massima devesi regolare la procedura dei tribunali stabiliti per dei casi straordinarii? Prima della formazione di un tribunale permanente quale sistema dovrassi adottare per terminare le vertenze internazionali allorquando si producono? Nella attesa della adozione dell'arbitrato delle varie nazioni, il diritto di di-' chiarare la guerra dovrassi attribuire ai parlamenti od ai poteri esecutivi»?

Si principiò la discussione sul tribunale internazionale. Il deputato di Bruxelles, signor Demeur analizza il lavoro del signor Umiltà sulle miserie della guerra e chiede «non potrebbe forse crearsi una giurisdizione, un congresso ed una gendarmeria internazionale, nonché una marineria internazionale per la pulizia dei mari? ». Il Demeur conchiude domandando, che sia istituito un congresso internazionale, che deciderebbe della questione dell'arbitrato e che preparerebbe in proposito un trattato da sottomettersi ai varii parlamenti.

Un altro deputato belga, Le Hardy de Beaulieu, prende in seguito la parola ed asserisce, che, secondo lui, il modo di giungere alla pace generale, si è di fare rappresentare tutte le nazioni al tribunale arbitrale, le cui decisioni sarebbero prese ad unanimità.

Lo spagnolo Marcoartu, antico membro delle Cortes propone che si invii un indirizzo a tutti i capi dei poteri esecutivi per convincerli dell'utilità dell'arbitrato; crede che sia da introdursi il sistema rappresentativo nel regolare le vertenze europee. Le Potenze di secondo ordine che insieme riunite formano un 80 milioni di abitanti, poco meno dell'impero russo, non avrebbero voce in capitolo, e ciò non sarebbe equo.

L'avvocato parigino Desmaret combatte la proposta Marcoartu, dicendo che esse sono eccellenti per molti riguardi però premature. I congressi sono ancora nell'infanzia né possono progredire troppo presto. Nei discorsi precedenti si divisero le nazioni in grandi e piccole; ciò è falso: tutte le nazioni si valgono purché esse lavorino al trionfo della giustizia. «Dobbiamo essere pratici: voi sapete che le grandi Potenze si riuniscono alcune volte per non concludere niente. Le piccole Potenze potrebbero burlarsene: noi repubblicani francesi non veniamo qui per repubblicanizzare il Belgio, ma vi sono però principii generali di rappresentanza facciamo voti in questo senso, ma non ci figuriamo di inviare i nostri ambasciatori al buon Grévy od a Gladstone: non sarebbero neppure ricevuti ».

Il pubblicista belga Hymans prende in allora la parola per chiedere che il Belgio sia tolto dalla lista dei piccoli Stati proposta da Marcoartu. «Il Belgio non vuole entrare nell'aereopago europeo: vuole rimanersene neutrale per potere tutto udire e tutto dire » .

Dopo la ripresa della seduta l'assemblea a grande maggioranza finisce per adottare un emendamento del Desmaret, consistente a rinviare ad un comitato esecutivo le proposte del M<:'.rcoartu.

La quarta ed ultima seduta fu non poco confusa e disorientata; e a varie riprese alcuni membri del congresso giunsero persino a bisticciarsi fra loro. Presiedeva il signor Tachard, già ministro di Francia a Bruxelles nel 1870 ed attualmente particolarista alsaziano.

La riunione approvò le proposte seguenti:

lo La conferenza è di parere che una commissione internazionale federale dovrà essere nominata e che le persone in appresso indicate sono invitate a costituire detta commissione con la facoltà di aggiungersi altri personaggi.

2° Detta commissione potrà esaminare quali accordi debbano essere presi sin da ora circa i seguenti argomenti:

A) Conferenze internazionali da tenersi in avvenire; B) Stabilimento di una associazione internazionale sotto la direzione del comitato inglese; C) Le condizioni della riunione delle associazioni saranno indicate dal belga signor Drugman.

Si costituisce il comitato esecutivo e i principali suoi membri sono Giacinto Loyson, Coquerel, Saint Yves, Saint Hilaire, Desmaret e varii membri dei comitati inglesi e tedeschi. Dopo una scena tumultuosa fra la presidenza ed il dottor Charbonnier l'assemblea discusse la seguente questione:

«Nell'aspettativa di un tribunale permanente che si formi, quale sistema potrebbesi adottare per terminare le vertenze internazionali quando si presentano».

Il signor Charbonnier tenne allora uno scucito discorso nel quale fra le altre scempiaggini osò dire che «in Italia vi erano dei soldati di diverse nazionalità e che i piemontesi non erano d'accordo con gli altri italiani meridionali...». Il presidente Tachard allora interruppe l'oratore per dirgli che in Italia non vi erano che italiani.

Sul finire della seduta vari tedeschi presero la parola e fra essi il deputato germanico Lasker il quale asserì, che «la Allemagna era un grande Stato pacifico, che non rimaneva armato, che per difendere il proprio territorio. In Germania, soggiunse, gli istinti nazionali sono pacifici; la nazione tedesca non ha nessuna ira e non domanda che a riconciliarsi nella scienza colla vicina Francia ».

Il congresso terminò i suoi lavori con una discussione confusa, nella quale si decide che il congresso si riunirà ulteriormente e che si formerà un comitato esecutivo per ogni Paese, che adempirà le funzioni di comitato di studio e sarà scelto dal comitato inglese.

Credo di avere così brevissimamente analizzate le discussioni della poco concludente, e senza veruna utilità pratica pel diritti delle genti, conferenza dell'arbitrato e della pace.

I lavori dell'assemblea furono in principio seguiti con interesse dalla stampa locale, ma presto i principali fogli s'accorsero che nulla v'era di seriamente pratico nel congresso ed incominciarono a metterlo in canzonatura: citerò fra gli altri giornali l'ufficioso Echo du Parlement e la Gazzetta uno dei diarii più popolari di Bruxelles.

Ho sentito rimpiangere da personaggi importanti del Belgio che in una parte del pubblico sia nata una spiacevole confusione, cioè di pensare che la

futilissima conferenza per l'arbitrato fosse una cosa istessa col dottissimo Istituto di diritto internazionale, che vanta per uno dei suoi fondatori l'E. V., e del quale fanno parte i più illustri e conosciuti cultori delle giuridiche discipline, e che ebbe l'ultima sua sessione in Torino nello scorso settembre.

(l) Non pubblicato.

371

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

L. P. Chambéry, 25 ottobre 1882.

Tostoché il conte Granville mi ebbe dichiarato la sua intenzione di modificare lo schema di ordinamento della commissione delle indennità egiziane in modo soddisfacente per l'Italia, io mi valsi dell'autorizzazione concessami da V. E. per ritornare in Savoja. Ne ringrazio tanto più V. E. che io desideravo di rivedere la mia figlia prima che partisse per Palermo, e che io debbo sistemare alcuni miei affari privati della massima importanza ed urgenza.

Nel breve soggiorno che io feci ultimamente in Londra, potei convincermi che le nuvole momentaneamente prodotte dal nostro rifiuto di concorrere alla spedizione di Egitto, erano dileguate e che svanivano le traccie del malumore destato dalle intemperanze della nostra stampa che ferivano gli uomini anche i più devoti all'Italia come l'onorevole Gladstone fra altri, che ebbe a lamentarsi del linguaggio de' giornali italiani de' quali alcuni sono falsamente supposti ricevere talvolta, comunicazioni dal R. governo. Ma l'arrendevolezza del conte Granville riguardo alla commissione delle indennità, il di lui desiderio di conoscere le idee proprie di V. E. rispetto all'ordinamento de' tribunali tunisini in surrogazione delle capitolazioni tuttora vigenti, dimostrano che il nobile lord è portato a fare cose che possono essere gradite da V. E.

Per altra parte il recente discorso di S. E. il commendatore Depretis ai suoi elettori di Stradella ha prodotto il migliore effetto; per cui ha luogo di credere che le migliori disposizioni si mantengano tuttora in Inghilterra verso l'Italia.

Però non bisogna dissimularsi che il Gabinetto britannico è alcun poco dispiacente perché non sia stato possibile il nostro concorso in Egitto, non per l'aiuto militare che avremmo potuto dare, ma per causa dell'argine che col fatto avremmo opposto alle pretese francesi in Egitto le quali sono di non piccolo imbarazzo agli inglesi.

Intanto si nutre speranza che le nuove elezioni ci diano un parlamento che secondo il programma ministeriale il quale sviluppato con energia, costanza ed accorgimento, accrescerà malgrado alcune gelosie estere, gli elementi di influenza che compete all'Italia, la quale influenza quando sia giunto il tempo, si potrà manifestarsi con tanta maggiore efficacia quanto più saremo rimasti riserbati e concentrati.

Epperctò a V. E. ed al presidente del Consiglio ai quali principalmente incombe l'alta missione di compiere quel programma, io auguro il completo ricupero della loro salute tanto preziosa per il bene della Patria.

Nella prima quindicina del p.v. mese di novembre io spero di essere in grado di ritornare al mio posto, rimanendo però qua sempre ai cenni di V. E.

(l) Da M. C. R., Carte Mancini.

372

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, MALVANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

L. P. 25 ottobre 1882.

L'essere momentaneamente assente àa Torino -però a non grande distanza -fu cagione, per me, di breve indugio nel ricevere la lettera di V. E. (2). Mi sono affrettato a porgere al generale Robilant, con gli anticipati ringraziamenti di lei, un cenno urgente del desiderio che avrebbe l'E. V. di seco lui conferire prima che faccia ritorno a Vienna. Il generale, che io rividi ancor di recente, si teneva pronto alla escursione e, come egli riceverà oggi stesso il mio avviso, non dubito punto che sarà tosto presso V. E. o a Capodimonte o a Roma. Il generale stesso le telegraferà.

Seppi casualmente, domenica, che in giorno Nigra trovavasi di passaggio per Torino. Mi recai all'albergo e nol trovai; più tardi appresi che nel giorno stesso era ripartito per Milano, ove doveva trattenersi alquanto. Suppongo che si sarà recato presso Sua Maestà. In ogni modo, come le telegrafai, il prefetto Basile saprà di certo rintracciarlo e fargli palese il desiderio di V. E.

Ed ora mi rimane a risponderle circa la parte più confidenziale della lettera di V. E.

Mi consta in modo preciso, per confidenza sicura di parecchie persone, anche delle più intime e famigliari, che il generale Menabrea ha il posto di Parigi in cima alle sue più vive aspirazioni. A ciò lo muovono considerazioni numerose ed importanti: considerazioni di famiglia, considerazioni di salute, considerazioni di affari, considerazioni sociali. Non può quindi esistere dubbio alcuno sulla eventuale accettazione del generale. Ma, per questa stessa ragione appunto, io penserei remissivamente che un cenno qualsiasi, anche il più superficiale e il meno impegnativo, susciterebbe, da parte del generale e della sua famiglia, una azione la quale non si è finora manifestata per l'unico motivo che suppongonsi esistere, contro la desideratissima destinazione, obiezioni d'indole assai delicata, tra cui l'origine savojarda e le attinenze (vere o supposte) con notabilità del partito conservatore in Francia. Sarebbe pertanto mia sommessa opinione che una interrogazione al generale sia da differirsi in fino a che V. E., pesate maturamente tutte le circostanze, sia venuta ad una conclusione affermativa circa la combinazione di cui si tratta. La risposta a siffatta interrogazione -non esito ad esprimerne la garantia -sarà una

12) Non pubblicata.

premurosa accettazione. Tutto ciò premesso, ho appena mestieri di aggiungere che V. E. può ora e sempre di me disporre liberamente, e che al primo cenno telegrafico, mi recherei a Chambéry, agevolissima gita da Torino, distandone di pochissime ore.

Più essenziale, ed anzi addirittura essenzialissimo parrebbemi che v. E. possa procacciarsi, circa l'eventuale destinazione a Parigi, del generale Menabrea, l'indicazione sicura del pensiero che se ne avrebbe nelle sfere officiali francesi. Il modo più espediente per raggiungere il fine giustamente desiderato da V. E., d'avere in proposito un documento scritto, sembrerebbemi essere questo: che l'E. V. ne dica schiettamente una parola al Reverseaux (di cui i giornali annunciano il ritorno), ben precisando il carattere puramente eventuale e preliminare, né punto impegnativo, della apertura. Il Reverseaux, che oramai da parecchio tempo conosciamo, è uno spirito corretto, discreto ed animato, verso la persona sopratutto di V. E., delle più amichevoli disposizioni. Certo non è uomo da creare un imbroglio, sopratutto quando V. E. avrà, con la sua usata franchezza, posto i puntini sopra gli i. Ed il Reverseaux sarebbe da lei pregato di procacciarsi tale lettera del Decrais, se non del Duclerc stesso, dalla quale il concetto del governo francese rispetto alla candidatura Menabrea apparisca in forma che non soffra contrasto, né possa soggiacere al pericolo di una postuma sconfessione. Per tale modo, o io mi inganno a partito, o veramente si sarà da V. E. anche conseguito l'altro scopo non meno importante, quello cioè di serbarsi, malgrado l'indagine officiosa del Reverseaux, le mani perfettamente libere.

Poiché mi trovo sopra questo terreno, mi permetterei ancora di aggiungere che il generale Robilant, mentre, come Le dissi, recisamente declinava per sé ogni eventualità di candidatura, mi manifestava circa il migliore ambasciatore da mandarsi a Parigi nelle presenti circostanze, certi concetti che certo esporrà direttamente a V. E. nel prossimo ritrovo: essi si riassumono nella idea fondamentale che a Parigi ci occorre in questo momento tale uomo nel quale le doti della prudenza e della disciplina scrupolosa savrabbondino sopra quelle della iniziativa e della operosità; ché queste potrebbero riuscire intempestive e pericolose.

(l) Da M. C. R., Carte Mancini.

373

IL CONSOLE A TRIPOLI, LAMBERTENGHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. l. Tripoli, 29 ottobre 1882. (per. il 3 novembre).

Il mio predecessore ha dovuto informare a suo tempo, l'E. V. dell'arrivo a Tripoli, e, più tardi, del richiamo a Costantinopoli del colonnello tunisino Mohammed Cherif, lo stesso che organizzò la difesa di Sfax.

Egli è ora ritornato da Stambul con egual grado nell'esercito imperiale, e vuolsi, colla missione di mantenere viva l'agitazione tra gli arabi, e rendere anche infruttuose le pratiche del console di Francia dirette a persuadere i rivoltosi tunisini qui rifugiati, a far atto di sottomissione promettendo loro piena amnistia.

I viaggi frequenti nell'interno del Paese i frequenti abboccamenti che egli ha coi capi arabi, e gli ostacoli che il console francese incontrò fin oggi nelle sue trattative, confermano il sospetto della missione confidatagli, alla quale si sarebbe poi anche associato una altra persona influentissima, il Chek Haauza.

Questo personaggio è fratello del Marabutto tripolitano Chek-Haauza-el Medina, addetto attualmente alla persona del Sultano come consigliere privato per gli affari della Tripolitania e Tunisia, e da lui tenuto in altissimo concetto. Dopo l'occupazione francese di quest'ultima provincia egli venne da Costantinopoli a Tripoli sopra una fregata turca, seguito più tardi da altri emissari da lui dipendenti, e gode di un assegno mensile di lire 1200 col grado di Mefelichi-Amomi (controllore generale); questa posizione, e le sue relazioni gli danno un'influenza grandissima sulle autorità civili e militari, ed una autorità poi incontestata, e quasi superiore a quello dello stesso governatore generale sugli indigeni. Si pretende ch'egli sia perfino in corrispondenza diretta con S.M. il Sultano.

L'eccitazione ed il fanatismo tra gli arabi è lavoro, in gian parte, di questi due personaggi, e forse avrebbero provocato manifestazioni e deplorevoli eccessi, se gli ultimi avvenimenti d'Egitto non fossero venuti a distruggere le speranze dei rivoltosi, e provare l'insanità delle promesse che loro si facevano, l'intervento, cioè, della Turchia; l'invio di un corpo di cinquantamila uomini, e via, via, mllle altre lusinghe, intese a mantenere risvegliata la speranza di ajuti e simpatie.

Il consolato di Francia si valse naturalmente di queste circostanze favorevoli per riprendere le trattave coi rifugiati, interrotte dalle mene dei due emissari; gran parte di essi venne a patti, e avant'jeri ne partirono circa trenta, a bordo di un brigantino, per Zarsis, piccola città situata sul mare alla frontiera est della Tunisia.

Tra gli amnistiati trovasi il famoso Aly-ben-Ammar, capo della tribù UladAyar, quello stesso che riuscì a fuggire con quarantaclnque de' suoi attraverso le linee della colonna francese comandata dal generale Philibert, che lo aveva circondato tra Elkef e Ulad-Ayar. Egli è uno dei capi più potenti e autorevoli, e la sua sottomissione è di una importanza capitale per la tranquillità della Tunisia.

Resta ancora qui un altro capo non meno potente e non meno autorevole di lui, Aly-ben-Kalifa; influenzato dal colonnello e dal Chek Haauza rifiutò la propostagli amnistia; so però che il consolato francese lavora attivamente' per attirarlo, valendosi di alcuni suoi parenti che hanno già fatto sottomissione.

Il console di Francia, signor Feraud è partito giorni sono in congedo, a bordo di una cannoniera, la « Vipère » messa a di lui disposizione, lasciando la reggenza dell'ufficio al Signor Laimé, antico redattore del Temps, ed entrato ultimamente di sbalzo come vice-console nella carriera. Il colore del giornale nel quale scriveva darà a V.E. un'idea dei sentimenti che lo animano verso l'Italia.

Il governo francese non risparmia mezzo per guadagnare influenza e simpatia nel Paese; fonda scuole, ospedali, e stabilimenti di carità ai quali accorda larghi sussidi, e dove accoglie europei e indigeni, monsignore Lavigerie è per

questo un attivissimo agente; protegge stabilimenti di credito, come la Banca Transatlantica fondata appena alcuni anni fa; vapori della marina mercantile, sussidiati dal governo, cominceranno, tra breve, un nuovo e più frequente servizio, inaugurando così una concorrenza che, per numero e portata, riescirà dannosa ai nazionali; i suoi legni da guerra si mostrano frequenti nei porti della provincia, e son messi a disposizione degli agenti ogni qualvolta si assentano dalla residenza, rialzando in tal guisa il loro prestigio agli occhi degli indigeni e delle autorità locali, prestigio sostenuto poi da generosi assegni e da una confortabile dimora che permette loro di vivere con quella dignità che si richiede in un agente, e guadagna gli animi degli orientali portati, come l'E.V. sa, per natura all'obbedienza ed all'ammirazione, dirò quasi infantile, di tutto ciò che sente e lusso e forza.

Il governo inglese è il solo che mantenga sullo stesso piede la sua rappresentanza. Io metterò ogni diligenza per tenere esattamente informata l'E. V. sullo stato delle cose del Paese, e sullo spirito della popolazione, come metterò ogni zelo nel disimpegno dei molti e svariati doveri che mi incombono; mi sento però fin d'ora, nell'obbligo di dire a V.E. che se il governo del Re vuole, a sua volta, guadagnarsi nella Tripolitania quella legittima influenza che gli spetta, e assicurarsi le simpatie che oggi non gli mancano, deve accordare una più larga e efficace protezione, anche a costo di sacrifizi pecuniari, a tutto ciò che può circondare il nome italiano di lustro, di riverenza, di simpatia, di autorità.

Senza di ciò l'influenza nostra andrà mano mano perduta, e allorché vorremo usarla troveremo che altri hanno preso il posto migliore.

Quando avrò meglio studiato le condizioni politico-commerciali del Paese, e di bisogni della nostra colonia che tra tutte, è la più importante per interessi e causa mi permetterò di suggerire i mezzi che mi sembreranno i più acconci per raggiungere questa meta, e mi lusingo che l'E.V. vorrà prenderli in benevole considerazione.

A proposito poi della partenza in congedo del console di Francia debbo segnalare a V.E. un incidente accorso al momento stesso della sua partenza. È costume allorché un titolare lascia la residenza di inviare i Kavas per fargli ;corta d'onore fino al molo d'imbarco; e di recarvisi anche personalmente per congedarsi.

Quando partì il cavalier Goyzueta tutti i colleghi inviarono le guardie e furono a salutarlo a bordo, ad eccezione del console di Francia che non mandò neppure i propri Kavas per scortalo. Questa scortesia ingiustificabile fu notata naturalmente da tutti, e dispiacque poi oltremodo alla colonia.

Partendo ora, a sua volta, il console francese, credetti mio dovere, per dare soddisfazione, in primo luogo, alla colonia ferita dall'atto scortese usato verso il suo rappresentante, e per la dignità stessa del consolato, di astenermi dall'inviare i Kavas, e meno poi di recarmivi personalmente.

Spero che V.E. vorrà approvare la mia decisione. Le relazioni telegrafiche tra Tripoli e Malta, e quindi coll'Europa sono aperte. La «Eastern telegraph Company limited » concessionaria della linea ne ha annunziata l'apertura fin da jeri. Jeri poi giunse in porto un vapore

25 -Documenti diplomatici -Serle Il -Vol. XV-XVI

inglese col materiale necessario all'impianto di una linea telegrafica militare tra Tripoli e Zuara verso la frontiera tunisina, e fra Trlpoli e Roma, Zeliteni, Tubia e Misurata; più tardi quest'ultima linea verrebbe prolungata fino a Bengasi.

Mi valgo frattanto dell'opportunità .....

P.S. Al momento di chiudere il presente ufficio mi viene riferito da persona autorevolissima che il console di Francia, qualche giorno prima di partire, radunò segretamente, ed alla spicciolata, molti indigeni, tra i quali alcuni capi arabi dell'interno, per far loro firmare un indirizzo al governo della Repubblica col quale domandano la protezione della Francia. L'indirizzo sarebbe stato segnato, mi si dice, con circa trecento sugggelli o firme, e travasi a mani del console che lo ha preso seco partendo in congedo. La persona che mi riferì questa notizia aggiunse che il console di mano in mano che riceveva i segretari mentre faceva loro l'apologia della Francia e dei benefizi che avrebbero avuto sotto il suo protettorato, si esprimeva assai poco benevolmente verso l'Italia, il suo governo e la sua amministrazione. Quantunque conoscessi già l'irequieta attività del signor Feraud dopo l'occupazione di Tunisi; il suo desiderio di far parlare di sè, e le sue antipatie mal celate verso il nostro Paese pure la cosa mi parve cosi delicata che, malgrado l'autorità della persona che me lo

riferiva volli assicurarmene interrogandone altre non meno degne di fede per posizione e influenza, e da tutto mi venne confermato il fatto. La petizione firmata da ignoti individui comprati, o ligi al consolato di Francia, e da qualche capo senza prestigio e senza autorità, non può aver certo nessun valore agli occhi di chicchessia, e non varrebbe che a provare lo spirito irrequieto, e lo zelo esagerato di un agente; mi sarei dunque limitato a segnalarlo a V.E. come parte di cronica locale, se il fatto non fosse stato accompagnato da circostanze più gravi e tali da richiamare la solerte attenzione di V.E., quello cioè di una propaganda anti italiana, e di insinuazioni poco benevoli all'indirizzo del governo del Re fatte da un agente di un governo amico.

Debbo aggiungere a V.E. che all'epoca dell'occupazione della Tunisia il console di Francia aveva anche allora provocato fra gli arabi un'eguale petizione che venne inviata al governo della Repubblica.

374

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. RR. 1559/1592 Londra 31 ottobre 1882 (per. il 4 novembre)

Come ebbi l'onore di telegrafare all'E.V. il 26 corrente (1), il numero del Times pubblicato quel giorno conteneva, in un articolo di fondo sugli affari

d'Egitto, insinuazioni ostili al R. Governo, fra la quale sono da notare i passaggl seguenti:

«Ci rincresce che la stessa salda amicizia'> (che sarebbe stata manifestata all'Inghilterra dall'Austria e dalla Germania) «non ci è stata dimostrata dall'Italia; ma un cambiamento notevole ha avuto luogo nella condotta di quell'ambizioso Paese dopo il nostro decisivo di Tel-El-Kebis. I vari tentativi fatti dagli uomini di Stato italiani, durante i primi periodi dei negoziati, per frapporre ostacoli alla nostra politica non saranno agevolmente dimenticati '>.

Stimando debito di questa R. ambasciata di respingere quell'accusa gratuita che, attesa l'autorità del Times, poteva trovar fede, credei opportuno di fare indirizzare all'editore di quel giornale una lettera dal signor Roberto Stuart per ismentirla.

Quella lettera era scritta nel modo più semplice, cortese ed efficace. La miglior risposta, essa diceva, che potrebbe darsi all'articolo del Times è contetenuta nei rapporti di sir Augustus Paget, dati alla luce dal governo britannico nei Blue-Books sugli affari d'Egitto nn. 17 e 18; e si trascrivevano i più importanti passaggi di quei rapporti.

Contrariamente però ad ogni aspettazione, contrariamente agli usi ed alle tradizioni dei giornali inglesi, l'editore del Times rifiutò di pubblicare quella lettera.

Non sono in grado di poter indicare con precisione quali influenze sono state messe in giuoco sull'animo del nuovo editore del Times, professore Chenery (essendo state riferite, intorno a ciò, voci diverse e contradittorie), il fatto è che costui è pieno di maltalento contro l'Italia, in opposizione al direttore di quel giornale, signor Macdonald, che è ispirato da sentimenti contrarii.

E che ciò sia, ne ebbi prova io medesimo il giorno susseguente. Imperocché, avendo pregato il signor Gallenga, uno degli scrittori dello stesso Times, di .far pubblicare una sua lettera in quel giornale per contraddire le ingiuste accuse, il professore Chenery ricusò eziandio di stamparla: e, quantunque mi fossi io stesso recato col signor Gallenga a convincerlo della inesattezza delle sue informazioni in riguardo alla Italia, ed a tentare di scoprire quale fosse la cagione della sua malevolenza, non seppe allegarmi altra scusa del non aver voluto pubblicare le lettere del signor Stuart e del signor Gallenga se non che « non era conveniente ad un editore di far smentire nel proprio giornale ciò che egli aveva asserito, credendolo esatto '>.

Stimai allora utile chiedere all'editore della Pall Mall Gazette (giornale autorevole ed amico dell'Italia) di pubblicare la lettera del Gallenga. Avrei desiderato, però, far notare come il Times si fosse ricusato ad inserirla, se non che le usanze giornalistiche opponendosi a ciò, dovetti rinunziarvi.

La lettera suddetta è venuta alla luce quest'oggi ed ho l'onore di trasmetterla, qui acclusa, alla E. V.; (l) se non che, sapendo l'editore della Pall Mall che proveniva dall'ambasciata, ho dovuto essere guardingo circa le allusioni che

essa conteneva e rifarla, quà e là, nella forma; cosicché non ho potuto farla firmare dal signor Gallenga. È stata sottoscritta << Un Italiana ».

Né si limitò a quanto di sopra ho detto l'astio del professore Chenery, giacché altre maligne insinuazioni contro l'Italia comparvero in un articolo di fondo del Times di ieri relativo a Tunisi. Laonde mi parve opportuno di pregare una persona autorevole di convincere, se possibile, l'editore di quel giornale della irragionevolezza dei suoi sentimenti verso il nostro Paese. Non so se debbasi ascrivere a questo opportuno intervento, o alla forza stessa della verità che si fa strada dovunque, il cambiamento di tuono di quel giornale e le lodi date al governo del re nel Times d'oggi; delle quali farò argomento di un susseguente rapporto.

Non posso terminare questa lettera senza aggiungere che il signor Roberto Stuart fece pubblicare nel Morning Post del 27 corrente una risposta alle insinuazioni del Times, allegando taluni brani dei rapporti di sir Augustus Paget, nei quali si mette sotto il suo vero lume l'attitudine del governo del Re verso l'Inghilterra nella questione d'Egitto; e che l'editore dello Standard pubblicò, spontaneamente, nelle colonne del suo giornale il più importante dei summentovati rapporti.

(l) T. 1777, non pubblicato.

(l) Non si pubblica.

375

IL MINISTRO A BELGRADO, TOSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

APPUNTO. Roma, ... (2)

Il signor de Bacourt ha chiesto di assentarsi per qualche settimana da Roma, stante l'arrivo del primo segretario incaricato d'affari. Egli ha comunicata a Parigi la favorevole risposta fattagli dal ministro italiano degli Affari Esteri relativamente alle capitolazioni. Egli crede che la nomina dello ambasciatore italiano a Parigi è veramente di csxattere urgente: a Parigi regnano disposizioni amichevoli: la nomina del signor Decrais come ambasciatore a Roma è pronta: giornali italiani incominciano a toccare la quistione di sapere se la Francia deve essere la prima, ovvero l'Italia, a nominare l'ambasciatore da un momento all'altro le disposizioni personali di chi tratta le cose possono variare, inasprire gli spiriti, suscitare nuovi ostacoli.

Il signor de Bacourt, come antico collega e amico, diceva al cavalier Tosi di sapere che a Parigi si era pronti o occupati di accomodare l'affare di Sfax. Egli stimava che sarebbe stato bene di farlo sapere a S.E. Mancini. Senza però nominare lui Bacourt, il quale non aveva incarico nè qualità officiale per fare simili comunicazioni.

(l) -Da M.C.R., Carte Mancini. (2) -Doeum~nto ~c·nza data. Presumlbllmente del novembre 1882.
376

IL MINISTRO A BELGRADO, TOSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

L. Roma, ... (2).

Discorrendo, dopo il pranzo, il generale Robilant con il conte Ludolf, quest'ultimo toccò un argomento assai delicato. Enunciò il pensiero che senza dubbio il discorso della Corona per l'apertura del parlamento italiano avrebbe contenuto una frase ben chiara di biasimo per gli irredentisti, e qualche cosa di indole a chiaramente provare l'intendimento del governo italiano di escludere ogni dubbio ogni qualsiasi equivoco, relativamente all'accordo con l'Austria, alla risoluzione di perfetto e reale buon accordo, etc. Dopo i fatti di Trieste, si aveva a Vienna il diritto di contare su una esplicita dimostrazione. Il conte Ludolf accennava anche ad una preventiva comunicazione che si farebbe a lui,

o che forse egli avrebbe chiesta, del discorso. Il conte di Robilant gli rispose vivamente: oh! non vi consiglio di far ciò, vi esporreste a sentirvi rispondere in modo diverso da quello che desiderate.

Il conte di Robilant desidera che di questo incidente sia data notizia a

S.E. il Ministro.

377

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1801 Vienna, 1° novembre 1882, ore 15,45 (per. ore 20).

Hier à la commission de la délégation hongroise, ministre des Affaires Etrangères interpellé sur les motifs qui ont retardé la visite de l'Empereur à nos Souverains, a répondu dans les termes suivants. Il a tout d'abord exclu dans ce retard tout motif personnel. L'arrivée du Roi d'Italie à Vienne avait deux buts: temoigner ses sentiments d'amitié pour l'Empereur et prouver que l'Italie s'associait à la politique conservatrice et pacifique de l'AutricheHongrie. Non seulement ces deux buts ont été obtenus, mais par suite de la visite, ces liens entre les deux gouvernements se sont resserrés et les rélations les plus amicales se sont établie entre les deux gouvernements. La contre-visite ne pouvait évidemnent avoir que ces deux mèmes buts et toute idée qui leur fùt étrangère ne saurait etre admise. Lorsqu'il s'agit du choix de la localité pour la rencontre, on ne put passer sur ces considérations et l'on dut tenir compte des conditions exceptionnelles de la capitale italienne, conditions qui ne se retrouvent dans aucune autre résidence et qui, en dehors de ces difficultés, créent danger que l'Empereur devienne le but de manifestations politiques de la part des adhérents des deux camps, et surtout qu'on puisse attribuer à

(ll Da M.C.R., Carte Mancini.

la visite de Sa Majesté une signification et une portee toute différente des intentions de S.M. l'Empereur et de son gouvernement. Le ministre ne pouvait prendre sur lui de conseiller la contre visite à Rome lorsque, de leur còté, les ministres italiens n'étaient pas en mesure de se décider pour le choix d'une autre localité. La visite a été par conséquent remise à une autre époque. Les pourparles qui eurent lieu à ce propos, le ministre tient à la déclarer formellement, ont été empreints de la plus franche amitié et l'ajournement de la visite n'a exercé la moindre influence, ni sur les sentiments amicaux des deux Cours, ni sur les rélations dilrables et cordiales entre les deux gouvernements. M. Tisza, président du Conseil hongrois, prenant à son tour la parole s'est associé à la politique du comte Kalnoky. Ce dernier n'a pas dit que Rome n'appartient pas à l'Italie; aucun motif personnel n'existait pour l'Empereur, cependant Sa Majesté n'aurait pas pu ignorer la présence du Saint Père à Rome. Le meilleur moyen était donc de remettre la visite jusqu'à ce que fussent bannies les difficultés politiques prédominantes. Le comte Andrassy a dit ensuite Rome, capitale d'Italie, est un fait accompli, ce qui est encore indiqué comme question non résolue se peut rapporter seulement aux relations entre le Pape et le gouvernement italien. Il approuve entièrement que dans des circostances aussi délicates la contre visite ait été remise, les conditions sociales à Rome sont telles qu'une visite dans cette ville aurait, en tout cas, produit maintes désagréments. Tel est le résumé des discours d'après le compte rendu des journaux, car il

n'existe pas de compte rendu officiel.

(2) Documento senza data. Presumlbllmente del novembre 1882.

378

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A TUNISI, RAYBAUDI MARSIGLIA (l)

D. 225. Roma, 1° novembre 1882.

Con telegramma dl ieri, (2) che qui Le confermo, pregai V.S. di mandarmi un particolareggiato rapporto sui tre punti seguenti:

1° Quali sieno i vantaggi commerciali assicurati ai sudditi inglesi, nella reggenza, dalle convenzioni stipulate dal governo britannico con quello del Bey, e che l'Inghilterra chiede di conservare, pur aderendo all'abolizione delle capitolazioni; -in che tali vantaggi sieno diversi o superiori a quelli di cui godono i sudditi nostri in virtù dei trattati da noi stipulati. A meglio chiarire questo punto converrebbe che ella mi trasmettesse il testo delle convenzioni inglesi;

2° Quali diritti, prerogative ed attribuzioni eserciti il R. Consolato in Tunisi, nell'interesse dei suoi amministrati, all'infuori della giurisdizione propriamente detta;

3° Quali sieno le garanzie, di cui noi siamo ora in possesso, e che attualmente esercitiamo, per la protezione dei nostri connazionali nelle cause che non cadano nella competenza del nostro tribunale consolare, e siano giudicate, sia dai tribunali indigeni, sia dai tribunali consolari di altre nazioni (1).

(l) -Ed. In LV 43, p. 12. (2) -T. 880 del 31 ottobre 1882, non pubblicato.
379

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. CONFIDENZIALISSIMO 1806/1099. Londra, 2 novembre 1882, ore 21,55 (per. ore 0,15 del 3).

Dilke me prévient que plusieurs projets ont été soumis au Conseil des ministres relativement à l'Egypte. Un d'eux se réfère à la proposition italienne d'après laquelle le canal de Suez serait ouvert à la libre navigation de tous les Pays en temps de paix et de guerre. Lui ayant demandé à quelle époque, et sous quelle forme, le gouvernement du Roi aurait fait cette proposition il n'a pu me renseigner à ce sujet, mais il a ajouté que le pròjet a été présenté au Conseil sous le nom d'idée italienne et qu'il sera probablement adopté. Un autre concerne la nouvelle constitution de la Chambre des notables qui devra exercer dans les limites des traités internationaux un droit de contrale sur la législation, l'administration et les finances du Pays. J'ai été prié de ne pas communiquer ces plans à mes collègues.

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IL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A TUNISI, RAYBAUDI, MASSIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (2)

R. 698. Tunisi, 2 novembre 1882 (per. il 14).

In obbedienza agli ordini impartitimi dall'E. V., con telegramma di ieri l'altro (3) mi accingo a rispondere partitamente al questionario formolatomi:

l o Quels so n t l es avantages commerciaux assurés aux anglais dans la Régence de Tunis par des conventions avec l'Angleterre et qu'on demande de conserver et en quoi ces avantages différents et sont supérieurs à ceux dont jouissent les italièns en vertu de nos graités.

Innanzi tutto il trattato inglese del 1875 ben poco differisce dall'italiano, conchiuso nel 1868; vale però a completare quest'ultimo, del tutto generico nella parte commerciale. Difatti l'articolo IX del trattato italiano, parlando dell'importazione, la dichiara soggetta solamente ai dazi o diritti imposti sopra le merci

simili dello stato più favorito; l'articolo VII del trattato mglese contempla invece le basi di questi diritti e dice formalmente: «I diritti prelevati sugli articoli di produzione naturale o manifatturiera non potranno in alcun caso sorpassare la tassa dell'8 per cento ad valorem ». La tenuità di questa tassa costituisce il maggior vantaggio assicurato al commercio inglese, e per conseguenza all'italiano in virtù dell'articolo IX sopracitato, nonché dell'articolo I del nostro trattato, i quali ci assicurano il trattamento della Nazione più favorita.

Se non che, se 1'8 per cento viene sancito come il massimo dell'imposizione e viene in realtà applicato nel presente, mi permetto rammentare all'E. V. essere questa una misura del tutto provvisoria, come risulta dal carteggio tenuto da questa regia agenzia col superiore dicastero degli Esteri negli anni 1869, 1871, 1872.

Sino a quest'ultima data il diritto di entrata si trovava fissato al 3 per cento; dietro le vive istanze del Mustafa Kasnadar, in allora primo ministro di S.A., il corpo consolare acconsentì a prendere in considerazione il proposto aumento, il quale non venne attuato che tre anni dopo, quando già, nell'amministrazione delle finanze tunisine, al governo tunisino era subentrata la commissione internazionale. Quest'ultima, per far fronte ad un capitale di 18 milioni di cuponi arretrati, credette bene di riprendere la proposta del Kasnadar, dell'aumento cioè dei diritti di dogana all'entrata. Difatti, a pagina 12 del protocollo denominato « Arrangement définitif de la Dette générale tunisienne », sotto il titolo « Remboursement des coupons arriérés », si legge: «Il sera créé à cet effet, pour chacun des titres actuels portant des coupons d'intérèt, un certificat distinct, etc ... ; c es certificats seront au porteur, remboursés sans intérèt, par voie de tirage au sort, au moyen du produit qui résultera de l'augmentation des tarifs actuels des droits de douane à l'entrée :..

Con dispaccio del 17 novembre 1871, n. 50 Serie commerciale (l) il signor commendator Pinna, in allora titolare di questo R. uffizio, annunziava come, incalzato dai colleghi di Francia e di Inghilterra, si era valso dell'autorizzazione ministeriale per acconsentire all'aumento doganale dal 3 all'8 per cento soltanto in via di esperimento, e sotto condizione che non siano elevate le tariffe in corso sulla esportazione dei prodotti del suolo e della industria della reggenza.

Con susseguente dispaccio del 25 marzo 1872, n. 57, commendatore Pinna rimetteva al regio ministero la traduzione di una circolare del Bey, colla quale

S.A. stabiliva, in base all'accordo passatosi coi governi interessati, l'aumento della tassa doganale; soggiungeva l'agente italiano di avere, nel segnare ricevuta della circolare, rinnovate le sue riserve: esser cioè l'adesione del governo del Re data in via di esperimento, e condizionata al mantenimentQ delle attuali tariffe di esportazione.

Risulterebbe, da quanto precede, la facoltà, per il governo italiano, di chiamare la reggenza, all'osservanza delle antiche stipulazioni: ma, dato pure che le convenienze politiche noi permettano al presente (in considerazione pure degli interessi dei creditori italiani), né quando la Francia si sostituisse alla commissione finanziaria col riscatto del debito tunisino noi, e con noi l'Inghil

terra, ancorché non avesse fatto a tempo debito le opportune riserve, potremo sempre imporre la riduzione al 3 per cento allorquando sarà interamente ammortizzato il capitale dei cuponi arretrati, cioè sparita la causa che provocò l'aumento di 5 punti. Sopra un capitale di franchi 18.110.000 se ne sono a tutto oggi ammortizzati 6.500.000; computando i maggiori e progressivi introiti doganali, il rimanente si coprirà facilmente in dieci anni.

L'Inghilterra, che dal congresso di Berlino in poi mutò interamente la politica sua tradizionale in Tunisia, l'Inghilterra la quale non ha cittadini suoi propri nella Reggenza, ma sudditi maltesi, non avrà difficoltà a sottoporli alle leggi francesi, come non ne ebbe a lasciare invadere questo importantissimo tratto di lido mediterraneo. Ove si opporrà alla Francia con tutte le sue forze od ove la sua voce si farà certamente e con efficacia sentire, si è appunto sui vantaggi commerciali a lei assicurati dalle vigenti convenzioni. Manchester sa di avere, grazie alla tenuità dei diritti di entrata, commercio per tre o quattro milioni di franchi colla reggenza, specialmente in tessuti di cotone e lana, i quali vanno e passano il deserto; le città manifatturiere della Gran Bretagna hanno visto cessare ogni relazione coll'Algeria, retta dalla legislazione doganale e coloniale francese, ed ove le loro merci pagano, a seconda dei generi, il 10, il 12, il 15, il 18, il 20, ed anche il 40 o il 50 per cento. Ammaestrati quindi dalla esperienza, i privati, le camere di commercio ed il Paese, se tollereranno per parte del governo inglese l'abdicazione politica e giurisdizionale, mai e poi mai potranno acconsentire ad una lesione si profonda dei loro interessi, il loro commercio in Tunisia essendo senza esagerazione due o tre volte più importante di quello italiano.

È noto come il trattato inglese venne stipulato per soli sette anni; esser quindi scaduto nel luglio scorso, ma continuare a vigere in grazia di una clausola esplicita, la quale mantiene il trattato in tutta la sua efficacia sino a nuova convenzione. La conservazione di questi privilegi commerciali potrebbe col tempo provocare una divergenza fra l'Inghilterra e la Francia, che l'oculata vigilanza del governo del Re saprebbe senza dubbio sfruttare.

A guisa di complemento, e per norma dell'E.V., osservo che il commercio italiano di importazione, sinora calcolato a due milioni di franchi, tende a prendere uno sviluppo di grande importanza in seterie, panni, tele, maglierie, generi alimentari, carta e zinco; in questi due ultimi articoli la merce italiana vince ogni concorrenza francese, essendo lo zinco dato con ribasso del 15% e l'importazione della carta francese quasi del tutto cessata.

Per quanto concerne l'esportazione, una sola differenza appare fra i due trattati: nell'ultimo capoverso dell'articolo IX italiano è riservata facoltà al. Bey di Tunisi, per misura di pubblico interesse, eU proibire la esportazione dei cereali, dandone però avviso al R. agente tre mesi prima; l'articolo XXII del trattato inglese, nell'accordare al Bey la stessa facoltà, prescrive per l'avviso preventivo un termine di mesi otto. Ma, per quanto i diritti riferentisi alla esportazione non siano contemplati dai trattati, lo statu quo ci è di grande vantaggio. Si sa che questi diritti sono fissati e percepiti dalla commissione internazionale, sottoposta al protettorato dell'Inghilterra dell'Italia e della Francia. Se quest'ultima Potenza attua il suo progetto di riscatto del debito tunisino, cessa di per se stesso il compito della commissione, subentran

dovi quello del governo francese, sia per la riscossione delle imposte, sia per

l'applicazione dei diritti doganali; e la Francia, non inceppata da convenzioni,

li rialzerà a suo talento.

Dopo quanto venni di esporre parrebbe inutile ogni conclusione; ma, per

maggiore chiarezza, non sarà superfluo ripetere come il commercio inglese

non goda di speciali privilegi in Tunisia; come attualmente l'importazione

non paghi che 1'8 %; potersi col mantenimento dei trattati in un prossimo

avvenire ridurre al 3 %; in caso contrario, cessare ogni transazione com

merciale colla madre patria; quanto all'esportazione esser dessa regolata in

modo uniforme dalla commissione internazionale ed in caso di cessazione

delle sue funzioni cadere nelle mani e nell'arbitrio del governo francese; essere

finalmente l'Inghilterra più interessata di noi nella questione commerciale e

perciò sempre probabile e possibile concordare una azione comune e simultanea.

2° Quels droits, prérogatives et attributions sont exercées par notre Consulat

à Tunis dans l'intérèt de nos nationaux en dehors de la juridiction proprement

dite pour la décision des contestations judiciaires.

Questa domanda, per essere formolata in via telegrafica, e quindi senza la

divisione delle frasi, dà luogo a doppia interpretazione. Se vi fosse una sola vir

gola dopo la parola «nationaux », la frase «pour la décision des contestations

judiciaires » non sarebbe che un complemento della prima « en dehors de la

juridiction proprement dite», per cui si verrebbe a chiedere quali siena i diritti

e le attribuzioni esercitate dal consolato all'infuori della giurisdizione. Se invece

la frase << en dehors de la juridiction proprement dite» è posta per così dire fra

parentesi, il pensiero di V.E. sarebbe di conoscere i diritti e le attribuzioni del

consolato per quelle contestazioni giudiziarie che sono all'infuori della giurisdi

zione propriamente detta. Nel primo caso rispondo: non si esplicano altri diritti

o attribuzioni che quelle conferite dalle leggi patrie ed in ispecie dalla legge consolare. Nel secondo osservo invece esistere una procedura specialissima derivante dagli articoli XXII del trattato italiano, XV del trattato inglese e dall'uso invalso.

Lasciando da parte le questioni circa gli immobili, sottoposte al tribunale religioso locale, colla assistenza però di un delegato del consolato, tutte le divergenze, si civili che commerciali, in cui gli italiani siano attori, sono dal consolato trattate dapprima in via amministrativa col governo di S.A., e più specialmente col ministero degli Affari Esteri; in extremis dinanzi al Bey. L'esito dipende talfiata dalla maggiore o minore influenza del consolato presso il

• Bardo, ed ora che la Francia impera si capisce facilmente quanto aleatoria e precaria divenga, nelle presenti circostanze, simile procedura. Nelle vertenze giudiziarie quindi che sono all'infuori della giurisdizione propriamente detta, l'interesse privato è in balia da una parte alle qualità personali del console e dall'altra alla parola d'ordine che venisse per avventura impartita al Bardo.

3° Quels sont les garanties dont nous sommes en possession actuellement pour la protection de nos nationaux dans les contestations étrangères à la juridiction du Tribuna! consulaire italien et jugées par les juges indigènes où par Ies Tribunaux consulaires d'autres nations.

Colla parola (nessuna) si potrebbe rispondere al quesito. Un cittadino italiano, volendo azionare un suddito di Potenza europea, presenta l'istanza o la querela al R. consolato, il quale, dopo aver apposto in calce un decreto di ritrasmissione, ha cura di farla rimettere all'autorità cui la domanda dell'attore si riferisce; identica procedura seguono i sudditi stranieri attori verso gli italiani convenuti. Trasmessa l'istanza giudiziaria, e presa in considerazione dalla competente autorità cessa ipso facto ogni ingerenza dei consoli; nel caso solo di un diniego di giustizia, come sarebbe il non voler prendere in considerazione la domanda dell'attore, si fa luogo a reclami in via diplomatica, facendo naturalmente intervenire il proprio governo. Altre garanzie non esistono.

(l) -Per la risposta, cfr. n. 380. (2) -Ed. in LV 43, pp. 13-16. (3) -T. 880 del 31 ottobre 1882, non pubblicato.

(l) Non pubbl1cato nel vol. III della serie II.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA (l)

L. CONFIDENZIALE. Roma, 6 novembre 1882.

Avrei voluto, attesa la somma urgenza, telegrafarle in cifra, ma non lo potrei senza far passare il telegramma sotto gli occhi del consolato. Quindi le scrivo, e contemporaneamente le trasmetto per mezzo del nostro vice consolato un plico, entro il quale troverà un cifrario particolare di cui V.E. potrà far uso per rispondermi telegraficamente dopo aver letta la presente mia lettera.

Il servizio di S. M. e del Paese esigono che sia affidato l'uffizio di ambasciatore d'Italia a Parigi ad un'alta e sperimentata capacità, e ad un tempo a personaggio gradito e simpatico alla Francia ed al suo governo, benché geloso custode della dignità e degli interessi nazionali.

Non ho saputo, dopo mature considerazioni fissare la mia scelta che sulla persona di V.E., che può essere cosi chiamata ad aggiungere nuovi segnalati servizi ai tanti che ha già resi all'Italia ed alla Casa di Savoja. Arduo è il compito di ristabilire la fiducia ed i buoni rapporti tra due grandi nazioni vicine, senza alterare la nostra situazione politica in Europa, quale è imposta da interessi di un ordine superiore, e da una situazione che per molti anni difficilmente si muterà. Ma un tal compito è degno di lei e del suo potente ingegno, ed io sarò orgoglioso di avere un tal collaboratore e di attestargli in ogni occasione, come credo di aver fatto finora, la mia grande stima e fiducia.

Certamente la nomina di un personaggio nato in Savoja, e che è prima illustrazione di quella provincia oggi francese, è una prima deroga ad una massima finora osservata; ma questa deroga ha un doppio significato: verso la persona di V.E. di una eccezionale confidenza del nostro Augusto Sovrano e del suo governo: e verso la Francia di una particolare deferenza e dimostrazione di amicizia. E così un'antica aspirazione dell'E. V. può oggi adempiersi

senza contrasto con gl'interessi della Dinastia e del Paese che Ella è avvezza a far passare sempre innanzi ai suoi comodi ed interessi privati.

Ora godo di annunziarle che S.M., sulla (unanime) adesione del Consiglio dei ministri a tale mia proposta, si degna approvare la sua destinazione a Parigi. Ed ho anche avuto cura di procurarmi in via affatto confidenziale ed intima, una preventiva manifestazione del vivo compiacimento che di tale nomina proveranno il Presidente Grevy ed il ministro francese.

La Francia nomina ambasciatore a Roma il Decrais anche questa ottima scelta.

Si vorrebbe porre la stessa data a Parigi ed a Roma (o Monza) ai decreti delle due nomine per schivare questioni di precedenza; ma si vorrebbe il fatto compiuto avanti il 9 novembre, giorno fissato per l'apertura delle Camere francesi.

Da ciò la massima urgenza, ed io non dubitando della sua adesione all'onorifica ed importante destinazione, e ad un atto di cosi speciale fiducia del Re e del governo, prego V. E. di significarmela telegraficamente, essendomi sembrato un dovere di delicatezza e di riguardo non dar luogo alla firma dei decreti prima di una sua confidenziale accettazione.

Sarà poi necessaria la sua venuta a Roma per concertarsi su molte questioni. Ma ciò con suo comodo.

(l) Da M.C R, CartE' Mancini.

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L'INCARICATO D'AFFARI DI FRANCIA A ROMA, REVERSEAUX, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

L. P. Roma, 6 novembre 1882.

S.E. Monsieur Duclerc m'autorisant à laisser à V.E., à titre absolument confidentiel, la copie de son télégramme relatif aux ambassadeurs, j'ai l'honneur de l'adresser à V. E. et de l'informer que mon gouvernement consent à faire porter la meme date aux décrets qui nommeront nos représentants respectifs. Je compte donc sur la promesse que V.E. a bien voulu me faire hier de me prévenir dès que S. M. le Roi et le Conseil auront définitivement arrété leur choix. Pour la forme, je demanderai officiellement l'agrément du gouvernement de la République et je lui transmettrai la date qui aura été assignée par vous au décret de nomination.

ALLEGATO

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI DI FRANCIA, DUCLERC, ALL'INCARICATO D'AFFARI DI FRANCIA A ROMA, REVERSEAUX.

T. CONFIDENZIALISSIMO.

Parigi, 4 novembre 1882.

Je me suis empressé de montrer votre télégramme d'hier soir à M. le président de le République et de le communiquer confidentiellement au Conseil. Nous ne pouvons

qu'apprécier le sentiment qui a dicté la proposition confidentielle de M. Mancini ainsi que la forme elle-meme dans laquelle il vous l'a présentée. Nous y trouvons un gage des di.spositions conciliantes de l'Italie relatives à la solution de la question des ambassadeurs.

Nous faisons le plus grand cas de la personnalité meme du général Menabrea. Je vous prie de le dire à M. Mancini et de lui annoncer que le gouvernement de la République est tout di.sposé à agréer dès maintenant le candidat de M. le mini.stre des Affaires Etrangères d'Italie.

Je compte de mon còté proposer à M. le Président de la République, comme ambassadeur auprès du Roi, M. Decrais, ancien ministre à Bruxelles et directeur politique au mini.stère des Affaires Etrangères. Il me parait inutile d'insister sur les titres qui militent en sa faveur et le recommandent au bon accueil du gouvernenent italien et c'est avec une pleine confiance que je vous prie de faire connaitre nos intentions à M. Mancini.

(l) Da lVI.C R., Carte Mancini.

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L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. CONFIDENZIALISSIMO 1813/1101. Londra, 7 novembre 1882, ore 1,10 (per. ore 2,50).

Projet italien concernant canal Suez discuté par les ambassadeurs à Constantinople à l'époque de la conférence a été adopté par le Conseil des ministres et communiqué à Dufferin dont on a demandé avis, qu'on suppose favorable; il sera ensuite définitivement adopté malgré opposition de plusieurs officiers amirauté. Cette proposition laisse subsister statu qua ante bellum sauf que la navigation du canal sera libre de droit camme elle l'a toujours été de fait. Il serait difficile pour le moment de proposer à Granville une entente avec le gouvernement du Roi, vu qu'on garde le secret le plus absolu à ce sujet et qu'aucun ambassadeur n'en a eu communication jusqu'ici; o n compromettrait inutilement la personne qui m'a donné ces informations.

384

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1816/1102. Londra, 7 novembre 1882, ore 9,44 (per. ore 11,30).

Gouvernement anglais a reçu hier communication officielle et détaillée par laquelle la France rejette demande anglaise abolition contròle. Le Foreign Office a prié gouvernement de la République de proposer à son tour un nouveau plan à cet égard; nonobstant les objections de la France, le contròle anglais-français sera aboli.

385

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. CONFIDENZIALISSIMO 1818/1104. Londra, 7 novembre 1882, ore 10,50 (per. ore 13,30).

Voici d'après ce qu'on m'a dit hier le résumé du gouvernement anglais sur lequel on a demandé l'avis de Dufferin: 1° des rapports de suzeraineté et de vasselage entre la Porte et l'Egypte ne seront pas modifiés. 2° Le consul d'Angleterre au Caire exercera les fonctions de résident politique. 3° Un contròleur anglais sera nommé par le Kedive sous le nom de «financial adviser ». 4° Une chambre des notables sera élue d'après un plan qui doit étre présenté par Dufferin pour contròler législation et administration du Pays. 5° Les tribunaux de la réforme seront respectés sauf à étendre leur juridiction sur les indigènes. 6° L'armée sera réorganisée sur un plan qu'on étudie, proposé par l'Angleterre et non pas par Baker pacha. 7° Conformément au projet de M. de Blignières les propriétés des Daivos et Domaines seront probablement vendues.

386

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL MINISTRO DELLA GUERRA, FERRERO

D. Roma, 7 novembre 1882.

In risposta alla nota del 4 corrente mese, n. 836 (segretariato generale divisione Stato Maggiore, sezione 2•) (l), il sottoscritto pregiasi informare l'on. ministro della Guerra che il rapporto del prefetto di Cuneo già gli era stato comunicato dal collega dell'Interno.

Lo scrivente si affrettò di dare istruzioni tanto alla R. ambasciata a Parigi (l) quanto al R. consolato generale in Nizza di verificare in via riservata l'importanza l'estensione dei provvedimenti ordinati dal ministero francese della Guerra sul nostro confine.

Si crede tuttavia opportuno di aggiungere che questo incaricato d'affari della Repubblica nello smentire, giorni addietro, la notizia data dal giornale il François che i corpi d'esercito francesi di stanza alla frontiera fossero stati posti sul piede di guerra, soggiungeva che quel governo stava provvedendo all'istituzione di corpi analoghi alle nostre compagnie alpine, e non è improbabile che tale fatto abbia dato origine alle informazioni raccolte dal prefetto di Cuneo.

13H

(l) Non pubblicata.

387

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 889. Roma, 8 novembre 1882, ore 14,20.

Je me félicite de votre heureuse arrivée à Vienne. La presse et l'opinion publique ici, se montrent de plus en plus émues et froissées du refus de rendre la contre-visite à Rome. Cette impression s'aggrave par les paroles ambìgues du comte Andrassy, laissant supposer que la question romaine n'est pas encore entièrement résolue. On nous reproche à moi, ainsi qu'au président du Conseil et à V. E. de ne pas avoir avant la visite de nos souverains à Vienne, négocié comme condition expresse l'endroit où la contre-vlsite se ferait. On est d'accord pour reconnaitre à l'état actuel des choses, l'impossibilité du choix d'une autre ville quelconque qui ne serait pas Rome. Si d'ailleurs la contre-visite allait ne pas avoir lieu du tout, ce serait considéré comme étant pour l'Italie une humiliation et un manque d'égards sans exemple. Quant au reproche qu'on nous fait, V. E. connait parfaitement bien les phases de la negociation qu'ont précédé le voyage de Vienne, l'initiative réitérée de l'Empereur, en présence de la quelle il nous était égalemant impossible soit d'hésiter. so1t d'apposer des conditions s'écartant des formes et usages admis, notre offre de fixer l'entrevue à Budapest où l'Empereur se trouvait à ce moment, ou bien une autre ville secondaire, le choix de la capitale austro-hongroise fait personnellment par l'Empereur, ainsi que le désir personnellement exprimé par Sa Majésté Impériale de voir notre Roi accompagné par la Reine. V.E. n'a, au surplus, certes pas manqué dans cette occasion d'aviser à toutes mesures et précautions compatibles avec la situation. Nous n'avons donc ni remords ni repentirs. S'il y a quelque chose à regretter c'est qu'après les commentaires indiscrets de la presse des deux Pays, on ait laissé maintenant se produire, au sein du Comité des délégations une discussion, qui va rendre inévitables dans notre Chambre, des débats irritants en vue surtout du langage imprudent du comte Andrassy. Je crains malheureusement que le sentiment d'une vraie et confiante amitié envers l'Autriche-Hongrie n'aille etre sérieusement ébranlé chez nous, si on ne hous met pas en mesure de laisser entrevoir comme réalisable dans un avenir non lointain la venue de l'Empereur à Rome. Il me parait impossible, après tout ceci, que V. E. garde avec Kalnoky le silence sur ce sujet briìlant. V. E. tout en déplorant l'incident de Buda-Pesth pourrait avec le tact, l'habilité et l'autorité qui le caractérisent, y trouver le point de départ pour la recherche d'une solution apte à calmer l'esprit public en Italie, et à inspirer mon langage devant le parlement. Monsieur Kalnoky ayant nettement écarté la question politique et déclaré que les rapports de bonne amitié entre les deux Pays sont désormais à l'abri de toute atteinte, je ne verrais pas pourquoi nous ne devrions ne pas nous appliquer à examiner avec une entière franchise si les apprehensions et les embarras d'étiquette, qui seuls, d'après les déclarations du ministre impérial, s'opposent à une contrevisite à Rome, tout positivement réels, et

s'ils ne sont pas susceptibles d'etre écartés de façon à faciliter l'accomplissement par S.M. l'Empereur d'un acte chevaleresque, qui produirait les conséquences les plus heureuses pour les deux Pays. Je laisse naturellement à V. E. le soin d'apprécier les termes dans lesquels la proposition d'ouvrir, entre les deux Cabinets des pourparlers confidentiels, sur ce sujet delicat, devrait etre faite. Il est à mes yeux certain qu'une franche discussion circonscrite, bien entendu sur ce terrain, aurait, camme effet immédiat l'avantage de dissiper les appréhensions et les sentiments de malaise que les débats de Buda-Pesth ont chez nous exités, sur un terrain éminemment politique où les susceptibilités italiennes sont aussi vives que légitimes.

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L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1827. Parigi, 9 novembre 1882, ore 17,20 (per. ore 18,55).

La session parlamentaire vient d'étre réouverte par une déclaration du gouvernement qui constate sa volonté de maintenir la paix et annonce tout d'abord la nomination simultanée des ambassadeurs à Paris et à Rome camme un témoignage des dispositions amicales qui animent les deux Nations et leurs gouvernements. Il y est dit ensuite que le gouvernement anglais a fait spontanément au Cabinet de Paris des propositions au sujet des questions soulevées par l'occupation de l'Egypte, et que ces propositions sont encore à l'étude. Au sujet des récents événements, qu'il appelle l'oeuvre de véritables malfalteurs, le gouvernement promet une répression calme mais ferme, et énergique. Parmi les projets de loi dont on annonce la prochaine présentation figure celui sur l'organisation financière, judiciarie et administrative de la Tunisie. Le Cabinet fait appel au concours de tous les républicains pour former une majorité sure et solide; la lecture de ce programme a été bien accueillie. Etant allé hier présenter mes voeux au président du Conseil, à la veille de la rentrée des Chambres, il m'a de nouveau exprimé l'espoir que la majorité reconnaitra la droiture de sa politique et la fermeté avec laquelle il a enrayé les tendences extrèmes, et ne lui refusera pas son appui. Dans le corps diplomatique et dans le monde parlementaire prévaut l'opinion que le Cabinet Duclerc franchira le cap des tempétes et passera au moins l'année, grace à l'appui des opportunistes, et malgré les attaques des intransigents. Duclerc m'a confirmé sa décision d'envoyer Decrais camme ambassadeur à Rome et m'a dit, sans nommer personne, qu'il était très content du choix au sujet duquel V.E. de son còté, l'a fait préssentir. Notre conversation n'a pas porté sur d'autres sujets politiques, si ce n'est qu'il m'a dit ne pas avoir encore abouti à une entente avec le Cabinet anglais sur les affaires égyptiennes ainsi que le confirme sa déclaration d'aujourd'hui.

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L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, ZANNINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 860. Pietroburgo, 11 novembre 1882 (per. il 3 dicembre).

Il giornalismo russo cosiddetto indipendente fa quasi tutto più o meno mal viso al convegno di Varzin. Si distingue fra gli altri il Nuovo Tempo che è il più accreditato dei giornali di questa capitale. Ciò era facile a prevedere. L'attuale politica estera della Russia, retta e prudente, ha contro di sé quella parte che crederebbe di seguire una politica più nazionale innalzando l'elemento slavo sull'elemento tedesco che costituisce invero una delle forze principali di questo vasto Impero. Questo partito dispone dei migliori giornali di Pietroburgo e di Mosca ed ha forti appoggi tanto in Corte che presso alcuni degli uomini preposti alla cosa pubblica. Questo partito vede di mal'occhio ogni riavvicinamento ai due potenti Stati limitrofi; critica ogni misura che porti l'impronta di quella che qui chiamasi coltura occidentale a cui la Russia deve però tanto della sua grandezza; nella questione d'Oriente domanda l'estensione ad ogni costo della influenza slava; nella questione religiosa segue perfino con gelosia i negoziati in corso col Vaticano e vedrebbe con dispiacere approvare il lavoro di savia conciliazione che, quantunque con speranza di pronta riuscita, lo attuale ministro degli Affari Esteri ha pure iniziato in Roma.

È dunque logico, stando alle idee di questo partito, che riescagli poco graditi e la visita a Varzin e l'accoglienza buona e sincera fatta adesso a Berlino al signor de Giers. Il Nuovo Tempo stampa chiaramente che la suddetta visita, se non deve fruttare alla Russia qualche concessione per parte della Germania, era inutile. Con siffatti articoli si va osteegiando l'uomo di stato eminente che ora dirige la politica estera dell'Impero, e si cerca di nuocere alla sua popolarità.

Mi è sembrato opportuno il sottoporre all'attenzione dell'E.V. queste considerazioni. Le quali, mentre confermano ciò che ho già avuto l'onore d'indicarle sul carattere pacifico che qui si attribuisce al convegno di Varzin, convegno che era diventato necessario, dappoiché il signor de Giers passava per Berlino, come prova dei buoni rapporti tra i due governi, dall'altro canto alludono alle difficoltà che il signor de Giers incontra all'interno per reggere, come fa, la politica estera di questo Stato con mano ferma e prudente.

Il generale Ignatiev ha fatto ritorno a Pietroburgo ove vive privatamente. Non è, se bene mi oppongo, neppure necessario ch'io smentisca la notizia data dai giornali che avesse una missione qualsiasi del governo nel suo recente viaggio a Parigi.

Mi varrò del primo corriere di Gabinetto per fare tenere all'E.V. questo rapporto confidenzialissimo.

P.S. Il Journal de Saint Pétersbourg organo del ministero imperiale russo degli Affari Esteri pubblica la traduzione che ho l'onore di qui accludere di un brano della National Zeitung che attesta la cortesissima accoglienza fatta in Prussia al signor de Giers. (l)

26 -Documenti diplomatki • Serle Il -Vol. XV-XVI

(l) Non si pubblica.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALIE. Budapest, 11 novembre 1882 (per. il 15).

Il conte Andrassy venne oggi a farmi visita mostrando il desiderio di parlar meco intorno all'incidente a cui diede luogo l'interpellanza del dottor Falk in seno alla delegazione ungherese. In sulle prime io evitai d'entrare in conversazione al riguardo, il conte non essendo per ora che un semplice delegato e quindi parendomi poco opportuno ed anche non conveniente il discorrere seco di lui di ciò che attualmente costituisce una questione fra i due governi.

S.E. però avendo creduto di porre in rilievo le parole da lui dette nella seduta di cui è caso, senza far menzione mai di quelle riferite dai giornali che avrebbero accennato alla esistenza di una questione tuttora insoluta fra l'Italia ed il Papato, credetti potergli credere con precisione se avesse effettivamente fatto

o non cenno di un'idea di quel genere.

A questa mia interpellanza S.E. rispose con precisione: aver egli dichiarato di associarsi alle considerazioni svolte dal conte Kalnoky onde spiegare il consiglio da lui dato al Sovrano di aggiornare la restituzione della visita; ma di avere, senza reticenza ed onde togliere qualsiasi carattere politico alle ragioni che ispirarono quelle determinazioni, posto in sodo nel modo il più assoluto che la questione di Roma capitale d'Italia è cosa intieramente risoluta e fuori d'ogni contestazione; che quindi egli si era associato all'opinione emessa dal conte Kalnoky intorno alle difficoltà che si opporrebbero che quella città fosse scelta per effettuarvi la controvisita: intendeva di ben chiarire che quelle difficoltà sono di natura esclusivamente sociale cioè di società, senza carattere politico di sorta. Ciò detto dichiaravami che ogni qualsiasi maggiore sviluppo od interpretazione che si volle dare al pensiero da lui espresso sono assolutamente erronei.

Avendogli ancora io chiesto, se mi autorizzava a riferire quelle sue parole, a cui annettevo tanta maggior importanza che notevole era stato il peso dato dalla stampa alle espressioni che gli erano state attribuite, egli mi autorizzò a prenderne atto, premendogli sommamente di non essere frainteso in una questione di quella natura; in cui gli si volle attribuire idee che egli mi affermava completamente contrarie alle sue.

Evidentemente trattandosi che il conte Andrassy non ha oggi veste ufficiale, tuttociò non può esercitare nessuna influenza sullo spiacevole incidente che tanto preoccupa l'opinione pubblica in Italia; ma ad ogni modo mi è parso opportuno il farne cenno all'E. V. ben constandomi quanto in particolare modo l'opinione pubblica nel nostro Paese sia state impressionata dal linguagggio a quanto parrebbe falsamente attribuito ad un personaggio, che se oggi non fa parte del governo è pur sempre una delle più spiccate notabilità dell'Austria-Ungheria.

391

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. p. 1643/1579. Londra, 12 novembre 1882 (per. il 19).

In una conversazione ch'ebbi avant'ieri con sir Charles Dilke, egli mi ripetè che a tenore della sua premessa, non mancherebbe di profittare d'ogni occasione favorevole per rettificare nella Camera dei comuni, talune osservazioni àella stampa inglese ostili all'Italia.

Tuttavia egli mi espresse il dubbio che dopo la pubblicazione dei carteggi sugli affari d'Egitto quell'occasione gli mancherebbe; e che, se mai si presentasse, egli non sarebbe in grado di far altro (secondo gli usi del Parlamento) che riferirsi a quanto era stato pubblicato in quei Blue-Books.

Avevo sperato, egli mi soggiunse che, il primo giorno dell'apertura del parlamento sarei stato invitato dall'opposizione a fornire qualche ragguaglio sull'attitudine delle Potenze straniere verso l'Inghilterra nella quistione d'Egitto.

In tal congiuntura avrei potuto riferire a sommi capi i rapporti di Sir Augustus Paget circa le sue conversazioni con S.E. il cavaliere Mancini, i quali sono ora stati dati alla luce e sono in mani di tutti.

D'altra parte egli fece notare che da circa due settimane i giornali inglesi avevano cessato le loro maligne insinuazioni contro l'Italia.

In risposta, proposi a Sir Charles Dilke di provocare una interpellanza nella Camera dei Comuni; e sottoposi alla sua scelta i nomi di due o tre miei amici, sui quali potevo fare assegnamento; fra gli altri il nome autorevole di Sir Arthur Otway; il quale aveva occupato lo stesso posto di Sir Charles Dilke al Foreign Office, durante la precedente amministrazione del signor Gladstone.

In seguito a calde istanze, Sir Charles Dilke si arrese alle mie proposte, dichiarandomi però che la sua risposta alla interpellanza di Sir Arthur, secondo gli usi parlamentari, non poteva essere che brevissima, e raccomandandomi il più stretto segreto.

Non appena Sir Arthur Otway ritornerà da Folkestone dove sl trova in questo momento per due o tre giorni, io confido che l'interpellanza avrà luogo (1).

392

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1766. Budapest, 12 novembre 1882 (per. il 18).

Facendo seguito al mio rapporto del 10 corrente (2) pregiomi riferire all'E. V., a conferma dei miei telegrammi da questa capitale (3), i colloqui da

me avuti col conte Kalnoky a riguardo delle dichiarazioni da lui fatte in seno alla commissione del bilancio della delegazione ungherese intorno alla restituzione della visita ai nostri Augusti Sovrani da parte di Sua Maestà Imperiale.

S.E. essendosi recata a visitarmi poche ore dopo il mio arrivo qui, cominciò il suo discorso collo svolgermi le considerazioni di natura parlamentare che lo avevano indotto a rispondere all'interpellanza del delegato Falk.

A ciò io risposi non volere né potere entrare in discussione al riguardo, ma essere debito mio non nascondergli la gravissima impressione prodotta sull'opinione pubblica in Italia, tanto dal tenore delle sue dichiarazioni, quanto da quelle altre che esse avevano provocato da parte di altri delegati, nonché dai successivi apprezzamenti a cui sia le une che le altre avevano dato luogo nelle colonne dei giornali dei due Pa.esi.

Non nascosi neppure le conseguenze che tutto ciò produrrà nelle relazioni fra i due Paesi ave perdurasse il fatto, fuori d'ogni precedente, della non restituzione della visita: accennai anche alla gravità che potrebbe assumere nel nostro nuovo parlamento la quasi inevitabile discussione, a cui darà luogo l'interpellanza che indubbiamente verrà presentata su quel malaugurato incidente.

Rifacendo la storia dei negoziati che condussero alla visita dei Nostri Sovrani a Vienna, posi in sodo che da parte nostra si era fatto tutto ciò che le regole della più alta convenienza ed i dovuti riguardi d'etichetta consentivano onde evitare di trovarsi un giorno dalle due parti nella difficile situazione in cui ci troviamo oggi.

Essendosi poi anche riparlato della conversazione avvenuta fra noi due nello scorso luglio osservai ch'essa non poteva chiamarsi col nome di negoziati, avendo io declinato d'incaricarmi della commissione che mi si voleva affidare. A ciò S.E. rispose che in fatti le parole testuali da lui impiegate per qualificare quel fatto si era pourparlers e non négociations. Non ammisi per conto mio neppure interamente la precisione di quel primo vocabolo, ma non insistetti onde non allontanarmi soverchiamente dal soggetto principale che intendevo trattare.

Venne pure in campo la discussione se fossi stato io il primo a dire che ovunque altrove che a Roma la visita sarebbe impossibile, o se lui conte Kalnoky avesse in antecedenza dichiarato che la controvisita a Roma era una impossibilità. Come di ragione io tenni fermo sulla prima versione consegnata nel mio rapporto di quell'epoca, mentre il mio interlocutore sostenne recisamente la seconda, anche questa questiÒne non poté come di ragione trovare una precisa soluzione, e quindi dopo le rispettive contrarie affermazioni fu lasciata cadere. Ad ogni modo però il conte convenne che all'infuori di Milano e di un accenno a Torino nessun'altra città era stata da lui posta innanzi in quel colloquio come possibile luogo d'incontro dei due Sovrani; egli addusse però a motivare questa sua riserva la dichiarazione da me fatta dell'ineluttabile necessità che a Roma e non altrove si effettuasse la controvisita.

Ponendo poi termine a tutte quelle questioni preliminari ed avendo di nuovo fatto rilevare quanto deplorabile sia lo stato di cose creato dall'interpellanza del delegato Falk, dissi che ero pronto a dargli tutto il mio aiuto se dal canto suo lui pure voleva aiutarmi nel grave compito di migliorare quanto è possibile la spiacevole situazione in cui ci troviamo da ambe le parti e che, se lasciata tal quale, non potrà a meno di nuocere alle relazioni fra i due Stati; ma non gli nascosi che per raggiungere quel risultato conveniva che l'eventualità che la controvisita si effettui a Roma non sia esclusa. Aggiunsi ancora che se egli, mantenendosi sul terreno delle dichiarazioni fatte alla commissione del bilancio !imitavasi ad obbiettarmi difficoltà di esecuzione senza Cper meglio precisare) opporre un'impossibilità assoluta acché l'Imperatore tocch1 il suolo di Roma, io mi facevo forte di trovar ripieghi a tutte quelle difficoltà d'esecuzione che anche in questa sua conversazione meco aveva nuovamente enumerata dandovi a mio avviso esagerate proporzioni: ed anzitutto eliminare la possibilità delle dimostrazioni di partiti avversi, questione sulla quale evidentemente non poté intervenire l'accordo.

Posto cosi in posizione di dover rispondere con precisione e quindi di dover scendere ad una pratica discussione, il conte Kalnoky dichiarommi senza reticenza che la controvisita a Roma non sarebbe possibile, il sentimento religioso dei popoli dell'Austria Ungheria mostrandovisi assolutamente contrario « Ciò sarebbe, dissemi egli, considerato come uno sfregio fatto al Santo Padre, e a dirla in una parola. far rinascere la questione di Roma con tutte le sue conseguenze, fra le quali non ultima quella di accendere nella Monarchia le passioni religiose, cosa che il governo imperiale eviterà sempre con tutti i mezzi di fare ».

Dal momento che non mi si metteva più innanzi siccome ostacolo insormontabile, questioni di ordine nostro interno, parvemi non sarebbe stato corretto da parte mia il discutere quelle 1ndicatemi, essendo esse strettamente di carattere interno della Monarchia austro-ungarica. Dissi però non voler prendere fin d'ora atto di quelle sue parole, le di cui conseguenze potrebbero essere così gravi per le relazioni in avvenire fra i due Paesi; tanto più che nulla fino ad oggi ebbe ancora a verificarsi che possa dar forza al governo del Re onde proseguire, coll'appoggio dell'opinione pubblica, in quella via su cui si è posto da oltre un anno, con pari tenacità e lealtà. Lo pregai quindi a riprendere ancora un'altra volta la conversazione meco su quello spinoso argomento, onde avesse campo di meglio ponderare le considerazioni da me sottopostegli, invito che egli accettò anche di buon grado.

Stamane conseguentemente ad un appuntamento datomi ieri sera, mi recai dal conte Kalnoky a Buda e cominciai la conversazione chiedendogli se aveva trovata la tavola su cui ci sarebbe dato passar tutti due per trarci dal mal passo in cui siamo.

S.E. -rispose essere dolente di non avere nessuna tavola di quel genere ad offerirmi, poiché avendo preso gli ordini dell'Imperatore doveva dirmi: essere impossibile al governo I.R. di entrare in discussione con noi sopra i particolari dell'attuazione della controvisita a Roma, visto che è il principio stesso della andata dell'Imperatore a Roma che non può ammettersi in maniera alcuna, poiché un tal fatto, ave si verificasse, solleverebbe questioni che produrrebbero un'eccitazione religiosa in Austria-Ungheria le di cui conseguenze il governo imperiale vuole e deve evitare a qualunque costo, siccome ebbe sempre a fare, s. -E. aggiungeva ben comprendere le difficoltà interne che questo fatto creerà al governo italiano, ma che al tempo stesso esprimeva la speranza che a nostra volta ci persuadessimo di quelle a cui il governo I. R. andrebbe incontro ove fosse per tenere un'altra via.

'345

Il conte Kalnoky non mancava poi di esprimermi il VIVISSimo desiderio tanto dell'Imperatore quanto del suo governo che questo incidente non abbia ad alterare quelle cordiali ed anzi intime relazioni fra i due Stati che anzi desiderano veder ogni giorno rafforzate, voto questo ch'egli aggiungevami emerge pure chiaramente dalle manifestazioni di simpatica amicizia verso l'Italia che non fecero difetto nelle sue dichiarazioni, e che a suo dire non sarebbero se non l'eco dall'opinione pubblica nella monarchia.

A fronte di una dichiarazione così pensata e perentoria anche, parvemi non vi fosse più convenienza né decoro per noi a tentare nuovi sforzi ben chiaramente incapaci a modificarla: risposi dunque che avrei comunicato a V.E. la risposta fattami.

Non pertanto non omisi di porre in sodo che se ci troviamo oggi, da ambe le parti, in sì spiacevole situazione, la colpa non è nostra, se non ci si vuole appuntare di aver agito in tutto ciò con quella riguardosa massima delicatezza, da cui ancora oggi non troviamo da parte nostra, ci sarebbe stato consentito il dipartirsi.

Nel corso della conversazione S.E. avendo voluto farmi appunto di non aver dal canto mio, allorché egli mi aveva parlato di Milano ed accennato di volo Torino e Venezia, indicato nessun'altra città, come per esempio, diceva egli, Firenze, credetti opportuno chiarire quello speciale incidente con precisione, onde più non torni in campo.

Anzitutto osservai che se dal canto nostro non si sarebbe mai potuto proporre altra città che Roma siccome luogo ave la controvisita dovesse effettuarsi vi era poi anche ragione che ad ogni modo m'imponeva in quel giorno un'assoluta riserva nel mettere innanzi il nome di un'altra città anche solo come idea del tutto mia.

«Voi, gli dissi, mi avete a nome dell'Imperatore posto innanzi Milano, fissandomi il giorno e quasi l'ora della visita, ed io anche se l'avessi voluto non avrei potuto nominare Firenze, Perugia od altra città al sud del Po; poiché ben ho presente che allorquando ebbi a trattare col conte Andrassy della controvista dell'Imperatore Francesco Giuseppe al Re Vittorio Emanuele, quel ministro imperiale non esitò a dichiararmi che la scelta di Firenze o di un'altra città al sud del Po non potrebbe per ragioni di alta delicatezza dell'Imperatore verso i Sovrani spodestati essere accettata da Sua Maestà. Capirete dunque che mentre già mi trovavo a fronte di una difficoltà così acuta come quella creata dal nome di Roma sarebbe stato sommamente imprudente da parte mia il porre in non cale quell'antecedente e l'espormi a far venire in luce altre difficoltà quasi analoghe per la maggior parte delle grandi città del Regno,

S.E. risponde a ciò, ignorare del tutto il precedente di cui gli tenevo parola; ad ogni modo dicevami: i tempi essere tutt'altri oggi che non allora (asserzione questa per lo meno dubbia, perché l'Austria è il Paese del mondo ove i sentimenti e tendenze mutino meno), conchiudeva però, che se effettivamente non aveva fatto cenno di nessuna città al sud del Po, si era onde evitare alla Principessa Imperiale che doveva accompagnare l'Imperatore un soverchio viaggio. Questi particolari parmi confermino l'apprezzamento da me precedentemente svolto, che la Corte di Vienna era allora ben decisa a non oltrepassare il Po; evidentemente in oggi si spiegherebbe ad andare ovunque fuorché a Roma, ma quattro mesi fa non era così.

Nel dipingere la situazione a fronte di cui il R. Governo si trova feci notare che la sua speciale gravità risulta da ciò che la non restituzione della visita si è uno di quei fatti che saltano agli occhi di tutti e che l'uomo educato non meno che l'uomo volgare sono in grado di apprezzare egualmente: si è uno di quei fatti, dissi, come il paletot di Menchikof che ai tempi che precedettero la guerra di Crimea divenne leggendario, ferendo esso assai più le immaginazioni delle masse che non le cause varie che produssero la guerra russoturca d'allora.

Non nascosi a S. E. lo sviluppo che potrà prendere in parlamento un'interpellanza intorno alla dichiarazione da lui fatta alla delegazione ungherese e parvemi opportuno il prepararlo a tutto ciò che i più spigliati oratori potranno dire in quell'occasione di men gradito agli austriaci. Indicai ancora l'impossibilità in cui la Corte d'Italia si troverebbe di farsi rappresentare a Vienna da un membro della famiglia Reale ove si presentasse una di quelle occasioni in cui le Corti amiche sogliano addivenire a simili atti di alta cortesia. Il conte Kalnoky mostravami comprendere il peso di tutte queste mie osservazioni; ma insistette sui sentimenti di particolare amicizia per noi ripetutamente manifestatisi in queste ultime delegazioni. Ciò in verità non manca di un certo valore, non mostrai però di annettervi grande importanza ponendo in sodo che quelle manifestazioni non hanno altro carattere se non quello di essere intese a temperare la pessima impressione prodotta in Italia dal fatto culminante che emerge dalle presenti delegazioni, e che ben prova quanto poca sia la simpatia per l'Italia del partito che oggi domina in Austria. La nostra conversazione finì poco dopo: piacemi però far notare che reciprocamente ci siamo date l'assicuranza di lavorare con tutte le nostre forze da ambe le parti, affinché le relazioni fra i due paesi non abbiano, passato il primo momento di inevitabile effervescenza in Italia, a provarne troppo sensibile alterazione.

A quanto ebbi l'onore di sin qui esporre all'E.V. con una minutezza di particolari che non mi pare sia soverchia non ho d'uopo di aggiungere speciali apprezzamenti, la situazione emergendone anche troppo chiara.

Ad ogni modo mi permetto far osservare che a: mio avviso la dignità del Re e del Paese impone al governo di non muovere più parola di sorta intorno a questo così spiacevole incidente, né coll'ambasciatore imperiale a Roma né a mezzo mio col conte Kalnoky. Lasciamo al tempo che tante ferite sana e che ri:;erva tempi migliori a chi sa prepararli e meritarli il compiere l'opera sua.

Intieramente inatteso ciò che succede non poté riuscire al R. Governo, poiché io non ho mai mancato, in tutte le fasi del nostro riavvicinaménto all'Austria da un anno in qua di mettere in rilievo la somma difficoltà, la quasi impossibilità anzi di conseguirlo essendo date le tendenze diametralmente opposte degli indirizzi, in fatto di politica interna, seguiti dai due Paesi. Ora però che ad ogni modo, ed anche a malgrado quest'incidente un tal quale riavvicinamento politico si è conseguito, non perdiamo di vista che la salute, l'avvenire dell'Italia dipenderà dalla sua conservazione. Non si raggiungono grandi risultati senza grandi sacrifizi; sappiamo dunque far tacere i nostri giusti rancori d'oggi, e studiamo con tutti i mezzi di acquistarci presso le Potenze quella stima e quel rispetto a difetto di cui ci potrebbe capitar di peggio domani. Lavorando con tutte le nostre forze a guadagnare quella posizione che ci compete in Europa i non possumus che ci tocca sentire oggi, forse non tarderà molto che non si potranno più far innanzi.

La mia presenza a Pest non avendo più ragione di essere faccio ritorno a Vienna questa sera.

(l) -Annotazione a margine di Malvano del 22 novembre 1882: «Ringrazi il signor Dilke della sua amichevole condiscendenza. Non è mestieri aggiungere che sarà osservato il più scrupoloso segreto ». (2) -Non pubblicato. (3) -T. 1834 del 10 novembre 1882 e T. 1843 del 12 novembre 1882, non pubblicati.
393

L'INCARICATO D'AFFARI A BRUXELLES, GERBAIX DE SONNAZ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 67. Bruxelles, 12 novembre 1882 (per. il 17).

Il marchese Maffei in un distinto rapporto di questa serie n. 61 in data delli 14 ottobre u.s. (1), aveva accennato allo svolgersi di una questione del Congo. La quale aveva tratto alla presa di possesso commerciale di una delle più vaste regioni di quel continente nero che è il più incognito ancora del mondo intero, ed al tempo stesso una delle terre più vicine all'Italia. Per questi due motivi appunto ogni fatto importante che lo riguarda desta in noi un vivo e giusto al tempo stesso interesse.

Debbo ora aggiungere alcuni particolari sul seguito di questo affare, che, non poco, dispiace in certi circoli di uomini di corte e di politica del Belgio. Negli ultimi giorni si venne a conoscere:

primo, che il conte Brazzà tutto farebbe per fare trionfare le sue idee; secondo, che il pubblico scientifico e commerciale francese lo appoggierebbe, come risulta, fra le altre cose, sia da un articolo della Revue des deux mondes del 1° novembre corrente, articolo non poco aggressivo contro il Belgio ed il suo augusto Re; sia pur anche dalla proposta della camera di commercio di Parigi che prese una deliberazione, giorni addietro, chiedendo al governo che il trattato presentato dal conte Brazzà venisse ratificato, ed esprimendo inoltre il desiderio che « dalle decisioni del governo l'avvenire degli interessi commerciali francesi nell'Africa centrale e sulle sponde del Congo venisse assicurato. » Tale deliberazione fu presa benché si sapesse che il ministero francese della Marina fosse contrario alla colonizzazione del Congo, temendo che tale fatto portasse nocumento ai progetti sul Senegal di cui faremo parola fra poco;

terzo, che il governo francese annunciando nella sua dichiarazione politica del 9 del corrente, che presenterebbe un progetto, che avrebbe per iscopo di sviluppare l'impero coloniale della Francia, chiederebbe probabilmente pure al parlamento di ratificare il trattato conchiuso dal conte Brazzà col Re Makoko per assicurare la preponderanza francese sulla valle del Congo.

Il signor Stanley, che è rimasto alcuni giorni della scorsa settimana in Bruxelles, è stato molto circospetto nelle sue parole; tuttavia non ha nascosto alla società esploratrice internazionale per l'Africa, come i progetti del Brazzà arrecherebbero nocumento alle esplorazioni a viste commerciali belghe.

Infatti la Francia, malgrado la presa di possesso della Tunisia, arrestata nei suoi concetti conquistatori ovunque e persino in Egitto, cerca un compenso, direi quasi una facile vittoria o gloria, nell'Africa equatoriale e tropicale. Negozia per guadagnar terreno nell'isola di Madagascar, fissando un protettorato su certe tribù indipendenti che finirà col protettorato della grandiosa isola orientale africana. Nel Senegal con punti fortificati e colla costruzione di una linea ferroviaria sino al fiume Niger, si mette in comunicazione diretta e permanente col più grande emporio del commercio del centro dell'Africa la città di Timbuctù. Poi viene la colonia di Gabon, abbandonata sul principiare del presente secolo dal Portogallo per clima perniciosisssmo agli europei, e perciò poco prospera anche sotto il regime francese. Ora il conte Brazzà spinge la Francia a stabilirsi quale padrona nella regione del Congo. E non si creda tale conquista poca cosa specialmente per l'avvenire. Il Congo ha coi suoi affluenti uno sviluppo di circa 15,000 chilometri e serve di principal via commerciale ad una contrada che è estesa quanto il terzo dell'Europa ed è abitata da molte tribù indigene; alcuni viaggiatori parlano persino di ottanta milioni di neri. In parecchi dei territori della gran valle del Congo, oltre il commercio dell'avorio e del cautchou, il quale dà un guadagno del 1000 per 100, si può coltivare il caffè, la canna zuccherina, il cacao, il cotone, i legni di tintura, l'ebano, certi olii vegetali. Non faccio cenno, ed è ben naturale, del traffico principale, ancor sventuratamente non poco in vigore, quello degli schiavi, il quale è destinato a sparire ogni giorno più, specialmente se s'impianterà la signoria di una qualunque delle Potenze europee. Il solo i)Unto oscuro pel commercio europeo sui Congo, si è che la regione equatoriale africana è non poco contraria agli uomini di razza bianca, che ben di rado possono reggere al clima senza provare, in brevissimo tempo, dissesti gravissimi di salute. Sul Congo, però, la Francia non si troverà sola. Oltre le cinque stazionali internazionali belghe avrà a che fare con diciassette fattorie portoghesi ed un numero poco inferiore df possessi inglesi. Gli stessi tedeschi inviano quest'anno due spedizioni di esplorazione sul Congo con sovvenzione del governo imperiale germanico.

Si hanno ragioni di credere però in Bruxelles che il Portogallo non ha in quelle regioni diritti di sovranità abbastanza chiari e positivi da potersi opporre alle pretese della Francia. Ma chi sa cosa farà l'Inghilterra? La quale sempre difficilmente lascia sfuggire dalle sue mani un nuovo ed esteso mercato commerciale. Giova inoltre osservare che l'Inghilterra coi suoi numerosi possessi nel mezzodì dell'Africa e lungo le coste africane sarà, forse, ogni di più spinta ad aumentare le sue signorie nel continente nero, in ispecie dopo 1 recentissimi eventi della valle del Nilo. L'avvenire chiarirà la condotta politica dell'Inghilterra nella questione del Congo, e non sarebbe da stupirsi se, fra alcuni anni, nascesse una vera lotta d'influenza tra essa e la Francia appunto pel commercio dell'Africa equatoriale.

Non si creda però al completo ed imparziale internazionalismo della società esploratrice di Bruxelles. Essa ha un duplice scopo. In apparenza sarà destinata a proteggere egualmente il commercio di tutte le Nazioni civili in Africa; ma in segreto dovrà favorire attivamente il negozio speciale dei cittadini belghi. Il governo belga poi dichiarandosi assolutamente all'infuori della società esploratrice ha dato però ai suoi agenti diplomatici e consolari per istruzione di dare un appoggio indiretto ma fermo e vivo ai lavori degli esploratori africani; di più al dicastero degli Affari Esteri di Bruxelles non poco si occupano di quanto riguarda la detta società. Tengo questi vari particolari, in via confidenziale, da fonte sicurissima. La società belga cerca di assicurarsi due vie, destinate poi ad avvicinarsi e forse congiungersi nel centro dell'Africa equatoriale: quella che da Zanzibar va al lago di Tanganika (sulle rive del quale possiede la stazione di Karena) che parte dall'Oceano indiano: quella del Congo che ha per base l'Atlantico. Di più la detta società tenta stabilire alcune stazioni sul fiume Zambese, per provare di togliere, più tardi, il commercio di questa contrada ai portoghesi. Uno dei torti appunto della società africana di Bruxelles fu di mettersi male col Portogallo, (probabilmente a cagione dei progetti egoistici sul commercio delle valli del Congo e del Zambese), di cui sempre ebbe l'apparenza di diffidarsi, non invitando mai i portoghesi alle riunioni geografiche, tenute alcuni anni or sono, in Bruxelles, mentre si mostrava una completa fiducia ai francesi in generale ed al conte Brazzà in particolare. Essa ha anche una speciale e peculiare sventura. I belghi, meno ancora degli inglesi o tedeschi, possono farsi al clima africano; spesso vengono uccisi dalla temperatura di quelle zone torride nei loro viaggi di esplorazione. Il funesto evento già si verificò varie volte; ma giova anche accennare, ad onore del vero, che appena un viaggiatore muore, un altro si presenta volonteroso a surrogarlo; tale è il sublime valore, il sacrifizio della vita, lo spirito avventuroso che dominano nell'ufficialità dell'esercito belga fra i cui membri più distinti la società internazionale sceglie per lo più i suoi mandatari.

L'E. V., lo spero, mi permetterà un'ultima osservazione prima di por termine a questo già cosi lungo rapporto.

Noi dobbiamo rimpiangere che un nostro concittadino, imitando illustri, ma disgraziati esempi di grandissimi viaggiatori italiani del XV secolo, sia in procinto di dare un impero alla Nazione, la quale più che qualunque altra, ha negli ultimi anni combattuto e combatte ancora al dì d'oggi, la nostra giusta influenza sul Mediterraneo e sulla costa settentrionale dell'Africa. Ma nel tempo del Rinascimento l'Italia era in preda alle invasioni degli stranieri, era divisa, e tiranneggiata e schiava, ciò che serviva di scusa ai sommi scopritori delle nuove contrade di quei dì: mentre in questo momento, grazie al cielo, l'Italia libera ed indipendente colle doti tutte di una nazione, di antica coltura, ma giovane e rigogliosa, ha, più che in qualunque età, ogni diritto a pretendere di godere il risultato del lavoro e dell'attività di tutti i suoi figli.

(l) Cfr. n. 354.

394

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

L. P. Roma, 13 novembre 1882.

Mi fu dolorosissimo il colloquio di ieri, nel quale V. E. mi lasciò sotto l'impressione che ella non rendesse giustizia al mio onesto e giustificato desiderio di ritiro. Mi prendo la libertà di ricordare nell'unito pro-memoria i precedenti di quella mia determinazione.

ALLEGATO

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC, Al MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

PROMEMORIA.

Il 30 aprile 1882, scrivo a S. E. dimostrando la impossibilità per un segretario generale non parlamentare di esercitare le sue funzioni; e dichiaro essere mio dovere facilitare nella più prossima occasione la nomina di un segretario generale che possa rendere al ministro servigii d'ordine politico. In quanto ai miei servigii d'ordine amministrativi (sic) essi erano nulli, come risultò dal fatto che non conobbi i progetti di riorganizzazione del ministero degli Esteri se non dopo firmati da S. M. e stampati, e dall'altro fatto che neppure nei 18 giorn1 m cui S. E. fu impedito da malattia di dar la forma, non fui autorizzato a firmare alcun documento e la spedizione degli affari rimase sospesa.

Prima di partire in congedo in giugno rinnovo queste dichiarazioni a S. E., ne fo parte al Presidente del Consiglio, e pochi giorni dopo vi aggiungo con lettera a S. E. da Montecatini la rispettosa e franca esposizione di imperiose ragioni di famiglia e di salute per il mio ritiro.

Insistetti sulla necessità di darmi un successore in tre occasioni:

1°) quando rimasti senza esecuzione gli accordi da me presi dietro istruzioni di S. E. coll'incaricato d'affari di Francia per Sfax, le giurisdizioni di Tunisi e le nomine di ambasciatori, ed il Marchese Reverseaux avendomi espresso il suo rincrescimento ch'io sembrassi essere stato sconfessato, fui accusato inoltre in alto luogo di avere in ciò oltrepassato le intenzioni di S. E.;

2°) quando un passo collettivo fatto in via ufficiale, ma riservatissima da due ambasciatori a mio riguardo mi pose come segretario generale in una situazione intollerabile;

3°) quando reso in qualche modo risponsabile della continuazione di polemiche disgustose nei giornali circa pretesi dissensi miei con S. E., pregai di essere esonerato da una carica le cui responsabilità erano troppe per me, non avendo azione sulla stampa né mezzo di chiarire in Parlamento la mia situazione in modo soddisfacente per S. E. e per me.

Non ricorderò le disposizioni espresse da S. E. a propormi eventualmente per nomina al Senato quando non votassero i precedenti, e la benevola intenzione da S. E. di comprendermi nel movimento diplomatico cui doveva dar luogo la nomina dell'ambasciatore a Parigi.

Il 12 novembre, stabilitesi le nomine a Parigi e a Londra, e la dilazione indeterminata di nomine a Pietroburgo e a Madrid, ed essendosi notificato a me che la mia nomina a senatore dipendeva dal consenso di S. E. alla nomina del conte Tornielli ad ambasciatore, dichiararsi non essere più candidato al senato né a qualsiasi posto diplomatico speciale, rimettermi intieramente a discrezione di S. E. pregandola istantemente di permettermi di consegnare alla Consulta la mia domanda scritta di essere posto a disposizione.

Ubbidii all'ordine di S. E. di aspettare alcuni giorni una determinazione finale per parte sua.

(l) Da M.C.K, Carte Mancini.

395

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

L. P. Parigi, 13 novembre 1882.

Prima ancora che fossero designati gli ambasciatori, il presidente della Repubblica mi fece esprimere per mezzo del signor Mollard il desiderio che fosse conferita una decorazione italiana al Capo della sua Casa militare generale Pittié ch'ebbe distinzioni da parecchi altri Sovrani. Essendo allora imminente la nomina dell'ambasciatore di S. M. a Parigi, mi parve convenevole di riserbare a lui un'iniziativa che dovesse pure giovargli ne' suoi rapporti coll'Elysée. Ne scrivo ora una parola a S. E. il generale Menabrea, mentre ho l'onore d'informare di quel precedente l'E. V. la quale vorrà senza dubbio riconoscere l'opportunità d'accordare il favore domandato.

Il signor Duclerc cui molto stava a cuore di poter mettere all'attivo della sua politica la reciproca nomina d'ambasciatori, si espresse meco in termini di schietta soddisfazione per la scelta di S. E. il generale Menabrea dicendo che sebbene non lo conoscesse ancora personalmente, pure era bene informato de' suoi « tenants et aboutissants » e non ignorava nessuno degli altri titoli e meriti suoi.

Per amore del vero devo confidenzialmente aggiungere ch'egli non mi tacque il suo rammarico per ciò che era accaduto rispetto al cavaliere Nigra, ch'egli mi disse di avere molto desiderato perché «amico d'amicissimi suoi » come già altre volte mi aveva dichiarato. Convenne però che gli ingiusti attacchi dal cavalier Nigra sofferti nella stampa parigina l'avrebbero messo in una situazione scabrosa. E querelandosi di quegli attacchi aggiunse che «invero troppo si dimenticava quale servizio il cavalier Nigra avesse reso alla Francia nel 1875 svelando qui i progetti del principe Bismarck».

Come già lo scrissi a V. E., Gambetta e gli opportunisti sostengono per ora fermamente il Gabinetto Duclerc e nei loro ranghi si pronostica che vivrà almeno fino al prossimo aprile. Gambetta dichiara che dopo il ministero Duclerc non sarebbe più possibile che un Gabinetto Brisson. Se il signor Brisson s'ostinasse a rifiutare il compito di costituire un nuovo ministero, la dissoluzione e forse l'abdicazione del presidente della Repubblica diverrebbero inevi

tabili. « Il ministero Duclerc sarebbe in tale caso l'ultimo del signor Grévy » dice l'ex dittatore.

Se tale profezia non concorda con quelle d'altri gruppi parlamentari, essa almeno fa comprendere che Gambetta e l'Unione repubblicana combatteranno accanitamente dopo la caduta di Duclerc ogni altra combinazione. Ma vorrebbero bensì spingere innanzi il signor Brisson, per precipitarlo prontamente e demonetizzare un candidato alla presidenza della Repubblica, serio e temuto.

Sono per parte mia lieto che il signor Raybaudi siasi senza esitare appigliato al partito d'espellere il predetto Scalabrino. Spero che così eviteremo discussioni e che il signor Duclerc, come in un'ora di miglior umore durante le battaglie, Meschino mi disse, potrà chiudere un occhio.

Aspettando gli ordini dell'E. V., io finora naturalmente non aprii bocca.

Confido che l'E. V. avrà benevolmente accolta la raccomandazione che mi permisi di rivolgerle col mio rapporto del 6 novembre in favore del cavaliere Avarna di Gualtieri (1). La mia domanda, lo ripeto, era ispirata da un mero sentimento di giustizia ed io sarò lieto di poterla ringraziare di averlo riconosciuto.

(l) Da !ILC.R., Carte Mancini.

396

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

L. P. Vienna, 15 novembre 1882.

Gli ufficiali miei rapporti (2) sulle conversazioni da me avute a Pest col conte Kalnoky a riguardo della secondo ogni probabilità non più effettuabile controvisita di S. M. l'Imperatore al nostro Sovrano, chiariscono sembrami la nuova situazione in cui sono entrate le nostre relazioni coll'Austria Ungheria.

In delicatissima posizione cui ci troviamo d'or innanzi a fronte della Corte e del Gabinetto di Vienna se vogliamo tutelare la nostra dignità, ed al tempo stesso non compromettere quell'alleanza frutto della nuova politica con tanta saviezza inaugurata da oltre un anno dal governo del Re in pieno accordo coll'opinione pubblica.

Ond'essere efficace interprete a Vienna di quella politica, ritengo più che mai necessario l'Italia vi sii rappresentata da un diplomatico scevro da qualsiasi antecedente relativo al disgraziato attuale incidente, che sia di natura a pregiudicare il suo prestigio in Italia, e la sua posizione qui. Or bene non mi faccio illusione di sorta al riguardo, e credo dover constatare che la mia persona non risponde più a quell'esigenza della situazione.

Infatti dello scacco toccatoci, non mancherà in Italia chi m'imputerà non lieve parte di colpe; e ciò si capisce non potendosi far conoscere al pubblico con precisione il modo col quale io ebbi a disimpegnare la parte che a me spettava nei negoziati d'ogni genere corsi fra noi e l'Austria da oltre un

anno. D'altra parte in Austria mi si perdonerà difficilmente di essere stato il più competente testimonio di quella serie d'errori commessi dalla Corte e dal governo, che ebbero per conseguenza l'attuale inestricabile sgradevole situazione in cui l'Austria-Ungheria si è posta a fronte dell'Italia. A me tocca inoltre lo sgradito dovere di rinfacciare tutti quegli errori facendone anche risalire la risponsabilità al Sovrano, la di cui azione personale si trovava in un modo così spiccato predominante nei negoziati meco condotti; e queste sono cose che i governi che cambiano possono scordare ma che i Sovrani non dimenticano mai. A ciò s'aggiunge il fatto, che da oltre undici anni ch'io rappresento l'Italia a Vienna, ben si può dire la mia azione fu una lotta continua. Gl'incidenti i più spiacevoli si seguirono gli uni agli altri, e se ne uscii, si fu sempre ferendo ore le une or le altre suscettibilità. Quel combatter continuo ha smozzato le mie armi, ed a fronte dell'infelice finale risultato mi sento stremato di forze. L'E. V. vede dunque non ne dubito al par di me la necessità che venga fin d'ora presa in considerazione l'eventualità di un mio non lontano trasloco.

Difficile non sarà il trovarmi un successore graditissimo alla Corte di Vienna; ed anzi io credo poterlo additare nella persona del conte Corti, che ben vi godeva tutta la simpatia dell'Imperatore e del suo governo.

Per conto mio poi non avrei difficoltà di andare a Costantinopoli, se in conseguenza del su indicato trasferimento del prefato mio collega quel posto rimanesse vuoto.

Parvemi conveniente porre sotto gii occhi dell'E. V. colla massima schiettezza la situazione, ben inteso dichiarandomi fin d'ora alieno mai sempre dal far questione della mia persona, qualunque disposizione il R. governo intenda prendere a mio riguardo: permane d'altronde ch'essa non potrebbe mai essere conseguenza di menomata fiducia in me sia da parte del Re che da parte del suo governo.

Se l'E. V. crederà dar conoscenza della presente lettera a Sua Maestà, ed a S. E. il cavaliere Depretis mi farà cosa gradita.

Tengo poi in questa circostanza a rinnovarle signor ministro in modo particolare i miei più sentiti ringraziamenti per le tante prove di fiduciosa benevolenza che l'E. V. ebbe a darmi dacché ho l'onore di trovarmi sotto la di lei dipendenza.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 392 e R.s.n. del 10 novembre, non pubblicato.
397

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A COSTANTINOPOLI, CORTI, A VIENNA, DI ROBILANT, AGLI INCARICATI D'AFFARI A BERLINO, TUGINI, A LONDRA, CATALANI, A PARIGI, RESSMAN, A PIETROBURGO, ZANNINI, E ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 909. Roma, 17 novembre 1882, ore 14,40.

L'ambassadeur d'Angleterre me communique un nouveau projet anglo-égyptien de décret vice-royal pour la liquidation des dommages en Egypte. Les valeurs mobilières ne seraient compensées que dans le cas où il s'agirait d'objects en dépòt ou en magasin de commerce pouvant t\tre constatés par livres et régistres. Les récoltes appréhendées ou détruites par !es échelles seraient également compensées. La commission serait composée de deux membres égyptiens, d'un membre pour chacune de ces huit Puissances savoir: Allemagne, Autriche, France, Grande Bretagne, Italie, Russie, Etats Unis, Grèce et enfin un membre seul nommé collectivement par !es gouvernements de Be!gique, Danemark, Espagne, Hollande, Portuga!, Suède et Norvège. Si ce dernier n'est pas nommé, le consul respectif mterviendra pour !es réclamations de ses propres nationaux. Un décret ultérieur règlera les moyens et ressources affectés aux indemnités.

(Per Parigi, Berlino, Vienna, Pietroburgo) Veuillez me faire connaitre sur ce projet l'avis du gouvernement auprès duquel vous l\tes accrédité 0). (Per Cairo) Veuillez me télégraphier votre avis sur ce projet de décret (2).

(Per Londra) J'ai répondu que j'allais aussitòt examiner ce projet avec le désir d'ètre agréable au gouvernement de la Reine.

398

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (3)

L. P. Roma, 17 novembre 1882.

Per tua informazione ti dirò che uno dei nostri ambasciatori fu ieri informato da S. E. il presidente del Consiglio, senza dubbio con autorizzazione di riferimento confidenzialmente, che io non sarò né nominato al Senato né destinato a Pietroburgo. Tale notificazione non diminuisce in me la gratitudine per le buone intenzioni del ministro, ma mi toglie ogni illusione.

Resta il decoro, e restano le ragioni di famiglia e di salute che il ministrc conosce, ogni cosa essendo stata da me detta a lui a farmi temere di essere stato davvero troppo importuno. Confido che non disconoscerà che consegnando finalmente la mia unita domanda di essere chiamato ad altre funzioni, faccio quel che nessun uomo d'onore esiterebbe a fare in circostanze simili.

Confido inoltre che dopo tante altre delusioni rimarrà fermo almeno quel che il ministro benevolmente mi assicurò per il posto di Madrid.

Credi al dolore profondo col quale io prendo congedo da te e dai nostri colleghi. Dopo regolarizzato il mio ritiro sarà grato a me l'andare moralmente a esprimere al ministro ed alla sua famiglia la mia riconoscenza per le tante cortesie usatemi.

(l) -Cfr. n. 399. Le risposte da Parigi, Berlino e Vienna sono contenute nei T. 1891 del 22 novembre, T. 1887 del 20 novembre e T. 1900 del 22 novembre 1882. (2) -T. 1878 del 18 novembre 1882, non pubblicato. (3) -Da M.C.R., Carte Mancini.
399

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, ZANNINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1882. Pietroburgo, 18 novembre 1882, ore 22,40 (per. ore 0,30 del 19).

M. de Vlangaly gérant ministère des Affaires (Etrangères) impérial vient de me dire que gouvernement russe, quoiqu'il n'ait pas encore donné de réponse au gouvernement britannique, a décidé d'accepter, pour ce qui le concerne, la proposition anglaise du nouveau décret khédivial pour le règlement de indemnités égyptiennes. Il fera, cependant, dans sa réponse l'observation, qu'ayant déjà accepté la proposition suédoise, il subordonne san acceptation de la nouvelle proposition anglaise concernant les états secondaires aussi à l'acceptation des Puissances secondaires intéressées; e n outre le gouvernement russe fera la reserve suivante, spéciale à la Russi e: «les moyens et ressources à affecter aux indennités devant €Me, d'après l'art. 4 du nouveau projet de décret, déterminés d'accord avec les Puissances représentées à la commission de liquidation, la Russie, n"étant pas représentée dans cette commission, réserve sa liberté d'action à l'égard des décisions qui seront prises à ce sujet, et ne saurait se soumettre d'avance aux délibérations de la dite commission.

400

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1770. Vienna, 18 novembre 1882 (per. il 21).

Le delegazioni hanno dato compimento ai loro lavori, e stanno per sciogliersi dopo di aver approvato quasi si può dire senza discussione tutte le proposte presentate dal governo per meglio dire accordato con una sommessione senza precedenti tutte le somme presentate nei bilanci sottoposti alla loro accettazione.

L'indirizzo generale della politica estera tratteggiato dal conte Kalnoky trovò del pari favorevole accoglienza, e questa venne espressa nelle relazioni sul bilancio degli Affari Esteri e da alcuni più autorevoli delegati, coll'accentuare il desiderio dei popoli dell'Austria-Ungheria di assicurare la pace mantenendo buone relazioni coi vicini grandi e piccoli.

Anzi essendosi alquanto lasciato nell'ombra le relazioni colla Russia tanto nelle dichiarazioni del conte Kalnoky quanto nelle due relazioni delle commissioni di Bilancio, i delegati Plener e Falk manifestarono chiaramente il voto delle rispettive delegazioni di veder collo stabilimento di leali e cordiali relazioni con quel vicino Impero, allontanato il pericolo di una conflagrazione con esso.

Ciò nondimeno chiaro emerge da quanto fu detto e da quanto fu taciuto, che il punto nero dell'avvenire in questa parte dell'Europa, si è una per niente improbabile guerra fra l'Austria-Ungheria e la Russia. A malgrado il continuo scambio di cortesie fra le due Corti, la tensione fra i due governi ed i due Paesi è grande. I due Imperi si trovano a fronte in Oriente e poco ci vorrà per occasionare un urto, se la prudenza dei governanti da ambo le parti, non saprà con sommo tatto evitare gl'incidenti, e guadagnar tempo, locché é sempre il miglior rimedio in simili situazioni.

A riguardo dell'Italia fu chiaramente dimostrato il vivo desiderio di mantenere con noi ottimi rapporti, di stringerli anzi maggiormente; e ciò venne espresso anzi con una marcata insistenza, volendosi in tal maniera arrivare a cancellare dallo spirito degli italiani la dolorosa impressione prodotta nel nostro Paese dalla poco felice discussione che per ragioni svolte in altri miei rapporti, ebbe a prodursi intorno al delicat1ss1mo argomemo della controvisita Imperiale. Anche a questo propu,ito spettera aua saviezza dei due governi il trovar modo di soddisfare ai desideri sinceramenw yacnlci della grande maggioranza nei due Paesi, evitando con ogm cura gnm:wenti che possono eccitare gli animi dell'una e dell'altra parte, e guauagnanuo cosi quel tempo necessario a creare, e chiaramente dimostrare una vera solidarietà d'interessi fra i due Stati.

Somma lealtà e prudenza con dignità, devono essere le caratteristiche dell'indirizzo che dobbiamo seguire nelle nostre relazioni coll'Austria-Ungheria se vogliamo mantenerci consentanei al programma felicemente adottato da oltre un anno per le nostre relazioni estere, e di cui potremo soltanto raccogliere frutti, se sapremo mantenerci incrollabilmente costanti.

Dalle discussioni poi a cui le spese occorrenti per la Bosnia diedero luogo, chiaro apparisce il rincrescimento che la grande maggioranza degli uomini politici si' in Austria che in Ungheria, provan dell'irrimediabile falso passo fatto col creare una situazione che doveva avere per inevitabile compimento l'occupazione.

Mentre fin dal principio dell'insurrezione erzegovese, io faceva presentire al R. Governo inevitabile l'incorporazione dì quelle provincie turche alla Monarchia degli Absburgo dichiaravo al tempo stesso ch'essa riuscirebbe di grave peso anzi di sommo danno per l'Impero. Le mie previsioni non fallirono, ed il sentimento pubblico oggi tanto in Austria che in Ungheria, le confermano. Ciò non impedisce però che dinanzi al fatto compiuto non è più possibile di indietreggiare, e che ora il ritirarsi da quelle provincie sarebbe un'abdicazione che nessun governo potrebbe compiere; poiché quell'opinione pubblica stessa che fu ed è contraria all'occupazione, sarebbe la prima ad opporsi energicamente ad una simile risoluzione considerandola a ragione una fatale all'esistenza dello Stato.

Avendo accennato alla Bosnia, conviene menzionare che il ministro signor di Kallay che ne regge l'amministrazione esce da queste delegazion.i colla sua posizione singolarmente rafforzata, avendovi fatto prova di quelle spiccate eminenti qualità che lo distinguono, e di cui già avevo dato non dubbie prove, allorché funzionava da primo capo sezione al ministero degli Affari Esteri.

27 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XV-XVI

401

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI

D. 1506. Roma, 22 novembre 1882.

Col pregiato rapporto in data del 12 corrente (l) V. S. compiacevasi ragguagliarmi circa un colloquio avuto con Sir Charles Dilke sull'opportunità di rettificare nella Camera dei Comuni alcune asserzioni sulla stampa inglese ostili all'Italia. In seguito alle di lei premure, egli dichiaravale avrebbe acconsentito a rispondere nel senso da noi desiderato all'interpellanza che gli verrebbe mossa sopra tale argomento.

La prego pertanto di voler porgere a Sir Charles Dilke i miei vivi ringraziamenti per la sua amichevole condiscendenza, aggiungendo che per parte nostra sarà osservato il più scrupoloso segreto.

402

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TUGINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3152. Berlino, 23 novembre 1882 (per. il 27J.

S. E. il signor di Giers, ministro degli Affari Esteri di Russia, attraversando la Germania per recarsi in Italia, fece una prima sosta a Varzin, ove fu per un giorno l'ospite del principe di Bismarck. Da Varzin si recò indi a Berlino, ove ebbe l'onore di essere ricevuto in udienza da Sua Maestà l'Imperatore e da Sua Altezza il principe imperiale di Germania. Contrariamente a quanto avevano annunciato i giornali berlinesi, il signor di Giers non prese la via di Vienna per proseguire il suo viaggio: invece parti ieri sera direttamente alla volta dell'Italia per la via del San Gottardo.

La sosta che fece a Varzin è stata cagione che tutti i giornali di questo Paese facessero a gara per attribuire al viaggio del ministro russo in Germania una grande importanza politica. Essi concordano nell'affermare che tanto la visita fatta a Varzin, quanto quella che il signor di Giers si propone di fare a Vienna al suo ritorno d'Italia, debbano reputarsi come un eloquente sintomo dì pace. La Rw:;sia ha sentito il bisogno, cosi qui si ragiona, di dare una prova palese del suo proposito di voler consolidare le sue amichevoli relazioni con la Germania e con l'Austria-Ungheria, quasi a ribadire i vincoli che si strinsero a Danzig l'anno scorso fra l'Imperatore Alessandro III e l'Imperatore Guglielmo. E le ragioni che si adducono per giustificare codesto bisogno

della Russia sono parecchie. Fra le altre si cita la circostanza di quella specie di accordo tacito esistente fra la Germania e l'Austria-Ungheria da una parte, e l'Inghilterra dall'altra, per riguardo alle cose di Egitto; nonché il malumore suscitato nella pubblica opinione, in seguito all'agitazione panslavista propagatasi nelle regioni prossime all'Austria, e degenerata in persecuzione dell'elemento tedesco deutsche Hetze nelle provincie del Baltico.

E' frattanto da avvertire che i giornali ufficiosi di questo Paese non han punto cercato, come accade in simili circostanze, di attenuare o rettificare la importanza attribuita qui a codesto viaggio.

Nel mio consueto colloquio settimanale di ieri l'altro col sotto segretario di Stato feci cadere il discorso sul viaggio del signor di Giers in Germania. Il signor Busch mi confermò che il ministro russo si era effettivamente recato a Varzìn. Anch'egli aveva Vì?duto qui il si;rnor cE Giers, col quale non aveva però parlato di faccende politiche. Seconde il sotto-c'egretario di Stato, la visita del signor di Giers a Varzin e a Berlino era da considerarsi come un atto di semplice cortesia, anche perché questa era la prima volta che dopo sette anni il signor di Giers passava per la Germania. Del resto il signor Busch con la sua abituale riserva si è astenuto dall'emettere qualsiasi considerazione sul significato politico di quel viaggio.

L'E. V. comprenderà che, posto mente alla circostanza del luogo, ave è seguito l'incontro del ministro russo col cancelliere dell'Impero, ed al contegno generalmente riservato di chi dirige il dipartimento degli Affari Esteri, riesce oltremodo malagevole di procacciarsi qui informazioni postive e sicure su ciò che formò l'oggetto del colloquio dei due uomini di Stato. D'altra parte, il signor di Giers non ha veduto in Berlino se non poche antiche co 1o..cenze.

Se non che da persone abbastanza autorevoli ho udito ripetere qui il giudizio che la visita del signor di Giers a Varzin non può aver avuto alcuno scopo politico diretto e d'indole speciale; bensì si reputa che essa abbia fornito l'occasione propizia di tener discorso delle quistioni politiche di maggior importanza, senza che ci sia stato bisogno di stabilire speciali e positivi accordi.

Non voglio tralasciare di riferire qui ciò che mi ha confidato su codesto tema questo incaricato d'affari d'Austria-Ungheria. Il viaggio del signor di Giers in Germania era stato da parecchio tempo annunciato al Gabinetto di Vienna, il quale ne aveva dato notizia alla sua volta a questa ambasciata austro-ungarica. Come mi assicurava il mio collega, codesta circostanza gli aveva fatto sembrare superfluo eU procedere qui a qualsiasi investigazione in proposito, poiché il suo governo doveva probabilmente aver ricevuto per altra via informazioni dirette. Egli si era quindi astenuto dal tenerne discorso con questo sotto-segretario di Stato. Pensava frattanto il mio collega aust o ungarico che il viaggio del Signor di Giers poteva essere considerato come inteso a constatare le buone disposizioni del governo russo verso l'Austria Un:;heria e la Germania; la quale cosa non poteva non riuscire graditis:;ima a queste due Potenze.

Laddove mi sarà concesso di raccogliere su questo argomento ulteriori precise informazioni, mi farò un dovere di riferirle all'E. V.

(l) Cfr. n. 391.

403

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 1704/1594. Londra, 23 novembre 1882 (per. il 28).

Col telegramma n. 1116 (l) dovetti partecipare all'E. V. come, in un articolo di fondo, lo Standard di ieri si fosse inaspettatamente dato a raccontare le accuse gratuite scagliate all'Italia da altri giornali ed avesse, fra le altre perfide insinuazioni, ripetuto che «la più ingegnosa e la più perseverante opposizione alla politica dell'Inghilterra in Egitto proveniva da Roma».

Soggiunsi che il signor Stuart mi aveva promesso di ribattere, l'indomani, quelle accuse nel Morning Post.

Difatti, nel suo numero d'oggi, il Morning Post pubblica un articolo di fondo in cui pigliando argomento dal discorso pronunziato da Sua Maestà nell'apertura delle Camere, fa notare «che la politica dell'Italia nella quistione egiziana è stata in perfetta armonia con quella della Germania e dell'Austria ed ha evitato il pericolo di serie complicazioni in Europa».

Quantunque la risposta avrebbe potuto essere più diretta e particolareggiata, il signor Stuart non credette dover insistere maggiormente né tener conto delle altre maligne insinuazioni dello Standard.

Colgo questa occasione per informare l'E. V. che il discorso di S. M. il Re, pervenuto per telegrafo, è stato accolto con manifesta simpatia dalla pubblica opinione e dalla stampa.

Il Times conchiude il suo favorevole apprezzamento colle parole seguenti:

«Ogni progresso fatto dall'Italia nel suo interno consolidamento ed ogni miglioramento indicato dal Re Umberto saranno salutati, in questo Paese con la stessa cordiale benevolenza colla quale fu accolta l'effettuazione della unità politica italiana».

404

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TUGINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3151. Berlino, 24 novembre 1882 (per. il 27).

Credo mio dovere di riferire all'E.V. ciò che le Norrlrleutsche Allgemeine Zeitung ha pubblicato nel suo numero di ieri sera a proposito della missione del signor di SchlOzer presso il Vaticano.

Fra i due giornali clericali che si pubblicano in Roma in lingua francese Le Journal de Rome et Le Moniteur de Rome, si è agitata testé la questione

di constatare se i negoziati intavolati dal signor di Schliizer con la Curia romana siano stati rotti oppure sospesi. I due precitati giornali muovono dalla supposizione che il signor di Schli:izer debba essere stato incaricato di simili negoziati. Il giornale ufficioso premette che si sarebbe astenuto dal far cenno di codesta polemica, se questa non avesse trovato un'eco anche nella stampa tedesca. Ma nota la Norddeutsche Allgemeine Zeitung che i gornali tedeschi dovrebbero por mente che il signor di Schléizer non si trova in Roma in missione straordinaria, bensì nella sua qualità di ministro residente.

Per tal modo è da avvertire, secondo l'organo ufficioso, che, come tale, un inviato diplomatico non ha bisogno di occuparsi permanentemente di negoziati, ma bensì egli è incaricato di curare il disbrigo degli affari in corso fra i due governi, di ricevere e di partecipare le comunicazioni dell'uno e dell'altro e di non condurre negoziati, se non qualora ne esistano.

(1) T. 1903 del 22 novembre 1882, non pubblicato.

405

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1773. Vienna, 24 novembre 1882 (per. il 27).

Il conte Kalnoky compiacevasi spiegarmi le ragioni che fecero sì che il signor de Giers invece di cominciare il suo viaggio da Vienna l'iniziasse da Varzin e conseguentemente rimettesse la sua visita a questa capitale all'epoca del suo ritorno a Pietroburgo. Ciò sarebbe avvenuto a quanto egli dicevami perché interpellato sino un mese fa sul momento in cui egli si sarebbe trovato a Vienna non fu in grado di rispondere con precisione, non essendogli allora possibile prevedere il giorno in cui le delegazioni avrebbero posto termine ai loro lav ori.

Ciò premesso il conte Kalnoky esprimevami la speranza che i colloqui avuti dal signor de Giers a Berlino e quelli ch'egli avrebbe più tardi a Vienna contribuirebbero efficacemente a far sparire quelle inquietudini esistenti in oggi sì in Austria che in Ungheria a causa precisamente dei discorsi fatti da alcuni delegati coll'ultimo intento di dissiparle ma che come talvolta avviene ebbero a produrre precisamente l'effetto contrario. S. E. aggiungeva ancora che se il ministro della Guerra aveva pure caricato alquanto le tinte onde ottenere i fondi necessari per la costruzione delle fortificazioni in Gallizia, ciò non dovevasi considerare se non come una tattica parlamentare diretta a rendere più corrivi i delegati nell'autorizzare la spesa reputata necessaria pel compimento della difesa dello Stato in quella direzione. Egual cosa egli dicevami a proposito del discorso del conte maresciallo Latour, le cui parole, stante la sua qualità di ex-ajo del principe ereditario, e la sua intimità colla famiglia imperiale, avevano destata grande impressione, a malgrado che, a quanto egli sforzavasi a persuadermi, quel personaggio non abbia importanza di sorta.

Del resto il conte Kalnoky studiavasi dimostrarmi che le apprensioni generalmente esistenti nella Monarchia di cui egli pure constatava l'esistenza, non hanno speciali ragioni d'essere; ed anzi dichiaravami essere prette invenzioni le notizie sorte in giro di movimenti di truppe russe verso la frontiera della Monarchia nonché nella direzione di Odessa. In pari tempo mostravami persuaso essere l'Imperatore Alessandro animato da sentimenti pacifici, pari a quelli sempre chiaramente manifestati dall'Imperatore Francesco Giuseppe felicissimo interprete in ciò delle aspirazioni dei suoi popoli.

Un linguaggio assolutamente identico risultami tenersi al Ball-Platz con quanti vanno a cercavi notizie, siano essi diplomatici o semplicemente uomini d'affari o giornalisti, certo però si è che un sentimento di malessere perdura qui, mantenendosi generale l'idea che un conflitto con la Russia non può più essere lontano.

Assai difficile riuscirebbemi il pronunciare in proposito un apprezzamento alquanto preciso; non esito però a dire che a mio avviso le relazioni fra i due Imperi sono entrate in una nuova fase coll'arrivo a Vienna del principe Lobanov.

Il linguaggio che tiene questo nuovo ambasciatore esprime il desiderio della Russia di mantenere buone anzi cordiali relazioni col vicino Impero, ma accenna anche al proposito di uscire da quel tacito raccoglimento di cui era l'espressione qni il signor D'UlJril, ed lil:~'L!f~l!P.re una politica, che oggi sul recipro:.:o rispetto dei diritti e degli interessi in oriente dei due Stati. La conservazione della pace potrebbe dunque dipendere dal conseguimento da parte della Russia del suindicato risultato a cui evidentemente dovrà grandemente cooperare l'azione personale del signor De Giers allorché prima di rientrare a Pietroburgo verrà ad abboccarsi a Vienna con conte Kalnoky.

Ritenendo per conto mio sincerissimo il desiderio di pace da parte del Gabinetto di Vienna amo a credere che la nuova azione politica intrapresa dal Gabinetto di Pietroburgo meglio contribuirà alla pace generale, che non lo avrebbe fatto la continuazione di quella condotta timida ed incerta che essa ebbe a seguire fino a poco tempo fa nei suoi rapporti col Gabinetto di Vienna.

Giova sperare che quegli austfiaci, e non sono pochi, che sognano di spingersi prossimamente oltre Mitrovitza fino a Salonicco e di porre al tempo :.tesso la mano nell'Albania onde costituire in un colla Bosnia Erzegovina e Dalmazia un gran regno slavo che permetterebbe di sostituire all'esistente dualisn1o una Monarchia trina mercé la quale la preponderanza maggiara, sarebbe paralizzata si persuaderanno che i tempi non si prestano per ora al compimento di sì grande impresa.

Il signor De Giers stando per arrivare in Italia dove l'E. V. avrà indubbiamente occasione d'incontrarsi seco lui parvemi opportuno fornirle queste poche indicazioni nonché i miei particolari apprezzamenti ch'Ella avrà miglior agio di me per verificarne l'attendibilità. Spedisco il presente rapporto oltre frontiera a mezzo di sicura occasione.

406

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI, A COSTANTINOPOLI, CORTI, A VIENNA, DI ROBILANT, AGLI INCARICATI D'AFFARI, A BERLINO, TUGINI, A LONDRA, CATALANI, A PARIGI, RESSMAN, E A PIETROBURGO, ZANNINI

D. Roma, 25 novembre 1882.

Con una circolare telegrafica del 17 corrente, comunicatami dall'ambasciatore ottomano, la Sublime Porta informa aver deciso di far procedere alla delimitazione ed alla apposizione dei termini nel resto della frontiera montenegrina, salvo alcuni punti contestati riservati ad un accordo ulteriore, ed invita il governo del Re a mandare il suo delegato nella commissione internazionale.

La stessa circolare accenna che i delegati ottomani hanno ricevuto l'ordine di partire per Scutari di Albania, ed indica nei seguenti termini quali sono i lavori da compiersi: la parte delìa f;:ontiPr:l cbe si stende da Voira fino a Planitza è già stata tracciata. Si tratta ora di fissare e d'apporre definitivamente i termini nel resto della frontiera che comprende le sezioni di Planitza, Sekulare e di Malkovatz. La prima parte che comincia al di là di Planitza e termina a Sekulare non essendo ancora stata fissata, l'apposizione dei termini non ha avuto luogo. Quanto all'ultima parte, la medesima fu stabilita senza che però potesse effettuarsi la definitiva apposizione di termini, poiché la commissione non si recò sui luoghi.

A prendere parte ai lavori pel compimento della delimitazione della frontiera montenegrina, in qualità di delegato italiano, fu da qualche tempo designato il signor Paladini, capitano di stato maggiore. Egli si terrà pronto alla partenza qualora consti che tutti gli altri governi interessati aderiscono all"invito della Porta; ed è perciò che la prego di avvisarmi della risposta che sarà per dare il governo presso cui ella è accreditata.

407

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TUGINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3153. Berlino, 25 novembre 1882 (per. il 28).

Tranne la stampa clericale, quasi tutti i giornali di questo Paese sono stati unanimi nel constatare l'ottima impressione che ha qui prodotto il tenore del discorso della Corona pronunziato da S. M. il Re il 22 corrente.

Merita speciale menzione ciò che a questo proposito ha pubblicato in due

numeri consecutivi la Norddedsche Ailgemelne Zei.tung.

Dopo aver notato che dal contenuto del discorso reale risulta che il centro di gravità della nuova sessione parlamentare sia da ricercarsi sul terreno della politica interna, il giornale ufficioso fa cenno della parte, ove si allude al ca

rattere cordiale delle relazioni esistenti fra l'Italia e la Germania. L'accoglienza entusiastica e gli applausi prolungati, a cui furono fatti segno il Re e la famiglia reale rendono di bel nuovo testimonianza -così si esprime il precitato giornale -che la dinastia di Savoia rappresenta l'attuazione dei desiderii politici e personali della maggioranza delle popolazioni italiane e che le manifestazioni di lealtà uscite dal seno ·dei corpi legislativi rispondono all'impulso della pubblica opinione.

408

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL CONSOLE A TRIPOLI, B. LAMBERTENGHI

D. s. N. Roma, 27 novembre 1882.

Col dispaccio ministeriale di questa serie n. 227 in data dei 13 corrente (l) non mancai di far noto alla S. V. Illustrissima con quanto interesse io abbia preso cognizione delle importanti notizie contenute nel pregiato suo rapporto

n. l del 29 ottobre ultimo scorso (2). Portando la maggiore attenzione a quanto ella mi scriveva, stimai frattanto non poter lasciar passare inosservato il contegno assunto dal console di Francia a Tripoli, il quale in occasione della partenza del marchese de Goyzueta, fu il solo tra i consoli che contrariamente alle consuetudini stabilite, non andò a salutarlo, né tampoco mandò i suoi Ravas a fargli da scorta.

Onde sia che io incaricassi il commendator Ressman (3) di segnalare in via amichevole al ministro degli Affari Esteri della Repubblica il contegno del signor Féraud che appariva sì poco corretto. Il R. incaricato d'affari a Parigi non mancò eziandio di informare il signor Duclerc come per dar soddisfazione alla colonia italiana, ferita da quel procedere, ella avesse dovuto, a sua volta astenersi dagli atti di cortesia d'uso alla recente partenza del signor Féraud e la pregava in pari tempo voler considerare come fosse anormale e contraria ai sentimenti dei nostri due governi una simile reciprocità di atti inurbani.

Il predetto ministro degli Affari Esteri pregava quindi il signor Ress

man di dichiararmi che, dal momento che il console di Francia a Tripoli aveva

agito come fece, egli trovava perfettamente spiegabile e giusto che dal canto

suo la S. V. si fosse comportata allo stesso modo, ed aggiunse che non tarde

rebbe ad indagare le ragioni per le quali il signor Féraud tenne la condotta

segnalatagli.

Mi fo sollecito informare confidenzialmente la S. V. di quanto precede mentre di nuovo esprimo il desiderio di essere tenuto al corrente di quanto possa interessarci nelle vicende che si svolgono in modesto Paese, alla osservazione delle quali ella presterà vigile, non ne dubito, l'opera sua.

(3l D. 1282 del 13 novembre 1882, non pubblicato.
(l) -Non ].H.tbblicato. (2) -Cfr. n. 373.
409

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, ZANNINI

D. 862. Roma, 28 novembre 1882.

L'ambasciata di Russia mi ha comunicato un telegramma del reggente il ministero imperiale degli Affari Esteri intorno alla recente proposta della Porta di terminare i lavori di delimitazione della frontiera turco-montenegrina. La stagione sembra alla Russia poco favorevole; ma per non scoraggiare le buone intenzioni della Turchia, si potrebbe, secondo il Gabinetto di Pietroburga, riservare alle due parti di intendersi direttamente sui punti controversi. In caso d'accordo, i commissari sarebbero mandati in primavera per finire di apporre i temini di frontiera, e, in caso di disaccordo, conchiude il telegramma del signor Vlangaly, deciderebbe la riunione degli ambasciatori a Costantinopoli. Dall'ambasciata di Turchia mi viene pur fatta sullo stesso argomento una altra comunicazione in aggiunta a quella di cui le feci parola con dispaccio circolare del 25 corrente (l). Un nuovo telegramma del ministro ottomano degli Affari Esteri pone in chiaro che, eccetto la linea dello statu quo, riservata ad ulteriore accordo, l'intero lavoro di delimitazione della frontiera turco-montenegrina fu compiuto nei due ultimi anni, secondo le disposizioni del trattato di Berlino; e per compiere anche il lavoro di apposizione dei termini, manca solo una parte lasciata incompleta, a motivo della cattiva stagione. Quanto poi alla suddetta linea dello statu quo che consiste in una estensione di territorio di 39 kilometri quadrati, il telegramma ottomano contiene le seguenti informazioni; la questione sorta su questo punto fu attentamente e più volte esaminata; finalmente il principe Nicola consentì a risolverla dividendo il territorio in parti uguali fra i due Stati, in modo che il villaggio e le colline di Matagosch restino in ogni caso dalla parte della Turchia e che al bisogno si indennizzi il Montenegro cedendogli una parte

del territorio di Sertch contiguo alla frontiera montenegrina. In tale conformità sono state impartite dalla Turchia istruzioni al suo commissario.

410

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2505. Costantinopoli, 28 novembre 1882 (per. il 5 dicembre).

Il signor ministro degli Affari Esteri ha testé informato i primi dragomanni delle ambasciate di avere indirizzata un'altra circolare alle Potenze per significare ad esse che «per quanto riguarda la linea dello statu quo, la quale consiste in una estensione di territorio di 39 chilometri quadrati, il principe Nicola ha acconsentito alla divisione in parti eguali del detto territorio,

in modo però che il villaggio e le alture di Matagoste restino alla Turchia, per le quali questa potrebbe all'emergenza dare un compenso verso Serci ».

Questa comunicazione evidentemente si riferisce alla valle della Zeta. Però bene non si comprende come i commissarii avrebbero a procedere per dividere per metà una linea che si compone di un determinato numero di chilometri quadrati, né come essi potrebbero giudicare del compenso a darsi a Serci, sopratutto se si considera che Dinosi ha da rimanere alla Turchia, e Serci trevasi a mezzogiorno di Dinosi. Se non che a me incombe di ripetere impossibile essere pei commissarii di delimitare la linea di frontiera, prima che questa linea sia definitivamente convenuta fra le due parti, e sia firmato un atto che possa servire di base ai relativi lavori. Al quale riguardo mi permetto di raccomandare all'attenzione dell'E. V. il rimarchevolissimo rapporto, che il regio commissario, colonnello Ottolenghi, indirizzava a cotesto ministero li 25 novembre 1879 (1).

Sono frattanto giunte alcune risposte alla prima circolare della Sublime Porta. Il governo britannico rispose provvederebbe all'invio del commissario a stagione propizia. Quello di Germania significò il suo commissario trovarsi sul luogo, poiché egli è agente imperiale a Cettigne. Quello di Russia rispose manderebbe il commissario a stagione propizia e quando sarebbe concordata l'intiera linea.

(l) Cfr. n. 406.

411

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A CETTIGNE, DURANDO

D. 97. Roma, 29 novembre 1882.

Questo ambasciatore di Turchia mi ha comunicato una circolare telegra! fica del suo governo, nella quale si afferma che le ultime informazioni giunte alla Sublime Porta accennano a preparativi militari che il Montenegro starebbe facendo al confine. Vi è detto che quantunque il governo principesco affermi di non aver comprato che dugenta casse di cartucce destinate a prendere il luogo di antiche munizioni guaste, le autorità turche hanno osservato una grande attività in questi preparativi. Il Montenegro starebbe anzi concentrando truppe coll'intendimento di muovere su Kolascine. Si afferma che tale situazione fa nascere una grave agitazione nello spirito delle popolazioni, e potrebbe, qualora si prolungasse, produrre dolorose conseguenze, le quali devono essere evitate nell'interesse generale. La circolare conchiude sollecitando che si facciano rappresentazioni a Cettinie per ottenere che si smettano gli armamenti sovraccennati.

Affine di essere in grado di giudicare con piena cognizione di causa quale accoglienza debba essere fatta alle sollecitazioni del governo ottomano, prego Vossignoria di volermi fornire esatte e particolareggiate informazioni in aggiunta a quelle contenute nel suo rapporto del 6 novembre n. '34 di questa serie (2).

(l) -Non pubblieato n"l vol. XII della serle II. (2) -Non pubblicato.
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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 1776. Vienna, 29 novembre 1882 (per. il 3 dicembre).

Già ebbi a far conoscere all'E. V. la ben si può dire entusiastica accoglienza fatta dalla stampa liberale austriaca al discorso con cui S. M. l'Augusto Nostro Sovrano inaugurava la XV legislatura (l); ma non dissimulava al tempo stesso, ciò che quell'attitudine mal celava di tendenzioso a riguardo dei due governi imperiali d'Austria e di Germania, fatto questo che veniva anche posto in rilievo dal contrasto del linguaggio agro-dolce tenuto dai periodici officiosi e dal silenzio di quelli ufficiali. Facile era quindi l'intendere che il linguaggio posto in bocca al Nostro Augusto Sovrano dal suo governo, era riuscito assai poco gradito sia a Vienna che a Berlino nelle sfere ufficiali.

In verità il conte Kalnoky non ebbe ad esprimermi fin qui apprezzamenti di sorta al riguardo, se non vuolsi considerare come tale l'assoluto silenzio da lui meco serbato fino ad oggi a questo p10posito, e malgrado mi abbia tenuto parola della particolarmente cortese accoglienza che le Loro Maestà ebbero a fare al conte Ludolf in occasione di una recente udienza accordatagli, e m'abbia anche interrogato con particolare interesse intorno alla composizione dei partiti nella nostra nuova Camera.

Non uguale riserva ebbe però ad osservare l'ambasciatore germanico presso questa Corte, che meco e con altre persone ebbe a manifestare l'incresciosa impressione, che a suo dire non poté a meno di causare quella solenne manifestazione delle sempre progredienti tendenze liberali del governo italiano. Il principe Reuss non si peritava di dire che quell'indirizzo così contrario alle tendenze prevalenti negli altri Stati monarchici non potrebbe a meno di avere deplorevoli conseguenze.

Non ho d'uopo d'accennare qui, che per conto mio non lasciai senza risposta quegli apprezzamenti, ponendo anzitutto in rilievo l'immensa sostanziale differenza che esiste fra l'Italia ed i due Imperi e le necessarie conseguenze quindi che ne derivano a riguardo del sistema di governo necessario al Paese nostro.

Evidentemente la discussione su questo delicato tema si mantenne fra il mio collega e me entro i limiti del campo teorico; ed ebbe termine tostoché il mio interlocutore accennò con una certa acerbità anche a volerli varcare.

Quella conversazione non poteva naturalmente aver carattere ufficiale di sorta; e quindi non se ne doveva tener altrimenti conto che siccome di una indicazione che non manca però di gravità, stante essenzialmente il carattere mite e sempre sommamente prudente e riservato del principe Reuss.

Se S. A. ebbe a tenere quel linguaggio con me, ciò certamente egli fece essendo pienamente conscio dell'impressione prodotta a Berlino dal discorso reale, e non ..,ignorando anche quella analoga risentita a Vienna nelle alte sfere. Non dobbiamo quindi dissimularci, che a malgrado tutto il nostro buon volere con tanta insistenza dimostrato, il fosso, direi quasi l'abisso, che esiste fra le diametralmente opposte tendenze della politica interna dell'Italia, e di quelle dei due Imperi, invece di tendere a colmarsi va anzi maggiormente allargandosi. E' questo un male grave a cui pel momento almeno non vedo rimedio radicale: non è però men vero che ogni sforzo e sagrificio anche dobbiamo tentare onde far risultare in ogni più efficace maniera la separazione assoluta che esiste fra il partito governativo in Italia quale riuscì costituito dalle ultime elezioni, e quel partito che studiandosi con ogni mezzo aperto e mal dissimulato di scalzare il potere sovrano da noi, minaccia pure col suo contagioso esempio gli altri Troni. Agendo diversamente ricadremo nell'assoluto isolamento; le Monarchie non volendoci in loro compagnia, e ben essendoci noto qual genere dì simpatia ci professino i repubblicani nostri vicini. Le occasioni non mancheranno al governo del Re per affermare quegli intendimenti che il linguaggio ancora recentemente tenutomi da S. E. il presidente del Consiglio e dall'E. V. mi fece persuaso essere immutabili; ma conviene non differire a darne manifeste prove, poiché ogni giorno che passa potrebbe aggravare la nostra situazione, e renderla quasi irremediabile (l).

(l) T. 1909 del 24 novembre 1882, non pubblicato.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 1777. Vienna, 29 novembre 1882 (per. il 3 dicembre).

Discorrendo ieri col conte Kalnoky di varie cose, la nostra conversazione venne a cadere sull'Egitto, ed avendogli chiesto se credeva prossimo il giorno in cui l'Inghilterra avrebbe fatto conoscere con precisione le sue vedute intorno all'ordinamento definitivo a darsi a quel vicereame, S. E. risposemi ritenere che quel giorno non verrebbe così presto. Il Gabinetto di S. James, egli dicevami, non ha ancora evidentemente nessuna idea su ciò che intende fare in Egitto dove la situazione interna va complicandosi ogni giorno maggiormente. Arabi pascià, che si è avuto il torto grande di non fucilare immediatamente, [va] acquistando ogni giorno maggior prestigio presso gl'indigeni, a detrimento di quello del Kedive che gl'inglesi vorrebbero sostenere, ma che invece va sempre più sfasciandosi. Aggiungevami ancora che una cosa sola fino ad ora emerge chiaramente, e si è: che il Gabinetto di Londra intende assolutamente che d'or innanzi il controllo finanziario sia esercitato unicamente da un inglese a nomi

S. -E. preferirà toccare questo dellcato argomento nella letttra particolare che si propone dl scrivere al generale Robilant >>.

narsi dal viceré, ma che però non trova risposta a fare alla Francia che pretende essere compensata in altra maniera di natura a salvaguardare la sua influenza in Egitto dalla cessazione così impostale dalla sua partecipazione al controllo.

Sebbene questi apprezzamenti non risultino se non in carattere del tutto personale ho, cionondimeno, creduto doverne far cenno all'E. V. che, colla scorta di altre informazioni, sarà meglio di me in grado di apprezzarne il valore.

(l) -Allegata al presente rapporto di trova la seguente annotazione di Malvano: «Credo che
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI

D. 1456. Roma, 2 dicembre 1882.

Intorno alla circolare ottomana relativa alla ripresa dei lavori di delimitazione della frontiera turco-montenegrina ho ricevuto una comunicazione dell'ambasciatore d'Austria-Ungheria ed un'altra dell'ambasciatore d'Inghilterra.

Dalla comunicazione del conte Ludolf apparisce che il Gabinetto di Vienna accetta la proposta russa, già nota a V. E. pel mio dispaccio del 30 novembre scorso (l). Vale a dire che sebbene la stagione sembri poco propizia, tuttavia per non scoraggiare le buone intenzioni della Porta si potrebbe riservare alle due parti d'intendersi direttamente sui punti contestati.

In caso d'accordo, i commissari partirebbero in primavera per l'apposizione dei termini, in caso di disaccordo le difficoltà sarebbero decise dagli ambasciatori riuniti a Costantinopoli.

Se si riprendessero ora i lavori, come propone la Turchia, il Gabinetto austro-ungarico non crede, astrazion fatta dalla cattiva stagione, che la commissione internazionale potrebbe sperare di giungere ad un risultato definitivo. Esso fa notare infatti che la linea dal lago di Scutari a Wajna è, come dichiara la stessa circolare ottomana, ancora in contestazione, e per quella PlanitzaSekulare è da prevedersi, dopo tante discussioni sulla linea di Berlino, su quella suggerita già da V. E., su quella dello statu quo, che sorgano delle difficoltà le quali non potrebbero esser risolute da una semplice commissione di delimitazione. Non resterebbe dunque che la sezione Sekulare-Mojcovaes la quale potrebbe esser tracciata senza troppi ostacoli.

Il sunto poi della comunicazione di sir A. Paget è il seguente: «La stagione non pare propizia neppure all'Inghilterra, eccetto che nella pianura di Podgoritza, pel qual tratto di confine però non esiste ancora accordo. Il governo inglese propone che le due parti si mettano possibilmente d'accordo su tutti i punti in contestazione e dichiarino anticipatamente d'accettare ciò che deciderà la maggioranza della commissione internazionale, nel caso che qualche punto rimanesse ancora controverso.

(l) Non pubblicato.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A TUNISI, RAYBAUDI MASSIGLIA (l)

D. 233. Roma, 2 dicembre 1882.

Mi giunse in tempo debito il rapporto del 2 novembre n. 698 di questa Serie (2) col quale V. S. dava particolareggiata risposta ad alcuni quesiti che io le aveva sottoposti per ben chiarire quale fosse la situazione che le capitolazioni ed i trattati e gli usi vigenti assicuravano ai nostri connazionali nella Reggenza.

La risposta che ella dava al primo quesito, relativo ai privilegi commerciali, è completa, ed il governo del Re cercherà di intendersi col Gabinetto di Londra per procedere di pieno accordo con esso nelle trattative che eventualmente avessero luogo.

Col secondo quesito io pregava V. S. di indicarmi quali fossero i diritti, le prerogative e le attribuzioni che, all'infuori della giurisdizione, sono esercitate dall'autorità consolare in Tunisi nell'interesse dei nostri connazionali. E qui sarà forse opportuno ch'io meglio chiarisca il mio pensiero. Oltre la giurisdizione propriamente detta, le capitolazioni, e le consuetudini radicatesi all'ombra di esse, sono sorgente di non poche facoltà ed attribuzioni dei consoli europei in Levante, delle quali fornisce un esempio l'esercizio del diritto di espulsione ammesso dalla nostra legge consolare. Epperò gli accordi cui si addivenisse col governo francese non già per la soppressione o la sospensione delle capitolazioni ma per la soppressione soltanto della giurisdizione consolare nascente dalle capitolazioni lascerebbero intatte tutte le altre facoltà privilegi e diritti di ogni natura previsti dai trattati e dalle capitolazioni medesime, ed esplicati dall'uso. E si è appunto di queste facoltà e privilegi (dei quali, come già accennai, il diritto di espulsione ci dà un esempio) che desidererei avere una particolareggiata enumerazione per farmi un chiaro concetto dell'importanza loro e delle garanzie che essi assicurano ai nostri amministrati.

Il terzo quesito le giunse monco dal telegrafo. Io chiedeva in esso quali fossero le garanzie assicurate ai nostri amministrati innanzi alle giurisdizioni indigene ed a quelle consolari dalle altre Nazioni. V. S. non poté rispondere a quest'ultima parte della mia domanda. Alla prima, relativa alle giurisdizioni indigene, la risposta è però implicita nell'art. 25 del trattato anglo-tunisino per quanto riguarda le cause civili e commerciali e l'art. 22 del nostro trattato per quanto ha tratto alle cause immobiliari. Epperò mi basterà ormai conoscere se oltre questi due modi di giurisdizione ve ne siena altri in cui tribunali indigeni esercitino una autorità sui nostri amministrati; in caso affermativo quali siena questi tribunali e quali le garanzie assicurate ai cittadini italiani.

(l) -Ed. !n LV 43, pp. 16-17. (2) -Cfr. n. 380.
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L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. PARTICOLARE 1760 (l). Londra, 2 dicembre 1882 (per. il 7).

Nel recarmi in Londra, dove giunsi il 30 novembre ultimo a sera, mi fermai due giorni a Parigi ed ebbi occasione di vedervi due volte il presidente del Consiglio signor Duclerc.

Egli fu per me della massima cortesia e si mostrò desideroso di ristabilire le nostre relazioni sul piede il più amichevole; ho ragione di pensare che tal desiderio sia per parte sua ben sincero.

Il signor Duclerc mi sembrò assai preoccupato della quistione sociale e dei pericoli che minacciano l'ordine pubblico in Francia e si dichiara deciso ad agire colla massima energia contro i perturbatori. In ciò egli riflette il sentimento di propria conservazione che si risveglia dovunque e chiede che si metta un freno alle teorie sovversive che per qualche tempo hanno dominato in quel Paese.

Feci ugualmente la conoscenza del signor Decrais, il nuovo ambasciatore designato per l'Italia. Egli è uomo molto per bene ed ho luogo di credere che sarà assai gradito a Roma. Egli non potrà recarsi al suo posto prima del 20 corrente poiché ha da rimettere, al ministero degli Esteri, il servizio al suo successore, che non è pronto ancora a ricevere quell'incarico. Io ebbi anche il tempo di avere una assai lunga conversazione col barone Alfonso Rothschild, la di cui irritazione per l'affare del nostro imprestito Baring ed Hambro relativo all'abolizione del corso forzoso, mi sembra alquanto calmata ed egli mi dichiarò essere pronto ad aiutare il nostro ministro delle Finanze per facilitare l'effettuazione di quella abolizione. La casa Rothschild ha d'altronde interesse a non osteggiare la finanza italiana.

Mi destarono una certa sorpresa alcune parole del barone Alfonso contro la spedizione di Tunisi che egli considerava come un peso (un boulet) per la Francia, ed attribuisce quel risultato all'asprezza delle relazioni personali fra i due consoli italiano e francese, che cagionarono la lotta che altrimenti si sarebbe potuta evitare.

Ho dovuto occuparmi anche in quei giorni della ricerca di una sede conveniente per l'ambasciata, la quale attualmente è ridotta a rappresentare l'Italia in uno sconcio ammezzato oscuro e malsano. Dalle informazioni che ho potuto raccogliere non sarà possibile di avere una casa decente a meno di cinquanta mila lire l'anno. Il cavalier Nigra, quando era ancora semplice ministro, dovette prendere un Hòtel di quel prezzo. Dopo quell'epoca i fatti sono cresciuti notevolmente. Quella ricerca sarà una delle prime cose delle quali avrò da occu

parmi al mio ritorno a Parigi. Intanto ho dovuto pensare ad alloggiarmi provvisoriamente in modo conveniente. A tal effetto io mi sono quasti aggiustato, salvo la definitiva approvazione di V. E., coll'Hotel Continental, rue de Rivoli, dove, mediante cento franchi al giorno, posso avere un appartamento provvisorio, quale si addice ad un ambasciatore, benché alquanto ristretto. Esso sarebbe composto di due camere da letto, di un salone, di una piccola sala da pranzo, di una camera per farvi il mio Gabinetto di lavoro e di alcune altre piccole camere per servizio.

Ciò sarebbe indipendente dalla Cancelleria, che si paga a parte, e da una scuderia che io dovrei prendere per i miei cavalli, che intendo portare a Londra.

Siccome la casa dell'ambasciata in Londra è pagata sopra un capitolo distinto, si dovrebbe fare lo stesso per Parigi, dove converrebbe di aprire a tal uopo presso la casa Rothschild un credito, (come si è fatto a Londra presso la casa Hambro) per le spese d'alloggio e per le altre spese che di continuo ocèorrono per i diversi ministeri. Epperciò pregheri V. E. d'autorizzare il commendatore Malvano di ordinare quel servizio: gliene ho già parlato e mi sembra che convenga con me della opportunità di quel provvedimento.

Desidererei intanto un pronto riscontro a quel riguardo. Non ho ancora potuto vedere lord Granville. La Regina mi darà udienza probabilmente il 12 corrente per ricevere le mie lettere di richiamo.

Trasmetterò senza indugio a codesto ministero le bozze del Libro Verde di mano in mano che mi saranno restituite dal Foreign Office, dove mi recai ieri per sollecitarne l'esame.

Io spero che questa mia lettera troverà V. E. in miglior condizione di salute che quando la lasciai in Roma.

(l) Manca il numero di serie politica.

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IL SEGRETARIO GENERALE ALLA GUERRA, PELLOUX, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. R. 913. Roma, 3 dicembre 1882.

Nel ringraziare codesto ministero delle informazioni comunicategli circa le voci corse di aumenti di forze francesi verso la nostra frontiera, lo scrivente pregiasi partecipargli che divide il parere espresso nella contro citata nota sull'opportunità di far constatare sul posto lo stato di cose.

In conseguenza furono date da questo ministero le opportune disposizioni se non che invece di incaricarne il colonnello Marchesi, che per il carattere ufficiale che riveste, non sembrerebbe indicato per la ricognizione di cui si tratta, tale missione venne affidata al capitano di Stato Maggiore del signor Vittorino approfittando dell'occasione che ~gli si recava in licenza a Nizza.

Sarà cura del sottoscritto di comunicare a codesto ministero le notizie di qualche interesse che venissero al riguardo riferite dal prefato capitano.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

L. P. Roma, 4 dicembre 1882.

Scusi l'indugio di questa mia risposta alla lettera confidenziale e privata che l'E. V. mi scrisse dopo i deplorati eventi relativi alla visita imperiale ai nostri Sovrani (l). Sono stato, e sono tuttavia infermiccio, tra la stanza ed il 1etto, tormentato da una leggera febbre serotina, che ancora non riesco a vincere. Tuttavia attendo al disbrigo degli affari co' capi di servizio e ricevo ambasciatori e ministri, ma non mi rimangono tempo e forza per private corrispondenze.

Perciò non volli ritardare ad inviarle un telegramma (2) che almeno le facesse conoscere i miei intendimenti, ed ora mi piace qui spiegarlo e confermarlo. V. E. con quella squisita delicatezza e nobiltà di animo, che è il maggiore de' tanti suoi pregi, mi scrisse offrendo il proprio allontanamento da Vienna, quasi potesse a lei attribuirsi di non aver saputo evitare o prevenire questa mancanza di riguardo a' nostri Sovrani ed all'Italia, ed altri in sua vece meglio potesse avvantaggiare le nostre relazioni col Gabinetto di Vienna. Con questo atto ella dimostrava ancora una volta, come nel suo animo il buon servizio della Corona ed il bene della patria stiano sempre al di sopra di qualsiasi vantaggio e considerazione personale. Applaudisco di cuore a così elevati sentimenti; ma ella deve permettermi di rispondere che io li divido. Tutto ciò che si fece a Vienna, a Pesth, a Capodimonte, a Roma, per quello che si riferisce al viaggio de' nostri Sovrani a Vienna, fu sempre deciso ed operato in pieno accordo tra l'E. V. e me, ed aggiungerò pure con Sua Maestà e col presidente del Consiglio. Io dunque non potrei mai consentire a separare dalla sua la mia responsabilità; se vi è luogo e nol credo, a rimproveri o pentimenti, sarò fiero di ricevere insieme con lei qualunque non meritata disapprovazione. Né temo che la sua presenza a Vienna, e la continuazione dell'alta missione affidata a V. E. possano cagionare tiepidezza o difficoltà né futuri nostri rapporti col Gabinetto austriaco; invece sono convinto che niuno potrebbe degnamente surrogarla nel credito e nell'autorità costà giustamente acquistata; ed anzi se vi è ancora, col benefizio del tempo e delle circostanze, modo o speranza di una determinazione accettabile con soddisfazione dell'opinione pubblica italiana, ella, testimone del passato, è la sola persona, a mio avviso, che forse potrebbe raggiungere il desiderato scopo.

Non mancai di porre la sua lettera sotto gli occhi di Sua Maestà, ed anche il Re mi ordina di manifestare all'E. V. nel suo nome gli stessi sentimenti, rinnovando la piena approvazione del suo operato.

28-Do:·nmenti diplomatici -Serie II -Vol. XV-XVI

(l) -Cfr. n. 396. (2) -Non pubblicato.
419

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TUGINI

T. 931. Roma, 6 dicembre 1882, ore 15,45.

Le gouvernement anglais propose que les grandes Puissances notifient officiellement au gouvernement roumain l'acte concernant la délimitation entre la Roumanie et la Bulgarie, le Cabinet de Bukarest ayant déclaré que sans cette notification il n'est pas en mesure d'accepter l'invitation que le gouvernement bulgare lui a adressée pour le [bornage] sur les lieux. Veuillez me télégraphier au plus tòt, à ce sujet, l'avis du Cabinet auprès duquel vous étes accrédité (l). Nous n'aurions quant à nous de difficulté à adhérer à la proposition britannique.

420

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A COSTANTINOPOLI, CORTI, A LONDRA, MENABREA, A PETROBURGO, NIGRA, A VIENNA, DI ROBILANT, E AGLI INCARICATI D'AFFARI A BERLINO, TUGINI, A PARIGI, RESSMAN, E ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 932. Roma, 6 dicembre 1882, ore 18,35.

Je viens de notifier à l'ambassadeur d'Angleterre notre acceptation définitive du décret pour les dommages en Egypte. Nous recommandons seulement, mais sans en faire l'objet d'une initiative ou réserve quelconque, qu'on cherche, si possible, à modifier la formule de l'art. 2 de façon à y comprendre les objets d'art d'un transport difficile, et en général toute valeur mobilière dont la perte serait constatée [par] pièces écrites, et authentiques.

421

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1948. Vienna, 7 dicembre 1882, ore 15,20 (per. ore 16,50).

Le comte Kalnoky trouve parfaitement opportune proposition anglaise de notifier à Roumanie acte concernant délimitation avec Bulgarie et apine que cela pourrait se faire au moyen d'une note à adresser en commune par les

représentants à Bukarest ou lieu par note identique, mais il trouve indispensable de faire égale notification à la Sublime Porte camme Puissance souveraine de la Bulgarie et de le notifier en meme temps à Sophia. Il trouve grave observation faite par la Russie qu'aux termes du traité de Berlin le bornage qui sera conséquence de cette notification devra ètre faite par les commissaires des grandes Puissances. Il voudrait, si c'est possible, épargner qu'on voyage pour si peu de choses, aux commissaires et aux gouvernements respectifs la dépense qui en découle.

(l) Per le risposte cfr. nn. 421 e 423.

422

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A COSTANTINOPOLI, CORTI, A LONDRA, MENABREA, A PIETROBURGO, NIGRA, A VIENNA, DI ROBILANT, AGLI INCARICATI D'AFFARI A BEHLINO, TUGINI, A PARIGI, RESSMAN, E AL MINISTRO A BUCAREST, TORNIELLI

T. 937. Roma, 8 dicembre 1882, ore 17,15.

Je viens de répondre à l'ambassadeur d'Angleterre nous demandant de faire notifier par notre légation à Bukarest au gouvernement roumain l'acte de délimitation de la frontière bulgaro-roumaine, que si tel est l'avis de toutes les . Puissances signataires du traité de Berlin, nous n'avons, en ce qui nous concerne, aucune difficulté à nous preter à cette demande ainsi qu'à toute autre formalité diplomatique acte à atteindre le but de régularisation qu'on se propose.

(Per Vienna) J'ajoute confidentiellement pour V. E. que je ne comprends pas comment pourrait-on notifier à la Sublime Porte un acte de délimitation, où elle figure déjà camme partie contractante, et qu'elle a en outre ratifié. Quant à la Bulgarie qui devrait en tout cas, il me semble, ètre instruite à ce sujet par la Puissance suzeraine, il nous résulte que c'est elle qui s'est déjà adressée au gouvernement roumain pour demander, d'après l'acte de délimitation, l'execution matérielle du bornage sur places.

423

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 958. Berlino, 10 dicembre 1882, ore 17,48 (per. ore 19,40).

Le Cabinet de Berlin a fait à l'ambassadeur d'Angleterre une réponse assez analogue à la nòtre relativement à une notification à Bukarest de l'acte de délimitation de la frontière bulgaro-roumaine.

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IL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A TUNISI, RAYBAUDI MASSIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 712. Tunisi, 11 dicembre 1882 (per. il 19).

Col riverito dispaccio del 2 corrente n. 223 (2) V. E. mi chiede maggiori dilucidazioni sui quesiti sottopostimi intorno alla situazione che viene assicurata ai nostri connazionali dai trattati ed usi vigenti, cioè dal così detto régime des capitulations.

Comincio dall'ultimo per essere la risposta negativa e quindi più breve.

All'infuori della giurisdizione civile e commerciale, la quale si esplica in virtù dell'art. 25 del trattato anglo-tunisino e di quello derivante dall'art. 22 del nostro trattato per quel che concerne le cause immobiliari, nessun'altra autorità viene esercitata dall'amministrazione indigena sui cittadini italiani.

Il secondo quesito, venne dall'E. V. così formulato:

Quali sono i diritti, le prerogative e le attribuzioni che all'infuori della giurisdizione sono esercitati dall'autorità consolare nell'interesse dei nostri amministrati, e possibile a conservarsi, dato il caso che, in seguito a negoziati col governo francese, si addivenisse alla sospensione o soppressione della giurisdizione consolare.

A maggiormente chiarire il concetto l'E. V. volle ben porgermi l'esempio del diritto di espulsione, per quanto la natura del medesimo sia essenzialmente giurisdizionale. Cercherò di enumerare queste prerogative chiedendo venia all'E. V. di ogni possibile dimenticanza in materia sì generica. Esse sono:

Nell'ordine diplomatico:

l. il rappresentante sfugge a qualsiasi giurisdizione;

2. -la residenza consolare è inviolabile, dal che ne scaturisce il diritto d'asilo praticato lo scorso anno dall'agente britannico a favore del generale tunisino Taher Sausc minacciato nella persona e negli averi dal Bey ora regnante. L'inviolabilità è estesa a tutte le dimore degli italiani in Tunisia; ed un delinquente che prendesse rifugio in una di esse non potrebbe esserne estratto che dall'autorità italiana; 3. -franchigia doganale; 4. -diritto di nomina di qualsiasi agente consolare in qualsiasi località della Tunisia; 5. -nomina di quanti interpreti e giannizzeri si creda necessari.

Nell'ordine amministrativo:

l. regolamento di polizia e provvedimenti di P.S. fra i quali il citato diritto di espulsione. La stessa ammonizione viene da noi applicata in Tunisi;

2. -protezione consolare agli indigeni; 3. -il diritto di chiedere l'intervento della forza armata per l'arresto od il trasferimento d'un suddito; 4. -identico diritto per l'arresto dei disertori della marina mercantile e da guerra; 5. -l'intervento diretto in tutto ciò che ha tratto alla navigazione, coll'asssistenza obbligatoria delle autorità locali in caso di naufragio; 6. -l'ingerimento esclusivo nell'amministrazione delle successioni dei nazionali defunti; 7. -esecuzione nel pagamento delle tasse municipali ed erariali accettate e consentite dalle autorità consolari; 8. -nella questione di stato il nato da donna italiana unita con musulmano viene considerato come cittadino italiano addivenendosi a separazione dei coniugi; 9. -il diritto di conoscere i fallimenti dei nazionali ed in genere tutti i diritti di giurisdizione volontaria; 10. -il corpo consolare in unione al delegato di S. A. esercita le funzioni di consigliere sanitario per tutta la reggenza; 11. -diritto di tenere in esercizio uffizi postali.

Osservo inoltre due articoli della legge consolare di possibile conservazione nel caso di cessazione della patria giurisdizione, previo accordo con chi spetta, cioè:

l'art. 152 il commutare la nena corporale in ammenda per capi commercianti, le donne ed i minori; l'art. 59 sul giudizio del console come arbitro. La prima disposizione è a totale vantaggio dei connazionali, la seconda lascerebbe sussistere un principio di giurisdizione.

(l) -Ed. in LV 43, pp. 17-19. (2) -Cfr. n. 415.
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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2510. Costantinopoli, 12 dicembre 1882 (per. il 18).

Ho avuto l'onore di ricevere i dispacci dell'E. V. del 30 novembre e 2 Jicembre numeri 1455 (l) e 1456 (2) relativi alla quistione della frontiera turco-montenegrina. Pel primo dei quali essa si compiaceva darmi contezza jella proposta fatta dalla Russia sulla materia.

Le due prime parti di siffatta proposta sono conformi alle idee da me èsposte, imperocché i commissari non possono segnare una frontiera la quale non è per anca determinata.

E quanto alla proposta di riferire la quistione, nel caso i negoziati diretti non approdassero, alla decisione degli ambasciatori a Costantinopoli, credo mio debito di sottomettere alla E. V. le seguenti considerazioni. La frontiera turco-montenegrina fu primieramente fissata dal trattato di Berlino. La Turchia si dichiarava indi aliena dalla esecuzione di una parte delle stipulazioni, domandava una modificazione di esse, e proponeva uno scambio di territorio. Sulla base di questa proposta le Potenze acconsentirono alla stipulazione del protocollo del 1880.

La Turchia non esegui questa convenzione, e nel giugno 1880 il governo inglese fece la proposta detta di Dulcigno. La Sublime Porta sollevava varie abbiezioni contro questa proposta, e le Potenze si prestavano nuovamente ad una modificazione allo scopo di lasciare alla Turchia Dinosi e Grudi, la quale modificazione era formulata nel dispaccio del ministro degli Affari Esteri austroungarico del 26 agosto 1880 (comunicato al R. governo li 29 agosto (1). Questa fu l'ultima concessione fatta dalle Potenze, né credo maggiori sarebbero possibili. La Turchia cedette poscia di fatto il territorio di Dulcigno, ma non accettò mai formalmente il resto della linea. Rimane quindi a fissarsi la linea nella valle della Zeta; segue la deviazione proposta dal governo austro-ungarico verso Dinosi e Grudi. Da Grudi a Plainitza, secondo la circolare ottomana, la frontiera sarebbe stata delimitata, la quale asserzione è erronea, imperocché i commissari segnarono le linee in quella località e raccomandarono quella che lasciava il Kuchi Kraina al Montenegro, la quale fu poi compresa nella linea inglese, ma essa non fu mai formalmente accettata dalla Turchia, la quale ha sempre persistito a reclamare il Kuchi Kraina; per la frontiera fra Plainitza e Sekulare la linea inglese adotta il tracciato del protocollo del 18 aprile sulla quale la Turchia non fece alcuna osservazione, e pel resto la linea di Berlino. Dalle quali cose risulta che quasi tutta la linea si trova tuttavia in discussione.

In tali circostanze, e considerando la difficoltà d'aprire nuovi negoziati colla Turchia e col Montenegro sopra questioni che furono già si lungamente discusse, a me sembra opportuna la proposta del Gabinetto di Pietroburgo che, nel caso l'accordo diretto non fosse per intervenire, la riunione degli ambasciatori abbia a decidere la quistione, rimanendo però inteso che gli ambasciatori non siano chiamati ad iniziare una nuova discussione colla Sublime Porta, ma solo a pronunziare una decisione definitiva da accettarsi dalle due parti. Né è per me dubbio che gli ambasciatori si pronunzierebbero per la linea inglese colla modificazione austro-ungarica dalla parte di Dinosi e Grudi.

Ho parimenti ricevuti i dispacci che l'E. V. mi fece l'onore di rivolgerml li 27 e 29 novembre nn. 1453 e 1454, non che quello del 28 novembre s.n. (2) pe' quali mi pregio offrirle i miei distinti ringraziamenti.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 414. (l) -Non pubblicato nel vol. XIII della serle IL (2) -Non pubblicati.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

L. P. Berlino, 12 dicembre 1882.

Je remercie V. E. de sa lettre particulière du 6 de ce mois (2). Si j'avais cru devoir modifier la rédaction de mon rapport du 30 juillet (3), en accentuant un peu plus le langage du comte de Hatzfeldt, c'est que j'étais sous l'impression de ce qu'il me disait alors sur son désir qu'il n'existat aucun malentendu, à savoir que camme il s'agissait d'une réponse déjà faite provisoirement à la demande de coopération en Egypte adressée à l'Italie par l'Angleterre, il n'avait pas à émettre d'opinion à ce sujet. Il résultait au reste de ses entretiens avec moi que le Cabinet de Berlin n'avait rien à dire sur les mesures que l'une ou l'autre des Puissances croirait devoir prendre pour sauvegarder ses intérets. Il n'avait ni à approuver, ni à blamer. Il n'avait par conséquent pas à jurer l'invitation que l' Angleterre nous adressait, ni la réponse que nous avions cru devoir donner. Il s'abstiendrait à plus forte raison, s'il n'était question que d'un projet de réponse, car en formulant un avis, on pourrait penser, à tort certainement, que nous serions laissés influencer par le gouvernement impérial dans un sens quelconque, et il aurait été incompatible avec toute son attitude dans cette question de prendre sur lui-meme l'apparence de cette responsabilité.

Je me réfère aussi au pro-memoria que j'adressais d'Aix-la-Chapelle au chevalier Tosi et qui a été remis par lui à V. E. ou à Monsieur commandeur Mal vano.

Je tenais à bien marquer une fois de plus à quel point de vue on se plaçait ici, afin d'éviter toute rectification, si le Livre Vert n'en tenait pas suffisamment compte. Je cherchais avant tout à rester sous le signe du vrai, sans manquer ni à certains égards envers le comte de Hatzfeldt, ni surtout m'écarter de ce qui exige le crédit du gouvernement que j'ai l'honneur de représenter ici.

Je me suis meme abstenu de pressentir le secrétaire d'Etat à propos de ces publications, mais j'ai parfaitement vu encore depuis mon retour à Berlin, qu'il se fiait d'avance à ce que ces publications fussent faites dans la mesure voulue et d'une manière conforme à son langage. A cet égard, je regrette la suppression de la dernière partie du rapport précité que j'avais expédié de Berne, revu et corrigé.

Dans mon premier entretien avec le comte de Hatzfeldt, je ne lui ai pas caché que j'avais constaté à Rome un sentiment de pénible surprise de ce que, sans nous avertir, l'Allemagne se fùt dès le mois de mai montrée favorable aux ouvertures de la France tendantes à une abolition des capitulations en Tunisie. Nous ne l'avions appris que d'une manière indirecte, lorsque le Cabinet de

Paris s'est aussi adressé à nous après s'étre déjà concerté avec les autres Puissances. Mr. de Hatzfeldt me disait que le baron de Courcel n'avait touché qu'une seule fois à cette question, et qu'il lui avait été répondu que l'Allemagne dont les intéréts sont fort secondaires dans ces régions, ne soulèverait pas de difficulté, pourvu que les autres Puissances montrassent les mémes dispositions. Si nous n'avions reçu aucun avis de Berlin, on ne saurait l'attribuer à un manque de bon procédé envers nous. Il n'y avait aucune intention de nous désobliger. Cela avait tenu à la circonstance que vers cette époque il se produisait un chassé-croisé entre le secrétaire d'Etat ad interim et le sous secrétaire d'Etat, s'en remettant l'un à l'autre du soin d'entendre les communications des diplomates étrangers, et d'y donner cours. Dans le nombre des affaires il a pu se manifester involontairement quelque lacune, mais cela n'a jamais été amené par un défaut de bon vouloir, nommément envers l'Italie. J'ai vivement insistè pour que de tels faits ne se présentent plus à l'avenir entre des amis intéréssés et méme tenus à échanger leurs vues sur les différentes questions politiques.

En vous réitérant, monsieur le ministre, les voeux que je vous ai déjà transmis par le télégraphe (l) pour le prompt rétablissement de votre santé...

(l) -Da M.C.R., Carte Mancini. (2) -Non pubblicata. (3) -R. 3089, non pubblicato.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3162. Berlino, 13 dicembre 1882 (per. il 22).

Ce qu'il en sera de la question égyptienne, ce que l'Angleterre se propose décidément de faire dans une situation où elle s'est créée par les armes une évidente prépondérance, tout cela reste provisoirement assez obscur, assez difficile à préciser. Le cabinet de Londres tient à procéder avec ordre. Il ne veut pas perdre Ies fruits de sa victoire et ne rien faire qui puisse lui susciter trop de difficultés en Europe.

En tout cas, les obstacles ne viendront pas de Berlin. La prince de Bismarck, dans le fond de sa pensée, se montre satisfait de la tournure prise par les événements dans la vallée du Nil, et il espère qu'il en sortira un état de choses où les intéréts généraux de l'Europe trouveront aussi des garanties. Ce qui s'est passé dans ces régions cadre avec des idées qu'il avait émises bien avant le combat de Tell-el-Kébir. Il estimait tout nature! que la Grande-Eretagne cherchàt à s'assurer une position qui mit à l'abri de tout danger ses communications avec les Indes. S'il comprend qu'elle procède avec une certaine circonsnection. il critique néanmoins ses lenteurs à s'assurer le fruit de ses victoires, lorsque les conditions actuelles de l'Europe ne laissent présager aucune résistance sérieuse, pas méme de la part du gouvernement français, depuis le jour où celui-ci par une sorte d'effarement parlementaire a battu en retraite, et déclinait jusqu'à cette modeste coopération qui se bornait à la

protection de l'isthme de Suez. Maintenant il joue le mécontent. Il travaille toutefois à obtenir des compensations dans son expansion coloniale, comme si marchandage n'affaiblissait pas l'effet de ses revendications égyptiennes, et ne mettait pas sous un certain rapport les anglais plus à leur aise.

Bref, cette affaire d'Egypte ne semble pas appelée à ébranler la tranquillité générale. Le prince de Bismarck va meme plus loin dans ses prévisions. Quoiqu'il n'accepte que sous bénéfice d'inventaire les déclarations d'amitié de la Russie, bien qu'il n'ait qu'une médiocre confiance dans l'état des choses au delà des Vosges, lors meme que les éléments de troubles ne manquent pas dans la péninsule des Balkans, il énonce la ferme confiance, tout en faisant pourtant la part de l'imprévu, que la paix sera maintenue en 1883. Il ne croit pas pour autant qu'une guerre éclate après cette échéance, mais par les temps qui courent, il ne faut pas se montrer optimiste à long terme. Il convient au contraire de se tenir toujours pret à affronter les orages.

(l) Non pubblicato.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. S.N. Roma, 14 dicembre 1882, ore 1.

En relisa~t une fois avant de donner le bon à imprimer le Livre Vert je ne puis me défendre d'une pénible impress'on à l'endroit de l'affirmation réitérée de V. E. dans les dépeches du vingt et du vingt trois février (l) à savoir que Kalnoky a evité d'une manière marquée d'accepter notre offre d'un échange préliminaire de vues au sujet de question egyptienne il est vrai qu'en fait ainsi qu'il résulte de ces deux pièces elles-memes et de plusieurs autres Kalnoky s'est proposé très obligeant à cette échange mais ces ennemis de l'alliance autrichienne ne se priveront certainement pas de l'occasion de exploiter à leur profit un texte qui donne malheureusement toute l'apparence aux procédés du Cabint de Vienne d'un manque de courtoisie et d'une injuste défiance envers nous c'est comme V. E. le voi t un point où il n'agit pas seulement de la situation du ministère mais des rapports réciproques entre les deux Etats. Je apprécie toute la délicatesse de sentiment qui vous fait craindre de connettre une réticence mais je suis convaincu d'une part que Kalnoky serait tout premier à regretter de voir son attitude devenir l'objet en Italie d'une appréciation aussi inéxacte que fàcheuse et je ne crois pas d'autre part que V. E. ait une stricte obbligation de me dire dans ses rapports que notre offre n'avait pas été de la part de Kalnoky l'objet d'une acceptation explicite alors surtout qu'elle a été en fait et tacitement admise quoiqu'il en soit je me borne à mettre V. E. en mesure de peser encore une fois avec son patriotisme éclairé mes appréhensions et ses propres scrupules. Je vous prie seulement de vouloir bien me faire parvenir votre réponse dans la journée de demain jeudi (2).

(l) -Non pubblicati nel vol. XIV della serle II. (2) -Non pubblicata.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

L. P. Berlino, 15 dicembre 1882.

Je suis de retour au poste depuis une semaine; et je reprends avec plaisir notre correspondance particulière. J'ai quitté Rome après y avoir passé vingtcinq jours. Tosi que vous aurez vu à son passage pour retourner à Belgrade vous aura communiqué tout ce qui s'y est passé depuis votre départ et le nòtre. Nos impressions ne sont guère rassurantes. Cependant M. Depretis, s'il le veut résolument, peut encore nous tirer du pétrin. La nouvelle chambre fournit les éléments d'une majorité gouvernementale et modérée, s'il se donne la peine de la discipliner et de s'en servir dans le sens du discours programme de Stradella. Il faudrait aussi en venir à la formation, ou à un remaniement du ministère dans la mème direction d'idées, où la majorité ne fù.t pas acquise camme aujourd'hui aux doctrines qui dépassent la juste mesure de la liberté pour plier vers le radicalisme. Sans un ministère homogène, nous n'avons rien de bon à espérer ni à l'intérieur ni surtout à l'étranger. Si on nous tient un peu beaucoup en quarantaine dans les grandes questions, cela provient évidemment d'un manque de confiance dans notl'e gouvcrnement actuel. Je l'ai dit et répété au Roi et au président du Conseil sur tous les tons. Ils reconnaissaient l'un et l'autre, que là était le défaut de notre cuirasse; M. De:~Yetis me promettait qu'il ne négligerait rien pour chercher à apporter un remède, à ses yeux aussi nécessaire, mais que ce n'était pas chose facile, chacun des ministres ses collègues ayant dcrrière lui une cohorte qui faisait pencher la balanche pour la majorité dans le parlement. Ces mèmes voix se tourneraient contre le ministère, si les membres principaux des groupes ~ortaient de l'administration. Ce raisonnement n'est pas irréfutable. On devrait plutòt se demander si les voix qu'on s'expose à perdre par ces ménagements, valent en nombre et en qualité celles que l'an gagnerait en rompant avec les hommes avancés de la gauche.

Pour ce qui a trait spécialement a nos relations antérieures il m'est revenu depuis mon retour ici, qu'il faut en effet attribuer à la composition actuelle de notre Cabinet si nous ne rencontrons pas à Berlin camme à Vienne, cette confiance qui permet en temps voulu un échange de vues sur les affaires européennes, et qui nous mettrait à l'abri des surprises et des déceptions en nous épargnant parfois des fausses démarches.

On vous aura poursuivi camme moi avec les épreuves du Livre Vert sur l'Egypte. Je redoutais un peu cette publication. Les imprimés m'arrivaient à Turin et à Berne. J'ai raturé, corrigé annulé mème. Je tenais entre autres à bien mettre en évidence que lorsque l'Angleterre nous a demandé notre coopération, nous avions communiqué ici du moins une réponse déjà faite et non à faire, que l'Allemagne déclinait en ce qui la concernait d'approuver, ni de désapprouver, de donner nl mandat ni veto, chacun restant libre sous sa propre responsabilité d'agir selon ce qu'il croirait le plus conforme 'à ses intérèts.

J'ai été rejoint ici par des télégrammes de Mancini, me priant de consentir à quelques modifications accentuant davantage l'attitude de l'Allemagne dans un sens de réserve. Si j'ai transigè dans une certaine mesure, j'ai fait en sorte qu'il ne se publiat rien qui put amener des observations d'ici. Joli métier pour les diplomates d'etre condamnés à refaire leurs dépeches, d'en supprimer toute la partie intéressante et tout cela pour satisfaire les caprices de gens qui ne comprennent rien à ces sortes d'affaires.

Que dites-vous des changements diplomatiques? Je ne comprends pas Menabrea quittant une position sure pour s'engouffrer dans une situation camme celle à Paris, où règne l'incertitude et où l'an marche sur une pente fatale. Je ne m'explique pas non plus pourquoi Nigra à défaut de Paris ambitionnait Londres. Il est vrai qu'il remplira très bien cette ambassade. Pour Saint Pétersbourg le comte Tornielli était appuyé par M. Depretis, mais sa candidature était écartée par M. Mancini. Les chances sont maintenant pour Greppi, et dans 1Ce cas M. Blanc irait à Madrid. Il visait plus haut, il ne sera pas meme sénateur. Au reste je n'ai pas été consulté sur ces mutations, et je me suis tenu coi; en tout cas pour mon compte je ne me souciais d'aucun changement.

J'ai su que vous auriez désiré etre relevé du poste de Vienne, et que vous en avez exprimé le désir dans une lettre très patriotique et très digne. Le Roi et son gouvernement ont préféré, et à mon avis ont eu raison de vous voir rester à Vienne. Plus la situation est délicate et difficile, et plus il faut un diplomate d'expérience et de tact. Corti si je l'ai bien jugé au congrès de Berlin n'a pas les qualités voulues pour ce poste.

Nous aurons le 25 les noces d'argent du prince impérial. Les cours parentes seront invitées aux fètes, mais il n'est pas encore décidé si on sortira du cercle de la famille. Le comte Szechenyi entre autres a interpellé ici là dessus, et on a remis la réponse à une huitaine de jours.

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L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1970. Parigi, 16 dicembre 1882, ore 15,32 (per. ore 17).

S. E. le général Menabrea me charge de communiquer à V. E. le projet suivant du discours qu'il se propose de prononcer en remettant ses lettres au président de la République; et il vous prie de lui faire connaitre le plus tòt possible si vous l'approuvez. «J'ai l'honneur de remettre à V. E. la lettre du Roi, mon Auguste Souverain, par laquelle Sa Majesté a daigné m'accréditer camme ambassadeur auprès de la République française; ma mission a pour principal objet de resserrer et de maintenir les bons rapports entre nos ,deux Pays que tant d'intérets communs... (l) à une loyale et amicale entente. Je me sens

d'autant plus heureux de la mission qui m'est confiée que j'ai blen des raisons personnelles pour aimer la France et surtout celle d'avoir pris part à la glorieuse campagne dans laquelle la vaillante armée française a inscrit sur ses drapeaux les noms de Magenta et de Solferino; campagne qui laissera un souvenir reconnaissant et ineffaçable dans l es coeurs d es italiens; aussi j e mettrai tout mon zèle à remplir ma tache, et si V. E. me prete l'appui de sa bienveillance j'ai bon espoir d'y réussir ».

(l) Gruppo !ndeclfrato.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A COSTANTINOPOLI, CORTI, A PIETROBURGO, NIGRA, A VIENNA, DI ROBILANT, AGLI INCARICATI D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, A PARIGI, RESSMAN, E ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, GERBAIX DE SONNAZ

T. 944. Roma, 16 dicembre 1882, ore 17,45.

L'ambassadeur d'Autriche nous fait proposition formelle de faire notifier au gouvernement roumain par note collective des représentants resp~ctifs à Bukarest l'acte de délimitation de la frontière bulgaro-roumaine, avec l'avis que la mème notification est faite au governement bulgare, et avec invitation aux deux parties intéressées de se mettre directement d'accord pour l'exécution du bornage. Une communication analogue serait faite par les représentants respectifs au gouvernement princier après avis préalable à la Sublime Porte comme Puissance suzeraine. J'ai répondu que nous acceptions, en ce qui nous concerne, cette proposition et que les instructions opportunes vont ètre par nous télégraphiées à Bukarest, Sofia, et Constantinople aussitòt que l'assentiment de toutes les Puissances nous sera connu.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENIALE 1787. Vienna, 16 dicembre 1882 (per. il 22).

L'articolo del Grenz-Boten che con carattere altamente ufficioso ebbe a portare a pubblica .conoscenza che l'alleanza austro-germanica fu consacrata da una stipulazione scritta rivestita delle firme dei due Sovrani; e che inoltre pose in sodo con precisione il carattere esclusivo degli accordi in tal maniera sanciti, diede luogo a molti commenti da parte della stampa austriaca. Anzi tutto il pubblico qui non credeva che quell'alleanza fosse stata stretta in così formale maniera, ed oltre a ciò ignoravasi poi del tutto che essa avesse un carattere d'esclusività di natura da non ammettere a parità di posizione quelle altre Potenze che desiderassero accedervi.

Al R. Governo niente di tutto ciò dovette riuscir nuovo non essendoci mancate le circostanze che ci porsero agio di averne fondata conoscenza; ma forse la Russia non era al par di noi pienamente a giorno di quello stato di cose ed il cancelliere germanico avrà tenuto dopo il colloquio avuto col signor di Giers a Varzin a togliergli ogni dubbio in proposito; dando al tempo stesso un monito al Gabinetto di Vienna, affinché al passaggio del ministro russo nella capitale austriaca si abbia a tenergli un linguaggio che non s'allontani menomamente dai patti stipulati nel settembre 1879. Questa mia supposizione è avvalorata dal fatto che: da buona sorgente mi consta la pubblicazione del Grenz-Boten esser riuscita assai spiacevole al ,governo austro-ungarico e ciò tanto per la forma con cui fu fatta come pel momento scelto.

Indubbiamente l'accordo austro-germanico portò al momento della sua stipulazione l'impronta della massima segretezza, ma il principe Bismarck a cui poco garba che gli altri svelino ciò che non gli fa comodo si sappia, non ha mai esitato a far pubblicare dai suoi giornali ufficiosi quelle cose anche segi·etissime che in un dato momento gli torna a conto di divulgare.

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L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1857/1628. Londra, 17 dicembre 1882 (per. il 22).

Lo Standard d'ieri pubblica taluni ragguagli di un trattato di alleanza che sarebbe stato firmato dall'Austria e dalla Germania nel 1879. L'alleanza sarebbe principalmente difensiva ed avrebbe per iscopo di mantenere gli attuali possedimenti dei due Imperi, e, in particolar modo, alla Germania, l'Alsazia e la Lorena ed all'Austria le provincie del Tirolo e dell'Adriatico. Si garantirebbe eziandio a quest'ultima la sua posizione nella penisola di Balcani, ciò che includerebbe, in certi casi, operazioni militari offensive.

n Trattato determinerebbe il numero delle forze militari dei due Imperi; prescriverebbe un'azione comune nelle quistioni internazionali e stabilirebbe le norme delle relazioni commerciali.

Esso sarebbe stato stipulato per dieci anni ma continuerebbe in vigore dopo quel periodo di tempo, finché non fosse denunziato da una delle due parti; ed escluderebbe l'accensione d'una terza Potenza qualsiasi.

Dell'autenticità o dell'esattezza di questi ragguagli non sono in grado di dare alcuna opinione. Mi onoro però d'informare l'E. V. che il fatto della pubblicazione di essi nei giornali tedeschi, le notizie, (vere o false che siano), di accentramenti di truppe in Russia ed in Germania e del viaggio del conte Eriberto di Bismarck a Vienna hanno destato timori di guerra nei clubs politici di Londra.

La partenza simultanea ieri sera di lord Granville, di Sir Charles Dilke e di Sir Julian Pauncefote per la campagna mi toglie la possibilità di fare un tentativo per ottenere qualche informazione autorevole.

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L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, TERZAGHI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

L. P. Madrid, 18 dicembre 1882.

Anzitutto la ringrazio di cuore, signor generale per la di lei gentile e sì buona lettera del 5 dicembre (l); riconoscendo la di lei scrittura sulla soprascritta di una lettera ho un sentimento di gioja, per me tanto più intenso, che pur troppo le cose gradite diventano sempre più rare nella mia esistenza.

La di lei lettera ha una nube di tristezza, che sentii col cuore a lei caninamente affezionato, e che mi dolse, quantunque pur troppo non mi meravigliasse. È in questi momenti che deploro altamente di essere fuori dal movimento politico, leggo e rileggo giornali e colla esperienza del cuore e della mente che mi feci in Vienna durante undici anni, tanto di stabilire la verità, di farmi un concetto di ciò che fece e volle il generale; ella ben sa che i di lei intendimenti io era riuscito a fiutare per una specie di istinto canino. Nella questione della visita c'è però per me un enigma; era per me, dal giorno in cui il nostro Re si recò a Vienna, dogma che l'Imperatore non potrebbe restituire la visita a Roma; anche avendo simpatie pel nostro Re e desideri di buone relazioni, l'Imperatore non può far cosa che sarebbe apertamente invisa al Papa; le tradizioni di S.M. Apostolica possono essere giuseppine, ma sempre tenendo conto dei riguardi dovuti, segnatamente alla persona del Pontefice. Una restituzione immediata della visita, ovunque, avrebbe avuto, parmi, il migliore effetto; più tardi sembrami cecità, per chi conosce l'Austria, di poter credere di insistere per Roma.

Ad onta di questo errore, sembrami che le dichiarazioni di Kalnoky fossero tanto favorevoli quanto le contingenze lo permettevano e dato che l'Imperatore non poteva, a mio avviso, per alti interessi suoi andare a Roma; sarebbe, a mio avviso follia di tentennare, precisamente dopo le dichiarazioni nelle delegazioni, nell'alleanza austro-germanica; si commise un errore, a mio avviso, d'insistere per Roma; qui non ce ne vollero troppo e fecero tutte le dichiarazioni possibili nella contingenza. Se cambiano politica andiamo colle gambe per aria; perché la sola cosa che posso constatare anche in !spagna è che il nostro nemico è la Francia; quando io era incaricato d'affari il francese mi tagliava le gambe, il tedesco, conte Goltz, e l'austriaco conte Duboky mi erano favorevoli. Anche il conte Duboky inneggia a lui, signor generale e se è gentile meco è unicamente perché sa che io sono di lei satellite. Delle «cosas de Espagna » non parlo! Sagasta, Canovas, Serrano vogliono rimanere o andare al potere con ogni mezzo, con o senza il Re, ciò è indifferente. Guai a noi se prendessimo sul serio la Spagna, che può cambiare da un istante all'altro in ogni cosa.

Col conte Greppi non sono né bene né male; lo vedo un'ora in cancelleria, l'unica osservazione che fece su tre mesi di mia reggenza, tutto solo e non avendo lasciato un arretrato neppure nel registro politica, fu che il proto

collo (del resto dovette trovarlo esatto) mancava di certe righe, che erano nere e non rosse, come è mio sistema; lo vedo da lontano in teatro ed ecco tutto. Come capo non dico nulla; come uomo non c'è male, ma di un egoismo che diventa visibile tanto è palese; per salvare la mia vita non cambierebbe l'ora di colazione. L'idea di diventare ambasciatore gli ha dato un po' alla testa.

Io lontano vedo ancor più chiaramente il disastro che succederebbe nelle relazioni tra Austria e Italia se ella, signor generale, abbandonasse Vienna. La visita imperiale, la faccenda dell'estradizione, non prendono proporzioni gravi unicamente perché lei è a Vienna; non c'è un austriaco che non la consideri come base delle buone relazioni tra i due stati. Credo vedere il di lei dito anche nella politica interna che andava a rompicollo; le elezioni milanesi sono un'onta; Depretis avrà un po' di forza. Iddio e, se è necessario proprio, lei, signor generale, ci salvino, se la buona volontà di Depretis non corrisponde al rigore. Per ciò che concerne il ministero Esteri non so se è ufficiale il progetto della fusione delle tre carriere e intromissione di persone straniere; appena il progetto fosse effettuato me ne andarei a piantar cavoli in campagna.

Le feste di Natale e di Capo d'anno, segnatamente le prime mi rendono più triste del consueto. In Madrid le passerò tutto solo con Giuseppe; il cuore si stringerà alla memoria dolce durata dieci anni dei cari bimbi intorno all'albero di Natale, e ora osa dire che quasi sembravami trovare una famiglia; che contrasto amaro con qui? La lotta della vita è tal volta ben dura.

Che Greppi e le contingenze mi siano propizie e mi permettano di andare in maggio in congedo, cosa non molto ardua in !spagna, se Baglio farà ritorno in gennajo dopo cinque mesi di congedo; lo scopo principale del mio congedo è di rivedere le tre persone alle quali sono veramente affezionato; se una volta potessi ottenere Pest sarebbe il bastone di maresciallo e non mi muoverei più.

Scusi, signor generale, la tiritera un po' mesta e poco interessante dalla Spagna; San Carlo e Capo d'anno sono per me date ben gradite perché mi danno il sì grato diritto e dovere di indirizzarle miei righi. Iddio la conservi, signor generale, alla signora contessa, che mi colmò di tanta bontà immeritata, ai bimbi che pur troppo devono avermi dimenticato dopo due anni. al suo Paese che ha tanto d'uopo di lei ed ai suoi servitori devoti e affezio\nati neì quali la supplico di enumerare in primissima linea il di lei devotissimo ...

(l) Non pubblicata.

435

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1979. Vienna, 19 dicembre 1882, ore 16,37 (per. ore 19,20).

Les révélations de ces derniers jours de la presse allemande officieuse sur l'alliance Allemagne-Autriche et les nouvelles à sensation lancée au sujet des préparatifs militaires de la Russie ont vivement ému opinion publique et l'on se demande de tout còté quel peut étre le but de Bismarck en provoquant une sensible agitation facheuse pour les affaires. La venue à Vienne en courrier du fils de Bismarck, qui est reparti hier pour Berlin, et ses longues conférences avec Kalnoky ont donné un nouvel aliment à l'inquiétude qui règne ici dans le monde politique et dans celui des affaires principalement. J'ai cru conséquemment pouvoir m'éclaircir à ce sujet dans la conversation que j'ai eu aujourd'hui avec Kalnoky à sa réception habituelle, d'autant plus que les rapports qui existent entre l'Italie et les deux Empires nous donnent des droits d'étre tenus au courant des symptòmes alarmants qui pourraient etre en vue. S. E. tout en montrant qu'il trouve lui aussi que les raisons qu'on donne pour expliquer langage des journaux de Berlin ne le justifie pas pleinement, n'a pas manqué de m'assurer de la manière la plus précise qu'il n'y a pas actuellement d'aucun còté des velléités de guerre et que par conséquent la paix n'est nullement en danger. Il montre dane ne pas douter que tous ces bruits s'évanouissent bientòt. Par le courrier qui part demain matin, j'expédie à V. E. des rapports à ce sujet (1).

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI MANCINI, AI RAPPRESENTANTI DIPLOMATICI

D. Roma, 19 dicembre 1882.

Con telegramma del 16 corrente mese (2) ebbi cura d'informarla che questo ambasciatore di Austria-Ungheria ci aveva fatta formale proposta di notificare ufficialmente al governo rumeno le decisioni della commissione internazionale incaricata di determinare il confine fra la Rumenia e la Bulgaria, affine di metterlo in grado di procedere, d'accordo col governo bulgaro, al collocamento dei termini.

Il Gabinetto di Vienna osserva giustamente che l'atto di delimitazione della commissione internazionale istituita all'uopo, atto che ha la data del 17 dicembre 1878, essendo compreso fra quelli cui i governi firmatari del trattato di Berlino hanno dato la loro sanzione, nulla sembra ormai opporsi alla notificazione delle medesime alle parti interessate.

Quanto al modo di cui la notificazione dovrebbe avere luogo, il governo austro-ungarico propone che si dia l'incarico ai rappresentanti delle Potenze firmatarie, accreditati a Bucarest, di intendersi fra di loro, e di comunicare con nota collettiva al governo rumeno le decisioni della commissione internazionale di delimitazione, contenuta nell'atto 17 dicembre 1878, che hanno tratto alla frontiera bulgaro-rumena sulla sponda destra del Danubio. II conte Kalnoky apina che i rappresentanti delle Potenze a Bukarest potrebbero nello stesso tempo essere autorizzati ad informare quel Gabinetto che una notificazione analoga era stata fatta al governo bulgaro, invitandolo ad intendersi direttamente con quest'ultimo per dare esecuzione alle decisioni della com

missione. Una intelligenza diretta fra i due Paesi limitrofi pare infatti tanto più facile che, colla scorta delle carte e delle descrizioni particolareggiate consegnate nei lavori della commissione di delimitazione, non può rimaner dubbio sulla linea di confine di cui è caso, e sulle porzioni di territorio che, secondo il concorde avviso di tutte le Potenze, spettano all'uno ed all'altro dei Paesi suddetti. Sarebbero così evitate la riunione sempre difficile di una nuova commissione internazionale, e le spese non indifferenti per il suo invio sui luoghi. Epperò il Gabinetto di Vienna propone che una comunicazione analoga sia fatta al governo bulgaro dagli agenti diplomatici accreditati a Sofia, dandone previamente avviso alla Sublime Porta a titolo di informazione.

Alla comunicazione di S. E. il conte Ludolf ho risposto che il governo del Re accettava, per quanto lo riguardava, tale proposta, e che si sarebbero trasmesse le opportune istruzioni ai regi rappresentanti a Bukarest, Costantinopoli e Sofia tosto che ci fosse nota l'adesione delle altre Potenze.

(l) -R. 1789 del 18 dicembre e R. 1790 del 19 dicembre 1882, non pubblicati. (2) -Cfr. n. 431.
437

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3167. Berlino, 19 dicembre 1882 (per. il 25).

S'il fallait preter fai aux articles de quelques journaux importants, des points noirs surgiraient à l'horizon. Autrement pourquoi tant d'insistance à revenir sur l'accord établi en 1879 entre l'Allemagne et l'Autriche? Et cela peu après que Monsieur de Giers répétait de vive voix au prince de Bismarck à Varzin, et au nom de l'Empereur Alexandre, les assurances les plus pacifiques.

Bien des suppositions se font jour. Je crois devoir mentionner celles qui semblent revetir quelque apparence de vérité.

Une certaine inquiétude perçait dans les journaux de Vienne sur de prétendues démarches du ministre des Affaires Etrangères de Russie pour remettre à flot entre les trois Empires une alliance dans laquelle l'Autriche n'occuperait plus une position camme celle d'aujourd'hui dans ses rapports avec l'Allemagne; et devrait meme se résigner à des compromis en ce qui regarde ses intérets en orient. D'un autre còté, la presse française dans ces derniers temps affectait vis-à-vis du vainqueur de 1870 des allures plus dégagées, certains articles frisaient parfois l'outrecuidance. En outre, malgré les déclarations les plus rassurantes de Monsieur de Giers, il n'est pas moins vrai que la Russie vers les frontières de la Prusse entretient des garnisons assez fortes, et s'occupe de construire des chemins de fer stratégiques dans cette direction. Il n'est pas besoin d'aujouter que le séjour prolongé à Paris du général Ignatiev donne ici quelque ombrage. On connait san esprit remuant et ses sentiments hostiles envers l'Allemagne. Aussi a-t-il conservé en Russie une popularité qui pourrait lui frayer la voie pour un retour à quelque position

29 --Documenti diplomatici -Serie Il -Vol. XV-XVI

influente. Ambitieux à l'éxcès, il trac::lìle sans doute à regagner le terrain perdu, en apparence du moins, à la Cour, et à évincer le ministre actuel des Affaires Extérieures, qui, au contraire, rencontre ici toutes les sympathies. Si les accords formels existant entre les Cabinets de Berlin et de Vienne reçoivent une nouvelle confirmation, ce serait donc à la fois pour réagir sur l'opinion publique en Autriche qui commençait à faire fausse route; pour lancer un avertissement à ceux qui poussent en Russie aux complications étrangères; pour fortifier la position de Monsieur de Giers et fournir un argument sérieux au Tsar afin de résister aux impatiences du parti national; et pour continuer à combattre les nihilistes, lesquels eux aussi poussent à une conflagration générale; ce serait enfin pour rappeler aux partisans de la revanche en France, que l'Allemagne a pris des mesures qui lui permettraient au besoin de faire face à ses adversaires nec pluribus impar.

Au reste, la cloche d'alarme produira aussi son effet sur le Parlement allemand appelé à voter des augmentations dans le budget de la guerre.

V. E. sait par un de mes rapports confiés au courrier Signoroni qu'ici on ne considère pas la paix générale comme étant exposée à de prochains dangers. Les relations officielles entre les diverses Puissances sont satisfaisantes. Aussi les commentaires des journaux comme les Grenzboten, la Gazette de Cologne, la National Zeitung, la Kreuzzeitung, n'ont ils en vue, sans s'en prendre à des gouvernements étrangers, que de mettre en garde certains courants de l'opinion et d'adresser un memento à qui voudrait se mettre en travers des efforts de l'Allemagne pour le maintien de la paix.

On a voulu rattacher un voyage récent de comte Herbert de Bismarck aux rumeurs et aux avertissements de la presse. Malgré toutes mes investigations et celles des collègues les mieux informés, je n'ai rien appris qui m'autorise à l'affirmer ou à le nier.

Il serait toutefois assez indiqué d'admettre que Monsieur de Giers devant prendre la voie de Vienne, en retournant à St. Petersbourg, le prince de Bismarck se prévaliìt de l'intermédiaire de son fils pour bien préciser quel avait été son langage à l'entrevue de Varzin, afin que le ministre du Tsar rapportàt les mèmes impressions d'un langage analogue du comte Kalnoky, et cela dans l'intérèt de la paix.

438

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3168. Berlino, 20 dicembre 1882 (per. il 25).

Le discours prononcé le 13 décembre par lord Derby à Manchester, à la veille d'entrer dans le ministère, les termes énergiques avec lesquels il se prononçait pour l'intimité entre les deux Puissances occidentales, en faisant des allusions des moins bienveillantes à l'Allemagne, ont été fort remarquées à Berlin mais on n'y attache ici qu'une médiocre importance. Les antécédents de cet homme d'Etat ne dénotent pas chez lui une force de caractère.

En maintes circostances il a montré que ses actes ne répondent pas toujours à son langage. Il lui manque le courage moral d'encourir des responsabilités. Il n'aura ni la volonté, ni l'influence nécessaire pour faire entrer activement l'Angleterre dans une coalition anti-allemande. Le journal la Poste de Berlin disait à ce propos: «son arrivée au ministère se signifie au point de vue de nos intérèts, ni un lucrum cessans, ni un damnum emergens ». Le fait est que les grandes lignes de la politique anglaise envers l'étranger ne varient pas avec les changements ou des modifications de Cabinet. D'ailleurs la stabilité de l'administration proprement dite se trouve pleinement garantie par l'excellente et très-enviable institution des sous-secrétaires d'Etat (secrétaires généraux) permanents. Preuve en est que la marche suivie (aujourd' hui par Monsieur Gladstone ne ressemble guère à celle qu'il recommandait, quand il travaillait à escalader le pouvoir. Nous l'avons vu, notamment dans la question d'Egypte, adopter une politique qui certes ne serait pas désavouée par lord Beaconsfield, et il se rapproche maintenant de la fraction plus conservatrice de la majorité ministérielle, en rendant ainsi plus facile le succès des réformes qui doivent ètre proposées au parlement durant la prochaine session. Sous ces rapports l'acceptation par lord Derby du portefeuille des Colonies mitige un peu la portée de son discours susmentionné.

J'ai touché quelques mots au comte de Hatzfeldt sur cette modification ministérielle. Il était regrettable, disait-il, qu'au moment surtout de prendre place parmi les conseillers de la couronne, on tint un langage comme celui entendu dans le Reform-Club de Manchester. Mais l'expérience est là pour démontrer qu'un homme d'Etat anglais ne se croit pas lié par les sentiments émis dans de telles assemblées, avant d'excercer les fonctions de. ministre.

En joignant ici le récépissé des documents diplomatiques qui m'ont été apportés aujourd'hui par le courrier M. Pietro Bianchi ...

439

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1987. Parigi, 21 dicembre 1882, ore 18 (per. ore 19,45).

Je viens de remettre en audience solennelle mes lettres de créance au président de la République en lui adressant l'allocution telle quelle a été modifiée par V. E. Monsieur Grévy a répondu: «Rien ne peut m'ètre plus agréable que de recevoir l'ambassadeur de S. M. le Roi d'Italie et Monsieur le général Menabrea dont j'ai su depuis longtemps apprécier les glorieux titres à la renommée et à la confiance de son Souverain. La communauté, d'origine, la fraternité des champs de bataille et l'identité des intérèts nationaux nous commandent de maintenir et de resserrer comme vous l'avez dit les liens d'amitié qu existent entre nous deux Pays; vous travaillerez efficacement avec nous j'en suis certain à cette oeuvre patriotique et vous pouvez compter sur concours et sur toute notre sympathie ».

440

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI (l)

D. 1524. Roma, 21 dicembre 1882.

Sono note a V. S. le indagini eseguite dal governo francese per conoscere quale accoglienza troverebbe presso le grandi Potenze una proposta diretta a far cessare in Tunisia la situazione eccezionale sorta dalle capitolazioni. Sebbene non ci sia stata fatta, sino ad ora, dal governo della Repubblica comunicazione qualsiasi, nella quale i suoi concetti a questo riguardo sieno ben chiariti, abbiamo tuttavia creduto che l'argomento dovesse essere oggetto di attento studio acciocché le eventuali proposte del Gabinetto di Parigi non ci trovassero impegnati.

E ci è parso che quella che suolsi impropriamente appellare questione delle capitolazioni, si dovrebbe con maggiore esattezza riferire alla sola materia della giurisdizione consolare nascente dalle capitolazioni, includente altri privilegi e diritti di varia natura, come quelli di espulsione, di polizia rispetto ai nazionali, franchigie personali ecc. Di modo che, qualora le innovazioni meditate a Parigi si riferissero esclusivamente al diritto giurisdizionale, il governo del Re non avrebbe difficoltà a prendere in considerazione le proposte che il governo francese intendesse di fare rispetto ad una sospensione del regime attualmente in vigore, sempreché consti del consenso di tutte le altre Potenze.

Muovendo da tale concetto furono chieste particolareggiate informazioni al reggente la R. agenzia e consolato generale in Tunisi sull'argomento, e mi pregio trasmetterle copia dei due rapporti (2) che, in risposta, mi furono diretti dal cavalier Raybaudi. S. E. il cavalier Nigra potrà così, con piena conoscenza di causa, conferire su questo soggetto con lord Granville, trattandosi di materia rispetto alla quale i due Paesi hanno indubbiamente interessi comuni da tutelare.

441

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2. Parigi, 21 dicembre 1882 (per. il 25).

Oggi alle ore due e mezzo pomeridiane, io mi sono recato con tutto il personale della R. ambasciata all'Elysée per presentare al presidente della Repubblica le mie lettere credenziali.

Secondo il cerimoniale qui usato, l'introduttore degli ambasciatori, signor Mollard, venne a prendermi al mio domicilio con tre carrozze di gala della presidenza, precedute e seguite da picchetti di corazzieri. Un reggi

mento di fanteria con bandiera e musica schierato nel cortile dell'Elysée rese gli onori militari.

Introdotto presso il presidente della Repubblica, che era circondato dagli ufficiali della sua casa militare (il presidente del Consiglio, ministro degli Affari Esteri essendo impedito dalla sua indisposizione ad assistere all'udienza), io pronunziai l'allocuzione seguente:

«Signor presidente, ho l'onore di consegnare a V. E. la lettera del Re, mio Augusto Sovrano, colla quale Sua Maestà accreditami quale Suo ambasciatore presso la Repubblica francese. La mia missione ha per principale oggetto quello di stringere e mantenere i buoni rapporti tra i nostri due Paesi, che tanti interessi comuni invitano ad una leale e confidente amicizia. Io sono tanto più felice di intraprenderla, inquantoché tra le mie più care memorie di soldato italiano serbo quella di aver preso parte a fianco del valoroso esercito francese ad una campagna gloriosa che lasciò nel cuore degli italiani sentimenti incancellabili. Epperò io mi studierò con tutto lo zelo a disimpegnare il mio compito, e se l'E. V. mi presterà l'appoggio della sua benevolenza, ho buona speranza di riuscire ».

Il signor Grévy rispose: «Nulla può essermi più grato che ricevere l'ambasciatore di S.M. il Re d'Italia ed il generale Menabrea, di cui da lungo tempo io seppi apprezzare i gloriosi titoli alla fama, ed alla fiducia del suo Sovrano. La comunanza di origine, la fraternità dei campi di battaglia, e l'indennità degli interessi nazionali, c'impongono di mantenere e di stringere, come voi diceste, i legami di amicizia che esistono tra i nostri due Paesi. Voi lavorerete efficacemente con noi, ne sono sicuro, a quest'opera patriotica, e voi potete contare sul nostro concorso e su tutta la nostra simpatia». Il presidente della Repubblica mi condusse poscia negli appartamenti della signora Grévy, cui mi presentò. Fui ricondotto alla mia residenza collo stesso cerimoniale.

(1) -Ed. in LV 43, pp. 20-21. (2) -Cfr. nn. 380 e 424.
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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. Vienna, 23 dicembre 1882 (1).

Discours Menabrea et réponse Grévy ont produit hier à Vienne facheuse impression qui s'est faite sentir sensiblement à la Bourse. Je croirais indispensable que l'ambassadeur à Paris fùt informé par V. E. du lien qui nous unit à l'Autriche-Hongrie et à l'Allemagne, que, par son langage, il parait

ignorer, et cela d'autant plus que je ne doute pas que ses collègues d'Autriche et d'Allemagne sont informés à ce sujet, et s'il venait à s'apercevoir qu'on lui a laissé ignorer l'état des choses, les soupçons les plus graves se réveilleraient contre nous tant à Berlin qu'à Vienne.

(l) Manca l'indicazione delle ore di partenza e di arrivo.

443

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI

D. 1462. Roma, 23 dicembre 1882.

Mi pregio trasmettere a V. E. copia di un telegramma diretto dalla Sublime Porta a questo ambasciatore ottomano circa la questione del confine fra la Turchia ed il Montenegro. La Porta, che aveva prima fatto istanza per il sollecito invio sopra i luoghi dei commissari delle grandi Potenze, dichiara ora che sarà sufficiente che questi si adunino al ritorno della buona stagione, e che nel frattempo il suo commissario potrà conchiudere un accordo diretto col governo montenegrino. Sebbene le parole adoperate nel telegramma del ministro ottomano degli Affari Esteri là dove si accenna a questi negoziati, possano lasciar qualche dubbio, si ha tuttavia ragione di indurre che il governo di Costantinopoli abbia sostanzialmente accettato la soluzione proposta dalla Russia e dall'Inghilterra. Qualora alcuni punti rimanessero in contestazione, si potrà per ottenere una soluzione definitiva ricorrere al metodo additato dalla Russia, che V. E. dichiarava in un recente rapporto essere il solo atto a sciogliere la questione.

444

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. Roma, 24 dicembre 1882, ore 15.

On ne discute pas avec les sentiments ni avec les impressions. Mais je ne trouve, pour ma part, rien de désobligeant envers l'Autriche ni d'incorrect au point de vue de nos rapports mutuels, dans l'allusion faite par le général Menabrea à une campagne à laquelle il a prit part et dont il s'est borné à dire qu'elle a laissé chez nous des sentiments ineffaçables. C'est de l'histoire et non pas un programme. J'hésite sauf consentement explicite du comte Kalnoky à mettre le général Menabrea dans le secret (1). Il n'y a d'ailleurs pas, de sa part, le danger d'un écart quelconque. Voici, sur ce point délicat, les instructions écrites, que je lui ai données avant son départ et dont V. E. pourrait, le cas échéant, et si elle le jugeait utile. donner connaissance confidentielle

au comte Kalnoky. Le général doit traiter les différentes questions spéciales avec un grand esprit de conciliation, mais il a été prévenu, en vue surtout de notre situation envers l'Autriche-Hongrie et l'Allemagne, d'éviter tout ce qui pourrait d'une manière quelconque ne pas cadrer avec cette situation ou créer pour nous envers la France un engagement quelconque qui generait notre liberté d'action dans les questions d'ordre général.

(l) Cfr. n. 442.

445

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A CETTIGNE, DURANDO

D. 99. Roma, 25 dicembre 1882.

Nel segnar ricevuta a V. S. del rapporto in data 15 del corrente mese, n. 138

Una intelligenza diretta fra le due parti interessate sopra i punti che sono tuttora in litigio e quindi, allo stato delle cose, ciò che debba anzitutto desiderarsi, ed ho rilevato con compiacimento dal rapporto di V. S. che l'importanza di tale preliminare accordo non le era sfuggito, e che ad attenerlo erano stati diretti i suoi consigli a codesto ministro degli Affari Esteri; nel quale atteggiamento converrà che ella perseveri, essendo esso intieramente conforme alle intenzioni del governo del Re.

(l) di questa serie, mi pregio informarla che la Sublime Porta fece a tutte le Potenze firmatarie del trattato di Berlino la comunicazione di cui ella ebbe costì notizia, per affrettare i lavori relativi al regolamento dei confini fra la Turchia e il Montenegro. Lo scambio d'idee che ne seguì tra le Potenze pose in chiaro che la stagione attuale era generalmente considerata come poco favorevole per tali lavori, che inoltre su molti punti le parti interessate non erano ancora addivenute ad un accordo; di modo che sembrava opportuno di aspettare, per l'invio sui luoghi dei delegati della commissione internazionale, la prossima primavera, nel qual frattempo la Porta e il governo principesco avrebbero potuto intendersi direttamente sui punti tuttora controversi. E sembra che tale modo di vedere sia in ultimo stato diviso anche dalla Sublime Porta, secondo una comunicazione che ci veniva testé fatta da questo ambasciatore ottomano.

446

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 3169. Berlino, 27 dicembre 1882 (per. il 3 gennaio 1883).

J'ai déjà par mon rapport n. 3167 (2), cherché à expliquer les motifs de tout le bruit fait dans ces derniers temps sur l'Alliance austro-allemande. et

sur de prétendues velléités agressives de la Russie. Il restait à connaitre qui avait donné l'impulsion ici à la polémique des journaux.

Dès 1879, précisément vers l'époque où le prince de Bismarck faisait son excursion à Vienne pour conclure des accords avec l'Autriche, il appelait sérieusement l'attention de l'Etat Major général Allemand sur les danger qui résultaient d'une concentration de troupes russes vers la frontière de l'est. Aucune précaution cependant ne fut prise. Le chancelier se sentant désormais rassuré et fortifié par la signature du protocole du 15 octobre n'insistait plus. Le Bureau de l'Etat Major n'avait pas moins mis la question à l'étude. Dans l'intervalle, le maréchal de Moltke, vu son grand age, recevait un ad latus dans la personne du général de Waldersee. Cette circonstance aura sans doute mis quelque désarroi, entravé la marche de l'examen de cette question. Quoiqu'il en soit, ce n'a été que récemment que l'Etat Major en venait lui aussi à la conclusion qu'en effet il convenait de mieux se mettre en garde dans cette direction. Il ispirait certains articles qui ont paru dans le Grenz Baten, dans la Kolnische Zeitung et qui, durant bien des jours, tenaient l'opinion publique en haleine. En mème temps, il agissait auprès du Chancelier pour qu'il fùt procédé sans délai à la construction de nouvelles voies ferrées pour mettre mieux en communication les forteresses. Les devis auraient amené une dépense de 60 millions de marks. So n Altesse s'y refusait, mais de guerre lasse, consentit à transiger; o n se bornerait à établir sur certaines lignes déjà existantes de doubles rails, ce qui deminuerait de deux tiers les frais.

Maintenant le calme est rétabli. Les gazettes précitées ont singulièrement baissé le ton des avertissements qu'elles distribuaient de tout còté. La Norddeutsche Allgemeine Zeitung, à son tour, s'est appliquèe à modérer leurs allures et les paroles rassurantes prononcées par M. Tisza au parlement hongrois, ont eu une large part dans l'apaisement des esprits.

Il faut néanmoins prévoir dans le cas où le Cabinet de Berlin se déciderait à présenter à la Chambre un projet de loi portant augmentation de budget pour la défense des frontières, que l'agitation reparaitrait.

Je sais que le Prince de Bismarck persiste à déclarer très nettement qu'il n'existe dans les circonstances présentes aucun motif de craindre pour le maintien de la paix. Il se montre très satisfait et il croit à la sincérité des protestations d'amitié dont monsieur de Giers s'est rendu l'organe soit à Varzin, soit à Berlin, et qu'il confirmera à Vienne. Tant que l'Empereur Alexandre restera ,maitre de la situation dans son Pays, il ne se risquera pas à attaquer ses voisins. Mais le chancelier vu les conditions intérieures de cet Empire, ne pouvait assumer aucune garantie à long terme. En France également, il ne croyait pas que la République voulùt risquer une nouvelle lutte. Pour sa part, l'Allemagne ne lui suscitera aucune difficulté, et cherchera au contraire à lui ètre agréable pour autant qu'il dépend de sa bonne volonté. Ce ne serait que si on visait ouvertement à lui chercher querelle, que le Cabinet de Berlin réagirait avec toutes ses forces. Mais rien n'indique de prochains dangers. Selon tous les calculs humains, la tranquillité générale ne sera pas troublée en 1883. Au reste l'Allemagne est en position de parer à toutes les éventualités. Ses relations avec le Cabinet de Vienne ne laissent rien à désirer, et il ne doutait pas un seui instant, ajoutait le Prince, que les arrangements contractés en 1879 avec l'Autriche-Hongrie, seraient renouvelés à leur échéance en 1884. Il affirme aussi que durant son dernier séjour à Vienne, son fils n'avait rempli aucune mission; qu'il ne s'agissait que d'une excursion d'agrément dans une capitale où il avait résidé comme diplomate, et où il avait conservé beaucoup d'amis.

Je ne garantis pas l'exactitude de tous ces détails; mais je les tiens de très bonne source et en voie très confidentielle.

P.S. -Ci joint deux lettres particulières pour V.E. (1).

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 437.
447

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (2)

R. CONFIDENZIALE 1638/1883. Londra, 27 dicembre 1882 (per. il 28 gennaio 1883).

Il dispaccio che l'E. V. si compiacque indirizzarmi il 21 corrente (3), relativo all'abolizione delle capitolazioni nella Tunisia, sarà consegnato a S. E. il cavalier Nigra al suo arrivo in Londra.

Ho l'onore, intanto, di parteciparle che, prima che io avessi contezza di quel dispaccio, avevo creduto mio debito indagare, in modo strettamente privato, il pensiero di sir Charles Dilke e di sir Julian Pauncefote sullo stesso argomento.

Dal primo di essi mi furono dette, il 21 di questo mese, le parole seguenti:

«L'ambasciatore di Francia ha, parecchie volte, conferito con lord Granville in ordine all'abolizione delle capitolazioni in Tunisia; ma il governo della repubblica non ha fatto alcuna comunicazione in iscritto al Foreign office, né ha, quindi, precisato se si propone di far cessare l'intiero regime delle capitolazioni o quella parte principale di esse che si riferisce alla giurisdizione consolare,

«<n seguito all'ultima conversazione del signor Tissot su quell'argomento, lord Granville dichiarò in iscritto al signor Duclerc, per mezzo di lord Lyons, che il governo britannico non sarebbe alieno dal consentire all'abolizione della giurisdizione consolare nella Tunisia, purché fossero rispettati tutti i diritti ed i privilegi conceduti all'Inghilterra nella Reggenza dai trattati in vigore.

«Il signor Duclerc, in risposta, diede a lord Lyons le più formali assicurazioni che quei diritti e quei privilegi rimarrebbero illesi.

«Se il governo della repubblica, concluse sir Charles Dilke, mantiene le sue promesse, il governo della Regina non si opporrà all'abolizione della giurisdizione consolare, né dell'intiero regime delle capitolazioni ».

Da sir Julian Pauncefote mi fu detto ciò che segue: « Allorquando il governo francese, coll'istituzione dei nuovi tribunali in Tunisia, avrà dato mallevadorie che la giustizia sarà equamente amministrata in Tunisi, il governo inglese non farà alcuna difficoltà all'abolizione della giurisdizione consolare nella Reggenza. E se fosse intenzione del governo della Repubblica di far cessare (come parrebbe) il regime intiero delle capitolazioni, il governo inglese non farà, tampoco, alcuna opposizione, imperocché, dei diritti e dei privilegi garentiti colle capitolazioni, la maggior parte scaturiscono e sono

dipendenti dalla giurisdizione consolare, né potrebbero reggersi da sé soli; e gli altri sono stati espressamente conceduti all'Inghilterra dai trattati in vigore». Queste dichiarazioni, strettamente confidenziali e riservate, non potranno

pregiudicare in alcuna guisa le più precise ed autorevoli che lord Granville farà all'ambasciatore del Re sullo stesso argomento.

(l) -Non allegate. (2) -Ed., con alcune varianti e ad eccezione del brano tra asterischi, in LV 43, p. 21 (3) -Cfr. n. 440.
448

IL REGGENTE IL COMMISSARIATO CIVILE AD ASSAB, PESTALOZZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 209. Assab, 28 dicembre 1882.

Il giorno 22 corrente la R. corvetta «Fieramosca», al comando del capitano di fregata cavalier Cobianchl, lasciava questa rada per dirigersi verso Massaua, ove, come già annunzia all'E. V., il comandante Cobianchi cercherà di raccogliere tutte le possibili notizie al riguardo agli ultimi avvenimenti di Abissinia, sia riguardo alle intenzioni del governo egiziano; gli sarà anche facile di constatare se le voci di cessione di quel porto dell'Egitto al Re Giovanni d'Abissinia, abbiano qualche fondamento. Non mancai pure di far conoscere al comandante Cobianchi quale era tutt'ora la posizione del signor Luccardi, nostro agente consolare in Massaua, quali le sue relazioni con le autorità locali e coi pochi nazionali italiani; gli dissi anche dell'esistenza colà dei prigionieri di Beilul, e lo lasciai miglior giudice dell'attitudine da prendersi.

Il comandante Cobianchi non mancherà di tener informata direttamente l'E. V. di quanto possa interessare il R. governo.

449

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

L. P. Berlino, 28 dicembre 1882.

Je vous suis très obligé de votre lettre du 19 courant (1), de ce que vous me mandez des appréciations de Kalnoky au sujet des publications récentes

qui tenaient le public en haleine. Ici on a observé une très grande réserve quand tel ou tel autre représentant étranger mettait cette question sur le tapis. Ce n'a été que lorsque tout ce tintamarre a dépassé extraordinairement la mesure, que la Norddeutsche Allgemeine Zeitung a publié un article pour rassurer un peu les esprits. Le prince de Bismarck proteste n'etre pour rien dans les élucubrations des Grenz Boten, de la Kolnische Zeitung etc. Il parait que l'impulsion de tout ce mouvement partait du Bureau de l'Etat Major préconisant beaucoup un complément des chemins de fer vers l'est pour mieux couvrir la frontière. On serait disposé ici à faire quelque chose dans ce sens, mais non avec toute l'étendue du devis de l'Etat Ma.ior lequel eut entrainé les frais d'une soixantaine de millions de marks.

Le chancelier se déclare très satisfait des assurances reçues par Giers et qui seront confirmées par celui-ci à son voyage de retour par Vienne. Tant que l'Empereur Alexandre reste maitre de la situation dans son Pays, on ne croit pas qu'il voudra se lancer dans l'aventure. Mais on ne saurait trop rester sur ses gardes, car qui sait ce qui peut arriver vu les conditions intérieures de cet Empire où tant de passions fermentent. En France aussi le prince de Bismarck ne suppose pas qu'elle veuille s'attaquer à ses voisins. Il continuera non seulement à lui épargner des difficultés, mais fera de son mieux pour lui etre agréable, sauf à tomber dessous avec toutes ses forces si elle faisait mine de lui chercher querelle, quant à l'Autriche, l'Allemagne est parfaitement contente de ses rapports avec cette Puissance; les arrangements de 1879 ont fait bonne preuve, et il n'y a aucun doute qu'ils seront renouvelés à leur échéance en 1884. On avait fait courir le bruit ici que la position de Kalnoky était très ébranlée. Le chancelier dit ne rien savoir de semblable, et que la nouvelle lui semblait denuée de tout fondement.

Quant à la prétendue mission de son fils Herbert à Vienne, il la nie péremptoirement. Parti d'ici avec le projet de se livrer à la chasse en Sibérie, et se trouvant à peu d'heures de Vienne, il n'a su résister à la tentation d'aller revoir d'anciens amis. Impossible d'en apprendre davantage; croira qui voudra.

L'année se termine dans un grand apaisement. C'est de bon augure pour la conservation de la paix. Il est vrai qu'il faut ouvrir une si large part aux passions, à l'imprévu qÙ'il convient de faire de réserves dans ses calculs pour ne pas etre trompés camme tant de gens l'ont été en 1870 peu avant la grande guerre de cette époque. Chez nous il y a une légère amélioration. L'essentiel est de continuer dans cette voie, et de ne plus coqueter avec un parti qui ne dise qu'à nous pousser vers la République. Il est vraiment dommage que M. Zanardelli ait su habilement se retourner òans la question òu serment. Il sera maintenant plus difficile à M. Depretis de se débarasser de ce collègue et de commencer par lui une épuration du ministère sans laquelle nous n'aurons force et prestige ni à l'intérieur ni à l'étranger.

Quelque soit la divergence de nos vues sur les derniers changements diplomatiques, je suis enchanté pour le hien òu Roit et du Pays que vous restiez à Vienne. D'après le langage que m'a été tenu par monsieur Mancini, je craignais que vous ne fussiez disposé à un transfert vers le Bosphore. Il me disait du moins que tel avait été un insistent votre désir qui ne pouvait etre exaucé car votre présence à Vienne était indispensable. II reste toujours le poste de Saint Pétersbourg vacant. Je pense que la no>nination sera faite avant le retour de Giers à Pétersbourg, c'est-à-dire dans le courant de Janvier.

Hier nous avons eu à la Cour le diner de fin d'année offert aux ambassadeurs et ambassadrices. L'Impératrice y assistait mais cela faisait peine à le voir poussée sur une chaise à roulettes. Elle ne peut ni marcher ni se tenir debout en suite de la chute faite il y a quelques mais, et qui a provoqué une rupture d'os. Les médecins espèrent que la guérison s'opérera dans quelques mais. Mais en attendant Sa Majesté ne pouvant se mouvoir est hors d'état de Iaire complètement les honneurs chez Elle. C'est pour ce motif que l'an se oornera probablement à inviter aux noces d'argent du prince et la princesse 1mpérial le 25 janvier prochain, les seuls Souverains et princes apparentés. Aucune décision définitive n'a cependant encore été prise.

P.S. II me semble que Menabrea n'a pas tenu san langage dans la juste mesure lorsqu'il présentait ses lettres de créance. Mais ce qui est encore plus déplorable ce sont les manifestations contre l'exécution d'Oberdan. Désordres dans les rues articles passionnés et injurieux et qui plus est provocateurs dans quelques journaux. Je trouve que nous ne nous montrons pas assez sévères dans la répression, et surtout que nous savons ou voulons pas prévenir.

(l) Non pubblicata.

450

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1796. Vienna, 30 dicembre 1882 (per. il 3 gennaio 1883).

E' legge fatale che le nostre relazioni coll'Austria-Ungheria ogni qualvolta accennavano a volersi stabilire su di un piede di cordiali intimità vengano disturbate da inattesi incidenti, che bruscamente lo fanno retrocedere da quella felice meta, a cui già da ambo le parti si poteva sperare fossero giunte.

Questo fatto, che ben si può dire ha assunto una periodicità quasi regolare, viene ancora di ripetersi in conseguenza della pena capitale testé inflitta dal tribunale militare di Trieste al nominato Oberdan.

L'opinione pubblica in Austria si mantenne sulle prime calma assai a fronte dell'agitazione sviluppatasi in Italia in conseguenza dell'esecuzione di quella condanna, ed anzi mostrò di tener gran conto della non dubbia energia, spiegata dal R. governo nel prevenirne la propagazione nonché nel reprimere gli eccessi: devo però constatare che il prolungarsi di quell'agitazione, il linguaggio che tanti giornali italiani tengono in proposito, e più che tutto la violentissima manifestazione al riguardo fatta dal professore all'Università di Bologna, il chiarissimo poeta Carducci, costituiscono un assieme di fatti dinanzi ai quali la moderazione fin qui dimostrata dall'opinione pubblica austriaca sta perdendo terreno, e da un momento all'altro potrebbe venir surrogata da una contraria attitudine, di natura a crearci serii imbarazzi. Certamente si è fatto sommo caso qui del linguaggio correttissimo tenuto in proposito dall'Opinione, dalla Rassegna, dalla Gazzetta d'Italia e da alcuni altri giornali ancora, come ne fa fede il primo articolo della Fremdenblatt d'oggi che qui compiego avendo esso carattere officioso, ma ben si sa che quei giornali non sono organi degli amici del governo e quindi possiamo aspettarci acché fra breve il linguaggio degli officiosi di Vienna faccia rilevare questa circostanza.

Assai difficile è la posizione del ministero a fronte di un tal stato di cose e ben il comprendo. I sentimenti non si discutono e conviene constatare che la esecuzione dell'Oberdan circondata come fu da tutto quel mistero che può dirsi oggi una specialità austriaca ha prodotta in Italia una vera profonda emozione che abilmente stanno usufruendo i nemici interni ed esteri della nostra Monarchia; ma precisamente perciò il R. governo ha dovere assoluto di continuare a combattere colla massima energia, prima ch'essa abbia per la patria nostra conseguenze che pregiudichino l'avvenire. Ciò che non si farebbe oggi spontaneamente, ci potrebbe venir richiesto domani, e se certo non consiglierei mai di cedere dinanzi ad un'estera pressione, non so però dissimularmi che un nostro rifiuto, se dovesse essere pronunciato, ci porrebbe in una situazione grave assai.

Ritengo quindi imprescindibile dover mio il raccomandare al R. governo di persistere a procedere in questi difficili momenti con tutti i mezzi consentiti dalle nostre leggi senza esitazione di sorta. Il programma schiettamente liberale ma anche esplicitamente monarchico sviluppato dal presidente del Consiglio a Stradella, e già applicato con manifesti fatti, ha l'appoggio dell'immensa maggioranza degl'italiani ed il plauso dell'Europa; il R. governo troverà quindi nella opinione pubblica in Italia tutto il concorso necessario per vincere questa nuova difficoltà che oggi malauguratamente sorse ad attraversarci la via. Chi grida oggi in Italia morte all'Austria ben sa che un conflitto con quella Potenza sarebbe fatale nelle attuali circostanze dell'Europa alla nostra Augusta Dinastia vero ed unico palladio dell'Italia.

Quindi a parer mio richiamo oggi l'assoluta necessità; che tutto il Gabinetto ed i singoli ministri che lo compongono dimostrino coi fatti di voler una buona volta farla finita coll'irredentismo sempre rinascente agendo con tutto il vigore delle leggi esistenti, e facendone anche delle apposite ove sia indispensabile onde colpire quegl'irredentisti che non esitano a compromettere le sorti della patria pur di provocare disordini da cui sperano ottenere il conseguimento dei loro scopi anarchici. Oggi siamo ancora in tempo di ciò fare, domani sarebbe forse troppo tardi.

451

IL CONSOLE A TRIPOLI, B. LAMBERTENGHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 5. Tripoli, 1 gennaio 1883 (per. l'8).

Non passa quasi giorno che non abbia a ricevere lamenti o reclami di sudditi contro la soldatesca, per atti di violenza o brutalità, a riparare i quali la autorità militare non sa, o non vuole, raddoppiare di severità e di vigilanza.

Giorni sono un giovane italiano, certo Salnitro, parrucchiere, venne aggredito, senza ragione, e maltrattato da un soldato, mentre stava seduto tranquillamente davanti al suo negozio.

Un tale Vincenzo Canino è esso pure assalito da due soldati che trattano di rubarlo e ferirlo; si difende, e riesce a disarmarne uno, portando più tardi in consolato la baionetta.

Certo Angelo Carnazza, essendo andato in campagna per una partita di piacere colla famiglia.. è aggredito da alcuni soldati che insultano la moglie e quanti l'accompagnavano; può a stento sfuggire a quei forsennati, e ripararsi in città.

Un altro, un tal Alberto Banini, è derubato da due soldati, e preso a colpi di pietra ha appena il tempo di rifugiarsi in casa, che forse lo avrebbero finito.

Lascio di enumerare molti e molti altri fatti che riguardano sudditi esteri od anche locali specialmente abitanti della campagna; mai nessun reclamo sporto finora ha potuto avere una soddisfazione all'infuori di promesse, od inutili parole.

Io stesso ho a lamentare un incidente disaggradevole di questo genere, che mi faccio premura di riferire a V. E.

Sabato scorso alle sette antimeridiane usciva dalla città per andare a caccia scortato da due cavas, dall'interprete, da una guardia locale campestre e da due arabi. Tutta la comitiva era a cavallo, meno che uno degli arabi che camminava in mezzo a noi portando a armacollo il mio fucile. Eravamo usciti fuori delle porta, dove la sentinella ci aveva resi gli onori militari, e già quasi nell'aperta campagna, cioè, circa un quattrocento metri fuori della porta stessa, quando un individuo lacero, scalzo e coll'apparenza di un ubriaco, si slancia di corsa sull'arabo per levargli di forza il fucile dalle spalle. L'arabo naturalmente resiste; ne nasce una lotta, ed io che mi trovavo in mezzo a loro col cavallo che s'impennava cercai, e riuscii a farmi largo, valendomi dello scudiscio che teneva in mano.

Tutto questo fu l'affare di pochi secondi.

Essendomi stato detto poi che l'agressore era un soldato, diede ordine al cavas di riferire quest'atto di violenza al comandante della piazza per quelle disposizioni che credesse di prendere.

All'indomani, non essendomi pervenuta veruna risposta, rimandai l'interprete con istruzione che, ove non trovasse il comandante, come accadde infatti, si recasse direttamente dal vali. Questi disse di esserne già stato informato dall'autorità militare fin dal giorno precedente, e ripeté con mia somma sorpresa, una narrativa del fatto così falsa, e così stranamente esagerata che credetti bene di non insistere nel mio reclamo, e informarne tosto V. E.

E' mio dovere al tempo stesso far conoscere a v. E., ed i fatti che ho narrati lo provano abbastanza, che le condizioni del Paese sono lontane dall'essere rassicuranti su questo punto; se la soldatesca è indisciplinata, e provoca ad ognì istante disordini, o atti violenti e brutali, i capi, e più specialmente il ferik, di cui ebbi ad intrattenere sovente V. E., durante la mia residenza a Gianina, sono così pieni di malvolere e così fanaticamente ignoranti che

la posizione non può che aggregarsi col tempo per l'europeo e per gl'indigem stessi. Il disaccordo poi tra l'autorità civile e militare, palese a tutti, accresce le difficoltà.

Ho comunicato a S. E. il conte Corti copia del presente rapporto.

In attesa delle istruzioni che V. E. crederà di darmi.

452

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 9. Vienna, 2 gennaio 1883, ore 17,45 (per. ore 20,05).

Ludolf a télégraphié que les écussons des consulats impériaux à Rimini et à La Spezia ont été insultés. Kalnoky m'a demandé de prier V. E. de vouloir bien faire donner dispositions de sourveillance nécessaires pour que, où il y a consulat austro-hongrois, il soit efficacement protégé contre semblables insultes, tant que dure effervescence actuelle. Je l'ai assuré que je m'empresserais de porter cela à la connaissance de V. E. J'ai pris cette occasion pour constater l'énergie avec laquelle le gouvernement du Roi a agi dans la répression des tumultes à l'occasion de l'affaire d'Oberdan, et qu'il a reconnu. A son tour, il a constaté le langage modéré de la presse autrichienne, mais il ne voudrait précisément pas que ces insultes aux consulats qui se répètent, vinssent à envenimer une situation qui tend à se détendre. Je crois qu'une surveillance secrète et continuelle devant ces consulats serait ce qu'il y a de mieux à faire. Il parait que l'Empereur reçoit beaucoup de lettres d'Italie contenant des menaces de mort. On croit à Vienne qu'on fabrique des bombes à Udine et à Rome. Comme

V. E. saura il y a actuellement à Rome un fonctionnaire de police autrichien pour surveiller les irrédentistes et en particulier le nommé Solmona, que l'on croit ètre l'àme du comité. Je ne saurais assez insister pour que le gouvernement du Roi déploie la plus grande activité dans les mesures préventives pour empécher que ces individus nous compromettent irréparablement.

453

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3173. Berlino, 4 gennaio 1883 (per. il 9).

Le renouvellement de l'année a été marqué par un fait dont l'importance saute aux yeux, mais dont on ne saurait encore prévoir toutes les conséquences. La mort de Monsieur Gambetta porte un rude coups au parti qu'il personnifiait, et sa disparition de la scène politique sera le point de départ d'une évolution qui, selon la direction qu'elle prendra, deviendra favorable ou funeste pour la France.

Les journaux sérieux de ce pays, la Norddeutsche Allgemeine Zeitung en tee, publient des articles tenus sur un ton très convenable, en évitant tout ce qui pourrait blesser Ies susceptibilités françaises. Le secrétaire d'Etat auquel je parlais de cet événement, s'exprimait avec beaucoup de réserve. Il ne sortait guère des considérations générales. Avant de formuler un jugement, il fallait laisser au public d'au delà des Vosges le temps de se reconnaitre, voir comment se recomposera, si tant est qu'il ne se disloque pas, le parti qui vient de perdre san chef, parti dont tantòt il aiguillonait la fougue, et auquel tanttòt il servait de frein. Le comte de Hatzfeldt s'abstenait de tirer I'horoscope de la république, sur ses chances de durée ou de prochain changement.

Cette forme de gouvernement présente, au reste, de certains avantages à l'Allemagne en ce sens que de telles conditions intérieures sont une cause de faiblesse pour la France. A elle seule, elle n'est pas de taille à entreprendre une grande guerre. Les alliès lui feraient défaut pour une coalition. Tandis qu'un retour au césarisme ou à la monarchie, cherchant l'un et l'autre à se consolider par une lutte de revanche, serait peut etre le signa! d'une entrée en campagne. On ne saurait nier que ce point de vue a quelque justesse. Mais il n'est pas moins vrai qu'une république, bonne ou mauvaise, au centre de l'Europe exerce par le seui fait de san existence une propagande dangereuse chez ses voisins, y entretient dans certains partis des aspirations allant droit a l'encontre des institutions monarchiques qui, quoi qu'en disent ses détracteurs, constituent la meilleure clef de voute de l'unité nationale. C'est à l'ombre, pour ne pas dire sous l'impulsion de la France républicaine que se forment à l'étranger Ies groupes d'opportunistes, de mécontents sous diverses appellations qui sèment I'agitation dans Ies esprits, en travaillant à ce que la minorité devienne un jour la majorité.

Quant à monsieur Gambetta, il ne s'est montré l'ami sincère de l'Italie dans aucune des phases de sa carrière. Il ne prenait conseil que des intérets de la France, admettons-le, mais le fait est que ces intérets ou ces convenances ne se conciliaient pas avec Ies nòtres. Aussi tout en rendant justice à ses qualités, nous ne pouvons ni le regretter, ni lui souhaiter un successeur sortant du meme moule.

454

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 21. Vienna, 5 gennaio 1883, ore 16,35 (per. ore 17,15).

Je remercie V. E. de m'avoir télégraphié communiqué publié en tete journal officiel hier au soir (1). Il est de fait que le nouvel attentat commis à Rome contre l'écusson ambassadeur d'Autriche près le Saint Siège aura profond retentissement dans toute la Monarchie. Langage des journaux de ce matin en est déjà la preuve. Les paroles du gouvernement du Roi contenues dans le journal

officiel sont malheureusement insuffisantes aujourd'hui à calmer irritation que les démonstrations tumultueuses et surtout le langage de Carducci, Imbriani et autres, ainsi que les souscriptions ouvertes pour ériger un monument à Oberdan ont produit dans la Monarchie. Il faut que des actes d'incontestable rigueur viennent au plus tot confirmer ces paroles à commencer par expulsions immédiates des émigrés qui attentent notoirement à la sécurité de l'Etat. N'y aurait-il pas dans nos lois une disposition qui permette de frapper professeur Carducci? En tout cas je répète prière de me tenir au courant de ce qui se fait, car je ne puis démeler dans la lecture des journaux le vrai du faux. Gouvernement du Roi trouvera peut-étre mes instances excessives, mais je prie V. E., président du Conseil et membre du Cabinet de considérer gravité de la position dans laquelle je me trouve ici, seul, en sentinelle perdue, presque devant l'ennemi, ayant à défendre l'honneur de mon Pays, ce que je ne puis faire que si gouvernement du Roi me donne tout son concours et son appui en pretant foi entière à mes paroles qui ne s'inspirent qu'au patriotisme le plus vrai et à la plus exacte appréciation des circonstances. Soyez assuré que ma situation quelque grave qu'elle soit ne m'en impose pas; je saurai la soutenir camme je l'ai déjà fait maintes fois, mais, je le répète, il me faut pour cela tout l'appui du gouvernement du Roi.

(l) Non pubblicato.

455

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 12. Roma, 5 gennaio 1883, ore 23,30.

Veuillez donner au comte Kalnoky l'assurance positive que, conformément à la déclaration publiée hier par la Gazette officielle, nous ferons, envers l'agitation irrédentiste, quelque forme qu'elle prenne, tout notre devoir avec la fermeté et l'énergie que comporte l'accomplissement d'une tache, qui est surtout salutaire pour nous meme. Les procès en cours se poursuivent activement. Les mesures les plus sévères sont prises pour réprimer toute tentative de désordre. Je vous tiendrai au courant.

456

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

L. CONFIDENZIALE. Roma, 5 gennaio 1883.

Fra le non poche contrarietà, con le quali mi è toccato di lottare in questi ultimi tempi, ve ne ha una non lieve riguardante la scelta del R. ambasciatore a Pietroburgo, la quale nomina non potrebbe essere ulteriormente ritardata. L'E. V. mi inspira tanta confidenza, che io me ne apro interamente con lei. Le voci di nomina del Cialdini o di altri personaggi politici estranei alla carriera

30 -Documenti diplomatici -Serle II -Vol. XV-XVI

non hanno fondamento, ed io credo di aver dimostrato orma1, m due anni di ministero, che non sono inclinato a riporre la mia fiducia in somiglianti scelte. Fra i ministri plenipotenziarii sorse una gara, divenuta qui sventuratamente notoria, tra il Blanc e molti altri; poiché il Blanc trascorse fino a scrivermi che a lui ispettava il posto di ambasciatore, e che se volessi confermarlo, dovessi almeno farlo nominare senatore, fu questa la massima delle cagioni per cui ho dovuto da lui separarmi, essendosi da lui tollerato che giornali di opposizioni fondati e diretti da suoi amici intimi prendessero il suo nome a bandiera contro il suo superiore ministro, sognando tra noi dissensi nell'indirizzo della politica, che lo stesso Blanc, ha più volte a me per iscritto confessato non aver mai esistito. Ma ciò che merita al desiderio del Blanc le circostanze attenuanti, si è che nella scelta ad ambasciatore a Pietroburgo (o a Costantinopoli, se Corti preferisce di passare a Pietroburgo) gli si contrapponeva il Tornielli, che ha 10 anni meno di lui nell'anzianità del grado di ministro. Accettate ora le dimissioni del Blanc, mentre io inclinerei a mandare ambasciatore il più anziano dei ministri (Barbolani), o almeno uno dei più anziani, il che non offenderebbe alcuna suscettibilità; debbo confidenzialmente dire a V. E. che il Depretis presidente del Consiglio desidera ed insiste efficacemente per la no

mina del Tornielli.

Sua Maestà ciò non ignora e se ne dispiace; ed io oppongo come difficoltà, che nel mio spirito apparisce insuperabile, la incoerenza di simile nomina con le basi della nostra politica di alleanza e fiducia reciproca con l'Austria e la Germania, non essendo un mistero per chicchessia che quella nomina, a torto od a ragione, susciterebbe a Vienna ed a Berlino sospetti, diffidenze e malcontenti, che è nostro debito ed interesse di evitare. Senonché il Depretis (malgrado alcune mie intime conversazioni col Keudell e col Ludolf) non crede a tali conseguenze della nomina anzidetta, chiamandole illusioni ed insinuazioni degli avversarii del Tornielli.

Ora io mi rivolgo in via strettamente confidenziale a V. E., e la prego di dirmi con quella schiettezza che è nel suo carattere, se i miei timori sono fondati, e quale impressione desterebbe a Vienna o a Costantinopoli. Mi risponda per telegramma riservatissimo col cifrario H15, con esplicita manifestazione del suo avviso, che non sarà conosciuto fuorché da Sua Maestà e dal presidente del Consiglio.

457

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 18. Roma, 6 gennaio 1883, ore 23,56.

J'apprécie le télégramme que V. E. m'a adressé hier au soir (1), et je m'associe entièrement à vos considérations. Nous sommes bien résolus à ne pas fléchir dans l'accomplissement de notre tàche. Les faits viennent chaque jour cor

roborer nos déclarations. Les démonstrations ont été partout dissoutes. De nombreuses arrestations ont été faites dans plusieures villes, et les procès suivront rapidement leur cours. Quinze journaux ont été jusqu'ici séquestrés. Le détenu Valeriani paraitra sous peu de jours devant le tribuna!. Le détenu Rigattieri va très probablement passer devant la Cour d'Assises. Une réunion provoquée par quelques étudiants devait se tenir demain soir, non pas bien entendu dans l'enceinte de l'Université, mais dans le siège d'une association républicaine. Nous avons dénoncé le manifeste de convocation au Parquet, qui l'a incriminé et a fait procéder à une perquisition chez le principal promoteur de la réunion. J'insiste que celle-ci soit absolument empéchée, je me réserve de vous télégraphier là dessus. V. E. voit que nous faisons tout notre devoir, malgré les difficultés qui nous entravent et qui ne peuvent pas etre assez appréciées de loin. Nous désirons que cette conviction soit, grace à V. E., partagée par le gouvernement impérial. Ce sera le plus sur moyen de faciliter notre oeuvre, car si nous pouvons agir avec éfficacité c'est à la condition que le gouvernement impérial et royal confiant dans notre énergie et dans notre loyauté, laisse à notre attitude le caractère de spontanéité qu'elle a eu jusqu'ici et sans lequel elle deviendrait, dès le ... (l) insoutenable.

(l) Cfr. n. 454.

458

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 28. Vienna, 7 gennaio 1883, ore 18,17 (per. ore 19,45).

Je remercie vivement V. E. pour ses deux télégrammes de la nuit dernière (2); muni de ces données précises je me suis procuré une conversation particulière avec Kalnoky. J'ai lieu d'etre satisfait de cet entretien, car l'impression qui m'en est restée est que si de nouveaux faits ne se produisent pas qui augmentent l'excitation de la presse autrichienne et surtout hongroise contre nous et imposent au Cabinet autrichien de sortir de sa réserve qui, on peut le dire, a été vraiment très grande jusqu'ici, Kalnoky s'abstiendra de toute démarche officielle à Rome sur ce qui s'est passé jusqu'à présent, confiant dans la loyauté du gouvernement du Roi ainsi que dans l'attitude qu'il a jusqu'ici déployée. Le gouvernement austro-hongrois désire le maintien des bons rapports avec nous et souhaite ardemment que l'agitation actuelle cesse au plus tòt et il y mettra donc de sa part tout ce qu'il faut pour cela. Dans tout ce q~'il m'a dit à ce sujet ressortait cependant toujours l'idée que si le gouvernement italien veut ces bons rapports, il doit saisir l'occasion pour déclarer hautement sa réprobation non seulement contre les agissements de l'Irredenta mais aussi contre l'idée à laquelle elle s'inspire. Au point ou en sont arrivées

Ies choses on ne croira à notre parfaite loyauté que si une déclaration semblable tout-à-fait explicite sera faite par le Gouvernement dans une forme qui n'admet pas de toute. Le plus pressé est du reste en ce moment avant tout de prévenir et puis de réprimer au besoin toute démonstraction quelconque, tout acte isolé, car si des faits de la nature qui se sont déjà vérifiés se répétaient je dois déclarer que je ne répondrai absolument de rien. J'ai lu aussi à Kalnoky votre télégramme lui disant que c'était tout-à-fait une indiscrétion de ma part; il a bien pesé le pour et contre et a conclu qu'il ne demanderait pas la poursuite, ce qui est autant de gagné pour tous.

(l) -La parola manca nel registro dei telegrammi in partenza. (2) -Cfr. n. 457, T. 17 del 6 gennaio 1883, non pubblicato.
459

L'INCARICATO D'AFFARI A BUCAREST, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 333. Bucarest, 8 gennaio 1883 (per. il 18}.

Ho l'onore di segnar ricevuta del dispaccio n. 94 (1), con il quale V. E., in conferma di un suo precedente telegramma (2), mi comunicava la risposta affermativa data al governo britannico circa la disposizione del governo di

S. M. ad associarsi ad una notificazione, che le Potenze firmatarie del trattato di Berlino farebbero al Gabinetto di Bucarest, dell'atto di delimitazione relativo alla frontiera rumeno-bulgara. Non mi resta che ad attendere le istruzioni che ella avrà ad impartirmi, quando sarà venuto il momento di eseguire la notificazione predetta.

Il testo comunicatole dall'ambasciata britannica della nota del ministro rumeno in Londra, esponente l'offerta del governo bulgaro, qui declinata, per un'intesa diretta dei due Gabinetti circa la indugiata delimitazione di confine, conferma quanto sullo stesso argomento ebbi a riferire nel mio rapporto del 26 novembre u.s. (3). A tale proposito e a titolo di curiosità, mi occorre accennare quanto mi risulta di un'osservazione fatta dal ministro degli Affari Esteri di Russia, nell'occasione appunto in cui l'ambasciatore britannico si recò a intrattenerlo di questa faccenda. Il signor de Giers, nel prender atto della comunicazione dell'ambasciatore, rammentò che, dietro sua suggestione, il Gabinetto di Vienna aveva, già da molto tempo prima, promesso di eseguire esso stesso a Bucarest la notificazione dell'accordo stabilito relativamente alla delimitazione rumeno-bulgara; ma che, recentemente, avendo fatto domandare a Vienna se quella notificazione fosse stata trasmessa se

condo l'intesa, il conte Kalnoky rispose che «dalle ricerche fatte non risultava ch'essa avesse ancora avuto luogo » quasi che di tale omissione ei si fosse solo allora accorto.

(l) -D. del 9 dicembre, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 422. (3) -Non pubblicato.
460

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 3177. Berlino, 10 gennaio 1883 (per. il 18).

Le Cabinet de Londres, convaincu de l'inutilité de ses efforts pour amener une entente préalable avec la France au su.iet des affaires d'Egypte a laissé entendre à Paris que les négociations pouvaient en conséquence etre considérées camme suspedues, mais qu'il dépendait maintenant de la France de les renouer si elle le jugeait à propos. Il protestait en meme temps que l'amitié entre les deux Nations ne saurait etre refroidie par cet incident.

Une note explicative de lord Granville aurait été transmise aux Puissances avec quelques indications sur les vues du gouvernement de la Reine au sujet de la gendarmerie Egyptienne et d'autres mesures à adopter pour assurer l'ordre. Cette note signalerait aussi quelle est sa manière de voir touchant le canal de Suez.

Jusqu'à hier l'ambassade britannique n'avait pas encore fait de communication, mais on s'y attend chaque jour.

Le prince de Bismarck est disposé à lui faire bon accueil, car il ne pense pas un seul instant qu'il puisse s'agir de rétablir meme en vaie indirecte le condominium anglo-français. Cette combinaison ou un contròle déguisé sous de certaines compensations, ne tarderait pas à démontrer une fois de plus sur le terrain pratique l'impossibilité de concilier des intérets rivaux.

Des tiraillements se produiraient derechef. On n'aurait apaisé une crise que pour en préparer une seconde plus dangereuse encore. Aussi le chancelier ne serait-il nullement enclin, le cas échéant, à encourager la France dans ses résistances aux projets de l'Angleterre.

Il se défend toutefois de chercher à isoler la France. Il verrait meme avec satisfaction qu'entre Londres et Paris on continuàt à vivre en bonne amitié, et sur un pied où l'Angleterre, peu portée à se lancer dans des luttes continentales, exercerait sur la France une action qui la détournerait d'entrer éventuellement dans une coalition contre l'Allemagne. Une guerre d'ailleurs qui éclaterait entre les Puissances occidentales presque à coup sur si on faisait revivre le condominium en Egypte, courrait fort le rìsque de ne pouvoir rester localisée. La conservation de la tranquillité générale en Europe, exige donc qu'il sorte des pourparlers qui s'engageront bientòt, une solution qui offre des garanties pour le maintien de la paix.

On compte ici sur l'appui de l'Autriche, et on espère que celui de l'Italie et de la Russie ne fera pas non plus défaut. Si. le gouvernement de la Republique adhère finalement, camme on le désirerait, au nouvel état de choses que l'Angleterre voudrait établir en Egypte, la résignation aura plus de part dans son adhésion que la satisfaction. D'un autre còté, il est évident que dans cette question les préférences politiques se dessineraient à Berlin pour l'Angleterre, malgré toutes les assurances de bon vouloir du Chancelier pour le Cabinet de Paris.

Le Prince de Bismarck, s1 Je suis bien informé, ne se montrerait pas aussi coulant en ce qui concerne le canal de Suez.

Du moins il tient à ce que, dans l'énoncé de ses vues ou de ses propositions sur ce point, l'Angleterre prenne en sérieuse considération et dans une mésure équitable les intérets des autres Puissances maritimes, et ne fasse pas de cette question une question exclusivement anglaise.

461

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3178. Berlino, 11 gennaio 1883 (per. il 18).

La Gazette de l'Allemagne du Nord di t que les appréciations de la presse alle mande sur la mort de M. Gambetta semblent avoir provoqué en France des idée exagérées sur les conséquences politiques de cet événement.

Elle ajoute que «la Paix » organe de M. Grévy résume exactement la situation en déclarant que la France ni désire ni ne craint la guerre. La France se trouve ainsi dans les memes dispositions que l'Allemagne ou que toute autre Puissance ayant la conscience de ses responsabilités.

Elle envisage camme moins pacifiques les appréciations du Siècle organe de Monsieur Brisson, le president actuel de la Chambre qui semble se poser en partisan de la revanche et de la guerre en parlant des << justes revendications » de la France. Monsieur Brisson ne veut sans doute pas faire de la revanche le but un que de sa politique, mais il la prend néanmoins pour but. «Nous l'attendrons et s'il est un jour en situation de mettre en pratique ses intentions, il ne surprendra pas l'Allemagne ».

Cet article sert à la fois d'avertissement à l'opinion publique de ce pays de ne pas se livrer à trop de sécurité en suite de la disparition de Monsieur Gambetta et du général Skobelev, et à la France qui devrait savoir qu'il aussi on ne désire ni ne craint une seconde lutte.

Le prince de Bismarck ne varie pas néanmois dans sa manière de voir que durant cette année aussi les bienfaits de la paix restent assurés à l'Europe. La République a perdu il est vrai l'oeil de Monsieur Gambetta. Dans son ancien parti, on cherche vainement à découvrir un successeur de la meme trempe. Dans un parti plus avancé, Monsieur Clémenceau aurait eu peut-etre quelques chances, mais jusqu'ici il n'a pas su manoeuvrer habilement à san point de vue, et le terrain semble lui échapper. Monsieur Léon Say en gagne au contraire. Y aurait-il quelque exactitude dans le récit que le Maison Rothschild où il a les grandes et les petites entrées le favorise de toute san ifluence? Or les Rothschild sont dévoués à l'orléanisme. Si leur protégé parvenait un jour à la présidence il se prèterait à jouer peut-etre le ròle de Georg Monk, en retablissant la Monarchie. Après tant d'années d'agitation, il se produira un vide immense. Là où les passions révolutionnaires ont travaillé, là où les excès de la liberté ont porté un coup fatai au principe d'autorité, on ne rencontre dans la période historique qui suit ni énergie, ni élan pour la chose publique. Le peuple fatigué de toute une diplomatie parlamentaire qui se perd dans une mixture d'éléments discordants de droite, de gauche, de centre gauche, d'union républicaine, finira par s'endormir dans une atonie morale, et le pouvoir tombera plus facilement dans les mains de qui vise à l'escamoter. Les projets qu'on attribue aux Rothschild me paraissent peu sérieux, et précisement parce qu'on dépeint Monsieur Léon Say comme un homme très ambitieux, il n'est pas à présumer qu'il consente à servir de paravent à autrui. Je ne mentionne ces détails que parce qu'ils ont cours dans des regions ordinairement bien informées .

.Quoiqu'il en soit, il n'y a pas à s'y méprendre, la République en France sans etre encore agonisante, ne jouit plus d'une santé bien robuste, et la Monarchie commence à se dresser dans le lointain. Sous cette forme de Gouvernement, la France peut devenir un danger pour l'Allemagne, bien plus que sous une république assez paralysé et par les agissements des partis à l'interieur. Elle chercherait et trouverait peut-etre alors des alliés pour se venger des défaites de 18. La Russie nommément aurait peine à résister à la tentation de piacer l'Allemagne entre deux feux.

Au reste il n'existe pas de garantie certaine que meme la République ne se livre a pas à des écarts envers ses voisins.

On estime ici qu'on ne saurait trop se tenir sur ses gardes tout en évitant les provocations. Tel est l'objectif principal de la politique du prince de Bismarck. Lors meme qu'il use de bons procédés à Paris et à St. Pétersbourg il exerce une vigilance extreme et met toute sa diplomatie à l'oeuvre pour écarter meme des velléités de coalition. Mais, je le répète, le chancelier ne croit pas qu'une évolution dans un sens belliqueux puisse s'opérer dans le cours de cette année ni que nous soyons à la veille d'un retour à la Monarchie en France. C'est pourquoi il ne prévoit pas de complication pour 1883, mais il s'abstient de préjuger un avenir plus éloigné.

462

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 7. Parigi, 11 gennaio 1883 (per. il 14).

Ieri io l'ebbi l'onore di vedere il signor Duclerc che principia ad alzarsi e sembra avvicinarsi ad un completo ristabilimento.

Parlandomi dell'Egitto, egli mi disse che aveva dovuto rifiutare la proposta dell'Inghilterra di costituire una commissione di finanza internazionale e presieduta dal membro francese, commissione questa che sembrava dovere o annullare o assorbire tutte le altre. Il governo francese non farà opposizione manifesta agli ordinamenti finanziari escogitati dal governo inglese ma non li accetterà, senza però che in quel rifiuto vi sia alcuna asprezza e nulla che valga a compromettere i buoni rapporti fra i due Paesi. Ma l'accordo che si era stabilito intorno all'Egitto fra i due governi cesserebbe pel fatto stesso.

L'E. V. si ricorderà che mentre io mi trovava ancora a Londra, il conte Granville mi aveva detto sperare fra poco di darmi una notizia che sarebbe stata gradita dal R. governo. Passato qualche tempo gli chiesi di quella notizia, ed egli mi fece intendere che la speranza da lui nutrita era svanita. Ecco il perché: la proposta della commissione finanziaria d'Egitto colla presidenza della Francia era stata comunicata al signor Tissot il quale l'accoglieva con favore e non metteva in dubbio che fosse accettata dal governo francese. Ma così non la pensò il signor Duclerc, donde la disillusione del conte Granville e la divergenza che si disse esistere tra il signor Tissot ed il suo ministro. Il dissenso del signor Duclerc circa la posizione fatta dalla Francia nella commissione di finanza, ha per origine l'imprestito Rothschild di 200 milioni di franchi ipotecato sulla rendita della Daira.

L'Amministrazione della Daira stava per questo fatto sotto la vigilanza speciale della Francia, o, per meglio dire, della casa de Rothschild di Parigi. Ora, colla nuova combinazione proposta, una tale ingerenza nell'amministrazione della Daira sarebbe in gran parte eliminata, ed è perciò che questo ministero non la può accettare. Tale è la spiegazione plausibile della divergenza sorta tra i governi inglese e francese. Quest'ultimo cercherà probabilmente di procurarsi qualche altro compenso per la posizione se non preponderante almeno eguale a quella dell'Inghilterra che la Francia aveva tenuto in Egitto.

In questa conversazione che io ebbi col signor Duclerc, S. E. mi parlò d'alcune manifestazioni che avevano avuto luogo ultimamente a Marsiglia per parte di parecchi italiani contro l'Austria. Egli disse che aveva dato gli ordini più severi affinché quei perturbatori fossero puniti con tutto il rigore delle leggi, e che, dopo scontata la pena, i colpevoli fossero sfrattati.

Egli mi espresse poi la speranza che il R. Governo non se la prenderebbe a male, se in questa circostanza il governo francese mostrerà qualche severità; al che io risposi che non avremmo nulla a ridire se la Francia prendeva contro quegli agitatori le stesse misure che usiamo contro di essi in Italia.

463

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1797. Vienna 11 gennaio, 1883 (per. il 14).

Il conte Kalnoky parlavami testé della nota inglese relativa all'Egitto di cui il Times ebbe a dare un sunto. Egli ne discorreva però in maniera del tutto accademica e con molta riserva, poiché sta di fatto che fino a ieri quel documento non gli era stato rimosso, il governo britannico avendolo, a quanto pare, unicamente comunicato fino ad ora alla Turchia.

S. E. mostravami però risultargli che le notizie al riguardo riportate dal Times erano esatte.

Egli me le ripeteva senza commentarle, limitandosi a dirmi che le progettate disposizioni relative al canale di Suez, mediante le quali la libera navigazione di quella via di comunicazione fra i due mari resterebbe assicurata in ogni tempo, sembravangli le più convenienti; e ciò tanto più se, come aggiungevami, verrà stabilito che in tempo di guerra le Potenze potranno far scortare lungo il canale le navi di commercio dai loro rispettivi legni da guerra.

Riservandomi come di ragione di riferire all'E. V. l'accoglienza che verrà fatta qui alla nota di cui è caso allorché sarà effettivamente comunicata alle Potenze.

464

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI,

D. 1470. Roma, 13 gennaio 1883.

Ho l'onore di trasmettere a V. E. copia di un rapporto testé pervenutomi dal cavalier Durando relativo alle trattative ora in corso a Cettigne per la determinazione del confine fra la Turchia ed il Montenegro (1). Ella rileverà dalla lettura di questo documento come i commissari ottomani non siano disposti ad addivenire agli accordi per tutto il corso della frontiera, ma bensì pel solo tratto di essa che è compreso tra il lago di Scutari e Vojna, mentre il governo principesco desidererebbe una sistemazione di cose completa e definitiva.

Il cavalier Durando soggiunse che il governo del principe Nicola sarebbe grato alle Potenze se queste sconsigliassero la Sublime Porta dall'insistere per una determinazione solo parziale del confine; ma, benché un accordo completo sia nei nostri desiderii come il solo atto ad eliminare ogni pericolo di recriminazioni reciproche e di complicazioni maggiori, non crediamo che allo stato delle cose sia conveniente di prendere ingerenze qualsiasi in negoziati tra il Montenegro e la Porta, che le grandi Potenze vollero esclusivamente lasciati alle due parti interessate.

Ciò non toglie però che ci sia lecito di far manifesti i nostri voti per un accordo fra i due governi che comprenda l'intero confine, ed autorizzo v. E. ad esprimersi in questo senso con codesto ministro degli Affari Esteri sempre che se ne presenti il caso.

465

L'AMBASCIATORE A VIENNA DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1799. Vienna, 13 gennaio 1883 (per. il 18).

Conversando alcuni giorni fa col conte Kalnoky su vari argomenti S. E. chiesemi se avevo letto uno scritto dell'onorevole Bonghi sui «Tribunali Vaticanici » ch'egli dicevami essere stato pubblicato nel giornale L'Opinione e S. E. ac

compagnava quella sua interrogazione, facendo grandi elogi di quel lavoro che dichiarava di molta importanza, l'autore di esso avendo avuto notevole parte come ministro alla compilazione della legge delle guarantigie.

A dir il vero non aveva ancora conoscenza alcuna a quel momento dello scritto di cui è caso, e ciò io risposi tosto, ma siccome ad ogni modo era fermamente intenzionato di schivare ogni discussione su di un argomento di quella natura mi astenni dal rilevare in maniera alcuna gli apprezzamenti del mio nobile interlocutore, e voltai la conversazione esprimendo apprezzamenti generali sulla personalità politica e letteraria dell'onorevole Bonghi.

Tornato a casa feci ricerche infruttuose nell'Opinione per prendervi visione dell'articolo in questione, e finalmente trovai che non era in quel giornale ma bensì nella Nuova Antologia del 1° gennaio essa aveva avuto la luce. L'equivoco in cui il conte Kalnoky era incorso confermò il primo mio sospetto che S. E. non avesse avuto conoscenza di quella pubblicazione altrimenti che dal nunzio apostolico che in quel giorno mi aveva preceduto all'udienza.

A dir il vero io non so spiegarmi come il nunzio possa essere rimasto così soddisfatto delle idee sviluppate dall'onorevole Bonghi, poiché se sta di fatto che quell'illustre scrittore mostra credere che dalle leggì sulle guarentigie risulti chiaramente (antologia pag. 108) la servitù per l'Italia di tollerare nel Vaticano una giurisdizione amministrativa pone però in sodo con somma dottrina e potentissimi argomenti, principi e fatti tali che in verità devono riuscire assai poco graditi al Vaticano ed agli amici suoi.

Non è certo mia intenzione l'analizzare qui quel dotto discorso, besogna questa d'altronde troppo superiore alle mie forze; ma è debito mio il chiamare l'attenzione dell'E. V. sulla necessità somma che da parte nostra si eviti colla maggior oculata cura ogni occasione di natura a sollevare controversie col Vaticano per tutto ciò che può direttamente od indirettamente connettersi colla legge delle guarantigie. Chiaro è che la Santa Sede non lascia sfuggire occasione né appigli onde chiamare i Gabinetti d'Europa ad erigersi a giudici dei suoi dissensi coll'Italia, ed a riconoscere seco essa l'impossibilità della coesistenza in Roma del santo Padre e del Re d'Italia. Del pari i fatti provano all'evidenza che parecchi Gabinetti e quelli di Vienna e Berlino in particolare, in questi ultimi tempi si mostrano assai propensi a prestar l'orecchio alle doglianze della Santa Sede, ed a tenerne conto entro quei limiti almeno necessari a mantenere viva una questione che possono aver interesse acché non venga a spegnersi interamente col favore della prescrizione.

Questo stato di cose parmi così chiaro che non dubito il R. governo farà ogni suo possibile affinché non insorgano nuove questioni in cui le leggi della guarantigie abbiano a formare oggetto di discussione, ed ave queste vengano a prodursi anche a malgrado ogni nostra maggior prudente riserva a me pare che anzitutto dovressimo studiarci di soffocarle fin sul loro nascere non impegnandoci in discussioni che qualunque ne sia la forma servono pur sempre mirabilmente gl'interessi dei nostri avversari (l).

(l) R. 141 del 7 gennaio, non pubblicato.

(l) Cfr. n. 476.

466

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1800. Vienna, 14 gennaio 1883 (per. il 18).

Da alcuni giorni corre nuovamente voce qui che il conte Andrassy possa essere richiamato agli affari.

Assai difficile si è il farsi un criterio un po' preciso intorno alla maggior o minore attendibilità di simile diceria, poiché negli attuali momenti un cambiamento di ministro degli Affari Esteri dipenderebbe esclusivamente dalla difficilmente scrutabile volontà dell'Imperatore che potrebbe però essere influenzata da considerazioni inerenti alle relazioni così intime esistenti fra la Monarchia e l'Impero germanico.

Per quanto ha tratto agl'intendimenti personali di S.M. Francesco Giuseppe, credo di non andar errato, ritenendo non essergli venuta meno la fiducia nel conte Kalnoky; ma ove si guardi a Berlino si ha l'impressione che il principe di Bismarck vedrebbe assai volontieri il ritorno al primo ministro del conte Andrassy e ciò certamente potrebbe influire nell'animo dell'Imperatore a cui anzi tutto sta a cuore il mantenere collo Stato alleato le più cordiali e fiduciose relazioni. Il conte Kalnoky è uomo di miti sentimenti alieno dalle complicazioni ed avventure, non ha affatto le tendenze russofile che gli si attribuiscono, ma sicura

-mente desidera la pace con quell'Impero e non vuole lasciarsi trascinare ad atti capaci di comprometterla.

Questa politica che egli ebbe a seguire con fermezza gli fruttò la mal dissimulata ostilità di cui fu fatto segno nella recente campagna intrapresa dal giornalismo ufficiale tedesco, che alto fece suonare il nome del conte Andrassy quasi che in lui solo la Germania creda poter riporre piena ed illimitata fiducia.

Non sarei quindi meravigliato se il conte Kalnoky che già mi risultava trovare da qualche tempo la sua posizione assai meno aggradevole di quella di un ambasciatore all'estero, abbia colta l'occasione per far sentire al Sovrano che sarebbe pronto a rinunciare al portafoglio ove menomamente ciò potesse essere ravvisato conveniente agl'interessi dello Stato. Parmi però assai difficile che l'Imperatore pensi per ora ad accogliere quell'offerta che gli fu fatta, tanto più che a malgrado la considerazione speciale ch'egli mostra professare al conte Andrassy dubito assai che con piacere il vedrebbe ritornare agl'affari come suo primo ministro ben essendo noto che quell'uomo di Stato è assai meno pieghevole ai voleri del suo Sovrano che nol sia il conte Kalnoky. Secondo ogni probabilità quindi non avremo per ora cambiamenti nell'alta direzione politica della Monarchia austroungarica, ho però creduto dover mio far menzione confidenziale di queste voci nella mia corrispondenza con cotesto ministero, tanto più ch'esse ebbero a ripetersi con maggior insistenza in questi giorni in conseguenza di una lunga udienza accordata dall'Imperatore al conte Andrassy e della contemporanea inattesa andata a Pesth del conte Kalnoky.

467

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1801. Vienna, 14 gennaio 1883 (per. il 18).

Ringrazio vivamente l'E. V. per la comunicazione che ben volle darmi con suo foglio dell'H corrente (l), della nota direttale da S. E. Depretis a spiegazione dei provvedimenti presi per far cessare l'agitazione irredentista degli scorsi giorni, nonché delle copie dei telegrammi che vi andavano annessi. Come ben osserva l'E. V. quella comunicazione conferma ed illustra i telegrammi che già ella si era compiaciuta rivolgermi al riguardo (2).

Anche senza conoscere prima con tanta precisione l'assieme delle misure preventive e repressive ordinate dal governo avevo già potuto convincermi che il ministero penetrato della gravità della situazione creataci da quelle manifestazioni il cui movente nulla ha di patriottico, poiché troppo chiaro emerge che esse mirano al raggiungimento di fini che non v'ha uomo onesto in Italia che non respinge, aveva fatto uso di tutti i mezzi consentitigli dalle vigenti leggi per parvi il più pronto possibile termine. Di ciò mi è grato il constatare si mostrano persuasi-tanto il governo imperiale quanto l'opinione pubblica in Austria; ed anzi chiaro apparisce che se il Gabinetto di Vienna tenne in questa circostanza a fronte dei riprovevolissimi fatti prodottisi in Italia in odio dell'Austria, una condotta sommamente riguardosa, ciò devesi unicamente al convincimento che più cogl'atti che colla parola si è potuto infondere, che il governo italiano pienamente conscio dei suoi doveri internazionali stava adempiendoli con quella correttezza ed energia di cui solo sono capaci in simili circostanze i governi veramente forti.

Di questa acculata e per noi lusinghiera moderazione del governo imperiale il giornale La Riforma ne trae partito per far credere ai suoi lettori che qui non si annette a tali incidenti quell'esagerata importanza che a suo dire vien data loro dal governo italiano. Insinuazione questa di somma mala fede da parte degli scrittori di quel giornale poiché non può ammettersi un simile accecamento in uomini che certo non difettano d'ingegno e che ad ogni modo ricevono e leggono i giornali che si stampano qui. Ed ecco precisamente dove sta il male più grave; se il governo imperiale seppe opportunamente tacere e mostrarsi anche fiducioso negl'intendimenti del governo italiano limitando agli atti di questo i suoi apprezzamenti; la stampa austro-ungarica ben si può dire unanime pur riconoscendo l'energia spiegata dal governo nostro, non dissimulò affatto la spiacevolissima impressione provata dall'opinione pubblica nella Monarchia nel constatare la facilità con cui in tutto il Regno ebbero ad estendersi le dimostrazioni ostili all'Impero, il carattere quasi di una caccia agli austriaci che rivestirono anzi alcuni fatti, come a mo' d'esempio, gli incidenti di Catania che costrinsero l'autorità a far interrompere ad una compagnia di cantanti

austriaci il corso delle sue rappresentazioni. La conclusione di tutto ciò si fu, che generale si è fatto il convincimento non solo negli uomini politici, ma nelle masse, che le ire politiche che animavano un di' gli italiani contro gli austriaci non sono affatto spente e che anzi rinascerebbero giganti, il giorno in cui il nostro governo ravvisasse di sua convenienza il tenerle meno che il fa oggi in freno. In ciò sta il vero male grosso a cui per assai tempo non ci sarà dato rimediare. La fiducia che una savia politica estera seguita con costante fermezza da quasi due anni dal governo italiano ed avvalorata da fatti palpabili, aveva saputo ispirare ai popoli dell'Austria, travasi in oggi più che scossa, annientata, duolmi il dire. Ci troviamo così a fronte di un lavoro da ricominciare colla circostanza aggravante che i nostri avversari già fattisi per un assieme di cose più potenti che nol fossero in passato, ben mostrano di saper trarre dall'accaduto tutto il vantaggio possibile.

Ad ogni modo combattendo oggi l'irredentismo combattiamo per l'esistenza della nostra Monarchia all'interno ed all'estero, quindi non conviene perdersi di animo, ed anzi è ineluttabile necessità di governo per l'Italia lo schiacciare ora la testa di quel partito irredentista, onde non possa più un'altra volta porre a repentaglio i destini della patria come ebbe a farlo testé.

Ripeto quindi si combatta l'irredentismo ora che si è incominciato con tanto vigore e si faccia anzi in modo da distruggerlo del tutto, onde ammaestrato dal corso pericolo, non aumenti la sua forza meglio ordinando i suoi fili. In Roma alla sede stessa del governo, a Venezia, ed in altre città vicine alla frontiera austriaca vi sono emigrati, taluni anche impiegati dello Stato che abusano dell'ospitalità che ricevono e sono in ogni circostanza fra i più ardenti palesi promotori dell'agitazione irredentista; siano questi inesorabilmente colpiti, anzi tutti licenziati dal servizio governativo quelli che vi sono addetti, e sia gli uni che gli altri internati in località meno pericolose. L'espellere alcuni dallo Stato sarebbe anche provvedimento savio e sommamente politico, se preso prima, che ce ne sia espresso anche indirettamente il desiderio. Si è minacciato di farlo, lo si faccia tosto ove non si voglia ritrovarsi assai prossimamente in una situazione come quella presente di cui nessuno può dissimularsi l'immensa gravità pel R. Governo anche all'interno.

(1) -D. 1398 dell'll gennaio 1883, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 457 e T. 17 del 6 gennaio 1883, non pubblicato.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A COSTANTINOPOLI, CORTI, A LONDRA, NIGRA, A PARIGI, MENABREA, A VIENNA, DI ROBILANT, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, ZANNINI

T. 41. Roma, 15 gennaio 1883, ore 23.

Voici la substance de la note anglaise concernant l'Egypte. Elle vise d'abard trois points pour le règlement desquels le consentement des Puissances est nécessaire passant ensuite aux matières d'administration du vice royaume. Le premier des trois points concerne la navigation du canal de Suez, elle serait garantie en temps de paix comme en temps de guerre, avec interdiction d'y élever des fortifications, ainsi qu'avec interdiction absolue, pour toutes les Puissances, la Turquie comprise, et sauf l'Egypte pour sa propre défense, de faire acte d'hostilité dans le canal ou aux environs. Le deuxième point concerne la finance: l'administration des Daria et autres branches devraient ètre simplifées. L'Angleterre espère que toutes les Puissances seront consentanées avec elle sur le principe de l'egalité de l'impòt entre étrangers et indigènes. Le troisième point concerne la réforme judiciaire, pour la quelle la prorogation d'un an est proposée. Les matières de régime intérieur sont aussi résumées. Le gouvernement britannique accède pour cette fois au désir du Kedive de faire occuper certains postes par des officiers anglais, mais les postes plus élevés resteront égal.ement accessibles aux officiers indigènes. Abolition du contrale avec nomination provisoire d'un conseiller financier européen sans vote en conseil, ni droit d'intervention s'il n'est pas appelé, et sans faculté d'immixtion dans l'administration du Pays. Amélioration de la justice pour les indigènes, suppression de l'esclavage. Développement des institutions politiques où l'Angleterre voit une garantie de sécurité et de bonne administration. Lord Granville termine en espérant que ces conseils par lui donnés nu Kecl.ive coi:ncident avec les vues des autres gouvernements intéressés au bien ètre de l'Egypte. Tàchez de me dire au plus téìt et avec tous les détails possibles l'impression du gouvernement auprès duquel vous ètes accrédité (1).

469

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 9. Parigi, 15 gennaio 1883 (per. il 18).

L'incidente del R. console a Tripoli, che, a quanto narrano i giornali, avrebbe dato luogo alle proteste inoltrate alla Sublime Porta dal conte Corti, ha, di nuovo, destata l'attenzione sulla questione tripolitana. Mi risulta da fonti attendibili che questo ministero degli Affari Esteri si è preoccupato di tale quistione ed ha portato il suo esame sulle varie soluzioni che vi si potrebbero dare. Si ammette assai volentieri che quell'avanzo di governo semibarbaro della Reggenza non dovrebbe ulteriormente esistere, e che importerebbe per la sicurezza stessa della Tunisia di togliere quel focolare dove vanno ad alimentarsi le passioni ostili all'occupazione francese in Africa. Alcuni vorrebbero finirla come si è fatto per Tunisi, ma questo progetto è contrastato da coloro, in numero non piccolo, fra i quali alcuni membri del governo, che trovano che la Francia si è già troppo compromessa in diversi modi per la Tunisia. Altri sussurrano che l'Italia potrebbe essa stessa incaricarsi di portare la civilizzazione nel Tripoletano.

Non potrei dire se vi sia ancora alcuna idea concretata a quel riguardo, e ne dubiterei forse poiché il ministero si trova attualmente involto in un movimento di transizione che gli consiglia di portare tutta la sua attenzione sulle cose interne e di non crearsi delle difficoltà all'estero.

Tuttavia, come la conversazione potrebbe col ministro degli Esteri, improvvisamente cadere su quell'argomento, mi pare che sarebbe opportuno che io conoscessi le idee di codesto ministero a quel riguardo, e che io avessi istruzioni precise per regolare il mio linguaggio in proposito.

Pregherei adunque la E. V. di darmi qualche cenno in proposito affine di non essere esposto a scostarmi nei miei discorsi dalla politica del R. governo (l).

(l) Cfr. n. 470, 471, 472 e 474. La risposta da Costantinopoli è contenuta nel T. 87 del 20 gennaio 1883, non pubblicato.

470

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 55. Parigi, 16 gennaio 1883, ore 16,45 (per. ore 19).

Dans la séance d'hier le ministère a présenté à la Chambre des députés le livre jaune relatif aux affaires d'Egypte (2). Cette présentation a été accompagnée d'une déclaration dans laquelle est resumé le développement qu'a pris successivement la question égyptienne méme avant l'institution du contrale jusqu'au moment actuel où l'Angleterre vient de soumettre ses propositions aux Puissances; cette déclaration finit par conclure que «du moment que les anglais renonçant à la continuation de l'action commune entendent assumer désormais à eux seuls la charge et le règlement des affaires d'Egypte nous n'avions qu'à réprendre nous mémes notre liberté d'action. Nous l'avons fait sans dépit, sans récrimination, convaincus que la dignité et la modération de notre attitude seront appréciées par vous, messieurs, par l'Europe, dont les intérèts sont solidaires des nòtres, par nos voisins eux mèmes et nous appliquerons à sauvegarder sur les bords du Nil nos droits acquis, nos intérèts légitimes et les traditions de notre passé ~-La dépèche en date du 4 janvier adressée par M. Duclerc à M. Tissot mérite une particulière attention, car c'est la réponse à la communication faite par Lord Lyons de la part de lord Granville. C'est le resumé des négociations qui ont ·eu Ieu dernièrement entre les deux gouvernements. La dépèche termine par ces mots: « aux points décisifs où en sont les négociations, il serait sans utilité de développer certaines autres reserves qui excèdent l'examen de la note de Lord Granville. Je voulais espérer que des nouvelles ouvertures dont nous n'avions pas à prendre l'initiative auraient complété les dernières suggestions du Foreign office et fourni les bases d'un arrangement compatible avec les intéréts dont nous ne saurions abandonner la surveillance et dont l'Angleterre poursuit la consolidation immédiate. Le gouvernement de Sa Majesté britannique en juge

autrement et nous met dans l'obligation de reprendre en Egypte notre liberté d'action. Quelque regret que nous en éprouvons nous acceptons la situation qui nous est faite. Je vous autorise à donner lecture de cette dépeche à lord Granville et en lui laisser copie s'il le désire ».

(l) -Per la risposta cfr. n. 475. (2) -Documents Diplomatiques, affaires d'Égipte, 1882, Parigi 1882.
471

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3181. Berlino, 16 gennaio 1883 (per. il 21).

La dépeche de lord Granville communiquée à V. E. le 14 janvier, ainsi qu'il résulte de votre télégramme du meme jour (1), a été remise ici la veille et prise ad referendum.

Le secrétaire d'Etat me disait hier qu'il adresserait incessamment une communication à ce sujet à l'ambassade impériale à Rome. Il se réservait d'échanger ses vues avec les autres Puissances sur ce document qui laissait à désirer camme précision et clarté. Il me rappelait que l'Allemagne n'a pas dans cette question d'Egypte des intéréts particuliers de premier ordre, et que son attitude était essentiellement dictée par le désir de la conservation de la paix et des bons rapports entre les divers Etats. Mais il m'a paru, d'après le langage du comte de Hatzfeldt, que le Cabinet de Berlin est plutòt disposé à accepter en principe les idées émises par lord Granville, sauf examen et éclaircissements ultérieurs.

Il se référait à la communication que la chancellerie impériale s'occupait à rédiger pour monsieur de Keudell, dont ainsi il n'était pas encore à meme de m'indiquer autrement la teneur.

J'ai répondu que de mon coté, je ne pourrais que m'y référer en écrivant à

V. E.

Par votre télégramme de la nuit dernière (2), vous m'avez fait connaitre, monsieur le ministre, la substance de la dépéche précitée de lord Granville. Ce n'est là évidemment qu'une prémière ébauche des projets du Foreign Office, car les idées énoncées ont en effet, comme le faisait observer le comte de Hatzfeldt, un certain vague. Mais sur un point on ne saurait concevoir aucun doute: le double contròle a pris fin, et se trouve nettement écarté au profit de la préponderance entière et presque illimitée de l'Angleterre, jusqu'à ce que la formule «l'Egypte aux egyptiens » sorte du domaine des fictions. Or si cela arrive jamais, ce ne sera pas avant très long temps. En attendant, la suppression du contròle anglo-français s'est faite dans les formes de la plus scrupuleuse politesse. Pour ménager meme le prestige du Khédive, il a été convenu que la mesure en question était réservée à son initiative, et que l'Angleterre en l'accueillant ne faisait que déférer à un désir de Mehemed-Tewfik. Ce qui est

certain, c'est que l'Angleterre a brù.lé ses vaisseux, et que nous nous trouvons en prèsence d'un fait accompli sur lequel il serait difficile de revenir, sauf à chercher à modifier quelques détails des nouvelles combinaisons. Que l'Angleterre use, ou abuse comme le dit en France, de la position prépondérante qu'elle s'est crée en Egypte, c'est là une question qu'il n'est pas fort intéressant de discuter, puisqu'elle ne parait pas devoir rien changer à la marche des événements. Les journaux inspirés à Paris qui demandent ironiquement quels droits peut conférer une conquete si rapide, si facile, méritent qu'on leur répond par l'exemple de la Tunisie qui elle aussi a étè conquise en quelques mois sans avoir couté beaucoup plus de sang que les combats de Kassassin et de Tel-El-Kebir. Au reste ce qui se passe aujourd'hui en Egypte, c'est la peine du talion pour la conduite de la France à Tunis.

Pour ce qui nous concerne, il nous convient en présence de l'irrémediable, de ne pas nous escrimer afin d'obtenir, surtout à còté du Cabinet de Paris, une situation autre que celle qui découle des évènements. Il nous importe plutòt de chercher à regagner des sympathies à Londres, en sorte de recueillir au moins l'avantage que la prèpondèrance anglaise s'exerce pour mettre quelque frein à celle de la France dans la Méditerranée. Cette dernière prépondérance mirait beaucoup plus à nos intèrets.

L'agence télégraphique Wolff nous apporte un résumé des déclarations faites aux Chambres par Monsieur Duclerc. La première impression est celle que, au milieu de beaucoup de phrases, le gouvernement cache mal l'aveu que l'Egypte est perdu pour la France. Il dit, il est vrai, que la France protègera et maintiendra les droits acquis, ses légitimes intérets, ses traditions dans ces contrées, mais sans indiquer le comment. Ces déclarations font l'effet d'une protestation platonique, et d'un appel indirect à l'Europe dont on invoque à la dertlière heure la solidarité d'intérets, après en avoir fait si bon marché dans d'autres temps. On peut se demander si les autres Puissances partagent vraiment cette manière de voir, et consentiront à sortir, au profit de la France de leur réserve.

Quant à l'Allemagne, on peut etre certain qu'elle n'encouragera aucunement les velléités de résistance à Paris, et que pour autant elle ne voudra pas se brouiller avec l'Angleterre.

En me référant à mon télégramme de ce jour... (1).

(l) -T. 34, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 468.
472

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1802. Vienna, 17 gennaio 1883 (per. il 20).

Il conte Kalnoky trovandosi gli scorsi giorni a Pest ricevette colà la nota del governo inglese relativa agli affari d'Egitto. Avendo poi egli fatto ritorno a Vienna ieri l'altro, tenne come di consueto ieri il suo ricevimento del corpo

31 -Documenti diplomatici -Serle II -Vol. XV-XVI

diplomatico e non mancai di cogliere quell'occasione per interpellarlo intorno al suo apprezzamento a riguardo di quell'importante documento, di cui già l'E. V. si era compiaciuto trasmettermi l'analisi con suo telegramma della sera prima (1).

S. E. dissemi la comunicazione, di cui è caso, constare di due parti: l'una relativa a cose cui l'Inghilterra riconosce il carattere internazionale, e quindi i provvedimenti che essa propone dovranno pertanto essere attentamente esaminati ed anche all'uopo discussi colle altre Potenze; l'altra si riferisce a disposizioni per l'ordinamento interno dell'Egitto intorno alle quali il governo britannico non richiede l'assenso degli altri governi, ma su cui però questi potranno esprimere il rispettivo parere, come sempre si è in diritto di fare allorché vien fatta una comunicazione di quella natura.

Avendo poi io esplicitamente manifestato il mio desiderio di conoscere la sua prima impressione sul complesso di quel documento, S. E. risposemi che il punto di vista su cui si è posto il governo imperiale per considerare la questione d'Egitto è già abbastanza noto; l'Austria-Ungheria non avendo colà che un interesse politico, tutto ciò che non altererebbe lo statu quo politico esistente in quel Paese non incontrerebbe opposizione di principii da parte del governo imperiale. A meglio spiegarmi il suo concetto, il conte Kalnoky aggiungevami tosto che, in verità, in tutta quella lunghissima nota la Turchia, Potenza sovrana, non si trova mai menomamente accennata; ma che, per pronunciarsi sulla portata di quell'ammissione, conveniva aspettare di conoscere l'accoglienza che la Porta farebbe a quella comunicazione, che evidentemente le era stata accompagnata da una nota maggiormente spiegativa.

S. E. ayendo poi avuto la cortesia di darmi lettura quasi per intero della nota di cui è caso, volle accompagnarla mano mano con qualche considerazione, di cui non è il caso tener conto qui, poiché come di ragione non erano se non primissime impressioni sue, che non potevano in alcun modo impegnare i suoi ulteriori giudizi.

Dovrei quindi parimenti astenermi dall'emettere un apprezzamento sulla definitiva accoglienza che quella comunicazione troverà presso il gabinetto di Vienna dopo che lo studio ch'essa necessita, e che probabilmente non sarà molto celeramente condotto a termine, sarà compiuto; però non saprei astenermi dall'emettere il parere, che il Gabinetto austro-ungarico, pur associandosi a tutte quelle proposte di modificazioni ai provvedimenti di ordine internazionale che tutti gli altri Gabinetti ravvisassero opportuno di chiedere, farà, al pari di quello di Berlino, buon viso alle proposte inglesi, ed anzi si studierà di faCilitare intorno ad esse il pieno accordo dell'Europa. In quanto poi ai provvedimenti che l'Inghilterra mostra voler prendere da sola, non ho difficoltà a credere che il conte Kalnoky, ove anche credesse di avanzare a proposito di alcuni di essi alcune osservazioni, ciò farà colla forma di semplice suggerimento, senza dar loro l'apparenza di un'opposizione a misure di cui si preferirà lasciare al Gabinetto di St. James l'intera responsabilità.

Ritornerò evidentemente su quest'argomento nella mia conversazione col conte Kalnoky e non mancherò quindi di riferire ulteriormente all'E. v., con maggiore precisione, ciò ch'egli sarà per farmi conoscere intorno ai suoi apprezzamenti ed intendimenti.

(l) T. 52 del 16 gennaio 1883, non pubblicato.

(l) Cfr. n. 468.

473

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 3182. Berlino, 18 gennaio 1883 (per. il 22).

Monsieur Sturdza minstre des Affaires Etrangères de Roumanie après avoir fait un séjour dans les provinces rhénanes, est arrivé avant hier à Berlin et repartira demain pour retourner à Bucharest en prenant la vaie de Vienne.

Dans sa visite que je recevais aujourd'hui, il me donnait quelques indications confidentielles sur un entretien qu'il venait de se ménacer avec le chancelier de l'Empire.

Il lui convenait de pressentir une fois de plus les dispositions du Cabinet de Berlin, puisque la conférence de Londres semble devoir se réunir dans la première moitié de février. Son Altesse n'a pas abordé la question du Danube dans ses détails spéciaux. Le prince de Bismarck se plaçait à un point de vue plus élevé. Il admettait que la Roumanie s'appliquàt dans la mesure du possible à sauvegarder ce qu'elle estimait entrer dans ses intérets. Peut-etre meme que s'il était appelé à voter camme un simple juge, se prononcerait-il d'une manière plutòt favorable à la cause de la Roumanie prise isolément. Mais camme homme d'Etat, il ne saurait séparer la question d'autres intéréts majeurs qui p~votent sur ses relations avec Vienne.

Sa politique vise à rendre toujours plu~ étroits ces rapports. Une alliance entre l'Allemagne et l'Autriche-Hongrie, et avec l'Italie constituerait une forte garantie pour le maintien de la paix. L'Europe centrale ainsi groupée formerait la meilleure des barrières contre toute tentative de troubler la tranquillité &énérale.

Autour de ces Puissances il s'opérerait, tant à l'avantage des peuples, une sorte de crystallisation des intérets économ~ques et commerciaux. Il y a bien eu une alerte de la part de l'irrédentisme. Mais gràce aux mesures adoptées par le Cabinet de Rome, la crise est entrée dans une phase d'apaisement. Le prince avait d'ailleurs assez de confiance dans le bon sens de nos populations pour ne pas etre convaincu que vingt-huit millions d'italiens ne voudraient pas courir l'aventure, exposer le Pays aux plus graves complications, pour conquérir des territoires ne renfermant qu'une certaine de mille habitants.

Par ce langage, il laissait assez comprendre à Monsieur Sturdza qu'il ne fallait pas se mettre en travers de l'objectif essentiel de la politique allemande; qu'il convenait au contraire de chercher à se mettre, autant que faire se pourra!t, d'accord avec l'Autriche, et de se rallier ainsi au moins indirectement aux trois Puissances qu'il désignait. Son Altesse ne parlait de la Russie que pour demander quelques renseignements relatifs aux bras de Kilia et de Saulina, sur leur quantité d'eau, ensablement, etc.

Monseur Stourdza admettait avec moi que la Roumanie devait se montrer animée d'un grand esprit de conciliation, et par là contribuer de son mieux à résoudre la question. Et cela d'autant plus qu'à Buckarest on ne sauraH guère compter sur l'appui de l'Angleterre absorbée et génée par ses agissements en Egypte. Mais, disait-il, on ne peut céder sur tous les points, ou accepter des transactions condanmées d'avance par l'opinion publique de son Pays. Jusque ici le comte de Kalnoky avait évité de discuter les modifications suggérées par la Roumanie. II s'en référait purement et simplement au projet Barrère qui avait reçu l'adhésion des Puissances et des autres Etats riverains du Danube.

A son passage à Vienne, Monsieur Sturdza verra si le ministre impérial des Affaires Etrangères consentira à se préter sur quelques points à une révision du projet précité, afin qu'il réponde mieux aux règles de l'équité et aux dispositions des traités en matière de navigation fluviale.

Mais il m'a paru que le ministre roumaine n'avait qu'un mince espoir dans le succès de sa mlssion.

474

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, ZANNINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R.877. Pietroburgo, 18 gennaio 1883 (per. il 25).

Mi è pervenuto ieri il telegramma (l) col quale l'E. V. mi fa l'onore di comunicarmi un sunto dell'ultimo dispaccio di Lord Granville e dei suoi due annessi contenenti le proposte inglesi relative alle sorti dell'Egitto; e mi sono oggi recato dal signor de Vlangaly per chiedergli quale impressione questi documenti hanno prodotto sul governo imperiale di Russia.

S. E. mi ha risposto che per giudicare di questa comunicazione, la quale comprende tante parti diverse, converrà prendere qualche tempo e farvi sopra uno studio attento. Mi assicurò ciò nonostante che la sua prima impressione era assai favorevole alle suddette proposte che sembrangli impronte di molta moderazione. Essendo poi caduto il discorso sull'abolizione del controllo anglofrancese, aggiunse che giacché l'Inghilterra proponeva di mettere le Potenze europee sul piede d'eguaglianza, la Russia non aveva motivo di dolersene, né vedeva alcun interesse a sostenere le pretese che la Francia potrebbe affacciare per godere di una posizione speciale.

(l) Cfr. n. 468.

475

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA

D. 14. Roma, 20 gennaio 1883.

Col rapporto del 15 corrente mese {1), l'E. V. si è compiaciuto informarmi che l'aggressione sofferta dal R. console in Tripoli ha di nuovo destata l'attenzione di codesti circoli politici rispetto alla Tripolitania; e prevedendo il caso che tale argomento debba esser oggetto di colloquio con codesto ministro degli Affari Esteri, ella mi chiede istruzioni precise alle quali uniformare, eventualmente, il suo linguaggio.

Per quanto riguarda l'incidente del nostro console, l'E. V. avrà potuto rilevare, dai documenti diplomatici che le furono spediti, quanto esagerati fossero i telegrammi che pubblicarono alcuni giornali nel riferire i particolari. Il R. Governo lo considera come un incidente da trattarsi regolarmente colla Sublime Porta nelle ordinarie vie diplomatiche, colla fiducia che questa, nel suo stesso interesse, non esiterà a provvedere secondo giustizia, ed in modo conforme ai buoni rapporti che esistono fra due Stati.

Per quanto poi concerne la questione generale di Tripoli, qualora accadesse a V. E. di dover esprimere in proposito il suo pensiero, mi parrebbe che ella dovrebbe limitarsi ad enunciare questi due concetti: che la Tripolitania è, agli occhi nostri, nelle stesse condizioni di qualsiasi altra provincia dell'Impero ottomano; e che, qualora avvenimenti, che per ora non si possono prevedere, avessero a mutarne le condizioni politiche, l'Italia dovrebbe, in tale contingenza, inspirarsi, ai suoi interessi di Potenza mediterranea.

E poiché, tra le soluzioni che costì si darebbero a tale questione, s'ha pur quella, secondoché V. E. riferisce, di una occupazione francese, importa che il governo della Repubblica non si faccia illusione alcuna riguardo alle risoluzioni che potrebbero esserci imposte da eventuali suoi disegni su quella contrada.

476

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

Roma, 22 gennaio 1883.

D. 1408.

Con rapporto del 13 corrente, n. 1799 di questa seria (2), V. E., prendendo argomento da un cenno che le sarebbe stato fatto dal conte Kalnoky di un articolo del Bonghi, pubblicato nella «Nuova antologia» sui tribunali vaticani,

manifesta il fermo proposito di schivare ogni discussione sopra argomento di tale natura. Tale atteggiamento è interamente conforme alle intenzioni del governo del Re, ed alle dichiarazioni da esso ripetutamente fatte di considerare la questione delle guarantigie come spettante esclusivamente al nostro diritto pubblico interno.

Intanto, però, premendomi che la E. V. abbia un preciso concetto, per sua propria informazione e norma eventuale di linguaggio della opinione nostra circa questo delicato argomento, non le tacerò come agli occhi del R. governo apparisca assurda ed inaccettabile la dottrina dell'onorevole Bonghi. Questa infatti contraddice a se stessa, perché negare al Papa qualunque reale sovranità del territorio e sudditi, ed attribuirgli una giurisdizione qualunque essa sia, od ampia, od anche rispetto al solo contenzioso amministrativo, sono due termini inconciliabili. Certo, i rapporti gerarchici e disciplinari od interni di qualunque >pecie di amministrazione, pubblica o privata sfuggono alla competenza giudiziaria, ma i rapporti giuridici spettano al tribunale competente secondo la legge territoriale.

V. E. accenna pure opportunamente alla necessità che sia adoperata da noi ogni maggior cura per evitare incidenti che possano rimettere in campo la legge delle Guarantigie, e sollevare inutili e pericolose discussioni. E certo la massima prudenza ci è imposta dal desiderio costante della Santa Sede di suscitare imbarazzi al governo, e dalla disposizione che in questi ultimi tempi si palesò presso alcuni Gabinetti di prestare benevolo orecchio alle doglianze del Sommo Pontefice. E' pertanto intendimento nostro di procedere in questa via cauti e vigilanti, politica questa che, a dir vero, fu sempre praticata dal governo del Re dopo il nostro ingresso a Roma. Né l'incidente Martinucci-Theodoli porgerebbe una prova del contrario, poiché la controversia rimase circoscritta nella sfera del potere giudiziario, ed a essa fu intieramente estranea l'azione governativa.

(l) -Cfr. n. 469. (2) -Cfr. n. 465.
477

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 99. Vienna, 23 gennaio 1883, ore 17 (per. ore 17,55).

Comte Kalnoky m'a parlé aujourd'hui de la note anglaise, se montrant satisfait de la bonne impression qu'elle a produite aussi à Constantinople. II trouve qu'on pourrait s'entendre pour y répondre et faire ainsi connaitre favorable appréciation, faite par les Puissances, des dispositions que gouvernement anglais entend prendre pour assurer l'ordre en Egypte, sauf à se concerter ensuite par rapport aux propositions qui touchent aux intérèts des autres Etats. A ce propos Kalnoky, m'a demandé ce que V. E. pense de la disposition qui assujettirait également les étrangers aux impòts ainsi que sur les mesures proposées pour le canal et aussi sur la forme à donner pour les consacrer. Il a

au l'air de se montrer disposé à s'associer à nous là dessus, en vue de nos intérets particuliers éventuels. Je prie V. E. de me faire connaitre au plus tòt sa manière de voir sur ces questions spéciales ainsi que sur les autres qu'elle pourrait croire utiles (1).

478

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. 1365. Roma, 24 gennaio 1883.

Ho letto con particolare interesse le notizie che V. E. compiacevasi darmi con rapporto del 16 corrente mese n. 3181 (2) di questa serie sulla comunicazlOne fatta a codesto Gabinetto del dispaccio di lord Granville, relativo alle cose egiziane e sul probabile atteggiamento che il governo imperiale assumerà di fronte allo svolgersi della politica britannica di quella contrada. Ella conchiudeva, signor conte, con alcune assennate osservazioni sul partito che ormai deve considerarsi come il più saggio ed il più conforme ai nostri interessi di Potenza mediterranea; e non voglio frapporre indugio nel dichiararle che quelle considerazioni sono interamente conformi agli intendimenti del governo del Re.

Non è punto pensiero nostro di rispondere all'appello che, come ella giustamente accenna, il Gabinetto di Parigi ha indirettamente fatto all'Europa indicando la solidarietà degli interessi suoi in Egitto, e ben lungi dal creare ostacoli all'azione dell'Inghilterra, ogni nostra cura è diretta a secondare il Gabinetto di Saint James, ed a fare apprezzare il nostro concorso.

Ho quindi intiera fiducia che, nell'ulteriore sviluppo della questione eg!ziana la nostra azione si manterrà, come in passato, in piena armonia con quella spiegata dal governo imperiale, rimanendo così assicurato all'Europa un nuovo elemento di pace.

479

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. riservatissimo s. n. Parigi, 24 gennaio 1883 (per. il 29).

In mezzo alla commozione prodotta nel mondo parlamentare dagli ultimi avvenimenti succeduti in Parigi, sarebbe difficile di precisare quale debba essere la conseguenza finale; procurerò tuttavia di esporre all'E. V. la situazione quale mi appare· oggidì, non rispondendo che in questa atmosfera mutabile e turbinosa essa sia la stessa all'indomani.

La morte del signor Gambetta fu un colpo sensibile non dico per la Repubblica, ma per il governo repubblicano qual è attualmente costituito.

II signor Gambetta aveva molti seguaci ch'egli aveva ammaliati colla sua intelligenza ed il suo fare amabile, mentre esercitava un vero prestigio per la forza della sua eloquenza e col mantenere sveglio il sentimento del riacquisto per la Francia della sua antica influenza. Uno dei suoi meriti agli occhi di molti fu di non avere disperato della patria e di avere suscitato le ultime resistenze contro il nemico, le quali, se furono a detrimento materiale della Francia, dimostrarono però che in questo Paese sussisteva ancora un vigore che destava speranze per l'avvenire. Il tentativo di governo da lui fatto col gran ministero non essendogli riuscito, ciò diminuì la fiducia che in lui si aveva; egli conservò per altro molta influenza quantunque fosse disceso nelle file dei semplici deputati. Egli non dubitava, ed i suoi partigiani neppure, che fra non molto sarebbe salito di nuovo al potere.

Il signor Gambetta, a quanto pare, come risulta anche dalla sua prova ministeriale, non a v eva idee ben precise sull'arte del governo; egli si assimilava bensì con potenza le idee altrui, ma si abbandonava alquanto all'immaginazione, e sottostava ad influenze più utopiste che razionali. Tuttavia egli era autoritario ed il governo autocratico, sotto qualsiasi denominazione, sembra che fosse il suo ideale, come lo è in generale dei tribuni. Ed infatti da lunga mano egli si era preparati uomini a lui devoti nelle amministrazioni dello Stato e specialmente nell'esercito. Le sue idee contro i perturbatori erano ben conosciute, e si erano manifestate quanto propugnava una legge per la deportazione dei recidivi. Egli si aspettava a che ad un dato momento si sarebbe dovuto usare della forza, epperò apparecchiava i mezzi di repressione. Ma colla morte di lui è crollato quell'edificio preparato con singolare costanza, e nel suo partito non pare che vi sia un uomo atto a seguire il di lui indirizm. e si può ben dire che con Gambetta scompare uno dei più validi appoggi della forma attuale del governo repubblicano.

Un'altra grave perdita fece la Francia colla morte del generale Chanzy, sul quale il Paese faceva largo assegnamento come capo dell'esercito, e come capo dello Stato, ove la Francia avesse da attraversare difficili frangenti.

All'infuori di quei due uomini non se ne scorge uno che abbia avuto finora l'opportunità di acquistare grande autorità sopra i suoi concittadini. Epperciò le ambizioni rivali si contrastano per giungere al potere. Si va prognosticando sui giorni probabili di vita politica che rimangono ancora all'attuale presidente Giulio Grévy. Più d'un competitore è messo innanzi per la presidenza: fra altri il signor Clemenceau, il radicale moderato; il presidente attuale della Camera dei deputati, l'austero signor Brisson, giovane ancora, di modi riservati, ma poco conosciuto fuori dena camera. V'ha pure fra i candidati presidenziali il signor Léon Say ex-presidente del Senato. Questi è sostenuto dalla casa Rothschild colla quale egli ha strette attinenze.

Prima delle aspirazioni alla presidenza della Repubblica vengono quelle alla presidenza del Consiglio, come se questa fosse vacante. Si vanno già indicando i candidati a quella presidenza fra i quali il signor de Freycinet, il signor Jules Ferry, e parecchi altri. Il signor Ferry, che già coprì quella carica, si

dice essere il più impaziente di occupare quella posizione; egli ama il potere, è abbastanza energico, e si mostra a quanto si dice, disposto a reprimere vigorosamente i disordini; ma è poco amato.

Mentre queste combinazioni stanno agitandosi, nei recinti parlamentari e nei giornali, il signor Duclerc non si mostrava disposto ad abbandonare la presidenza; anzi, pochi giorni dopo la morte di Gambetta, egli mi disse che considerava come un dovere rimanere al suo posto finché un voto esplicito del Parlamento non lo costringesse a dimettersi. Egli si mostrò penetrato della gravità della situazione e soggiunse che avrebbe concentrato sull'interno della Francia tutta la sua attività, che avrebbe esitato di immischiarsi negli affari delle altre Nazioni, e che intanto avrebbe tutelato colla massima energia l'ordine pubblico contro gli assalti e contro le congiure dei perturbatori. Il signor Duclerc, a motivo della sua immensa fortuna, della sua retta condotta parlamentare, e della sua fermezza, esercita un'influenza innegabile sui partiti seri della Camera, bensì egli non sia oratore.

Ma il proclama del principe Napoleone ha creato nuove complicazioni e destato fra i deputati una sovraeccitazione che si manifesta con proposte di leggi di ostracismo, quale quella del signor Floquet che vorrebbe espellere dal territorio francese tutti i membri delle famiglie che regnarono in Francia.

Il ministero, che forse nel primo momento sarebbe stato disposto a nulla fare contro il principe, dovette cedere alle minaccie d'interpellanze, farlo arrestare, e metterlo in mani della giustizia. Quindi, per appagare in parte le passioni parlamentari e nello stesso tempo moderare la proposta Floquet, egli stesso presentò due progetti di legge, l'uno per restringere la libertà della stampa, l'altro per dare facoltà al governo di sfrattare senza giudizio i membri dell'ex famiglie regnanti. Questa legge è già qualificata da alcuni giornali repubblicani di legge dei sospetti.

L'emozione cagionata dal manifesto napoleonico venne accresciuta dalla voce sparsa d'un proclama del conte di Chambord che stava per essere pubblicato. Benché i fatti che dovevano accompagnare quel proclama fossero fantastici, tuttavia si assicura che vi ha qualche cosa di vero in quel progetto. Tutte queste circostanze esacerbarono ancora maggiormente le irritazioni, ed è perciò che nell'ostracismo del principe Napoleone si volle anche comprendere la casa d'Orleans. Ma questa è appoggiata dall'alta banca, e si vuole che il barone Alfonso di Rothschild si sarebbe recato dal presidente della Camera, signor Brisson, minacciandolo di fare calare la rendita se si toccava in qualche modo alla famiglia d'Orleans, e difatti egli determinò alla borsa sui fondi francesi un ribasso che tende a continuare.

Che cosa escirà da tutto quest'imbroglio sarebbe difficile il dirlo, imperocché le opinioni degli uomini più oculati sono assai contraddittorie.

Intanto si osserva un fenomeno degno di essere notato, ed è che il popolo dei dipartimenti e quello di Parigi non prendono la menoma parte a queste agitazioni che si concentrano nei tre o quattro mila politicanti che pretendono governare la Francia, e più specialmente nel parlamento.

Un ex-presidente del Consiglio repubblicano con cui io parlava ultimamente delle condizioni della Francia, mi diceva che i francesi oramai sono diventati apatici, non si vogliono battere fuori delle frontiere e meno ancora nell'interno del Paese, ed è il partito che suscita nelle tenebre le manifestazioni degli intransigenti come quella di Monceaux-les-Mines. Ma vi ha un fatto che sovrasta alla situazione e che può servire a spiegare molti fenomeni che si osservano, ed è che il Governo della Francia è dominato dall"alta finanza. Si lascia ai deputati la disposizione dei piccoli impieghi e la facoltà di esercitare un potere quasi arbitrario nei rispettivi dipartimenti, ma l'indirizzo generale della cosa pubblica è subordinato in gran parte alle combinazioni e speculazioni finanziarie. Vi ha inoltre un pericolo minaccioso che ognuno sente e paventa ed è l'instabilità del credito.

Da diverse persone molto addentro nelle cose di speculazioni mi viene assicurato che sulla piazza di Parigi esistono per circa cinque miliardi di franchi di azioni diverse che poggiano intieramente sul falso, esse sono tenute in equilibrio dai capi del mercato nello scopo di conservare qualche attività alle speculazioni della Borsa. Ma il menomo avvenimento può determinare il crollo che sarebbe assai più spaventevole e funesto del krak del signor Bontoux & C. Ed allora si farebbe palese come la fortuna pubblica della Francia si trovi concentrata nelle mani di pochi principi della finanza che hanno avviluppato nelle loro potenti reti le sorgenti principali della ricchezza della Nazione.

Intanto pare certo che in questo momento tutta l'alta finanza si agita in favore dei principi di Orléans. Il loro avvenimento al trono od al sommo potere sarebbe forse assai impopolare, imperocché, quantunque personalmente rispettabilissimi, essi sono considerati come i rappresentanti della borghesia opulenta; perché resta sempre presente alla mente delle popolazioni che il loro primo atto al loro ritorno dall'esiglio fu di richiamare un'indennità di quarantadue milioni al momento stesso in cui la Francia era schiacciata sotto le esigenze dei prussiani.

D'altra parte non v'ha dubbio che la leggenda napoleonica è quella che tuttora ha maggiori radici nella popolazione. Napole'One è sorto dal popolo e rappresenta per esso la democrazia coronata. Se il principe Napoleone ha pochi partigiani, non così il figlio di lui, imperocché per questo alla leggenda napoleonica si aggiunge quella di Vittorio Emanuele II, il nome del quale è ognora più popolare, poiché egli rappresenta agli occhi del popolo il sovrano generoso e disinteressato che in venti anni di lotte espose la sua corona e la sua vita per liberare il suo popolo che da più secoli gemeva sotto la tirannia degli stranieri. Ma il principe Vittorio è giovine, egli fa tuttora il suo volontariato in un reggimento di artiglieria, e finora non è stato mischiato a cose politiche. D'altronde, in vista dei timori e dei sospetti che si sono ridestati negli animi dei repubblicani, non pare che una ristaurazione o monarchica od imperiale sia probabile in questi momenti.

Acquietata che sia l'emozione causata dal proclama del principe Napoleone, e dalle mene sospettate legittimiste ed orleaniste, le cose ripiglieranno il loro andamento ordinario, senza che si possa dire quale sia per essere l'indirizzo di questo governo, nel quale i vari poteri sono troppo poco equilibrati, perché si possa assicurare un lungo avvenire ad un qualsiasi ministero, attese le intemperanze che di quando in quando fanno esplosione nella Camera dei deputati. Intanto le questioni più vitali per l'ordine interno del Paese rimangono in dubbio, come per esempio: l'ordinamento della magistratura, oggetto di tante proposte contraddittorie, e l'ordinamento stesso dell'esercito che è tuttora in quistione.

Ognuno sente che c'è qualche cosa da fare per dare al governo un assetto stabile; chi propende per il sistema degli Stati Uniti d'America; ma quel sistema è oppugnato da coloro che temono il federalismo e vedono al contrario nell'accentramento il modo più facile per governare. Intanto si cerca l'uomo energico ed influente abbastanza per dominare tutti questi elementi discordi e che possa far accettare nella costituzione i mutamenti propri a ponderare i poteri e ad evitare che la cosa pubblica sia messa a repentaglio da qualche momentanea frenesia come quella di cui abbiamo ora l'esempio.

Da noi non è a desiderare una restaurazione qualsiasi, poiché, viste le passioni reazionarie eccitate dalle ultime leggi contro il clero, è certo che questo, su cui la restaurazione dovrebbe in parte appoggiarsi, tenterà di ripigliare la sua influenza che si tradurrebbe certamente con delle molestie verso l'Italia a proposito del Papa.

Mi pare che a noi convenga stare in buoni rapporti amichevoli con questo governo qualunque siena gli uomini al potere, senza però prendere con esso alcun impegno politico, tale da compromettere la nostra libertà di azione. Esso, in questi momenti, evidentemente tiene alla nostra amicizia, e possiamo opportunamente valerci di queste disposizioni per il miglioramento del nostro commercio e dei nostri rapporti internazionali.

Al momento in cui do termine a questo rapporto mi viene assicurato che la casa di Rothschild faccia ogni sforzo per far naufragare il ministro sulle due leggi che ha presentate.

Il nuovo Gabinetto, che si vorrebbe sostituire al presente, avrebbe per capo il de Freycinet, ed il suo avvenimento avrebbe per risultato di fare differire indefinitivamente la legge d'espulsione dei principi e di riprendere le leggi sulla costruzione e sull'esercizio delle ferrovie\ per cui si aprirebbe un nuovo campo di larghe speculazioni e si porrebbeTo in balia di po'chi principi della finanza le arterie commerciali più importanti della Francia.

Nel dar termine a questo rapporto, non posso astenermi dal volgere uno sguardo all'Inghilterra dove rimasi tanti anni e di fare un mesto confronto tra la vertiginosa mutabilità delle cose in Francia, dove esistono tanti elementi di grandezza, e la .calma e la ponderate!Zza co'n cui si compiono nella Gran Bretagna gli atti più importanti per la cosa pubblica.

P. S. Questo rapporto era ultimato quando io vidi quest'oggi il signor Duclerc. Avendogli chiesto della crisi ministeTiale, sulla quale i giornali facevano ogni sorta di commenti, egli mi disse che il ministero non aveva dato le sue dimissioni e che anzi intendeva sostenere vigorosamente i principii dei progetti di legge da esso presentati in occasione del proclama del principe Napoleone. Il ministero era bensì vivamente combattuto, ed il partito radicale sembrava in questo momento avere il sopravvento nella Camera, ma si sperava che la calma si farebbe negli spiriti. Da quanto ho potuto scorgere si è molto incerti sulla possibilità di procedere contro il principe e sul tribunale al quale egli potrebbe essere deferito. Egli sarà certamente ad ogni modo espulso, ed ho luogo di credere che sarà imbarcato per l'Inghilterra.

Il signor Duclerc mi confessò che l'orleanismo rialzava il capo e le di lui mene si erano manifestate tosto dopo la morte di Gambetta.

L'Imperatrice Eugenia dovette ripartire questa mattina dietro, dicesi, i consigli del granduca Costantino suggeriti dal presidente della Repubblica. Pare che i bonapartisti volessero radunare in Parigi i personaggi più augusti del partito colla speranza di suscitare qualche agitazione.

Intanto gli affari che andavano già zoppicando, si vanno fermando, il lavoro manca agli operai, i diversi valori precipitano verso il ribasso, la miseria principia a comparire. Il signor Duclerc valuta a circa un miliardo di franchi la perdita cagionata dal ribasso.

Questa è senza dubbio una delle crisi più serie che abbia attraversato il governo della Repubblica.

(l) -T. 67 del 25 gennaio 1883, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 471.
480

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 1805. Vienna, 24 gennaio 1883 (per. il 4 febbraio).

La crisi che la Francia traversa in questo momento e che non conviene dissimularsi potrebbe avere per quel Paese le più inaspettate non lontane consegu~nze è ai miei occhi un fatto abbastanza grave per l'Italia da rendere necessaria da parte nostra la maggior attenzione nel tenere dietro all'impressione che quei possibili eventi produrrebbero sugli altri Stati, ed all'attitudine che a fronte di essi sarebbero per osservare que'i governi, coi quali la nostra politica ebbe a procedere in stretto accordo in questi ultimi tempi nelle quistioni d'interesse generale europeo.

Credetti quindi dover mio l'indagare colla maggior prudenza, e con quegli indiretti mezzi che mi so'no facilitati dalla mia lunga permanenza in questo Paese, quale sia realmente il pensiero a riguardo dell'avvenire della Francia di quei fattori predominanti nella politica del gabinetto di Vienna, di cui ben difficile sarebbe trovar traccia nel linguaggio della stampa o nelle ufficiali manifestazioni governative o parlamentari, e quì riferisco all'E. V. il risultato di tali mie indagini, che constata le impressioni, i desideri dell'oggi; ma che naturalmente non potrebbe essere un criterio assoluto per l'avvenire; i fatti in politica prevalendo sempre sui sentimenti personali dei Sovrani e degli uomini di Stato che li circondano.

La tenerezza per la repubblica in Francia siccome unica forma di governo atto a mantenere quel Paese in uno stato di debolezza che gl'impedisce di tentare la rivincita, professate con marcato· cinismo dal principe di Bismarck, non è affatto divisa a Vienna.

Qui si ritiene con ragione che la Repubblica a Parigi ove riuscisse ad effettivamente consolidarsi ed a far la Francia prospera e grande sarebbe di assai pericoloso esempio per l'Italia prima, e poi successivamente per gli altri popoli e ciò evidentemente non può piacere. Ma non meno poco gradita riesce qui l'esistenza di una Repubblica alla cui ombra stanno prendendo svolgimento le teorie socialiste e le passioni anarchiche, che propagate per intanto discretamente dal giornalismo anche nei Paesi dove la stampa è tenuta a freno da leggi assai severe già stanno facendosi strada ovunque e così pure in AustriaUngheria che ancora pochi anni or sono era terra del tutto refrattaria a simili perturbatrici tendenze.

Quindi è che non vi può esser dubbio che il ritorno della Francia al sistema monarchico sarebbe salutato qui con grande soddisfazione, senza trarre seco d'altronde soverchia apprensione di guerra, l'Austria-Unghe,ria facendo assegno sulla solidità dei vincoli che l'uniscono alla Germania per impedirne lo scoppio

Ben si comprende d'altra parte che difficilmente una monarchia potrà venir su dall'oggi al domani in Francia; e conviene pure constatare che nessuno dei tre partiti monarchici che si trovano colà a fronte gode di grande simpatia quì.

I napoleonidi sono indubbiamente quelli che meno riscuoterebbero simpatia in Austria ed anzi devo dire che il loro ritorno al trono produrrebbe qui spiacevolissimo senso. Essi sono considerati siccome dinastia assolutamente rivoluzionaria propugnatrice delle nazionalità e come tale invisa a chi fa della legittimità e dei principi che ne conseguono dogmi assoluti.

Gli orleanesi essi pure intinti della pece rivoluzionaria e professanti tutti sommo rispetto pel costituzionalismo nelle sue forme più dottrinarie anche non furono mai in alcun tempo benevisi alla corte di Vienna.

Restano i legittimisti che vogliono il ritorno del conte de Chambord «Le Roi » e questi neppure godono simpatia a questa corte, poiché si ha a malgrado tutto il convincimento che una Monarchia di quel genere in Francia non potrebbe più attecchirvi, tanto più che il conte di Chambord è troppo da vicino conosciuto a Vienna perché non lo si giudichi affatto al disotto' del compito che gli spetterebbe in tal evenienza.

La soluzione quindi più accarezzata sarebbe quella mercé la quale in conseguenza della rinuncia o della morte del conte di Chambord la corona venisse ad essere per diretta successione assunta dal conte di Parigi; questo battesimo di legittimità ch'egli riceverebbe cancellerebbe in lui il peccato originarid della rivoluzione, e si spera lo deciderebbe a regnare in maniera più conforme alle tendenze di chi desidera sia posto un freno al troppo veloce camminar della società, tanto più s'egli non avesse a cingere la corona che dopo un periodo più o meno lungo di preparazione del terreno in Francia.

Questa fase di preparazione si è adunque quella che per intanto verrebbe salutata qui con vera soddisfazione. Invano si è sperato vederne sorgere l'aurora allorché fu chiamato alla presidenza il maresciallo Mac-Mahon e parole assai significanti anzi mi furono dette a quell'epoca da chi nei successivi mutamenti dei ministri, conserva gelosamente le tradizioni della politica dell'Impero.

Grande assegno ebbe a farsi poi il giorno in cui morì Gambetta sul generale Chanzy; morto anche questo le speranze non sanno più su chi concentrarsi, ed in difetto d'altri gli occhi si volgono sul duca d'Aumale che raccogliendo attorno a sé, a quanto si crede qui, molte simpatie nell'esercito potrebbe mercè questo, e coll'appoggio per intanto degli uomini d'ordine di tutti i partiti, e di quella sempre versatile borghesia in cui il bisogno! di prosperità materiale è predominante, stabilire un ordine di cose in Francia tale da condurre più tardi senza gravi scosse un regime che permetta il compimento di quella soluzione che, come dissi, più d'ogni altra sarebbe vagheggiata quì.

Non devo poi anche tacere che tenendo discorso di tutto ciò fra le altre persone con una che essenzialmente era in grado di illuminarmi in proposito, questa mentre mi diceva marcatamente che il principe di BLsmarck si era posto su di una falsa strada sin dall'epoca del processo Armim, in conseguenza dell'accecamento che sempre le ire personali producono su di lui, aggiungeva che però vicino poteva essere il momento in cui dovrebbe decidersi a mutar linea di condotta.

Le informazioni contenute in questo mio rapporto essendo state attinte alle più sicure fonti e contenendo anzi frasi testuali di discorsi fattimi recentemente giovami pregare l'E. V. a volerle tenere siccome riservatissime.

Credo poi non inutile d'aggiungere che per intanto ho ogni ragione di credere si sospenderà di procedere alla nomina di un successore al coonpianto conte Wimpffen volendosi prima vedere meglio chiarita la situazione in Francia, per mandarvi poi allorché ciò si verificherà un personaggio che meglio vi sia adatto; tale almeno parmi sia l'intendimento del conte Kalnoky che però dicevami il trovar ambasciatori capaci non essere cosa facile.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

T. 70. Roma, 25 gennaio 1883, ore 12,40.

Nous nous trouvons désormais engagés avec Berlin et Vienne dans un échange de vues au sujet de la note Granville sur l'affaire égyptienne. Mais nous oavons déjà pu constater que l'impression, en général, e1lt bonne. Je pense que nous allons, en attendant, bientòt déclarer au Cabinet britannique que nous acceptons en principe les vues générales énoncées dans la dépèche Granville, sauf à nous entendre SIUr les détails, et particulièrement sur les points où un accord parait au Cabinet britannique devoir intervenir entre les Puissances, et avec réserve aussi d'un examen des propooSitions spécifiques ultérieures promises dans la note de Granville. Dans le cas, d'aiHeurs, où nous devrions, à cet égard formuler des observations, ce serait à Londres que nous nous adresserions pour avoir d'abord des éclaircissements.

482

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DDEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 1806. Vienna, 25 gennaio 1883 (per. il 4 febbraio).

Chiudevo il mio rapporto del 14 corrente n. 1800 (l) relativo ane voci poste in giro intorno alla possibilità che il conte Kalnoky avesse a ceder d posto di ministro degli Affari Esteri al conte Andrassy coll'osservazione -:he l'improvvisa gita fatta dal ministro a Pest, aveva dato maggior consistenza a quella diceria.

A complemento di tali informazioni ed anche a conferma di esso, se non vado errato, pregiomi riferire all'E. V. che l'indomani del giorno in cui

S. E. aveva fatto ritorno a Vienna persona altamente autorizzata dicevami aenza essere da me interrogato queste pre•cise parole:

«Il conte Kalnoky è tornato molto contento del suo breve soggiorno a Pest fu ricevuto dall'Imperatore ed ebbe lunghi e ripetuti colloqui col conte Andrassy che furono soddisfacentissimi per lui».

A me pare evidente che ciò voleva dire che il dissenso manifestatosi tra il conte Andrassy ed il conte Kalnoky si era appianato mercé le reciproche spiegazioni ch'essi ebbero a darsi auspice Sua Maestà.

Da quel giorno i giornali non fecero più parola dell'eventuale ritiro del conte Kalnoky la cui posizione si trova di nuovo essere 'se non solidissima tale almeno da non far prevedere possa pel momento subire troppo frequenti scosse.

In quanto a noi non possiamo se non desiderar che l'attuale ministro resti al potere poiché se egli non ha forse tutto quell'ascendente sull'Imperatore, che spiegato a tempo opportuno avrebbe potuto fargli evitare scogli contro cui ebbe ad urtarsi e che pel contraccolpo ci furono assai nocivi; certo si è ch'egli è uomo col quale in ogni occasione è aggradevole il trattare anche le questioni le più spinose; ed inoltre diciamolo pure, è ministro che ha meno ritegno di un altro a coltivare ne'l ben inteso interesse del suo Paese buone relazioni coll'Italia, tutto il suo passato che le sue ben note personali tendenze dandogli la ·certezza che della sua azione politica in ta1 maniera non gli si potrà fare appunto accusandolo .di simpatie conseguenze di vecchi amoreggiamenti coi liberali.

483

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3186. Berlino, 26 gennaio 1883 (per. il 4 febbraio).

On se demande quel motif pressant a pu engager le prince Napoléon à rompre brusquement le silence qu'il gardait dans ces dernières années, pour lancer son bruyant manifeste. Le parti bonapartiste profondément divisé

depuis la mort du prince impérial e5t moins prèt que jamais à devenir un parti de gouvernement. L'héritier de Napoléon re' et de Napoléon III, comme il s'intitule lui-mème, a-t-il voulu rallier autour de lui ses troupes un peu débandées en arborant tout-à-coup le drapeau de l'appel au peuple? Prenait-il au sérieux ceux qui s'évertuaient à démontrer que les forces vitales manquent à la République depuis la disparition de M. Gambetta? Ou bien a-t-il voulu devancer la prochaine venue du «Roi » annoncée par de trop zélés légitimistes avec une ardeur qui en se prolongeant devient monotone.

Aucune de ces suppositions ne jctte beaucoup de jour sur ce sujet. Ici on s'accorde assez à dire que la brusque apparition de ce revenant qu'on appelle l'Empire, a toutes les apparences d'un coup de tète. Il n'avait réveillé aucun enthousiasme; personne n'était inquiet.

Mais, par sa conduite, le gouvernement a donné au manifeste une importance que l'opinion publique tout d'abord ne lui attribuait d'aucune façon.

Le prince de Bismarck estime que le ministère aurait df.t se borner à faire escorter hors la frontière l'auteur du manifeste, au lieu de l'enfermer à la conciergerie, et de présenter à la Chambre des projets de loi qui risquent fort d'amener le désarroi de la majcrité républicaine et de provoquer une crise ministérielle. La mesure d'expulsion eut été parfaitement justifiée, car un gouvernement légal, quel que soit son nom, ne peut et ne doit permettre qu'on attaque le pouvoir dont il a la charge et la responsabilité.

Ce qui préoccupait le plus le chancelier de l'Empire, c'était la baisse sur toutes les valeurs de la bourse à Paris.

D'après certains indices, l'impulsion partait de la Maison Rothschild très dévouée aux d'Orleans. Il s'agissait d'un stratagemme pour agiter et inquieter le Pays et préparer les chances du due d'Aumale à la présidence, comme transition à un rétour à la Monarchie.

Il parait un peu risqué d'admettre un semblable calcul chez les Rothschild. Ce serait jouer trop gros jeu. Mais à l'occasion de ce bruits, le prince de Bismarck tout en répétant qu'un changement de forme de gouvernement au delà des Vosges rapprocherait le moment de la revanche, ne croyait pas que la République ff.tt déjà expirante. Seulement elle a reçu un rude choc. Si le gouvernement ne parvient pas à reconstituer une forte majorité, à faire cesser un affolement inexplicable, la République livrée à ses passions, abandonnée par les éléments conservateurs pourrait passer au jacobinisme et devenir un danger pour elle-méme et ses voisins.

(l) Cfr. n. 466.

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IL MINISTRO DELL'AGRICOLTURA, INDUSTRIA E COMMERCIO, BERTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

Nota 2534. Roma, 27 gennaio 1883.

Ho ricevuto la nota (2) colla quale l'E. V. mi comunica l'accettazione di un delegato di questo ministero a segretario della missione ufficiale da in

viars1 m Abissinia, ed espone nello stesso tempo il programma della missione medesima. Siffatto programma enunciato nelle sue linee generali, dovendosi, come giustamente osserva l'E. V., lasciare al capo della missione una certa latitudine per regolarsi secondo le circostanze, è senza dubbio informato ad uno scopo pratico, e, se si riuscirà a mandarlo ad effetto, ne trarrà non lieve vantaggio l'avvenire commerciale del nostro Paese. Ond'è che, per quanto si riferisce ai servizi attribuiti a questo ministero, dichiaro di approvarlo completamente, !imitandomi soltanto ad alcune brevi osservazioni, come esplicazione ai concetti da V. E. enunciati.

Secondo il mio avviso, tre punti specialmente dovrebbe la nostra missione avere di mira nel condurre le trattative commerciali col Sovrano di Abissinia e ciò senza pregiudizio delle condizioni generali, relative alla sicurezza delle persone e dei beni, solite a stipularsi in simi1i casi, massime trattandosi di Paesi che non hanno ordinamenti civili né legge scritta.

1° -Libera entrata, senza preventivo permesso, nell'Impero etiopico, e facoltà di recarsi e dimorare in qualsiasi parte di esso, ed esercitarsi il commercio Q l'industria, a favore di tutti i cittadini italiani.

2° -Esenzione da ogni diritto doganale e da visita al confine, tanto all'entrata che all'uscita, dei bagagli, merci e arnesi d'ogni sorta di proprietà dei cittadini italiani.

3° -Concessione agl'italiani di poter divenire proprietari del suolo, stabilendo inoltre delle garanzie per sottrarli a qualsiasi contributo arbitrario da parte dei governatori delle provincie, o dei Sovrani tributari.

È evidente che, se vuolsi che il Negus Giovanni accolga in tutto o in parte le nostre domande, bisogna offrirgli o rpromettergli in cambio qualcosa di equivalente. La parità di trattamento sarebbe un compenso poco apprezzabile, se dovesse applicarsi soltanto alle relazioni dei sudditi del Negus con l'Italia. Ma siccome noi siamo in grado di offrire all'Abissinia uno sbocco sul mar Rosso, nel nostro possedimento di Assab, e libertà e sicurezza di commerci alle carovane che recano i prodotti dei paesi Gallas, non manca perciò una base sufficiente per indurre quel Sovrano a consentire alle nostre legittime domande. Ed a questo proposito credo dover sottoporre all'attenzione dell'E. V. un mio intendimento. Una delle maggiori difficoltà da superare, onde aprire di fatto ai commerci lo scalo di Assab, è la esplorazione del territorio che intercede fra questo e i confini orientali dell'Abissinia. Una tale esplorazione, assai malagevole per privati individui, come lo provano gl'insuccessi subiti da chi l'ha tentata, sarebbe senza dubbio di facile esecuzione e avrebbe effetti duraturi, se intrapresa dall'Imperatore d'Etiopia o sotto la sua immediata protezione. Questo Potentato, cui non ripugna di allargare i confini del suo Impero, potrebbe forse venir persuaso dei vantaggi che egli avrebbe nell'estendere il suo alto dominio verso oriente, sino ad incontrare il territorio sottoposto ad un Sovrano amico, cioè a S. M. il Re. Sembra al sottos,critto che un gran passo si sarebbe fatto per favorire l'avvenire commerciale di Assab, quando immediatamente ad ovest di quel nostro possedimento si

32-Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XV-XVI

entrasse sotto la protezione del Sovrano d'Abissinia. Parmi quindi che la missione ufficiale abbia ad aver di mira anche quest'obiettivo, che a me basta di avere segnalato all'alto apprezzamento dell'E. V.

Reputo da ultimo necessario che, dovendo l'incaricato di questo ministero essere il segretario della missione, abbia compiuta notizia delle istruzioni che l'E. V. sarà per impartire al capo della missione stessa, e a tal fine prego l'E. V. di volermele a suo tempo comunicare (1).

(l) -Ed. in LV 66, pp. 137-138. (2) -Non pubblicata.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3189. Berlino, 28 gennaio 1883 (per. il 4 febbraio).

D'après votre télégramme du 25 janvier (2), il résulte que jusque à cette date M. de Keudell ne vous avait point encore fait la communication annoncée sur l'Egypte. Peut-étre aura-t-il attendu que V. E. entràt en matière pour provoquer une échange de vues. Mais à l'heure qu'il est, il aura sans doute rempli ses instructions.

C'est ce que vient de me dire le secrétaire d'Etat. Au reste, ajoutait-il, le Cabinet de Berlin continue à se déclarer favorable en principe aux idées générales énoncées dans la dépéche anglaise. Camme nous aussi, il se réserve les observations de détail et un examen des propositions spéciales promises dans ce document. Le comte de Hatzfeldt évitait de se prononcer dès à présent en ce qui concerne le canal de Suez. Aussi n'a-t-il rien voulu préjuger lorsque je lui laissais entendre que nous aurions probablement à présenter quelques remarques sur la manière de régler cette question, et qu'à cet effet il serait peut-étre indiqué que l'accord s'établit par un acte international, que la tàche de veiller à son exécution, surtout en temps de guerre, fU.t dévolue aux différentes Puissances intéressées.

Si le secrétaire d'Etat se montrait très réservé sur le fond de la question, il m'exprimait combien il était satisfait de voir que nous nous appliquions, camme par le passé, à marcher d'accord avec l'Allemagne, avec le but essentiel de fortifier les éléments de paix en Europe.

A propos des garanties à fixer pour la navigazion du canal de Suez, qu'il me soit permis d'émettre quelques considérations.

Le système anglais se résume dans la liberté absolue du transit en temps de guerre comme en temps de paix, à la condition qu'aucun acte d'hostilité, ni direct ni indirect, ne pourra ètre accompli ni dans le canal ni dans le voisinage de ses embouchures. Cependant la dépéche de lord Granville ajoute un détail qui a bien son tmportance: c'est que l'Egypte sera chargé de veiller à l'observation de ces règles, en d'autres termes ·c'est elle qui aura la garde du

canal et qui en fera la police. Or dans la situation qui est faite pour un temps indéterminé au Khédive et avec une armée commandée en grande partie par des officiers anglais, ce sera en définitive l'Angleterre qui sera chargée de protéger la neutralité du passage, tandis que de Perim et d'Aden, camme de Malte et de Chypre elle en surveillera les abords. Autant vaut dire qu'elle en sera la maitresse incontestée, et qu'elle ne respectera les règles de neutralité qu'autant qu'elle le voudra bien. Mais comment faire pour empecher la première Puissance maritime du monde d'exercer une autorité préponderante sur un bras de mer dont elle tient déjà les deux parties, en meme temps qu'elle est à peu près maitresse du pays à travers lequel il est creusé, sans meme parler de l'influence financière qu'elle a su acquérir en devenant le plus gros actionnaire de l'entreprise?

Je ne vois donc pas trop, si désirable qu'il soit de se prémunir contre une pareille situation comment on pourrait y parvenir d'une manière pratique. Cette situation resterait la meme si un traité formel était conclu entre les Puissances dans le sens du télégramme précité de V. E. Nous convient-il d'en suggérer nous memes la stipulation au risque de froisser le Cabinet de Londres, et sans etre certains de l'assentiment des autres Puissances?

Il nous importe au contraire de nous ménager les meilleurs rapports avec le Grande-Bretagne surtout après que la France a si nettement démasqué ses calculs de réduire l'Italie à un r6le des plus modestes dans la Méditerranée. Si nous savons manouvrer habilement nous pourrons retirer quelque bénéfice de la position respective des deux Puissances occidentales en suite des derniers événements en Egypte.

Il faudrait des motifs plus graves que ceux qui existent aujourd'hui rpour amener une guerre entre ces Puissances.

Mais il n'y a pas à douter que les relations amicales qui subsistaient, superficiellement au moins, entre elles ont pris fin en faisant place à un sentiment de défiance réciproque. L'Angleterre doi t se préparer à rencontrer dans toutes les questions de haute politique la malveillance et l'opposition de la France. Avec l'opiniàtreté et la rancune habituelle 'Chez ceux qui ont tort, les français après avoir refusé leur concours se disent convaincus du bien fondé de leurs griefs contre les anglais parceque ceux-ci ont à eux seuls pris possession de l'Egypte. Dans ces conjonctures, notre appui sera d'autant plus précieux à Londres, et nous ménagerons peut-etre quelque occasion propice de servir nos intérets maritimes. En tout cas nous serons prémunis contre une extension plus grande de la France dans les régions africaines.

Cette politique se concilie parfaitement avec le maintien de nos rapports amicaux avec l'Allemagne et l'Autriche. Au reste, le meilleur moyen de gagner le vote de l'Allemagne en ce qui touche nommément l'Egypte, c'est toujours de s'assurer préalablement celui de Vienne.

Je remercie V. E. d'avoir bien voulu par sa dépeche du 25 janvier (1), approuver quelques considerations indiquées dans mon rapport du 16 n. 3181 (2).

(l) -Non pubblicate. (2) -T. 68, non pubblicato. (l) -Cfr. n. 471. (2) -Cfr. n. 478.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3190. Berlino, 29 gennaio 1883 (per. il 4 febbraio).

Hier dans ma visite au secrétaire d'Etat, j'amenais la conversation sur l'accueil si amicai et méme si démonstratif reçu à Vienne par Monsieur de Giers. A en juger par ce qui parait au dehors, on devrait admettre qu'il a laissé et emporté les meilleures impressions. Monsieur de Hatzfeldt se déclarait sans aucune nouvelle à ce sujet et ne pouvait dès lors se prononcer d'une manière quelconque. Camme je tenais cependant à le faire sortir un peu de sa réserve, j'émettais la supposition qu'à en juger par certaines publications au début du voyage du ministre des Affaires Etrangères de Russie, il ne s'agissait probablement que d'un resserrement des liens d'amitié entre St. Pétersbourg et Vienne et non d'une alliance proprement dite. « Je n'en sais rien, repliquait S. E.... mais on voit arriver tant de choses ».

Je me bornais à laisser entendre que si des modifications s'opéraient sur I'échiquier des alliances, je ne doutais pas un seui instant que l'Italie en serait et devrait méme eu étre informée eu temps utile.

Le secrétaire d'Etat n'a rien ajouté, et je n'ai pas cru convenable d'insister. Néanmoins sauf preuve contraire, il parait assez invraisemblable que les pouparlers entre le comte Kalnoky et Monsieur de Giers aient obtenu un résultat si complet. Le silence gardé par les journaux officieux allemands après une tentative bientòt réprimée pour remettre sur le tapis les préparatifs militaires de la Russie, démontrerait jusqu'à un certain point qu'ici dans les régions officielles on est plutòt rassuré sur la portée de ce voyage. L'Autriche, il y a quelques semaines, a été trop bien avertie, lors méme que ce fut, eu voie indirecte, pour ètre tentée d'entrer . en sérieuses coque.tteries avec la Russie. Du reste en ce moment nous sommes bien loin du temps où le Général Skobelev prononçait à Paris son fameux discours revu et corrigé par M. Gambetta et dans lequel on donnait au peuple russe le mot d'ordre « guerre à l'Allemand ». Aujourd'hui Monsieur Kalkov lui-mème, le représentant du vieux ·parti russe et l'ami personnel du Tsar, publie dans la Gazette de Moscou des articles d'un style nouveau. Ils respirent la plus entière confiance dans l'amitié séculaire de la Prusse et dénoncent presque camme un acte de haute trahison tout ce qui tendrait à troubler des rapports si touchants et si doux! D'ailleurs .ce n'est pas de còté de la France livrée plus que jamais à la confusion des partis, que le Cabinet de St. Pétersbourg trouverait un appui. Il a compris que le moment n'était pas encore venu de parler haut près de l'autre du lion allemand. De son còté Monsieur de Saburov tient le langage le plus doucereux.

Il n'est pas moins évident que soit le comte Kalnoky, soit surtout M. de Giers se seront appliqués à rendre plus facile sur des questions spéciales Montenegro, Danube, Serbie, Bulgarie, Rumélie Orientale, Bosnie-Herzégovine -les relations des deux Empires, et à prévenir par des ménagements réciproques, le casus toederis que le prince de Bismarck a stipulé eu 1879 avec l'Empereur François Joseph et ses ministres. Peut-etre que l'observation du comte de Hatzfeldt était dictée par un certain sentiment désagréable de voir l'Autriche s'émanciper un peu, et trop se rapprocher, en apparence du moins, de la Russie, de manière à provoquer des commentaires chez le gros public.

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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2528. Costantinopoli, 29 gennaio 1883 (per. il 6 febbraio).

Facendo seguito al rapporto che ebbi l'onore di rivolgere alla E. V. il 26 del presente n. 2527 (1), m'occorre di riferirle alcune ulteriori nozioni sull'argomento, che vennero indi a mia conoscenza.

Fu il signor ministro degli Affari Esteri che prese l'iniziativa dell'affare, significando al primo ministro, secondo gli esistenti accordi, essere venuto il tempo d'intendersi coi rappresentanti delle grandi Potenze in ordine alla nomina del governatore del Libano oppure alla conferma di Rustem pascià. Il primo ministro ne fece rapporto a S. M. il Sultano, il quale mandò senza indugio alla Sublime Porta l'istruzione di convocare i rappresentanti delle Potenze affine di notificare ad essi avere S. M. presa la risoluzione di confermare Rustem pascià nella carica di governatore del Libano. Il signor ministro degli Affari Esteri aveva quindi avuto l'intenzione di riunirei il 29 corrente, se non che, il signor ambasciatore di Francia, tostoché ebbe contezza dell'intendimento di S. A., mandò a pregarla differisse la convocazione di alcuni giorni, alla quale domanda aderiva il signor ministro.

E finora non sono che i rappresentanti d'Inghilterra e di Francia che hanno istruzioni sulla quistione. L'incaricato d'affari d'Inghilterra ha l'ordine di appoggiare la conferma di Rustem pascià, e credo abbia già fatto delle pratiche in questo senso presso la Sublime Porta. L'ambasciatore di Francia si mostra fortemente avverso alla conferma di Rustem pascià, allegando essere contrario allo spirito degli accordi esistenti di prolungare soverchiamente i poteri di S. E. Gli altri rappresentanti non hanno istruzioni epperò mantengono una assoluta riserva. Delle quali notizie ebbi l'onore di dare avviso telegrafico all'E. V. il 29 corrente (2).

488

IL CONSOLE A SCUTARI, DE REGE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

H. 42. Scutari, 29 gennaio 1883 (per. l'8 febbraio).

In una lunga visita fattami ieri, Riza Bey, ministro turco a Cettigne, mi parlò assai distesamente della pendente questione dei confini e non mi nascose le sue inquietudini sulle conseguenze che potrebbe avere per la Turchia la non riuscita dei recenti accordi.

Da un Iato, egli non può dissimularsi che il mantenimento di Abdi pacha a capo di questa provincia e la concentrazione anzi in sue mani dei poteri civili e militari (opera, diss'egli di Dervish pacha) dimostra la prevalenza al palazzo di Jldiz, di veiieità di resistenza affatto in opposizione cogli ordini ed istruzioni che la Porta diede a lui, Riza Bey ed a Bedri Bey, commissario.

D'altra parte egli sospetta che il Montenegro abbia aderito ad un tracciato a se meno favorevole deiie frontiere, unicamente per darsi il facile merito della arrendevolezza e coiia segreta speranza che il malvolere dei montanari sostenuto e incoraggiato sottomano da Abdi pacha, strumento delia politica d'JIdiz Kiosk, impedisca la consegna dei territori nel breve termine fissato di quindici giorni, dopo i quali il principato riprenderà la sua libertà di azione e ritornerà alla pretesa che la nuova frontiera debba essere quella fissata già dai commissarii delle Potenze.

Ora questo appello al tracciato deiie Potenze sembra a Riza Bey tanto plù pericoloso perché, con esso la Turchia dovrebbe perdere una striscia di territorio di circa un kilometro di profondità e, quel che è peggio, portare il confine suiie creste deiie coiiine dei Tusi anziché tenerlo nella sottostante pianura, con gravissima sua jattura dal punto di vista strategico. Altro inconveniente che presenterebbe per la Turchia la linea delle coiiine, sarebbe questo che i montagnoli, già poco disposti a cedere una parte delia pianura contestata dove trovano i migliori pascoli ai loro bestiami, lo sarebbero tanto meno a perdere la pianura stessa in totalità ed è probabile che farebbero a questa cessione ben più gagliarda opposizione che non alla prima.

Di che conchiudeva il mio interlocutore essere sommamente desiderabile che la Porta mettesse oggimai da banda ogni tergiversazione e, per lo suo migliore, facesse ora un sacrifizio che, fra qualche giorno, non sarebbe più giudicato bastevole.

Mi domandava poi la mia opinione sul da farsi per vincere l'opposizione dei montanari.

Ed a ciò io risposi che, agli occhi di questi ultimi, il solo e vero rappresentante del Sultano essendo il Vali, le parole di questo hanno per essi ben altro valore che non quelle di Bedri Bey o di qualunque altro funzionario turco; che quindi, a mio credere, prima condizione per indurii a sottomettersi sarebbe che la destituzione di Abdi venga a provar loro in modo palpabile che costui ha cessato di essere l'interprete e organo delia sovrana volontà. Finché essi vedranno al potere queii'Abdi che più o meno apertamente incoraggia la loro resistenza, crederanno sempre che questa è voluta dal Sultano, né varranno a smuoverli gli argomenti in contrario senso.

(l) -Non pubblicato. (2) -T. 112, non pubblicato.
489

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1809. Vienna, 31 gennaio 1883 (per. il 4 febbraio).

Essendo ieri giorno del solito ricevimento del conte Kalnoky dopo di aver

seco lui tenuto discorso di vari affari in corso l'interrogai colla voluta misura intorno alia recente visita a Vienna del signor de Giers.

S. E. risposemi la situazione politica non essere di natura a prestarsi a grandi combinazioni politiche colla Russia i sentimenti retti e concilianti di cui è animato il ministro degli Affari Esteri di Russia essergli ben noti fin dall'epoca in cui ebbero a trovarsi in continuata relazione a Pietroburgo il governo italiano aver d'altronde avuto campo di apprezzarli anche dal suo canto, durante il soggiorno recentemente fatto in Italia da quell'uomo di Stato.

Entrando in qualche maggior particolare il conte Kalnoky dicevami che nei suoi ripetuti colloqui col signor de Giers furono toccate le varie questioni che interessano i due Stati nella penisola dei Balcani; ma che essenzialmente le loro conversazioni si aggirarono sulla questione danubiana e sugli affari d'Egitto.

Per quanto ha tratto alla questione danubiana credo opportuno fare oggetto di speciale rapporto le cose dettemi dal conte Kalnoky. In quanto agli affari d'Egitto, S. E. manifestavami che il signor de Giers si mostrava seco lui poco soddisfatto dell'attitudine preponderante assunta in quelle regioni dal governo britannico; senza però nulla precisare il suo linguaggio a quanto egli dicevami accennava più al desiderio d'indagare se la Russia troverebbe il concorso di altre Potenze nel contrastare l'azione dell'Inghilterra in Egitto che a formolare proposta qualsiasi a fronte della situazione del momento. Evidentemente tali entrature non potevano trovare favorevole accoglienza presso il Gabinetto di Vienna che ·come l'E. V. ben sa, si mostra in questo momento assai bene disposto pel Gabinetto di Londra.

Come conclusione del suo discorso S. E. aggiungevami quasi per fissare la impressione ch'egli desiderava mi formassi del risultato del soggiorno a Vienna del signor de Giers ch'« essa vi aveva lasciato il tempo che vi aveva trovato'> parole stesse dettemi al riguardo la sera prima dall'altro ministro comune dell'Impero signor di Kallay e che quindi mi sembrano caratterizzare assai bene la vera situazione. S. E. non mancava però di soggiungere che evidentemente le intime e cordiali conversazioni da lui avute col ministro dirigente la politica dell'Impero russo, sono pur sempre un fatto di natura a produrre buone conseguenze.

Riservandomi di riferire all'E. V. quel tanto che su quest'argomento potrebbe ancora pervenire a mia conoscenza per altre vie...

490

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3191. Berlino, 1° febbraio 1883 (per. il 7).

En me référant à mon rapport n. 3182 du 18 janvier échué, j'ai l'honneur de transmettre quelques nouveaux détails confidentiels sur l'entretien entre le prince de Bismarck et M. Staurdza, ministre des Affaires Etrangères de Roumanie.

En repassant l'histoire de ces dernières années, le chancelier expliquait pourquoi l'alliance avec l'Autriche était devenue une nécessité. En 1878, le comte Suvalov venait chez lui pour déclarer que la Russie se trouvant dans l'impossibilité de continuer la guerre; le Tsar comptait sur l'amitié de l'Allemagne pour le rétablissement de la paix moyennant le congrès appelé à régler dans une pensée d'ordre européen les questions soulevées en orient.

Le concours du Cabinet de Berlin n'a certes pas fait défaut et il a contribué de son mieux à faciliter et à amener une entente. Bien loin de le reconnaitre, le gouvernement russe ne tardait pas à se lancer dans la voie des récriminations.

II existe ici dans les archives des lettres de l'Empereur Alexandre II, et qui seront publiées un jour, écrites sur un ton arrogant, presque impérieux comme s'il appartenait à la Russie de diriger l'attitude de l'Allemagne.

«Depuis Pierre-le-Grand, la Russie ne reve que conquetes. II en est de meme de la France, depuis Louis XIV.

L'Allemagne devait chercher sur le continent un allié sùr, lorsque la Russie dénonçait elle-meme son alliance et qu'on ne pouvait se fier à la France. Telle est l'origine des accords pris avec Vienne en 1879, et qui forment la clef de voute de toute la politique allemande vouée entièrement au maintien de la paix, et à se prémunir en meme temps contre toute agression.

Nous entedons maintenir ce programme. C'est là aussi la ferme intention de l'Empereur François-Joseph. Ce qui n'empeche pas que je juge les autrichiens tels qu'ils sont. Je les ai connus de près durant ma mission de quelques années à Francfort. II y deux choses auxquelles ils n'ont jamais reussi:

1° à s'attirer des sympathies;

2° à tenir suffisamment compte des intérets d'autrui.

Le Congrès de Berlin leur a dévolu l'occupation et l'administration de la Bosnie et de l'Herzégovine. Ils sont embarrassés du don de ces provinces, parcequ'ils n'ont pas su s'y prendre avec habilité. Ils font en ce moment une assez mauvaise politique en Serbie. II est possible qu'ils agissent de meme avec la Roumanie. Je le regretterais, mais je ne puis changer ni le caractère, ni l'esprit des hommes. D'ailleurs, je ne saurais perdre un seul instant de vue l'objectif principal de ma politique, qui est invariablement l'alliance avec l'Autrice.

Nous ne sommes pas indifférents à la question du Danube; mais pour nous elle n'est pas moins d'un ordre secondaire en présence de l'intéret majeur que je viens de rappeler ».

Ce langage a une partie d'autant plus significative qu'il a été tenu après le passage à Berlin de M. de Giers et au moment où il arrivait à Vienne. Les relations avec la Russie pourront devenir plus amicales de part ou d'autre, mais une véritable alliance à trois ou avec l'un ou l'autre des Empires déjà engagés en 1879, doit, dans les conjonctures actuelles, etre placée dans le domaine des reves. Les critiques du prince de Bismarck contre les autrichiens, s'adressent peut-etre surtout en première ligne au comte Kalnoky qui ne jouit pas plus que san prédécesseur, de l'entière confiance de San Altesse, au mème degré que le comte Andrassy pour lequel an ·conserve toujours ici une vive sympathie. Mais ces critiques n'affaiblissent point, aux yeux du chancelier, les liens du mariage de raison contracté quand meme entre l'Allemagne et l' Autriche.

Je confie ce rapport à M. le comte Jacini appelé auprès de ses parents pour affaires urgentes de famille, et auquel aux ternes du règlement, j'ai accordé une court congé.

(l) Cfr. n. 473.

491

L'INCARICATO D'AFFARI AD ATENE, CANTAGALLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 443. Atene, 1° febbraio 1883 (per. il 6).

La commissione turco-ellenica, dicevami ieri il signor Trikupis, ha dato fine al proprio mandato anche per la collocazione dei termini sulla frontiera recentemente e definitivamente tracciata. Ciò fino a Cutra, che è quanto dire su tutta la lunghezza dell'arco entro il quale sono compresi i punti fin poco fa contestati. Ma non fu possibile ai delegati greci ed agli imperiali di continuare il lavoro nella sezione rimanente, cioè fino al fiume Arta, ostando la natura dei luoghi alpestri e l'inclemente stagione a che si procedesse con siffatta bisogna, la quale verrà poi ripresa alla vegnente primavera, e non sarà per offrire contestazioni o difficoltà di sorta se non materiali.

Fermate in tal modo le cose, e vista l'impossibilità di esercitare l'opera loro, i commissari dei due Paesi han voluto mettersi d'accordo per concertare quelle mutue concessioni che, in nome del suo governo, il signor Konduriotis era stato autorizzato per parte della Grecia a promettere, allo scopo di introdurre e stabilire all'amichevole ulteriori e non essenziali modificazioni del trattato (vedi rapporto n. 408 del 28 settembre ultimo scorso) (l).

L'intesa a questo riguardo non è riescita possibile, accampando i delegati turchi inammissibili pretensioni, per cui fu posto termine ad ogni discussione, né vi sarà più luogo a ritornar sopra siffatto argomento, dovendo l'opera testé compita rimanere assolutamente immutabile.

Duole al presidente del Consiglio che la malattia onde sono afflitti tanto il signor Saravas, primo delegato alla commissione internazionale creata in dipendenza dell'art. 9 della convenzione 24 maggio, che il signor Zanas, abbia impedito ad essi di recarsi a Larissa, ave li attende da lungo tempo la delegazione ottomana. Imperocché la leale esecuzione data dalla Turchia agli ultimi accordi presi a Costantinopoli lo impegni a dimostrarsi non meno pronto a dar atto agli obblighi suoi. Confida però che ambo quei funzionari potranno fra breve recarsi a compiere la propria missione.

(l) Non pubblicato.

492

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A COSTANTINOPOLI, CORTI, A LONDRA, NIGRA, A PARIGI, MENABREA, A VIENNA, DI ROBILANT, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, ZANNINI, E ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 88. Roma, 3 febbraio 1883, ore 23.

Je viens de dire à l'ambassadeur d'Angleterre que nous réservant de .aous prononcer d'une manière plus circonstanciée, en présence nommément des propositions concrètes que l'Angleterre ferait plus tard aux Puissances, nous sommes dès aujourd'hui en mesure de nous déclarer consentant en principe aux idées développées par lord Granville dans la circoulaire du 3 janvier au sujet de l'affaire égyptienne. Quant aux détails, j'ai dès maintenant ajouté que je venais de demander en ce qui concerne le régime actuel des impòts, et les vues de l'Angleterre pour la parification à cet égard entre étrangers et indigènes, un rapport spécial à notre agent au Caire. J'ai encore émis, mais sous la forme d'une simple idée, l'opinion, qu'il conviendrait de prévoir le cas d'application en temps de guerre des principes de la libre navigation du canal de Suez, et qu'à notre sens, il suffirait, à cet égard, d'établir la faculté, pour les Puissances, de se concerter au cas échéant, pour un service de police purement navale, tel qu'il avait réuni l'unanimité des suffrages dans la conférence de Constantinople.

(Per Londra) J'attacherais du prix à connaitre, le plus tòt possible, sur ce dernier point, l'avis du Cabinet britannique.

493

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, ZANNINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 882. Pietroburgo, 3 febbraio 1883 (per. l'11).

Il signor de Giers ha ripreso la direzione del ministero imperiale degli Affari Esteri. Mi sono oggi recato da lui, ed accogliendomi colla sua solita benevolenza mi ha poi specialmente incaricato di esprimerle, signor ministro, la sua gratitudine per le cortesie personalmente usate dall'E. V. a lui ed alla sua famiglia in Italia. Si è mostrato molto soddisfatto dei giorni passati nel nostro Paese ed ha anche attribuito nel corso della conversazione qualche parola di lode ai nostri ordinamenti politici ed alla saviezza dei nostri grandi partiti dei quali ha avuto occasione di vedere da vicino l'andamento.

Venendo poi a parlare della politica generale, S. E. mi disse nel suo viaggio avere constatato con soddisfazione nei suoi colloqui col conte Hatzfeldt, coll'E. V. e col conte Kalnoky che i quattro governi procedono quasi con una tale quale solidarietà sul terreno della conciliazione, e sono ugualmente animati dal desiderio di risolvere lealmente e giustamente le grandi questioni europee tuttoché ognuno curi naturalmente la protezione dei propri interessi speciali.

Sulle cose d'Egitto seppi da S. E. che la Russia non aveva peranco data nessuna risposta alla ultima nota di lord Granville. Come già riferii all'E. V., le proposte inglesi non hanno qui in genere destato nessun malcontento e furono trovate moderate. Ma per dare una risposta a Sir Edward Thornton si è aspettato il ritorno del signor de Giers il quale non ha peranco avuto il tempo per farlo. D'altra parte mi risulta che tanto a Vienna che a Berlino i rappresentanti inglesi furono assicurati verbalmente che in principio si accettavano quelle proposte riservandosi però i due governi tedesco ed austroungarico, piena libertà di appreziazione sui particolari.

Il signor de Giers fu così festosamente ricevuto a Vienna, ove in questa stagione trovansi tutti gli arciduchi, che dovette trattenervisi quattro giorni invece di due, come aveva prima stabilito. Gli ho chiesto se avesse colà trattato della questione danubiana: mi disse: «trattato no; tanto più che venendo da Palermo non avrei nemmeno avuto i dati e le carte per farlo, ma parlato sì. È a Londra che ora questa questione deve svolgersi e sto appunto occupandomi di ciò ». S. E. non si è mostrata allarmata, ma credo che se si scenderà nei particolari sarà difficile di assopire sempre tutte le differenze tra il Gabinetto di Pietroburgo e quello di Vienna, il quale è poi interamente sostenuto dalla Germania. Anzi, secondo le mie informazioni, eravi qui, nei passati giorni, una forte tendenza a non volere accedere alla prorogazione della commissione danubiana. La venuta del signor de Giers eserciterà, credo, adesso una pressione nel senso della conciliazione. Egli mi disse avere già discorso di questa questione coll'E. V.; a Vienna essersi sempre più convinto che quelle sue idee erano giuste, ma non scese ad altri particolari. Né ho creduto d'insistere maggiormente su siffatta delicata vertenza, alla quale però non mancherò di rivolgere cautamente la mia attenzione stimandola la più ardua in questo momento per la Russia.

Infine ho creduto bene d'inforrr.Gxmi incidentalmente dei negoziati col Vaticano. S. E. mi confermò le informazioni da me trasmesse ultimamente con rapporti speciali a codesto ministero. Quando partì da Pietroburgo non credeva neppure egli così prossimo l'accordo e soltanto giunto a Roma ricevé dal signor Butenev la notizia della sua conclusione. Non può dire, se quest'accordo sarà pubblicato. II numero preciso dei vescovi che verranno nominati nel prossimo concistoro non è peranco sicuro perché su alcuno dei candidati pende ancora qualche trattativa. Nella questione attenente ai seminarii ed all'istruzione del clero mi disse che i diritti e la sorveglianza dello Stato rimangono tutelati. Su altri punti, come quello dell'uso della lingua russa che si voleva introdurre per le preghiere in chiesa in alcuni siti, nulla è stato conchiuso; il che vuole dire, a mio giudizio, che il governo russo ha receduto dalla sua insistenza. Ciononostante so che in Polonia la notizia di questo riavvicinamento non è accolta con favore. La Russia è stata sempre disposta a transigere sulla vera questione religiosa, purché questa non serva di pretesto al « pollacchismo politico». Il Vaticano, nell'insieme delle trattative verificatesi sotto l'attuale pontificato, è sempre andato infatti cedendo sul terreno politico, cercando di guadagnare qualche concessione strettamente ecclesiastica; quindi fu possibile la conciliazione. Ma in Polonia invece il partito nazionale mette «la patria » in cima dei suoi pensieri e si allontanerà dal Papato quanto più questo si accosti alla Russia.

494

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2532. Costantinopoli, 7 febbraio 1883 (per. il 12).

Ebbi l'onore di ricevere il telegramma che l'E. V. si compiaceva rivolgermi il 5 corrente (l) per ragguagliarmi, riceverei per la posta le istruzioni relative all'affare del Libano. Sul quale m'occorre di far conoscere all'E. V. che il ministro degli Affari Esteri ha l'intenzione di convocare i rappresentanti delle grandi Potenze li 8, o più probabilmente li 10 del presente onde comunicar loro l'intendimento di S. M. il Sultano essere di confermare Rustem pascià nella carica di governatore del Libano. Né le istruzioni dell'ambasciata d'Inghilterra furono modificate nell'intervallo.

La Turchia e l'Inghilterra persistono dunque nell'avviso la scelta di Rustem pascià essere la più conveniente. L'ambasciatore d'Austria-Ungheria ha ricevuto per istruzione, l'impero non avere interessi diretti in Siria; il suo precipuo desiderio essere quindi che la scelta cada sopra la persona più atta a ben governare il Libano; Rustem pascià avere fatto buona prova, perciò essere esso d'avviso che la conferma di S. E. sarebbe la miglior soluzione, tanto più tale essendo anche l'opinione della Sublime Porta, ma se questa si mette d'accordo coi rappresentanti delle Potenze sopra un altro candidato, l'Austria sarebbe per accettarlo. L'ambasciatore di Germania, dopo che intese esistere divergenza fra la Turchia e l'Inghilterra da una parte e la Francia dall'altra, evita di pronunziarsi, e tale condotta egli seguirà probabilmente nella riunione a venire. Il rappresentante di Russia non aveva ricevuto istruzioni fino a ieri, ma personalmente si mostrava piuttosto favorevole a Rustem pascià. Io mi regolerò in ogni caso secondo le istruzioni dall'E. V. impartitemi, né si vede finora quale possa essere il risultato di siffatta posizione.

495

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 1813. Vienna, 7 febbraio 1883 (per. il 10).

Il conte Diichatel ambasciatore della Repubblica francese presso questa corte, tosto che ebbe conoscenza delle dimissioni date dal signor Duclerc e

(I) T. 95, non pubblicato.

dell'accettazione da parte del Gabinetto presieduto dal signor Fallières del progetto di legge relativo ai principi appartenenti alle famiglie che regnarono in Francia, presentato dal deputato Fabre, annunciò telegraficamente al suo governo ch'egli si dimetteva dal suo posto d'ambasciatore; i suoi antecedenti politici nonché le sue convinzioni non permettendogli di propugnare presso il governo appo il quale travasi accreditato la convenienza ed il ben fondato di una simile legge d'eccezione. Telegraficamente del pari il signor Fallières facevagli tosto conoscere che il Presidente della Repubblica aveva accettate le sue dimissioni.

Al ballo che ebbe luogo ieri sera a corte, Sua Maestà l'Imperatore nell'entrare nella sala da ballo si avvicinò al conte Diichatel e stringendogli la mano dissegli:

«Sono dolentissimo che abbiate a !asciarci, ma la vostra dimissione è un fatto naturalissimo e che, ad ogni modo, vi fa un grande onore ~.

Credo poi ancora dovere aggiungere che se come di ragione il governo imperiale come tale si astiene assolutamente dal manifestare in maniera alcuna il suo apprezzamento sull'attuale situazione interna della Francia tanto il Sovrano quanto le più alte personalità dello Stato non nascondono nelle loro conversazioni che non possono in maniera alcuna portare un'impronta ufficiale da manifestare senza reticenza la grave impressione prodotta nei loro animi dalla piega che gli eventi in Francia mostrano chiaramente voler prendere senza che quel governo accenni a volervi porre argine.

Come contrapposto mi è grato il riferire all'E. V. che non si lascia sfuggire circostanza per manifestarmi l'ottima impressione invece che tutti provano qui nel vedere come il governo italiano sa procedere con tutta la possibile energia conciliabile coi liberi ordinamenti che ci reggono, alla tutela dell'ordine pubblico e del principio monarchico-costituzionale.

Questo fatto è di natura a migliorare grandemente la nostra posizione nel concerto di quelle Potenze colle quali abbiamo oggi ogni interesse a mantenerci in stretto accordo; non possiamo che provare giusta soddisfazione nel vedere l'Italia acquistare quella posizione politica che ogni giorno più stà perdendo la Francia; e ciò deve animare il R. governo a battere con incrollabile costanza la via su cui si è posto, la sola d'altronde atta ad assicurare la prosperità e la grandezza della patria nostra.

496

L'INCARICATO D'AFFARI A BUCAREST, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 340. Bucarest, 8 febbraio 1883 (per. il 15).

Col rapporto (n. 337) in data del 31 gennaio (l) informavo l'E. V. come, sino a quel giorno, i rappresentanti francese e inglese non avessero peranco

ricevuto dai governi rispettivi le attese istruzioni per la notificazione da farsi a questo governo degli atti relativi alla delimitazione bulgaro-rumena. Tali istruzioni sono giunte, in questo frattempo, al ministro della Gran

Brettagna.

Senonché, oggi stesso, il barone di Ring ha ricevuto un telegramma del proprio governo, il quale gl'ingiunge espressamente di astenersi da ogni passo nella quistione di cui si tratta, e di aspettare la spiegazione, che gli verrà mandata per iscritto, dei motivi di tale sospensione. Quali possano essere codesti motivi, afferma ignorarlo lo s:c::so ministro francese. Altri congettura che, forse, si giudichi, a Parigi, non interamente conforme all'art. XLVI del trattato di Berlino lo invitare i due governi interessati a intendersi fra loro direttamente per l'esecuzione della delimitazione, mentre quell'articolo stabiliva tassativamente che il tracciato dovesse fissarsi, sui luoghi, da una commissione europea. Ma checché sia di tale supposizione, sul valore della quale non tarderemo, del resto, ad essere edotti, l'ordine ricevuto dal barone di Ring ha prodotto qui una certa sorpresa, giacché si riteneva che, prima di diramare la sua formale proposta alle Potenze il Gabinetto austro-ungarico si fosse preventivamente assicurato dell'assenso di tutte al modo di procedura suggerito.

(l) Non pubblicato.

497

IL CONSOLE A TRIPOLI, B. LAMBERTENGHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 18. Tripoli, 8 febbraio 1883 (per. il 12).

La somma ristrettezza del tempo non mi permise di dar conto a V. E., coll'ultimo corriere, di una nuova e più grave violenza commessa nel consolato stesso da un ufficiale dell'armata e da un impiegato turco durante la notte dal 3 al 4 corrente. Inoltre il fatto mi parve così grave che ho voluto anzitutto procedere ad un'istruttoria per raccogliere con scrupolosa esattezza i dettagli concernenti il medesimo.

I documenti che oggi ho l'onore di trasmettere a V. E. (2) mi dispensano dalla narrativa dell'accaduto; mi limiterò dunque a sottoporre all'alto giudizio dì lei quegli apprezzamenti che il fatto e la situazione del Paese mi suggeriscono.

Nel breve periodo di un mese è questa la quarta volta che si commettono violenze da militari a danno, o di sudditi, od a dispregio del consolato; violenze che sono venute man mano crescendo di gravità, in ragione dell'impunità in cui è rimasta ciascuna di esse. E questo progressivo succedersi di tali

atti brutali non è imputabile al caso, ma è l'espressione, o meglio la manifestazione di un male latente, la responsabilità del quale è tutta dovuta al lavorio dei mestatori, che V. E. conosce, ed alla colpevole condiscendenza dell'autorità.

Che un povero milite, ignorante, tolto dal fondo di una provincia dell'Asia, cresciuto nell'odio e nel disprezzo degli infedeli, commetta una prepotenza od una brutalità è cosa spiegabile, né può recare molta meraviglia; ma che ufficiali dell'esercito, anche in grado elevato, usino le stesse e più gravi violenze, entrino forzatamente nel domicilio di sudditi italiani, e persino nella stessa residenza consolare, maltrattando e ingiuriandone le guardie, sono fatti che mostrano evidentemente come poco a poco siasi venuta preparando verso l'europeo, e verso l'italiano più specialmente, un'atmosfera di ostilità, per contenere la quale manca il buon volere delle autorità che, o lasciano impuniti i colpevoli, o si adoperano per alleviarne il castigo. Ed in prova, l'indomani del fatto mi affrettai a denunziarlo al governatore richiedendo un'immediata riparazione; in qualsiasi altro Paese, anche dove la rappresentanza estera non è circondata da quel prestigio garantitogli qui dalle capitolazioni e dai trattati, le autorità si sarebbero affrettate a procedere contro i colpevoli adottando almeno misure disciplinari in attesa di un formale giudizio; ma qui ben altrimenti si procede; sono già trascorsi cinque giorni, e non ho ancora ricevuto nessuna risposta, non solo, ma gli uffiziali e l'impiegato si vedono girare per la città, passando i primi, a mo' di sfida, dinnanzi la porta stessa del consolato dove siedono le guardie.

La ripetizione impunita di questi fatti ha impressionato vivamente la colonia.

Io confido che V. E. vorrà ottenere una pronta soddisfazione e palese altresì onde raffermare l'influenza nostra rimpetto agli indigeni ed alle stesse colonie estere.

*Se osassi esprimere una mia opmwne, ove considerazioni più elevate e pm generali di politica non vi si oppongano, direi che la presenza, anche per pochi giorni, in queste acque, di un legno da guerra opererebbe una benefica influenza; tanto più che, mentre si vede spesso la bandiera inglese, francese, e perfino americana, l'italiana non è mai comparsa su queste coste.

Nella nota da me diretta al pascià non feci menzione del figlio di lui <!he, come risulta dagli atti, sarebbe da ritenersi complice ed istigatore della violenza, essendo egli nel numero degli schiamazzatori al buffet, e presenziando dalla strada, a pochi passi dalla porta l'aggressione del capitano Giamil bey e dell'impiegato telegrafista, e ciò in considerazione alla posizione del padre, ed al dolore che lo stesso ne avrebbe certamente provato vedendo il nome di suo figlio associato ad imprese cotanto indegne.

P. S. Debbo aggiungere a V. E. che il reclamo Dana è tuttora allo statu quo; vennero accolte la sua deposizione e quella dei testimoni, ma non si è andati più in là *.

(l) -Ed., con alcune varianti e ad eccezione del brano fra asterischi, in LV 40, pp. 45-46. (2) -Non pubblicati.
498

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA (l)

D. 24. Roma, 9 febbraio 1883.

L'ambasciatore di Francia venne ieri da me, e nella conversazione che ne seguì mi tenne parola per la prima volta del tema relativo alle capitolazioni in Tunisia. Premettendo come egli avesse avuto dal suo governo il precipuo incarico di adoperarsi ad appianare le controversie che, sorte per effetto degli avvenimenti del 1881 nella Reggenza, non avevano potuto fino ad ora essere oggetto di componimento tra i due governi, il signor Decrais mi additava la quistione delle capitolazioni come quella che dovrebbe essere risoluta senza soverchio indugio, con l'intento sopratutto di evitare la occasione di controversie ulteriori. L'ambasciatore di Francia soggiungeva che oramai tutte le Potenze potevano considerarsi come assenzienti alla abolizione, in Tunisia, del regime delle capitolazioni, di guisa che, a rendere possibile senza contrasto la divisata riforma, non mancherebbe più che la adesione dell'Italia; e questa per lo appunto egli doveva ricercare, trattandone amichevolmente col R. Governo.

Mi sono espresso col signor Decrais presso a poco nei termini stessi di cui mi valsi quando, avendone a più riprese conferito dapprima a viva voce con

V. E., ebbi indi a riassumere il mio pensiero nelle istruzioni che le rimisi all'atto in cui ella da me pigliava commiato nello scorso dicembre (2).

In linea di fatto, ora, come già nel dicembre, non ci consta che veramente sia intervenuto, da parte delle singole Potenze, un assenso formale e categorico alla progettata innovazione. Secondo le nostre informazioni, la Potenza che, dopo l'Italia, ha in Tunisia la maggior somma d'interessi, la Gran Bretagna, si sarebbe ancora riservata di meglio studiare la questione, e gli altri Gabinetti non hanno prestato che un consentimento di massima, ovvio e naturale da parte di Stati che, in Tunisia, o non hanno interessi, o ne hanno di rilevanza affatto secondaria. Per quanto ci concerne, invece, tratterebbesi di provvedimento tale, che avrebbe effetti essenzialmente pratici e di importanza manifesta; la eventuale abolizione delle capitolazioni farebbe sottentrare, per le persone e per gli averi della numerosa nostra colonia, ad una base giuridica ben certa e conosciuta una base del tutto diversa, ed anche indefinita ed ignota, della quale non sarebbe, in ogni modo, agevole recare anticipato giudizio.

Questa ultima considerazione di fatto mi condusse a discorrere con grande schiettezza, insieme col signor Decrais, della sostanza della quistione.

Risoluti come noi siamo, per quanto da noi dipende, ad eliminare, rispetto alla Tunisia, ogni occasione o contingenza di dissidio colla Francia, e pur lasciando in disparte, nelle attuali circostanze, la quistione politica di principio intorno all'occupazione francese, la quale non avrebbe pratico valore, né

potrebbe, per ora, venir pregiudicata da esplicite ricognizioni o rinunzie, noi non saremmo, a priori, ripugnanti a stabilire un modus vivendi amichevole e concorde, mercé quelle modificazioni di fatto che si potessero senza danno introdurre nel regime giurisdizionale presentemente in vigore a Tunisi. Ma perché possiamo indurci, salvo beninteso quelle riserve d'ordine parlamentare che voglionsi sempre sottintendere, ad accettare che si muti nella Reggenza lo statu quo in tale materia, è evidentemente indispensabile che il governo francese ci metta in grado di apprezzare con piena .conoscenza di causa il nuovo regime che vi si vorrebbe inaugurare. Indi è che ci occorre sopratutto di conoscere, secondoché indicai nelle mie istruzioni del dicembre, quali siano per essere, in genere, i rapporti e la situazione che la Francia voglia assicurarsi in Tunisia mediante patti facenti eventualmente seguito al trattato del Bardo, e quale sia in ogni suo particolare il nuovo regime giurisdizionale per cui ci si fa richiesta di assenso.

*Circa il primo di questi due punti, il signor Decrais non ha informazioni precise; una sola cosa afferma positivamente, non essere cioè negli intendimenti della Francia la annessione della Tunisia; ma suppone che, almeno per ora, non si voglia dare seguito a quel nuovo trattato che, in surrogazione del trattato del 12 maggio, era stato stipulato poco tempo prima che morisse il bey Mohammed-el-Sadoc, non sembrando conveniente di sollevare una troppo grave quistione per modificazioni che non si reputerebbero abbastanza importanti. Evidentemente, però, questa indicazione, per se stessa troppo vaga ed incerta, e di carattere puramente negativo, non basta al nostro assunto; né io ciò tacqui al signor ambasciatore di Francia *.

Circa il secondo punto, noi non abbiamo altre nozioni all'infuori di quelle risultanti dal progetto che pende innanzi al parlamento francese per la creazione di tribunali francesi in Tunisia, con facoltà di appello alla corte di Algeri. Le quali nozioni sono affatto imperfette e lasciano nel dubbio punti essenzialissimi. Mi basti citare la lacuna relativa alla legislazione che i nuovi tribunali in Tunisia avrebbero da applicare, sia agli indigeni, sia agli stranieri, sia ai rapporti tra indigeni e stranieri, o fra stranieri di diverse nazioni. Allo stato attuale delle cose, non è possibile, da parte nostra, una razionale deliberazione, e il signor Decrais che mi parve convenire, si tolse l'incarico di chiedere a Parigi notizie e schiarimenti.

Ho stimato utile che V. E. avesse notizia del mio colloquio coll'ambasciatore di Francia; epperò ne consegnai il riassunto in questo mio dispaccio, sia per informazione di lei, sia perché ella possa, presentandosi la opportunità, tenere con codesti ministri analogo linguaggio.

(l) -Ed., ad eccezione del brano tra asterischi, in LV 43, pp. 22-24. (2) -Non pubblicate.
499

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2534. Costantinopoli, 9 febbraio 1883 (per. il 15).

n signor ministro degli Affari Esteri disse al signor Vernoni, ed analoga comunicazione fece alle altre ambasciate, la Sublime Porta indirizzarsi alle

33 -Documenti diplomatici -Serle II -Vol. XV-XVI

Potenze firmatarie del trattato di Berlino per pregarle d'ottenere dal principe di Montenegro la retrocessione di otto chilometri quadrati di territorio de' quali gli diede la seguente descrizione: « Krania du còté de Morvit; le point de départ serait à l'extrémité de la forèt de Mark pour aboutir à la hauteur de Voina ». Ed avendo il signor Vernoni domandato dove si trovasse quel territorio. S. A. rispose tra il mare ed il lago.

Quando il signor Vernoni mi portò questo messaggio, mi sembrò che S. A. errasse nel dire che quella località era situata fra il mare ed il lago di Scutari e Voina a pochi chilometri da Podgoritza. Ed ebbe infatti a verificare in seguito alla Sublime Porta, gli otto chilometri in discorso trovarsi infatti nella valle della Zeta. Gli offici delle Potenze sarebbero dunque richiesti per ottenere la retrocessione di quel territorio sulla base dell'accordo intervenuto or son tre settimane incirca a Cettigne e pel quale fu firmato un protocollo da Bedri bey e dal negoziatore montenegrino. Lascio all'E. V. di giudicare se l'interposizione degli offici delle Potenze sia opportuna sì tosto appresso la stipulazione dell'accordo diretto, e mentre la Sublime Porta si rifiuta tuttavia di trattare per la determinazione del resto della linea di frontiera. A me sembra che quella retrocessione potrebbe più ragionevolmente formare il soggetto di compenso nei negoziati che avrebbero a seguire per questo scopo, e tutti i miei colleghi partecipano a questo avviso.

500

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 962. Cairo, 9 febbraio 1883 (per. il 19).

Sarei dolente se l'E. V. potesse dubitare trascuranza da parte mia nelle pratiche presso questo governo per una soluzione soddisfacente dell'affare di Beilul. E se non avanzai forti reclami sul trattamento dei tre prigionieri, condotti a Massaua, lo fu perché non ne ebbi mai nessuna informazione dal signor Luccardi, e per prima volta lo rivelai dal dispaccio di F. E. del 30 dicembre scorso di n. 535 (2).

Nelle mie replicate sollecitazioni, Cherif pascià, dimostrandomi sempre la miglior volontà mi pregava di aver alquanto di pazienze, onde non sollevargli imbarazzi nelle complicazioni contro le quali aveva a lottare. Ma quando mi pervenne il citato dispaccio di V. E., non mi era più dato di frapporre maggior indugio, e diressi in data del 12 scorso mese, al presidente del Consiglio la nota ufficiale di cui unisco copia (annesso l) (2).

Mi lamentai fortemente più volte per non aver una sollecita risposta. Cherif Pascià se ne giustificava assicurandomi che Abd-El-Rahman Bey, ri

tornato da Beilul quando il ministero Barondi-Araby aveva incominciati i primi atti di ribellione, non aveva fatto nessun rapporto su i risultati dell'inchiesta compiuta col signor Vitto: che trovandosi egli in Alessandria, come presidente della commissione marziale per giudicare gli autori dei luttuosi fatti successi in quella città dall'H giugno, glielo aveva chiesto d'urgenza onde essere informato dei risultati dell'inchiesta.

Non posso certamente esprimere il menomo dubbio sulla verità di quest'asserzione; ma forse non sarebbe ardito esprimere il dubbio ch'egli abbia voluto consultarsi con lord Dufferin, o con il signor Malet, prima di rispondere.

Non fu quindi mio ritardo, come l'E. V. se ne assicurerà dalla data della nota che ebbi da Cherif pascià, della quale trasmetto una copia (anesso Il) (1).

L'E. V. osserverà che il ministro egiziano si pronuncia in favore del primo dei due provvedimenti proposti da V. E. cioè di dare un corso legale all'affare; ma considera non esservi luogo a preventivi accordi per la costituzione del tribunale, per essersi convenuto dover essere quello di Cairo.

Su ciò se io mi sono espresso nella mia nota fedelmente nel senso degli ordini dell'E. V., la prego permettermi come semplice osservazione, di accennare che quando si trattò di determinare il tribunale che avrebbe a giudicare gl'imputati; risultanti dall'inchiesta, si rifiutò da noi quello di Massaua, sotto la cui giurisdizione sarebbero caduti, ed aderendo il R. governo, si accettò la proposta di Cherif Pascià di deferirli ai tribunali locali in Cairo, presso i quali, essendo nella sede del governo, e potendosi da noi vigilare sull'andamento della procedura, si possono avere maggiori garanzie di giustizia.

Per giudicare gli autori dei delitti commessi 1'11 giugno scorso, e durante l'insurrezione, !imitandone a queste epoche la competenza, per decreto del Khedive furono istituite tre commissioni marziali, al Cairo, Alessandria, e Tantah, composte esclusivamente d'egiziani. Tra i misfatti caduti nella competenza di queste commissioni, vi è quella dell'uccisione del colonnello Palmer, con altri due ufficiali inglesi, che per compra di animali per uso della guerra, s'inoltrarono verso il monte Sinai. Finita la guerra una commissione anglo-egiziana si portò su i luoghi per un'inchiesta, dalle quali risultarono gravissimi indizi di colpabilità contro uno Sciek della provincia, e due impiegati del governatorato di Suez, allora proseliti di Arabi, come eccitatori del delitto. Questi imputati sono deferiti, come tutti gli assassini del massacro dei cristiani in Alessandria, e nei villaggi, ad una di queste commissioni, quella di Tantah. Accettato dall'Inghilterra, nel caso speciale del colonnello Palmer, questo principio di sottometterne il giudizio all'autorità giudiziaria indigena costituita, sarà assai difficile ottenere un provvedimento eccezionale per la costituzione di un nuovo tribunale.

In attesa degli ordini di V. E.

(l) -Ed., con alcune varianti, in LV 41, pp. 121-122. (2) -Non pubblicato.

(l) Non pubblicato.

501

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, ZANNINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 161. Pietroburgo, 12 febbraio 1883, ore 16,05 (per. ore 17,55).

M. de Giers a dit à l'ambassadeur d'Angleterre que la Russie adhère en principe à la note de lord Granville sur l'Egypte. J'ai lieu de croire que

M. de Giers ne tardera pas à adresser une dépéche à cet égard à l'ambassadeur de Russie à Londres.

502

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3200. Berlino, 12 febbraio 1883 (per. il 18).

Pendant que la France s'attarde à ses querelles intérieures, les anglais exploitent en gens pratiques leur situation en Egypte. Ils mettent leur influence à profit, et pour arriver à leur but ils se servent du Khédive comme d'un paravent. Ils semblent n'agir que d'après son initiative; ils lui attribuent mème l'honneur de l'élucubration des décrets promulgués depuis l'occupation, des projets administratifs et judiciaires. Il est vrai que Mehemed Tewfik ne peut rien refuser à ses protecteurs, surtout quand ils y mettent des formes. Il se hàte de signer des deux mains tout ce qui peut d'après eux concourir au relèvement du Pays ou à sa dépossession. On iralt méme jusqu'à octroyer tout d'une pièce une constitution. En Europe, c'est par les libertés communales qu'on est arrivé au gouvernement constitutionnel, tandis que dans la vallée du Nil il n'existe pas de municipalités et la commune est inconnue mème dans la capitale. D'ailleurs pour mettre l'Egypte au niveau des Nations . civilisées, il faudrait modifier l es bases de la société religieuse et de la famille qui, telles qu'elles existent aujourd'hui, opposent des barrières infranchissables à tout développement social. Il se passera plusieurs générations avant que ce Pays comprenne le sens d'un gouvernement libéral.

Le jeu que joue l'Angleterre est évident. Son occupation n'est qu'une annexion déguisée. Qui sait mème, camme elle l'a fait pour les actions du canal de Suez, si elle ne fera pas un sacrifice pécuniaire à l'effet de désintéresser le Sultan fort à court de ressources, et qui pourrait se laisser séduire par l'appàt d'une capitalisation du tribut payé par l'Egypte en hommage de la souveraineté ottomane. On prétend que le Cabinet de Londres serait dispos~ à offrir six millions de livres sterlings.

L'Europe se tait, ou du moins cherche de son mieux à couvrir sa retraite par des réserves sur des détails des communications faites de Londres. La France proteste pro-forma. Nous seuls, que je sache, avons émis quelques idées. Si partout elles ont rencontré le meme accueil qu'à Berlin, nous risquons fort de rester isolés dans nos observations. C'est pourquoi je m'étais permis de conseiller la plus grande réserve. Tant que l'Autriche ne se montrera pas plus active et plus intelligente dans cette question, l'Allemagne ne songera pas un seul instant à modifier son attitude. Que deviendrait dès lors la formule que les affaires d'Egypte relèvent du concert européen? En réalité ce serait une phrase sans valeur, tout au plus chercherait-on à sauver les apparences par une reconnaissance des faits accomplis.

S'il n'y a pas d'espoir que le Cabinet de Vienne s'émeuve davantage et se joigne à nos efforts en voie diplomatique pour sauvegarder le peu qui reste dans une partie si compromise, nous ne retirerions aucun bénéfice de nos pourparlers. Nous risquerions au contraire d'indisposer l'Angleterre dont le concours nous serait si utile le jour qui tòt ou tard arrivera où la France cherchera à reprendre sa politique d'expansion en Afrique (l).

503

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3201. Berlino, 12 febbraio 1883 (per. il 18).

La présence de M. de Giers à Vienne avait semblé de prime abord donner lieu ici à quelques accès d'inquietude nerveuse qui sans etre justifiés ne laissaient pas cependant d'avoir une certaine gravité; gràce aux éclaircissements obtenus, toute ombre de désaccord est dissipée. La confiance s'étend meme jusqu'à la Russie. Je ne parle que de la Russie officielle, car à Berlin on est toujours préoccupé de ce qui peut advenir en présence de certains courants dont la force latente se manifesterait pour peu que les conditions générales de l'Europe en facilitassent l'essor.

On ajoute foi, sous réserve mentale, aux assurances pacifiques prodiguées par le Cabinet de Saint Pétersbourg à l'approche surtout du couronnement à Moscou. Le fait est que pour le moment on sursoit à l'éxécution des travaux recommandés par l'Etat Major-Général allemand vers la Prusse orientale. Il s'agissait, dans un but stratégique, de construire une double voie de chemins de fer vers cette direction. En outre, le Cabinet de Berlin est assez disposé à se preter à toute transaction entre la Russie et l'Autriche relativevement aux bouches du Danube et à l'embouchure de Kilia.

Au reste la conférence de Londres est une sorte de miroir destiné à refléter la situation politique de l'Europe. D'après ses délibérations, nous pourrons mieux apprécier les résultats du voyage que le ministre des Affaires Etrangères russe vient d'accomplir à travers l'Europe.

(1) Cfr. n. 514.

504

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3202. Berlino, 12 febbraio 1883 (per. il 18).

Il se confirme que la réponse du Saint-Père à la lettre du 22 décembre de l'Empereur, part du principe que l'entente sur la notification obligatoire des nominations ecclésiastiques (Auzeigepflicht) et la révision des lois de mai doivent marcher pari passu.

Le Pape exprime en meme temps le désir d'obtenir des garanties à cet égard.

En attendant qu'on connaisse les intentions ultérieures du Cabinet de Berlin, l'attitude du centre est plutòt celle d'un parti qui poursuit une revanche, que celle d'un plaideur qui désire arriver à une conciliation. De son còté, le prlnce de Bismarck a déjà, avant la réception de cette réponse, indiqué ses vues. L'Allemagne est prete à désarmer, mais lorsqu'on lui aura donné des gages sérieux de dispositions pacifiques. Il y a longtemps que nous assistons à ce dialogue entre deux Puissances qui jouent au plus fin, et dont l'une, non plus que l'autre, ne tient à se découvrir la première. Ce jeu peut se prolonger indéfiniment.

Soit que la lutte prenne fin, soit qu'elle s'envenime, nous pourrions en subir le contre-coup, si nous n'inspirions pas à chacun le sentiment que notre programme est invariablement fixé par la loi des Garanties dont les premiers nous donnons l'exemple du respect. Dans cette question délicate, nous devons nous mettre en mesure de compter sur nous-memes bien plus que sur des assurances de bon vouloir de telle ou telle autre Puissance. Ni d'ici, ni de Vienne, ni de Paris nous pourrions nous attendre à un appui certain. Selon que le Cabinet de Berlin, entre autres, le trouvera expédient dans ses propres convenances, ou en suite de considérations relevant de la politique générale, il inclinera à droit ou à gauche, tantòt en faveur du Saint-Siège, tantòt pour precher des mesures de répression contre le Vatican, soit pour récompenser des services rendus dans d'autres questions, soit pour provoquer ces services. Ne perdons surtout jamais de vue que le gouvernement impérial fait une cour assidue à l'Autriche où les idées ultramontaines comptent de nombreux partisans et qu'en autre, il use de beaucoup de ménagements envers la France qui meme sous le régime républicain ne s'est pas fait faute en 1849 d'envahir le territoire de Rome. Ce ne sera que par la modération, un esprit de justice qui n'exclue pas la fermeté, que nous parviendrons à nous prémunir autant que possible contre les dangers de l'avenir.

505

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A COSTANTINOPOLI, CORTI, A LONDRA, NIGRA, A PARIGI, MENABREA, A VIENNA, DI ROBILANT, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, ZANNINI

T. 105. Roma, 13 febbraio 1883, ore 18.

Par protocole du 10 janvier le prince du Monténégro avait consenti à certaines concessions sur la partie du tracé compris entre le lac de Scutari et le point Gradiste de la carte du commissaire anglais, mais ceci à la condition que le bornage se f.erait dans le délai de 15 jours depuis la mer jusqu'à Gradiste. Cette condition n'ayant pas été remplie le prince de Monténégro déclare retirer les concessions là dessus et vouloir revenir à la ligne Granville. L'ambassadeur de Turquie me communique, à ce sujet, un télégramme où la Sublime Porte affirme que le délai a été, malgré tout son bon vouloir, rendu inévitable par la résistance des Malisors. La Sublime Porte prie les Puissances d'intervenir auprès du prince de Monténégro, soit pour qu'il maintienne les concessions faites, soit pour qu'il abandonne encore, en vue de faire cesser toute résistance de la part des gens du pays, une zone de huit kilomètres carrés. J'ai répondu que notre désir est de voir les deux parties intéressées se mettre le plus tot possible et définitivement d'accord sur tout le tracé de la frontière commune, mais que nous ne saurions, en déhors de l'énonciation de ce voeu, prendre part à une démarche quelconque à Cettigne, que si l'initiative en était prise par un autre Cabinet et tous se trouvaient d'accord pour en reconnaitre l'opportunité.

506

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

L. P. Berlino, 13 febbraio 1883.

On me donne la nouvelle positive que votre famille vient de s'augmenter. Vous avez tous nos meilleurs voeux pour la mère et le nouveau rejeton. Vous seriez bien aimable si vous vouliez nous écrire deux mots sur l'état de santé de l'ambassadrice. La bonne constitution et la belle saison aidant, nous espérons qu'elle se remettra bientot. Quand il y a tant de sève dans un ménage, on ne saurait songer à aller planter ses choux. Il faut abandonner ce soin aux invalides de la carrière.

Qui aura été le plus étonné de l'effort produit par son manifeste, c'est à coup sùr le prince Napoléon. Un instant tout semblait se détraquer en France. Maintenant sa nacelle semble se remettre un peu à flot. Mais la carcasse a été rudement endommagée, et on ne voit pas trop qui saura la radouber pour la mettre en état de résister à l'orage qui reparaitra certainement. Dieu veuille que la République ait bient6t un terme, au risque meme d'une grande guerre camme consequence d'une réstauration monarchique. Nous nous consumons à petit feu en Italie, et cela tient surtout au vent emporté qui souffle de Paris. Il ne faudrait pas attendre que la démoralisation fùt complète. II y aurait aujourd'hui encore assez de ressort chez nous pour soutenir une lutte les armes à la maine. Ce ne sera que par ce moyen que le principe d'autorité s'affermira, et que nos institutions en meme temps que notre unité nationale se consolideront. Les démagogues et les radicaux le sentent si bien que l'idée d'une guerre régulière leur répugne. Ce qu'ils veulent c'est non pas de combattre l'étranger, mais de provoquer les passions à l'intérieur du Pays et les déchainer contre tout ce qui s'appelle l'ordre, une sage liberté et surtout contre la Royauté.

Je vois que M. Mancini émet des idées, des concetti, résultat de son examen de la circulaire Granville sur l'Egypte. Si ces idées sont accueillies partout avec la meme réserve qu'à Berlin, nous risquerons fort de rester isolés dans nos observations, et qui puis est, de ne trouver qu'un appui compromettant en France. Nous indisposerions l'Angleterre qui certes n'est pas sans faute dans les vues qu'elle poursuit dans la vallée du Nil, rr.:!is dont nous devons nous ménager I'influence pour le jour qui t6t ou tard arrivera où la France cherchera à reprendre sa politique d'expansion en Afrlque. Tant que l'Autriche qui ne parait guère s'émouvoir, ne se mettra pas en avant, l'Allemagne persistera dans son attitude expectante et désintéréssée. Ce n'est dane pas seulement de Rome, mais de Vienne surtout que devrait venir l'impulsion. Je persiste à conseiller à M. Mancini une grande réserve.

En suite d'une communication faite à cette ambassade, au nom de l'Empereur, il devenait évident que le due de Génes était attendu à Berlin pour la double fete du 28 février. Le Roi a immédiatement télégraphié à Son Altesse Royale qui se trouve actuellement à Munich. II ne reste plus qu'à fixer le jour de l'arrivée. Avant hier l'archiduc Rodolphe s'est aussi fait annoncer.

A l'occasion des noces d'argent du prince et de la princesse héréditaires, le Roi et la Reine ont fait remettre à titre de souvenir une fort belle table de mosa'·que romaine. J'ai présenté ce don à leurs Altesses Impériales. L'un et l'autre se sont exprimés, camme toujours avec un très vive sympathie pour la famille Royale et pour l'Italie. Cela fait du bien au coeur d'entendre un langage qui ailleurs il ne m'est pas donné de percevoir en aucune façon. Espérons qu'en montant sur le tròne ils y apporteront et conserveront les memes sentiments.

Si on a montré un instant ici quelque susceptibilité lors de la présence à Vienne de M. de Giers, on en est complètement revenu et une parfaite confiance règne sur toute la ligne. II en est de meme envers la Russie officielle qui prodigue les assurances les plus pacifiques surtout à l'approche du couronnement à Moscou.

On ne me dit rien de Rome sur la marche de la conférence à Londres. Ce

serait cependant fort instructif de le savoir.

Madame de Launay va un peu mieux. Malgré la fièvre intermittente, le médecin lui a permis depuis deux jours de sortir pendant une heure en voiture.

Nous vous félicitons tous deux de l'accroissement de votre famille, et nous vous renouvelons le désir d'avoir des nouvelles de la comtesse de Robilant.

507

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI (l)

D. 1496. Roma, 14 febbraio 1883.

A conferma del telegramma da me direttole poc'anzi (2) mi pregio trasmettere a V. E. copia del rapporto del cavalier Lambertenghi (3), nel quale è riferito l'atto di violenza commesso contro la residenza consolare da un ufficiale dell'esercito e da un impiegato ottomano, *e copia delle deposizioni relative al fatto stesso assunte per cura del R. console* (4). Ella troverà pure acchiusa copia della nota colla quale il cavaliere Lambertenghi denunciava il fatto al governatore generale di Tripoli (4); a tale comunicazione, che ha la data del 3 febbraio, il cavaliere Lambertenghi non aveva sino al giorno 8 ricevuto un cenno di risposta; né oggi ancora ci consta che le autorità locali abbiano compiuto atto alcuno per manifestare il loro rincrescimento dell'accaduto, e dare al nostro rappresentante la soddisfazione che gli è dovuta.

Mi occorre quindi pregare V. E. di volere colla massima sollecitudine richiamare su questo nuovo incidente la più seria attenzione della Sublime Porta. Essa dovrebbe ormai comprendere che, specialmente nel caso attuale, in cui si trovano di fronte impiegati suoi ed il R. consolato, lo stesso suo interesse le impone di non lasciar sorgere in Tripoli uno stato di cose che implicherebbe una responsabilità gravissima * pel governo del Re in faccia alla nazione*. Ella si adoprerà quindi col suo solito atto, e colla massima energia e fermezza ad un tempo, a convincere la Sublime Porta che, malgrado il mio spirito conciliativo, non mi sarebbe possibile di tollerare più a lungo una situazione che implica per noi un sistematico diniego di giustizia in quella provincia dell'impero ottomano. V. E. potrà aggiungere che il governo del Re deve preoccuparsi delle manifestazioni dell'opinione pubblica, specialmente in questo momento in cui sta per aver luogo innanzi al parlamento una solenne discussione sulla nostra politica. Ora, le numerose lettere qui pervenute da Tripoli, le quali descrivono l'emozione ed il panico della colonia, il rinnovarsi di spiacevoli incidenti, i quali dimostrano il malvolere delle autorità locali a nostro riguardo, il doloroso confronto che si fa di questo colla pronta soddisfazione data al console britannico in analoga circostanza hanno offeso il senti

mento del Paese, e ci viene fatto rimprovero di una riservatezza che, allo stato attuale delle cose, è giudicata eccessiva.

Ho quindi dovuto provvedere perché ad una delle nostre corazzate, fosse impartito l'ordine di recarsi nelle acque di Tripoli per proteggere colla sua presenza la residenza consolare, e garantire la sicurezza del R. console, dei suoi impiegati e della numerosa colonia italiana. Nel dare di ciò notizia alla Sublime Porta V. E. si compiacerà di fare ancora un caldo appello allo spirito di giustizia ed ai sentimenti d'amicizia del governo imperiale per ottenere provvedimenti immediati e la riparazione che ci è dovuta. Ella potrà dichiarare che è vivo nostro desiderio di prevenire in quella contrada ogni pericolo di torbidi, ed ogni occasione di contesa; ma occorre che la Sublime Porta, per parte sua, si adoperi lealmente e con tutta energia perché sieno mantenuti inalterati i buoni rapporti che sino ad ora unirono i due governi, e dei quali in epoca ancor recente essa ha potuto apprezzare il valore.

Aspetto con viva impazienza informazioni precise dall'E. V. circa l'esito delle pratiche che sarà per fare, acciocché il governo del Re possa prenderne norma per le ulteriori sue risoluzioni (l).

(l) -Ed., con alcune varianti e ad eccezione dei brani fra asterischi, in LV 40, pp. 57-58. (2) -T. 108 del 14 febbraio 1883, non pubblicato. (3) -Cfr. n. 497. (4) -Non pubblicato.
508

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI

D. 1497. Roma, 14 febbraio 1883.

In relazione all'altro mio dispaccio in data d'oggi (2) mi pregio informare

V. E. che la corazzata destinata a recarsi nelle acque di Tripoli avrà ordine di approdare ad uno dei nostri porti in Sicilia e di aspettare colà istruzioni ulteriori. Pertanto, qualora la Sublime Porta si mostrasse pronta a concederci un'immediata e seria soddisfazione, quale sarebbe il richiamo del ferik di Tripoli, delle ufficiali scuse al R. console, e l'arresto dell'ufficiale e dell'impiegato colpevoli, seguito da giudizio e da una severa punizione, ella potrà prendere l'iniziativa ed assumere sopra di sé la responsabilità, nei negoziati colla Porta, di far revocare l'ordine dato alla nostra corazzata.

509

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2539. Costantinopoli, 14 febbraio 1883 (per. il 19).

Ho ricevuto il telegramma che l'E. V. mi fece l'onore di rivolgermi il 12 del presente (3) per farmi conoscere la comunicazione fattale da cotesto signor

ambasciatore di Francia circa la candidatura di Rustem pascià, al rinnovamento de' suoi poteri, come governatore del Libano, non che la risposta dell'E. V. e per esso La prego d'aggradire i miei distinti ringraziamenti.

Né qui fece alcun progresso la quistione in discorso. Il signor ministro degli Affari Esteri non convocò i rappresentanti delle Potenze e s'ignora quando essi saranno convocati. E si intende frattanto che alcuni ministri si manifestano ora avversi alla conferma di Rustem pascià. Il Gran Visir sopratutto lascia intendere che, innanzi alla fermA-opposizione della Francia, sarebbe più prudente consiglio di scegliere un altro candidato, e la voce del Gran Visir è predominante alla Sublime Porta. Dimodoché è possibile che la Maestà del Sultano si decida a presentare un altro candidato ai rappresentanti delle Potenze.

Il candidato della Francia sembra avere Nasri bei, consigliere dell'ambasciata di Turchia a Vienna. Gli altri rappresentanti non hanno finora presa in considerazione altra candidatura all'infuori di quella di Rustem pascià. Se non che intesi dire alla Sublime Porta che, escludendo il nome di Rustem pascià per deferenza alla Francia, non sarebbe necessario di adottare il candidato di essa.

E così stanno per ora le cose. Che, se si volesse trovare la ragione del caso che la Sublime Porta fa nelle presenti congiunture dei desiderii della Francia, direi che quella si lusinga forse di procacciarsi per tal modo l'appoggio di questa nella quistione egiziana.

(l) -Cfr. n. 512. (2) -Cfr. n. 507. (3) -T. 104, non pubblicato.
510

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 232/39. Londra, 16 febbraio 1883 (per. il 22).

In conformità dell'incarico datomi dall'E. V. col dispaccio del 21 dicembre scorso n. 1524 di questa serie (2), ebbi cura d'indagare, (con un pro-memoria di cui ella troverà copia qui acclusa) quali accoglienze troverebbero al Foreign office le proposte del governo francese di far cessare nella Tunisia la situazione eccezionale nata dalle capitolazioni; e chiesi principalmente se il governo della Regina fosse disposto ad abbandonare, dopo l'abolizione della giurisdizione consolare nella reggenza, i diritti ed i privilegi, (da me particolarmente descritti), che sono assicurati all'Inghilterra dai trattati e dalle consuetudini.

In risposta a quel pro-memoria, con una lettera in data del 13 corrente, lord Granville mi ha fatto notare come le proposte della Francia, che il governo inglese si è mostrato finora disposto a prendere in esame, non si riferissero che all'abbandono dell'esercizio della giurisdizione civile e criminale dei consoli britannici in Tunisia; e come sarebbe quindi prematuro d'entrare in una

discussione circa la rinunzia agli altri diritti e privilegi goduti dall'Inghilterra nella reggenza, poiché quella quistione non è stata ancora intavolata.

Nel trasmettere qui acclusa all'E. V., in traduzione, la suddetta lettera di lord Granville:

ALLEGATO I

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI DI GRAN BRETAGNA, GRANVILLE

PRO MEMORIA. Londra 17 gennaio 1883.

Le 27 octobre dernier Sir C. Dilke a déclaré à la Chambre des communes que le gouvernement de s. M. la Reine était disposé à consentir à l'abolition de la juridiction consulaire en Tunisie, en se réservant tous !es droits et privi!èges accordés à l'Angleterre par !es traités a vec la régence.

Le gouvernement de S. M. le Roi d'Italie attacherait beaucoup de prix à connaitre la nature et !es limites de ces droits. Il désirerait notamment savoir si les prérogatives et privilèges ci-dessous énumerés seraient en tout ou en partie assurés à l'Angleterre en force des traités ou des consuétudes, après l'abolition de la juridiction consulaire en Tunisie.

Dans l'ordre diplomatique:

a) Prérogatives des consuls:

1°) exemption de la juridiction criminelle et civile;

2°) inviolabilité de la demeure du consul, ce qui entraine après soi le droit d'asile, (exercé l'année dernière par l'agent britannique en faveur du général tunisien Taher Chaouch);

3°) immunité des droits de douane;

4°) droit d'appeler qui que ce soit aux fonctions d'agcnt consulaire dans :.me localité quelconque de la Tunisie;

5°) droit de nommer des drogmans et des janissaires.

b) Prérogatives des consuls:

1°) droit de statuer en matière de simple police; droit d'expulsion et d'admonestation officielle;

2°) droit de recevoir sous leur protection des naturels du Pays;

3°) droit de demander l'intervention de la force armée pour l'arrestation d'un déserteur de la marine de guerre au marchande, ou par l'arrestation et la transportation de tout autre national;

4° droit d'intervention directe en tout ce qui concerne la navigation; et de demander l'assistance des autorités locales en cas de naufrage. Cette assistance est obligatoire;

5o droit d'intervention exclusive dans l'administration des successions des nationaux décédés;

6° pouvoir de procéder à une exécution judiciaire pour le payment des impòts de la municipalité ou des taxes du gouvernement qui ont été préablement acceptées par l'autorité consulaire;

7o droit de prendre connaissance des faillites des nationaux et d'exercer en général ce qu'on appel!e «les droits de la juridiction volontaire »;

so droit d'exercer les fonctions de membre du conseil sanitaire;

-9° droit d'établir des bureaux de poste;

10° droit d'étre appelé comme arbitre dans les différends.

Dans l'ordre judiciaire:

1° l'enfant d'une étrangère avec un musulman, après la séparation des époux est considéré comme étranger;

2° toute peine corporelle décernée à un négociant, à une femme ou à un mineur est commuée en une peine d'amende.

ALLEGATO Il

IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI GRAN BRETAGNA, GRANVILLE, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

L. Londra, 13 febbraio 1883.

Nella nota del 16 gennaio p. p. V. E. mi fece l'onore di trasmettermi un pro-memoria relativo alla proposta abolizione della giurisdizione consolare in Tunisia, nel quale è espresso il desiderio del suo governo di essere informato del modo di vedere del governo di S. M. intorno al punto fino a quale la suddetta misura porterebbe seco l'abolizione di certi diritti e privilegi specificati nel pro-memoria.

Ho l'onore di dichiararle in risposta che la proposizione che il governo di s. M. si è mostrato disposto a prendere in considerazione è per ora limitata all'abbandono dell'esercizio della giurisdizione civile e criminale esercitata dai consoli britannici a Tunisi sopra i sudditi di S. M., ed è condizionata allo stabilimento di tribunali francesi.

La questione non è sorta ancora di abbandonare gli altri diritti extra-territoriali ed i privilegi goduti dalla Gran Bretagna nella reggenza in forza delle capitolazioni e dei trattati conclusi fra il governo di S. M. ed il Bey.

Potrà essere che alcuni di questi privilegi siano incompatibili col nuovo ordine di cose ~ntrodotto nella reggenza, collo stabilimento dei tribunali francesi e coll'abbandono della giurisdizione extra-territoriale delle Potenze straniere, ed in tal caso il governo di S. M. sarà pronto a considerare fino a qual punto potrà rinunziarvi. Però sembrerebbe ad esso prematuro di entrare in una simile discussione, ed io sono quindi dispiaciente, signor ambasciatore, di non essere al caso attualmente di rispondere ai desiderii del suo governo espressi nel pro-memori,a.

(l) -Ed. !n LV 43, pp. 24-26. (2) -Cfr. n. 440.
511

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI

D. 1500. Roma, 17 febbraio 1883.

Col rapporto del 9 corrente (1), l'E. V. m'informava come la Sublime Porta s'indirizzasse alle Potenze firmatarie del trattato di Berlino allo scopo di pregarle di ottenere dal principe di Montenegro la retrocessione alla Turchia di otto chilometri quadrati di territorio situati nella valle della Zeta.

Divido pienamente il di lei modo di vedere circa l'inopportunità degli uffici da prestarsi a tale riguardo dalle Potenze, mentre siffatta retrocessione potrebbe più ragionevolmente, come ella stessa osserva, formare l'oggetto di compenso in negoziati ulteriori, e non posso che riferirmi all'avviso che già ebbi ad esprimerle col dispaccio del 13 gennaio (1). Non credere conveniente, allo stato attuale delle cose, di prendere ingerenze qualsiasi in negoziati fra la Porta ed il Montenegro, che le grandi Potenze vollero lasciati esclusivamente alle due parti interessate.

(l) Cfr. n. 499.

512

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 198. Costantinopoli, 19 febbraio 1883, ore 6,20 (per. ore 18,50).

Après longues et pénibles discussions, je suis parvenu à persuader ministre des Affaires Etrangères d'expédier au gouverneur de Tripoli télégramme contenant simplement ordre de faire de suite visite d'excuses au consul, mais il manque encore assentiment du grand visir et du Sultan. Je ne pourrai connaltre leur décision avant demain; j'en rendrai immédiatement compte à V. E. Il est de mon devoir d'informer V. E. que le Sultan, ayant appris de l'agence Havas départ de notre cuirassé pour Tripoli, a fait appeler le ministre des Affaires Etrangères et l'a chargé de me dire que si cuirassé allait à Tripoli, Sa Majesté prendrait de son còté les mesures qui lui seraient dictées par la dignité et les intéréts de l'Empire. Ministre des Affaires Etrangères ajouta que Sa Majesté n'aurait pas envoyé ce message si elle avait su que le navire s'était arrété en Sicile. Communication analogue mais ayant caractère toutà-fait privé Sa Majesté a fait faire par l'introducteur des ambassadeurs. J'ai profité de cette occasion pour mander au Sultan la nécessité d'envoyer au gouverneur l'ordre convenu avec le ministre des Affaires Etrangères sans aucun retard.

513

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 124. Roma, 19 febbraio 1883, ore 14,10.

Vous n'avez j'amais répondu à mes télégrammes et dépéches concernant les prisonniers gardés à Massaua après la seconde enquéte de Beilul. II est urgent à la veille d'une discussion parlementaire sur la politique étrangère de présenter quelques résultats satisfaisants et de faire sortir cette affaire de l'état d'r.bandon produit par les derniers événements égyptiens. Faites donc

des démarches pressantes auprès de Cherif pacha, pour me mettre en mesure de donner des réponses cathégoriques et positives. Il devrait donner les ordres de traduire les prisonniers au Caire pour etre jugés, d'après ce qui a été convenu entre les deux gouvernements au commencement de la seconde enquete. Dans tous les cas, on pourrait administrativement les déporter au Sudan, ou en d'autres provinces intérieures de l'Egypte, en nous communiquant cette mesure comme une satisfaction légitime pour le déplorable massacre de Giulietti et de ses compagnons qui a exité si vivement et si justement l'opinione publique en Italie. J'attendrai avec impatience et au plus tòt possible vos télégrammes et rapports sur ce sujet.

(l) Cfr. n. 464.

514

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. 1378. Roma, 19 febbraio 1883.

Con rapporto in data del 12 febbraio, n. 3200 (l) di questa serie l'E. V. si compiaceva trasmettermi alcune sue considerazioni sugli affari d'Egitto, ed insisteva nel giudizio, già anteriormente espresso, che, allo stato delle cose, la miglior politica pel governo del Re sia quella di non suscitare imbarazzi all'Inghilterra affine di non scostarsi dalla via seguita dalle Potenze centrali, e di non perdere le simpatie di quello Stato, la cooperazione del quale potrebbe esserci così vantaggiosa pel nostro avvenire nel Mediterraneo. Ringrazio l'E. V. per questa importante comunicazione, e mi è grato di rinnovarle l'assicurazione che il mio modo di vedere è intieramente conforme a quello da lei espressomi. È fermo nostro intendimento di mantenerci uniti colla Germania, e coll'Austria nell'ulteriore sviluppo della quistione egiziana, e la risposta verbale fatta dal R. governo alla circolare di lord Granville fu sostanzialmente identica a quella dei Gabinetti di Berlino e Vienna. Ci siamo astenuti dall'enunciare riserva qualsiasi, ché certo non potrebbe come tale considerarsi né la dichiarazione che si esaminerebbero le proposte particolareggiate dell'Inghilterra, delle quali veniva dato l'annuncio (dichiarazione che fu pur fatta dai due Gabinetti imperiali), né l'avere chiesto al

R. Agente in Egitto, riguardo alla situazione degli stranieri in materia d'imposte, un rapporto particolareggiato che risultò d'altronde intieramente favorevole al concetto di lord Granville. Rimane l'idea da noi messa innanzi di un metodo per l'applicazione pratica, in tempo di guerra, del principio della libertà e sicurezza del canale di Suez; ma, appunto per non scostarci dalle due Potenze centrali, ci siamo astenuti dal fare a tale riguardo alcuna formale proposta, limitandoci alla enunciazione di un concetto che avrebbe potuto essere oggetto di un ulteriore scambio di vedute fra i governi interessati.

Posso d'altronde aggiungere che, secondo le informazioni trasmesseci da

S. E. il conte Nigra, non è sorto in alcun modo nel governo della Regina il dubbio che, col suggerimento relativo al canale, l'Italia abbia voluto attraversare i suoi progetti. La nostra risposta provocò i ringraziamenti di lord Granville, il quale promise di prenderne l'ultima parte in attento esame.

(l) Cfr. n. 502.

515

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 132. Roma, 21 febbraio 1883, ore 12,45.

V. E. a parfaitement répondu à l'interrogation du comte Kalnoky concernant Tripoli. Les incidents se suivant à Tripoli, grace à la tolérance de l'autorité locale, et au mauvais vouloir des autorités militaires, avec une progression inquiétante, il était devenu pour nous indispensable de prendre envers la Porte une attitude apte à lui faire comprendre que notre amitié et notre esprit de conciliation ne pouvaient pas nous faire transiger en matière de dignité nationale, ni nous faire oublier les devoirs de protection légitime qui nous incombent vis-à-vis de nos nationaux. Le départ d'un cuirassé et le ferme langage que le comte Corti a tenu, conformément à mes instructions, paraissent avoir obtenu l'effet désiré. Les coupables commencent à recevoir, les uns après les autres la peine qui leur revient. Ordre a été donné hier matin par la Sublime Porte au gouverneur général de Tripoli de faire à notre consul une visite officielle de regret. Si cet acte de réparation est fidèlement executé, l'incident paraitrait pouvoir etre considéré camme honorablement vidé. Notre cuirassé a pu ètre arrèté à Syracuse, où il attend maintenant des instructions ultérieures. Les Cabinets amis feraient, ce ·me semble, acte de bonne politique et dont nous leur saurions gré, pour notre part, s'ils faisaient à l'occasion comprendre à la Sublime Porte tout ce qu'il y a de correct et d'amicai dans nos exigences, et tout l'intérèt qu'elle a à ne pas donner lieu à des incidents pouvant entrainer des complications facheuses.

516

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 135. Roma, 21 febbraio 1883, ore 23,50.

Reçu votre rapport concernant Beilul (l). Nous n'avons fait attention à un procédé purement administratif que parce que les lenteurs de jusqu'à présent nous laissaient supposer que le gouvernement vice-royal le préferait

à l'action strictement judiciaire. Cela n'étant pas, nous ne demandons pas mieux que de voir le tribunal compétent se prononcer avec toutes les garanties que la gravité du cas comporte. Veuillez cependant demander que les prévenus soient sans retard amenés au Caire. Je ne saurais, en effet, quel langage tenir, à la discussion qui va s'ouvrir à la Chambre d'ici à deux ou trois jours, si je devais avouer que les accusés continuent de séjourner paisiblement à Massaua. Une mésure immédiate est à cet égard indispensable. Les familles des victimes devant intervenir camme partie civile dans le procès, veuillez m'indiquer par le télégraphe quelles sont les formalités à remplir à cet effet. Veuillez également demander, en mon nom, à M. Figari, dont j'apprécie maintenant le talent et le zèle patriotique, s'il consent à se charger de la représentation de la partie civile dans ce procès et me télégraphier sa réponse que j'espère affirmative (1).

(l) Cfr. n. 500

517

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI (2)

D. 1506. Roma, 21 febbraio 1883.

Ho ricevuto i diversi telegrammi coi quali l'E. V. mi ragguaglia dei negoziati seguiti colla Porta affine di ottenere una adeguata riparazione per l'incidente di Tripoli (3), e dell'accordo seguitone tra lei e codesto ministero degli Affari Esteri. Ai termini di esso l'ufficiale e l'impiegato colpevoli sarebbero tratti in arresto e severamente puniti, ed inoltre il governatore della provincia farebbe una visita ufficiale al R. console affine di manifestargli il proprio rincrescimento per l'accaduto. Ebbi cura di informare telegraficamente V. E. (4) nella scorsa notte che tale soluzione, quando le condizioni ne fossero prontamente e lealmente eseguite, mi pareva soddisfacente. Ho quindi provveduto perché la nostra corazzata, che doveva recarsi nelle acque di Tripoli, si trattenesse a Siracusa sino a nuovi ordini, ed ho per telegrafo dato avviso al cavalier Lambertenghi dell'accordo seguito colla Sublime Porta (5).

Mi pregio trasmetterle copia di un dispaccio che ho creduto opportuno di rivolgere a quel R. console (6) acciocché gli sia norma nel suo atteggiamento di fronte alle autorità locali. Mi parrebbe importantissimo, nell'interesse comune e nello scopo di mantenere inalterati i buoni rapporti fra i due governi, che, raccomandazioni analoghe fossero dirette dalla Sublime Porta al Vali ed al Ferik di Tripoli.

34-Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XV-XVI

(l) -T. 236 del 25 febbraio 1883, non pubblicato. (2) -Ed. in LV 40, pp. 73-74. (3) -Cfr. n. 497. (4) -T. 129 del 20 febbraio 1883, non pubblicato. (5) -T. 128 del 20 febbraio 1883, non pubblicato. (6) -Non pubblicato.
518

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 252/47. Londra, 21 febbraio 1883 (per. il 25).

Ieri sera nella camera dei pari, Lord De La Warr chiese al segretario di Stato per gli Affari Esteri se i diritti dei sudditi britannici nella Tunisia, i quali derivano dalle capitolazioni, sarebbero lesi dal proposto trattato fra la Francia ed il Bey; e se il governo della Regina era disposto, come si faceva correre la voce, a consentire all'abolizione delle capitolazioni nella Reggenza.

In risposta a tale interrogazione, lord Granville disse che il governo della Regina non aveva ricevuto alcuna proposta relativa all'abolizione delle capitolazioni in Tunisia. In seguito ad una domanda della Francia, esso aveva soltanto informato il governo della Repubblica ch'era pronto a prendere in favorevole considerazione una modificazione nel regime della giurisdizione consolare che contentasse gli stranieri in Tunisia di qualsiasi nazionalità.

Un'analoga risposta era stata data da molti governi, ai quali la stessa domanda era stata indirizzata. Ed un disegno di legge era stato approvato negli Stati Uniti per mettere il governo americano in grado di aderire alle proposte della Francia.

Il governo inglese, continuò lord Granville, aveva accompagnato la sua comunicazione con la dichiarazione ch'esso si riservava tutti i diritti ed i privilegi, commerciali o d'altra natura, che i sudditi britannici godono nella Reggenza in virtù dei trattati esistenti.

Dei documenti saranno presentati al parlamento in proposito, conchiuse lord Granville, benché non si possa, per ora, determinare in quale epoca.

519

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1825. Vienna, 21 febbraio 1883 (per. il 25).

Trovandomi ieri dal conte Kalnoky al suo ebdomadario ricevimento S. E. chiesemi quanto vi sia di vero nelle notizie telegrafiche assai contraddittorie, che i giornali riportano in questi giorni intorno a vari incidenti che si sarebbero verificati negli ultimi tempi a Tripoli: ed aggiungevami difettare d'informazioni precise al riguardo, l'Austria-Ungheria non avendo in quella regione console di carriera.

Mi affrettai a rispondere a S. E. che io pure mi trovava imbarazzato a discernere il vero dal falso nelle notizie di cui è caso, le sole informazioni ch'io ho essendomi date dai documenti diplomatici trasmessemi dal mini

stero, che rimontano ad alcuni giorni addietro; ma che in base però a queste potei constatare che la Sublime Porta agisce assai poco prudentemente rifiutandosi fino ad ora a riconoscere l'inappuntabilità della condotta tenuta dal nostro console in occasione del noto incidente avvenuto alle porte di Tripoli, ed anzi a pretendere il richiamo di quel funzionario. Aggiungevo poi ancora che del resto il R. governo altro non ricerca, da quanto mi risulta, se non di ottenere prontamente la dovuta soddisfazione senza per nulla voler dare all'incidente proporzioni maggiori; e così finì la nostra conversazione su quest'argomento.

A questo proposito parmi non inutile il riferire qui all'E. V. un'altra breve conversazione relativa a Tripoli che alcuni giorni or sono ebbi col conte Kalnoky.

Trovandomi nell'anticamera del ministro ad aspettare il mio turno per entrare da S. E. lessi in un giornale di Vienna, che non mi ricordo più quale fosse, un articolo in cui era detto che il Gabinetto di Vienna spingeva fortemente l'Italia a procedere all'occupazione di Tripoli. Chiamato ad entrare nel Gabinetto del ministro dissi a S. E. ciò che aveva letto, e scherzando gli chiesi se effettivamente egli stava esercitando presso il mio governo quell'azione istigatrice che il detto giornale affermava. A questa mia domanda il conte Kalnoky sorridendo lui pure rispose: che questa politica da parte sua troverebbe riscontro nelle parole pochi giorni prima pronunziate da un ministro inglese, con non cui ricordo più quale S. E. m'indicasse, che parlando della vertenza della Francia col Madacascar avrebbe detto, che se il governo della Repubblica intendeva impegnarsi in un'azione in quella direzione, l'Inghilterra non avrebbe certo a dolersene.

Non volendo io, come di ragione, impegnare una conversazione su quell'argomento assai delicato, lasciai cadere il discorso, e si parlò d'altro, restandomi però l'impressione d'altronde assai naturale che indubbiamente non sarebbe il Gabinetto di Vienna che ci farebbe opposizione se fossimo condotti dagli eventi a prendere a Tripoli quella posizione che ci assicurerebbe per l'avvenire la dovutaci parte d'influenza nel Mediterraneo.

(l) Ed. In LV 43, p. 27.

520

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A TUNISI, RAYBAUDI MASSIGLIA

D. 241. Roma, 22 febbraio 1883.

Riferendomi al dispaccio che diressi alla S. V. n. 233, di questa serie (1), stimo opportuno comunicarle, per sua informazione confidenziale, il tenore della risposta testé data dal conte Granville al R. ambasciatore a Londra circa l'accoglienza che incontrerebbe al Foreign office la proposta del governo francese diretta a far cessare in Tunisia la situazione eccezionale sorta dalle capitolazioni.

Lord Granville ha fatto notare come le proposte della Francia che il governo inglese si è mostrato finora disposto a prendere in esame, non si riferissero che all'abbandono dell'esercizio della giurisdizione civile e criminale dei consoli britannici in Tunisia; e come sarebbe quindi, a parer suo, prematuro di entrare in una discussione circa la rinunzia degli altri diritti e privilegi, alcuni fra i quali possono diventare incompatibili col nuovo ordine di cose introdotto nella Reggenza mercé lo stabilimento dei tribunali francesi, poiché siffatta questione non è stata ancora intavolata.

(l) Cfr. n. 415.

521

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1826. Vienna, 22 febbraio 1883 (per. il 5 marzo).

/accoglienza fatta dal principe di Montenegro al principe Pietro Karageo:rgevié ed il prolungato soggiorno a Cettinje del medesimo, non poté a meno di dispiacere al Gabinetto di Vienna che si dimostra mediocremente pago delle spiegazioni date al riguardo dal giornale ufficiale del principato.

Il conte Kalnoky dissemi che avvertito proprio all'ultimo momento dal principe Nicola dell'imminente arrivo a Cettinje del principe Karageorgievich si era affrettato a far conoscere a S. A. quanto quella visita presentavasi inopportuna, e S. E. mi aggiungeva che il signor de Giers che in quei giorni trovavasi a Vienna aveva lui pure telegrafato a Cettinje, consigliando il principe a far tosto partire quel compromettente visitatore. A quei consigli dati coi dovuti riguardi S. A. avrebbe sulle prime risposto in modo alquanto risentito facendo rilevare esser egli padrone di ricevere in casa sua chi gli piace. Il conte Kalnoky osservavami, che se infatti il principe di Montenegro è libero di ricevere in casa sua chi vuole non è però men vero che la presenza a Cettinje del pretendente al trono di Serbia è di natura a destare non infondati sospetti d'intrighi poco rassicuranti per la Serbia ed anche per altri Paesi balcanici; intrighi di cui l'esistenza non può essere contestata a malgrado la dichiarazione dell'organo ufficiale del governo montenegrino. Del resto soggiungevami ancora, la miglior pruova che la visita di cui è caso non è fatto così semplice e naturale come lo si vuole far credere, sta in ciò che il principe Karagiorgievich che risiede in Croazia ed è liberissimo di andare e venire nel territorio della Monarchia come e dove meglio gli piace, invece di recarsi a Cettinje, prendendo imbarco come il primo venuto a Trieste, vi giunse assumendo un falso nome, e tenendo la via di Brindisi e Corfù, circostanze queste che contribuiscono grandemente a dare un aspetto poco chiaro a quella visita, che si vorrebbe ora dipingere con colori così naturali.

S. E. non mi disse altro, ed io nulla chiesi di più, bastandomi di aver potuto constatare che l'appoggio del Gabinetto di Vienna anche in questa circostanza non vien meno al Re Milan.

522

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3209. Berlino, 24 febbraio 1883 (per. il 28).

Je remercie V. E. des renseignements télégraphiques qu'elle a bien voulu me transmettre sur l'affaire de Tripoli.

En voie tout-à-fait confidentielle et meme sous forme privée, j'en ai touché quelques mots avec le comte de Hatzfeldt qui se montrait satisfait que cet incident qui avait produit une très vive alerte à Constantinople semblait maintenant etre clos.

Il s'abstenait au reste de toute autre considération. Je m'étais borné à dire que par notre attitude nous avions démontré que, tout en nous faisant respecter, nous n'avions jamais eu en vue de créer des complications.

Il est impossible toutefois de ne pas constater un fait. Tandisque nous prechions le maintien du statu quo territorial, sans trop de succès certes, dans la Tunisie et en Egypte, d'autres Puissances travaillaient en sens contraire. Il ne faudrait pas qu'il en fut de meme dans la Tripolitaine. Plus que jamais nous devons avoir les yeux ouverts sur les intrigues de la France, ou du moins de ses agents dans ces régions. Il nous importe de les contrecarrer habilement, autrement nous serons bientòt bloqués dans la Méditerranée. A cet effet nous ne pouvons dans une certaine mesure espérer que l'appui de l'Angleterre qui, par esprit de rivalité, ne saurait voir de bon oeil les aspirations de la France (l).

523

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 2552. Costantinopoli, 27 febbraio 1883 (per. il 7 marzo).

Per uno de' telegrammi (2) che l'E. V. mi fece l'onore di rivolgermi ne' passati giorni, essa a ragione diceva non comprendere a quali misure facesse allusione S. M. il Sultano quando, nell'intendere la partenza della Regia corazzata alla volta di Tripoli, mi mandava un messaggio in proposito. Ed ora che l'incidente travasi felicemente composto, credo mio dovere d'esporle alcuni ragguagli che vennero indi a mia conoscenza. Allorché S. M. lesse il relativo telegramma dell'agenzia Havas se ne mostrò vivamente alterata ed avendone conferito co' suoi confidenti di Palazzo, mandò alla S. Porta l'ordine di allestire alcune navi da guerra, ché alcune voleva mandarne a Napoli ed altre ad Ancona.

Li quali ragguagll vennero a me da piu di una sorgente indiretta, né ho d'uopo di dire quanta commozione essi mi cagionassero. Io credo che assai

difficilmente siffatti intendimenti sarebbero stati tradotti in atto. Ma è da considerarsi che l'animo di S. M. il Sultano fu sommamente esacerbato dalle vicende della Tunisia e dell'Egitto, la Tripolitania è una provincia integrante dell'Impero, false voci furono sparse da taluni giornali riguardo alle aspirazioni dell'Italia, chi può prevedere gli effetti di un momento di esaltazione di un Sovrano assoluto, cui le passate peripezie hanno indotto ad uno stato di irrequieta suscettibilità e di costante diffidenza non sempre fondate sulla ragione e sul diritto'?

(l) -Per la risposta cfr. n. 528. (2) -T. 125 del 19 febbraio 1883, non pubblicato.
524

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 3214. Berlino, 2 marzo 1883 (1).

Avant l'arrivée du due de Gènes, je Iaissais entendre au secrétaire d'Etat que Son Altesse Royale émettrait peut-ètre comme l'avait fait monseigneur le due d'Aoste l'année dernière, le désir de voir le chancelier de l'Empire auquel l'état de sa santé ne permettait pas de se rendre Iui-mème au chàteau. Je priais S. E. de s'entendre éventuellement à ce sujet avec le prince de Bismarck.

Le comte de Hatzfeldt me disait mardi soir que son chef serait très flatté d'une telle rencontre, en priant de l'excuser d'avance auprès de S. A. R., s'il ne venait pas s'entretenir avec elle au chàteau. Depuis un mais il n'était pas sorti hors de chez lui, et ne pouvait encore se tenir debout sans douleurs. Il comptait sur l'éxtrème indulgence du prince. A deux heures et demie du lendemain dans l'après-midi l'archiduc Rodolphe s'était fait annoncer. S'il convenait au prince Thomas de Savoie de venir avant ou après, la porte serait grandement ouverte.

J'ai communiqué ce message au due de Gènes qui se trouvait au rendez-vous au jour et à I'heure concertés de part et d'autre. Voici en substance quel a été l'entretien d'après !es indications que S.A.R. a bien voulu me fournir.

Le due de Gènes a dit tout d'abord que le Roi sachant que le prince de Bismarck était souffrant, avait chargé son beau frère d'exprimer à S.A. les meilleurs voeux pour la prompte guérison d'un homme d'Etat dont S. M. connaissait !es sentiments amicaux envers l'Italie.

Le chancelier témoignait de sa vive reconnaissance pour cette gracieuse attention. Quant aux bons rapports entre l'Allemagne et l'Italie, ils découlent tout naturellement de ce que Ies intérèts de ces Puissances n'offrent pas de divergence et se combinent mème au mieux pour le maintien de la paix générale. II en est de mème des relations du Cabinet de Berlin avec l'Autriche, laquelle a complètement renoncé à son ancienne politique de Iuttes et de domination en Allemagne comme en Italie, ce qui avait été au reste dans le passé

une cause de grand affaiblissement pour la Maison de Habsbourg. C'est pourquoi l'Allemagne vit maintenant dans une intimité parfaite avec l'AutricheHongrie. Une considération semblable ne peut que prévaloir dans les rapports de l'Italie avec l'Autriche. L'entente de ces trois Puissances présente une solide et mutuelle garantie au point de vue défensif. Le Cabinet de Berlin ne vise à attaquer personne, mais il est pret et décidé, le cas échéant, à repousser énergiquement toute agression. Le danger est du còté d'une France où les passions sont toujours en ébullition, et du c6té de la Russie où, pour ne citer qu'un seul détail, il règne dans l'armée un certain mécontentement. Les troupes sont disséminées sur un vaste terrain. L'officier rélégué dans de petites garnisons «s'ennuie ». Il préférerait la guerre à une vie non seulement dépourvue de tout agrément, mais entourée de beaucoup de privations.

Parlant ensuite de visite et contre-visite qui certes avaient aussi leur signification, et poursuivant la conversation dans cet ordre d'idées, le chancelier ajoutait que la date de la fete de l'Empereur (le 22 mars) coYncidant cette année avec le jeudi saint ne serait pas recommandable. C'est précisément pour éviter la coYncidance que la célébration solennelle en avait été anticipée au 28 février, au meme jour des fetes commémoratives des noces d'argent du Prince héréditaire. Cette saison n'est d'ailleurs nullement propice à un déplacement. Il y aurait meme ici de l'indiscrétion à le suggérer. Il conviendrait dane de choisir une époque plus opportune, camme par exemple durant les manoeuvres. Ici plus qu'ailleurs peut-etre on attache une grande importance à ces exercices militaires. L'Empereur tient à montrer ses troupes, et à accentuer à la fois le c6té politique et militaire de l'entrevue. Les grandes manoeuvres de corps d'armée ont lieu en automne. Il y a aussi les exercices de la garde dans ces garnisons de Berlin et à Potsdam, suivis d'une revue dans les derniers jours de mai. Il est laissé aux convenances de Notre Auguste Souverain de choisir l'une ou l'autre de ces deux époques de manoeuvres.

En ce qui regarde la restitution de la visite, qui évidemment devrait etre rendue à Rome, le prince de Bismarck est entré dans quelques considérations. Vu l'àge de l'Empereur, ce serait assumer une grave responsabilité que de lui conseiller ce long voyage. D'ailleurs l'opinion publique en Allemagne ne manquerait pas de s'émouvoir péniblement à l'idée qu'on pùt, dans des calculs politiques, exposer ce souverain à de très grandes fatigues et méme aux périls d'un semblable déplacement pour la santé d'un vieillard déjà dans sa quatre-vingt septième année. Dans ces conditions, dont chacun se rendrait compte, le prince héréditaire pourrait etre chargé de représenter la personne de l'Empereur.

Le chancelier disait en outre qu'il estimait une telle entrevue politiquement désirable dans l'intéret monarchique et dans celui de la paix, les deux buts que nos gouvernements doivent poursuivre.

Monseigneur le due de Genes n'a préjugé en rien une question sur laquelle il n'était nullement préparé. En habile marin, il a su louvoyer avec une mesure parfaite. Moi-meme, je suis camme tombé des nues quand S, A. R. a bien voulu me communiquer cet entretien, en m'en rapportant exactement la substance. Les renseignements que je me procurais auprès du secrétaire d'Etat en étaient la confirmation, sauf sur certaines nuances dont j'ai tenu compte en repro

duisant le récit qui m'a été fait de vive voix par S. A. R., S. E. me donnalt rassurance aue l'Empereur avait accueilli avec une véritable satisfaction ce voyage en perspective.

Le comte de Hatzfeldt s'est en quelque sorte excusé de ne pas m'avoir jusque là soufflé mot sur ce sujet en cours de négociations entre V. E. et monsieur de Keudell dont le dernier rapport ou télégramme laissait supposer que le prince Thomas ferait ici quelque ouverture. C'était là le point de départ pour le langage du chancelier. Il aurait cru d'ailleurs manquer de courtoisie vis-à-vis d'un prince de Notre Auguste Maison et si proche parent du Roi, s'il n'avait pas parlé là-dessus. Pour ce qui me concerne voyant que je n'avais fait aucune allusion, ni abordé de près ou de loin ce sujet, il ne lui appartenait pas d'entrer lui-mème en matière.

Je ne puis m'empècher de constater dans cette circonstance la différence de procédé entre la confiance qui m'était témoignée en 1873 dans la phase préparatoire du voyage du Roi Victor-Emmanuel à Berlin, et l'ignorance complète dans laquelle on m'a laissé aujourd'hui. Je n'en découvre aucun motif plausible. Il était contraire aux égards dus au prince Thomas de Savoie de l'exposer, sans aucune direction, à un entretien sur une matière si délicate, lorsqu'on devait savoir à Rome ce que mandait Monsieur de Keudell à Berlin. Je ne puis avoir la prétention de jouir d'un traitement plus favorable que S. A. R. Mais j'ai ma part de responsabilité dans nos rapports politiques avec l'Allemagne, et cette responsabilité j'entends la porter dans l'intérèt du Roi et du Pays. En agissant dans une occasion aussi importante, à l'insu de l'ambassadeur de Sa Majesté, le ministère a certainement perdu de vue qu'il est de bonne politique d'informer directement un représentant diplomatique dans une des principales missions, et de ne pas lui faire jouer un ròle effacé. Mieux vaudrait autrement ne pas avoir d'ambassadeur à Berlin.

Dans cette occasion, permettez-moi de le dire, monsieur le ministre, le gouvernement a risqué par cet oubli de ce qu'exigeaient les convenances et les usages diplomatiques, de diminuer la confiance dont j'ai jouie jusqu'à présent, et dont j'ai besoin pour m'acquitter consciencieusement et utilement de mes devoirs. Je croyais durant ma longue carrière avoir acquis quelque titre à ètre non seulement écouté, mais aussi consulté. Je regrette de constater que dans cette occasion on ait préféré me tenir à l'écart.

S. A.R. ayant télégraphié au Roi que j'enverrai un rapport sur son entretien avec le prince de Bismarck, je prie V. E. de le soumettre à Sa Majesté.

(l) Manca l'indicazione del giorno di arrivo.

525

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1833. Vienna, 2 marzo 1883 (per. il 5).

Lo scoppio dei petardi gettati da mani ignote la sera del 27 scorso sotto la porta del Palazzo Chigi, dinanzi al palazzo di Venezia, e sulla piazza del Quirinale non poté a meno di produrre a Vienna assai spiacevole eco.

Non certo che a qualcuno possa venir in mente l'accaduto sia imputabile a trascuranza di sorveglianza da parte del governo; ma l'opinione pubblica è si può dire quasi unanime nel giudicare che se la serie di lamentevoli fatti accaduti a Roma ed altrove in Italia in questi ultimi mesi, ha potuto prodursi, ciò è causato dal fatto che mentre si esercita una vigilanza locale quasi unicamente repressiva, che tutt'al più riesce a colpire agenti subalterni del partito anarchico, l'impunità la più completa è assicurata ai loro capi, che con discorsi, pubblicazioni, ed in ogni altra maniera, eccitano le passioni popolari e spingono con tutti i mezzi, i loro gregari a fatti di natura a compromettere le relazioni dell'Italia coll'Austria-Ungheria per arrivar così a battere in breccia la Monarchia.

I nomi dell'Imbriani del Bovio del Cavallotti, dell'Ellero, e più di tutti quello del Carducci, sono pronunziati qui, e vano sarebbe il tentare di spiegare, che quelli fra essi, che ad un titolo qualunque sono stipendiati dallo Stato, ed hanno prestato un giuramento al Re ed alla costituzione che ci regge, sono perché magistrati e professori, intangibili. Se le leggi vigenti sono insufficienti a colpirli, se ne facciano delle apposite, così si dice qui; ma andare avanti a quel modo non è possibile.

Fino ad ora il conte Kalnoky non mi ha detto parola alcuna su quell'argomento, bastandogli forse che i giornali tengano il linguaggio, ch'egli impiegherebbe se si accingesse a discorrerne meco. Ma per conto mio, non mi faccio illusioni di sorta, se quel silenzio ufficiale che meco viene osservato, mi libera in verità dal più che difficile compito di difendere ad ogni costo, come è il dover mio, il governo che rappresento, non avendo per ciò fare che argomenti di un'efficacia assai problematica, esso però non è di natura a farmi chiudere gli occhi sulle conseguenze, che il prolungarsi di un sì deplorevole stato di cose trarrà seco. Infatti ogni nuovo incidente di quella natura che si produce in Italia ingenera qui il convincimento, che il governo è impotente a mantenere il Paese nell'indirizzo politico che volle darvi; ogni fiducia nell'Italia sparisce per far posto alla persuasione, che il giorno venuto invece di averci a fianco ci troverebbero a fronte, schierati coi francesi in unione cogli anarchici di tutti i Paesi. In previsione di quell'avvenire ci si lascia nell'isolamento che sempre più si farà sentire, ben giudicando, che questo è il mezzo migliore per indebolirei e renderei assolutamente impotenti al momento in cui ci trovassimo costretti a combattere la Germania e l'Austria coalizzate.

Il fatto è troppo evidente per poterlo disconoscere, il nostro concorso è sempre accettato senza esprimercene gratitudine e per conto mio non vedo circostanza in cui il Gabinetto di Vienna ci abbia effettivamente dato un qualunque concorso morale almeno, in questioni che essendo di nostro speciale interesse per nulla offendono i suoi.

Vi fu un tempo in cui il partito liberale sì in Austria che in Ungheria simpatizzava coll'Italia e le pruove non ci fecero difetto; ma in oggi quella simpatia per quanto platonica potrebbe essere, vista la prevalenza del partito conservatore, ed anzi esplicitamente retrogrado in Austria, ci è venuta intieramente meno. Se talvolta incidentalmente l'uno o l'altro dei giornali liberali inneggia all'Italia citandone l'esempio in taluna questione, ciò apparisce chia

ramente essere unicamente un'arma di partito per combattere l'attuale governo cisleitano, in maniera da scansare le persecuzioni della procura imperiale. Infatti negli articoli stessi in cui si porta alle nubi il nostro regime liberale, o le nostre finanze, non fanno mai difetto insinuazioni, od allusioni, la di cui malevolenza non può sfuggire anche al lettore 11 meno perspicace.

Indubbiamente mi rendo perfettissimo conto delle difficoltà della situazione in Italia, dei gravi ostacoli che si dovrebbe sormontare ove si volesse applicare inesorabilmente le leggi esistenti ed anche all'uopo presentarne delle nuove al parlamento, più esplicite e rigorose. Ma ciò non può impedirmi di adempiere il dovere che m'incombe in modo assoluto di rappresentare al R. Governo le conseguenze che la nostra riluttanza ad affrontare risolutamente oggi (che forse siamo ancora in tempo) quelle difficoltà, trae seco fin d'ora e che si faranno sempre maggiori diventando finalmente irreparabili.

Anche questa volta ho creduto poter adoperare coll'E. V. quel franco linguaggio che mi è dato constatare, ella volle sempre consentirmi, ed a cui mi compiaccio anche dire il R. governo ebbe in parecchie circostanze mostrare averlo preso in considerazione; ma a me non lice insistere maggiormente; avendo così adempito al mio sacrosanto dovere, la mia coscienza almeno riposerà tranquilla, qualunque piega possano prendere gli eventi.

526

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, R. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 228. Sofia, 2 marzo 1883 (per. il 14).

Addì 28 del mese andato, a tutti i miei colleghi delle grandi Potenze essendo finalmente pervenute le istruzioni che l'E. V. si compiacque darmi con gli ossequiati suoi dispacci delli 19 dicembre (l) e 13 gennaio (2), potemmo firmare la nota collettiva diretta al signor Stoilov, ministro degli Affari Esteri, per comunicargli copia dell'atto delli 17 dicembre 1878 che determina il confine fra la Rumania e la Bulgaria, nonché il testo delle posteriori modificazioni, ed invitare il governo di questo Principato ad intendersi direttamente col governo del Regno di Rumania, onde sia stabilito il confine fissato dalla commissione internazionale.

Nel trasmettere qui unita a V. E. una copia della nota collettiva...

ALLEGATO

Sofia, 28 febbraio 1883.

Les soussignés représentants d'Allemagne, d'Autriche-Hongrie, de France, de Grande Bretagne, d'Italie et de Russie, d'ordre de leurs hauts gouvernements respectis, ont l'honneur de communiquer par la pTésente à S. E. M. stonov, ministre des affaires

etrangères de la Principauté de Bulgarie, copie de l'acte du 17 décembre 1878 fixant la frontière entre la Roumanie et la Bulgarie, ainsi que le texte des modifications des articles 6 et 7 de cet acte adoptées ultérieurement par les Pruissances signataires du traité de Berlin.

En outre de leurs instructions, les soussignés sont chargés d'adresser au gouvernement princier l'invitation de s'entendre directement avec· le gouvernement royal de Roumanie pour la mise à exécution des décisions de la commission internationale de délimitation, c'est à dire de se concerter avec le gouvernement royal de Roumanie pour prendre d'un commun accord, d'après l'article 8 de l'acte de délimitation, les mesures que les deux Etats limitrophes jugeront nécessaires pour établir des marques de bornage conformément au tracé arreté par la commission internationale et consigné dans la carte descriptive également ci-jointe.

Une communication analogue e.:;t adressée au gouvernement roumain par les représentants des Puissances signataires accréditées à Bucarest.

(l) -Cfr. n. 436. (2) -D. 84 del 13 gennaio 1883, non pubbUcato, ma cfr. n. 458.
527

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. R. 38. Parigi, 3 marzo 1883 (per. il 6).

Ieri mattina l'onorevole W. Gladstone è ripartito per l'Inghilterra dopo di essersi fermato due giorni a Parigi al suo ritorno da Cannes. Egli ebbe l'occasione di vedere i personaggi più importanti dell'attuale governo e si incontrò fra altri coi signori Waddington e Léon Say.

Sembra che in seguito ai colloqui avuti con lui, l'irritazione che nella stampa si manifestava contro l'Inghilterra sia alquanto scemata e che questo governo speri qualche soddisfazione nelle varie questioni che si agitano fra i due Paesi. Però si porta opinione che l'Inghilterra non recederà dalla posizione preponderante che ha testé acquistato in Egitto. Questo attuale ministero attingerebbe certo qualche maggior forza ove migliori relazioni venissero a ristabilirsi fra i due Paesi.

Mi limitai a portare la mia carta di visita all'onorevole signor Gladstone senza chiedere di vederlo, sembrandomi un'indiscrezione il prendergli, senza necessità, alcuni dei pochi momenti che aveva a passare in questa capitale. Egli mandò ieri lord Lyons a ringraziarmi di quel mio atto di ossequio.

In questi giorni io seppi varii particolari che si riferiscono al viaggio del signor W. Gladstone in Francia. Quando vennero a scoprirsi i fili della vasta congiura ordita in Irlanda, il signor Gladstone fu oggetto di minaccie e di tentativi criminosi talmente serii, che gli si consigliò di allontanarsi per qualche tempo finché fossero stati arrestati i principali compromessi nella congiura. Si assicura che fin nel suo viaggio egli venne custodito da una squadra di dieci

o dodici detectives scelti fra i più abili dell'Inghilterra.

528

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. 1385. Roma, 4 marzo 1883.

Con rapporto in data 24 febbraio (l), l'E. V. si compiaceva ragguagliarmi di un colloquio avuto col conte Hatzfeldt sui recenti incidenti di Tripoli, e ne traeva argomento per manifestarmi l'opinione sua personale rispetto alla politica che ci converrebbe seguire pel caso che avesse a sorgere una questione tripolitana. Sono lieto, signor conte, di potermi associare intieramente alle saggie considerazioni da lei esposte sopra questo importante argomento. Il governo del Re è fermamente risoluto di non recare scosse allo stato di cose esistente, e di non dare origine a complicazioni, che potrebbero porre in forse quella pace, la quale costituisce lo scopo cui tendiamo in unione colle due Potenze centrali. E di questa nostra correzione di condotta, del nostro assoluto disinteresse è prova evidente la moderazione dimostrata nella circostanza attuale. Ma, evidentemente, non potrebbe l'Italia essere indifferente a qualsiasi tentativo di altra Potenza di occupare la Tripolitania; ciò costituirebbe una rinunzia ad ogni avvenire nel Mediterraneo, così contraria ai nostri interessi, che dobbiamo in ogni modo adoperarci per rendere impossibile un tale evento.

Epperò io La prego di voler cogliere qualche propizia occasione, della quale lascio la scelta al suo savio apprezzamento, per dichiarare francamente al Gobinetto di Berlino il nostro pensiero, aggiungendo che, per i legami che ci uniscono alla Germania, facciamo assegnamento sulla sua efficace cooperazione per allontanare il pericolo da me accennato, e sulla sua partecipazione ad ogni nostra opposizione e prevenzione diplomatica diretta a tale scopo.

529

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (2)

R. 39. Parigi, 4 marzo 1883 (per. l'8).

Il Senato, avendo votata l'urgenza, esaminò ieri in prima lettura il progetto di legge sull'organizzazione della giurisdizione francese nella Tunisia, composto di 21 articoli.

Apri la discussione generale il duca di Broglie, il quale, riconoscendo la necessità oramai urgente di attuare riforme nella Reggenza, fece questa dichiarazione: «Io ho chiesto su questo argomento una libera e completa discussione a parecchie riprese a tutti i ministeri che si sono succeduti; sempre mi fu promessa, ma non mi fu accordata mai. Mio malgrado si sono moltipli

cati i ritardi e i rinvii: oggi debbo pur riconoscere che il tempo è passato e che decisamente non è più possibile ritornare sopra fatti compiuti. Sono quasi due anni che la bandiera francese sventola sulle coste della Tunisia. n ritirarla ora, o anche soltanto il farla indietreggiare sarebbe per la Francia una confessione di leggerezza e di impotenza, una estremità umiliante e dolorosa che non mi sento più il coraggio di proporre. Per quanto rincrescimento io provi, per quanto timore io abbia potuto concepire in principio -e nulla è ancora sopraggiunto a diminuire questo rincrescimento e questo timore -io mi inchino dinanzi alla necessità. Riconosco di più che, dal momento che la cosa è fatta, bisogna condurla a fine nel miglior modo possibile ».

Al duca di Broglie rispose tosto il ministro degli Affari Esteri, il quale, nel rallegrarsi che il suo contraddittore si fosse mostrato egli pure disposto a credere che i francesi sono in Tunisia «a titolo definitivo », si diede a spiegare le ragioni e le disposizioni del progetto, che riguarda anzitutto i sudditi ed i protetti francesi in Tunisia, rispetto ai quali si propone essenzialmente di sostituire alla giurisdizione consolare la giurisdizione comune della Francia. Ma, osserva il signor Challemel-Lacour, un paragrafo del progetto stabilisce pure che la competenza dei tribunali da istituirsi si estenderà ad ogni altra persona nei casi che saranno determinati con decreti resi dal Bey coll'assenso del governo francese. Queste persone potranno anche essere gli stranieri stabiliti in Tunisia; ma il carattere eminentemente facoltativo dell'accennata disposizione induce la certezza che tali decreti non potranno essere resi che dopoché siano intervenuti accordi colle Potenze per abrogare le capitolazioni. In questo senso, continua il ministro, i rappresentanti della Francia furono incaricati d'informarsi delle disposizioni degli altri governi; egli non crede che una domanda precisa di procedere fin d'ora alla abolizione delle capitolazioni sia stata rivolta al governo inglese; ma afferma che la Francia ha ottenuto da tutte le Potenze, una sola eccettuata, risposte soddisfacenti. Tutte, salvo una, hanno assicurato che il loro assenso alla abrogazione delle capitolazioni non mancherebbe quando l'ordinamento di una giustizia francese in Tunisia offrisse loro sufficienti garanzie.

Dopo un discorso del signor de Gavardie, contrario in massima al progetto in discussione, ed una dichiarazione in senso favorevole del conte di St-Vallier, il senato adottò successivamente tutti gli articoli del progetto di legge, e ne votò poi il complesso con 226 voti contro 5.

(l) -Cfr. n. 522. (2) -Ed. in LV 43, pp. 28-29.
530

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA

T. 200. Roma, 11 marzo 1883, ore 2,30.

Je m'empresse d'informer V. E. d'un regrettable incident qui s'est produit aujourd'hui dans notre Chambre des députés à l'occasion de la discussion du budget des affaires étrangères. Le député Sonnino, en attaquant avec langage violent politique du Cabinet italien en Egypte, a rapproché votre dépeche 27 septembre (1), qui est le dernier du Livre Vert, avec une dépeche de la meme date écrite par Iord Granville au chargé d'affaires britannique à Rome, imprimé dans le Blue Book n. l 1883, Egypte, pag. 8. Sonnino a blamé vivement votre langage qu'il suppose dicté par mes instructions, pour avoir affirmé à Granville camme le vrai motif de notre refus de coopération armée avec l'Angleterre en Egypte, l'état des forces militaires de l'Italie, qui ne pouvait faire face à l'envoi de 20 à 25 mille hommes en Egypte, c'est à dire que V. E., d'après l'interprétation Sonnino, aurait déclaré l'impuissance militaire et maritime de l'Italie. J'ai immédiatement repoussé avec dédain l'artifice avec !eque! l'orateur dénaturait le sens véritable de votre déclaration relatée dans le document anglais, et qui référait probablement au simple besoin d'un court retard pour insuffisance momentanée des ressources et fonds militaires dans le budget, ce qui nécessitait la convocation du parlement. Je me suis porté garant qu'un ambassadeur et un général italien, et surtout le marquis Menabrea, illustration militaire et diplomatique de notre Pays, n'a pu jamais penser ni affirmer ce que suppose Sonnino, et j'ai appelé le jugement de l'opinion publique italienne sur l'antipatriotique interprétation donnée à vos paroles Sonnino a cependant lu et expliqué à sa manière la dépeche anglaise, en insistant sur l'existence d'instructions transmises à vous dans ce sens.

Je prie V. E. de vous procurer et lire le Blue Book anglais, et de me donner télégraphiquement tous !es éclaircissements que vous jugerez utiles sur la dépeche de Granville. Avant tout vous savez parfaitement qu'aucune instruction dans ce sens ne vous a été donnée. Vous pouvez me faire facilement connaitre le sens et la portée exacte de vos affirmations à lord Granville sur notre état militaire et maritime. La vérité est que j'avais fait tout préparer par Ferrera et Acton pour transporter sans aucun retard en Egypte un corps de 20 à 25 mille hommes, si l'expédition était décidée.

Probablement votre langage a été mal interprété par lord Granville ou reproduit avec inexactitude par la rédacteur de la dépeche. Je n'admets pas au nombre des choses possibles une affirmation dans votre bouche de l'impuissance de l'Italie à expédier 20 à 25 mille hommes hors de son territoire.

Dans tous les cas je vous laisse apprécier s'il est convenable de vous adresser par lettre confidentielle à lord Granville en lui rappelant ses excellents rapports avec vous pour lui demander s'il est disposé à vous expliquer le véritable sens de la dépéche. La discussion continuera lundi. J'attends, demain soir dimanche deux télégrammes de V. E. l'un ostensible contenant intégralement et exactement le récit détaillé de votre conversation avec lord Granville à l'égard de l'état militaire et maritime de l'Italie (2); l'autre confidentiel (3), pour m'informer si V. E. a jugé convenable, ou non, d'écrire, et en quels termes, à lord Granville.

(l) -R. 1529/1398, non pubbllcato, ma cfr. n. 333. (2) -T. 326 e T. 327 dell'H marzo 1883, non pubblicati. (3) -Cfr. n. 532.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 3220. Berlino, 11 marzo 1883 (per. il 18).

J'ai l'honneur de remercier V. E. de l'approbation qu'elle veut bien donner par sa dépeche du 4 mars (n. 1385) (l) à quelques idées que j'emettais à propos des derniers incidents de Tripoli.

Vous me chargiez en meme temps de choisir une occasion favorable pour déclarer ici franchement notre pensée, et exprimer l'espoir que la coopération du Cabinet de Berlin ne nous ferait pas défaut pour éloigner le danger d'une modification du statu quo.

Dans une visite que j'ai faite hier au secrétaire d'Etat, j'ai cru trouver le joint pour une entrée en matière. En voie confidentielle, je lui ai parlé d'une manière entièrement conforme à la dépeche précitée de V. E. Je n'ai pas meme hésité à lui en donner lecture.

Il ne pouvait, disait-il, me répondre avant d'en avoir conféré avec le chancelier, ce qu'il ne manquerait pas de faire. Il n'avait en attendant qu'à exprimer une opinion tout-à-fait personnelle. Dans les questions qui ne touchent pas directement les intérets de l'Allemagne, celle-ci se tient d'habitude sur la réserve, réserve doublement de mise quand il s'agit de questions pour elle très secondaires où si elle se mettait en avant on ne manquerait pas de l'attribuer à des arrière-pensées contre lesquelles il fallait se prémunir. Ainsi dans l'affaire de Tunis, si elle eut cherché à détourner la France de son expédition, que n'aurait-on pas dit et inventé à Paris contre l'Allemagne à chaque instant suspectée des plus noirs desseins!

D'ailleurs existe-t-il quelques indices de convoitise de la France sur la Tripolitaine? Cette Nation a trop d'embarras intérieurs sur les bras pour songer à envahir de nouveaux territoires en Afrique.

Nous ne prétendions pas, ai-je observé, que nous fussions à la veille de lui voir faire un nouveau pas dans ses aspirations. Néanmoins ce sont les gouvernements aux prises avec des graves difficultés intérieures, qui parfois .;e trouvent dans la nécessité d'ouvrir quelque soupape de sureté, en détournant à l'étranger le trop plein des passions. Pour ce qui nous regarde, il nous importe de ne rien négliger pour prévenir une telle éventualité. Et en agissant de la sorte, nous nous montrons fidèles à notre programme qui a pour but essentiel, comme celui de l'Allemagne et de l'Autriche, de travailler à écarter toute complication de nature à troubler peut-etre la paix. Nous ne saurions voir d'un oeil indifférent que la Tripolitaine en passant en d'autres mains, rendit notre position semblable à celle d'une armée bloquée dans une forteresse. Notre avenir serait gravement compromis, perdu meme dans la Mediterranée, et nous nous trouverions paralysés au point de vue maritime si

nous devions entrer un jour en communauté d'action avec l'Allemagne et l'Autriche, dans le cas où la France battrait le rappel d'une revanche vers les Vosges, ou pour une campagne en Italie.

Quant à la question qui m'était faite s'il existait quelques indices que la France visàt à jeter le grappin sur d'autres territoires avoisinant l'Algerie, je ne pouvais que me référer à des déclarations au moins officieuses laissant clairement entrevoir qu'à Paris on caresse l'idée de fonder un Empire africain, ne fO.t-ce que pour faire pièce à l'Angleterre depuis son occupation en Egypte, et dans l'ile de Chypre. En outre, si j'avais bonne mémoire, il résultait d'un rapport qui avait passé entre mes mains en novembre dernier, que l'agent consulaire français à Tripoli ne se faisait pas faute de se livrer à une propagande très active dans cet ordre d'idées. Il est vrai que les agents en Orient sont assez disposés à prendre des allures qui ne cadrent pas toujours avec leurs instructions, et que ceux qui se bornent au ròle d'observateurs emploient quelquefois, à leur insu, des verres grossissants.

Quoiqu'il en soit, nous croyons faire acte de bonne politique et de parfaite loyauté envers l'Allemagne en lui signalant l'éventualité d'un semblable danger. Elle a elle aussi un intérèt à l'écarter, si elle se piace au-dessus des convenances passagères, pour n'envisager que les exigences mutuelles de l'avenir, basées sur des intérets d'équilibre permanents.

Le comte de Hatzfeldt n'a rien ajouté qui soit digne de remarque; il prenait quelques notes au crayon pour s'en servir dans un rapport au prince de Bismarck.

A moins qu'il ne revienne lui-meme sur cette question, je m'abstiendrai d'en reparler.

Nous devons avant tout compter sur nous-memes, et tàcher de gagner à nos vues le Cabinet de Londres. Si nous y parvenons, nous serons de force à conjurer le péril, et l'Allemagne et l'Autriche ne nous mettront pas des bàtons dans l es roues (l).

(l) Cfr. n. 528.

532

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 334. Parigi, 12 marzo 1883, ore 16,05 (per. ore 19,50).

Le télégramme répété (2) n'a pu etre déchiffré que fort tard ce matin, ce qui explique pourquoi je n'ai pu répondre aussitòt que vous l'auriez désiré. Je commence par remercier V. E. de l'interprétation qu'elle a donné à ma conversation référée dans la lettre de Granville relative à l'expédition d'Egypte, interprétation qui est la véritable. Je suis meme grandemant étonné que Sonnino ait pu trouver dans les paroles de Granville la moindre chose qui indique que j'ai exprimé des doutes sur les moyens militaires de l'Italie,

tandis qu'il résulte, au contraire, de cette lettre que nous pouvions toujours disposer d'un corps d'armée sans troubler en rien notre organisation militaire. Lorsque je fus chargé par V. E. de déclarer à Granville que le gouvernement italien ne pouvait pas répondre à son invitation de prendre part à l'expédition d'Egypte, je me suis strictement conformé aux instructions de

V. E., ainsi qu'il résulte de ma correspondance. Dans le mois de septembre suivant, j'eus l'honneur de voir à Turin, puis à Florence, V. E. qui me chargea de complimenter Granville sur le succès de l'expédition anglaise. V. E. m'informa en méme temps que tant le ministre de la Guerre que celui de la Marine s'étaient occupés pour le cas échéant de la mobilisation de 20 à 25 mille hommes pour l'Egypte, et elle m'autorisa à en informer Granville, chez qui je me rendis à Walmer Castle à mon retour en Angleterre. Ma communication officielle se borna à ces deux points, c'est-à-dire, à nos félicitations et aux préparatifs pour la mobilisation de 25 mille hommes, puis une conversation académique s'engagea sur les incidents de la campagne et je parlais à Granville des grands préparatifs spéciaux qu'avait du faire l'Angleterre, en ajoutant qu'ils étaient moins faciles pour nous qui n'aurions pas des moyens aussi puissants et parce que notre armée qui avait un outillage complet pour une guerre continentale, était moins préparée pour une campagne en Egypte qui exige une organisation spéciale des différents services, afin de ne pas exposer les troupes arrivées sur le sol ennemi à étre bientòt décimées par la maladie et par les privations. Ce sont là des vérités qu'aucun homme compétent ne pourrait contester. La lettre de Granville ne fait pas distinction entre ma communication officielle et la partie académique de ma conversation avec lui au sujet des incidents de la campagne. Toutefois ma réclamation à ce sujet me semblerait inutile, car tout homme non prévenu ne peut, en lisant cette lettre, lui donner l'interprétation peu bienvaillante qu'on veut lui attribuer, interprétation que je repousse avec dédain, tant pour V. E. que pour moi méme. Du reste j'ai informé dans le temps V. E. de ma visite à Walmer Castle, et il ne me parait pas qu'elle ait rien trouvé à réprendre dans la conversation dont je lui ai rendu compte. Après cela, si V. E. tient à ce que j'écrive à Granville, je n'aurai aucune difficulté à le faire.

(l) -Per la risposta cfr. n. 541. (2) -Cfr. n. 530.
533

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE S. N. Berlino, 12 marzo 1883 (1).

Je reçois à l'instant, par l'entremise du département impérial des Affaires Etrangères, la lettre particulière de V. E. du 8 de ce mois (2).

Je m'empresse de vous remercier des explications que vous voulez bien me fournir sur certains incidents préliminaires à la conversation du prince de Bi

35-DoGumcdti diplomatici -Se;·ie II -Vol. XV-XVI

smarck avec S.A.R. le due de Genes. Si ces incidents m'avaient été connus, lorsque j'expédiais mon rapport n. 3214 du 2 mars (1), il aurait eu une autre conclusion. Je devais juger sur des apparences, et meme plus, sur le langage qui m'était tenu par le comte de Hatzfeldt, à savoir que si le chancelier dans san entretien avec le prince Thomas de Savoie avait discouru au sujet de visite et contre visite, c'était parce qu'il résultait des pourparlers entre V. E. et Monsieur de Keudell, que S.A.R. prendrait elle meme une initiative. Sans mettre aucunement en doute !es intentions bienveillantes de V. E., ses habitudes de confiance à mon égard, il tombait naturellement sous ma piume quelques observations ayant de prime abord quelque raison d'etre.

V. E. me restitue maintenant mon rapport en m'engageant à en rectifier la conclusion. Il me semble, monsieur le ministre, que la meilleure vaie à suivre serait, en vous référant à votre lettre particuliére, de me répondre par une dépeche que mes réflexions finales reposent sur des malentendus qui désormais sont éclaircis de part et d'autre. Il ne s'agit pas au reste d'une correspondance destinée au Livre Vert. Je me permets dane de restituer ci-joint le rapport en question, tout en regrettant, sous le coup de la première impression qu'à ma piace vous auriez ressentie au meme degré, de m"étre exprimé avec une si grande amertume sans attendre des éclaircissements de Rome.

Je dois avouer néanmoins que ces éclaircissements ne m'ont pas satisfait entièrement. Il me paraìt qu'il eiìt mieux valu décliner tout d'abord de nous engager sur le terrain où Monsieur de Keudell voulait nous amener, tant qu'il ne se déclarerait pas formellement autorisé à nous faire une ouverture. Il savait que, conformément à san désir, une légère allusion avait été faite au déplaisir de notre Roi de n'avoir pu quitter ses Etats et à la nécessité de rendre le due de Genes l'interprete des voeux et des sentiments de Sa Majesté. Il en télégraphiait évidemment à Berlin, en ajoutant qu'il nous avait laissé entrevoir que dans sa réponse l'Empereur manifesterait le souhait d'une visite du Roi, laquelle serait rendue à Rome. Monsieur de Keudell a-t-il été averti que cette lettre confiée à S.A.R. lorsqu'elle devait venir ici la première fois pour le 25 janvier, ne devait plus etre remise pour le 28 février, parce que dans l'intervalle les Souverains avaient déjà échangé les télégrammes usités. L'ambassadeur d'Allemagne a-t-il été prévenu que San Altesse Royale ne toucherait pas à cette question délicate? Il faut croire le contraire. Ses télégrammes précédents n'ayant été modifiés en rien, le prince de Bismarck inclinait à supposer que le due de Genes était informé de la chose, qu'il prendrait meme les devants. C'est pourquoi le chancelier aurait cru, camme il le disait lui-meme, manquer à la politesse s'il gardait le silence sur ce point.

Le fait est que s'il n'y a point eu d'initiative de notre part, elle a été prise par deux fois du còté de monsieur de Keudell. S'il recommandait le plus profond secret, je ne saurais admettre qu'en pareille conjoncture le gouvernement l'observàt aussi vis-à-vis de l'ambassadeur à Berlin. C'était le cas où jamais de lui télégraphier aussitòt. Il n'aurait pas hésité à répondre qu'à moins d'une invitation formelle, il convenait d'observer la plus stricte réserve. Une

visite aurait été fart désirable après celle à Vienne, surtaut si elle avait eu paur résultat d'activer la canclusian d'une alliance à trais. Maintenant que le traité est signé, je ne vais aucune nécessité d'une entrevue entre les Sauveraines. Elle n'aurait d'autre caractère qu'une manifestatian aux yeux de l'apinian publique qui l'interpréterait à sa guise selan le caurant des idées; et si an naus interpellait à la Chambre naus ne paurrians répandre que par des phrases génériques, puisque naus sammes liés au secret sur nas accards avec l'Autriche et l'Allemagne.

Aujaurd'hui aù le prince de Bismarck, par san langage, a engagé la questian camme si l'initiative partait de natre c6té, natre pasitian devient plus délicate. Il m'est avis que naus devrians « accueillir avec empressement les auvertures du. prince de Bismarck, en disant qu'elles cancardent avec la pensée intime du Rai qui serait heureux au mament appartun de venir en persanne canfirmer à Berlin ses sentiments d'ami et d'allié fidèle ». Sans danner une répanse dilataire, il serait peut-étre à prapas de faire remarquer, aussi par l'intermédiaire de mansieur de Keudell, que vers la fin de mai, épaque des exercices militaires à Berlin-Patsdam, natre parlement siège encare, et que le Rai ne paurrait dès aujaurd'hui prévoir si les circanstances ne le retiendrant pas dans sa capitale. Quant à l'autre épaque des grandes manaeuvres d'autamne, celles-ci cai:ncident avec les notres auxquelles le Rai ne manque jamais d'assister. Naus verrans ce qu'an répliquera de Berlin. Sur cette réplique Sa Majesté règlera ses déterminatians ultérieures. Il faudrait, je pense, gagner du temps. Le règne de l'Empereur Guillaume ne se pralangera guère. L'échange de visites se produira dans de meilleures canditians saus san successeur au tr6ne.

Il va de sai que je m'abstiendrai de sauffler mat ici sur de semblables prajets.

(l) -Manca l'indicazione del giorno di arrivo. (2) -Non pubblicata.

(l) Cfr. n. 524.

534

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3222. Berlino, 12 marzo 1883 (per. il 18).

M. Jules Ferry et ses callègues ant abtenu leur premier vate de canfiance dans la questian d'un ajaurnement de la révisian de la constitution, et il faut recannaitre que depuis longtemps la Chambre française n'avait entendu le langage d'un ministre exprimant une valanté ferme sur un sujet déterminé. La seule cancessian faite aux partisans de la révisian a été de laisser envelapper le rejet de la prise en cansidération dans une promesse trop vague paur devenir génante. La fermeté que le gauvernement a mantrée devant la Chambre, s'est maintenue jusqu'ici de mains paur disperser des rassemblements d'auvriers sans travail venus, dit-an, paur se campter. On sait ce que valent ces préaccupations arithmétiques et à quai abautissent parfais ces pramenades pacifiques, à travers 1es rues, renauvelées de 1848.

D'un autre còté les agissements de nihilistes, les attentats de Mantceaules Mines et de Lyans, les assassinats de Dublin, les exploits de la bande de « la ~\1ain Noire » en Andalousie, le découverte récente faite à Bruxelles d'un complot avec des ramifications étendues au dehors, sont autant d'anneaux d'une meme chaine, autant de symptomes du mal intérieur qui mine sourdement les sociétés modernes.

Et comme il faut une formule à tout mouvement de ce genre, les anarchistes en ont trouvé une accessible aux masses les moins éclairées très efficace en somme pour le but qu'ils se proposent; la destruction des principes fondamentaux de l'ordre social. Il ne s'agit pour le moment que de détruire; c'est parfait: on échappe ainsi à l'écueil qui a fait échouer tous les fondateurs de sociétés nouvelles, la difficulté de mettre d'accord les futurs architects. En'abordant pas le problème, ces révolutionnaires de la pire espèce n'ont pas seulement écarté une des causes de dissentiment. Ils obtiennent l'avantage de recruter leurs adhérents parmi les hommes d'action qu'un peu de sang versé n'est pas pour effrayer, à l'exclusion des reveurs qui ont quelquefois le coeur tendre.

L'armée anarchiste n'est pas encore nombreuse; elle compte peut-etre plus de chefs que de soldats; mais comme elle n'est pas genée par les principes, à ses yeux, surannés du droit et de la morale, elle peut en un jour et en un lieu donné à Paris, à Moscou, entre autres, faire en quelques heures et meme en quelques instants beaucoup de mal par l'emploi des moyens dits scientifiques de la pyrotechnie. C'est bien là le principal dangcr de notre époque. Danger lointain ou prochain, nul ne saurait le dire. Encore faut-il se tenir sur ses gardes.

On est ici très préoccupé de cet état de choses, et pour peu que le gouvernement français faiblisse dans son attitude, de graves complications intérieures se produiraient en France. Ce serait comme une violente rafale qui s'abattrait sur ce Pays en causant beaucoup de malheures. Elle anticiperait certainement la chiìte de la République qui a déjà un ver rongeur dans ses racines.

Or c'est toujours le refrain du prince de Bismarck, le retour de la Monarchie deviendrait le signa! d'une guerre. Mieux vaudrait le rétablissement de l'Empire qui lui du moins ne trouverait pas, comme les légitimistes et les Orléanistes, des alliés en Russie.

C'est pourquoi sans aimer aucunement une République à ses portes, le Cabinet de Berlin la préfère comme un mal moindre, et l'ausculte en quelque sorte chaque jour pour s'assurer de ses conditions d'existence.

535

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, COLLOBIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2556. Costantinopoli, 14 marzo 1883 (per. il 20).

La Sublime Porta finora non ha manifestate le sue intenzioni circa alla nomina del governatore del Libano. La conferma di Rustem pascià non essendo stata accolta dalla Francia, il Sultano si dimostra ancora indeciso sulla scelta del suo successore. In una conversazione che ebbi l'altro ieri col mustesciar (vicegovernatore) del ministero degli Affari Esteri, il quale gode il particolare favore di Sua Maestà, egli mi disse che il Sultano è assai perplesso, poiché la candidatura di Nasri bey, che è caldeggiata dal gran vizir, non incontra favore presso i musulmani consiglieri intimi del Sultano, e Sua Maestà teme che essa non sia accolta favorevolmente dalle altre Potenze. S. E. mi enumerò in seguito i diversi personaggi su cui avrebbe potuto cadere la scelta, cioè Blacque bey, Musaffer, Caratheodori pascià, sul conto dei quali S. E. il conte Corti ebbe di già a riferire a V. E., e mi aggiunse che si era in questi ultimi giorni messo innanzi il nome di Vassa effendi, albanese cattolico, attualmente mustesciar (vice-governatore) ad Adrianopoli, il quale sarebbe persona grata al Sultano, ma che però non si era ancora fatto parola a Sua Maestà né di lui né degli altri.

Le istruzioni dei rappresentanti delle Potenze non furono finora modificate • e si stanno aspettando le proposte della Sublime Porta. L'ambasciatore d'Austria-Ungheria mi disse confidenzialmente di avere chiamato l'attenzione del suo governo sull'interesse speciale che avrebbe di non troppo disinteressarsi nella questione e di evitare la nomina di un governatore che avesse troppo la apparenza di essere ligio alla Francia. L'ambasciatore di Germania si dichiara pronto, per parte sua, ad accogliere qualsiasi candidatura, anche quella di Nasri bey, e come in altre questioni, dove la Germania non ha interessi diretti, si astiene scrupolosamente di opporsi alle viste del governo francese.

Per parte mia, in attesa delle ulteriori istruzioni che piacerà a V. E. di trasmettermi, mi conformo nei miei apprezzamenti e nel mio linguaggio alle norme precedentemente impartite in proposito a questa R. ambasciata.

536

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 1839. Vienna, 14 marzo 1883 (per. il 18).

S. E. il conte Kalnoky si compiacque ieri darmi confidenzialmente lettura di un rapporto dell'imperiale incaricato d'affari a Parigi intorno alla questione egiziana.

Il conte Goluchowski riferisce in quel suo rapporto il signor Challemel-Lacour avergli detto che la dignità della Francia non consente al suo governo di uscire per ora da una riserva assoluta a fronte del governo inglese nella questione di Egitto, che quindi non avrebbe in maniera alcuna risposto alla circolare di lord Granville del 3 gennaio, ed aggiungeva che il momento verrebbe in cui il Gabinetto di S. James ricercherebbe il concorso della Francia per regolare quella vertenza e che a tale appello il Gabinetto di Parigi non rifiuterebbe di aderire «Je ne bonde pas » disse il Challemel-Lacour «cela n'est pas dans mon caractère, mais je m'abstiens ». Il ministro francese continuando a parlare della situazione della Francia a fronte della posizione assunta dalla Inghilterra in Egitto, formulò una vera requisitoria contro l'ex ministro signor de

Freyclnet che incolpò nel modo il più vivace e risentito di aver posto il suo Paese nell'impossibile posizione in cui ora si trova, e magnificò invece la politica che il signor Gambetta aveva iniziata che qualificò siccome la sola veramente degna ed opportuna per la Francia.

II conte Goluchowski conchiude il suo rapporto col dire che quella conversazione ha confermato in lui l'impressione che già si era formata che la recente visita a Parigi del signor Gladstone non ebbe a recare mutamento di sorta nella situazione, né quindi a menomamente migliorare le relazioni tra la Francia e l'Inghilterra.

537

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 356. Vienna, 15 marzo 1883, ore ... (1).

Les déclarations si nettes, si prec1ses que V. E. a faites dans son splendide discours à la Chambre au sujet des rélations de l'Italie avec l'Allemagne et l'Autriche, et la manière surtout avec laquelle elle a, avec un courage, jusqu'ici sans exemple, stigmatisé l'Irredenta faisant ainsi front de la manière la plus absolue au parti républicain dont elle est expression, produit ici un effet immense. Tous les journaux applaudissent au langage de V. E. et ont pour elle les expressions les plus sympathiques. Le discours de V. E. est à mes yeux une véritable victoire pour le gouvernement du Roi tant à l'intérieur qu'à l'extérieur. V. E. voudra bien me permettre que je la félicite de tout mon coeur.

538

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, PAGET

NOTA. Roma, 16 marzo 1883.

Ebbi l'onore di ricevere la nota direttami da V. E. in data del 12 marzo (2), coll'annesso dispaccio di lord Granville relativo alle difficoltà che, la commissione turco-bulgara, istituita a mente dell'art. XII del trattato di Berlino, incontra nel compimento dei suoi lavori. Per tale fatto la Sublime Porta s'era già ripetutamente !agnata al governo, e poiché le sue doglianze ci erano sembrate, in massima, fondate, erano state impartite istruzioni al regio agente diplomatico in Sofia di associarsi ad ogni pratica che fosse fatta dai suoi colleghi per raccomandare al governo bulgaro la fedele esecuzione del trattato

di Berlino. Senonché gli altri agenti esteri colà accreditati, non essendo, per quanto ci consta, muniti della stessa autorizzazione, il commendator De Martino non ebbe mai occasione di adoperarsi nel senso degli ordini ricevuti.

Il governo del Re divide quindi intieramente l'opinione del governo della Regina, senza volere con ciò adottare in tutto gli apprezzamenti della Porta, i quali possono essere discussi, specialmente, come ben osservò lord Granville, riguardo alla definizione delle proprietà di Stato per le quali è dovuto un compenso dal governo del principato.

Poiché l'E. V. si è compiaciuta di chiedere il mio avviso sul miglior modo di addivenire ad una soluzione di questa vertenza, aggiungerò che nel momento attuale mi parrebbe che la miglior cosa a farsi sarebbe che tutti i rappresentanti delle Potenze firmatarie del trattato di Berlino a Sofia facessero al governo principesco le osservazioni del caso, richiamandolo all'esatto adempimento delle disposizioni del trattato; poiché passi isolati non produrrebbero alcun risultato. Se il governo della Regina è disposto a prendere l'iniziativa per ottenere un tal modo di soluzione l'adesione delle grandi Potenze, quella del governo del Re gli è sin d'ora assicurata.

Le sovra esposte considerazioni possono, nel pensiero del governo del Re, applicarsi parimente alla questione della proprietà privata dei musulmani che hanno emigrato dal principato.

(l) -Manca l'indicazione dell'ora di partenza. (2) -Non pubblicata.
539

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

:R. 1842. Vienna, 17 marzo 1883 (per. il 19).

Già io ebbi a far conoscere telegraficamente all'E. V. (l) la così favorevole impressione prodotta su tutta la stampa austriaca dalle esplicite dichiarazioni ch'ella ebbe a fare nei suoi recenti discorsi alla Camera in occasione della discussione sul bilancio degli Affari Esteri a riguardo delle relazioni dell'Italia coll'Austria Ungheria, ed in particolar modo per la maniera così correttemente precisa con cui l'E. V. non esitò a far fronte contro l'agitazione irredentista, pronunciandosi in proposito con espressioni ispirate dal più indiscutibile e chiaroveggente patriotismo.

Unanime fu come dissi la stampa austriaca nel riconoscere tutto il valore e l'alta portata di quel linguaggio, e non ho d'uopo di dire quanto ciò mi sia riuscito gradito. Non dubitai un momento che il conte Kalnoky avrebbe del pari divisa quella generale così favorevole impressione, fui però assai soddisfatto di avere da lui la conferma di questa mia previsione. Infatti S. E. che incontrai ieri sera ad una serata, dopo di essersi espresso meco con termini di particolare compiacenza dissemi avere telegraficamente incaricato il conte Ludolf di testimoniare all'E. V. la gratitudine del Gabinetto di Vienna

per quella così simpatica manifestazione di vera e leale amicizia che ella ebbe a cogliere sì propizia occasione di fare a riguardo della Monarchia austroungarica.

Il conte Kalnoky aggiungevami che generale era stata la somma ottima impressione che tutti ebbero a provarne in Austria, e che nel vicino Impero germanico l'effetto non ne fu minore; locché certamente non resterebbe senza favorevolissime conseguenze per l'avvenire.

S. E. dicevami in seguito che alla comunicazione ch'egli aveva incaricato il conte Ludolf di fare V. E. aveva risposto con un telegramma di cui mostravami essersi assai compiaciuto.

L'illuminato patriottismo di cui anche in questa circostanza l'E. V. ebbe a dare così chiara prova, non potrà a meno di portare i più benefici frutti. Se ordinariamente i fatti valgono meglio delle parole, nelle circostanze in cui ci trovavamo a fronte dell'Austria le parole erano indispensabili a dare il voluto peso ai fatti; e certamente quelle che l'E. V. ebbe a pronunciare furono tali, che le migliori non si sarebbe potuto trovare per cementare quell'alleanza, che conformemente ai desideri così esplicitamente manifestati dall'immensa maggioranza della Nazione, costituisce la base della politica estera che l'E. V. inaugurò dal primo momento in cui ebbe ad assumere la direzione del ministero degli Affari Esteri.

(l) Cfr. n. 537.

540

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3223. Berlino, 18 marzo 1883 (per. il 22).

Le discours prononcé le 13 mars à la Chambre des députés par V. E. à propos du budget, et dont le télégraphe reproduisait la substance, ne pouvait manquer de produire un excellent effet à Berlin. Mais les journaux de cette capitale se bornaient à publier, sans aucun commentaire, le jugement des plus favorables parti par la presse de Vienne. C'était une manière indirecte de s'y associer. Il me tardait cependant, lors meme qu'elle ne fut pas douteuse, de connaitre officiellement l'impression du Cabinet de Berlin.

L'occasion s'en est présentée hier, et le chancelier l'a saisie au vol. Le corps diplomatique dinait chez lui pour la fete de l'Empereur, anticipée de quelques jours pour éviter la corncidence du jeudi-saint. Le prince est venu vers moi pour me dire qu'il félicitait V. E. de son beau et utile discours. Il vous remerciait de semblables manifestations faites dans l'intéret de la cause commune et de la conservation de la paix européenne qui était le but essentiel de la parfaite entente entre l'Italie, l'Allemagne et l'Autriche. «Aussi, portait-il en ce jour avec une double satisfaction le Collier de l'Annonciade qui lui conférait le titre de Cousin du Roi ».

J'ai répondu que je m'empresserai de transmettre par le télégraphe (l) ce message à V. E. C'est ce que j'ai fait en rentrant à l'ambassade.

Jusqu'ici aucun de nos ministres n'avait aussi bien accentué la pensée dominante de notre politique étrangère. Vos déclarations si explicites sur l'irrédentisme cherchant à nous lancer dans les aventures sous le masque du patriotisme, tandis qu'il vise à battre en breche nos institutions monarchiques, ne peuvent qu'ajouter à la confiance dans nos rapports avec les deux Empires, et fournissent une nouvelle garantie pour la durée de la paix.

541

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. 1389. Roma, 20 marzo 1883.

Segno ricevuta a V. E. del rapporto in data 11 marzo (2), e la ringrazio dei particolari trasmessimi circa il colloquio che ella ebbe con codesto segretario di stato sulla questione di Tripoli. Il linguaggio da lei tenuto in questa circostanza è in tutto conforme al pensiero del R. governo; opportunamente ella insisté sull'importanza che aveva per noi il mantenimento dello statu quo in quella parte dell'Africa, e fece osservare al suo interlocutore come il miglior modo di evitare possibili complicazioni fosse quello di prevederle. Poiché il conte di Hatzfeldt le dichiarò di dover riferire la cosa al principe di Bismarck al quale avrebbe chieste istruzioni, converrà aspettare, come ella accenna, che il cancelliere prenda l'iniziativa di una risposta. Nondimeno prego V. E. di non perder d'occhio questo importante soggetto, e qualora le paresse che costi si volesse mettere la cosa in tacere, l'autorizzo a ritornare sull'argomento, chiedendo una franca dichiarazione.

Non può bastare al governo del Re di avere con tutta schiettezza manifestato il suo pensiero a codesto Gabinetto, rimanendo assolutamente all'oscuro sugli intendimenti della Germania di fronte alle contingenze, sia pure improbabili, di velleità fran(!esi sopra la Tripolitania; poiché si andrebbe incontro, per parte nostra, allo stesso equivoco che ci riuscì fatale per la Tunisia. Noi non chiediamo alla Germania che si intrometta, o che faccia intempestive manifestazioni che potrebbero ingenerare sospetti; soltanto desideriamo di conoscere, per nostra norma, se, date quelle eventualità, noi potremmo fare assegnamento sull'assistenza della Germania in una questione che tocca ai nostri più vitali interessi di potenza mediterranea. Ella potrà rinnovare la dichiarazione che non è punto nostro intendimento di recare mutamenti allo statu quo esistente, e che solo ci proponiamo di ottenere che

non possa essere turbato a vieppiù grave nostro detrimento l'equilibrio delle forze nel vicino mare.

Il suggerimento di V. E. di adoprarci a tal fine presso il Gabinetto di Londra è ottimo, e ce ne varremo a tempo opportuno; ma dobbiamo pur prevedere il caso che, come è avvenuto per Tunisi, cosi anche per la Tripolitania l'Inghilterra subordini il suo atteggiamento alla convenienza di altre combinazioni e di altri suoi interessi. È quindi naturale che il governo del Re si rivolga anzitutto a quei Gabinetti coi quali procede più strettamente d'accordo nelle questioni d'interesse generale, e che hanno con lui comune l'intento di evitare complicazioni che potrebbero mettere in forse la pace europea. Epperò abbiamo fatto un franco appello al governo di Berlino persuasi che, qualora ci riuscisse di averlo favorevole al nostro intento, neppure ci verrebbe meno l'appoggio del Gabinetto di Vienna.

(l) -T. 374 del 17 marzo 1883, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 531.
542

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 1845. Vienna, 21 marzo 1883 (per. il 2 aprile).

I giornali italiani riportano senza molti commenti una lettera diretta dal signor Ferry al giornale il Precursore di Napoli (se non sbaglio il nome) in cui veniva caldeggiata l'alleanza della Francia coll'Italia, prendendo per parola d'ordine Strasburgo e Trieste!

Come di ragione la stampa e l'opinione pubblica qui non mancarono di dare tanto maggiore importanza a quella lettera, ch'essa veniva scritta un cinque o sei giorni soltanto prima che il signor Ferry assumesse la presidenza del Consiglio in Francia, ed anzi mentre già stava in trattative per comporre il suo Gabinetto.

Il Gabinetto di Vienna non ebbe certamente a dare peso però a quel fatto, ed a malgrado l'agenzia Havas abbia smentito la lettera di cui è caso, pure esso ha il convincimento ch'essa fu scritta tal quale venne pubblicata. Ciò nondimeno mi risulta da sicura fonte, che non furono chieste in maniera alcuna spiegazioni intorno a sì ostile ed intempestiva manifestazione.

Il Gabinetto di Vienna è d'avviso che se la Germania che fu più direttamente attaccata in quello scritto mostra di non accorgersene non vi ha ragione per l'Austria di agire diversamente; e che d'altronde sarebbe anche assai superfluo il creare un incidente in proposito, visto che si ritiene qui non probabile che la permanenza al potere del signor Ferry sia come quella dei suoi predecessori d'assai breve durata. Evidentemente però ciò dà luogo ad uno stato di freddezza nelle relazioni fra i due Stati, che mi fa credere assai probabile non si procederà per ora alla nomina di un ambasciatore in surrogazione del compianto conte Wimpffen.

543

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3224. Berlino, 23 marzo 1883 (per. il 26).

Nel suo numero del 23 corrente la Post pubblica una corrispondenza da Roma ,:in data del 16 marzo, ove si encomia con calde parole il discorso pronunziato di recente dall'E. V. sulla politica estera del nostro Paese.

Il corrispondente romano della Post comincia dall'affermare che non solo i giornali italiani più autorevoli, ma bensì gli organi più accreditati della stampa estera, specialmente della stampa austriaca e tedesca, si sono espressi in modo affatto favorevole, anzi con entusiasmo circa il discorso dell'E. V., circa la chiarezza e l'energia, con cui sono state svolte le tendenze della politica da lei adottata.

Finora nessun ministro italiano aveva tenuto un linguaggio così franco ed energico sulla necessità di un intimo accordo fra l'Italia, la Germania e l'Austria-Ungheria, sul fermo volere di adoperare ogni sforzo per consolidare cosiffatto accordo. Nessun ministro aveva avuto il coraggio di condannare così fortemente le mene degli irredentisti e di respingere ogni sospetto di aspirazioni impossibili a realizzarsi. L'ira dei radicali e l'applauso entusiastico di quanti amano l'ordine e degli uomini politici giudiziosi e seri mostrano che l'oratore con quel discorso ha colpito nel segno: e che quindi non solo l'Italia, ma Le Potenze estere non potranno se non seguire con calma e fiducia la politica di lealtà e di pace adottata dall'E. V.

Il corrispondente della Post conchiude infine dicendo che, meno il discorso dell'onorevole Minghetti, che del resto non biasimò direttamente la politica del ministero, i discorsi degli oppositori dell'E. V. non offrono un interesse di qualche valore. Merita appena di essere menzionato ciò che l'onorevole Fortis disse sull'annessione di Trieste e di Trento; e ciò per mostrare quale valore abbia la logica dei radicali, i quali non si accorgono che quell'annessione è chiesta da pochi schiamazzatori nullatenenti, attesoché la gran maggioranza pensa che se Trieste fosse unita all'Italia la rovina economica di questa città sarebbe il risultato immediato di siffatta unione.

Debbo pur·e richiamare l'attenzione dell'E. V. su di una corrispondenza da Roma del 16 corrente, che la Norddeutsche Allgemeine Zeitung ha pubblicato sul medesimo argomento nel suo numero del 22 corrente.

lvi è detto che il discorso dell'E. V. fu accolto con straordinario entusiasmo dalla Camera. Il corrispondente romano del citato giornale ufficioso considera come scarsa la minoranza che votò contro il ministero, poiché essa si compone di 28 radicali e di 38 oppositori personali. Mentre comprende l'opposizione fatta dai deputati radicali, non comprende però come abbiano potuto mostrarsi avversi alla politica del ministero uomini che propugnarono sempre l'accordo dell'Italia con la Germania e l'Austria-Ungheria. Come nella corrispondenza romana della Post, anche in questa della Nordeutsche Allgemeine Zeitung si pone in rilievo gli applausi tributati dalla stampa italiana

non solo, ma bensì dalla stampa tedesca ed austriaca all'energia con cui l'E. V. condannò le mene dell'Italia irredenta e propugnò l'unione dell'Italia con quelle due Potenze del nord. Termina la corrispondenza col dire che perseverando sulla via intrapresa dall'E. V., l'Italia potrà uscire da quello stato d'isolamento in cui si trovò fin qui per propria colpa; e nell'interesse dell'Italia il corrispondente fa voti che all'E. V. sarà dato di porre in atto compiutamente il suo programma politico.

544

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 3225. Berlino, 26 marzo 1883 (per. il 2 aprile).

Dans une des dernières visites que je lui ai faites, le sécrétaire d'Etat me disait qu'il n'avait pas manqué de rendre compte au chanceller de l'entretien auquel se réfère mon rapport du 11 mars n. 3320 (1). Le prince de Bismarck partegeait l'opinion personnelle qui m'avait été émise par le comte de Hatzfeldt, et approuvait sa réserve. Le chancelier ne voyait point qu'il y eut péril en la demeure. Il serait tout au moins prématuré de s'occuper d'une éventualité lointaine, si tant est qu'elle se présente jamais. La France est trop absorbée par ses affaires intérieures, a trop d'embarras chez elle pour songer à courir la grosse aventure de soulever une question tripolitaine, bien autrement grave que celle de la Tunisie qui continue à lui susciter bien des difficultés. Il n'existe d'ailleurs aucun indice que ses aspirations soient tournées de ce còté.

Je me suis permis de faire observer que je ne me rangeais pas entièrement à cette manière d'envisager les choses. L'attitude du Cabinet de Paris, depuis quelques années surtout, démontre qu'il concentre ses efforts pour acquérir une influence prépondérante dans le bassin de la Méditerranée.

Les discours prononcés au Sénat dans la séance du 12 mars sont une nouvelle preuve qu'il cherche à étendre sa sphère d'expansion, à ouvrir de nouveaux débouchés à san commerce et à san industrie, à développer ses entreprises coloniales. Nous manquerions de prévoyance, nous renoncerions à tout avenir camme Puissance maritime, je dirais plus, nous aurions l'air de faire bon marché mème des intérèts généraux de l'Europe appelée à bénéficier du maintien d'un certain équilibre de forces dans les régions de la Méditerranée, si nous ne nous mettions pas en mesure de parer à toute tentative, à des velléités mème d'une autre Puissance d'occuper la Tripolitaine. Rien dane de mieux indiqué que nous appelions à cet égard l'attention des Cabinets amis. En consultant leurs propres convenances, ils ne sauraient rester spectateurs indifférents et ne pas aviser, camme nous, à prevenir une semblable complication.

Le comte de Hatzfeldt n'a répondu que par des généralités. L'opinion énoncée par lui et partagée par le chancelier, nous dit assez que, dans cette question et dans les conjonctures actuelles, nous ne pouvons espérer un appui sérieux de la part de l'Allemagne pas plus que de l'Autriche. L'Angleterre seule, si nous savons la gagner à notre alliée naturelle. Mais, avant tout, il faut conter sur nous-mémes, développer nos forces maritimes, et qu'on ait à Paris le sentiment qu'au besoin nous nous opposerions méme à un protectorat de la France à Tripoli (1).

(l) Cfr. n. 531.

545

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3228. Berlino, 27 marzo 1883 (per. il 2 aprile).

J'ai reçu ce matin par la vaie ordinaire de la poste votre dépéche confidentielle n. 1389 du 20 mars sur la question de Tripoli (2). V. E. me donne l'instruction de revenir à la charge dans le cas où l'an semblerait ici vouloir garder le silence en suite des ouvertures que j'ai faites conformément à une dépéche antérieure.

Vous verrez, M. le ministre, par mon rapport en date d'hier (3), dans quel sens le secrétaire d'Etat s'est exprimé après avoir eu le mot d'ordre du chancelier. J'ai épuisé tous les arguments propres à convaincre le gouvernement impérial. J'ai le sentiment qu'il ne sortira pas de sa réserve, quelque outrée qu'elle soit, car nous ne lui demandons que de s'employer camme nous, au maintien du statu quo, au respect du traité de Berlin lequel maintient le traité de Paris du 30 mars 1856 dans toutes celles de ses dispositions qui ne sont pas abrogées ou modifiées par les stipulations du 13 juillet 1878.

Je ne sais trop s'il convient d'insister derechef. Je suis plutòt disposé à penser le contraire, à moins que le gouvernement du Roi ne me mette à méme de fournir quelques données sur des agissements du Cabinet de Paris ou de ses agents à Tripoli, à Alger et à Tunis, agissements d'après lesquels on aurait des indices certains ou de fortes présomptions que la France, camme précédemment dans la Tunisie, joue un jeu double et déloyal.

Il y a lieu de croire que l'Allemagne, aussi bien que pour la Tunisie, si nous eussions pris les devants, ne se mettrait au travers de notre opposition aux velléités ou projets de la France dans la Tripolitanie. Mais le Cabinet de Berlin évitera de prendre l'engagement d'une assistence méme simplement diplomatique.

Dans cet état de choses et à moins d'instructions ultérieures de V. E., je me tiendrais de mon c6té aussi sur la réserve, tout en ne perdant pas de vue un seul instant le danger qui nous menace dans cette direction. C'est au reste

à Paris plus qu'à Berlin qu'il faut surveiller les menées de la France. Mals si j'apprends quelque chose là-dessus, je m'empresserai de le signaler à V. E. Mes avertissements pour Tunis, n'avaient certes pas fait défaut, et lorsqu'on accuse notre diplomatie d'imprévoyance, je me prends à regretter que mes rapports et télégrammes, avant, pendant et après le Congrès, ne soient pas de nature à etre livrés à la publicité.

(l) -Per la risposta cfr. n. 551. (2) -Cfr. n. 541. (3) -Cfr. n. 544.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

L. P. Berlino, 28 marzo 1883.

Votre lettre du 19 mars (l) a été camme un beaume sur mon coeur endolari par une éprouve aussi cruelle qu'inattendue. Si la foi ne nous soutenait pas, on serait tenté de se révolter contre les décrets de la Providence. En présence de ce malheur il m'a été doux de constater combien le chevalier Tosi était aimé et estimé par vous entre autres bon juge du mérite. Le Roi et le gouvernement ont témoigné de leurs regrets. J'avais exprimé le désir qu'il parut dans la Gazette ojjicieìle une notice biographique, car les quelques mots qui y avaient été insérés le lendemain de la mort me semblaient trop insuffisants. M. Mancini a apprécié cette suggestion et il m'a engagé à rédiger moiméme l'article y relatif conforme au reste à un rapport que j'avais adressé le 12 mars à Rome (1). Camme il existe chez lui une certaine dose de vanité j'ai eu soin -pour le confirmer dans ses bonnes dispositions -de rappeler qu'il avait enseigné le droit international au chevalier Tosi, et que celui-ci avait fait honneur à un tel maitre. J'espère qu'on fera cette publication, car on ne saurait trop dire de bien sur celui qui n'est plus mais dont la vie doit rester camme le meilleur exemple à suivre.

Vous savez ce que j'ai répondu à Rome en renvoyant tel quel le rapport dont on aurait voulu que je changeasse la conclusion. M. Mancini m'a télégraphié le 21 (2) qu'il ne pourrait me répondre sur le fond de la question qu'après avoir soumis mes rapports à Sa Majesté avec intervention du président du Conseil ce qui ne sera pas possible avant le rétablissement de la santé de ce dernier. M. Mancini persiste à dire qu'il n'y avait point eu de véritables négociations pour une visite à Berlin; qu'il ne s'explique aucunement le langage du prince de Bismarck au due de Génes etc. On ne me sortira pas de l'esprit qu'on avait bavardé là dessus avec Keudell qui n'est pas très prompt à saisir les nuances de langage et que de là a surgi l'imbrogl~o. Depuis lors je n'ai plus rien reçu.

Ici on ne m'a fait aucune allusion à ce que M. Mancini ait peut-étre un peu trop indiqué l'existence du traité. A un grand diner diplomatique

pour la fete de l'Empereur, le prince de Bismarck est venu à moi en me disant de féliciter notre ministre des Affaires Etrangères de son beau (trop long peut-etre ajoutait-il) et utile discours, et de lui en exprimer ses remerciments au point de vue de la cause commune et de la conservation de la paix européenne. Depuis lors j'ai lu hier in extensum dans les journaux la partie relative à l'alliance, à l'union parfaite selon l'expression de Kalnoky. Cette lecture a produit une bonne impression sur mon esprit. Je me demande seulement comment M. Mancini se tirera d'affaires en présence des interpellations cte ses collègues du ministère et des diplomates étrangers assez indiscrets pour chercher à lui faire catégoriser davantage le fond de sa pensée. Le secret si bien gardé jusqu'à ces derniers temps court grand risque d'etre dévoilé. Au reste cela aurait tout avantage, à savoir de nous river toujours plus aux Puissances pour lesquelles nous devons marquer nos préférences surtout dans les conditions actuelles de l'Europe.

Quant à la partie du discours concernant l'irrédentisme, il fallait beaucoup de courage civil pour parler ainsi, mais camme vous le dites fort bien il est pénible de songer que c'est par notre faute que nous nous sommes placés dans la nécessité de faire amende honorable.

Pour ce qui a trait à l'Egypte, je ne connais encore que l'extrait de la l'Agence Stéfani. Mais notre politique soit que nous fussions résolus à ne rien faire, soit que nous fussions enclins à une immixtion active, laissait tellement à désirer que M. Mancini n'aura pas réussi à cacher le défaut de la cuirasse.

Il m'a écrit sur la Tripolitaine en me chargeant de laisser entendre ici que nous ne visions à'aucune manière à une altération du status quo, mais que nous ne saurions rester indifférents si une autre Puissance voulait le modifier et ..:ompromettre ainsi gravement nos intérets dans la Méditerranée. Nous espétions pouvoir compter éventuellement sur l'appui diplomatique du Cabinet de Berlin. J'en parlais au secrétaire d'Etat qui ne pouvait qu'émettre des idées personnelles tant qu'il n'aurait pas une direction du chancelier. En attendant il ne voyait pas qu'il y eut danger en la demeure. Rien indiquait que la France, embouchée déjà dans des difficultés de toute sorte, voulut courir l'aventure; l'Allemagne dans les questions qui ne la touchaient pas directement évitait de se mettre en avant et de provoquer par là des complications. Plus tard il me disait que Bismarck avait approuvé son langage. Je combattais de mon mieux dans le sens de mes instructions, mais on n'a répliqué que par des généralités. Avant qu'on reçut mon rapport à Rome sur la manière de voir du chancelier,

M. Mancini m'engageait, si j'avais le sentiment, qu'on voulut laisser tomber dans le silence nos observations, de revenir à la charge et de provoquer une déclaration du Cabinet de Berlin que si elle était favorable aurait sans doute l'assentiment de Vienne. Je réponds que sauf instruction ultérieure, j'estime qu'il vaut mieux ne pas en reparler, à moins que de Rome on me fournisse quelques données plus posi tives sur l es agissements de la France; que nous devons compter sur nous memes, tout en cherchant à rallier l'Angleterre. Il y avait lieu de croire que l'Allemagne ne se mettrait pas en travers de notre opposition aux projets ou velleités françaises, mais il ne fallait pas s'attendre de sa part à une assistence meme simplement diplomatique.

Vous aurez reçu comme moi l'avis que le due d'Aoste assistera au Sacre à Moscou. A trois reprises je me suis prononcé contre cette combinaison, car la silreté de l'existence de nos princes doit primer les questions de courtoisie. C'était aussi le point de vue du prince de Bismarck. L'Empereur a hésité pendant un certain temps, mais ce qu'il croit le sentiment du devoir vis-à-vis d'une Cour Parente qui attachait le plus grand prix à une démonstration plus complète que celle du simple envoi d'ambassadeur extraordinaire, l'a emporté, et c'est son neveu, le prince Albert de Prusse, qui le représentera au couronnement. L'Autriche ne pouvait rester en arrière, et il a fallu nous exécuter. Il ne reste qu'à former des voeux pour que les fètes se passent sans catastrophe. Je n'ai encore aucun avis sur le choix de notre ambassadeur à Pétersbourg.

En ce moment je suis fort occupé par des négociations pour un traité de commerce et de navigation avec l'Allemagne, sur le pied de la Nation la plus favorisée, mais stipulant quelques légères réductions de droits, et établissant le maintien (vincolo) de la taxe actuelle du tarif autonome allemand sur certain articles qui intéressent notre exportation. Aboutirons-nous? Je l'ignare. Ce qui se passe pour l'Espagne n'est pas de bon augure.

Nos meilleurs compliments à l'ambassadrice.

Merci encore de votre lettre si cordiale, quand un ami qui nous était aussi devoué que le chevalier Tosi nous quitte, il faut que les amis survivant restent plus que jamais liés.

(l) -Non pubblicato. (2) -T. 250 del 21 marzo 1883, non pubbllcato.
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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2561. Costantinopoli, 29 marzo 1883 (per. il 5 aprile).

Com'ebbi ieri l'onore di telegrafare a v. E. (1), oggi S. A. Aarifi pascià mi ha diretto una comunicazione per invitarmi alla conferenza che si riunirà sabato alla Sublime Porta per stabilire, all'approssimarsi del termine del mandato di Rustem pascià governatore del Libano, l'accordo previsto dal protocollo del 9 giugno 1861.

Dopo molte esitazioni la Sublime Porta ha deciso di proporre la nomina di Prenk Bib Doda, mirdita. S. A. Aarifi pascià, nell'informarmene, mi fece sapere che in giornata egli aveva ricevuto un telegramma di Nasri bey, che lo pregava di voler far noto al Sultano che, nel caso Sua Maestà avesse l'intenzione di nominarlo al posto di governatore del Libano, declinerebbe l'onorevole incarico.

Il Prenk Doda appartiene ad una delle famiglie che governano per tradizione i mirditi, cattolici albanesi, i quali sotto il dominio della Turchia godono di speciali franchigie che loro assicurano nelle montagne che abitano una quasi completa indipendenza. La Francia accorda una sovvenzione al

clero mirdita, ed ha sempre tutelato presso la Porta i privilegi di quelle popolazioni, ed ancora al congresso di Berlino il plenipotenziario francese fece inscrivere al protocollo della tredicesima seduta una dichiarazione a conferma delle franchigie delle popolazioni mirdite.

Nel 1880, all'epoca dell'agitazione per la lega albanese, la Porta temendo che i mirditi potessero fare opposizione ai suoi disegni e sospettando che la famiglia dei Bib Doda le fosse avversa, fece venire a Costantinopoli il Prenk Doda e lo tenne per più di un anno prigioniero al Seraschierato, e dopo messolo in libertà non gli permise di tornare nella sua patria. Egli però venne in grazia del Sultano il quale, pare, ora vorrebbe sceglierlo per l'importante posto di governatore del Libano per allontanarlo così definitivamente dalla mirdizia e dargli un compenso del perduto potere nella sua patria. Egli è un giovane di poco più di trenta anni, allevato al liceo imperiale di Galata Serai, e che non ha mai esercitato un ufficio nel. governo.

La notizia giunse inaspettata a tutti i miei colleghi, e nello scambio d'idee intervenuto oggi in proposito si è deciso che, in attesa delle istruzioni dei rispettivi governi, alla riunione di sabato si sarebbe presa ad referendum la proposta. L'ambasciatore di Francia mi disse che, per parte sua, egli non aveva alcuna abbiezione particolare da formolare contro la scelta di Prenk Doda, riconoscere la sua inesperienza per le funzioni alle quali era destinato, ma temere nel tempo stesso che un rifiuto delle Potenze potesse tornare poco gradito al Sultano ed indurlo a soprassedere alla nomina del governatore del Libano, ciò che sarebbe stato causa di malumori nella Montagna e di difficoltà assai gravi. L'ambasciatore d'Austria mi disse che non credeva che la scelta del Prenk D oda potesse riuscire opportuna; ma che, da parte sua, in attesa delle istruzioni del suo governo, non si sarebbe opposto; che anzi se i rappresentanti delle Potenze erano unanimi nell'approvarla, egli era pronto ad aderirvi. Così pure mi disse l'ambasciatore di Germania. L'incaricato d'affari d'Inghilterra si è astenuto dal pronunciarsi in proposito. L'inviato di Russia invece disse che, senza pregiudicare l'avviso del suo governo, egli si dichiarava opposto alla nomina di Prenk Doda ed anzi proponeva che tutti i rappresentanti si concertassero preventivamente per consigliare in forma identica ai rispettivi governi di non accogliere favorevolmente la proposta della Porta. Ma questo suggerimento del tutto personale del signor Nelidov non fu accolto. Non avendo istruzioni in proposito, mi astenni dal pronunciarmi, !imitandomi a dichiarare che ne avrei riferito al mio governo.

Le opinioni espresse a quest'occasione dai miei colleghi devono considerarsi come assolutamente personali, poiché la scelta del Sultano non era nota finora e non mi consta che alcuno ne sia stato informato preventivamente. Il Prenk Doda è generalmente giudicato come persona poco adattata per l'ufficio di governatore del Libano, ma d'altra parte la sua scelta non pare possa incontrare l'opposizione del governo francese e quindi dell'Austria e della Germania che già non si sarebbero opposte alla scelta di Nasri bey che era considerato come il candidato della Francia.

Non mancherò di tenere esattamente informata V. E. ed in attesa delle di lei istruzioni...

36 -Documenti 'iiplomatiei -Serie II -Vol. XV-XVI

(l) Non pubblicato.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. Roma, 30 marzo 1883 (1).

Je vous remercie de votre langage avec Kalnoky dans l'entretien que vous avez eu avec lui au sujet de mon discours. La publlcation sans commentaires faite à la Wiener Abend Post prouve que Kalnoky a reconnu que mes paroles ont été strictement correctes. L'impression dont l'écho est arrivée à Vienne n'a pas son origine dans la presse française ni dans les cercles gouvernementales de Paris. V. E. a pu voir que tout ceci a commencé par un artifice de parti, chez nous, quelques journaux ayant profité du retard que les comptes-rendus officiels éprouvant malheureusement toujours et qu'une grève d'ouvriers de l'imprimerie de la Chambre a cette fois principalement contribué à produire, pour dénaturer le sens et la portée de mes déclarations. Ce que j'ai dit c'est ce que le compte-rendu officiel contient, ni plus, ni moins, ma révision s'étant, selon mon habitude, limitée à une correction de grammaire et de style, et les passages les plus marquants ayant conservé leur formule et leur piace dans le discours. Il importe, à mon avis que nous ne nous laissions, à Vienne pas plus qu'à Rome, entrainer hors de notre terrain par le jeu, assez ingénu d'ailleurs, de ceux qui plaident le faux pour savoir le vrai. Quant à moi, je m'en suis tenu et je m'en tiendrai toujours, en ce qui concerne ce sujet délicat, à la formule du comte Kalnoky, une formule qui m'avait d'abord paru, alors qu'elle a été prononcée, peut-etre trop explicite, car elle applique aux rapports entre nous et l'Autriche la méme définition qu'aux rapports entre l'Autriche et l'Allemagne, mais qui, du moment qu'elle a été énoncée à Budapest sans soulever aucune observation, avait, pour moi, l'avantage de fixer et d'accentuer l'identité des vues entre les deux Cabinets. Je puis encore ajouter, à ce sujet, que le prince de Bismarck, à l'occasion du diner qu'il a donné aux chefs de mission le 22 de ce mois, s'est, avec une intention marquée, approché du comte Launay pour le prier de me transmettre l'expression de ses félicitations et de son approbation, à l'égard de mon discours, en le qualifiant un beau et utile discours et en m'en faisant remercier dans l'intéret de la cause commune. Je suivrais votre conseil pour les conlldences à faire à nos ambassadeurs, mais je préfère, pour ne pas m'exposer à une indiscrétion ou bien à un malentendu, attendre l'occasion la p!us procname d'une entrevue personnelle soit avec Menabrea soit avec Nigra. Quant à mes collègues, V. E. sait que le président du Conseil est seui dans le secret.

(l) Manca l'indicazione delle Cle d1 partenza e di arrivo.

549

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, DEPRETIS, E AL MINISTRO DELLA GUERRA, FERRERO

D. s. N. Roma, 30 marzo 1883.

Cotesto ministero ricorderà per una nota che gli fu diretta il 12 aprile 1880 al n. 82 (1), che l'ambasciata austro-ungarica a Roma, attese le frequenti violazioni di confine dal lato del Tirolo, richiamò allora la nostra attenzione sull'opportunità di procedere ad una verifica aeila Hnea di frontiera fra i due stati per meglio determinarla, specialmente dalla parte del distretto di Roveredo.

Chiesto il parere del generale di Robilant non solo come ambasciatore del Re a Vienna, ma anche come ex commissario per la confinazione eseguita nel 1876 fra l'Italia e l'Austria, egli rispose che se si intendeva procedere ad una operazione generale per tutta la linea di confine, od anche per la limitata zona fronteggiante l'intero distretto di Roveredo, non saprebbe assolutamente -:onsigliare di accettare la proposta austriaca, per ragioni di opportunità politica, ,di spesa, ecc., ma che sarebbe stato bene di far qualche cosa là ove si ::>allevavano contestazioni o non esistevano più i termini di confine.

Il generale di Robilant suggeriva pertanto che s'invitasse il governo austriaco ad indicare tutti i punti ove credeva utile constatare il confine, che dai due governi si deferisse alle rispettive autorità politiche dei territorii di frontiera lo incarico di nominare, come meglio credessero, un egual numero di persone, le quali si costituirebbero in commissione. In caso d'accordo completo, i due governi approverebbero senza altro l'operato della commissione; nel caso poi di persistente divergenza di opinioni, la decisione ulteriore poteva essere deferita ad una commissione internazionale composta esclusivamente di funzionari governativi, la quale avrebbe pronunciato a mò di tribunale d'appello, con riserva della sanzione definitiva dei rispettivi governi.

Il criterio unico sul quale dovevano basarsi le decisioni di queste commissioni dovevano essere secondo il generale ji Robilant le mappe catastali, quali si trovavano al momento della cessione del Veneto e, dove esistono differenze fra le mappe del Veneto e quelle delle confinanti provincie austriache, la commissione doveva tracciare una linea che tagliasse per metà la differenza.

Tanto questo ministero come quello dell'Interno convenendo nel parere del generale di Robilant questi fu invitato a presentare una controproposta nel senso da lui suggerito.

Nello scorso mese soltanto il governo austro-ungarico ha risposto alla nota del nostro ambasciatore la quale portava la data del 25 maggio del 1880. Come appare dalla nota del ministro imperiale e reale degli Affari Esteri, di cui si trasmette qui una copia (2), il governo austro-ungarico accetta la

11) Non pubblicata nel voL XJI della serle II.

nostra controproposta di limitare l'accertamento del confine a quelle zone dove ve ne è assoluta necessità, e come tali, indica nel distretto di Rovereto e i comuni di Ala, Avio Bretonica e Folgaria, dove in tutto converrebbe collocare 29 termini nuovi e di rimetterne al loro posto tre che furono traslocati.

Il governo austro-ungarico però non accetta di delegare delle commissioni locali che di comune accordo riconoscano la linea di confine nei punti in cui occorra, e vi collochino i piccoli: esso crede che simile operazione dovrebbe essere affidata a funzionari governativi dei territori di frontiera ed a periti tecnici, riservando ai due governi l'ulteriore approvazione del loro operato.

Il nostro ambasciatore è di parere ancora oggi che sia migliore il sistema da noi proposto, ma riflettendo che il governo austro-ungarico difficilmente muterà di opinione per non creare nuovi ostacoli, propone di accettare questa sua proposta.

A delegati austriaci vengono ancora designati: il capo distretto di Rovereto ed un ingegnere dell'ufficio di costruzione di Trieste, dei quali ci si farà conoscere più tardi i nomi.

La nota austriaca tace interamente intorno ai criteri che dovrebbero servire di norma ai delegati della commissione per ristabilire il tracciato del confine in quei punti dove esso è incerto e contestato, malgrado che il R. ambasciatore li avesse indicati con precisione al ministero imperiale e reale degli Affari Esteri nella sua nota del 25 maggio 1880, e nei termini testuali che qui giova ripetere: << Les criterium uniques sur lesquels devraient ètre basées les décisions de la commission ne pourraient étre que les plans des cadastres et les protocoles de démarcation de la commission de 1876. Pour les endroits où ces derniers ne précisent pas d'une manière absolue de la position des bornes, et pour lesquels les plans des cadastres de la Vénétie ne correspondraient pas à ceux du Tyrol, la commission devraient procéder au tracé d'une ligne qui coupe la différence par moitié ».

Il generale di Robilant stima che si debba insistere in questa proposta, giacché all'infuori suddetti criterii, l'esperienza insegna che sarebbe vano cercare un'altra base equa e più precisa. Che se noi non credessimo conveniente di fare di ciò In certa maniera, una condizione della nostra accettazione, il generale di Robilant proporrebbe che si passassero sotto silenzio i criterii che dovranno dirigere i lavori della commissione, ma che i delegati italiani dovessero avere istruzioni d'attenervisi ogni qual volta manchino dati di fatto per avventura ancora più positivi.

Il governo austro-ungarico finalmente esprime il desiderio che le stesse commissioni abbiano a risolvere la questione di confine veneto pel tratto tra Belluno Veronese e Borghetto, e farne risultare la soluzione mediante un processo verbale.

(Guerra) A questa questione si riferivano le note di cotesto onorevole ministero del 29 novembre (n. 5203) e del 1° dicembre 1879 (n. 5249) ed altre successive.

(Interno) Quest'altra questione fu sollevata nell'ultimo trimestre 1879 dal sindaco di Belluno Veronese e passò successivamente alla prefettura di Verona al Comando del 3° Corpo d'Armata, al ministero della Guerra e finalmente a questo degli Esteri. Se la prefettura di Verona non ne avesse riferito anche a codesto ministero, esso potrebbe procurarsi dalla medesima le necessarie spiegazioni su detta questione.

Il generale di Robilant nota che nel fare quest'ultima proposta, il governo imperiale e reale si è espresso in modo da far credere che ritiene fondate le pretese dei comunisti di Borghetto. Ora il generale di Robilant, che è di parere affatto contrario, consiglia di insistere affinché non sia fatta nessuna concessione a tali pretese.

Il sottoscritto espone all'onorevole collega dell'Interno (della Guerra) lo stato attuale di questa vertenza e lo prega di volergli far conoscere, dopo essersi posto d'accordo col ministero dell'Interno cui si scrive parimenti oggi, per quanto lo riguarda, accetta quanto propone il R. ambasciatore a Vienna ed a cui il sottoscritto pienamente si associa, cioè: affidare l'incarico limitato d'accertare il confine nei punti designati, ad una commissione composta di funzionarii governativi e che sarebbe precisamente quella che da noi si proponeva per l'appello;

(Interno) accettando la proposta converrebbe che codesto ministero indicasse quali sarebbero i delegati italiani; insistere perché la commissione cosi composta si attenga alle norme specificate più sopra dal generale di Robilant; affidare finalmente alla stessa commissione l'incarico di risolvere anche la questione relativa al confine tra Belluno Veronese e Borghetto.

(Interno) Un'identica comunicazione viene diretta al ministero della Guerra con cui codesto dell'Interno potrebbe porsi d'accordo prima di rispondere alla presente.

(2) Non pubblicata.

550

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL MINISTRO DELLA MARINA, ACTON (l)

D. Roma, 3 aprile 1883.

Mentre due missioni italiane si trovano ora in viaggio alla volta dell'Abissinia, una passando per lo Scioa, l'altra partita da Massaua, la presenza di una nostra nave da guerra in quest'ultima località, sarebbe il mezzo migliore per affermare l'interesse del governo alla sicurezza delle due missioni e per prevenire qualunque ostacolo o pericolo che potesse frapporsi alla loro buona riuscita.

Facendo presente una tale opportunità all'onorevole collega per la Marina, il sottoscritto lo prega vivamente d'esaminare se non crede utile di dar ordine all'« Ettore Fieramosca), appena sia stato sostituito dal «Cariddi» nella stazione di Assab, di recarsi a Massaua e di trattenersi fino a nuove istruzioni.

(l) Ed., In L'Italia in Africa, serie storica, vol. I Etiopia-Mar Rosso, tomo III a cura di C. Giglio. Roma, 1959, p. 11.

551

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1852. Vienna, 3 aprile 1883 (per. il 6).

I giornali di Vienna riportarono ieri e commentano oggi le informazioni che un sedicente telegramma da Roma avrebbe trasmesso ai giornali di Londra, con cui verrebbero quasi precisati i termini di un preteso trattato di alleanza conchiuso tra l'Italia, la Germania, e l'Austria.

Il Fremden-blatt dal suo canto pubblica un articolo che riveste il noto carattere delle comunicazioni ufficiose la di cui importanza dunque non può essere dubbia; l'unisco quindi al presente in uno colla traduzione (l); confermando così il mio telegramma di poco fa (2).

552

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY E A VIENNA, DI ROBILANT

T. Roma, 4 aprile 1883, ore 15,40.

Demain, jeudi, à l'occasion du budget, au sénat, je vais etre probablement interrogé sur l'existence, ou non, d'un traité d'alliance avec l'Allemagne et l'Autriche-Hongrie. Le télégramme Reuter et les commentaires des journaux donnent lieu à cette demande. Engagé au secret sur la réalité et la nature de nos rapports avec les deux Empires, j'ai toujours gardé ce secret avec scrupule envers tout le monde, mes collègues compris, à l'ecception du président du Conseil. Mes déclarations à la Chambre n'ont fait que reproduire (ad litteram) celles que le comte Kalnoky avait déjà faites auparavant aux délégations de Pesth. Je suis, aujourd'hui, également décidé à ne pas sortir de la plus scricte réserve. Mon intention serait de glisser sur l'existence d'un traité forme!, sans nier, ni affirmer, me référant purement et simplement aux déclarations par moi faites devant la Chambre et en me refusant à toute autre explication ou détail. Mais, avant de m'arreter définitivement à cette méthode, je désire connaitre, dans notre intéret commun, la pensée des Cabinets de Vienne et de Berlin là-dessus. Tachez de me télégraphier dans la matinée de demain, si possible, votre avis avec celui du comte Hatzfeldt (comte Kalnoky) (3).

(l) -Non pubbl!cato. (2) -T. 437 del 3 apr!le 1883, non pubbl!cato. (3) -Cfr. nn. 553 e 555.
553

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. Berlino, 4 aprile 1883 (1).

Le secrétaire d'Etat sort de chez moi. Il devrait, pour répondre au désir exprimé dans votre télégramme (2), parler au chancelier; mais ce serait impossible de le pressentir, ni ce soir, ni meme demain dans la matinée. Hatzfeldt ne peut donc dire que par induction la manière de voir de son chef. Le discours de V. E. à la Chambre si meme il n'en aurait pas (compris) chaque mot, avais produit dans son ensemble une excellente impression sur l'esprit du prince de Bismarck. Il semblait donc au comte Hatzfeldt que si vous vous référez à ce discours en vous prononçant en général dans le meme sens, l'impression continuerait à etre ici la meme. Ce serait tout profit pour la cause commune et meme pour le maintien du secret sur la réalité et la nature des accords. Puisque ·V. E. veut bien demander aussi mon avis il me 'parait que dans les développements données à vos déclarations à la Chambre, vous avez atteint la dernière limite au delà de laquelle le voile serait levé. Il convient dane, en effet, vis-à-vis du Sénat s'en tenir à une pure et simple référence à votre discours antérieur, et aux déclarations de Kalnoky, de glisser sur l'existence d'un traité formel, et d'insister surtout sur l'idée que notre union parfaite avec les deux Empires a essentiellement en vue, avec une entière réciprocité, tout ce qui '8St de nature à favoriser le maintien de la paix générale et ne vise, dès lors, à aucune politique hostile à une Puissance quelconque. Il serait intéressant de savoir qui a lancé le télégramme Reuter dans le but évident d'exciter en France l'opinion contre l'Italie et l'Allemagne. Les commentaires des journaux laisseraient ero ire qu'on y a réussi e n partie; raison de plus pour ne pas faire sonner le tam-tam et de mettre partout la sourdine.

554

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. 1394. Roma, 4 aprile 1883.

Ebbi l'onore di riceV'ere i rapporti di V. E. in data del 26 e 27 marzo, segnati coi n. 3225 e 3228 di questa serie (3). Col primo ella si è compiaciuta informarmi che il cancelliere divide l'opinione che le era stata espressa dal conte di Hatzfeldt circa la questione di Tripoli, ed approva il linguaggio riser

vato del segretario di Stato; col secondo ella manifesta il dubbio che un'ulteriore insistenza con codesto governo possa giovare allo scopo che ci proponiamo.

Debbo anzitutto ringraziare V. E. per la sua risposta al conte di Hatzfeldt, le ragioni che ella fece valere in questo come nei precedenti colloqui sono certamente le migliori che noi possiamo invocare, ed il pensiero del governo del Re sopra questo importante argomento non poteva avere interpretazione più accurata né più fedele. Parmi tuttavia che ella debba insistere per conoscere quale sarebbe lo atteggiamento del governo germanico qualora avessero a verificarsi le contingenze cui accennavano i miei precedenti dispacci. Certo, noi saremo vigilanti a Parigi ed a Tripoli, ma un elemento essenziale di giudizio e di gran peso per le eventuali nostre deliberazioni sarà di sapere quale appoggio noi possiamo sperare dalla Germania nel caso, pur possibile, che la Francia volesse recare mutamento allo statu quo in quella parte del continente africano. Alla incertezza nascente dalla riservatezza del conte Hatzfeldt, riservatezza poco consona agli intimi rapporti esistenti fra i due governi, parmi sia ancora preferibile sapere se, come già per Tunisi, così anche per Tripoli, noi non possiamo fare assegnamento alcuno sull'eventuale concorso della Germania.

Non è certo cosa che debba essere chiarita immantinenti, ma la prego di non lasciar sfuggire la prima opportunità che le si offrirà per far comprendere che questo è argomento così vitale agli occhi nostri, che non possiamo abbandonarlo in balìa degli eventi, e correre il rischio di futuri equivoci e malintesi. Parmi d'altronde che neppure la Germania e l'Austria-Ungheria possano rimanere indifferenti ad un maggiore equilibrio di forze nel Mediterraneo, come ella opportunamente già fece osservare al suo nobile interlocutore (l).

(l) -Manca l'indicazione dell'ora di partenza e di arrivo. (2) -Cfr. n. 552. (3) -Cfr. nn. 544 e 545.
555

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. Vienna, 5 aprile 1883, ore 15,35 (2).

Le chargé d'affaires de France a interpellé avec précision Kalnoky sur l'existence, ou non, du traité d'alliance italo-austro-allemand, ainsi que sur sa portée. Kalnoky a répondu que depuis la visite du Roi à Vienne les rapports les plus intimes et cordiaux se sont établis entre Rome et Vienne, ce qui a eu pour résultat d'établir une entente parfaite entre les deux Cours et les deux gouvernements et de les faire procéder d'accord dans toutes les questions d'intérét général dans le but de la conservation de la paix. Il a nié, du reste, l'existence d'un traité écrit, ajoutant qu'un semblable acte n'était pas plus néces

saire entre nous de ce qu'il l'avait été entre la France et l'Angleterre à l'époque de l'entente cordiale qui cependant avait établi et maintenu des rapports auxquels s'inspira pendant si longtemps la politique de ces deux Etats.

Une interpellation analogue a été présentée hier au parlement hongrois par le député Helfy. Kalnoky m'a dit que monsieur Tisza y répondra quand en connaitra la réponse de V. E. au sénat.

(l) -Con nota del 16 aprile 1883, indirizzata all'ambasciata a Berlino, Mancini trasmetteva la seguente comunicazione: « V.E. ne pense-t-elle pas, camme mai, que l'article I de n otre tra!té nous donne, jusqu'à un certain po!nt, le dro!t de compter sur l'appui de nos alliés dans des questions qui touchent directement à nos intérets essentiels? C'est ainsi, que nous interpréttrions, le cas échéant. nos engagements envers l'Allemagne et l'Autriche-Hongrie ». (2) -Manca l'indicazione dell'ora di an·i\·o.
556

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, ZANNINI

D. 901. Roma, 8 aprile 1883.

Il ministro degli Affari Esteri del Montenegro ha diretto ai rappresentanti delle grandi Potenze di Cettigne la nota circolare di cui le accludo copia (l). In questo documento si fanno degli degli inutili tentativi fatti dal principato per addivenire ad un accordo diretto colla Turchia, e si chiede l'intervento delle Potenze firmatarie del trattato di Berlino per comporre la vertenza di confini.

Ella rammenterà che nel novembre dello scorso anno la Sublime Porta informava le Potenze della sua risoluzione di definire le frontiere col Montenegro, e di apporre i termini; e le invitava perciò a mandare sul luogo i rispettivi commissari. Le Potenze ritennero che la stagione fosse troppo inoltrata per compiere questi lavori; che inoltre, in alcuni punti, le due parti interessate non si erano ancora accordate; epperò decisero di differire alla primavera l'invio dei loro delegati, lasciando così alla Porta ed al governo principesco il tempo di intendersi direttamente sui punti tuttora controversi. Il governo russo proponeva inoltre che, qualora tale accordo non fosse stato possibile, la questione dovesse essere rimessa alla riunione degli ambasciatori a Costantinopoli, ed a tale modo di soluzione mostravansi pure propensi i Gabinetti di Roma, di Berlino e di Vienna. Il governo britannico faceva, d'altra parte, la proposta che la definizione dei punti controversi fosse lasciata alla commissione internazionale, dovendo tanto la Turchia che il Montenegro obbligarsi anticipatamente ad accettare le decisioni della maggioranza.

La circolare del Veivoda Radonié, le informazioni pervenuteci dal regio incaricato d'affari a Cettigne sembrano togliere ormai ogni speranza di diretto componimento fra le due parti, e le Potenze firmatarie del trattato di Berlino non potrebbero, a nostro avviso, respingere l'appello che loro è diretto dal Montenegro. Il governo del Re sarebbe, per quanto lo riguarda, e qualora tutti i Gabinetti fossero del pari consenzienti, disposto ad interporre i suoi buoni uffici per il componimento della vertenza, sia rimettendone la decisione al collegio degli ambasciatori di Costantinopoli, sia associandosi a quell'altro modo di soluzione che sembrasse più opportuno.

La prego di volermi far noto il pensiero di codesto governo a tale riguardo.

(l) ~on pubblicata.

557

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 475. Vienna, 13 aprile 1883, ore 14,16 (per. ore 14,45).

Toute la presse autrichienne applaudit unanimement au discours de V. E. et félicite de la manière la plus expressive l'Italie pour le succès sur le champ politique et financier, ainsi que pour sa manlère de se gouverner aussi sage que libérale.

558

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 452/94. Londra, 13 aprile 1883 (per. il 17).

Mi pregio di trasmettere qui unito un articolo del Daily News di questa mattina (l) che commenta le dichiarazioni fatte da V. E. al Senato del Regno intorno ai nostri rapporti colla Germania e coll'Austria-Ungheria.

L'articolo tende a dimostrare che non può esistere alcun dubbio sulla nostra alleanza coi due grandi Imperi dell'Europa centrale, e mostra lo scopo pacifico di questa unione.

559

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1855. Vienna, 13 aprile 1883 (per. il 15).

Il discorso pronunciato dall'E. V. nel Senato del Regno in occasione della discussione del bilancio del ministero degli Affari Esteri, trovò in tutta la stampa austriaca non solo eco simpaticissima, ma ben si può dire calorosa ammirazione.

All'appoggio di questo mio apprezzamento unisco al presente gli estratti dei principali giornali (l) di questa capitale di ieri sera e stamane, che meglio di ogni mia parola indubbiamente manifestano quanto l'elevato e patriottico linguaggio tenuto dall'E. V. in sì solenne occasione fu simpaticamente accolto dall'opinione pubblica in Austria che con gioia saluta la così solenne guaren

tigia di comunicanze di vedute e d'azioni all'evenienza della liberale Italia coi due Imperi.

Assai rilevante si è che la stessa Wiener Abend Post, che pel suo carattere ufficiale si astiene sempre dall'emettere apprezzamenti sugli atti degli altri governi abbia creduto fare un'eccezione in questa circostanza; parmi quindi a proposito riportare qui tradotto l'articolo di cui è caso:

«Nel Senato italiano il ministro degli Esteri ha ieri pronunziato un molto rimarchevole discorso in occasione della discussione sopra la politica estera del Paese intrapresa da qualche giorno in quel consesso.

Noi vogliamo qui da questo discorso unicamente rilevare che il ministro ha del pari con altrettanta precisione indicato essere stella polare della sua politica il mantenimento della pace e delle buone relazioni con tutte le Potenze, come la tutela della dignità e degl'interessi del suo Paese, ed egli nello apprezzamento completo delle buone relazioni con tutte le Potenze si pronunciò con speciale calore per il procedere unito cogl'Imperi della media Europa. Devesi ancora osservare che su questo punto il linguaggio del ministro Mancini è spalleggiato pienamente dagli apprezzamenti propugnati dai leader dell'opposizione: Minghetti, Visconti Venosta, ed altri».

Merita poi attenzione il fatto che il solo Tagblatt giornale in stretta relazione coi direttori della parigina Republique Française, senza osare portare un giudizio sfavorevole sulla politica italiana mantiene però una attitudine notevolmente riservata a cui dà espressione il titolo del suo articolo «Come e quando».

Nella giornata di ieri fu conosciuto in Europa il discorso pronunciato da

V. E. la sera prima, ed in quello stesso giorno furono ripresi in tutta la penisola i pagamenti in oro. Data memorabile, questo 12 aprile resterà per la storia nostra, se sapremo con incrollabile costanza perseverare nei proponimenti e negli atti che ci condussero a quel duplice risultato che sogna per noi il principio di una nuova era.

(l) Non pubblicato.

560

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 287/75. Londra, 14 aprile 1883, ore 15,50 (per. ore 18,10).

La presse anglaise ne commente pas encore discours de V. E. au Sénat. J'espère que ses commentaires seront favorables. Je ne doute pas que l'appréciation du gouvernement anglais sera aussi favorable. Toutefois, quelques journaux reportent les paroles du Tagblatt et du Temps tendant à faire croire qu'en parlant des convoitises coloniales, dont il faut préserver le bassin de la Méditerranée, V. E. aurait aussi visé la Grande Bretagne. Peut-etre, serait-il utile, non pas de rassurer, mais d'édifier le gouvernement anglais à ce sujet.

561

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 56. Parigi, 14 aprile 1883 (per. il 17).

In questo periodo delle vacanze parlamentari delle Camere francesi, la stampa di questo Paese si è molto preoccupata dei discorsi di V. E. sulla politica estera e specialmente della supposta Triplice Alleanza austro-germanico-italiana.

Il linguaggio poco benevolo a nostro riguardo tenuto dai fogli pubblici che rappresentano le diverse opinioni, è dettato da un sentimento di non dissimulato dispetto nel vedere l'Italia uscita dalle difficoltà che circondavano il Risorgimento nazionale ed affrancata dall'influenza che la Francia si credeva in diritto di esercitare sul nostro Paese, mentre questo, collo stabilire più intimi rapporti colla Germania e coll'Austria, nell'interesse stesso della pace, ha evitato di rimanere in un pericoloso isolamento.

Il successo dell'abolizione del corso forzoso, che oramai sembra assicurato desta non poca meraviglia e dimostra come il rapido miglioramento delle nostre finanze sia prova della solidità delle basi economiche del nostro Paese. Il risultato stesso della costruzione della gran nave da guerra «La Lepanto » ha mostrato agli occhi alquanto meravigliati de' francesi, che l'Italia è anche capace della grande industria.

L'ordinamento delle forze militari, che si compie con grandi sacrifici, fa vedere che la Nazione vuole essere libera ed indipendente, del che molti non sanno darsi pace.

Certamente per dare a tutti questi elementi di prosperità e di sicurezza lo sviluppo necessario, ci vorrà ancora tempo e lavoro; la pace almeno sul continente europeo è necessaria; ed è perciò che si deve prestare fede alle parole pacifiche dell'E. V.

Si devono grandi lodi al R. governo che ha raggiunto così importanti risultati, e non desta poca meraviglia la costanza e l'intelligenza colla quale il popolo italiano dimostra tanta abnegazione nell'imporsi i più duri sacrifizii per costituirsi in Nazione forte e rispettata.

La cosa pubblica in Francia volge sempre alquanto incerta, benché il ministero attuale sembri più solido dei precedenti.

Vi sono però alcuni membri di esso dei quali si vorrebbe liberarsi; fra questi v'ha il generale Thibaudin, ministro della Guerra, che si accagiona di mostrarsi alquanto leggiero, come avvenne nella questione del comando delle grandi esercitazioni di cavalleria che egli, senza consultare il Consiglio, volle togliere al generale di Galliffet, per cui dovette disdire all'indomani stesso l'ordine da lui dato in quel senso. Si suppone che quel ministro soggiaccia a molte influenze radicali. Il ministro delle Finanze Tirard, benché uomo non senza merito, è battuto pure in breccia e si parla di surrogarlo col signor Leon Say.

È un fatto che le finanze francesi sono in difficili condizioni; il disavanzo ha luogo ogni anno ed è impossibile di dissimularlo colle arti finanziarie che si usarono per l'addietro: intanto la necessità di nuove spese si fa ognora maggiormente sentire. Ecco la città di Parigi che pensa ad un imprestito di 250 milioni di franchi per ripigliare le costruzioni nella capitale e provvedere, così si dice, alle abitazioni economiche per gli operai.

Il complemento della rete ferroviaria che fu oggetto di tante promesse e che servì alla rielezione di tanti deputati s'impone con crescente urgenza sotto la pressione degli interessati.

Molti progetti si ventilano per provvedere a queste esigenze, fra i quali ve ne è uno che ha prodotto qualche sensazione; esso combina la riduzione della rendita con un imprestito di un miliardo di franchi. Quel progetto fu esposto nel mese scorso nel giornale ministeriale Le soir in un articolo che unisco al presente rapporto (l). In mezzo a queste esigenze, vi ha un malessere assai esteso, specialmente nella classe operaia; gl'industriali paventano la concorrenza della Germania e dell'Inghilterra, a cagione sopratutto dell'alto prezzo della mano d'opera in Francia, che non permette di produrre a così buon mercato come i loro rivali.

A queste cause d'indebolimento s'aggiunge la divisione dei partiti, non solo avversi, ma ostili gli uni contro gli altri; per cui il sentimento del patriottismo va liìcemando in modo che desta molte apprensioni.

Il governo cerca di risvegliare l'amor proprio francese coi suoi tentativi per impiantare nuove colonie e stabilire nuovi protettorati; ma tutto ciò si risolve in sacrifizii di uomini e di denaro che sono sopportati a mala pena dalle popolazioni.

Intanto i ministri, nei discorsi che mi occorre di tenere con essi, si mostrano sempre benevoli a nostro riguardo, specialmente il presidente del Consiglio ed il signor Cballemel-Lacour, questi però si è astenuto di parlarmi dei discorsi di V. E. e delle di lei dichiarazioni, che sollevarono tanto rumore nella stampa; ed io feci altrettanto.

A giudicare da Le soir, giornale che riceve le prime impressioni del ministero degli Affari Esteri, si ha luogo di pensare che tali dichiarazioni vi furono accolte con alquanto malumore. Ma forse non bisogna attribuire troppa importanza ai giudizi dei giornali che esagerano i fatti, li trasformano e talvolta l'inventano di pianta per solleticare la curiosità dei lettori.

Di questo sistema ho più di una prova che mi riguarda, per esempio ieri il Figaro, (noto assai per le sue eccentriche invenzioni) riferiva una mia supposta conversazione col corrispondente del Daily News di cui ignoro intieramente l'esistenza.

Il ministero attuale si preoccupa molto delle mene e dei tentativi degli internazionalisti e se egli giunge a vivere per qualche tempo, lo dovrà in parte all'energia che dimostrerà nel reprimere i disordini, benché egli abbia contro di sé i partiti religiosi delle diverse comunicazioni, specialmente della cattolica, a motivo dell'applicazione della legge sull'istruzione primaria, e che desti qualche malcontento per mostrarsi talvolta troppo esclusivo in favore del proprio partito.

(l) Non pubblicato.

562

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

u. 18!:17. Vienna, 15 aprile 1883 (per. il 17).

M'affrettai ieri sera di trasmettere telegraficamente (l) all'E. V. il testo della risposta fatta dal ministro presidente Tì.sza all'interpellanza direttagli dal deputato Helfy a riguardo della Triplice Alleanza di cui i giornali ebbero sì largamente a discorrere in questi giorni. Chiedo venia per quella mia traduzione fatta a prima vista senza neppure darmi il tempo di rivederla, premendomi che l'E. V. avesse senza ritardo sott'occhio quell'importante documento che ritengo l'agenzia telegrafica avrà trasmesso in riassunto soltanto.

Qui unito spedisco all'E. V. il rapporto (2) direttole sullo stesso argomento con molta pregievole sollecitudine dal conte Sanminiatelli che mi compiaccio in questa circostanza dire mi tiene informato di tutto ciò che può interessarmi a Pest col più intelligente zelo.

Quel R. console generale unisce al suo rapporto una traduzione del pari delle dichiarazioni del signor Tisza che sebbene fatta essa pure in fretta corrisponde cionondimeno sostanzialmente appieno col testo da me trasmesso ieri sera.

Dai giornali di stamane poi vedo che il signor Helfy non si dichiarò guarì soddisfatto della risposta avuta salvo per la parte che si riferiva al non essere gli accordi intervenuti fra le tre Potenze dirette contro la Francia.

Egli si attaccò a rilevare le parole pronunciate da V. E. per marcare che il gruppamento delle tre Potenze è guarentigia d'ordine e di progresso per la civilizzazione europea, chiedendo ulteriori spiegazioni al riguardo. Il ministro Tisza dimostrò leggendo alcuni brani del discorso di V. E., che le dichiarazioni fatte nel Senato italiano sono pienamente conformi a quelle pronunciate nelle delegazioni dal conte Kalnoky; né quanto ad interpretare le parole di V. E. relative all'ordine ed alla civilizzazione, si dichiarò incompetente a spiegar le; pur dicendo che il progresso della civiltà è sempre favorevole al mantenimento della pace.

Tutta la stampa viennese si occupa stamane del discorso pronunciato dal primo ministro ungherese e devo constatare che il giudizio che ne porta è assai severo; la conclusione quasi unanime essendo ch'essa lascierà negli spiriti una confusione ancora maggiore di quella che esisteva prima.

Il testo tedesco che riferisce tutta la discussione sull'interpellanza e che qui unisco (l), si è quello dato dal Correspondenz Bureau ed inscritto nella Wiener Zeitung di stamane, quella più d'ogni altro, dunque, che riveste carattere ufficiale.

(!) :-lon pubblicato.

(2) R. 6 del 14 aprile 1883. non pubblicato.

563

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 465/96. Londra, 16 aprile 1883 (per. il 20).

Nello scopo di tenere l'E. V. ragguagliata intorno all'opinione pubblica inglese in quanto si riferisce all'Italia, e specialmente in quanto riflette le intelligenze avvenute fra il governo del Re ed i governi di Germania e d'AustriaUngheria per proseguimento d'una politica pacifica in Europa, le quali furono recentemente confermate dall'ultimo discorso dell'E. V. in Senato, mi pregio di mandar qui unito un articolo dello Standard (1), nel quale questo argomento è trattato.

L'articolo deduce dalle dichiarazioni del signor Tisza nella Camera ungherese, che non può esservi alcun dubbio sull'esistenza d'un accordo fra i due Imperi dell'Europa centrale e l'Italia, accordo diretto evidentemente contro quelle Potenze che potrebbero avere velleità di fare la guerra, ossia contro la Francia e la Russia. Accenna poi all'allarme di alcuni giornali, che l'Italia ferita nella sua suscettibilità dalla Francia colla spedizione di Tunisi, potrebbe trascinare i suoi alleati alla guerra, e che volendo assumere una posizione dominante nel Mediterraneo potrebbe cercare di avversare l'influenza dell'Inghilterra. Ma non dando troppa importanza a questi sospetti, confida che l'accessione dell'Italia alla lega austro-germanica avrà per effetto di tenere il nostro Paese in una politica savia e corretta.

564

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

L. P. Berlino, 16 aprile 1883.

Vous me donnez par votre lettre du 7 avril (l) une faule de détails intéressants dont je vous suis très obligé. Vos appréciations sur le chevalier Tosi m'ont été droit au coeur. L'affection que nous lui portions tous deux établit un lien de plus entre nous. J'ai parlé de lui hier avec le comte de Bray et j'ai pu recueillir ainsi maints souvenirs sur le séjour à Belgrade et sur la dernière maladie. Vous savez que j'avais vu précédemment le dr. Nothnagel, et camme il me disait qu'il était né dans une commune près de Berlin, qu'il y avait fait ses études, que son fils recevait aussi une éducation en Allemagne, je ne doutais pas un seul instant de sa nationalité prussienne en recommandant au ministère de le proposer au Roi pour une décoration en récompense des soins pretés à notre ministre en Serbie. M. Mancini me télégraphiait

que ce docteur s'était fait naturaliser autrichien. C'est dane vous qui ètes rompètent pour réprendre ou Iaisser tomber ma suggestion.

Vous désirez un éclaircissement sur des incidents que j'ai mentionnés dans ma notice biographique sur le chevalier Tosi. En revenant de Plombières, le comte de Cavour en passant à Zurich le fit appeler pour lui remettre un pli cacheté contenant le récit de l'entrevue avec l'Empereur Napoléon, avec l'instruction de se rendre incontinent à Pollenza (si ma mémoire ne m'a pas fait défaut dans la désignation de ce chateau), et de consigner lui-mème le pii à Sa Majesté. Dans ma notice j'indiquais qu'il était chargé de communiquer !es accords secrets pris à Plombières, pour ne pas dire crument qu'il ne s'agissait que d'une mission semblable à celle que pourrait remplir un courrier de Cabinet.

Le comte de Cavour annonçait qu'il viendrait quelques jours plus tard visiter Sa Majesté à l'époque précisément où vous étiez de service. Le mot communiquer dont je me suis servi est un euphémisme qui se concilie d'ailleurs avec la vérité.

Je n'ai plus rien entendu, sauf le bruit des journaux, sur un projet de visite de notre Roi à Berlin. Mais le prince Bismarck et le comte Hatzfeldt savaient que j'ai rendu compte de l'entretien entre le due de Gènes et le chancelier. Le silence prolongé devient embarrassant, d'autant plus que le prince de Bismarck dans san langage avec ses intimes se montre très désireux que le projet se réalise vers la fin de mai. Il a le sentiment que l'initiative est venue de nous ou du moins que nous avons accueilli avec empressement !es suggestions de M. de Keudell, que le due de Gènes devait ètre informé de nos intentions, c'est pourquoi le chancellier n'avait pas hésité à aborder avec lui la question.

Je persiste à émettre l'avis qu'il convient de gagner du temps; il ne convient pas entre autres de donner un nouvel aliment aux rumeurs qui se font autour de la Triple Alliance. Mais ne serait-ce que par simple courtoisie nous devons fournir quelques explications dilatoires et telles que sans fermer la porte pour une entrevue nous la laissions ouverte au gré des convenances du Roi et de notre politique. Tout cela est fort délicat. Une maladresse ou une méprise a été commise à Rome ou par M. de Keudell ou par M. Mancini. C'eat à eux deux à se tirer d'affaires. Je tiens à ètre laissé à l'écart.

Quand notre ministre des Affaires Etrangères demandait ici camme à Vienne l'avis du Cabinet sur le langage à tenir au Sénat, j'ai répondu après en avoir touché un mot avec qui de droit que J'impression du discours à la Chambre des députés ayant été excellente, la mème impression se maintiendrait si le second discours ressemblait au premier. Pour mon compte je lui disais que devant la Chambre des députés il avait atteint l'extrème limite au de là de la quelle tous !es voiles seraient levés. Maintenant il fallait s'abstenir de faire résonner le tam-tam et employer une sourdine. J'ai le sentiment qu'ici on tient moins qu'à Vienne à user de menagements envers la France. L'article de la Norddeutsche Allgemeine Zeitung a jeté de l'huile sur le feu. Cet article lors mème qu'on en recuse la paternité officielle, était inspiré par le prince de Bismarck qui par là voulait donner un avertissement à Paris et aussi à Pétersbourg; non pas qu'il y eflt danger en la demeure, mais en vue de l'avenir. Personne ne saurait en effet garantir qu'en suite d'une révolution en France il n'arrive au pouvoir un personnage (un Orléans) ou un principe (extreme gauche ou socialiste) ayant besoin de chercher dans une guerre extérieure, dans une revanche le moyen de consolider une situation contestée et précaire ou de renouveler les traditions de 1792 et de jeter la France sur l'Europe pour la regénérer à la façon des sans-culottes. La Russie pourrait etre tentée de se déclarer elle aussi contre l'Allemagne ou l'Autriche. Ces deux Puissances ne doivent avoir aucun doute qu'il existe déjà une forte ligne qui tomberait à bras raccourcis sur les perturbateurs de la paix.

J'ai lu la réponse de M. Tisza à l'interpellation Helfy. Elle me semble dans la mesure voulue. Seulement elle accentue le point de vue conservateur de nos accords; j'en suis pour ma part enchanté, mais nos archi-libéraux feront la grimace. J'ai beaucoup admiré la manière habile et digne avec laquelle vous avez parlé à Kalnoky de la contre-visite non effectuée.

Je vous remercie des nouvelles concernant Cialdini. J'ai entendu prononcer le nom de Nigra camme ambassadeur en mission extraordinaire au couronnement. Quant au comte Tornielli c'est vraiment dommage qu'il se soit compromis au point de ne pouvoir de sitòt occuper une ambassade.

Il est en effet complètement inexact qu'au diner pour la fete de l'Empereur, Bismarck portait camme unique décoration l'Annonciade. C'était la seule décoration qu'il portait en collier mais sa poitrine était couverte de plusieurs plaques nationales et étrangères.

Je suis enfoncé jusqu'au cou dans les affaires commerciales. J'avais demandé l'envoi d'un spécialiste, mais je ne vois rien venir. Les négociations du traité marchent avec lenteur.

(l) Non pubblicato.

565

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 1859. Vienna, 17 aprile 1883 (1).

Con mio telegramma di ieri (2) annunciavo all'E. V. la scelta definitivamente fatta dal governo imperiale del conte Hoyos attuale primo capo sezione al ministero degli Affari Esteri pel posto di ambasciatore a Parigi. Quella designazione da me sempre ritenuta siccome la più probabile a malgrado sia stata ripetutamente contraddetta, fu, ritengo, affrettata in questi giorni onde cercare di lenire il malumore suscitato in Francia dalle troppe dicerie intorno al tema tanto commentato dalla stampa parigina della Triplice Alleanza.

Il conte Hoyos non è fra i più anziani di natura a giustificare pienamente quel suo rapido avanzamento; ma concorrono a suo riguardo circostanze di

{1) Manta l'indicazioJ.1e del giorno di arrivo. Ul T. 501 dPl 16 anrlle 1883. non pulJblicato.

37-Documenti diplomatici -Serle II -Vol. XV-XVI

diversa natura che esercitano sempre in Austria notevole influenza sulla carriera di funzionario dello Stato. Egli è del resto un impiegato coscienzioso che strettamente ubbidirà col necessario zelo alle istruzioni che gli si daranno. Ravviserei poi inutile addentrarmi maggiormente nell'apprezzamento delle qualità personali del nuovo ambasciatore, non trovandomi in grado di dire in proposito meglio né con maggior precisione di quanto ebbe a scrivere all'E. V. su questo stesso argomento il mio egregio collega di Bukarest, allorché circa due anni or sono il conte Hoyos lasciava quella residenza per venire a Vienna ad assumere il posto di capo-sezione al ministero. Il ritratto che il conte Tornielli faceva allora di quel diplomatico, era ed è tuttora una fotografia che non potrebbe essere più riuscita.

Da quanto emerge da quel rapporto chiaro apparisce che il nuovo rappresentante austro-ungarico a Parigi non ha simpatie di sorta per l'Italia, e quindi non acquisteremo colà un amico, che all'evenienza pur seguendo le istruzioni che sarà per ricevere dal suo governo, potrà prestare all'ambasciatore del Re nella capitale della Repubblica quel concorso di simpatie personali che non mancano di importanza; ma ad ogni modo egli non farà mai una politica propria, e si conformerà sempre strettamente agli ordini che riceverà da Vienna.

566

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. PARTICOLARE S. N. Vienna, 17 aprile 1883 (1).

Credo opportuno riferirle che nelle comunicazioni ch'io ebbi negli scorsi giorni col conte Kalnoky, sull'argomento delle discussioni sulla Triplice Alleanza sollevatesi nella stampa in conseguenza di discorsi tenuti dall'E. V. nella Camera dei deputati nelle sedute del 13 e 14 marzo, S. E. se ne mostrava assai spiacente e ne attribuiva con insistenza la causa a talune parole che a suo dire non figurerebbero più nel resoconto ufficiale, ma che pur sarebbero sfuggite all'E. V. nel calore dell'improvvisazione venendo accolte dai rappresentanti dei giornali italiani ed esteri presenti a quelle sedute, e consegnate nelle loro relazioni. Questioni di tal natura sono assai difficili a discutersi poiché fanno difetto le prove di fatto all'appoggio tanto di una tesi come dell'altra. Volendo però ad ogni modo porre termine a quell'inutile ripetuta recriminazione dissi:

che non trovandomi evidentemente in grado di apprezzare con precisione la maggiore o minore autenticità del fatto da lui accennato, volevo anche ammettere l'ipotesi ch'esso si fosse verificato, ma che se così effettivamente stessero le cose egli doveva tener calcolo dell'assai difficile situazione in cui si trovava il governo italiano costretto a manifestare e giustificare una politica

estera avente per base l'accordo il più perfetto ed amichevole coll'Austria-Ungheria di cui n'ebbe da parte nostra a dare in questi ultimi tempi le più esplicite prove, senza che agl'occhi degli italiani sii avvenuto fin ad ora per un fatto solo, che dimostri la reciprocità non dirò negli atti né nei sentimenti soltanto da parte dell'Austria-Ungheria; e onde avvalorare il mio dire aggiunsi alcune parole che sebbene riservatissime nella forma, pur accennavo con precisione alle non effettuate contro-visite da parte dei sovrani d'AustriaUngheria: fatto questo che se per ragioni d'ordine superiore gl'Italiani sanno con sommo patriottismo coprire di un opportuno velo, pur non è possibile cancellino dalle menti... Conchiusi quindi, che anche questa sola circostanza speciale giustificherebbe ampiamente il mio governo dell'appunto che gli si vorrebbe fare, di aver con avvenuta precisione accennato l'esistenza di accordi internazionali che a malgrado i pochi frutti dati fin qui, pur sorridono alla Nazione come una speranza per l'avvenire.

Il conte Kalnoky che mi aveva ascoltato con grande attenzione, allorché ebbi finito di parlare, dissemi a sua volta senza toccare menomamente le delicatissime questioni da me adombrate: «Vous avez raison, oui vous avez raison ~. e tosto cambiò discorso.

Di questa conversazione parmi ivi opportuno resti traccia nel mio carteggio particolare col R. ministero che si riferisce al trattato del 20 maggio 1882, ed è quindi con tale intento che ho creduto doverle rivolgere il presente rapporto.

(l) Manca l'Indicazione del giorno dl arrivo.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 1860. Vienna, 18 aprile 1883 (per. il 21).

Il conte Kalnoky mostravami ieri il testo ufficiale dei discorsi pronunciati dall'E. V. dinanzi alla Camera nelle sedute del 13 e 14 marzo, pervenutogll il giorno prima da Roma, e dicevami ritenere fossero ora finite tutte le discussioni provocate nella stampa europea delle voci corse sulla Triplice Alleanza.

Avendogli io chiesto se da parte del governo francese fosse ancora stato in qualche maniera interpellato al riguardo in questi ultimi giorni, S. E. dissemi di aver diretto al conte Golukowsky una lettera particolare intesa a spiegargli nelle linee generali la natura eminentemente pacifica della linea di condotta adottata in comune dalle tre Potenze; che quindi non può menomamente essere considerata siccome una minaccia per la Francia. L'incaricato d'affari imperiale avendo avuto l'ordine d'informare a quella comunicazione il suo linguaggio col ministro della Repubblica francese, si era affrettato di adempiere alle istruzioni ricevute, e già aveva riferito che il signor Challemel Lacour si era mostrato pienamente persuaso degl'intendimenti pacifici delle tre Potenze, assicurando che apprezzava anzi grandemente il carattere e l'opportunità degli accordi di cui gli si teneva parola, ed aggiungeva inoltre, che a rimuovere ogni dubbio sulla opportunità ch'essi potessero avere un intendimento aggressivo verso la Francia, eragli pienamente bastato il fatto che l'AustriaUngheria vi partecipa; il Gabinetto di Vienna non avendo ragione al mondo per nutrire sentimenti ostili verso la Francia.

Il recente discorso del signor Tisza avrà ancora maggiormente rafforzato il fiducioso convincimento del signor Challemel-Lacour, tanto più se avrà posto mente alle non insignificanti dimostrazioni di simpatia per la Francia cui quelle dichiarazioni hanno dato luogo in seno al parlamento ungherese; simpatia che però non impensierisce il Gabinetto di Berlino che, come dicevami l'incaricato d'affari di Germania, ben sa non impedire mai la volontà suprema che guida nella Monarchia la politica estera, di imprimere a questa al momento dato l'indirizzo prestipulato, e di farlo seguire dai fatti.

A questo proposito sembrami opportuno far rilevare che ho dovuto notare che mentre il Gabinetto di Vienna mostrava qualche rincrescimento dell'impressione prodotta in Francia dai discorsi di V. E., e dalle conseguenti dicerie corse, il Gabinetto di Berlino dava anzi segno qui di soddisfazione per la salutare impressione che le varie ipotesi poste in giro sulla Triplice Alleanza, ed i commenti che ne furono conseguenza, non mancherà di produrre, rafforzando sempre maggiormente le garanzie di pace.

568

IL CONSOLE GENERALE A BEIRUT, COLUCCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 97. Beirut, 18 aprile 1883 (per. il 29).

Vedendo avvicinarsi sempre più il termine de' suoi poteri, senza che la Sublime Porta sia ancora riuscita ad intendersi coi rappresentanti delle grandi Potenze sulla nomina del suo successore, Rustem pascià telegrafò alcuni giorni fa al Gran Vizir per fargli presente la difficilissima posizione in cui si troverebbe qualora, alla scadenza del suo ufficio, non si avesse ancora potuto provvedere alla nomina del nuovo governatore e lo si lasciasse qui senza quella autorità e quel prestigio che oggi più che mai gli fan d'uopo per amministrare il Paese e mantenervi l'ordine, tanto più che i di lui avversari sembravan decisi, terminato che sia il suo mandato, a rifiutarsi di riconoscerlo quale governatore del Libano non curandosi essi de' gravi conflitti che ne nascerebbero. Egli pregava quindi S. A. il Gran Vizir a voler permettergli di rimetter prima ancora di quell'epoca, cioè prima del 22 del corrente mese, la amministrazione del Libano nelle mani del vice-presidente del consiglio amministrativo e di partire per Costantinopoli. In risposta il ministro dell'Interno gli spediva ieri un telegramma in cifra assai lusinghiero il cui tenore comunicatomi questa mattina da Rustem pascià, sarebbe il seguente:

«Pel vostro ritorno a Costantinopoli S. M. il Sultano vi riserva un'alta posizione adeguata ai fedeli ed apprezzati servizi che gli avete reso ed ai meriti che vi distinguono. Però è necessario che continuate ad accudire personalmente alla amministrazione del Libano e cw sin che non sia nominato, e non sia partito per costì, il nuovo governatore. Tale è la volontà sovrana ed affinché vi conformiate alla medesima vi mando il presente telegramma per ordine di S. A. il Gran Vizir ».

Di quanto precede mi affrettai di informare l'E. V. col telegramma (l) che ebbi l'onore di dirigerle poche ore fa. Mi riservo quindi, qualora fosse il caso, di farle conoscere col prossimo postale, od anche per telegrafo, l'impressione che avrà prodotto in Paese siffatta risposta del Gran Vizir allorquando Rustem pascià stimerà opportuno di pubblicarla. Ad ogni modo questa determinazione della Sublime Porta, la quale è sempre ricca in espedienti, mantiene legalmente in carica Rustem pascià, e siccome sembra che si voglia far prevalere in questa occasione il principio che il veto di una sola Potenza è sufficiente per impedire la nomina del funzionario proposto dalla Porta, non si potrebbe ragionevolmente ritenere che la situazione presente non abbia a prolungarsi per molti mesi e non avvenga precisamente in tal guisa quel che i poco accorti avversari di Rustem pascià si sforzavano d'impediTe a qualunque costo.

569

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 476/102. Londra, 19 aprile 1883 (per. il 23).

La stampa inglese continua ad occuparsi con un certo interesse delle intelligenze avvenute tra l'Italia, la Germania e l'Austria all'intento di seguire una politica pacifica, intelligenze che non mancarono di sollevare polemiche nei vari periodici d'Europa e specialmente nella stampa francese.

Allo scopo di tenere informata l'E. V. delle manifestazioni dell'opinione pubblica inglese, io credo mio debito di segnalarle due corrispondenze da Parigi state pubblicate nel numero d'oggi dei giornali il Times ed ii Morning Post.

Queste corrispondenze, che portano per il titolo «La Triplice Alleanza», sono concepite in uno spirito benevolo verso l'Italia, la cui politica pacifica viene commentata in modo favorevole.

Nel primo di questi articoli si fissa come data della Triplice Alleanza il mese di giugno e si afferma che l'accordo fu conchiuso a mezzo d'una nota redatta in termini identici, scambiata tra le tre Potenze ed avendo per iscopo la mutua garanzia de' territori.

Dopo aver passato in rassegna le molteplici ragioni che spinsero l'Italia a conchiudere quest'alleanza, si dichiara che scopo precipuo della medesima è la pace e che la tranquillità dell'Europa non ha quindi nulla da temere da tale unione.

Il secondo poi di detti articoli parlando delle disposizioni concilianti di cui fece prova in questi ultimi tempi il governo italiano coll'invio d'un amba

sciatore a Parigi accenna all'impressione più che sfavorevole fatta in Francia dalla notizia della Triplice Alleanza ed alle violenti discussioni a cui quest'argomento diede luogo nei vari periodici parigini senza distinzione di partito, dai legittimisti agli ultra-rivoluzionari.

Nell'affermare che la parte sensata della popolazione francese deplora il linguaggio esagerato della stampa parigina esso esprime quindi la speranza che la stampa italiana non segua l'esempio della francese e non venga così a rendere peggiore una situazione che potrebbe divenire invero critica.

Nel trasmettere qui unito all'E. V. il testo di questi articoli (l).

P. S. Aggiungo un articolo del giornale The Pall Mall Gazette che si riferisce allo stesso argomento della così detta Triplice Alleanza e conchiude anche esso in senso favorevole il mantenimento della pace in Europa (2).

(l) T. 525 del 18 aprile 1883, non pubblicato.

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L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, COLLOBIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2576. Costantinopoli, 24 aprile 1883 (per. il 30).

Oggi S. A. Aarifi pascià informava i rappresentanti delle Potenze che la Sublime Porta, in seguito alle obbiezioni mosse alla nomina di Prenk Bib Doda, aveva divisato di proporre a S. M. Danish effendi per l'ufficio di governatore del Libano. S. A. nel darmi tale notizia mi pregava d'informarne il R. governo per conoscere la sua opinione su tale scelta. Appena saranno conosciute le risposte dei diversi governi, mi disse S. A., si proporrà la nomina al Sultano ed i rappresentanti saranno convocati per la firma del protocollo per prendere atto dell'accordo intervenuto.

Danish effendi appartiene ad una famiglia cattolica di Costantinopoli, Daleggio, ed è attualmente console a Ragusa. Egli fu segretario di Fuad pascià e della commissione europea del Libano nel 1860, e poscia prestò servizio all'interno ed all'estero e fu segretario della legazione ottomana a Roma negli anni 1874 e 1875. Esso è generalmente stimato per la sua onestà e capacità, e quantunque non abbia finora copert.o cariche elevate nell'amministrazione, l'esperienza acquistata durante la sua missione al Libano potrà agevolargli il suo compito.

La notizia della sua nomina fu bene accolta dai miei colleghi e credo che

non incontrerà serie obbiezioni. Danish effendi in ogni modo avrà il van

taggio, sovra altri candidati il cui nome era stato messo innanzi, di accoppiare

ad una discreta esperienza delle cose del Libano, una provata onestà e di

essere scevro da qualsiasi antecedente di natura da farlo apparire ligio agli

interessi particolari di una Potenza. Per tali considerazioni ho creduto, d'ac

cordo in ciò cogli ambasciatori d'Austria e di Germania e coll'inviato di Russia, di rispondere ad Aarifi pascià che, sotto la riserva dell'approvazione dei nostri governi, non avevamo obbiezioni di sorta a tale scelta qualora essa fosse approvata dalle altre Potenze.

Io stimai anche opportuno, d'accordo con questi miei colleghi, di consigliare ad Aarifi pascià di non più oltre tardare di prendere una decisione in proposito per evitare le difficoltà che potrebbero nascere in seguito alle gravi rimostranze fatte dall'ambasciata di Francia per la permanenza di Rustem pascià al Libano. Non essendosi potuto stabilire l'accordo sulla proroga di Rustem pascià ed avendo la Sublime Porta deciso di nominargli un successore, è miglior consiglio che, rimosso il Bib Doda la cui scelta non credesi generalmente opportuna, essa provveda prontamente a por fine ad una condizione di cose, che, perdurando, potrebbe forse produrre serie difficoltà.

(l) -Non si pubblicano gli allegati. (2) -Annotazione di Malvano del 25 aprile 1883: «Rispondere analogamente come a Parigi, compiacendosi anche dell'amichevole articolo della Pali Mall Ga;:ette ».
571

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. PARTICOLARE S. N. Vienna, 25 aprile 1883 (1).

Il conte Kalnoky ritornava ieri meco sull'argomento delle inquietudini destate in Francia dalle voci corse negli ultimi tempi intorno alla Triplice Alleanza; e se ne mostrava seccato. S. E. questa volta però non ne faceva più rimontare l'origine ai discorsi di V. E., ed invece diceva che la causa principalissima di tutto quel rumore, era stato l'articolo della Norddeutsche Zeitung ch'egli qualificava assai sconveniente e poco opportuno. Conveniva però che ad ogni modo è un bene che qualche cosa abbia trapelato del nostro Trattato, poiché sarà sempre un salutare avvertimento per la Francia.

Del resto il conte Kalnoky mostravasi anche soddisfatto, che le dichiarazioni fatte dal signor Tisza e l'accoglienza cosi simpatica ch'esse avevano trovato nel parlamento ungarico, avessero prodotto rassicurante impressione sul governo della Repubblica. A questo proposito egli aggiungevami, essere manifesto che in Ungheria esistono forti simpatie per la Francia; ed a ciò meglio dimostrarmi egli dicevami, di aver dovuto dopo che il signor Tisza ebbe pronunciato quel discorso chiarirgli nettamente la situazione, e non mi nascose che nel ciò fare incontrò difficoltà abbastanza serie; il presidente del ministero ungherese avendo spiegato un'accentuata ritrosia ad ammettere la possibilità ancorché lontana di una azione militare della Monarchia contro la Francia.

Di questa conversazione d'indole confidenzialissima, ho creduto opportuno prendere nota nella mia corrispondenza particolare coll'E. V. ritenendo che contenesse dati che potrebbero guidare il di lei giudizio nello svolgimento ulteriore delle relazioni che formano oggi la base della politica dei tre Stati.

(l) Manca l'indicazione del giorno di arrivo.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 3241. Berlino, 28 aprile 1883 (per. il 5 maggio).

En suite des instructions contenues dans la dépeche de V. E. du 4 avril

n. 1394 (1), je guettais une occasion de reprendre avec le secrétaire d'Etat les entretiens dont j'ai rendu compte par mes rapports n. 3220 et 3225 (2).

Jeudi dernier, je lui remettais un exemplaire des discours si remarquables et si bien appréciés que vous avez prononcés, en date du 13 et du 14 mars à la Chambre des députés. Cette communication lui a été parfaitement agréable.

Je promettais à S. E. de lui faire tenir également le texte de votre discours du 11 avril au Sénat. Votre langage, tout en gardant la mesure que comportait un sujet si délicat, n'avait pas moins été assez explicite sur l'intimité de nos relations avec l'Allemagne et l'Autriche-Hongrie. Vous aviez touché également un argument qui confirmait ce que j'avais été déjà chargé de dire à propos de Tripoli. Vous déclariez que nos sentiments de bienveillance pour la France ne sont pas incompatibles avec la protection vigilante de nos intérèts. « Nous voulons empècher les faits accomplis de produire des malentendus plus grands. Nous ne pourrions rester indifférents si une nation quelconque pratiquait une politique coloniale envahissante en vue d'acquérir la domination du bassin de la Méditerranée. Toute grande Puissance qui ne s'y opposerait pas commettrait un suicide ».

Votre langage a dane eu aussi le mérite de me fournir le joint que je cherchais, selon votre désir, pour revenir à la charge. J'ai repris un à un tous vas arguments et ceux que j'avais déjà développés à deux reprises. Ils étaient si bien fondés, si sérieux que je me permettais de les rappeler, dans l'espoir que le secrétaire d'Etat se départirait d'une réserve si peu conforme à nos rapports d'étroite amitié. Je ne cachais pas que mon langage était autorisé. Il nous importait de savoir si nous pourrions dans une certaine mesure compter sur quelque appui du còté de I'Allemagne dans le cas où la France viserait à modifier davantage le statu qua dans l'Afrique septentrionale. Il ne s'agit pas d'une demande exorbitante. Elle est parfaitement légitimée par nos convenances réciproques, par l'intérèt essentiel que l'Italie conserve l'entière disposition de ses forces qui seraient en partie paralysées si la France réuississait à établir contre nous une sorte de blocus maritime permanent. Un ministère quelconque chez nous qui se laisserait surprendre par les évènements, qui ne s'appliquerait pas à réagir contre une semblable éventualité ne resterait pas vingt-quatre heures au pouvoir, en présence d'une opinion publique très chatouilleuse, et très en éveil depuis le fait de Tunis. Il nous a prouvé quel crédit nous pouvons accorder aux assurances françaises auxquelles pour mon compte je n'ai jamais ajouté foi (soit dit entre parenthèse, ma correspondance

officielle le prouve; les avertissements cle mon còté n'ont pas manqué depuis certain entretien que j'eus avec lord Salisbury au Congrès de Berlin en 1878).

Le comte de Hatzfeldt me faisait remarquer que de la part du Cabinet impérial, il ne saurait exister envers nous une réserve calculée et en opposition à une amitié et à une confiance mutuelles qu'il tient à cultiver.

Mais le prince de Bismarck, homme d'Etat éminemment pratique, quand on lui soumet une question demande tout d'abord s'il s'agit d'une simple conjecture ou d'une éventualité lointaine. Si on ne lui fournit pas des preuves contraires, il décline de se prononcer. Il objecte ceci: l'oeuf n'est pas pondu (Das Ei ist ungelegtes). Il n'y a pas lieu de s'en occuper. Sans doute la République accuse un mouvement d'expansion coloniale au Congo, en se plaçant en conflit avec les autorités portugaises, sans compter la rivalité d'entreprise entre M. de Brazza et M. Stanley; au Toukin en se heurtant avec les prétentions de la Chine; à Madagascar, en éveillant les susceptibilités de l'Angleterre.

Soit dit en passant, il se trouve ici des envoyés malgaches chargés de conclure un traité de commerce avec l'Allemagne qui, en ce qui la concerne, s'abstiendra de tout ce qui pourrait ressembler à une ingérence politique.

Quant à Tripoli, ajoutait le comte de Hatzfeldt, rien ne démontre qu'ayant déjà sur les bras de grosses affaires qui l'obligent à disséminer ses forces, à des dépenses prévues et imprévues considérables, la France veuille s'engager dans la Tripolitaine. Ce serait la guerre avec la Turquie. Si celle-ci a fait une faible résistance pour Tunis, où ses droits de souveraineté n'étaient pas généralement reconnus, elle recourrait à tous les moyens pour s'opposer à une nouvelle mutilation territoriale là où ses droits sont incontestables. Si on parle de Tripoli, on pourrait tout aussi bien mettre en avant le Maroc.

Je repliquais que l'Espagne en avait déjà eu soin en 1881 (rapports n. 2812 et 2821) (1). Elle espérait sans solliciter aucune réponse, que, le cas échéant, ses intérets seraient pris en considération et que sa voix serait écoutée.

L'Allemagne se bornait alors comme aujourd'hui, à protester de ses sentiments amicaux et à se tenir dans les généralités.

J'insistais de nouveau pour savoir si et jusqu'à quel point nous pourrions compter sur quelque concours éventuel du Cabinet de Berlin. Pour prendre position, il ne faudrait pas attendre que la question se posàt dans des termes pressants ,de façon à ne pouvoir etre ni éludée, ni ajournée.

Tout fait présumer que la France, si portée aux aventures, ne considère pas l'annexion déguisée de la Tunisie camme un acte isolé. Elle a voulu évidemment se frayer la voie à une nouvelle extension de territoire, à des entreprises qu'elle cherchera à couvrir sous le drapeau de la civilisation. Elle ne s'arrétera que si elle acquiert la conviction qu'on lui barrerait le chemin. S'employer dans ce sens, ce serait faire une politique de prévoyance et servir nos intérets communs qui souffriraient au plus haut degré sì l'équilibre des forces était davantage compromis dans la Méditerranée.

Le secrétaire d'Etat persistait à me répéter ce qu'il m'avait dit précédemment et qui avait été approuvé par son chef de file. Pour en reparler à S.A. il

{l) Cfr. Serie II, vol. XIV, nn. 24 e 45.

faudrait recueillir quelques indices, quelques faits indiquant que telles sont les tendances françaises. Paris et Tripoli sont les points où il convient de procéder aux investigations.

V. E. sai t qu'en remplissant scrupuleusement ses instructions, je n'avais guère d'espoir d'obtenir une réponse tout soit peu positive.

Je me réfère au reste à l'avis que je me suis permis d'enoncer dans mes rapports précédents (l) sur la conduite qu'il nous conviendrait de suivre (2).

(l) -Cfr. n. 554. (2) -Cfr. nn. 531 e 544.
573

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. RISERVATO CONFIDENZIALE S. N. Berlino, 29 aprile 1883 (3).

En réponse à la dépeche chiffrée de V. E. en date du 16 aprii (4), je me permets d'exprimer l'avis que s'il découle jusqu'à un certain point de l'esprit du traité un droit de compter sur l'appui de nos alliés dans les questions qui touchent directement à nos intérets essentiels, il ne me semble pas que la lettre meme du traité nous confère ce droit. Dans nos stipulations il y a plus d'une lacune qu'il n'a pas dépendu de V. E. ni du comte de Robilant de combler lors des négociations concentrées à Vienne, plus d'un point resté obscur et ouvrant peut-etre la porte à quelque équivoque. Sauf le cas nettement défini d'un attaque de la France les droits et les devoirs respectifs des parties contractantes pourraient fournir matière à des divergences d'interprétation.

Si la France voulait marcher vers Tripoli, si nous nous décisions à nous opposer aux dommages toujours plus grands qui en résulteraient pour notre position de Puissance maritime, et que nous invoquions le concours de nos alliés, ils pourraient nous répondre que cette question, non prévue, d'ailleurs dans nos arrangements, ne les regard que d'une manière indirecte. L'appui mutue!-article premier-en ce qui concerne les questions politiques d'une nature générale n'est promis que dans la limite des propres intérets d'un chacun. L'Allemagne du moins désire, selon ses convenances, une très longue durée au courant qui entraine l'amour propre et le gout des conquetes de la France au dehors du continent européen. Les allemands qui lui sont voisins n'en vivront que plus tranquilles. A leurs yeux, l'affaire de Tripoli, pas plus que celle tunisienne, n'a rien à voir avec le but de la Triple Alliance, et l'Italie ne devrait compter que sur elle-mème si elle voulait contrecarrer la politique française dans ces parages.

N'oublions pas que, relativement parlant, nous sommes les moins forts dans l'association. On nous donne bien la main, mais sans la serrer encore tout-à-fait. Nous avons certes gagné beaucoup de terrain à Berlin et à Vienne,

{4) Non pubbl!cato.

notamment depuis les discours de V. E. ù la Chambre des députés et au Sénat. Mais il faut continuer à nous appliquer de toute manière à inspirer toujours plus de confiance, et surtout à développer nos armements sur terre et sur mer. On est mieux disposé à secourir les forts.

Durant mon entretien avec le secrétaire d'Etat, j'ai fait allusion au Traité et à l'article premier au moins pour légitimer l'échange d'idée auquel je conviais

S. E. Mais le comte de Hatzfeldt ne m'a rien dit qui laissàt entrevoir que ce fut à ses yeux un argument pour modifier son attitude de réserve.

(l) -Cfr. nn. 522 e 545. (2) -Per la risposta cfr. n. 586. (3) -Manca l'indicazione del giorno di arrivo.
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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 1866. Vienna, 1° maggio 1883 (per. il 5).

Ho letto con particolare interesse nei documenti diplomatici trasmessemi da codesto ministero, i rapporti di S. E. il conte de Launay del 26 e 27 marzo (l) relativi alla questione di Tripoli, ed il dispaccio sullo stesso argomento direttogli dall'E. V. in data 4 aprile (2).

Non vi ha dubbio che le ragioni fatte valere dal conte di Launay nel suo colloquio col conte Hatzfeld, onde eccitare il governo germanico a chiarirci il suo pensiero su di un argomento di tanta importanza per l'equilibrio delle influenze nel bacino mediterraneo, e così vitale per noi, non avrebbero potuto essere svolte con maggior tatto e sagacia; e ciò infatti veniva posto in sodo dall'E. V. nel suo precitato dispaccio in maniera assai lusinghiera per quel mio illustre collega.

Certo si è del pari che, come l'E. V. osserva, la cosa non può !asciarci cadere cosi. La <<riservatezza» che in questa faccenda dimostra il governo germanico è << poco consona agli intimi rapporti esistenti fra i due governi » osserva l'E. V., ed io non posso se non associarmi pienamente a tal modo di vedere. Non occorre qui far rilevare che l'unica volta in cui toccai indirettamente si delicata questione col conte Kalnoky, il ministro austro-ungarico fu ancor più riservato del suo collega germanico, ciò si comprende facilmente, il Gabinetto di Vienna dacché è alleato di quello di Berlino non osando più esprimere un parere qualsiasi su di una questione di una certa importanza senza aver avuto prima conoscenza con precisione del modo di vedere del principe di Bismarck. Inutile sarebbe quindi il tentare un'azione qualunque qui onde far uscire i due Gabinetti imperiali dalla loro eccessiva riserva. A Berlino dunque devono concentrarsi tutti i nostri sforzi ponendovi in sodo che il do ut des è la considerazione a cui devono ispirarsi i due Gabinetti alleati per prestarci in questa questione l'aiuto efficace che ci occorre.

Infatti a noi farebbe unicamente d'uopo che la Germania e l'Austria-Ungheria si mostrassero convinte dell'interesse vitale per l'Italia che Tripoli non cada nelle mani della Francia, e che ci assicurassero del loro appoggio morale

(2} Cfr. n. 554.

almeno, onde impedire quell'eventualità. Questo appoggio ove fosse fin d'ora chiarito anche in indirettissima maniera basterebbe per far rinsavire la Francia eliminando così il, con troppa ragione, temuto pericolo. Se la Germania e l'Austria credessero di rifiutare il loro concorso, parmi evidente che a nostra volta pur mantenendoci sempre fedeli a quelle intelligenze d'ordine generale che formano oggi la base della politica dei tre Stati, dovremmo del pari osservare la più assoluta riserva in tutte quelle questioni che interessando direttamente la Germania e l'Austria non entrano in diretta maniera nella sfera dei nostri interessi particolari. Quella nostra eventuale assoluta riserva è chiaro che basterebbe da sola a rendere di assai più difficile soluzione pei due Imperi i frequenti incidenti in cui i loro particolari interessi man mano intoppano.

Parmi che questo ragionamento ove venisse da noi fatto non potrebbe essere contestato, tanto più che in fin dei conti altro non esprime se non il nostro modo di intendere fra governi amici il mutuo appoggio nei limiti dei rispettivi interessi senza di cui si renderebbe impossibile quella solidarietà di proposito che recentemente in varie maniere affermata, fu giustamente considerata da tutte le persone rette e spassionate siccome la più sicura guarentigia di pace per l'Europa.

Come dissi più sopra a nulla approderebbe ch'io tenessi un linguaggio di tale natura a Vienna; a Berlino solo dobbiamo in tal senso agire. Ove poi il cancelliere germanico non ci lasciasse colla sua attitudine persistentemente riservata più alcun dubbio sui suoi passivi intendimenti a fronte di una questione sì grave per noi, sapremo almeno che se non abbiamo con noi l'Inghilterra da cui a parer mio vi ha ben poco a sperare non potremo far assegno sul concorso di nessuna Potenza il giorno in cui la Repubblica francese volesse impadronirsi della Tripolitania come ebbe a fare della Tunisia. La sola politica quindi che ci resterebbe a fare in quella direzione sarebbe di evitare nella più assoluta maniera di fornire alla Francia sì a Tunisi che a Tripoli ulteriori pretesti qualsiasi alla sua azione espansiva sul lìttorale mediterraneo dell'Africa. Ciò si può ancora fare oggi salvando la nostra dignità, più tardi non lo si potrebbe più; e come già a Tunisi, assieme ai nostri interessi naufragherebbe pure immancabilmente ogni nostro prestigio. Dal responso di Berlino dunque, da noi chiesto nel modo il più categorico e franco deve a parer mio dipendere d'ora innanzi l'indirizzo politico che l'Italia deve seguire sulla a noi prospiciente costa africana, ove non si voglia andar incontro a nuove ed irreparabili disillusioni.

(l) Cfr. nn. 544 e 545.

575

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 1867. Vienna, 1° maggio 1883 (per. il 5).

L'argomento della Triplice Alleanza continua ad essere tema favorito delle discussioni obbiettive dei giornali austriaci, trovando queste natura! alimento negli articoli in verità assai curiosi che man mano vengono fuori al riguardo sui giornali prussiani ritenuti siccome ordinari interpreti del pensiero del cancelliere imperiale. Devo però constatare che tanto l'opinione pubblica quanto la stampa in questa parte della Monarchia si esprimono con costante simpatia in favore degli accordi che potrebbero essere intervenuti fra le tre Potenze, nonché delle possibili conseguenze di una eventuale effettiva alleanza contro la Francia ove questa s'attentasse di disturbare la pace dell'Europa.

Non così succede però in Ungheria. Il signor Falk che nel Pester Lloyd dà l'intonazione alla stampa e sopratutto a quella amica del governo, proclama recisamente che una politica anti-francese sarebbe assolutamente impossibile in Ungheria in qualsiasi eventualità.

Dalle informazioni che con molta occulatezza mi trasmette il R. console generale a Budapest, di cui non saprei abbastanza lodare il giusto criterio e la perspicace e zelante attenzione in tutto ciò che può interessare l'Italia, mi risulta che le simpatie francesi si fanno sentire molto vive in Ungheria senza che sia facile l'analizzarne con precisione la causa. A suo modo di vedere d'altronde conforme al mio, quelle simpatie sarebbero diretta conseguenza dell'antigermanismo che sempre esiste in Ungheria a malgrado il mutamento dei tempi, e che subisce in oggi una notevole esacerbazione a causa della lotta che i maggiari devono sostenere contro i tedeschi dei Paesi della Corona di Santo Stefano. Non devesi poi neppure escludere il fatto che parecchi fra gli uomini politici dell'Ungheria conservano grata ricordanza dell'accoglienza ricevuta a Parigi ai tempi della emigrazione locché esercita non poca influenza sui loro sentimenti.

Il conte Sanminiatelli mi fa pure rilevare che l'accentuare da parte degli ungheresi l'opposizione ad un'azione contro la Francia, è anche un modo di manifestare il loro desiderio che eventualmente la Triplice Alleanza, ove essa esista effettivamente, sia diretta unicamente a tenere in freno la Russia.

Sì questo che il precedente apprezzamento dell'egregio R. console generale, è in perfetta corrispondenza colle informazioni da me qui raccolte, che trovano d'altronde la loro conferma nel linguaggio tenutomi al riguardo dal conte Kalnoky che evidentemente meno esplicitamente pur esprimeva identici apprezzamenti.

Giovami poi qui il far anche notare che in questa questione della Triplice Alleanza il Pester Lloyd, che ben di rado si mostra simpatico per l'Italia, credette opportuno rilevare assai vivamente l'affermazione messa innanzi dal Journal de Rome che non possa sussistere amicizia sicura fra la cattolica Austria ed un Re che risiede al Quirinale, osservando essere un anacronismo il credere che l'Austria presente sia quella del Concordato, ed aggiungendo che nell'accordo dell'Austria-Ungheria con l'Italia si fece astrazione dalle questioni pendenti fra l'Italia stessa ed il Papato senza potere tuttavia per far piacere al Vaticano insorgere contro il fatto storico riconosciuto, confermato ed incancellabile, che Roma appartiene all'Italia ed è la sua capitale. Queste dichiarazioni del Pester Lloyd se rispondono infatti perfettamente allo stato delle cose in Ungheria ed all'indirizzo dell'opinione pubblica in quel Paese, non potrebbero con eguale precisione intendersi estese a questa parte della Monarchia; poiché non v'ha dubbio che in Austria ancorché non si richiami in vita il Concordato, non è meno vero che il governo vi accentua tendenze per niente dissimili da quelle dei sovrammentati tempi, affermandole con fatti che se non nella forma, nella sostanza almeno dimostrano all'evidenza che chi delle cose austriache ragiona oggi facendo astrazione degli anni trascorsi non può mai essere imputato di commettere un anacronismo.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

Roma, 2 maggio 1883, ore 11.

Les Puissances qui ont renoncé, en principe, à la juridiction consulaire en Tunisie vont probablement etre bientòt appelées à accepter en fait, pour leurs nationaux, la juridiction des nouveaux tribunaux français établis dans la Régence. Monsieur de Keudell me disait naguère, bien entendu camme son impression personnelle, que son gouvernement n'avait peut-etre pas agi selon la lettre ni l'esprit de nos accords mutuels en notifiant, au mois de juin 1882, son adhésion aux ouvertures préliminaires de la France sans rien nous dire. Le prince de Bismarck paraissant maintenant vouloir marquer publiquement notre bonne entente, il ne serait peut-ètre pas difficile d'obtenir que le gouvernement allemand, tout en maintenant son adhésion de principe, s'abstienne d'accepter définitivement et pratiquement les tribunaux français jusqu'à ce que l'Italie et quelque autre Etat des plus intéressés ne se soient prononcés sur l'application et les détails d'exécution. V. E. sait que nous attendons, à cet égard, les propositions du gouvernement français, qui ne nous sont pas encore arrivées. C'est là une idée, que je soumets à votre appréciation, et au sujet de laquelle V. E. pourrait habilement sonder le comte de Hatzfeldt.

577

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, COLLOBIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2579. Costantinopoli, 2 maggio 1883 (per. il 9).

In conformità alle istruzioni che V. E. mi impartiva col suo telegramma del 27 corrente (1), feci sapere a S. A. Aarifi pascià che il R. governo non aveva alcuna abbiezione contro la proposta di nominare Danish effendi governatore del Libano, ed il signor Nelidov gli faceva pure una simile comunicazione.

Aarifi pascià mi rispose che avrebbe chiesto gli ordini definitivi del Sultano per convocarci; ma dal 28 aprile, giorno in cui la Sublime Porta fu informata

che tutte le Potenze avevano accolto favorevolmente la proposta fatta, fino ad oggi, nessuna comunicazione ci è stata diretta e mi è noto che il Sultano non si è ancora definitivamente deciso a sanzionare la proposta dei suoi ministri. Si stanno facendo vive premure per altri candidati il cui nome era di già stato messo innanzi, quali Muzaffer pascià e Blacque bey, e sarebbe assai difficile, coll'animo sospettoso e mutabile del Sultano, di assicurare quale sarà la sua ultima decisione.

Intanto la Sublime Porta ha risposto alla nota direttale il 21 corrente dall'ambasciatore di Francia. La risposta di Aarifi pascià è redatta in termini vaghi ed assicura il rappresentante del governo francese del buon volere della Sublime Porta di veder mantenuto l'ordine nel Libano e di rispettare le disposizioni del protocollo ed avere a tal fine provvisto col presentare alle Potenze un candidato per l'ufficio di governatore generale; ma finché la nomina non sarà sanzionata non potersi rimuovere Rustem pascià. Tale risposta parve poco soddisfacente al marchese di Noailles, il quale insiste vivamente presso i ministri per ottenere la pronta cessazione della presente condizione di cose.

(l) T. 3ti0, non pubblicato.

578

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 68. Parigi, 2 maggio 1883 (per. il 5).

Ieri nella seduta del Senato il duca di Broglie svolse l'interpellanza che aveva precedentemente annunziata al ministro degli Affari Esteri intorno alla Triplice Alleanza tra l'Italia, l'Austria e la Germania.

Rispondendogli, il signor Challemel-Lacour cominciò coll'esprimere la sua sorpresa che il duca di Broglie avesse pensato ad interrogarlo intorno ad un fatto di cui la natura, l'origine, le condizioni e le circostanze sono circondate di profonda oscurità; e disse che così stando le cose egli era quasi tentato di chiedere al suo interpellante se avesse egli stesso a comunicare informazioni precise ed inedite intorno ai negoziati intervenuti fra i Gabinetti di Roma, di Berlino e di Vienna. Il signor Gladstone, egli proseguì, interrogato in proposito nella Camera dei comuni, si limitò a riferirsi alle dichiarazioni fatte nei parlamenti rispettivi dai ministri d'Austria e d'Italia; egli potrebbe seguire questo esempio, ma non crede di doverlo fare, giacché: «Il linguaggio tenuto a Pest non è identico a quello tenuto a Roma; ed il ministro d'Italia dopo aver fatto un discorso alla Camera dei deputati, ha creduto doverne fare un secondo al Senato per commentare il primo, ed accadde che il commento, malgrado l'autorità del commentatore, non ha completamente rischiarato il testo ». Disse che credeva ad un riavvicinamento fra l'Italia ed ì due Imperi dell'Europa centrale, né poteva negare l'importanza di questo fatto; ma tale riavvicinamento, secondo lui, non introduce un nuovo elemento nella politica europea; esso è già antico e da molto tempo conosciuto. E per provarlo, il signor Challemel

Lacour richiamava le dichiarazioni del signor di Kalnoky del mese di ottobr_e scorso, e le voci che corsero nel 1881, all'epoca di un viaggio reale a Viennà, intorno a certi accordi che sarebbero allora intervenuti, accordi di cui non si ignorano le condizioni essenziali, prima fra le quali l'esclusione di qualsiasi idea d'ostilità contro la Francia. Questi fatti che erano già stati preceduti da altri, quali la visita del Re Vittorio Emanuele a Berlino e a Vienna nel 1873, e quelle dei due Imperatori a Milano e a Venezia nel 1875, dimostrano abbastanza che le posizioni erano già prese da lungo tempo, e che, se il riavvicinamento attuale mette in maggior rilievo ed in più chiara luce la situazione dell'Italia di fronte ai due Imperi, esso non la crea né la costituisce. Quale sia lo scopo recondito di tale accanimento, non è facile e sarebbe forse impossibile di saperlo; ma sta il fatto che tanto il ministro degli Affari Esteri d'Italia nel suo discorso al Senato, quanto il signor Tisza alla Tavola dei deputati ungheresi, (quest'ultimo con un linguaggio cui il ministro dice essere stato sensibile) hanno ambidue, con diverse sfumature che è inutile notare, ma con uguale chiarezza protestato contro ogni pensiero di ostilità contro la Francia. Il ministro crede a queste proteste; si rifiuta ad ammettere un pensiero d'aggressione, «giacché se accadesse che sotto l'impulso di funeste passioni o di un falso e detestabile calcolo, si meditasse da alcuno un'aggressione contro la Francia, nessuno ammetterebbe che questa aggressione fosse facile e senza pericolo per chi la tentasse ».

Il signor Challemel-Lacour soggiunge che egli non divide le preoccupazioni esagerate del duca di Broglie, senza tuttavia addormentarsi in un ottimismo -:he sarebbe troppo innocente. Egli vuoi continuare del resto nella pratica della legge impostasi, che consiste nel rispettare i diritti di tutti e nel non abbandonare i proprii. La Francia non farà ostacolo alla legittima espansione di .1lcuno, persuasa che vi è posto nel mondo per lo sviluppo di tutte le attività, ma crede di aver diritto alla stessa giustizia. Il ministro comprende che la Francia, nelle condizioni in cui si trova, circondata come essa è da Stati giovani per ciò «ambiziosi ed ombrosi », possa incontrare nel mondo disposizioni diverse; ma egli esprime la fiducia che colla saviezza della sua condotta, colla franchezza della sua politica, tali disposizioni non potranno a meno di modificarsi.

Nella conclusione, il signor Challemel-Lacour rimproverò l'interpellante di aver sollevato una discussione inutile: «il Paese, egli dice, è forse più curioso che altre volte degli incidenti della politica estera, ed io mi felicito di questa nuova curiosità, poiché il sentimento vivace de' suoi interessi all'estero è il più sicuro preservativo contro certe debolezze, esso è una garanzia della buona condotta degli affari, e non può esercitare un'influenza salutare sulla politica interna»; ma il Paese non ama più le discussioni sterili, e sente che in certi momenti il silenziio soltanto è fiero e degno.

Il duca di Broglie si dichiarò naturalmente non soddisfatto della risposta del ministro; ma non propose alcuna risoluzione e la discussione non ebbe altro seguito.

579

IL MINISTRO A BUCAREST, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 371. Bucarest, 2 maggio 1883 (per. il 10).

La partenza del signor cavaliere Pansa, segretario di questa R. legazione, per Roma mi offre l'occasione di esporre a V. E. con tutta schiettezza la posizione di questa R. missione rispetto ai governanti rumeni poiché, trovandoci noi alla vigilia di un'azione diplomatica per indurre la Rumania a piegarsi alla volontà delle maggiori Potenze, mi par necessario che il R. ministero abbia in proposito una sincera informazione.

Scrissi diggià a V. E. che il linguaggio concitato del signor Giovanni Bratianu, mi persuase che miglior consiglio per me era di non impegnarmi in discussione intempestiva circa la situazione risultante dal recente trattato di Londra. ìMi resta a dire che ciò che io ho udito da questo signor presidente del Consiglio, mi sentii ripetere in parole chiarissime da tutte le persone in

• fluenti del partito liberale che sta al potere. Né diverso è il linguaggio della stampa di tutti i colori negli apprezzamenti che fa delle notizie corse circa gli accordi che avrebbero stabilito relazioni di speciale intimità fra l'Italia, la Germania e l'Austria-Ungheria. L'opinione dell'Italia ed il suo voto nelle questioni di particolare interesse per questi Paesi, sono qui considerati come anticipatamente impegnati in favore delle Potenze con le quali qui si sostiene una lotta di cui non si calcolano, né si prevedono forse le ultime conseguenze. Ne risulta che il linguaggio del R. rappresentante a Bucarest non è, né sarebbe apprezzato a giusto valore se si adoperasse per consigliare quei temperamenti che pure sono necessari se non si vuole che la questione danubiana, rimanendo aperta, inasprisca anche altre questioni che potrebbero essere più di quella pericolose per la pace. Dalla sola Inghilterra si ascolteranno forse consigli poiché la fede che qui si conserva nella politica del partito liberale inglese non mi pare scossa ed anche perché il Gabinetto britannico, pur assecondando gli intenti dei governi di Vienna e di Berlino, ha saputo dare al proprio contegno una sfumatura che lo distingue agli occhi de' rumeni da tutti gli altri. È dunque mio dovere di dire a V. E. che qualunque cosa qui da noi si dicesse nel senso della conciliazione, si riterrebbe suggerito da Vienna e susciterebbe quindi sospetto. Correrebbesi anzi pericolo di far nascere la supposizione che per mezzo nostro quel Gabinetto voglia scoprire terreno e l'effetto sarebbe indubitabilmente di spingere questo governo a più ostinata resistenza.

Il governo e la pubblica opinione non aspettano da noi altro che ciò che i due imperi del centro diranno o faranno essi stessi. E se privatamente, e non dai ministri, udii dire alcuna cosa dell'azione amichevole esercitata dal cavaliere Nigra a Londra in favore della Rumania, a me, quando io attribuiva tale azione alla benevolenza del R. governo verso questo Paese, fu vivacemente replicato che nel nostro ambasciatore a Londra si erano ritrovate le antiehe sue personali simpatie per questo popolo neolatino.

38 -Documentt dtplomattct -Serle II -Vol. XV-XVI

Mi duole di dover scrivere queste cose; ma sono vere ed il tacerle a me non lice mentre V. E. starà probabilmente in procinto di concertarsi con gli altri governi circa l'azione diplomatica da esercitarsi verso la Rumania (1).

580

IL CONSOLE GENERALE A BUDAPEST, SANMINIATELLI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

L. P. Budapest, 4 maggio 1883.

L'interpellanza de Broglie (2) ha ravvivato qui pure il flusso dei commenti sul tema inesausto della Triplice Alleanza. La risposta del signor Challemel Lacour, quale apparisce dal sunto telegrafico (3), è giudicata una confessione esplicita dell'isolamento della Francia, da cui trapelano altresì le apprensioni che quell'isolamento fa concepire, a malgrado delle assicurazioni tranquillanti date al governo della Repubblica. Le parole del signor Challemel fecero molta impressione, e hanno avuto l'effetto di avvalorare la credenza che la Triplice Entente sia cosa più seria di quella che fu supposto dapprima. Le fantasie prendono il volo, e cessa fin anco di sembrare fuor di luogo la spiegazione dell'Andrieux, che cioè l'accordo delle tre Potenze possa essere l'avviamento al disarmo. Se vi si potesse arrivare senza guerra l'Ungheria, che ha bisogno di un lungo periodo di pace per consolidare la propria autonomia e condurre a termine l'impresa dell'assimilamento delle popolazioni eterogenee, benedirebbe una politica che menasse a quel risultato. È certo però che l'opinione pubblica 5uarda con sospetto tutto quello che potesse involgere il Paese in una guerra 1d occidente, dove l'Ungheria non ha nulla da guadagnare per sé: e questa è forse una delle varie ragioni per cui, al seguito anche del discorso del signor

Noi persisteremo tanto più fermamente anche in avvenire, in questa linea di condotta in quanto che la solidarietà stabi!itasi in vista di altissimi interessi di pace e di conservazione coi due Imperi centrali, nulla ha che contraddica al nostro proposito di rimanere fedeli sia alle nostre tradizionali simpatie verso il giovane regno rumeno, sia ai principi di libera navigazione e di libero commercio che abbiamo sempre cercato di far prevalere pur cercando di contemperarli con le giuste esigenze speciali di questa o di quella potenza. Ed oggi ancora nostro voto, nostro desiderio è che per la quist!one danubiana, chiarita ormai e definita nelle sue basi fondamentali dal voto uananime e solenne della conferenza di Londra, si trovino i termini di un componimento che soddisfaccia anche a quanto possa esservi di legittimo nelle esigenze e nelle suscettibilità rumene.

Tale è il nostro programma, schiettamente benevolo e leale, Il quale non può mutare quali che siano, per effetto dl erronee impressioni, le disposizioni del governanti di Rumanla a nostro riguardo. Tale quindi deve rimanere la nostra linea di condotta, benché naturalmente noi dobbiamo lasciare al tatto e al savio giudizio del nostro rappresentante, competente conoscitore degli uomini e delle cose nel Paese, ed informato delle circostanze speciali d'ogni successivo momento, la cura di spiegare quella nostra azione se, come e quando paja più opportuno e praticamente vantaggioso».

In base a queste istruzioni venne redatto il D. 109 del 12 maggio 1883, diretto alla legazionedi Bucarest, non pubblicato.

Challemel-Lacour, si rinnovano dai giornali le proteste di simpatia per la Francia, alla quale, si dice, dovrebbe bastare come guarentigia che nulla si trama a suo danno, il fatto che l'Austria Ungheria è uno dei principali fattori della Triplice Alleanza.

La Camera dei signori ha chiuso la discussione generale del disegno di legge sulle scuole secondarie, ed ha incominciata la discussione degli articoli. È probabile che si ottengano nuove modificazioni di dettaglio a favore delle scuole confessionali. La maggioranza governativa non è sicura, nonostante che il ministero abbia suonato a raccolta per assicurare la presenza ed il voto degli Obergespau. L'emendamento proposto da un vescovo per dichiarare nel 1° articolo che «la religione e la morale sono la base di ogni insegnamento» (cosa che non importava dire, ma che avrebbe avuto appunto un significato speciale se si fosse detta) fu rigettato con soli 4 voti di maggioranza, 37 contro 33.

(l) Allegata al presente rapporto si trova la seguente annotazione di Malvano: «RingrazlarP per il carteggio (fino al n. 374) e per le interessanti notizie che questi ultimi rapporti contengono.Ci duole sinceramente che gli uomini che reggono attualmente la cosa pubbi!ca !n Rumania rechino così inesatti apprezzamenti del nostri Interventi e dell'opBra nostra. Intanto sta in fatto che, non per impulso meramente personale, ma in conformità delle precise Istruzioni lmpartitegl!, il R. plenipotenziario a Londra ha cercato di giovare alla Rumania quante volte si trattava d! suo! Interessi legittimi e suscettibili di pratico soddlsfacimento.

(2) -Cfr. n. 578. (3) -T. 607 del 2 maggio 1883, non pubblicato.
581

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AI MINISTRI AD ATENE, CURTOPASSI, A CETTIGNE, MACCIO', ALL'INCARICATO D'AFFARI A BELGRADO, CALVI DI BERGOLO, E ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, R. DE MARTINO

T. 387 bis. Roma, 5 maggio 1883, ore 22,20.

Le bruit m'a été signalé d'une prétendue alliance offensive contre la Turquie \QUi aurait été conclue entre la Serbie la Bulgarie, le Monténégro, et la Grèce. Sans donner à ce bruit une trop grande importance, tachez de savoir me .dire, ce qu'il peut y avoir de vrai. Vous devez, bien entendu, prendre des renseignements sans laisser apercevoir que vous le faites pour le compte du gouvernement.

582

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI

D. 69. Roma, 5 maggio 1883.

In un recente dispaccio del 28 aprile scorso n. 67 (1), rispondendo ad un rapporto di S. E. il conte Nigra (2) circa l'annessione della Nuova Guinea alla Corona d'Inghilterra, accennavo ad un progetto di colonizzazione in quelle regioni, presentato dal signor Cerruti di Genova.

In relazione a questo progetto, devo pregarla di tenerci informati degli intendimenti e delle eventuali decisioni del governo britannico, tostoché siano

giunti i rapporti del governatore del Queensland sulla occupazione della Nuova Guinea. Sarebbe per noi interessante di chiarire questi tre punti:

1o qual sia precisamente il raggio cui si estenderebbe l'occupazione, se cioè include tanto la costa Nord quanto la costa Sud della parte orientale della Nuova Guinea, e se verso Oriente si spinga oltre il 140° grado longitudine est, che è il limite delle rivendicazioni olandesi in base al trattato anglo-olandese del 1824;

2° se, non occupandosi dagli Inglesi, entro i limiti del 140° long., che la costa meridionale della parte orientale della Nuova Guinea, i governi coloniali d'Australia vedrebbero o no di buon occhio nella parte che rimarrebbe disoccupata, lo stabilimento d'altre Potenze in genere, e dell'Italia, in ispecie;

3° quali notizie si hanno circa le condizioni del suolo e degli abitanti della parte occidentale della Nuova Guinea.

Queste indagini debbono essere fatte con accortezza e sincerità, dovendosi sopratutto evitare il pericolo che si possano supporre da parte nostra reconditi disegni, mentre noi non vorremmo far nulla, in materia coloniale, che possa metterei in urto coll'Inghilterra.

Nella stessa circostanza si potrebbe cercare di conoscere qual valore si attribuisca dal governo britannico alle rivendicazioni olandesi fino al 140° long., le quali ci hanno trattenuto dal dar seguito alle occupazioni del signor Cerruti nei gruppi delle Key, delle Arvo e di Batchian, nonché della Baja dell'Acqua fresca nella Nuova Guinea, essendo tutti questi punti compresi nel raggio delle dette rivendicazioni olandesi.

A titolo di personale informazione, stimo utile mandarle copia d'una memoria che riassume le conclusioni cui venne questo ministero dopo aver esaminato la situazione diplomatica dei due punti che il signor Cerruti vorrebbe rioccupare.

(l) -Non pubblicato. (2) -R. 107 del 21 aprile 1883, non pubblicato.
583

IL MINISTRO AD ATENE, CURTOPASSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 629. Atene, 7 maggio 1883, ore 19,50 (per. ore 21,20).

Je suis heureux de confirmer ma première sur la non existence de la prétendue alliance. Le chargé d'affaires de Turquie, qui a ouvertement interpellé

M. Trikupis à ce sujet, avant méme l'arrivée du prince de Bulgarie, a reçu les assurances les plus formelles, qu'en dehors des écoles et de l'église grecque dans la Principauté aucune autre question ne serait abordée. Le président du Conseil a tenu hier le méme langage au représentant britannique et il lui a bien :marqué que, méme dans le cas où la Grèce serait disposée à écouter des propositions d'alliance contre la Turquie, les prétentions des bulgares exclueraient toute possibilité d'entente, mais ce qui a le plus de valeur à mes yeux pour infirmer le bruit qui s'est répandu, ce sont les mots suivants adressés avant hier au soir pendant le cercle tenu par Sa Majesté au mème diplomate et de sa propre initiative. Soyez bien rassuré aucun complot n'a été formé. D'autre part, je suis porté à croire que le prince de Bulgarie a bien essayé de poser des jalons pour l'avenir, mais rien n'indique que l'on ait dépassé les bornes d'une conversation générale. On voudra peut etre prouver le contraire par le fait de l'accueil exceptionnel dont le prince de Bulgarie a été l'objet et de la distribution d'un ordre non reconnu par le Sultan, mais il suffit de connaitre un peu la nature, à la fois timide et impétueuse du Roi et le caractère vaniteux des grecs pour s'expliquer aisément la chose. Quoiqu'il en soit, je ... (l) de cesser tant qu'il restera le moindre doute dans mon esprit.

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L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, COLLOBIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2580. Costantinopoli, 7 maggio 1883 (per. il 15).

Ieri si riunì la conferenza per la nomina del governatore del Libano e S. A. Aarifi pascià dichiarò nell'aprire la seduta che non essendosi potuto addivenire ad un accordo sulla prima proposta fatta, il governo ottomano aveva deliberato di nominare Vassa effendi all'ufficio di governatore generale del Libano e ci richiedeva della nostra opinione in proposito. Fu risposto da me e dai miei colleghi che la proposta sarebbe comunicata ai nostri governi per telegrafo, e sull'istanza dell'ambasciatore di Francia la prossima riunione fu stabilita per martedì sperandosi che per quel giorno ciascuno avrebbe potuto ricevere le necessarie istruzioni. L'inviato di Russia riferendosi alla dichiarazione fatta nella prima seduta, diede lettura di una memoria relativa ad alcune infrazioni commesse in questi ultimi anni nell'applicazione del regolamento organico del Libano. Il signor Nelidov disse d'aver ricevuto l'ordine dal suo governo di sottoporre i fatti riferiti nella memoria da lui comunicata all'attenzione della Sublime Porta e dei rappresentanti delle Potenze firmatarie del protocollo del 1861. Aarifi pascià rispose al signor Nelidov che la Sublime Porta avrebbe preso ad esaminare la questione, ma che, la riunione essendo stata convocata collo scopo determinato di stabilire l'accordo per la nomina del nuovo governatore, non poteva accettare per ora la discussione su altro argomento. Tale essendo pure l'opinione dei rappresentanti, il signor Nelidov domandò allora che la memoria da lui comunicata fosse inserita nel protocollo. A ciò pure si oppose Aarifi pascià fondandosi sempre sul motivo già sopra indicato, non essere cioè la conferenza convocata che per la nomina del governatore e non potersi nel protocollo, destinato a prendere ·atto dell'accordo necessario per tale nomina inserire un documento estraneo all'argomento pel quale la conferenza fu convocata. Tale ragionamento parve ai miei colleghi ed a me corretto e dopo una breve discussione si convenne che l'inviato di Russia ci comunicherebbe la memoria da lui presentata per essere trasmessa ai rispettivi governi i quali in seguito ci avrebbero fatto

pervenire le loro istruzioni. II signor Nelidov consentì a questa proposta. Aarifi pascià presentò quindi il progetto di protocollo da firmarsi nella prossima seduta, il quale è del tutto conforme al precedente del 22 aprile 1873. Circa alla durata dei poteri, avendo presenti le considerazioni svolte nel pro-memoria del 1° maggio 1882 (l) mi ero informato presso i miei colleghi per conoscere se alcuno di essi avrebbe sollevato qualche abbiezione in ordine alla nomina del nuovo governatore per un periodo di dieci anni. Accertatomi che nessuno avrebbe sollevato questa questione, stimai più opportuno di non tenerne parola per evitare così anche di ritardare più oltre la nomina del successore di Rustem pascià e la continuazione di una condizione di cose provvisoria che può dar luogo a gravi difficoltà. Ebbi cura d'informare di quanto precede V. E. col mio telegramma di ieri (2).

Nella lusinga di aver rettamente interpretato lo spirito delle istruzioni generali impartite da V. E. in ordine a questa questione le offro, ecc.

(l) Gruppo !ndecifrato.

585

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, COLLOBIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2581. Costantinopoli, 7 maggio 1883 (per. il 15).

La candidatura di Danish effendi per l'ufficio di governatore del Libano fu

abbandonata in ultimo; e solo ieri, poche ore prima della conferenza, si seppe

che il Sultano si era deciso di nominare Vassa effendi.

Vassa effendi, cattolico, della provincia di Scutari d'Albania, attualmente

vice-governatore di Adrianopoli, è considerato come uno degli impiegati cri

stiani più capaci ed intelligenti. Egli fece i suoi studi in Italia e prese parte

come volontario alla difesa di Venezia nel 1849. Nel 1850 prese servizio in Tur

chia. fu segretario d'ambasciata a Londra e poscià impiegato nell'amministra

zione provinciale; ebbe in Albania varie e difficili missioni e fu al momento della

insurrezione del 1875 nominato presidente della commissione per le riforme da

introdursi in Erzegovina ed in Bosnia. Dal 1878 egli è vice-governatore di Adria

nopoli, dove acquistò la fama di amministratore capace ed onesto. Egli è gene

ralmente stimato, quantunque in Albania si sia talvolta impegnato nelle fazioni

e negli intrighi che agitarono quelle contrade in questi ultimi anni.

L'abbandono di Danish effendi, il quale poi suoi antecedenti sarebbe stato

più qualificato per l'ufficio di governatore del Libano, e la nomina di Vassa de

vonsi attribuire agli interessi degli albanesi che godono di molto credito al pa

lazzo e che cercano sempre di veder chiamati ad alte cariche i. loro conterranei

per vantaggiare il loro potere nell'impero.

Mi è noto da quanto seppi dai miei colleghi che la nomina di Vassa effendi

non solleverà obbiezioni di sorta e sarò quindi grato a V. E. di volermi far per

venire le sue istruzioni in proposito.

(Il Non pubbllcato.

(2) T. 624 del 6 maggio 1883, non pubblicato.

586

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. 1404. Roma, 8 maggio 1883.

Ho ricevuto il rapporto confidenziale del 28 aprile (1), col quale V. E. si compiaceva ragguagliarmi del nuovo colloquio avuto il 26 dello scorso mese con codato segretario di Stato sull'argomento di Tripoli. Anche questa volta ella fu espositore convinto ed eloquente delle gravi ragioni che ci obbligano ad insistere presso il governo germanico per conoscere quale appoggio potremmo sperare da esso in questione di tanta importanza per il nostro avvenire; ma il conte di Hatzfeldt non era in grado di nulla aggiungere alle dichiarazioni a lei fatte precedentemente, dopo averne riferito al cancelliere dell'Impero. Egli osservava tuttavia che, attesi gli intimi rapporti esistenti fra i due Stati, la riservatezza del governo germanico non poteva essere frutto di calcolo o di poca fiducia; ma che al principe di Bismarck, uomo di Stato pratico per eccellenza, ripugnava occuparsi di questioni le quali poggiassero sopra semplici congetture o eventualità lontane; e che acciocché egli fosse spinto a manifestare la propria opinione sopra questo argomento, sarebbe stato necessario raccogliere qualche indizio dal quale risultassero le tendenze invadenti della Francia in quella parte del continente africano.

Questi indizi non fanno difetto, come l'E. V. potrà assicurarsene dai due rapporti del R. console in Tripoli che qui le acchiudo annessi I (2) e II (3). Quand'anche si voglia ammettere la propaganda fatta dal signor Féraud, della quale è cenno nel primo di detti documenti non fosse che un eccesso di zelo di quell'agente, e che egli operasse senza istruzioni del suo governo, gli altri fatti riferiti dal cavalier Lambertenghi sono pur sempre sufficienti ad indicare come la Francia si proponga di acquistare nella Tripolitania una influenza preponderante. Ammettiamo di buon grado che essi non costituiscano ancora un'azione risoluta la quale tenda apertamente ad un acquisto territoriale; ma l'esempio della Tunisia prova quale sia il fine ultimo di certe imprese fatte con manto di commercio e di civiltà; ed il principe di Bismarck dovrà pur riconoscere che sarebbe per noi grave errore l'aspettare che la casa sia in fiamme prima di provvedere ai mezzi di salvezza.

Valendosi delle informazioni forniteci da Tripoli, V. E. potrà riprendere col segretario di Stato il discorso relativo a questo importante affare. Le considerazioni svolte dal generale Robilant nel rapporto che le comunico confidenzialmente (4), sempre più mi persuadono ad insistere per conoscere il pensiero del Gabinetto di Berlino. Ella deve dichiarare francamente al conte di Hatzfeldt che noi consideriamo affatto indispensabile di possedere sino ad oggi questo elemento di giudizio per fissare le linee generali della nostra politica in quanto concerne i nostri interessi nel Mediterraneo. Noi non chiediamo una coopera

zione immediata; solo desideriamo conoscere quale atteggiamento prenderebbe la Germania in date evenienze.

Continueremo del resto ad essere vigili sì a Tripoli che a Parigi, e, se sarà necessario, ci rivolgeremo anche all'Inghilterra. Ma siccome in queste materie non spettanti direttamente agli interessi supremi di conservazione e di pace, rispetto ai quali la nostra posizione è irrevocabilmente fissata, domina il criterio del do ut des, così abbiamo riputato debito nostro di leale amicizia di rivolgerei anzitutto alla Germania, alla quale per altri interessi orientali, o suoi o dell'Austria-Ungheria sua alleata, potrebbe giovare la nostra valida cooperazione, che siamo sin d'ora disposti a riguardare come compenso dell'appoggio che ci fosse dato affine d'impedire che l'equilibrio delle forze nel Mediterraneo soffrisse nuovi mutamenti a nostro danno. V. E. potrà dichiararlo francamente al segretario di Stato.

(l) -Cfr. n. 572. (2) -Cfr. n. 373. (3) -R. 39 del 26 aprile 1883, non pubblicato. (4) -Cfr. n. 574.
587

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 3243. Berlino, 10 maggio 1883 (per. il 19).

Par mon rapport n. 3241 (1), je transmettais le récit d'une conversation avec le secrétaire d'Etat, dans la quelle selon les instructions de V. E. je revenais à la charge à propos de Tripoli. Il indiquait les motifs qui l'induisaient à user de beaucoup de circonspection dans son langage. Il me laissait méme entendre que c'était là un sujet sur lequel, après avoir parlé une première fois au chancelier dont nous connaissons la réponse, mieux valait ne pas insister à moins de produire quelques preuves sur les intentions attribuées au gouvernement français de s'engager dans la Tripolitaine.

Il a cepandant estimé à propos, camme il me le disait le 8 mai (2), d'en réferer nouvellement au prince de Bismarck, et il était à méme de me communiquer, en voie confidentielle, la manière de voir de S. A.

Le chancelier comprend parfaitement, en se mettant en notre lieu et piace, que l'Italie ne saurait se Iaisser bloquer davantage dans la Méditerranée en suite d'une occupation par la France d'une position aussi importante. Il se rend si bien compte de la gravité de nos intéréts, qu'il ne manquerait pas de nous faire parvenir Iui-méme un avertissement s'il lui résultait qu'on méditat à Paris un semblable projet. Or il n'existe aucun symptòme que la France veuille entamer une aussi grosse affaire. Ce serait vouloir s'attirer sur les bras une guerre avec la Turquie, et peut-étre aussi avec l'Europe. Le prince est méme convaincu que la République ne songe nullement à envahir le territoire de la Régence. Ses vues en Afrique se tournent vers d'autres directions. Le comte de Hatzfeldt ne Ies désignait pas, mais il faisait sans doute allusion au Congo à l'ouest et à Madagascar vers la cote orientale. Je n'ai pas reussi à la faire catégoriser.

Dans ces conditions, il ne serait pas habile de chercher à se concerter en vue de conjectures non fondées. Le secret des pourparlers risquerait d'etre ébruité. Il en naitrait une tension de rapports avec la France qui se sentant injustement soupçonnée pourrait alors etre tentée de susciter de ces sortes d'embarras qu'il convient à tout le monde d'éviter.

Le sécrétaire d'Etat en me confiant ces détails, ajoutait qu'il avait donc eu raison d'affirmer (rapport précité n. 3241) que l'attitude du Cabinet de Berlin dans cette question s'expliquait par l'absence de tout indice révélateur à la charge de la France, et que la réserve observée ici ne provenait aucunement d'un sentiment désobligeant pour nous et qui contrasterait avec les excellentes relations entre l'Allemagne et l'Italie. Il va de soi que la conversation serait reprise sur ce sujet, si d'un còté ou de l'autre en recueillait quelques données ultérieures et assez positives d'après lesquelles on serait autorisé à croire que le Cabinet de Paris vise à étendre sa domination sur la cote septentrionale de l'Afrique.

Il m'est avis que le prince de Bismarck se montre un peu trop optimiste dans son jugement. C'est à nous qu'il appartient de surveiller en première ligne les tendances coloniales de la France. Si nous découvrons qu'elle veuille recommencer le meme jeu que pour Tunis, c'est déjà quelque chose de savoir qu'une porte nous est ouverte à Berlin pour échanger nos idées. Mais y trouverons-nous un appui meme simplement moral? C'est problématique. Cela dépendra des circonstances du moment, des convenances de la politique allemande à un point de vue plus général ou plus égoYste, et surtout si nous avons su inspirer une juste confiance dans la solidité de nos rapports, dans nos propres forces et dans notre résolution de réagir contre un tel changement du statu quo (1).

(l) -Cfr. n. 572. (2) -Cfr. n. 586.
588

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3245. Berlino, 10 maggio 1883 (per. il 19).

Dans la séance du sénat du 7 avril dont le compe-rendu ne m'a été transmis que fort en retard, M. le docteur Pantaleoni faisait à propos de Tunis, une charge à fond contre nos plénipotentiaires au Congrès de 1878.

Je ne me sens atteint d'aucune manière. Le Roi et son gouvernement savent que pour ma part je n'ai accepté qu'à contre-coeur la tache de représenter alors l'Italie. Malgré mes conseils, nous avions négligé de nous concerter avec l'une ou l'autre des grandes Puissances. Nous nous vantions meme d'arriver à Berlin les mains libres. Nous n'avions point d'ennemis, mais les alliés nous manquaient.

ce qui signifiait en complet isolement. Nous avions laissé l'opinion publique aUer à la dérive. Les déceptions étaient dès lors inévitables.

Aussi avais-je pour mon compte le sentiment d'etre en quelque sorte une sentinelle perdue. Mais c'est là aussi un ròle auquel le devoir ne permet pas de se soustraire. Qu'on vienne ensuite s'en prendre à qui ne peut se défendre publiquement, c'est peu généreux. Et quand, à défaut de preuves, l'accusateur lance un verdict de condannation, il aborde le terrain de la médisance, et qui plus est de la calomnie. Il lui a plu de citer quelques vers de Dante. Si ce grand Poète, ce fervent patriote, ce profond penseur pouvait entendre les divagations de certains orateurs, il assignerait peut-etre aussi une piace aux radoteurs «nel limbo dei bambini ».

Si, j'avais eu l'honneur de siéger au Sénat, je me serais permis de répondre d'une manière peut-etre moins évasive que ne l'a fait V. E. Sans trahir le secret de la correspondance, je n'aurais pas hésité à affirmer qu'il existe dans nos archives des documents qui contrastent avec les accusations enoncées si à la légère par M. le docteur Pantaleoni, et qu'un jour l'histoire rétablira la vérité.

Je me réfère à mes rapports n. 2097 du 29 juin (1), n. 2120 du 18 juillet 1878 (2) et à mon télégramme du 16 juillet de la meme année (3) par lequel je recommandais au gouvernement du Roi de tenir l'oeil ouvert sur des combinaisons éventuelles se rattachant à Tunis. Ce télégramme avait été communiqué à notre ambassade à Paris où il recevait un accueil fort étrange, comme si j'avais dit une énormité.

Je me réfère aussi à mon rapport n. 2808 du 31 mai 1881 (4) où je reparlais de mon entretien avec lord Salisbury durant le congrès, et dont je critiquais sévèrement la conduite. Tous ces documents devaient etre connus par V. E.

Si je ne consultais que mes propres convenances, je voudrais hàter le moment où le gouvernement jugerait à propos d'en autoriser la publication (5).

(1) Allegata al presente rapporto si trova la seguente annotazione di Malvano: «Ringraziare e ricordare ad ogni buon fine che già abbiamo fornito indicazioni precise col dispacciodeil'8 maggio, incroclatesi col presente rapporto. Noi non possiamo, del resto, non persistere nel nostro desiderio di avere una certezza, od affermativa o negativa, circa l'appoggio che la Germania ci presterebbe !n una eventualità, la quale, se pure è remota ed Ipotetica, s! presenta però con tutti ! caratteri e tutti gli elementi necessari! acc!ò Potenze amiche possano fin d'ora, e !n via d! supposizione, !ndicars! scambievolmente ciò che farebbero, o non farebbero, quando fosse per avverarsi». In base a tale annotazione venne redatto Il D. 1407 del 21 maggio 1883, diretto all'ambasciata a Berlino, non pubblicato.

589

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3246. Berlino, 11 maggio 1883 (per. il 19).

La réponse du Cabinet de Berlin à la dernière note du cardinal secrétaire d'Etat (rapport n .3237) (6) ne semble pas avoir produit une bonne impression

«Rispondere esprimendo rincrescimento che le dichiarazioni fatte dal ministro al Senato circa l'opera dei plenipotenziari a Berlino non siano sembrate al conte Launay abbastanza esplicite. Tale non fu l'apprezzamento dell'altro plenipotenziario, conte Corti, 11 quale era presente alla discussione del Senato. e trovò cotanto sufficienti le dichiarazioni del ministro che rinunciò spontaneamente al divisamento suo di rispondere alle censure del senatore Pantaleoni. Del resto il ministro ha perfettamente presente i carteggi del 1878 relativi a questo delicato soggetto». «Desidero leggere l documenti in questo rapporto del De Launay ». In base a queste annotazioni venne redatto il D. 1406 del 21 maggio diretto all'ambasciata a Berlino. non pubblicato».

au Vatican, à en juger du moins par maints articles, de la presse catholique en Allemagne.

A son avis, on ne saurait s'engager à céder sur la question de la notification préalable des nominations ecclésiastiques (auzeigepflicht), en échange de la suppression des mesures pénables relatives à la célébration de la messe et à l'administration des sacrements. Il s'agit d'insister pour une révision sur l'ensemble des lois organiques dites de Mai. Si le Saint Siège réplique dans ce sens, les négociations subiront un temps d'arrét. Le bruit court déjà que M. de Schlozer prendra bientòt un congé.

Rien n'est plus intéressant que de suivre la partie d'échecs qui se joue entre la chancellerie de Berlin et celle du Vatican. La partie traine en langueur, mais chaque nouveau coup vaut la peine d'étre médité, soit qu'il laisse entrevoir les combinaisons de l'avenir, soit qu'il jette quelque lumière sur celles du passé. Le Moniteur de Rome s'était doucement égayé au sujet d'une prétendue alliance de l'Allemagne et de l'Autriche avec l'Italie, alliance dont il cherchait à montrer la fragilité.

La Nordeutsche Allgemeine Zeitung répondait le 28 avril par un article sur lequel j'appelais l'attention de V. E. On y donne presque à entendre que le rapprochement avec l'Italie aurait pu étre remplacé, si Leon XIII l'eut voulu, par une entente avec la Papauté, en lui ménageant peut-étre un retour à une souveraineté temporelle. On rappelle cette opinion déjà ancienne du chancelier sur la nécesssité de cette souveraineté, pour assurer l'indépendance du chef de l'Eglise catholique. Il n'aurait tenu qu'à la volonté du Pape que cette opinion flt sa rentrée dans le domaine de l'histoire. Il lui aurait suffit pour cela de mettre à la raison le centre incorrigible dont les taquineries incessantes génent le Richelieu allemand. Aujourd'hui encore, peut-étre ne serait-il pas trop tard, car il se pourrait qui sait? -que l'opinion du prince de Bismarck n'eut pas changé sur la question du pouvoir temporel; c'est ce dont il serait facile de s'assurer en lui fornissant l'occasion de manifester sa bonne volonté.

Tout cela dans la feuille officieuse n'est pas dit sous une forme aussi explicite .que celle dont je viens de me servir. Son langage sibyllin se prete à une double entente.

J'admets qu'il ne s'agit probablement que de simples artifices oratoires dans le but de prédisposer la cour pontificale à des concessions au moment surtout où on lui demandait de faire un pas dans la voie de la condescendance, de manière à faciliter davantage au Cabinet de Berlin un abandon complet du Kulturkampfs. Je ne veux donc pas exagérer l'importance de l'article précité. Mais je ne puis à moins de relever que, dans une certaine mesure, 11 vient à l'appui des considérations émises dans mon rapport n. 2869 du 10 septembre 1881 (1). Le chancelier n'éprouve ni sympathies ni antipathies. Il règle et modifie sa politique selon ce qu'il croit conforme aux propres intérets de son Pays. Le jour où il lui conviendrait d'évoquer le fantòme du réta

blissement du pouvoir temporel, il n'hésiterait pas à le faire, surtout si nous ne continuions pas à nous appliquer à éviter un acte quelconque qui nous exposerait à un danger aussi grave que celui de voir cette question mise sur le tapis.

(l) -Cfr. serie II, vol. X, n. 222. (2) -Non pubblicato nel vol. X della serie II. (3) -Cfr. serie II, vol. X, n. 312. (4) -Cfr. serie II, vol. XIV n. 5. (5) -Allegate al presente rapporto si trovano le seguenti annotazioni d! Malvano e di Mancini:

(6) R. del 26 aprile 1883, non pubblicato.

(l) Non pubblicato nel vol. XIV della serie II.

590

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, COLLOBIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2585. Costantinopoli, 14 maggio 1883 (per. il 21).

II 10 corrente lord Dufferin fu ricevuto dal Sultano. Sua Maestà accolse l'ambasciatore con molta cordialità e dopo lo scambio delle cortesie lord Dufferin entrò a parlare della sua missione in Egitto e del progetto da lui elaborato per il riordinamento di quel Paese. II Sultano dopo aver ascoltato per breve istante il parlare di lord Dufferin l'interruppe cortesemente dicendogli essergli note le proposte fatte da S. E. ed approvarle intieramente per parte sua; soggiunse anzi che alcuni pascià di Egitto avendolo interrogato se fosse ancor lecito e conveniente per loro di rimanere in Egitto nelle condizioni presenti, aver loro fatto rispondere di rimanere approvando egli le proposte fatte dal governo britannico per il riordinamento dell'Egitto. In seguito si parlò di altri argomenti né più si fece parola dell'Egitto.

Quest'atteggiamento del Sultano viene commentato in vario modo e credesi generalmente che Sua Maestà ed il partito panislamitico continueranno ad astenersi dall'osteggiare l'azione inglese in Egitto. Fallite le speranze nutrite lo scorso anno dal Sultano di poter riacquistare o almeno rinforzare il suo potere in Egitto, credo che il Sultano, vedendo di non poter più mutare la condizione delle cose create dagli ultimi avvenimenti, è disposto ad acconciarsi ad accettarla, soddisfatto di aver potuto salvare almeno l'apparenza dell'alta sovranità e la sicurezza del regolare pagamento del tributo. Mi è noto che il Sultano è stato grato al governo britannico per la comunicazione fattagli prima che agli altri Gabinetti della circolare di lord Granville del 3 gennaio ed è lusingato di vedere che lord Dufferin prima di recarsi a Londra sia venuto qui.

L'impressione che trassi dai miei colloqui con lord Dufferin mi conferma nell'apprezzamento da me sovra riferito.

591

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 3250. Berlino, 17 maggio 1883 (per. il 23).

A son passage à Berlin pour se rendre en qualité d'ambassadeur extraordinaire de France au couronnement à Moscou, et sur sa demande, Mr. Waddington a été admis à l'audience chez l'Empereur, le prince impérial et chez le chancelier. Une entrevue mème très poliment déclinée de la part surtout

de ce dernier, aurait provoqué des commentaires à perte de vue que mieux valait prévenir par l'acceptation d'une visite s'expliquant d'ailleurs tout naturellement par les bons rapports du prince de Bismarck avec son collègue au Congrès de Berlin, et avec un ancien ministre et président du Conseil dont on appréciait ici les idées modérées et l'esprit de conciliation. Si tous les ministres qui lui ont succédé au pouvoir partageaient les memes vues, on pourrait avoir plus de confiance dans les allures de la politique française. Mais les hommes de cette trempe sont rares au-de-là des Vosges. Le prince de Bismarck avait dane jugé à propos de le recevoir, malgré l'état de sa santé qu'il aurait pu cependant invoquer pour justifier sa réclusion.

Le secrétaire d'Etat, en me fournissant ces quelques détails le 15 mai et après la visite qui avait eu lieu la veille, laissait entendre que le chancelier camme de coutume, avait su se renfermer dans la limite de ce qu'il voulait dire. Le comte de Hatzfeldt ne s'expliquait pas davantage; mais, vu ses éloges sur l'interlocuteur de S. A., je pouvais induire de ces détails si incomplets qu'ils fussent, et le télégraphier à V. E., que le langage évidemment autorisé de Mr. Waddington avait produit ici une impression plutòt satisfaisante.

Voici quelques autres informations que j'ai réussi à me procurer aujourd'hui en vaie indirecte et en m'engageant à n'en faire usage que d'une manière très confidentielle.

Mr. Waddington avouait spontanément que bien des fautes avaient été commises en France. Mais la politique qui s'impose à ses gouvernants éclate en quelque sortf' à touts les yeux avec la force de l'évidence et de la logique. Elle répond à ses intérets, à ses instincts entièrement pacifiques. Il en est de meme de la forme de ses institutions qui se dégage de tout un ensemble d'événements publics. La République a pris le caractère sérieux d'un gouvernement établi. Elle a meme déjà assez duré pour ne plus ressembler à un régime de hasard. Les partis des prétendants ont vainement essayé de ramener le Pays, les uns à la restauration d'une Monarchie qui s'est rendue ellememe impossible, les autres au rétablissement d'un Empire emporté par le tourbillon d'une guerre néfaste. Ils n'ont réussi qu'à démontrer leurs divisions, leur impuissance et se sont usés dans de vaines tentatives. Divisions et impuissance qui sont au contraire la force, presque la raison d'etre de la Republique qui a devant elle de longues années de durée. Elle a certainement encore des ennemis passionnés et irréconciliables qui lui gardent rancune de leur déchéance ou de leurs espérances trompées, mais elle n'a rien à craindre de ces ennemis. Pour ne citer que les Orléans, cette famille ne compte pas un seul prince doué de l'énergie et du prestige nécessaires pour prendre en main et diriger les destinées de la France. On représente parfois le général de Galliffet camme s'il devait ètre appelé un jour à jouer le ròle d'un dictateur militaire. Il n'en est rien. Sauf l'autorité qu'il peut exercer sur les troupes placées sous son commandement immédiat, son influence ne s'étend pas sur le reste de l'armée. D'ailleurs il manque de ces profondes convictions qui sont une des principales conditions de succès dans les grandes entreprises.

Après cet exorde bien calculé pour chatouiller agréablement l'oreille du prince qui ne cache pas des préférences pour la République chez son voisin occidental, Mr. Waddington en ménr~eant aussi habilement que possible la transition, a fait une allusion à certain article paru en avril dernler dans la Norddeutsche Allgemeine Zeitung. Il avait donné lieu à quelques interprétations dont, à tort sans doute, on s'était prévalu pour mettre sous un faux jour Ies rapports entre les deux Etats.

Le chancelier a vivement applaudi aux assurances pacifiques qu'il venait d'entendre répéter par qui était si bien à méme de connaitre l'opinion dominante de son Pays. Ces sentiments sont entièrement à l'unisson de ceux de l'Allemagne. On devait à Paris lui rendre la justice qu'il n'a cessé depuis nombre d'années de travailler de son mieux à vivre en parfaite amitié avec la France. Il ne niait aucunement la paternité de l'article du journal précité. La publication était des plus opportunes pour bien établir le rapprochement intime entre l'Italie et l'Autriche, auquel l'Allemagne s'associait parce qu'elle y voyait une des conditions essentielles du maintien de la tranquillité générale en Europe. Dans cette entente toute pacifique, il n'existait aucune arrière-pensée contre la France. Au reste le journal dont il s'agit exprimait lui-meme au sujet de la République des vues qui cadraient avec celles de Mr. Waddington. Le Cabinet impérial continuerait à ne rien négliger pour entretenir, comme par le passé, les meilleurs relations avec la France. Il lui a déjà prouvé qu'on s'abstenait de lui susciter des difficultès. Ce ne sera certes pas lui qui maintenant s'offusquera de l'expédition au Tonkin; au contraire il forme les voeux les plus sincères pour la réussite de cette entreprise. Tout ce qu'il demande, c'est que l'équilibre soit maintenu sur le continent européen, et que l'on évite de créer des complications avec la Turqie (1). Mais il est surtout un point sur lequel il appelle l'attention à Paris. Il convient d'éviter soigneusement tout ce qui pourrait accuser des tendances de revendication sur l'Alsace et la Lorraine. C'est là une question sine qua non des relations de bon voisinage entre les deux Pays.

Mr. Waddington a nouvellement protesté des excellentes intentions et du ferme propos de la France de s'abstenir de tout ce qui serait de nature à porter atteinte à l'amitié réciproque. Soit dit en passant, vers l'époque du Congrès de Berlin, le Cabinet de Paris avait fait sonder ici, si on ne serait pas disposé à procéder, en voie de rachat, à une restitution d'une partie au moins des conquétes de 1870-71. Mais il n'a pas tardé à s'apercevoir qu'il n'y avait rien à espérer.

Mr. Waddington a cherché en suite, à mots couverts. à faire parler le chancelier d'une manière plus précise sur la nature des engagements intervenus entre les trois Etats de l'Europe centrale, ainsi que sur les relations actuelles entre l'Allemagne et la Russie. Le prince de Bismarck, et il a raison, n'aime pas qu'on l'interroge. Selon son expression imagée, c'est alors le moment où il boutonne son uniforme et se dérobe au questionneur trop indiscret, mais avec une exquise courtoisie, en revenant sur le terrain des généralités, en l'entremélant d'anecdoctes spirituelles qui font perdre le fil de l'entretien. On se quitte satisfait l'un de l'autre.

Tel a été le cas pour cette conversation que je viens d'esquisser d'après des indications puisées à très-bonne source. Ni l'Egypte, ni Tunis, ni Tripoli, ni ce qui concerne l'équilibre dans la Méditerranée n'auraient été expressement mentionnés. C'eut été aborder un terrain trop délicat. La recommandation toutefois d'éviter des complications avec le Sultan n'est pas sans une certaine valeur.

Mr. Waddington avait évidemment l'instruction de Mr. Grévy de s'aboucher avec le chancelier pour se rendre l'interprete des sentiments les plus pacifiques, mais surtout pour chercher à se rendre compte autant que possible de la portée des accords entre l'Italie l'Allemagne et l'Autriche. Le président de la République ne s'attendait probablement pas à obtenir à son gré des éclaircissements sur ce dernier point. Tout au moins l'accueil très cordial fait ici à son messager par la Cour et par le chancelier, produira à Paris l'impression que l'isolement de la France ne signifie pas un mauvais vouloir à son égard. De certaines apparences seront sauvées. C'est parfois dans les affaires de ce monde un résultat dont il faut se contenter. Quoiqu'il en soit, le prince de Bismarck affirmait, après ceite entrevue qu'il ne voyait pas de points noirs à l'horizon, et que la paix générale, selon tous les calculs humains, semblait hors de danger.

La bonne réception faite ici à Mr. Waddington aura toutefois pour conséquence que son séjour à Moscou ne saurait ètre interpreté et exploité par les chauvinistes français ou par les panslavistes dans le sens d'une préparation à une entente franco-russe au détriment de l'Allemagne. Au reste l'attitude de cet ancien plénipotentiaire au Congrès de Berlin ne le rend pas persona grata à la Cour de Russie.

Il nie péremptoirement qu'il s'agit de le choisir comme ambassadeur à Vienne. Il désirerait que ce poste fut offert au comte de St. Vallier.

Mr. Waddington a échangé des cartes de visite avec moi, mais nous ne nous sommes rencontrés que chez des tiers où toute conversation devenait presque impossible. Il est vrai que mieux a valu qu'il en fùt ainsi, car de part et d'autre nous devions rester sur une extrème réserve dans nos discours. Je sais seulement qu'il a dit à un de ses intimes qu'il quittait Berlin très satisfait de son séjour.

(l) Annotazione a margine di Mancini: «Allusione a Tripol! ».

592

IL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A TUNISI, RAYBAUDI MASSIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 762. Tunisi, 22 maggio 1883 (per. il 26).

La lettura dei documenti diplomatici riferentesi all'eventuale questione di Tripoli mi ha rilevato ad un tempo la previdente attitudine assunta dal R. governo e l'opportunità di esprimere i miei apprezzamenti poiché Tunisi, anello di congiunzione, tramite necessario forzato fra Parigi e Tripoli, tra il pensiero e l'azione, diverrà vieppiù, se non altro, un eccellente osservatorio politico.

Non abuserò di questa posizione strategica, né mi varrò di quelle lenti in uso nell'oriente, di cui parla con profondità il conte de Launay; mi basta continuare a convergere sui punti sospetti, semplici e buoni istrumenti, quali l'occhio e la penna, e coltivare quel metodo, intuito dal R. ambasciatore in Vienna, per quanto praticamente adoperato nel corso di questi due ultimi anni e consistente nel rimuovere ogni pretesto all'azione espansiva della Francia sul litorale africano.

È vero che nessuna azione è stata iniziata contro Tripoli, né una parte sarebbe possibile colle attuali preoccupazioni del Tonkino, del Congo, di Madagascar per tacere dell'Egitto e di quello che si sa e non si dice.

Non è men vero però che a priori, anche senza indizi materiali, ma per deduzione politico-storica, la Francia cercherà al momento opportuno di c1.cquistare un'influenza preponderante su quella regione.

In altri tempi, pur di averci consenzienti nell'impresa tunisina, e stimando meno facile la campagna militare, il governo francese avrebbe volentieri la.;ciato libero il campo tripolino, come se l'azione straniera potesse esplicarsi ad libitum in territorio altrui, e provocare un incendio non facile poi ad estinguersi; ad ogni modo l'incubo del timore è passato; il governo del Re non ha altro scopo che la conservazione dello statu quo e quello di Francia, stimandosi libero, applicherà senz'altro queste sue politiche tradizioni:

1° A salvaguardia d'una colonia occorre la preponderanza sui Paesi limitrofi; per l'Algeria occorreva la Reggenza; a tutelare entrambe si accamperà a fortiori come necessità assoluta un'influenza esclusiva o decisiva su ':Dripoli.

2° Se questa solleva sospetti, e vien osteggiata, o semplicemente se una concorrenza naturale si apre fra i capitali, i coloni, il commercio, costituisce per la Francia inizio di lotta.

3° Se al nord vi sono i krumiri al sud vegetano pure i beduini.

Queste non sono congetture, come piace al principe di Bismarck asserire, ma deduzioni logiche di precedenti recentissimi che si possono concretare in un solo concetto: la Tripolitania è minacciata per il solo fatto della presenza della Francia in Tunisia.

Il R. console in Tripoli nell'annunziare l'arrivo di alcuni personaggi parla di ferrovia che si ha in animo di costruire sul litorale tunisino per congiungere la capitale al confine. La cosa è più grave, ed ho in questo momento sott'occhio il tracciato stesso della ferrovia, procuratomi a stento, ed al cui progetto definitivo si sta lavorando alacremente dietro impulso del governo francese.

Da Souk-aras in Algeria una linea rossa passando per Si-Brahim e Morsat viene sino a Tebessa e da quest'ultima città a Feriana, Gafsa, El-guettar e Gabes, indicando minutamente il futuro percorso. Si tratta quindi di una via commerciale nulla, ma di estrema importanza strategica, come quella che metterebbe in diretta comunicazione Costantina, centro militare dell'Algeria, e Tunisi, per via di Gardimao, col confine tripolitano, senza pericolo di essere tagliata da corazze o da un semplice sbarco.

L'E. V. ricorda come in occasione della vertenza di Rades il Bey accordò in modo esclusivo ai francesi il privilegio di costruire la linea ferrata di loro convenienza; fra quelle indicate sulla carta della compagnia Bona-Guelma, scorgo la linea di Biserta e Susa; ma il governo francese avrebbe, a quanto pare, esternato il desiderio che sia innanzi tutto iniziata la precitata di Tebessa a Gabes e l'ingegnere Duportat parte in questa settimana da Bona per completare in modo definitivo gli studi da presentarsi al governo francese e da quest'ultimo alle Camere.

Conobbi di persona tutti i signori cui accenna il cavalier Lambertenghi, e l'unico sul quale ho fondati sospetti di missione per conto di Parigi è il deputato Journaux, quel desso che occupava la carica di segretario generale presso Alberto Grevy, e si pose in conflitto col suo capo per questioni coloniali, delle quali si occupa tuttora attivamente. Mi venne pure assicurato che il rapporto fatto da quella commissione fu sfavorevole quanto mai alla Tripolitania; ricordiamoci però che al Tonkino si muore di febbre ed il clima micidiale come la terra inospitale non trattengono la Francia, di prendere maggiore estensione nell'estremo oriente.

In conclusione sono intimamente penetrato che obbiettivo della nostra politica e compito della nostra diplomazia sia di prevenire al più presto ogni velleità di influenza quanto di conquista su Tripoli.

593

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL CONTE ANTONELLI (l)

L. Roma, 25 maggio 1883.

Non so quando la presente mia lettera sarà per giungere. Nondimeno mi preme accusarle ricevimento delle sue lettere del 10 e 16 marzo scorso e dei documenti ivi annessi (2), e mi è ben grato di esprimerle tutta la mia soddisfazione pel modo in cui ella ha compiuto fin quì la missione che le era affidata, difficile non solo per la natura del Paese, ma soprattutto per l'indole sospettosa e diffidente di quei popoli, che, preclusi da ogni civile consorzio, erano abituati a vedere in ogni straniero un nemico.

Tutto ciò non fa che dar maggior pregio ai risultati da lei ottenuti, ed io non dubito che non le riesca di prendere col Re Menelik quegli ulteriori accordi che si richiedono a compiere l'opera così bene iniziata, il cui successo

19 Dnt·umeHti diplomatici -Serie II -Vol. XV-XVI

sarà in gran parte dovuto allo zelo, al tatto ed alla attività da lei spiegata. e che io sono ben lieto di riconoscere.

Secondo il desiderio che ella mi esprime, ho dato le disposizioni necessarie onde siano comunicati alla società geografica, con le debite cautele, il suo giornale di viaggio e gli altri documenti che potrebbero servire a formar un itinerario. Intanto ho veduto con piacere quanto ella mi dice sulla relativa facilità con cui le carovane potranno procurarsi i viveri per via, e sulla sicurezza (certo maggiore di quanto si credesse) di che si gode per la via di Aussa su tutto il percorso fino allo Scioa.

Il governo del Re ha esaminato il progetto di trattato col Sultano Hanfari, ed è venuto nella determinazione di approvarlo. Ella ha quindi facoltà di conchiudere definitivamente quei patti sia col Sultano Hanfari, sia col Re Menelik, rinnovando ad entrambi tutte le assicurazioni della nostra amicizia e del nostro compiacimento per le benevoli loro disposizioni.

La domanda del Sultano Berehan non può ricevere una immediata soluzione: è bene anzi che egli comprenda come un contratto regolare, conchiuso tra lui ed il dottor Sapeto, e solennemente ratificato dal R. governo, e di più approvato solennemente dal parlamento per legge, non possa essere rescisso, e che se il governo del Re si decidesse a qualche amichevole componimento, che non implichi, beninteso, retrocessione territoriale, ciò sarebbe per uno speciale favore ed in considerazione dell'amicizia da lui dimostrata fin qui. Nostro intento, praticamente, è di non fargli perdere la speranza di ottenere le possiili concessioni, ma di fargli intendere, nello stesso tempo, che si tratterebe sempre di un favore eccezionale che egli deve meritarsi, continuando a condursi come sin qui ha fatto, e prestandoci un efficace concorso presso l'Hanfari e presso Menelik. E' in questo senso che scrivo allo stesso Berehan.

Conchiudo rinnovandole i ringraziamenti per il già operato, ed augurandole propizia continuazione del viaggio.

(l) Ed. in L'ltalta in Africa, op. clt. tomo III, pp. 15·16.

(2) Non pubblicati.

594

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. CONFIDENZIALE 3254. Berlino, 25 maggio 1883 (2).

Le 22 de ce mois, le sous-secrétaire d'Etat me laissait entendre qu'il avait lieu de croire que le Cabinet de Paris ne tarderait pas à fake une démarche pour induire les Puissances à accepter en fait pour leurs nationaux la juridiction des nouveaux tribunaux français dans la Régence de Tunis. *Je ne manquais pas de rappeler à monsieur le docteur Busch le désir que j'avais été

chargé d'exprimer et dont on s'était montré disposé à tenir compte dans une certaine mesure (rapport n. 3244 du 10 mai). Il connaissait la réponse verbale que le comte de Hatzfeldt m'avait donnée au nom du chancelier, et il y conformerait san langage tout en évitant ce qui pourrait éveiller des soupçons à Paris *.

Il vient de me dire, ainsi que je le télégraphie à V. E. (2), que dans l'intervalle la communication dont il s'agissait était parvenue au départiment des Affaires Etrangères. Le sous-secrétaire d'Etat s'était borné à déclarer qu'il prendrait les ordres du chancelier. Comme on insistait de Paris pour hiì.ter une solution et que l'acceptation en principe aux premières ouvertures de la France en juin 1882, avait été énoncée d'une manière très large, le sous-secrétaire d'Etat était autorisé à dire au baron de Courcel -et il allait le faire aujourd'hui meme -que le gouvernement impérial maintenait san adhésion, mais qu'une décision semblable, en ce qui concerne l' Allemagne, devant etre approuvée par le parlement (Reichstag), il se réservait de lui soumettre la question après avoir entendu l'avis du Conseil fédéral (Bundesrath).

On allait s'en occuper incessamment. Le prince de Bismarck avait voulu que je fusse informé de la démarche de la France et de sa réponse. Le soussecrétaire d'Etat ajoutait que les formalités qui restent à remplir prendraient quelques semaines. Il ne doutait pas un seul instant de l'assentiment du Bundesrath et du Reichstag qui consentiraient pour la Tunisie, de meme que cela a été pratiqué pour la Bosnie, à renoncer à la juridiction consulaire.

Je me suis permis de relever, au point de vue international, la grande différence entre la situation de l'Autriche occupant la Bosnie en vertu d'un mandat européen, et la situation de la France protégeant ou incorporant la Tunisie en suite d'une série d'actes dont la légalité ne supporte pas l'examen. Sans trop appuyer, puisque je me trouvais en présence d'une détermination déjà adoptée par le Cabinet impérial, je laissais cependant entendre que notre désir se trouvait incomplètement satisfait, car nous eussions tenu à ce que le Cabinet de Berlin se réserviì.t de connaitre de quelle manière les Puissances les plus intéréssées se prononceraient sur le còté pratique de cette affaire. J'avais cru comprendre qu'on procéderait ici de la sorte. Monsieur le docteur Busch alléguait que l'assentiment avait été donné en 1882 dans des termes qui ne permettaient pas de reculer ou de trahir la moindre hésitation.

* Nous ne devons nous faire aucune illusion. Le vote favorable de l'Allemagne est certain et meme déjà acquis. N i l'Autriche, ni l'Angleterre ne soulèveront d'objections. La première ne saurait refuser ce qu'on lui a concedé en Bosnie. La seconde profite du meme bénéfice dans l'ile de Chypre, et médite peut-etre une réforme de ce genre en Egypte.

La Russie ne voudra pas créer des difficultés à la seule Puissance qui pourrait un jour devenir son alliée. A moins de nous isoler, il ne nous reste qu'à emboiter le meme pas, et à nous preter à un modus vivendi pour autant qu'il ne porte pas un dommage irréparable aux intérets de l'Italie *.

(l) -Ed., ad eccezione del brani tra asterischi, In LV 43, p. 38. (2) -Manca l'Indicazione del giorno di arrivo. (l) -Non pubblicato. (2) -T. 685 del 25 maggio 1883, non pubblicato.
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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 1881. Vienna, 25 maggio 1833 (per. il 30) (1).

Nella seduta del 20 corrente tenutasi a Pest da quell'Accademia delle scienze S. E. il ministro Kallay membro di quel dotto consesso vi diede lettura di un suo lavoro sull'« Oriente ed Occidente». L'idea fondamentale in esso svolta si è che la missione mediatrice fra l'Oriente e l'Occidente non può spettare ad altri che al popolo magiaro, che orientale per origine si è fatto da secoli occidentale mercé la religione e la civiltà.

Al popolo magiaro quindi incombe la missione di tentare la conciliazione fra quei due mondi che da tanti secoli così profondamente differiscono l'uno dall'altro. Il signor di Kallay riconosce tutte le difficoltà che s'incontreranno nello sviluppo di quell'azione dirigente che è uopo i magiari si assumino per adempiere la grande missione a cui li convita, ma ripone la sua fede nel successo; ricordando che a ciò operare essi sono anche chiamati da quella santa religione che il popolo ungherese ha sempre considerato con ragione sia come simbolo dell'unità nazionale e politica.

Lo splendido discorso incontrò nell'aula accademica calorosi applausi; la opinione pubblica sì in Austria che in Ungheria non sembra però avergli fatto eguale simpatica accoglienza.

I giornali di Vienna rilevano il silenzio mantenuto dal signor Kallay a riguardo dell'Austria ed osservano che ammessa la convenienza della mediazione da lui indicata, l'Ungheria nulla potrebbe fare senza il concorso dell'altra parte della Monarchia; lasciano poi chiaramente intendere che da questa parte della Leyta non si ha alcuna volontà di lasciarsi, nelle avventure orientali, adombrare da quel discorso accademico, la cui rilevanza non può sfuggire a nessuno, trattandosi che chi lo pronunciò è uno dei tre ministri comuni della monarchia.

I giornali di Pest a loro volta tengono un linguaggio che dimostra essere l'opinione pubblica in Ungheria avversa alle avventure in Oriente; ed agli ingrandimenti inconsulti che sommergerebbero la nazionalità magiara nella moltitudine soverchiante dei popoli slavi. Il Pester Lloyd riassume questi apprezzamenti ponendo in sodo che l'Ungheria liberale e progressista in tutto ciò che riguarda le istituzioni interne, è eminentemente conservatrice nei rapporti internazionali, quindi essa non può né deve fare politica di missioni, e di espansione; il compito suo è quello di pensare a sé, di assimilarsi gli elementi discordanti, e di ordinarli e consolidarli nella cerchia dei suoi confini presenti.

Il conte Kalnoky a cui ho creduto poter far parola di quel discorso stante che esso riveste per la posizione occupata dal suo autore, il carattere di un programma politico, senza entrare nel merito scientifico della tesi svolta dall'egregio oratore, si limitò a dirmi «che come discorso accademico il lavoro è certo pregevolissimo, ma che è increscevole che l'accademico che lo rese di pubblica ragione si sia scordato di essere anche ministro comune della monarchia».

Dopo questo così autorevole apprezzamento non mi resterebbe altro da aggiungere ove non credessi opportuno il far rilevare che il chauvinisme degli ungheresi è tale, che non se ne sanno spogliare neppure gli uomini di Stato più eminenti di quel Paese e conseguenza ne è: che uomini veramente di grande ingegno e di forte carattere come indubbiamente si è il Kallay scordandosi momentaneamente della loro veste ufficiale trovandosi in mezzo a ristretta cerchia dei loro connazionali, emettono teorie ed apprezzamenti che fanno vibrare i sentimenti patriottici dell'uditorio e ne riscuotono gli applausi; ma che considerati con più pacatezza ed analizzati con maggiore imparzialità dalla grande opinione pubblica, vengono in assai diversa maniera apprezzati.

Il discorso di cui è caso ben potrebbe in avvenire essere un nuovo ostacolo all'eventuale sempre ventilata candidatura del signor Kallay al ministero degli Affari Esteri, come già lo fu una volta il ben noto incidente relativo all'Italia che tenne dietro alla venuta di Sua Maestà il Re a Vienna poiché comunque lo si voglia considerare resterà sempre l'impressione ch'egli abbia colto quella circostanza per svolgere il suo programma politico, programma che come dissi sarebbe generalmente poco accetto all'opinione pubblica. Devo poi ancora aggiungere che, quanti conoscono come me intimamente il signor Kallay, ben sanno che precisamente l'espansione della Monarchia austro-ungarica in Oriente nella più larga misura è uno dei punti fondamentali del credo politico di quell'uomo dì Stato.

(l) Nel presente rapporto si trova la seguente indicazione: «Impostato a Pontebba il 29 maggio (raccomandata) ».

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 1886. Vienna, 29 maggio 1883 (per. il 2 giugno).

Da ottima fonte ebbe a risultarmi quanto segue relativamente al soggiorno fatto dal signor Waddington a Berlino nel recarsi a Mosca.

L'ambasciatore straordinario francese, che aveva lasciato ottima memoria di sé nella capitale prussiana dall'epoca del Congresso ave si era fatto molto apprezzare per la correttezza e moderazione della sua attitudine, vi fu nuovamente accolto con simpatia e particolari riguardi. Persone molto bene informate però mi assicurano, che nella visita da lui fatta al cancelliere questi si tenne tanto più riservato nei suoi discorsi, che il signor Waddington mostrando di non conoscere bene l'uomo con cui aveva a fare lo bersagliò d'interrogazioni per scoprir terreno, sistema questo che non gli riuscì ad altro se non a far sì che tosto ch'egli uscì dal Gabinetto del cancelliere, il principe di Bismarck proruppe nelle seguenti testuali parole: «Quell'uomo è stato con me così insistentemente indiscreto che proprio non ne poteva più ».

Quest'energico e sommario apprezzamento di quel colloquio a cui l'opinione pubblica in Francia annette tanta importanza, dimostra a parere mio chiaramente, che esso non ebbe a portar modificazioni di sorta alla situazione presistente fra i due Paesi.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 1888. Vienna, 29 maggio 1883 (per. il 1° giugno).

Il conte Kalnoky chiesemi ieri, se l'E. V. ebbe già ad appigliarsi ad un qualche partito relativamente all'abolizione della giurisdizione consolare in Tunisia, al cui riguardo la Francia fece un indiretto passo presso le Potenze comunicando la legge che costituisce i nuovi tribunali.

A tale domanda risposi che ciò non mi risultava fino ad ora, e che quindi riteneva nessuna decisione fosse ancora stata presa. Allora il ministro imperiale entrando a discorrere sull'argomento, fece l'osservazione che in sostanza fino ad ora la Francia non ebbe ancora a fare una diretta domanda al riguardo alle Potenze; che quindi non vi ha premura di decidersi; tanto più che converrebbe prima essersi assicurati del modo di funzionare dei nuovi tribunali. Del resto dicevami ancora « mi son diretto ad altri Gabinetti onde conoscere il loro modo di vedere in quella questione »; soggiungevami però tosto, che l'Austria-Ungheria era tenuta a mostrarsi compiacente verso la Francia in cosa di questa natura, onde contracambiare cosi la cortese premura dimostrata da quella Nazione in analoghe circostanze, allorché trattavasi della Bosnia.

A queste parole che accennavano quasi ad una risoluzione già presa sebbene ancora non effettuata, parvemi opportuno far osservare al mio nobile interlocutore, che i due casi da lui raffrontati non sono affatto analoghi, ed a chiarire questo mio apprezzamento dissi: «In Bosnia ciò che vi fa difetto si è il titolo di proprietà, ma all'infuori di ciò il mandato di amministrare quella provincia conferitovi dal Trattato di Berlino, vi ha investito di diritto e di fatto della completa amministrazione di quel Paese, assolutamente come se si trattasse di un altro territorio qualunque della monarchia.

Tutte le leggi che reggono quelle Provincie sono vostre, i tribunali che vi amministrano la giustizia sono tribunali austro-ungarici; non potete dunque paragonare quello stato di cose a ciò che esiste attualmente in Tunisia, che anzitutto non è il portato di una decisione dell'Europa, e che inoltre è l'ordinamento il più bislacco che si possa immaginare, tanto più che in fin dei conti se sostanzialmente la Francia agisce a Tunisi come a casa propria, non è però men vero che in faccia all'estero il residente francese non rappresenta altra parte che quella di porta voce del governo beylicale. Parmi quindi che la differenza fra i due stati di cose sia tale, da non poterli mettere l'uno e l'altro sulla stessa linea».

Questo mio ragionamento sembrami garbasse al conte Kalnoky, infatti egli limitandosi ad osservarmi, che la questione del titolo di proprietà che fa difetto all'Austria-Ungheria in Bosnia, è cosa unicamente formale, considerazione che non credetti opportuno di rilevare, disse che le mie osservazioni erano giuste e che non vi era nulla da obbiettarvi, e così ebbe termine quella nostra conversazione. Ciò non di meno non dubito che se la Germania ammetterà per conto suo l'abolizione della giurisdizione consolare, l'Austria-Ungheria contemporaneamente e forse anche prima, vi aderirà essa pure; dimostrandosi anzi premurosa di far cosa gradita alla F,rancia in una questione che in fondo è di poco suo interesse.

Se per caso l'E. V. credesse darmi istruzioni al riguardo potrei quando che sia riprendere la conversazione col conte Kalnoky su quest'argomento (l).

(l) Ed.• con alcune \arianti, in LV 43, pp. 40-41.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 3257. Berlino, 31 maggio 1883 (per. il 10 giugno).

La dépeche da V. E. n. 1404 (2), arrivée ici le 18 mai, par M. le Courrier Anielli, s'est croisée avec mon rapport n. 3243 (3), dans lequel je rendais compte d'un nouvel entretien avec le comte de Hatzfeldt sur Tripoli. S. E. me communiquait la manière de voir du chancelier convaincu que la République française ne songe nullement à envahir la Régence. Sa politique coloniale évolue dans d'autres parages. En ces conditions, il ne serait pas «habile » de chercher à se concerter en vue de conjectures non fondées. Le prince de Bismarck appréciait si bien au reste la gravité de nos intérets, qu'il ne manquerait pas de nous faire lui-meme parvenir un avertissement s'il lui résultait que.

contre toute attente, on méditait à Paris un semblable projet. La conversation pourrait ètre reprise si d'un còté ou de l'autre on recuillait des données assez positives venant à l'appui de nos préoccupations.

Dans l'intervalle, le comte de Hatzfeldt était parti en congé. Vos instructions avaient été rédigées en sui te de mon rapport n. 3241 (l), et avant la réception de celui précité n. 3243 du 10 mai, resté jusqu'ici sans réponse. Je ne savais trop si je devais insister. Néanmoins sans le faire encore officiellement., j'en ai touché quelques mots en voie officieuse et confidentielle au soussecrétaire d'Etat que je trouvais au courant du langage que le comte de Hatzfeldt m'avait tenu. M. Busch s'y référait entièrement. Il semblait ne vouloir accueillir que sous bénéfice d'inventaire les indices contenus dans les deux rapports du consulat du Roi à Tripoli. Ayant lui-mème résidé plusieurs années en Orient, il a pu se convaincre que les agents consulaires manquent parfois d'un juste discernement. Ils sont disposés à accentuer les sentiments de rivalité de Puissance à Puissance. Dans le milieu où ils vivent, il se laissent entrainer à vouloir jouer le premier ròle, à faire plus qu'il ne faut, parler de leurs personnes. Ils contractent peu à peu le morbus consularis qui se trahit par un zèle inconsidéré et des plus nuisibles aux intérèts qui leur sont confiés et qu'ils grossissent autre mesure croyant par là grandir leur importance.

Comme de raison, et lors mème que le sous-secrétaire d'Etat ne fit qu'une remarque générale admettant des exceptions, je prenais le parti de M. le chevalier Lambertenghi, mon gouvernement ayant l'habitude d'ètre très circonspect dans le choix de ses fonctionnaires. Mais, ainsi que me le disait M. Busch, l'argument essentiel de la réserve de l'Allemagne, c'est la ferme conviction que la France ne songe d'aucune manière à de nouvelles entreprises sur les còtes septentrionales de l'Afrique. Elle a reculé devant l'Egypte pour se dégager des complications qui auraient pu surgir de son immixtion. Elle se dédommage, il est vrai des expéditions à Madagascar, au Congo et au Toukin qui lui couteront certainement beaucoup d'argent, et lui créeront maintes difficultés. Mais c'est là un dérivatif. Certes, ni l'Allemagne ni l'Italie n'ont un intérèt à la détourner de ses aventures à l'autre bout du monde. Ce n'est pas lorsqu'elle s'expose à des dangers non pas sur un seui point, mais sur plusieurs à la fois, qu'elle songerait sérieusement à menacer la Tripolitaine pour s'attirer une guerre avec la Turquie, et peut-ètre aussi avec l'Europe.

Tout en me montrant, quand mème, fort sceptique à l'endroit du Cabinet de Paris, j'ai jugé à propos de ne pas continuer l'entretien sans des directions ultérieures de V. E. du moment surtout où le sous-secrétaire d'Etat se bornait à paraphraser ce qui m'avait été dit par le comte de Hatzfeldt au nom du chancelier.

J'avoue d'ailleurs, sans vouloir contester l'exactitude et l'importance des rapports de notre consul à Tripoli, que les faits cités à charge de la France, exigent encore quelques éclaircissements. Le premier de ces rapports est datè du 29 octobre 1882 (2). J'en avais eu connaissance durant mon dernier

séjour à Rome par M. le chevalier Tosi. M. Féraud, non content de se livrer à une propagande anti-italienne, s'était permis des insinuations les plus déplacées contre le gouvernement du Roi. Le chevalier Tosi proposait à V. E. de s'expliquer nettement sur ce point avec le gouvernement français. Quelle suite a eu cette affaire? Je l'ignore. Depuis lors un changement de Cabinet a eu lieu à Paris. Est-ce que M. Challemel-Lacour a le méme programme que son prédécesseur, en admettant que celui-ci eùt autorisé M. Féraud à tenir un semblable langage et à faire la réclame pour un protectorat français dans la Régence? Le gouvernement de la Rèpublique, affirme-t-on, ne néglige rien pour y gagner influence et sympathies; écoles, hòpitaux, établissements de charité, chemin de fer aboutissant de Tunis à Sarsis, développement de la marine merchande, présence de bàtiments de guerre. Autant de moyens de fonder sa prépondérance. Ce sont là des présomptions à l'appui d'arrièrepensée d'une acquisition territoriale. Pour nous ce sont méme des preuves suffisantes, mais à Berlin du moins elles ne sont pas jugées comme telles. Il faudrait des faits plus concluants. On nous objecterait peut-étre que la France joue son jeu en cherchant à se piacer dans ces régions dans des conditions qui lui facilitent sa tàche de tenir en respect ses émules ou ses adversaires à Tunis et en Algérie, sans viser pour autant à étendre ses possessions. Pourquoi l'Italie ne s'appliquerait-elle pas aussi à gagner de l'influence en employant à son tour quelques-uns des moyens mis en oeuvre par la France? Seulement il conviendrait de suivre une conduite qui excluat tout ce qui ressemblerait à une provocation, et amènerait les plus graves embarras.

J'ai lu avec un vif intérét le rapport de S. E. le comte de Robilant du premier mai (1). Nous nous rencontrons dans nos idées. Mais avant d'avoir une réponse à mon rapport susmentionné n. 3243 et à celui de ce jour, je crois plus sage de ne pas revenir sur ce sujet (2).

«Oramai l'ambasciatore avrà ricevuto il dispaccio del (cfr. n. 586) con cui gli si dava istruzione di insistere per avere una nozione precisa degli intendimenti eventuali della Ger

mania.

Il dire, come si fa a Berlino, che non si ha indizio alcuno che la Francia voglia invadere la Tripolitania, oltreché sembra peccare per ottimismo soverchio, non toglie punto opportunità e ragione d'essere alla nostra schietta ed a1nir hevole dnmanda. Anf'he per Tunisi r:osì è avvenuto: fino alla vigilia dell'occupazione questa si considerò come contingenza improbabile e quando divenne realtà sarebbe mancato il tempo anche solo per un rapido scambio di idee. Noi non vogliamo che lo stesso accada per Trlpoli. Dato pure che l'eventualità di cui trattasi non sia per verificarsi giammai, noi non vediamo perché i due governi intimamente amici come sono, non possano farne il soggetto di un pensiero di un'ipotesi e dichiararsi scambievolmente, in segreto, ciò che in tale ipotesi esse r~rebbero. A Berlino si fa buon nu:•rcnto (~i Tripoli, e forse hanno torto anche dal punto di vista germanico. Certo, però. noi non possiamo, dal canto nostro, essere indifferenti circa l'avvenire di quella ragione se dovesse mai cessare di far parte dell'Impero ottomano. Noi abbiamo quindi diritto e dovere di orientare! fin d'ora rispetto a quella questione, e ci riesce amaro di non poter sapere, da una Potenza amica, quello che sarà per essere, a tale riguardo, il suo atteggiamento. Quanto al consiglio di applicarci anche noi, come la Francia, a svolgere i nostri interessi economici nella Tripolitania, noi ammettiamo che, in massima, esso è buono e cerchiamo di praticarlo. Ma l'esperienza di Tunisi ci ammaestra che, acciò l'onesta tutela e lo sviluppo del nostri interessi economici non possa servire di pretesto ad altra Potenza per attribuirci pretesi disegni politici, è necessario che noi siamo in grado di parlare chiaro fin dal primo momento, e questo ci riesce impossibile se non ci è dato di conoscere neppure i divisamenti eventuali delle nostre Potenze amiche.

In conclusione paja, o non, possibile a Berlino, l'eventualità che ci preoccupa, noi non chiediamo impegni, ma vogliamo sapere se e fino a qual punto saremmo eventualmente sostenuti nella nostra resistenza ». In base a tali istruzioni venne redatto il D. 1416 del 12 giugno1883, indirizzato all'ambasciata a Berlino, non pubblicato.

(l) -Allegate al presente rapporto si trovano le seguenti annotazioni di Malvano e di M!:.ncini: <<Confermare il recente nostro telegramma, con riferimento anche a quello responsivo del generale Robilant ». «E rlserbare l'Invio del pro-memoria da darsi confidenzialmente al Decrais >>. (2) -Cfr. n. 586. (3) -Cfr. n. 587. (l) -Cfr. n. 572. (2) -Cfr. n. 373.

(l) Cfr. n. 574.

(2) Allegata al presente rapporto si trova la seguente annotazione di Malvano:

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 85. Parigi, 31 maggio 1883 (per. il 3 giugno).

Due gravi notizie destarono testé vive emozioni in questo Paese; la prima è quella della disfatta di un distaccamento di truppe francesi al Tonkino, che in una sortita dalla piazza di Hanor s'imbatté in un partito di truppe indigene e perdette nel combattimento 24 uomini uccisi e 51 feriti. Fra le vittime si rimpiangono specialmente il comandante Rivière, uomo riputatissimo e popolare per il suo gran coraggio e per i suoi talenti letterari, ucciso durante il combattimento, ed il comandante Villers ferito mortalmente.

L'altra notizia è quella della discussione che ebbe luogo il 25 corrente alla Camera dei comuni d'Inghilterra, nella quale prima lord Fitz Maurice, sottosegretario di Stato per gli Affari Esteri, quindi il primo ministro l'onorevole signor Gladstone pronunziarono severe parole contro il mal governo turco, specialmente in Armenia, e ne vennero sino a pronosticare un nuovo smembramento dell'Impero ottomano, qualora non sia portato efficace rimedio ai lamentati disordini.

Il disgraziato fatto accaduto al Tonkino ha bensi dato luogo, per parte di alcuni periodici, a vive recriminazioni contro la tendenza del governo ad avventurarsi in regioni lontane, il di cui effetto più prossimo si traduce in perdite d'uomini ed in grandi spese. Ma queste considerazioni non impedirono che i rinforzi da mandarsi al Tonkino, per vendicare la disfatta subita, siano stati votati all'unanimità, e che si ecciti il governo alla conquista di quel Paese. Il ministero non è che troppo disposto a seguire quella via; le tendenze colonizzatrici del signor Challemel-Lacour sono ben note, ed egli le ha manifestate in più di una occasione; al signor Ferry si deve attribuire la spedizione della Tunisia; per cui ben lungi dallo smettere la spedizione del Tonkino, si spingeranno quelle del Congo e di Madagascar; e se ne intraprenderanno altre se l'occasione si presenta.

II governo della Repubblica ravvisa, in queste spedizioni per creare nuove colonie, un mezzo di dare soddisfazione all'amor proprio francese, ed a procurare un campo di attività alle speculazioni ed alle ambizioni diverse. Epperciò le minaccie profferte nel parlamento inglese contro la Turchia saranno un Incitamento alla Francia di aspirare ad aggregarsi qualche nuovo brano di quell'impero, non fosse che a titolo di protettorato. Si suppone che il linguaggio tenuto dall'onorevole Gladstone abbia per iscopo, non tanto di migliorare le condizioni delle popolazioni sottoposte al governo turco, quanto di costringere mediante quelle minaccie, la Sublime Porta ad abbandonare le sue pretese di predominio sull'Egitto per lasciare quel Paese intieramente in balia dell'Inghilterra.

La Francia non sentendosi in grado di contrastare l'Inghilterra su quel terreno rivolgerà probabilmente le sue aspirazioni verso la reggenza di Tripoli, dove, a giudicarne dai rapporti del nostro regio console, gli intrighi (per istabilirvi l'influenza francese) del console della Repubblica che agogna gli allori del signor Roustan, sono attivissimi, e sono, a quanto pare, sostenuti dal suo governo. Non sarebbe neppure impossibile che la Francia fosse spinta dal gran cancelliere germanico ad occupare quelle regioni; io sono indotto a quel sospetto dal rapporto del conte de Launay e da quello del conte Robilant, il primo in data del 28 aprile (l) e l'altro in data del 1° maggio (2). Il ministro degli Affari Esteri austriaco non volle esprimere opinione alcuna intorno all'avvenire della Tripolitania; lo stesso mutismo incontrò il conte de Launay presso il signor Hatzfeldt. Dal che si potrebbe conchiudere che qualche cosa si sta maturando a quel riguardo poiché non è supponibile che una tal questione, che può dirsi all'ordine del giorno, non abbia ancora destato la seria attenzione dei due Gabinetti di Berlino e di Vienna.

Il principe di Bismarck che in occasione del congresso di Berlino spinse la Francia ad occupare la Tunisia ben sapendo che un tal fatto le avrebbe inimicato l'Italia, non vedrebbe mal volentieri che dessa facesse altrettanto per la Cirenaica, il che renderebbe più difficile il nostro cordiale riavvicinamento con essa e desterebbe non poca irritazione nell'Inghilterra, la quale soffrirebbe a malincuore il contatto della sua rivale sulle frontiere dell'Egitto.

Allorché la esclusione di qualsiasi ingerenza della Turchia negli affari di Egitto sia un fatto compiuto, come sembra debba presto accadere, sarà difficile che l'autorità della Porta su Tripoli, cosi debole attualmente, si possa a lungo mantenere. n governo francese lo prevede e si prepara le vie per estendere il suo dominio anche su quella parte del litorale mediterraneo africano. A tal fine egli si s·erve anche dell'influenza del clero, cui è prodigo in Africa ed in Asia degli aiuti e degli incoraggiamenti che gli sono negati nella madre patria.

Il più attivo agente della propaganda francese è il cardinale Lavigerie, uomo di costumi illibati e di modi seducenti, ma ardente nel suo proselitismo, non tanto per l'espansione della fede, quanto per accrescere la dominazione del clero francese, la di cui influenza egli intende surrogare in Africa ed in Asia a quella dei preti cattolici delle altre nazioni, ripristinando in tal modo nel suo vigore il protettorato che nei tempi addietro la Francia si era attribuito sui cattolici in quelle regioni. Egli si prepara, da quanto mi venne asserito, a recarsi in Siria con quell'intento.

Il signor Challemel-Lacour che io vidi ieri, attribuisce non poca importanza alle parole dell'onorevole Gladstone poc'anzi ricordate, ed indipendentemente da queste, ravvisa che, in un avvenire non lontano, la questione di

Oriente o per meglio dire turca sarà di nuovo ridestata. Tutto adunque induce a considerare la successione della Tripolitania come prossima ad aprirsi.

Ammenoché si pervenga a stabilire a Tripoli un governo indipendente, ordinato e civilizzato, il che pare molto difficile, la successione dovrà cadere in mano di qualcuna delle Potenze mediterranee; e se non toccasse all'Italia, questa sarebbe pel fatto esclusa da quel litorale africano, dove da secoli le nostre popolazioni ed i nostri marinai trovarono per effetto della prossimità importanti sbocchi per la loro attività. Io credo adunque che, dopo di essere stati quasi esclusi dalla Tunisia, noi dobbiamo pensare seriamente a non !asciarci escludere anche dalla Tripolitania, ed anzi ad accrescervi la nostra influenza. Non proporrei di certo una annessione sorgente di sacrifizi d'uomini e di danari; ma é d'uopo ostare a che altri la tenti, poiché, ammesso che il dominio della Turchia sopra Tripoli stia per finire, davanti a noi si presenta il dilemma: o stabilire la nostra preponderanza su Tripoli, o piegarci ad essere esclusi dal litorale africano.

La Potenza, oltre la Francia, alla quale il possesso della reggenza potrebbe garbare, è l'Inghilterra; ma le fanno per ciò difetto le truppe di cui essa è così scarsa. Io ritengo intanto che essa vedrebbe assai più volentieri l'Italia a Tripoli che non la Francia.

Ho creduto debito mio di esporre all'E. V. queste considerazioni, che mi sono dettate dal sentimento che qualche nuova crisi non lontana si prepari, e che perciò sia opportuno di stare attenti per non essere colti all'improvviso dalle eventualità che possono accadere. Forse le mie riflessioni saranno superflue, poiché l'E. V. le avrà già fatte; ma ella le vorrà ciò nondimeno accogliere con la sua solita benevolenza.

(l) -Cfr. n. 572. (2) -Cfr. n. 574.
600

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

D. 567. Roma, 1° giugno 1883.

In occasione della recente venuta a Roma dell'egregio avvocato Figari,

qui chiamato da affari della sua professione ebbi con lui un colloquio circa

il procedimento attualmente in corso contro i tre sceik di Beilul, imputati

di complicità nell'assassinio del viaggiatore Giulietti, del tenente Biglieri e

degli infelici loro compagni.

L'avvocato Figari, del quale è nota la incontrastabile competenza nella

materia, mentre confermava la accettazione, da parte sua, dell'incarico di

sostenere. nel processo, le ragioni della parte civile, mi ha, però, manifestato

gravissimi dubbi circa la convenienza di consentire che il processo si compia

dalla corte di appello di Cairo, la quale, a suo avviso, non offre guarentigia

alcuna di imparziale ed illuminata giustizia.

Quanto, con nota del 12 gennaio scorso, la S. V. ebbe accennato, scrivendo a codesto signor ministro degli Affari Esteri, alla opportunità di accordi preliminari intorno a questo soggeto, S. E. Cherif pascià le rispondeva, con nota del 6 febbraio, ricordando che, prima di istituire la seconda inchiesta, era stato concordato che gli imputati sarebbero stati, eventualmente, deferiti al magistrato locale ordinario di Cairo. E veramente così era stato proposto da

S. E. Mustafà Fehmi con nota del 16 novembre 1881, e da lei accettato con la nota del 21 di quello stesso mese.

Questo accordo che, come circostanza di fatto, non è punto da noi revocato in dubbio, non ci sembra tuttavia ostare a che i due governi, solleciti entrambi che giustizia sia fatta, e che i colpevoli, se accertata la colpa, non isfuggano alla meritata pena, si facciano a considerare amichevolmente, e con animo scevro d'ogni preoccupazione, se veramente il tribunale di Cairo, accettato da lei non già per propria elezione, ma piuttosto ad esclusione dei magistrati di Suakim e di Kartum, a cui si era dapprima voluto deferire la causa, offra tutte le necessarie e desiderabili condizioni perché il giudicato suo, quale che esso sia per essere, a.ppaghi la pubblica opinione, in Egitto e in Italia non solo, ma nell'intero mondo civile, giustamente commosso per il truce fatto di Beilul.

S. A. il Kedivé e l'uomo eminente che dirige presentemente il ministero egiziano conoscono abbastanza i sentimenti nostri di schietta simpatia verso l'Egitto, né vorranno certo attribuire significato meno benevolo alle nostre parole. Ma poiché qui si tratta di così supremi interessi quali sono quelli connessi con le esigenze della giustizia e col prestigio del nome italiano, è nostro debito di manifestare al governo egiziano, con piena lealtà di linguaggio, l'opinione nostra, che, cioè, il magistrato indigeno di Cairo non ci sembra atto a rendere giustizia, nella presente circostanza, con quella sicurezza e con quella autorità che pure in causa di tanta importanza si richiedono.

L'avvocato Figari mi esponeva, a questo proposito, alcune particolarità che stimo superfluo di qui ricordare minutamente, essendo esse certo a notizia di lei: la libertà di conferire tra loro, lungamente lasciata agli imputati dopo che furono, più che detenuti, ospitati a Massaua; la loro convivenza con quegli stessi che dovranno poi senza possibile garentia esercitare le funzioni d'interpreti; le agevolezze d'ogni maniera ad essi consentite; e cosi via. Anziché soffermarmi sopra questi fatti, che pur hanno un certo valore, preferisco citare, come decisiva e perentoria, la testimonianza di tale personaggio, l'autorità del quale, in quest'argomento, non potrà certo essere ricusata dal governo di S. A. «In questo momento (così quel personaggio diceva della giustizia indigena in Egitto) non esiste vera giustizia in questo Paese. Ciò che assume questo nome è uno scherno (a mockery), sia in quanto concerne i tribunali stessi, sia in quanto riflette il corpus juris che questi pretendono applicare. Altre volte giudicava il Cadi in ogni materia. Dal tempo di Mehemet Ali si è gradualmente stabilita un'ibrida specie di giustizia civile. Il Cadì ha conservato la sua giurisdizione nelle questioni relative ai matrimoni, alle successioni, alle tutele, ecc., ma ogni altra materia è ora deferita ai tribunali, i

quali sono di tre categorie: tribunale di l" istanza, Medgiliss Ibtadieh, in ogni Mudiria, tre corti d'appello, Medgiliss Estisnaf, ed un consiglio superiore al Cairo, Medgiliss el Ahkam, avente facoltà di cassare le sentenze dei magistrati minori e di surrogare ad esse la propria decisione. Questa organizzazione, quantunque sulla carta presenti una bella apparenza, è una magistratura di poco valore. In primo luogo nessuno tra i magistrati ha pratica giudiziaria, essendo essi scelti promiscuamente nel pubblico senza riguardo al loro carattere, né alle loro attitudini; ed in secondo luogo non esiste legge che guidi i loro procedimenti.

Chi scriveva queste severe parole è lord Dufferin nel suo giustamente celebrato r8ipporto del 6 febbraio, reso pubblico dal governo britannico. Né consta che voce alcuna siasi levata, in Egitto od altrove, ad impugnare la esattezza di simili affermazioni.

Dopo i traviamenti della prima e della seconda inchiesta, dalle quali nondimeno -cotanta è l'efficacia del vero -emersero gravi e stringenti gli indizii di reità a carico dei tre che ora sono nelle carceri di Cairo, si è vieppiù fatto imperioso, per il governo egiziano, il debito di preservarsi, con la severità della repressione, dalla responsabilità che una giustizia debole e difettosa potrebbe fino ad esso far risalire. Della moderazione nostra abbiamo dato pegno non dubbio quando, malgrado la emozione con ragione suscitata dal barbaro eccidio, abbiamo risoluto di astenerci da un atto di vigore che pure da più lati ci era consigliato, e facile ci sarebbe riuscito, e sarebbe stato benanche confortato da esempii recenti di altre nazioni non meno dell'Italia civili e liberali. Abbiamo voluto, invece, scrupolosamente seguire le vie della giustizia e riponemmo fede intiera nella rettitudine del governo egiziano. Ora che si avvicina la conclusione del triste dramma, spetta al governo di

S. A. il dimostrare che la nostra fede, ispirata dall'amicizia, fu anche conforme a savia ed accorta politica. Il magistrato indigeno di Cairo potrà, in attesa d'una riforma invocata dallo stesso governo egiziano, provvedere alle contingenze quotidiane della giustizia. Per un caso cosi grave e straordinario quale fu quello di Beilul, sarebbe poco meno che assurdo se il governo di S. A. volesse persistere nel conferirgli una competenza che, del resto, normalmente non gli spetterebbe neppure. Un magistrato speciale, costituito con ogni opportuna garantia di senno e di imparzialità, può solo pronunziarsi in guisa da appagare la pubblica opinione. Così si fece in più di un caso recente: per gli eccidii di Alessandria e di Tantah, e per l'assassinio del dottor Palmer.

Né crediamo che S. E. Cherif pascià, animo retto ed elevato, vorrà pre~alersi della lettera di quel che fu proposto nel novembre 1881, per mantenere tale un modo di procedimento che, quali che siano le forme e le conclusioni del giudizio, già fin d'ora può a priori reputarsi derisorio e fallace.

Attenderò con impazienza un cenno di risposta al presente mio dispaccio (1). Se Cherif pascià ammette, in massima, la istituzione di una corte spe

ciale, sarà cura di lei cercare d'ottenere che questa sia composta con elementi che presentino ogni desiderabile garantia. La partecipazione di magistrati tolti dai tribunali della riforma, e segnatamente di qualche magistrato di nazionalità italiana, dovrebbe, agli occhi stessi del governo egiziano, apparire vantaggiosa come quella che, meglio d'ogni altra cautela, rimuoverebbe sospetti che noi non vogliamo, in quanto ci concerne, neppure concepire, e dei quali un governo civile, come il govcmo di Sua Altezza, deve naturalmente desiderare d'allontanare da sé anche ogni più leggera ombra. Mi riserverei, naturalmente, di significarle la mia approvazione prima che sia definitivamente accettata la composizione della corte speciale da surrogarsi al tribunale comune.

(l) R. 994 del 17 giugno 18~3. non pubbilcato.

601

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

D. 568. Roma, 1° giugno 1883.

L'altro mio dispaccio in data d'oggi (l) contiene istruzioni ufficiali circa il modo in cui dovrebbe, a nostro avviso, continuarsi e concludersi il procedimento penale per il fatto di Beilul. Qui mi preme di aggiungere alcune considerazioni confidenziali.

Anzitutto non posso nasconderle la mia meraviglia che, conoscendo, come certo ella doveva conoscere, le vere condizioni della magistratura indigena del Cairo, la S. V. ne abbia, con le note scambiate nel novembre 1881, senza difficoltà accettata la competenza. Esclusa, per ragioni troppo ovvie ed ammesse dallo stesso governo egiziano, la competenza dei giudici naturali (se pur tali possono dirsi quelli di Suakim e di Kartum), non v'era necessità assoluta di accettare convenzionalmente quella del tribunale di Cairo, per poco che vi fosse ragione di dubitare della sua attitudine a conoscere seriamente di così grave causa.

Una seconda considerazione che mi sta a cuore di aggiungere è questa. Noi proponiamo che il caso di Beilul sia deferito ad una corte speciale, ma la nostra domanda mancherebbe d'ogni scopo, se questa corte non fosse poi composta di elementi tali che presentino garantia assoluta di capacità e d'imparzialità. Tanto più deve essere studio di lei che tale intento effettivamente si raggiunga, in quanto che ci mancherebbe, poi, ogni modo di querela o recriminazione, se la sentenza sarà per essere proferita da magistrato appositamente e col nostro consenso costituito. In questo stesso ordine d'idee, non ho difficoltà a dichiararle che noi accetteremmo, senz'altra osservazione, il

tribunale indigeno di Cairo, se Cherif pascià si portasse anticipatamen!-e garante che a uomini, della cui reità non può oramai dubitare se non chi voglia chiudere gli occhi alla luce, sarà per lo meno inflitta una pena adeguata, e con essa il bando perpetuo da quelìa regione ove la loro impunita presenza sarebbe non solo una provocazione a nuovi misfatti, ma altresì un oltraggio permanente alla umanità e alla giustizia. Dopo quello che è occorso per Arabi pascià, non parrà strano a S. E. Cherif pascià, personaggio eminentemente pratico, un discorso che ella in questo senso glì tenesse, beninteso ìn termini affatto intimi e confidenziali.

La terza ed ultima avvertenza si è che, avendo scritto alla R. ambasciata in Londra (l), acciò il governo britannico, con l'autorità che le sue parole hanno presentemente al Cairo, appoggi la nostra domanda, desidero che ella prepari bensì fino da ora il terreno, ma si astenga da formali offici in fino a che non le giunga avviso che il R .ambasciatore ha potuto eseguire le istruzioni da me impartitegli in proposito. L'attuale assenza del conte Nigra da Londra potrà essere cagione di qualche ritardo. È quindi essenziale che ella si adoperi acciò nel frattempo nulla si faccia dall'autorità egiziana che possa pregiudicare la quistione.

Affido, in modo particolare, alla S. V. la trattazione di questo delicato soggetto. La memoria del triste episodio di Beilul non si è punto spenta in Italia. Né dovremo posare fin tanto che non siasi ottenuta giusta riparazione. È questo, per il R. governo ed anche per lei, un debito al quale non possiamo, e certo neppure vogliamo venir meno.

(l) Cfr. n. 600.

602

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (2)

R. CONFIDENZIALE 3258. Berlino, .1° giugno 1883 (per. il 10).

J'ai reçu le télégramme d'avant hier au soir {3) par lequel V. E. témoignait de l'impression pénible que lui causait l'attitude du Cabinet impérial dans l'affaire de la juridiction consulaire à Tunis; attitude signalée par mes telegramme et rapport du 25 mai echu n. 3254 (4).

Je n'ai pas hésité à donner lecture de votre télégramme au sous-secrétaire d'Etat. * Je rappelais quel avait été notre désir ou notre demande, dans quel sens me répondait le comte de Hatzfeldt, et enfin l'avis que je recevais sur une décision déjà prise d'accepter, non seulement en principe mais de fait, les propositions de la France sans attendre que l'Italie et quelques autres

Etats des plus intéressés se fussent prononcés sur l'application, et les mesures d'exécution *.

Mr. Busch exprimait des regrets que telle fut notre impression; mais il espérait que nous la modifierions en nous plaçant aussi au point de vue de l'Allemagne. De sa part, il n'avait existé aucune intention de nous désagréer lorsque le Cabinet de Paris faisant ses premières ouvertures, et invoquant les précédentes en Bosnie et dans l'ìle de Chypre, le gouvernement impérial se montrait dès juin 1882 disposé à dire oui. S'il ne nous en a pas donné aussitòt avis, cela a tenu à des circonstances fortuites et tout-à-fait indépendentes de sa bonne volonté. Mais alors déjà il était virtuellement engagé à ne pas refuser san assentiment. Il avait mème donné les plus larges assurances. Il y allait de sa loyauté, lorsqu'une communication formelle lui parvenait à ce sujet par l'ambassade de la République, à se montrer conséquent avec ses déclarations anterieures. Sa conduite paraitrait inexplicable s'il voulait aujourd'hui avoir l'air de réserver un jugement définitif. *Il est vrai que pour déferer autant que possible à nos instances, on nous laissait entendre qu'on tàcherait de trainer les choses en longueur. C'est ce qui a été fait tout d'abord lors de la dernière démarche du baron de Courcel. Mais, en suite de nouvelles instructions de Paris, il revenait à la charge pour une prompte solution. Il n'y avait plus moyen de chercher encore à gagner du temps, et d'ailleurs un ajournement n'eiì.t changé en rien l'état des choses. L'Allemagne sans doute n'est pas directement intéressée à Tunis, mais elle doit s'appliquer à ne pas provoquer les soupçons ou les susceptibilités de ses voisins.

Quant à l'Italie, on aurait compris qu'elle eiì.t cherché à empecher les français de prendre pied dans une position aussi importante. On s'expliquerait peut-ètre qu'elle guettàt l'occasion de les en débusquer. Mais pour le moment ils occupent le Pays, ont en main san administration. Une guerre sourde ne mène à rien d'utile. Et mème au point de vue strictement italien, convient-il d'échanger des explications sur le fond ou sur la forme de l'institution des tribunaux français dans la Régence *? Il ne s'agit que de restreindre ou de suspendre la juridiction consulaire. Chaque gouvernement restera libre de retirer la concession, surtout si les nouvelles institutions fonctionnaient d'une manière défectuese. *La chose deviendrait plus difficile, et l'avenir serait engagé davantage, si l'an voulait ouvrir une controverse, entrer en négociations sur tel ou tel autre point, se livrer à un examen sur le degré de garanties à stipuler en faveur des nationaux respectifs, et régler préalablement le tout par un acte qui aurait en quelque sorte un caractère synallogmatique.

Sans avoir la prétention de vouloir préjuger ou influencer nos déterminations * le Cabinet de Berlin estime que mieux vaudrait ne pas s'engager dans des discussions et se borner à une acceptation dans le sens ci-dessus indiqué, à savoir d'une restriction apportée, par un vote du parlement à l'exercice de la juridiction consulaire, disposition d'une nature révocable. C'est du moins ainsi qu'on procédera à Berlin.

* Telles ont été les observations du sous-secrétaire d'Etat. J'en ai contesté dans une certaine mesure le bien fondé, et j'ai établi derechef quelle était

40 -Documenti dipilomatici .. Serie II -Vol. XV-XVI

notre manière de voir, en me conformant au contenu du télégramme de V. E. Cependant je ne pouvais m'empecher dans mon for intérieur de reconnaitre que certains arguments avaient quelque poids. Nous n'ignorons pas que si l'Allemagne n'a pas encnuragé la France à marcher sur Tunis, elle n'a rien fait du moins pour la retenir. Tunis à la France, la Bosnie à l'Autriche, l'Egypte à l'Angleterre, tel était le programme dont le prince de Bismarck n'a jamais fait mystère. Et ce programme a été muri dans sa pensée à une époque où nos relations ave c l' Allemagne laissaient beaucoup à désirer. Si depuis lors elles sont devenus intimes, on ne saurait leur donner un effet rétroactif. La reconnaissance en principe et de fait, des tribunaux français en Tunisie est une conséquence des engagements antérieurs. Mr. Busch ne pouvait en convenir. Mais je trouve son raisonnement non dépourvu de quelque justesse en ce qui a trait à l'attitude qui nous est suggérée dans les conjonctures présentes. Son langage vient au reste indirectement à l'appui de ce que je me permettais d'énoncer moi aussi dans mon rapport n. 3254, à savoir de ne pas s'attarder dans des discussions sans issue, du moment où nous serions seuls à nous mettre sur la breche. Si digne que soit de toute notre sollicitude la cause que nous soutenons, nous ne parviendrions pas à la replacer pratiquement dans de meilleures conditions. Contentons-nous de réserver l'avenir qui tot ou tard appartient aux plus habiles * (1).

(l) -D. 82 del 1° giugno 1883, non pubblicato. (2) -Ed., ad eccezione dei brani tra asterischi, in LV 43, pp. 43-44. (3) -T. 438 del 29 maggio 1883, non pubblicato. (4) -Cfr. n. 594.
603

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 718. Cairo, 2 giugno 1883, ore 14,15 (per. ore 17,35).

M. Figari m'ayant rapporté le résultat des conférences avec V. E., j'ai entrepris des négociations très labourieuses pour modifier l'accord intervenu pour le jugement des imputés de Beilul. Ce matin Cherif m'a assuré qu'il prendra

«Questo rapporto lascia supporre che non solo il signor Busch, ma Io stesso conte Launay, non abbian ben chiaro il concetto del nostro intendimento nella presente quistione.Noi non abbiamo punto in animo di velare, sotto la forma di una discussione oziosa e ad arte protratta, un nostro rifiuto che ci condurrebbe, ben lo sappiamo, all'isolamento. Noi siamo invece fin d'ora, e con la più grande sincerità, disposti ad aderire con la sospensione della giurisdizione consolare, al nuovo regime giurisdizionale, e ci studiamo solo, in tutta buona fede, di eliminare, mediante anticipate intelligenze, il pericolo di conflitti e di controversie che, quando certi punti di esecuzione non fossero chiariti, sorgerebbero inevitabilmente a Tunisi. Questa è opera cauta, doverosa e di comune interesse. Affretteremo il nostro lavoro convinti, come siamo, che a nulla giovano le artificiose lungaggini tranne che a inasprire gli animi ed a rendere più difficili gli accordi. La memoria che si sta preparando dal punto di vista testé accennato sarà pronta in breve e ne daremo notizia anche al governo germanicoacciò voglia se lo crede giovarsene.

Breve cenno dello scambio di idee intervenuto in questi giorni tra l'Inghilterra e l'AustriaUngheria. Questa, non meno impegnata della Germania, non ha creduto, però, che le fosse impedito di studiare il lato pratico della quistione prima di pronunciarsi definitivamente. Ed è, né più né meno, quello che anche noi ci proponiamo di fare. Cl riesce malagevole comprendere che la Germania debba senz'altro vincolarsi, senza aspettare che gli interessati studino la parte concreta del problema, e con la sola riserva dell'approvazione parlamentare ».

In base a tale istruzione venne redatto il D. 1415 del 12 giugno 1883, indirizzato all'ambasciata a Berlino, non pubblicato.

sur lui de les faire juger par une comm1sswn spéciale dans laquelle entreraient des magistrats européens selon la loi d'organisation de la réforme judiciaire indigène, mais qui lui faut un correspectif pour ètre sur de son fait n'ayant pas entière liberté d'action. Par conséquent il prie V. E. de lui assurer son bienveillant concours pour régler la question postale camme il l'a réglée avec l'Angleterre et la Grèce. En effet le droit du gouvernement égyptien signataire de toutes les conventions internationales est incontestable et pour nous [est une question] de simple amour propre sans avantage réel ou d'influence. J'attends les instructions de V. E. (l) impatiemment par voie de Malte.

(l) Allegata al presente rapporto si trova la seguente annotazione di Malvano:

604

IL REGGENTE IL COMMISSARIATO CIVILE AD ASSAB, PESTALOZZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 245. Assab, 3 giugno 1883 (per. il 22).

Con questa prima occasione mi pregio di trasmettere all'E. V. le qui annesse copie di lettere ricevute ultimamente dall'Aussa (2). Dal primo di quei documenti l'E. V. riteneva come il viaggio del conte Antonelli procedesse senza difficoltà od inciampi da parte delle popolazioni, ma solo contrariato da miasmi malsani dell'Hovvase; però passato quel fiume, ed allontanatosi dalle sue sponde, l'Antonelli si poteva considerare fuori pericolo e quasi già sul territorio scioanse. Devesi attribuire alle numerose carovane unitesi alla sua, la lentezza con la quale ha avanzato la carovana dell'Antonelli, ma non vi è dubbio che per la fine di aprile egli sia giunto felicemente allo Scioa.

La lettera di Hemmad Locito, dimostra come quel Sultano del lago Assai e dintorni sia pronto a corrispondere alla nostra amicizia e ad imitare l'Anfari; però, come già osservai in precedenti miei rapporti, con lui piu che con altri, ho dovuto tenermi riservato nell'accennare a quella protezione che egli richiede e che anzi vorrebbe veder esternata con la presenza di legni da guerra, poiché il favorirlo contro l'Egitto nelle sue rivendicazioni di possesso di gran parte del litorale del golfo di Tagiura, faciliterebbe l'adito ad altri concorrenti stranieri, piu temibili degli egiziani.

Ma non per ciò converrà abbandonare interamente il Sultano Mohammed Locito, ed anzi, è necessario il sostenerlo nell'interno, ed in qualità di tributario del Sultano dell'Aussa, accordargli quei privilegi e protezioni che verrebbero dati all'Anfari. Lo stabilire fin d'ora una certa nostra preponderanza sul lago Assal e dintorni, ci sarà di somma utilità in avvenire creando a nostro favore diritti di precedenza in Paese non ancora occupato da nessuno e di necessario sfogo all'incremento di questa colonia.

L'abu Bekr, pascià di Zeila, lo avrebbe tanto capito, che coll'occupare Sagallo, come fece due mesi or sono, egli mirava anche ad impossessarsi delle

saline del lago Assai, distanti due giorni da Sagallo le quali sono l'unica risorsa della maggior parte dei paesi Danakil che ne estraggono il sale in grandissima quantità per portarlo nei Paesi galla contro cambio di prodotti etiopici. Il calore intenso e le febbri miasmatiche sviluppatesi a causa di fossi di riparo, mal ideati, attorno agli accampamenti, costrinsero Abubekr ed i suoi 150 soldati a ritirarsi; il pascià ritornò al suo posto a Zeita e le truppe rimasero parte a Tagiura e parte rimpatriarono; l'attuale presidio egiziano in Tagiura si ammonta circa a duecento uomini che durante questa stagione estiva non si muoveranno di certo.

Il terzo documento ossia la lettera dell'Anfari di data più recente conferma le apprensioni di Mohammed Locito e lascia chiaramente capire come il Sultano dell'Aussa sia impensierito dalla sorte che minaccia il Sultano del lago Assai e richiede il nostro intervento a favore del suo tributario, quasi per assincerarsi dell'efficacia della protezione italiana. Mi sarei trovato imbarazzato a rispondergli, non conoscendo quali siano le intenzioni del R. governo in proposito, epperciò mi accontentai di scrivergli in data del 24 scorso maggio che mi sarei fatto premura di comunicare le sue lettere a codesto ministero, che lodavo la sua prudenza e che ero convinto che non avrebbe avuto nulla da temere dagli egiziani. Dall'insieme delle trattative del conte Antonelli con l'Anfari, trasmesse direttamente a codesto ministero e di cui non ebbi che molta imperfetta conoscenza, l'E. V. sarà meglio al caso di giudicare della situazione e darmi istruzioni al riguardo.

Intanto le rivelazioni contenute nella lettera qui annessa dell'Antonelli relativamente alle mene ed alle intenzioni ostili del pascià Abu Bekr1 meritano di essere prese in seria considerazione né credo che un governo amico come dovrebbe essere l'egiziano, debba autorizzare il procedere di quel suo governatore in Zeila. Al Cairo si protesterà forse di ignorarla, ma è poco ammessibile tanta buona fede.

Mi spiace che malgrado il desiderio che ne manifestai più volte dopo la partenza della carovana Antonelli, lo stazionario non abbia potuto recarsi a Tagiura e Zeila per fare vedere a quella gente che non si rimane indifferenti a quello che possa succedere in quei dintorni. Nella presente stagione il caldo eccessivo è purtroppo d'impedimento a tale navigazione.

(l) -T. 452 del 3 giugno 1883, non pubblicato. (2) -Non pubblicate.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI Cl)

R. CONFIDENZIALE 3261. Berlino, 5 giugno 1883 (per. il 12).

Mon rapport n. 3258 du premier de ce mois (2), rend compte d'un entretien avec le sous-secrétaire d'Etat en suite d'un télégramme (3) par lequel V. E.

exprimait l'impression pénible que lui causait l'attitude de la chancellerie impériale dans l'affaire de la juridiction consulaire à Tunis.

*Il avait cru devoir renseigner le prince de Bismarck sur cet entretien. Son Altesse approuvait entièrement son langage, soit en ce qui concerne la position de l'Allemagne, soit en ce qui a trait à l'Italie. Le chancelier disait que les événements avaient prouvé qu'il jugeait d'une manière assez juste tout ce qui se rattachait aux relations entre la France et l'Allemagne. Depuis la paix de Versailles, il s'est appliqué à éviter entre les deux Cabinets des tirallements qui d'ordinaire sont les avant-coureurs de graves complications, et meme d'une rupture dont son Pays aurait tout d'abord à supporter le contre-coup. Il comprend qu'après avoir épuisé toutes les voies conciliantes on fasse appel à l'ultima ratio, après s'etre, bien-entendu, placé dans des conditions offrant des chances de succès. Mais une guerre sourde à coups d'épingle lui répugne, surtout lorsqu'elle ne contribue qu'à irriter les esprits sans conduire à aucun résultat pratique. Tel serait le cas, si le gouvernement impérial après un acquiescement donné en principe, voulait aujourd'hui ajourner plus qu'il n'a essayé de le faire, une réponse aux demarches itératives de la France pour une acceptation de fait des tribunaux français en Tunisie.

Le gouvernement de la République en prendrait ombrage, et ne manquerait pas d'attribuer ce plus long retard à des arrière-pensées. Si l'on voulait d'ailleurs établir une discussion sur le fond ou sur la forme de cette institution d'une justice française, en admettant meme, ce qui n'est nullement prouvé, que l'on obtint quelques concessions et garanties pour les nationaux respectifs on partagerait en quelque sorte la responsabilité de la réforme visée par la France. Or, c'est à celle-ci qu'il convient de laisser cette responsabilité, en se bornant à une acceptation pure et simple et révocable de sa nature. C'est pourquoi le chancelier avait autorisé le sous-secrétaire d'Etat, qui avait d'abord pris ad referendum la dernière communication du baron de Courcel, à répondre dans le sens d'une acceptation subordonnée à un vote du Reichstag selon le mode déjà adopté relativement à la Bosnie.

Pour ce qui regarde plus spécialement l'Italie, le chancelier abondait dans les considérations émises par monsieur le docteur Busch, et d'après lesquelles en glissant sur la pente d'une controverse sans issue, nous engagerions davantage l'avenir, que si nous nous contentions de déférer simplement à restreindre ou à suspendre la juridiction consulaire *.

Le courrier de Cabinet arrivé ce matin m'avait remis la dépeche de V. E. du 2 courant n. 1411 (1), et je ne manquais pas de me prévaloir de son contenu pour bien expliquer une fois encore notre véritable point de vue dans nos observations sur l'attitude du Cabinet impérial. * D'après notre manière d'envisager les choses, nous ne visions ni à une rupture, ni à une guerre à coups d'épingle *. Nous eussions seulement désiré, sans faire une opposition absolue et systématique à une modification de la juridiction en viguer, que l'Allemagne

attendit le résultat de nos pourparlers à Paris, pour profiter des concessions éventuelles et garanties que I'on pourrait se ménager.

II n'entre nullement dans nos intentions de provoquer indument les susceptibilités de la France. Nous n'agissons que pour la sauvegarde d'intérets légitimes et communs à d'autres Puissances.

Monsieur Busch ne pouvait que se référer à ce qu'il venait de me dire après avoir pris les ordres de son chef, qui tenait beaucoup, ajoutait-il, à ce que ces explications modifiassent la première impression éprouvée par V. E.

* Je me réfère à mon tour à la conclusion de mon rapport précipé n. 3258. En présence d'une situation à laquelle nous ne pouvons rien changer, il ne nous reste en effet qu'à couvrir le mieux possible la retraite, sauf à nous porter en avant du moment où les circonstances déviendraient propices. Si nous avions alors à faire valoir des raisons juridiques à I'appui de notre politique, on pourrait les invoquer par surcroit, car à elles seules, quelqu'en soit le bien fondé, elles ne suffisent pas au triomphe d'une cause, où comme dans celle-ci domine le còté politique. Aux yeux du prince de Bismarck, grand administrateur des maximes de Frédéric II, la force résout en premier Iieu les questions, après quoi on cherche à mettre aussi de son còté le droit... ou l'apparence du dro i t*.

(l) -Ed., ad accezione dei brani fra asterischi, in LV 43, pp. 45-46. (2) -Cfr. n. 602. (3) -T. 438 del 29 maggio 1883, non pubblicato.

(l) Non pubblicato.

606

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1894. Vienna, 6 giugno 1883 (per. il 10).

Le discussioni avvenute nella nostra Camera dei deputati sulla politica interna del R. governo, nonché i dibattimenti dinanzi alla corte d'assise di Roma pei fatti di piazza Sciarra, destarono qui la più viva attenzione, ed i discorsi pronunciati dagli uomini politici dei vari partiti sia in quelle che in questi, furono largamente commentati nelle sfere governative, dall'opinione pubblica e dai giornali. Ufficialmente però e neanche ufficiosamente mi fu tenuta parola qui da personaggi ufficiali su quegli argomenti di natura del tutto interna nostra.

Nondimeno, in non dubbia maniera mi risulta, e chiaro emerge d'altronde dal linguaggio della stampa, che lo splendido successo ottenuto in parlamento dal ministro presidente fu accolto qui con viva soddisfazione; oltremodo grato mi è il constatarlo.

Allo stesso modo però non devo tacere, che l'attitudine assunta in parlamento dall'onorevole Crispi ed alcune poche caute parole ch'egli ebbe a pronunciare in quell'occasione, nonché il linguaggio suo più tardi alla corte d'assise, ebbero un'eco sommamente sfavorevole a suo riguardo tanto a Vienna come a Pest.

L'onorevole Crispi è per intanto un semplice deputato, ma le alte cariche già da lui occupate, e che non è affatto escluso possa tornare a coprire un giorno, fanno ammettere grande peso sì in Austria che in Ungheria alle manifestazioni dei suoi sentimenti politici.

L'opinione pubblica nella monarchia ha oggi acquistato il convincimento che, ove l'onorevole Crispi dovesse tornare un giorno al potere, quelle leali e cordiali relazioni fra i due Stati, che non possono esistere colle mal velate aspirazioni da parte nostra alla rivendicazione di terre italiane soggette all'Austria, sarebbero impossibili. L'intenzione, che qui non si esclude, da parte dell'onorevole Crispi di voler col linguaggio che ebbe a tenere guadagnarsi popolarità, non è affatto tenuto siccome circostanza attenuante ed anzi invece si fa di ciò carico al nostro Paese; rilevando che se un uomo del valore dell'onorevole Crispi cerca popolarità in quella maniera, si è prova che le masse dividono i sentimenti ostili al sincero leale accordo fra i due Stati, che chiaramente emersero dai suoi discorsi.

L'Inghilterra e la Francia hanno oggi come ministri due uomini che pochi giorni prima di salire ai gradini del potere offesero gravemente l'Austria. Il primo di essi tosto assunto il portafoglio si ritrattò pubblicamente in maniera a dir il vero poco decorosa, il secondo fece smentire ciò che non era smentibile, forma questa di ritrattazione che in fatto di dignità personale lascia anch'essa non poco a desiderare. Il Gabinetto di Vienna mostra di aver obliato il passato, e mantiene buone relazioni con quei due Statl.

Si avrebbe però torto d'invocare questi precedenti per trarne favorevoli auspici eventualmente anche per noi.

Anzitutto non vi ha illusione a farsi, l'Italia non ha nella lHlamaa euruyea il peso delle due summentovate Nazioni e quindi i riguardi che a quelle si usano al malgrado tutto, troppi fatti provano che verso dì noi non vengono osservati. Ma devesi inoltre aver presente, che l'Italia è la vieina dell'Austria, e che quindi i contatti fra i due Stati sono continui, le relazioni dunque fra i due Paesi si risentono si può dire giornalmente di ogni menoma causa di diffidenza che dall'uno o dall'altra parte venga a produr:si.

A malgrado che le relazioni politiche fra Roma e Vienna siena oggi ufficialmente ottime, non è men vero che questioni di natura anche assai acuta costituiscono un muro fra le due Corti e i due governi. Forse alla lunga procedendo cun grande tatto e somma circospezione, quel muro si sarebbe potuto successivamente abbassare fino a farlo intieramente scomparire, ma pur troppo le circostanze di quest'ultimi tempi produssero l'effetto contrario, e quella divisione si è siffattamente rafforzata che vano sarebbe pensare possa ai tempi prossimi cadere.

Vero tela di Penelope si è il lavoro che da noi si fa per stringerei più solidamente all'Austria e alla Germania; ciò che con tanta cura si ottiene oggi vien disfatto l'indomani dai nostri cattivi genii; ingratissimo ufficio poi si è quello che m'incombe di dover constatare un tale stato di cose, e non lasciarlo ignorare dal R. governo, che ben so quanto lealmente e vivamente desideri la intima e stretta unione dell'Italia ai due Imperi.

607

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 3265. Berlino, 7 giugno 1883 (per. il 12).

La dépèche n. 1407 du 21 mai echu (1), apportée ici par le courrier de Cabinet arrivé avant-hier me chargeait d'insister nouvellement pour obtenir une réponse plus positive que celle que le chancelier faisait à nos premières ouvertures sur des éventualités ayant trait à Tripoli. Je me suis donc empressé d'en parler longuement au sous-secrétaire d'Etat, en ne négligeant aucune des considérations exposées dans votre dépèche du 8 mai n. 1404 (2). Ainsi qu'il résulte de mon rapport du 31 mai n. 3257 (3), confié à M. Anielli, j'avais déjà en voie officieuse préparé le terrain à une semblable démarche. Mr. Busch me tenait un langage analogue à celui indiqué dans mon rapport précité, et il prévoyait che le chancelier ne varierait pas dans la manière de voir qu'il avait déjà manifestée. Mais il se réservait d'en référer à Son Altesse et de me communiquer sa réponse.

Dans l'intervalle, le comte de Hatzfeldt est revenu de congé, et c'est par son entremise que j'apprendrai ce qui aura été dit par le prince de Bismarck, si tant est qu'il veuille cette fois se prononcer d'une façon plus explicite.

Il est regrettable sous tous les rapports de ne pouvoir conférer directement avec cet homme d'Etat. Nos communications, ses impressions passent par l'alambic d'intermédiaires, qui, sans le vouloir, peuvent parfois rendre compte d'une manière inexacte ou incomplète des différents messages, et qui plus est, sont exposés, selon l'occurence, à ètre désavoués par le chef, seui responsable. La conduite des affaires n'en devient que plus difficile et plus délicate. Mais ici le pii est pris de la sorte. Les autres ambassadeurs se résignent comme moi à la loi commune.

En vous accusant réception des dépèches ministérielles de cette série jusqu'au

n. 1411 et en vous retournant ci-joint les récépissés des documents diplomatiques qui m'ont été expédiés en date du 31 mai échu, du 2 et du 5 courant. je saisis l'occasion ...

608

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (4)

R. CONFIDENZIALE 714/157. Londra, 7 giugno 1883 (per. il 14).

In un colloquio che ebbi con lord Granville il 4 di questo mese, S. S. mi disse in modo strettamente confidenziale che il governo della Regina stava com

pilando una risposta alle proposte della Francia rispetto alla giurisdizione consolare in Tunisi.

Il governo inglese è disposto, mi disse lord Granville, a consentire all'abolizione di quella giurisdizione nella Reggenza, ma farà delle riserve. Ho in gran pregio, egli soggiunse, il parere del cavaliere Mancini, e mi sarebbe gradito sapere ciò che egli abbia risposto o si proponga rispondere alle domande del governo della Repubblica su quell'argomento.

In seguito al telegramma che l'E. V. mi fece l'onore di dirigermi il 5 corrente (1), avendo dato contezza quello stesso giorno a lord Granville che ella accettava con piacere la proposta di uno scambio d'idee sulla quistione della giurisdizione consolare tunisina, Sua Signoria mi porse i suoi più vivi ringraziamenti per quella comunicazione.

Nel confermarle in tal guisa il mio telegramma del 4 corrente (2).

(l) -Cfr. n. 587, nota l, pag. 541. (2) -Cfr. n. 586. (3) -Cfr. n. 598. (4) -Ed. in LV 43, p. 46.
609

IL CONSOLE A TRIPOLI, B. LAMBERTENGHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 41. Tripoli, 7 giugno 1883 (per. il 13).

Col rapporto n. 39 del 26 aprile u.s. (3), avevo l'onore di comunicare a V. E. l'arrivo in questo porto di una commissione francese, proveniente dalla Tunisia, incaricata dalla compagnia Bona-Guelma di studiare i punti più importanti per la costruzione di una ferrovia che partendo dalla capitale della Reggenza venisse a metter capo alla frontiera tripolitana.

Ora invece è il governo della Repubblica che invia sul luogo ed allo stesso scopo un ispettore generale des ponts et chaussées, il signor Voisin, cioè, il quale, partito ultimamente da Parigi, imbarcassi a Marsiglia per Bona-Tunisi venendo di là per terra al Keruan ed a Gabes, donde giunse qui lunedì scorso a bordo di un vapore francese che fa il servizio della costa. Erano con lui gli ingegneri Desormais e Varilla, addetti al servizio delle ferrovie dell'Algeria, e l'ingegnere Duportal quello stesso che faceva parte della precedente commissione.

Lo scopo, almeno apparente, della loro venuta essendo quello di visitare la città, ripartirono lo stesso giorno, e collo stesso vapore, non senza però aver avuto, il signor Voisin, una lunga conferenza col console Feraud. Con loro venne pure un tal Duvernier, pubblicista, il quale rimane qui tuttora.

La costruzione di questa ferrovia, la cui importanza politica e strategica, non sfugge a V. E., parrebbe dunque pressoché assicurata.

Debbo inoltre segnalare a V. E. un recente insolito andirivieni di persone, non portate qui da speciali interessi commerciali, od altro, alle quali l'opinione pubblica attribuisce il carattere di emissarii, o quanto meno di esploratori. Havvi tra queste un tal Noilhier, che travasi a Tripoli da qualche mese, e le cui escursioni nella circostante campagna, ed i viaggi ripetuti in Tunisia ed a Malta, senza palesi motivi, hanno finito per richiamare l'attenzione e risvegliare i sospetti dell'autorità locale.

A tale proposito ripeterò all'E. V. una conversazione avuta qualche giorno fa con S. E. il governatore generale, col quale le mie relazioni sono ora amichevolissime. Parlando di quest'individuo il vali mi disse che la polizia lo sorvegliava; e aggiunse che per quanto egli lavorasse non avrebbe mai potuto fornire più estese indicazioni di quelle date dal signor Feraud, il quale, risultavagli, aveva già da tempo spedito a Parigi il piano della città e dei forti circostanti.

I padri gesuiti che per ordine di monsignor Lavigerie avevano fondato qui una missione, e poscia l'avevano abbandonata al momento del panico per gli avvenimenti d'Egitto, sono ora ricomparsi. Un superiore ed un padre giunsero qualche tempo fa; rimasero alcune settimane alloggiati al convento dei missionari francescani, e ripartirono poscia, l'uno per la Tunisia, l'altro per Malta, lasciando credere che scopo della loro venuta fosse quello di regolare certi affari della missione rimasti in sospeso allorché partirono. Mi consta che in realtà essi vennero per trattare la riapertura della casa.

L'opinione poi fattasi quasi generale fra gli abitanti che la Francia occuperà, tosto o tardi, anche questa provincia, è un indizio non meno evidente della propaganda attiva ed occulta che si sta facendo, sostenuta in gran parte dai missionari gesuiti e francescani, dai maristi nelle loro scuole, dalle suore, dal personale del consolato, e dai pochi francesi qui residenti, i quali tutti si adoperano a magnificare i benefici che col di lei intervento deriverebbero al commercio del Paese ed alla civiltà.

Non lascerò di invigilare attentamente e informare V. E. di qualsiasi novità

(1) -T. 456, non pubblicato. (2) -T. 730. non pubblicato. Allegata al presente rapporto si trova la seguente annotazione di Malvano: "Segnar ricevuta. ringraziare, confermare il telegramma e dire che in breve saremo in grado di comunicare le nostre idee. Richiamare fin d'ora la attenzione del cavaliere Catalani sopra un rapporto del reggente la nostra agenzia ove è riferita l'opinione del G. Reade sopra questo argomento ». In base a queste istruzioni venne redatto il D. 90 del 16 giugno 1883, indirizzato all'ambasciata a Londra, non pubblicato. (3) -Non pubblicato.
610

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 716/159. Londra, 8 giugno 1883 (per. il 14).

Credo mio debito aggiungere un breve commento ai due precedenti rapporti relativi alla giurisdizione consolare in Tunisi, mettendo in riscontro due fatti che concernono quella quistione.

Nello scorcio del dicembre scorso sir Charles Dilke, nell'assenza del principale segretario di stato del Foreign office, mi disse: «Il governo della Regina non si opporrà all'abolizione della giurisdizione consolare in Tunisi, né all'abolizione dell'intiero regime delle capitolazioni»; e sir Julian Pauncefote mi confermò quell'asserzione (rapporto di quest'ambasciata del 27 dicembre 1882) (1). Il 4 di questo mese lord Granville mi dichiarò che il governo della Regina consentirebbe all'abolizione della giurisdizione consolare nella Tunisia, ma non già a quella delle capitolazioni (rapporto di quest'ambasciata del 7 giugno 1883) (2).

La discordia fra queste due dichiarazioni non si può conciliare che con due ipotesi. L'una di esse è che sir Charles Dilke e sir Julian Pauncefote ignoravano, nel dicembre scorso, le intenzioni di lord Granville; e l'altra ipotesi è che lord Granville abbia mutato consiglio nella quistione tunisina.

In sostegno di quest'ultima ipotesi, ho l'onore d'informare l'E. V. che persone autorevolissime qui credono che siano sorti dissapori fra i Gabinetti di Londra e di Parigi; che lord Granville si sia risentito della condotta della Francia intorno a varie quistioni messe in campo da quest'ultima, e voglia a sua volta assumere, in taluna di esse, un contegno più fermo.

Queste quistioni sembra che aumentino continuamente in numero. Una di esse concerne l'Egitto, un'altra il canale di Suez, una terzo la spedizione nel Congo, una quarta i maneggi francesi nel Libano e nella Siria. Un'altra si riferisce ai tentativi di stabilire un protettorato nella parte settentrionale dell'isola di Madagascar; un'altra ancora ai disegni, veri o apparenti, del governo della Repubblica di conquistare Annam e fondare un impero indo-cinese.

In grazia dell'importanza della maggior parte di tali quistioni avrò l'onore di partecipare all'E. V. tutte le informazioni ufficiali che mi sarà dato raccogliere intorno ad esse.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 1899. Vienna, 9 giugno 1883 (per. il 12).

Recatomi ieri dal capo sezione signor Szegéiny per aver da lui informazioni intorno a questioni pendenti di poco momento, S. E. dissemi essersi fatto autorizzare dal conte Kalnoky a leggermi il dispaccio che l'indomani sarebbe spedito al conte Hoyos relativamente all'abolizione della giurisdizione consolare in Tunisia, al cui riguardo il giorno prima l'incaricato d'affari di Francia aveva fatto

sollecitazioni onde ottenere una pronta definitiva adesione da parte del Gabinetto imperiale.

S. E. diedemi infatti lettura della minuta di quelle istruzioni (in lingua tedesca) poco prima approvate dal ministro.

Quel dispaccio comincia col dire che il governo francese non può mettere in dubbio il desiderio del governo imperiale di fargli cosa gradita, ma doversi anzitutto constatare che la legge francese portante la nuova organizzazione giudiziaria per la Tunisia fu consegnata brevi manu dal conte Montmarin senza l'accompagnamento di alcuna nota chiedente risposta di sorta.

Il conte Kalnoky fa inoltre rilevare che, stante l'importanza della decisione a prendersi occorre un profondo studio della questione che necessita tempo tanto più che ciò deve farsi di comune accordo fra i due governi di Vienna e di Pest. Inoltre poi la risoluzione così concertata dovrà essere sottoposta ai due parlamenti che non si riuniranno che nell'autunno, circostanza questa che ad ogni modo renderebbe impossibile il soddisfare i desideri della Francia prima di quell'epoca.

li conte Kalnoky aggiunge ancora, ch'egli dovrà anche intendersi coi Gabinetti amici, essendo suo parere che il nuovo stato di cose a stabilirsi pei sudditi esteri nella Tunisia, dovrebbe essere consacrato sotto una forma comune per tutte le Potenze, anche onde evitare che si riconosca ad alcune di esse privilegi che le altre non sarebbero ammesse a godere.

In quel dispaccio il ministro fa pure cenno all'ambasciatore a Parigi, della conversazione avuta meco su quell'argomento, e non gli tace il timore da me manifestato che il Gabinetto di Vienna potesse con una decisione precipitata compromettere la situazione dell'Italia maggiormente interessata in questa questione, eventualità questa che il conte Kalnoky dichiara non essere affatto nelle sue intenzioni.

Il dispaccio finisce ripetendo l'assicuranza di tutto il buon volere del governo austro-ungarico di andare all'incontro (entgegenkommenkeit) dei desideri della Francia in questa questione, esprimendo al tempo stesso la speranza che il conte Hoyos saprà col suo tatto far intendere al Gabinetto francese che per le suesposte considerazioni non è possibile precipitare la decisione definitiva a prendersi come il vorrebbe il Gabinetto di Parigi .

Non ho mancato per parte mia di vivamente ringraziare il signor Szegéiny per quella comunicazione dichiarandomi inoltre molto soddisfatto del contenuto del documento di cui mi aveva dato lettura.

Pregherei ora l'E. V. a volermi autorizzare a tenere a suo nome egual linguaggio al conte Kalnoky, e ciò tanto più che essenzialmente dopo l'esempio dato da Berlino ed i primi intendimenti manifestatimi qui, ciò che già avressimo ottenuto a Vienna non è parer mio a tenersi in poco conto.

Avendo cosi confermato il mio telegramma di oggi (1).

(l) -Cfr. n. 447. (2) -Cfr. n. 608.

(l) T. 765 del 9 giugno 1883, non pubblicato.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 3269. Berlino, 12 giugno 1883 (per. il 15).

Durant une visite que je lui faisais aujourd'hui, le secrétaire d'Etat m'informait du résultat des mes instances dans le sens des dépéches de V. E. n. 1404 et 1407, du 8 (l) et 21 mai échu (2).

Monsieur le docteur Busch ayant rendu un compte exact des entretiens, que j'avais eus avec lui (rapports n. 3257 et 3265) (3) le chancelier approuvait entièrement son langage. Aucun des nos arguments n'était de nature à modifier sa manière d'envisager les choses. Il avait la conviction qu'à Paris on ne songea nullement à étendre la main sur la Tripolitaine. On ne saurait s'en remettre aux allégations de tel ou tel autre consul en Orient. Ces agents ne sont en général que trop disposés à exagérer leur importance, à s'offusquer outre mesure, à entretenir des rivalités.

Le prince de Bismarck renouvelait sa déclaration antérieure, à savoir qu'il comprenait si bien notre intéret vital à empécher que l'équilibre des forces dans la Méditerranée ne souffrit de nouvelles altérations à notre détriment, qu'il ne manquerait pas de nous avertir lui-meme si, contre toute attente, la France méditait réellement une invasion à Tripoli.

Le comte Hatzfeldt ajoutait que S. A., en nous donnant cette assurance « disait beaucoup ». Revenant sur les indices signalés dans l'annexe à la dépeche précitée n. 1404, il prétendait que dans d'autres parties de l'Empire ottoman, certaines Puissances rivalisaient dans des fondations d'écoles, d'hòpitaux, établissements de charité, ainsi que dans la propagande religieuse, et montraient leur pavillon, se prétaient méme directement ou indirectement à la costruction de chemins de fer. Chacun cherche à gagner en influence, sans qu'on puisse en induire des projets de conquéte. Pourquoi l'Italie n'userait-elle pas de memes moyens?

« Nous les avons employés, répliquai-je, à Tunis, et se fut alors que le gouvernement de la République se déliant tout-à-coup de sa promesse formelle de procéder d'un commun accord pour le maintien du status quo territorial, inventait les Krumirs pour justifier une expédition devant le conduire au protectorat, qui n'est qu'une annexion déguissée ». -Mais aussi pourquoi n'avezvous pas inventé vous-mémes ces Krumirs?

Je n'ai relevé cette interruption que pour laisser entendre qu'une semblable politique n'était pas celle de la Maison de Savoie, qui ne reculait certes pas devant des actes hardis, mais dont l'histoire glorieuse ne contenait aucune page entachée de tels souvenirs. S'il m'avait dit pourquoi n'avez-vous pas pris

les devants avec résolution pour le maimien du status quo? J'auraìs été un peu embarassé à trouver une réponse. C'était probablement le fond de sa pensée, mais la forme dont il se servait pour la rendre me permettait cette réponse.

Reprenant ensuite le fil de la conversation, je répétais ce que j'avaìs déjà fait remarquer à monsieur Busch, à savoir qu'après cette expérience nous devions plus que jamais rester sur le qui vive, nous attendre au pire, et à toute sorte de surprise de la part de la France. Rien donc de mieux indiqué que nous cherchions à nous prémunir contre de nouvelles équipées de ce genre, et que vu nos relations intimes nous nous adressions de préference à l'Allemagne pour constater jusqu'à quel point nous pourrions compter sur elle, ou si nous devons à nous seuls fixer les lignes générales de notre attitude en ce qui concerne notre posìtion dans la Méditerranée.

Et je touchais de nouveau, comme je l'avais fait avec monsieur Busch, l'argument du do ut des pour ce qui restait en dehors de nos obligations réciproques, et sur quoi nous conservions pleine liberté. Ainsi notamment pour ce qui régarde des intéréts en orient propres à l'Allemagne ou à l'Autriche, nous serions disposés à nous concerter pour les favoriser en échange d'un appui équivalent de nos intérets maritimes.

Le secrétaire d'Etat alléguait à ce sujet que le prince de Bismarck n'avait pas bien saisi la signification de ces ouvertures. L' Allemagne n'a pas d'intéréts directs à sauvegarder en Orient. Sa préoccupation principale se tourne vers le Rhin, et en y montant sérieusement la garde, le gouvernement impérial croit en méme temps rendre service à notre propre cause.

Monsieur de Hatzfeldt rappelait ce qu'il m'avait déjà dit au nom de son chef, que des pourparlers sur Tripoli, à l'égard desquels le secret serait difficile à garder, offraient de graves inconvénients.

La France ne vise en aucune manière à une extension de territoire dans cette région. Si elle avait vent qu'on négocie derrière son dos et que le Cabinet de Berlin inclinàt à prendre quelque engagement éventuel, malgré les assurances formelles de ne rien négliger pour vivre en bons voisins, elle crierait à la perfidie, à la provocation et il ne résulterait des rapports très tendus et de nature à amener des complications qu'il convient au contraire de s'appliquer à écarter.

Pour ne pas tomber dans des redites, je m'abstiens de reproduire d'autres raisonnements tout-à-fait semblables à ceux que j'ai déjà référes de la part du prince de Bismarck ou de celle de monsieur Busch.

Il m'est avis qu'il n'est plus le cas d'insister maintenant après ces tentatives pour obtenir une réponse moins réservée. Pour le moment, il n'y a pas danger en la demeure. Tunis a déjà causé assez d'embarras à la France, pour qu'elle soit de si tòt tentée de s'attaquer à Tripoli, au risque d'une guerre avec la Turquie et méme avec d'autres Puissances Elle est absorbée en outre par ses expéditions lointaines à Madagascar, au Congo et surtout au Toukin. Au reste la déclaration qui nous a été clonnée par le chancelier admettant pleinement la légitìmité de nos aspirations et de nos tendances en notre qualité de Puissance mediterranéenne, n'est pas sans quelque valeur. Il ne manquerait pas, au besoin, de nous faire parvenir un avertissement.

Il me semble que l'ami de son propre mouvement s'engage, le cas échéant, à nous signaler le danger, nous laisse comprendre, à demi-mots, que lui aussi s'intéresse à détourner ce danger, et ne nous refuserait pas son appui moral à cet effet. Monsieur de Keudell, ainsi que me le disait le comte de Hatzfeldt, a été autorisé à faire lui aussi à V. E. la déclaration susmentionnée dans le cas où il serait interpellé. Il serait à propos de l'interroger là-dessus, ne serait-ce que pour confronter les deux versions.

Rien de plus sage en politique que la maxime du do ut des. Sans que les poids de la balance soient d'une parfaite égalité, il faut cependant une certaine proportion, et une entente préalable et bien définie. S'il s'agissait, par exemple, de conquétes de l'Autriche dans la péninsule des Balkans, contre le maintien du statu quo à Tripoli, la compensation ne serait que bien imperfaite. Avant de nous montrer généreux de notre coopération, il conviendrait de mieux établir nos propres convenances dans le donnant, donnant.

En attendant, tout en nous occupant à recueillir de nouveaux temoignages à charge contre la France à Tripoli, pour reprendre la conversation ici avec de meilleures preuves en main, mettons-nous en mesure de compter avant tout sur nous-mémes en développant nos forces sur terre et sur mer et en nous appliquant à inspirer toujours plus de confiance à nos amis de Vienne et de Berlin. La maxime do ut des pourra alors étre posée avec plus de chances de réussite.

(l) -Cfr. n. 586. (2) -Cfr. n. 587. nota l, pag. 541. (3) -Cfr. nn. 598 e 607.
613

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1900. Vienna, 12 giugno 1883 (per. il 15).

I giornali italiani non fecero cenno che in modo molto superficiale, di scandalose dimostrazioni ostili all'Austra che si sarebbero verificate a R·oma il giorno 2 corrente in occasione della commemorazione di Garibaldi, dinanzi ai palazzi delle due rappresentanze diplomatiche imperiali.

Non credetti quindi fermarvi sopra la mia attenzione, ritenendo fosse cosa di poco momento; ma particolari informazioni che ricevetti poscia, e ancora più l'articolo altamente ufficioso del Fremden-Blatt) che trasmetto qui unito all'E. V. (1), mi persuadono che non si trattò di cose di poco conto, ed inoltre non mi lasciano dubbio della spiacevolissima impressione provocatane in queste sfere governative.

Il linguaggio del Fremden-Blatt è correttamente cortese nella forma, ma giustamente duro diciamolo pure nella sostanza; poiché ci si dice chiaramente, che in nessuno Stato civilizzato le autorità di pubblica sicurezza avrebbero tollerato simili scandali.

Per conto mio non nascondo all'E. V., che ove mi si tenesse parola qui di quei fatti, locché confidando nello squisito tatto del conte Kalnoky spero che non si verificherà; non saprei proprio trovar risposta qualsiasi a fare onde eliminare dall'accaduto la responsabilità del R. governo.

Non esito poi a dire, che se il governo non si deciderà a far dare una buona volta in casi simili un'energica lezione a quei tumultuanti che sono i più acerrimi e pericolosi nemici dell'Italia, quelle scandalose scene si ripeteranno con sempre maggiore frequenza, ed a malgrado tutti gl'intendimenti del R. governo ed i voti del parlamento; i nostri settari che altro non sono se non fidi agenti della Francia, raggiungeranno infallantemente il loro scopo, che altro non è se non di togliere ogni effetto pratico all'intimo accordo così felicemente stabilitosi fra l'Italia e i due Imperi.

Prego l'E. V. e S. E. il ministro dell'Interno a voler prendere in attenta considerazione questi miei apprezzamenti; che guarentisco si rimpiangerebbe in un giorno non molto lontano, di aver tenuto in non cale .

(l) Non pubblicato.

614

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 1901. Vienna, 13 giugno 1883 (per. il 16).

Recatomi ieri alla solita udienza dal conte Kalnoky ho colto l'opportunità per tenergli il seguente linguaggio:

«S. E. il signor Mancini si è mostrato molto sensibile all'amichevole cortesia che avete avuto, di farmi dar conoscenza confidenziale del vostro dispaccio al conte Hoyos relativo alla giurisdizione consolare in Tunisia, di cui egli ha molto apprezzato il contenuto da me riferitogli.

Dal canto nostro siamo disposti ad ammettere la cessione della giurisdizione consolare tostoché sarà intervenuto un accordo col governo francese di natura ad eliminare ogni pericolo di conflitti o controversie nell'applicazione della legge promulgata dalla Francia.

Del resto S. E. il signor Mancini non ha miglior desiderio che di pro.:edere in questa questione d'accordo col Gabinetto di Vienna ».

Parmi di essermi così tenuto al senso delle istruzioni impartitemi dall'E. V. col suo telegramma del 10 (2), senza scostarmi da quella prudente riserva da me indicata come necessaria ad osservarsi col mio telegramma responsivo del giorno seguente (3).

*Che tale riserva fosse assolutamente necessaria mi fu prova l'attitudine mantenuta dal conte Kalnoky nel rispondermi *.

S. -E. infatti mi accentuò essere la posizione da lui presa in questa questione conseguenza della necessità ch'egli ravvisava esservi di fare anzitutto oggetto di studio la domanda francese, ed inoltre dell'obbligo in cui il Gabinetto di Vienna si trova di presentare ai due parlamenti il progetto di legge occorrente. A meglio ancora chiarire la sua idea il conte Kalnoky mi aggiunse che ciò che aveva detto a noi l'aveva parimenti fatto sapere a Londra premendogli di conoscere su quell'argomento il pensiero del Gabinetto inglese che sin dal principio che la questione era stata posta sul tappeto, aveva formulato certe riserve a favore di diritti acquistati da suoi speciali trattati che intenderebbe siano mantenuti.

*Nulla mi disse poi intorno all'accenno da me fattogli, di continuare a procedere d'accordo in questa questione, mostrando così di non intendere legarsi le mani *.

Sono però persuaso che quest'accordo lo otterremo, se invece di arrestarci alle forme ci contenteremo della sostanza, e non tarderemo a far conoscere al Gabinetto di Vienna i nostri speciali apprezzamenti sull'argomento che avranno tanta più probabilità di essere divisi dal conte Kalnoky quanto maggiormente presenteranno un carattere pratico e conciliante (1).

(l) -Ed., ad eccezione dei brani tra asterischi. in LV 43, pp. 51-52. (2) -T. 470 del 10 giugno 1883, non pubblicato. (3) -T. 772 dell'H giugno 1883, non pubblicato.
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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 781. Vienna, 14 giugno 1883, ore 14,55 (per. ore 17).

La note du ministre de l'intérieur sur ce qui s'est passé à Rome le deux juin ne peut modifier en rien les appréciations que j'ai exprimées dans mon rapport 1900 du 12 courant (2). La grave impression que les démonstrations hostiles aux ambassades autrichiennes que la police ne sait ou ne peut pas prévenir se fonde non sur les nouvelles des journaux mais bien sur les rapports des ambassadeurs. Kalnoky ne m'en a pas soufflé mot, mais je sais avec précision que le gouvernement austro-hongrois est très blessé de cet état de choses. L'article du Fremdenblatt est parti du ministère; si j'étais du reste forcément entrainé à donner des explications là-dessus, je regrette de devoir dire que la note du ministre de l'Intérieur ne me fournissait aucun bon argument car elle confirme clairement atteinte, infirme tout ce qui s'est dit au sujet de démonstrations scandaleuses devant les deux ambassades. Si la chose n'est pas prise en sérieuse considération chez nous, le gouvernement peut s'attendre à ce que tout ménagement cesse de la part de l'Autriche et

41 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XV-XVI

qu'ambassadeur prolonge le congé qu'il va prendre bien au delà des limites explicables naturellement; les conséquences de ce premier pas pour notre situation en Europe seraient assez évidentes pour avoir besoin de commentaires.

(l) -Allegata al presente rapporto si trova la seguente annotazione di Malvano: «Approvare lntieramente il linguaggio tenuto. Promettere l'invio immediato della memoria che conterrà l nostri concetti circa questo argomento». (2) -Cfr. n. 613.
616

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1902. Vienna, 15 giugno 1883 (per. il 18).

Il R. console generale a Trieste in base all'autorizzazione accordatagli da cotesto ministero, si recò in questa capitale restandovi tre giorni, ieri egli faceva ritorno al suo posto.

Sommamente utili anzi indispensabili al buon andamento del servizio, a seconda dell'indirizzo politico che il R. governo segue nelle sue relazioni coll'Austria Ungheria, furono i prolungati colloqui ch'io ebbi in tal maniera occasione d'avere con quell'egregio R. funzionario.

Infatti non vi ha dubbio, che il modo col quale l'autorità consolare italiana spiega la sua azione in Trieste, dove sì immensa è la nostra colonia, per tacere di altre considerazioni ancora più importanti, deve mantenersi costantemente consono a quell'indirizzo, che il rappresentante del Re e del

R. governo in questa capitale imprime a seconda delle istruzioni che riceve, alle relazioni fra i due Stati. Il solo mezzo di conseguire quel risultato si è di stabilire quel perfetto contatto fra le dette due autorità, che mal si attiene col semplice carteggio.

Non ho d'uopo di dire, che fui particolarmente soddisfatto delle mie conversazioni col cavaliere Durando; mercé le quali colla perspicacia che lo distingue, egli ebbe ad afferrare pienamente lo spirito e le esigenze della situazione, ed a porsi in grado di procedere in ogni suo passo che possa avere una portata politica, in maniera a non lasciar mai l'adito a supposizione di natura a far dubitare vi possa essere la menoma dissonanza fra le istruzioni che ricevo dal R. governo l'ambasciatore a Vienna ed il R. console generale a Trieste. È opera questa che esige molto tatto, non poca abilità, e personale abnegazione; ma sono queste qualità che il cavalier Durando possiede in distinta maniera, e quindi non dubito che tutto procederà perfettamente a Trieste nelle relazioni fra il consolato generale e le autorità politiche, per quanto almeno dipende dal primo.

Non mi resta che ad esprimere un voto, e si è, che ogni anno il console generale a Trieste sia autorizzato a recarsi a Vienna, tanto per porgermi quelle informazioni locali che pur mi sono necessarie, quanto per ricevere da me quelle nuove direzioni occorrenti in conseguenza delle circostanze verificatesi nell'anno trascorso. Chiederei pure di essere autorizzato in momenti di particolare importanza a poterlo direttamente chiamare a Vienna per conferire seco lui, non occorrendo aggiungere, che di tale facoltà non userei se non allorché il ravvisarsi realmente urgente ed indispensabile.

617

IL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A TUNISI, RAYBAUDI-MASSIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 771. Tunisi, 17 giugno 1883 (per. il 24).

Di ritorno dalla breve mia gita in Italia fui naturalmente avvicinato dai nazionali desiderosi di conoscere l'attitudine del R. governo di fronte alla politica francese in Tunisia e la situazione giuridica che verrà loro fatta dagli avvenimenti. Tale aspirazione era tanto più giustificata che l'agenzia Havas annunziava in quel mentre, avere il Reichstag votata la soppressione della giurisdizione consolare germanica.

Lasciai intendere, ciò che del resto doveva essere a loro conoscenza, dopo le dichiarazioni fatte in parlamento dall'E. V., che l'Italia non doveva rimanere isolata, potendo l'isolamento essere a detrimento degli interessi privati e causa di conflitti: dalché la necessità d'un modus vivendi che valga a prevenire questi e tutelare i primi, lasciando impregiudicata la questione politica, vale a dire l'azione dell'Italia.

Coll'aver quindi palesato la viva preoccupazione di V. E. per gli interessi della colonia e la difesa assuntane nelle trattative presenti ed avvenire col Gabinetto di Parigi credo di aver riprodotto fedelmente l'impressione ricevuta dai colloqui che ebbi l'onore di tenere coll'E. V. in Roma.

All'incaricato d'affari di Francia, stante l'assenza del Cambon, dichiarai essere il ministro animato dal migliore spirito di conciliazione e lavorare seriamente per un'intesa fra i due governi sul terreno giurisdizionale.

Non mi lusingo di aver convinto alcuno della colonia, come non mi riesce possibile di riprodurre un'opinione generale, per essere gli intendimenti diversi e multipli secondo la diversità degli interessi e sentimenti. V'è chi vorrebbe la resistenza come altri l'abbandono, ed i primi si accingerebbero, a quanto dicesi, ad interessare il parlamento. Il patriottismo in questo caso è velo alla ragione, poiché più che mai il governo del Re in simili frangenti deve conservare intera libertà d'azione, essendo agli interessi privati connesso in modo speciale quello pubblico. Ed invero, allo stato attuale delle cose, con l'occupazione della reggenza da una parte, e dall'altra l'abbandono politico dell'Europa, una divergenza assoluta porterebbe la Francia ad uscire da una situazione, già falsa per se stessa, coll'annessione pura e semplice della Tunisia. Questione di parole? No, secondo il mio avviso, lasciando l'attuale situazione una porta aperta a retrocessioni, concessioni, alla fortuna pure, qualsiasi complicazione coloniale potendo avere un contraccolpo nella reggenza.

Altro estremo potrebbe essere la sospensione della giurisdizione con un tratto di penna beilicale, per tacere di altre conseguenze ancora dell'isolamento, a prevenire il quale l'E. V. consentiva alla nomina di ambasciatori col compito di concertare l'oramai inevitabile modus vivendi.

L'E. V. m'intrattenne sull'opportunità di studiare quali garanzie si potrebbero invocare per la retta applicazione della legge italiana in tutti quei casi nei quali fosse per avventura ammessa, come in genere per un'efficace tutela del diritto privato.

Comunicato quest'ordine di idee al R. console giudice, quale persona oltremodo esperta e competente nella materia, il cavalier Della Chiesa si premurò di rimettermi alcuni appunti, che ho l'onore di qui accludere, e nei quali vedo tratteggiate quelle maggiori e possibili riserve in materia sì penale che civile, nonché confermata la speranza già da me manifestata che abbiano a cessare d'ora innanzi i giudizi di tribunali straordinari quali i consigli di guerra.

N. S. Sino ad oggi 20 giugno il signor Nachtigal non ha ricevuto alcun avviso e tanto meno istruzioni dal suo governo circa la soppressione della giurisdizione consolare germanica segnalato dall'agenzia Havas.

ALLEGATO

IL CONSOLE GIUDICE A TUNISI, DELLA CHIESA, AL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A TUNISI, RAYBAUDI-MASSIGLIA

APPUNTO.

Chiaro non si vede, per verità, come la cura di mantenere impregiudicata la questione politica, circa l'indipendenza della Tunisia, si possa conciliare coll'idea d'una possibile adesione, fosse anche temporanea ed in via d'esperimento, alla gimisdizione dei tribunali stranieri organizzatisi recentemente in questo Paese, con manifesto sfregio ed offesa alla sua autonomia ed indipendenza.

Dato che diversamente appaia a mente più sagace ed esperta della nostra, si crederebbe almeno che l'annuito ipotetico esperimento non si volesse estendere al di là della giurisdizione spiegata dai tribunali ordinari, respingendo così i giudizi di ogni tribunale straordinario, come dei consigli di guerra, i quali offrono generalmente ed ovunque, come è noto, minori garanzie d'una retta e ponderata giustizia.

Ma all'ingresso pure nel campo limitato della normale ed ordinaria giurisdizione non cessano le apprensioni dell'italiano, in procinto di vedersi abbandonato dalle sue leggi e dai suoi giudici naturali. E niuno è che non vegga quali pericolose incognite egli sia per affrontare assoggettandosi alla giustizia straniera, promessa da una legge organica cosi incompleta ed oscura come quella pubblicat,a dal giornale ufficiale tunisino del 19 aprile u.s.

Cominciando da ciò che deve stare più a cuore d'ognuno, la vita cioè, l'onore e la libertà, oggetto degli ordini giudiziari penali, e senza voler fare un minuto paragone Uavoro di troppa lunga lena) tra la legge penale francese e l'italiana, basti accennare come la pena capitale, non esistente per gli originari d'una delle nostre più cospicue regioni (sempre qua applicandosi ai toscani il codice loro regionale) tenda a scomparire nel diritto italiano e possa dirsi nel fatto ridotta oramai a lettera morta.

Si ammetta pure che gli italiani, colla spontanea loro scelta di venire ad abitare in questa estera dizione, siansi volontariamente assoggettati alla legge penale recentemente dettatavi o meglio importatavi dai francesi, senza pure pubblicarla; a parte il riflesso che l'argomento calzerebbe pure per l'analoga legge rituale e per la legislazione civile, noi vediamo che, secondo la legge organica suaccennata, i giudizi penali si svolgono avanti il tribunale giudicante solo in materia correzionale e coadiuvato da assessori in materia criminale.

Questi assessori che, nel silenzio della legge, può credersi abbiano voto deliberativo, devono, a norma del decreto presidenziale 14 aprile 1883, essere per metà francesi, senza che dicasi a qual precisa nazionalità debbano appartenere gli altri assessori stranieri. Ora parrebbe una buona garanzia quella stata adottata dall'art. 4 dell'Ordinamento egiziano. che la metà degli assessori e giurati debba essere della nazionalità dell'incolpato.

Sarebbe pure desiderabile che ai giudizi di cognizione sui delitti si aggregassero gli assessori; ciò che corrisponderebbe ad un disegno giuridico, da molti accreditato di estendere il beneficio della giuria ai giudizi correzionali.

L'art. 7 della legge organica 28 marzo estende alla Tunisia le regole di pro~edura e d'istruzione criminale, determinate dalle leggi, decreti d'ordinanze in vigore nell'Algeria, leggi ed ordinamenti sparsi, né ancora riuniti in corpo, quindi non tanto facili a conoscere.

Qui non puossi a meno che fare cenno di ciò che parve giorni sono agli italiani uno scandalo giudiziario, per quanto consentaneo alla legge di procedura francese, nel vedere giudicato dal nuovo tribunale in sede correzionale e condannato alla pena del carcere un francese, senza che avesse avuto l'assistenza d'un difensore.

Passando a discorrere della giurisdizione civile, si sa essere stato un voto espresso in parlamento dal nostro ministro per gli Affari Esteri che gli italiani avessero ad essere giudicati dai nuovi tribunali secondo la loro legge nazionale in tutte le questioni, e non soltanto in quelle attinenti allo statuto personale. Per verità, la lacuna ed il silenzio, sul proposito della legge organica, potrebbero lasciar l'adito aperto ad accordi internazionali; sebbene possa anche dare motivo a dubitare sul buon esito delle trattative la difficoltà in cui sarebbero per trovarsi i giudici francesi nell'applicare tante leggi diverse quanti sono i sudditi esteri da giudicare; non potendovi essere dubbio che le altre Nazioni siano per pretendere un trattamento uguale a quello che noi fossimo per ottenere. E poi quali garanzie nella pratica dell'applicazione della legge italiana?

Per le cause commerciali potrebbe forse essere consentito (ad esempio di quanto si statui in Egitto) che il tribunale si aggregasse nei giudizi assessori commercianti con voto deliberativo o quanto meno consultivo. Ma non sembra che la Francia possa mai essere per piegarsi ad accettare ad altro titolo elementi stranieri nei suoi tribunali. Quindi l'unica e pallida garanzia, di cui ci dovremmo accontentare, d'una retta applicazione della legge nostra (la quale, anche se ci venisse consentita) sarà forse pei giudizi civili svolgentisi avanti il tribunale ed i giudici di pace, l'obbligo dell'assistenza del console o d'un suo rappresentante, come si pratica nei giudizi avanti le autorità beilicali ed ottomane.

Si osserva nulla finora essersi provveduto dall'autorità giudiziaria francese per ciò che concerne l'assistenza o gratuità di patrocinio degli indigenti (1).

618

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A VIENNA, DI ROBILANT, AGLI INCARICATI D'AFFARI A BELGRADO, CALVI DI BERGOLO, A BUCAREST, TORNIELLI, A COSTANTINOPOLI, COLLOBIANO, A LONDRA, CATALANI, A PARIGI, RESSMAN, A PIETROBURGO, ZANNINI, E ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, R. DE MARTINO

T. 485. Roma, 18 giugno 1883, ore 23.

L'ambassadeur d'Angleterre me communique une dépéche du 12 juin où son gouvernement exprime l'opinion que le temps est venu d'insister auprès

des gouvernements de Roumanie de Serbie et de Bulgarie pour qu'ils accèdent aux décisions de la conférence de Londres. Les considérations qui avaient suggéré un ajournement ayant cessé d'exister, on nous invite à donner pour instructions à nos représentants à Bukarest, Belgrade et Sophia, de se joindre, à cet effet à leurs collègues britanniques. J'ai répondu à sir A. Paget que nous étions, en ce qui nous concerne, prets à satisfaire le désir qu'il venait de m'exprimer au nom de son gouvernement. Seulement quant au choix du moment pour la démarche projetée, il faut que tous les représentants se trouvent à cet égard munis d'instructions identiques. J'ai encore exprimé le désir de connaitre la réponse que la Roumanie serait sur le point de faire à l'Angleterre, cette réponse étant évidemment de nature à nous éclairer dans la négociation ultérieure.

(Per Bucarest, Belgrado, Sofia) Vous etes en attendant autorisé à vous associer à vos collègues dans le sens ci-dessus, dès qu'ils seraient tous autorisés à faire la démarche proposée par le Cabinet de Londres.

(Per le ambasciate) Nos représentants à Bukarest, Belgrade et Sophia ont été, en attendant autorisés à s'associer à leurs collègues dans le sens ci-dessus, dès que ceux-ci seraient tous autorisés à faire la démarche proposée par le Cabinet de Londres.

(l) Allegata al presente rapporto si trova la seguente annotazione di Malvano: «Ringraziare e approvare il linguaggio tenuto. Terremo conto delle considerazioni svolte dal cavalier Della Chiesa. Finora non fu fatta risposta alcuna al governo francese, avendo noi desiderato di scambiare anzitutto le nostre idee con Vienna e con Londra». In base a tali istruzioni venne redatto il D. 267 del 26 giugno 1883, indirizzato all'agenzia e consolato generale in Tunisi, non pubblicato.

619

IL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A TUNISI, RAYBAUDI-MASSIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 772. Tunisi, 19 giugno 1883 (per. il 24).

La commissione incaricata di esaminare gli studi definitivi per la costruzione della linea ferrata tra Souk-Aras e Gabes, ultimato il suo lavoro, rientrò in Francia soddisfattissima dopo aver visitato Tripoli. La componevano, Voisin Bey, ispettore generale delle ferrovie francesi, Darmais, ingegnere des ponts et chaussées, Duportal, ingegnere capo, rappresentante la società Bona-Guelma, più un ingegnere della Batignolles.

Ad iniziare quindi questa importante opera strategica, di facile e breve esecuzione, non occorre altro che l'approvazione governativa e quella delle Camere francesi.

Il corpo di occupazione si va ogni giorno assottigliando a tal segno che rimarranno a mala pena quindicimila uomini ed alcuni europei cominciano a manifestare timori per la sicurezza loro personale. Tutti i lavori per gli accantonamenti delle truppe furono sospesi ed il materiale pure rientra giornalmente in Francia.

Se i discorsi di Gladstone alla Camera dei comuni ed il mutismo delle cancellerie di Berlino a Vienna sono considerati come segni precursori d'una prossima procella in oriente, non esito a desumere l'eventuale attitudine della Francia dal tracciato della ferrovia e dal richiamo delle truppe. Parrà strano, vago, ma non inverosimile. Ricordiamoci 1° che gli arabi sono in apparenza tranquilli ma covano un odio tremendo contro gli europei in genere ed i francesi in ispecie; 2° che il focolare dell'insurrezione si trova al sud della Tunisia; 3° che la reggenza sprovvista di soldati sarebbe al momento opportuno il segnale d'una nuova insurrezione; 4° a domare questa ed a dominare in modo definitivo gli arabi del settentrione africano la Francia marcerebbe per mare e per terra sopra Tripoli, annettendo le due reggenze e costituendo il sognato impero coloniale sul Mediterraneo, tanto più se verrà meno quello con sincerità o no ideato nell'estremo oriente.

E' strano lo ripeto, ma non inverosimile che l'insurrezione in Tunisia e le complicazioni sul Bosforo siano attese per esplicare nascosti disegni, che Germania ed Austria seconderebbero naturalmente.

620

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI

T. 490. Roma, 21 giugno 1883, ore 11,20.

Vous trouverez ci-après la réponse que je proposerai au Conseil des ministres de faire à la demande du gouvernement français concernant la juridiction consulaire à Tunis. Nos réserves sont aussi modérées que possible en vue de sauvagarder intérets essentiels de nos nationaux et de prévenir difficulté et controverses successives. Avant d'arreter notre resolution, je désire cependant avoir certitude que ces mèmes réserves seraient aussi adoptées par le Cabinet près duquel vous ètes accrédité, l'utilité d'un systhème et langage communs étant évidente. Veuillez dane consulter sans retard le ministre des Affaires Etrangères, et le prier en notre nom de nous faire connaitre ses idées là dessus, nous trouvant nous aussi pressés par l'ambassade de France. Voici notre projet de réponse: « nous sommes disposé à demander au parlement l'autorisation de suspendre en Tunisie l'exercice de la juridiction consulaire italienne garantie par les capitulations et traités en vigueur. Elle sera exercée par les tribunaux composés de magistrats non indigènes institués dans la régence par décret du Bey. Il est bien entendu que dans la matière civile et commerciale, ces tribunaux jugeront d'après la loi italienne à l'égard de l'état et la capacité des personnes, des rapports de famille, et des successions des nationaux italiens, ainsi que des rapports juridiques, créés sous l'empire de cette législation, se conformant pour le reste, camme de raison, aux principes du droit international privé. Leurs sentences seront déclarées exécutives, aussi en Italie, dans la forme usitée pour l'exécution des jugements rendus par les tribunaux étrangers. Par cette suspension de la juridiction consulaire aucun préjudice ne sera porté à tous autres droits, avantages, prérogatives et immunités dont poussent les nationaux et les fonctionnaires consulaires italiens en Tunisie en vertu des usages capitulations et traités ».

621

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. CONFIDENZIALE 787/182. Londra, 22 giugno 1883 (per. il 26).

Non appena mi giunse ieri il telegramma dell'E. V. relativo alla giurisdizione consolare in Tunisia (2), m'affrettai di darne comunicazione a lord Granville.

S. S., che aveva la sera innanzi, (come ebbi l'onore di avvertire per telegrafo codesto Regio ministero) (3) trasmesso all'ambasciatore di Francia la risposta del governo della Regina su quell'argomento, mi die' un appuntamento per quest'oggi.

Recatomi dianzi al Foreign office, lord Granville mi disse che il governo inglese era in sostanza d'accordo col governo italiano sulla questione della giurisdizione consolare in Tunisia.

* -La sola differenza di opinione che egli mi manifestò si riferisce all'ultimo periodo della risposta che l'E. V. si propone di fare alle domande della Francia, che egli stimò «troppo esclusivo »; giacché, egli disse, «sebbene il governo della Regina desideri di conservare ai consoli inglesi le prerogative ed i privilegi di cui godono al presente in Tunisia, non rivendicherà però il diritto d'asilo, che impedirebbe l'azione dei tribunali francesi e della polizia». Ma questo dissentimento è finora induttivo, giacché l'E. V. non ha dichiarato che desidera mantenuto il diritto d'asilo *. S. -E. soggiunse che in seguito ad una dichiarazione dell'ambasciatore di Francia in Londra, il governo della Regina non temeva alcuna difficoltà rispetto all'applicazione delle leggi straniere per parte dei nuovi tribunali in Tunisi, attesoché le leggi francesi davano garanzie intorno a ciò.

Lord Granville mi comunicò quindi, in modo strettamente confidenziale e segreto, la risposta che egli aveva dato all'ambasciatore di Francia, della quale ho l'onore di trasmettere qui acclusa la traduzione all'E. V. ( 4).

Nel confermarle in tal guisa i due telegrammi d'oggi (5), La prego di gradire, ecc.

(l) -Ed., ad eccezione del brano tra asterischi, In LV 43, p. 55. (2) -Cfr. n. 620. (3) -T. 811 del 21 giugno 1883, non pubblicato. (4) -Non pubblicata. (5) -T. 820 e 821 del 21 giugno 1883, non pubblicati.
622

IL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A TUNISI, RAYBAUDI-MASSIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 774. Tunisi, 22 giugno 1883 (per. il 27).

Col mio rapporto in data 19 corrente (l) ho in certo qual modo preventivamente dato evasione, al riverito dispaccio di V. E. del 16 giugno n. 266 (2) per quel che concerne la commissione incaricata di sottoporre al governo francese gli studi definitivi per la costruzione della ferrovia Gabes-Souk-Aras.

La presenza d'ingegneri governativi si spiega trattandosi innanzi tutto d'una linea strategica per l'esercizio della quale accorreranno forti sovvenzioni erariali e garanzie degli interessi.

A Tunisi non è così facile sorvegliare individui isolati dello stampo del Noiller, stante l'affluenza considerevole di viaggiatori, commercianti, speculatori e residenti europei, nondimeno vedrò di conoscere les jaits et gestes.

Per particolari di questa fatta sarebbe forse opportuno che l'E. V. autorizzasse o prescrivesse al R. console in Tripoli a porsi in diretta comunicazione con questa R. agenzia avendo però cura di non far uso della posta e dei telegrafi francesi. Si eviterebbe così perdita di tempo e quello spreco di forze d'ogni lavoro isolato.

I padri gesuiti risiederanno a Tripoli per essere al sicuro ed all'infuori d'ogni molestia: lavoreranno certo nel senso di estendere l'influenza francese; ma esitò alquanto a considerarli strumento di Lavigerie per esser costui tutt'altro che in odore di santità presso i seguaci di Sant'Ignazio, vero è che il cardinale pur di svolgere qualche programma saprebbe far uso d'armi a doppio taglio.

Se a Tripoli si parla, a Tunisi il silenzio è assoluto, il che dipende o da ignoranza degli intendimenti o da prudenza politica; mi attengo per ora alla prima ipotesi. E' probabile che se a Parigi si è ideata la conquista della Tripolitania, essa venga attuata al momento opportuno, repentinamente, senza preparare l'opinione pubblica affine di neutralizzare l'azione diplomatica della Turchia e dell'Italia, e sino a un certo punto quella militare. Anziché credere alle assicurazioni del principe di Bismarck di avvertirci se un sintomo serio si manifestasse a Parigi, io avrei timore che egli faccia sapere a Parigi esser le loro mene sorvegliate, non potendo farmi alcuna illusione sulle intenzioni della Germania, la quale pur di secondare la politica coloniale della Francia sacrificherebbe l'amicizia di mezza Europa. Il dare ora l'allarme senza un corredo di prove materiali sarebbe un precipitare gli avvenimenti o render la Francia guardinga al segno di rendere difficilissima l'accurata sorveglianza della nostra diplomazia.

Ad illuminarci non mancheranno del resto pubbliche discussioni al parlamento francese allorché il governo chiederà il concorso dello Stato per la ferrovia di Gabes: intanto sarebbe opera proficua lasciare Berlino per battere alle porte di Londra e sopratutto a quella dei nostri arsenali trattandosi nella fattispecie d'una controversia militare essenzialmente marittima. Una fortissima squadra nel Mediterraneo sarebbe il migliore preservativo se non altro il miglior narcotico per le altrui belligere intenzioni (l).

(l) Cfr. n. 619.

(2) Non pubblicato.

623

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 809/193. Londra, 26 giugno 1883 (per. il 1° luglio).

In un colloquio che io ebbi il 22 corrente con lord Granville sulla questione della giurisdizione consolare in Tunisia, palesai a S. S., poiché l'argomento ed il giro della conversazione così richiesero, che <<l'opinione della colonia inglese in Tunisi, da principio favorevole ai francesi, era oggi contraria all'idea di poter esser soggetta alla giurisdizione francese » (rapporto del regio console generale a Tunisi del 9 giugno 1883) (2).

S. S. mi rispose ch'egli aveva ricevuto dall'ambasciata di Francia informazioni intieramente contrarie alle mie.

Avendo dovuto ripigliare quest'oggi la stessa conversazione, feci notare a lord Granville che né dei miei né dei ragguagli dell'ambasciata di Francia egli doveva tenersi pago, ma di quelli del console d'Inghilterra a Tunisi. E soggiunsi essermi noto che «il dissentimento fra l'agente britannico e il francese s'era pronunziato più spiccatamente; e che il primo aveva scritto un rapporto al suo governo chiedendo l'intervento di esso, poiché la giustizia francese non afferiva guarentigie ». Telegramma dell'E. V. del 23 giugno corrente (3).

S. S. mi assicurò in risposta che fino a quest'oggi l'agente d'Inghilterra in Tunisi non aveva mai fatto alcuna lagnanza generale contro le autorità francesi, e che la controversia di cui io faceva menzione si riferiva ad una questione concernente una proprietà territoriale, di cui aveva dimenticato il nome, ma che aveva qualche analogia colla questione dell'Enfida.

Mi riserbo ritornare con S. S. su quell'argomento quando avrà ricevuto il dispaccio promessomi dall'E. V.; ma io porto opinione che i dissentimenti fra il consolato britannico e le autorità francesi siano descritti dal signor Read

con colori alquanto più vivi nelle conversazioni coi suoi colleghi di quanto nei suoi rapporti col Foreign office, con cui è obbligo di ponderare ogni fatto e di misurare ogni parola.

(l) -Allegata al presente rapporto si trova la seguente annotazione: «Autorizzare il R. console a Tripoli a scrivere direttamente al collega di Tunisi quando abbia notizie importanti. ma serza valersi né delle poste né del telegrafi francesi. Rispondere analogamente a Raybaudi raccomandandole, in così delicato argomento, di perseverare collo stesso contegno di vigilanza e prudenza >>. In base a tali istruzioni venne redatto il D. 268 del 29 giugno indirizzato al consolato generale a Tripoli e a Tunlsl, non pubblicato. (2) -Non pubblicato. (3) -T. 503, non pubblicato.
624

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. CONFIDENZIALE 823/199. Londra, 28 giugno 1883 (per. il 2 luglio).

Continuo il mio rapporto in data di ieri n. 190 (2), e mi onoro comunicare all'E. V. le seguenti informazioni confidenziali.

Il Foreign office reputa che l'opinione dell'E. V. sulla quistione della giurisdizione consolare in Tunisia, manifestata nel suo telegramma del 21 corrente (3), non differisce in sostanza da quella del governo inglese. La sola osservazione che m'è stata fatta si riferisce all'ultimo periodo della risposta che l'E. V. si propone di dare alla Francia, e che il Foreign office crede che vada troppo oltre (is too sweeping).

Questo periodo è il seguente: « Par cette suspension de la juridiction consulaire aucun préjudice ne sera porté à tout autre droit, avantage, prérogative et immunité dont jouisgent les nationaux et fonctionnaires consulaires en vertu des capitulations et des traités ».

L'abbiezione principale del Foreign office non si riferisce che alle parole les nationaux ivi inserite. Difatti, se alla risposta data da lord Granville all'ambasciatore di Francia risulta che il governo inglese insiste per il mantenimento in Tunisia di tutti i privilegi e di tutte le immunità di cui godono gli agenti consolari in oriente, non è men vero che nell'opinione del Foreign office non sarebbe opportuno di rivendicare, abolita la giurisdizione consolare, il diritto della inviolabilità del domicilio di cui hanno goduto finora i sudditi britannici in Tunisa, il quale incepperebbe l'azione dei tribunali.

Oltreacciò, com'ebbi l'onore d'informare l'E. V. nel rapporto di ieri, lord Granville porta opinione che i consoli britannici nella reggenza non debbano esercitare il diritto di asilo, nei casi in cui l'esercizio di quel diritto potrebbe sottrarre all'azione dei magistrati i malfattori refugiati nel consolato.

Poiché dal telegramma che l'E. V. m'ha fatto l'onore di dirigermi oggi (4) <e che ricevo in questo momento) risulta ch'ella è d'accordo col governo inglese su quest'ultimo punto, non rimane ora che venire ad uno scambio di idee sull'argomento dell'inviolabilità del domicilio dei nazionali in Tunisia (5).

(-3) Cfr. n. 620.
(l) -Ed. in LV 43, pp. 61-62. (2) -Non pubblicato. (4) -T. 514, non pubblicato. (5) -Allegata al presente rapporto si trova la seguente annotazione di Malvano: «Rispondere ringraziando e dire che circa l'inviolabilità del domicilio privato non si intese da noi ii estenderlo fino al punto da rendere impossibile il regolare esercizio delle funzioni giudiziarieda parte del magistrato competente. Reputiamo quindi che non vi sia disaccordo neppure su questo punto». In base a queste istruzioni venne redatto il D. 109 del 6 luglio 1883, indirizzato alla ambasciata a Londra, non pubblicato.
625

IL MINISTRO A BRUXELLES, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 93. Bruxelles, 28 giugno 1883 (per. il 4 luglio).

Dall"istante in cui ebbi a chiamare la attenzione dell'E. V. sugli affari del Congo, col rapporto del 15 scorso ottobre (2), che iniziò il nuovo incartamento diplomatico n. LXXII, può dirsi che quella questione abbia avuto tre distinte fasi.

La prima, quella delle contestazioni insorte fra i due viaggiatori Stanley e Brazzà, i quali misero l'argomento all'ordine del giorno nella stampa europea.

La seconda, quella dei negoziati attivamente ripresi coll'Inghilterra dalla Nazione più gelosa di tutte di quanto succede nell'Africa centrale, cioè dal Portogallo, il quale, allarmato dei progressi compiuti dallo Stanley a nome della associazione africana belga, e da quelli del Brazzà a nome della repubblica francese, cercò tosto a premunirsi contro i nuovi venuti, rivolgendosi al governo inglese e riannodando frettolosamente la lunga serie di trattative che, per ottenere il riconoscimento dei suoi, più nominali che reali, vasti possedimenti africani, la casa di Braganza intavolò a ogni pié sospinto, con la gran dominatrice dei mari e del mondo coloniale.

La terza, quella della sospensione di siffatti negoziati, al momento appunto in cui parevano approdare, e del susseguente buon accordo stabilitosi tra il Portogallo e la Francia, appena il primo si vide abbandonato dall'Inghilterra.

Di quest'ultima fase, che è la odierna e la più importante, avvegnaché sembri destinata ad avere più pratici risultati, e perciò più atta a risvegliare l'interesse dei grandi Stati marittimi, è quella di cui più specialmente mi occuperò nel presente rapporto. Ma prima di farlo, debbo premettere alcune brevi considerazioni riassuntive, per l'intelligenza dei fatti.

Non riparlerò della prima fase della questione. Del conflitto StanleyBrazzà, nulla più rimane a dire. *Dopo le loro aspre lotte, che tanto clamore produssero, i due rivali sono partiti. Uno provveduto dei soli mezzi modestissimi messi a sua disposizione da una società privata, la quaìe rappresenta però il principio della civiltà moderna. L'altro con gli efficacissimi mezzi elargìtigli da una potente Nazione, la quale, sebbene riconosciuta fra tutte come la peggiore colonizzatrice, offre oggi lo spettacolo di una cupidigia coloniale, di cui si cerca invano raffronto nella storia dei tempi recenti ...

L'Inghilterra, più di qualunque altro Stato in Europa, non celò da principio il suo malumore, per questa nuova impresa francese. La stampa britannica non risparmiò il più severo biasimo al trattato col re Makoko, ed il governo della Regina, con ogni apparente ragione di voìere innalzare un argine alle invasioni della Francia, porse favorevole ascolto alle sollecitazioni

che il Portogallo, di fronte alla comparsa d'un altro rivale sul Congo, tosto mosse al Gabinetto di Londra, per far ammettere mercè qualche concessione, la sempre più o meno contestatagli sovranità sulle regioni limitate dal 5-12° di latitudine.

Questo fatto veniva il 21 scorso dicembre confermato a V. E. (l) dal marchese Oldoini, il quale poscia annunciava il 14 marzo (2), come dopo alcuni mesi di laboriosi negoziati, gli accordi che erano sul punto di essere conchiusi tra il Portogallo e l'Inghilterra, si trovarono subitamente sospesi. Tale improvviso incidente era prodotto dalla mozione ostile fatta al parlamento britannico dal signor Bright, ad istigazione della Camera di commercio di Manchester, la quale credeva che il trattato anglo-portoghese potesse ledere gli interessi del traffico di quella importante piazza con l'Africa centrale.

Il Portogallo veniva così abbandonato a se stesso.

L'Inghilterra, come in altre recentissime occasioni, cessato il primo momento di malumore, si adattò a rimanere fredda spettatrice delle usurpazioni francesi, paga, *forse, delle difficoltà enormi che il governo della Repubblica va sollevando attorno a sé, con un sistema di conquiste che, !ungi dal rafforzarla, saranno una causa di debolezza permanente per la Francia*.

Ma intanto, ripeto, il Portogallo fu abbandonato, e in simile stato di cose, dovette mantenersi in buoni termini col governo francese. Se sleno intervenuti accordi e di qual natura, non so, né tra i documenti diplomatici mandati da V. E. a questa Regia legazione havvene alcuno che indichi quale accoglienza abbiano ricevuto a Parigi le reclamazioni contenute nella nota portoghese del 20 scorso novembre (doc. dipl. n. 7, incart. LXXII). Sta però di fatto che nella questione del Congo regna adesso fra i due Paesi, almeno apparentemente, la migliore intelligenza, ed a Lisbona come a Parigi le diffidenze sono serbate per l'associazione internazionale di Bruxelles, non .:>stante il suo scopo eminentemente pacifico, ad alta voce proclamato.

* Sonvi, d'altronde, non pochi sintomi dell'accordo che va stabilendosi fra i governi di Francia e Portogallo. All'articolo aggressivo del Temps, che tanto forniva motivo di lagnanza al signor Serpa-Pimentel, nella sua citata nota, è subentrato un linguaggio pieno di blandizia, che pare essere ora il motto d'ordine, cui obbedisce tutta la stampa francese verso il Portogallo.

Fin dagli ultimi dello scorso anno il Memorial diplomatique iniziava questa campagna giornalistica, facendo l'apologia dei diritti del Portogallo, in un lungo articolo, che non era se non la sintesi dell'opuscolo emanato poco dopo dalla società geografica di Lisbona, per affermare, all'appoggio di dati storici, la sovranità della Corona portoghese nell'Africa centrale.

In questo medesimo mese di giugno il giornale dei Débats, poi, ha preso un atteggiamento che può essere un indizio della situazione che la Francia vorrebbe creare al Congo, e sulla quale è di nuovo mio intendimento invocare la più seria considerazione di V. E. *.

Gettando uno sguardo sulla carta dell'Africa, V. E. scorgerà come dal Gabon al 5° 11 di latitudine, si estenda una regione avente le proporzioni di un immenso impero, il quale stando alle asserzioni qui fatte dallo stesso Brazzà, possiede, negli altipiani specialmente, tutte le migliori condizioni di clima e di produttività desiderabili.

È su questa vasta contrada, entro gli accennati limiti del Gabon e del 5° 11 di latitudine, segnante la linea dei possedimenti reclamati dal Portogallo, ma non riconosciuti dall'Inghilterra, che la Francia ha steso la mano, con ogni probabilità di successo.

Per quanto remota possa parere l'eventualità di fondare una fiorente colonia in quell'amplissima regione, tuttavia non bisogna perdere di vista che i mezzi di cui dispone oggi una grande Potenza sono tali, da permettere di raggiungere in pochi lustri, risultati impossibili a compiersi né in uno né in due secoli nei tempi andati.

In ogni caso, che questo sia il progetto ben definito della Francia, non v'ha ombra di dubbio, ed è quindi ovvia la necessità che essa ha di tenersi amico il Portogallo, col quale diverrebbe confinante e con cui ha già uno scopo comune, quello di combattere l'opera dell'associazione africana, che rappresenta gli interessi internazionali. Ma di questo farò oggetto di altro rapporto.

(l) -Ed., ad eccezione del brani tra asterischi, in LV 45, pp. 10-12. (2) -Cfr. n. 354. (l) -R. 507, non pubblicato. (2) -R. 511, non pubblicato.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 3277. Berlina, 29 giugno 1883 (per. il 7 luglio).

Votre dépèche n. 1416 du 12 juin (l) s'est croisée avec mon rapport

n. 3269 (2) de la mème date résumant un entretien que j'avais eu avec le secrétaire d'Etat, et sur lequel je ne connais pas encore l'impression de V. E. J'ai néanmoins donné lecture de votre dépèche au comte de Hatzfeldt en y joignant quelques considérations puisées dans les annexes aux n. 1413 et 1420 (rapports du 14 et 16 juin) de votre correspondance (3).

Je le faisais, à titre d'information, pour prouver une fois de plus tout le prix que nous attacherions à savoir à quoi nous en tenir sur le dispositions éventuelles de l'Allemagne au sujet de la question de Tripoli.

Le secrétaire d'Etat ne niait pas la valeur de quelques uns de nos arguments. Mais il invoquait à son tour ce qu'il m'avait dit le 12 juin (2), et il devait s'y référer puisqu'il avait parlé selon des instructions très précises.

On ne croyait pas opportun ici de s'occuper d'une affaire qui non seulement ne présentait aucune urgence, mais que la France, pour son compte

et dans les conjonctures actuelles, se garderait bien de soulever. Qu'elle cherche à accroìtre san influence dans ces contrées, de meme qu'en Syrie, c'est conforme à ses traditions, sans qu'on soit autorisé à en induire des plans de conquete.

Dans les possessions de la Turquie en Europe, en Afrique et en Asie les agents de certaines Puissances rivalisent de zèle pour tenir le haut du pavé, et aller meme plus loins s'ils se sentent soutenus par leurs gouvernements respectifs.

C'est un danger alors pour le Souverain territorial, mais sa faiblesse fait aussi sa force. Au moment voulu, il pourra invoquer l'appui de tel ou tel autre état contre celui qui voudrait agir trop en maitre.

Malgré les sinistres prédictions qu'on ne lui ménage guère, la Turquie donne encore, meme dans les Pays où sa domination est le plus menacée, quelque preuve d'énergie et de vitalité dont il faut tenir compte.

D'ailleurs elle se sent, à quelques égards, protégée contre les démembrements ultérieurs par les difficultés d'amener une entente entre ceux qui visent à partager ses dépouillés. A propos des prétendus émissaires français qui sillonnaient la Tripolitaine, ce n'est pas seulement là qu'on les retrouve. On est aussi sur leur piste dans l'Alsace-Lorraine. La propagande antiallemande ne cesse de s'y exercer; mais le Cabinet de Berlin s'abstient d'appeler l'attention des Puissances amies sur ces menées. Il se contente de les contrecarrer de san mieux et avec ses propres moyens.

Je ne manquais pas de faire ressortir la différence de situation. L'Allemagne se trouve dans la condition des beati possidentes, dans le coeur d'une place inexpugnable. Elle sait qu'au besoin les alliés ne lui feraient pas défaut; tandisque l'Italie voit restreindre toujours plus sa portion d'air respirable sur la Méditerranée. L'expérience de Tunis démontre que nous ne saurions trop nous tenir en garde.

Le comte de Hatzfeldt disait que puisque nous considérions comme une chose vitale de prévenir toute nouvelle altération d'équilibre dans le bassin de la Méditerranée, il était tout nature! que tel fùt notre programme et que nous disposions nos batteries en conséquence. Mais pour le moment il perslstait à croire, et il en avait la conviction comme son chef, que la France ne songeait pas à une nouvelle extension de territoire vers Tripoli. Il me répétait l'assurance que si nos intérets devaient un jour courir de graves dangers dans ces parages, le gouvernement impérial se ferait un devoir de nous avertir sans retard. Il ne saurait étre question de courir le risque de nous laisser surprendre par les évènements. Les français ne s'empareraient pas de la Tripolitaine par un coup de main. Ils sont surveillés de près, nommément par la Turquie qui ferait feu de toutes ses pièces avant de se résoudre à lacher la partie. En attendant, S. E. espérait que nous n'insisterions pas, en tenant compte de la position très-délicate de l'Allemagne.

Il me semble que ce langage ne contient rien de nature à nous offusquer. Le Cabinet de Berlin comprend les exigences de notre situation. Il nous promet, le cas échéant, de nous crier gare pour détourner le mal. Lui demander un appui réel ou mora! pour ce qu'il envisage camme une simple hypothèse ou pour une éventualité nullement prochaine, c'est là une demande à laquelle il esquivera de répondre soit pour n'encourir aucune responsabilitè, soit pour ne pas avoir l'air de nous donner un encouragement à précipiter la marche des choses. Mais rien n'empéche et méme tout devrait nous pousser à prendre dès aujourd'hui une attitude telle que la France ne doutat pas un seui instant que nous n'accepterions point à Tripoli une modification du status quo à son bénéfice. Usons, autant que possible des mémes moyens d'influence. N'oublions pas de favoriser les missionnaires italiens partout où réside un de nos agents. Combattons la prétention française de s'arroger, on ne sait trop sur quels titres, la protection des intéréts catholiques en orient. Secourons les écoles, les hòpitaux. Montrons plus fréquemment notre pavillon de guerre. C'est déjà bien assez qu'il ne se soit plus déployé dans les eaux de Villefranche depuis ce qu'on appelle par euphémisme la cession de Nice qu'on nous a enlevée en nous mettant le pistolet sur la gorge. Ayons un stationnaire à Tripoli prét à se rallier à une flotte en cas de danger. Croississons pour cette résidence camme pour touts les postes consulaires, un agent prudent et habile. Je ne sais trop si monsieur le chevalier Lambertenghi, qui a déjà eu des démélés avec les autorités locales, remplit toutes les conditions nécessaires pour des fonctions aussi difficiles.

Puisque nous sommes convaincus que le jour viendra où nous devrions agir avec résolution, mettons-nous sans tarder en mesure de le faire comme si nous étions déjà à la veille des armes.

L'Italie nouvelle n'a pas encore inscrit dans son histoire des faits suffisamment glorieux pour pouvoir s'endormir sur ses lauriers. D'ailleurs la vie, pour une Nation camme pour l'individu, signifie la lutte pour l'existence, en ce sens qu'il faut toujours ètre prét à entrer en lice si on veut vaincre ses adversaires, ou les tenir à distance.

Ce n'est qu'en enfermant le Pays dans un réseau de fortes institutlons militaires, avec une ·armée active susceptible d'étre rapidement mobilisée qu'on parvient comme la Prusse à remporter de brillantes et utiles victolres pour la grandeur de la Patrie, et à jouer ensuite un ròle prépondérant en 1'aveur de la paix. Dans des conditions semblables ou qui s'y rapprochent en une certaine mesure, l'alliance est recherchée non plus seulement sur la base ctu do ut des, mais celui dont on sollicite le concours peut hardiment invertir les mots et dire da, ut dem.

Il faut en méme temps qu'on ait à l'étranger le sentiment que le gouvernement qui vise à exercer pareille influence sait, au besoin, concentrer tous ses efforts vers un but bien déterminé, en ne permettant à aucun parti de se livrer à des mouvements inconsidérés, si mème ils étaient dictés par de généreuses aspirations.

Sous ce rapport les mani.festations de l'Italie irredenta, les desordres de Piazza Sciarra etc, nous nuisent beaucoup dans l'esprit des gouvernements sérieux. On ne s'explique pas si notre législation offre des lacunes, pourquoi nous tardons tant à les remplir au lieu d'ergoter sur la doctrine du prevenire ou du reprimere. D'un autre còté, à tort sans doute, parce qu'on juge un peu trop sur des apparences, on incline à croire que nous n'avons pas un programme bien défini en ce qui touche nos intéréts dans la Méditerranée. Nous inculpons le prince de Bismarck d'avoir poussé les français vers la Tunisie. Mais bien avant le Congrès de Berlin il laissait entendre que nous ne rencontrerions pas l'Allemagne en travers de notre route. Son but de semer la discorde entre la France et l'Italie eut été aussi bien atteint, si celle-ci avait pris les devants. Lorsque la France poursuivait les fantastiques Kroumirs, losqu'elle débarquait des troupes dans la Régence, pourquoi nos batiments se sont-ils contentés du ròle de simples observateurs?

Un acte d'énergie de leur part eut-étre contribué à donner une autre tournure aux évènements, et nous n'en serions pas réduits à des discussions stériles entre autres sur l'intitution des tribunaux français.

On prétend aussi à tort ou à raison que durant la crise egyptienne nous n'avons pas su profiter des circonstances pour mieux affirmer notre position de puissance maritime.

Bref, on estime ici que nous avons à lutter contre nos propres indécisions, ou nos lenteurs, ou contre un manque de résolution et de perséverance. Les vraies difficultés sont plus chez nous, que hors de chez nous. Nous ne verrions pas avec assez de clarté ce que nous voudrions faire, ou bien le voyant nous ne prendions pas assez tòt les moyens appropriés pour nous conduire au but.

Loin de ma pensée, en me rendant l'écho de ces appréciations, de vouloir nous encourager à des entreprises téméraires. Je voudrais au contraire voir nos intéréts sauvergardés par une politique très circonspecte, mais ferme à la fois de manière à ce que chacun comprit qu'aprè·s l'affaire de Tunis, l'Italie ne se laisserait pas braver, sans coup férir. Cette conviction une fois bien ancrée en Europe et surtout chez nos voisins à l'occident, éloignera peutétre à elle seule des complications regrettables, et frayera la vaie à ce que nos convenances soient respectées le jour où la Tripolitaine devrait changer de maitre. Mais il faut un plan nettement tracé. Il semble que pour le moment nous devons viser au status quo en laissant clairement deviner qu'il ne saurait etre modifié à notre détriment.

A en juger d'après le langage de l'ambassadeur de France à Berlin, se hàter néanmoins d'ajouter qu'il n'entendait exprimer qu'une opinion personnelle, son gouvernement aurait quelques torts à se reprocher envers l'Italie. La CyrénaYque offrirait peut-étre quelque réparation ou compensation. J'ignore si la France médite de s'emparer pour son compte de trois autres grandes divisions du Vilayet de Tripoli. Pourrions-nous accomoder de pareille transaction?

Je l'ignare. Il appartient au gouvernement du Roi de peser le pour et le contre. En tout cas, il serait évidemment préférable à l'Angleterre si ces Pays d'où elle tire la plus grande partie des approvisionnements de la garnisan de Malte, devaient passer sur une autre domination, qu'ils tombassent en partage à l'Italie plutòt qu'à la France ne fut-ce que pour tenir celle-ci éloignée des frontières de l'Egypte. Sans compter que l'Angleterre ne saurait permettre que Tripoli, le principal emporium qui met l'Afrique centrale en communication avec le bassin de la Méditerranée, dévint une dépendance

42-Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XV-XVI

d'une Puissance rivale, laquelle reprend sur une large échelle la politique coloniale presque abandonnée depuis la moitié du 18eme siècle.

Je me résume. La meilleure part de la science politique et de science militaire est d'avoir un programme nettement fixé et de savoir agir à temps avec des moyens toujours prèts et proportionnés au but.

Dans un de mes derniers entretiens avec le secrétaire d'Etat, et dans le but de le pressentir sur les vues coloniales de l'Allemagne, je lui disais que ce n'était peut-étre là que le luxe des peuples cherchant des débouchés au tropplein de leur industrie et de leur commerce. II me répondait sur un ton résigné ou qui jouait la résignation: «II y a du vrai dans cette assertion, mais la France et l'Angleterre font tellement main basse partout où il y a quelque chose à prendre, que ceux qui viendront plus tard ne trouveront plus rien à grappiller ». On a prétendu que l'Allemagne avait eu l'idée de fonder des colonies dans la Nouvelle-Guinée, mais qu'elle aurait été devancée par l'Angleterre (l).

En joignant ici les récépissés des documents diplomatiques que V. E. m'a transmis en date des 23 et 26 Juin, j'ai l'honneur etc. etc.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 612. (3) -Cfr. nn. 599 e 609.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (2)

R. CONFIDENZIALE 3278. Berlino, 30 giugno 1883 (per. il 7 luglio).

Je remercie V. E. de ses dépèches confidentielles n. 1415 et 1419 (3) dont je me suis servi pour bien expliquer au secrétaire d'Etat notre attitude relativement à la suppression de la juridiction consulaire dans la Tunisie, et pour le renseigner en mème temps sur la manière de voir manifestée par les Cabinets de Vienne et de Londres, ceux-ci tout en se montrant enclins, comme nous, à adhérer aux désirs de la France, lui avaient néammoins fait une réponse dilatoire pour prenclre le temps d'examiner mùrement la question. Pour ce qui regarde nos démarches nommément à Berlin, elles n'avaient d'autre but que de chercher par un accord préalable, à écarter le danger de controverses qui surgiraient i.névitablement, si différents points se rattachant à l'exécution cles réformes en vue n'étaient pas d'abord bien éclaircis. Le gouvernement impérial a cru devoir distancer les autres Cabinets en prenant position sans attendre davantage, et avant d'avoir reçu un mémoire, dont le prochain envoi m'était annoncé de Rome.

Le comte de Hatzfeldt me disait qu'il tenait beaucoup à la réception du mémoire dans l'espoir qu'il servirait à faciliter une solution au point de vue cles intérèts généraux. II est parfaitement vrai, pour les motifs qui m'ont été

déjà indiqués, que le gouvernement impérial a déjà pris position en accédant aux demandes réitérées de la France. Ayant donné à celle-ci, depuis plus d'une année la promesse de dire oui, il n'avait pu lui opposer un non, ni mème invoquer des délais quand elle revenait à la charge avec tant d'insistance. Ni l'Autriche, ni l'Angleterre surtout n'avaient engagé leur parole. C'est pourquoi il leur a été aisé d'ajourner leur assentiment. Ce ne sera probablement qu'un détour, pour arriver en définitive au mème résultat.

En attendant, les allures plus lentes adoptées à Vienne et à Londres nous mettent à l'abri d'un isolement dont je m'etais permis de signaler les inconvénients. Si nous ne voulons pas nous y exposer de nouveau, il ne nous reste qu'à essayer de convertir ces deux Puissances à nos idées, sauf à nous joindre à elles si en dernière analyse elles se décidaient à consentir purement et simplement camme l'Allemagne.

(l) -Per la risposta cfr. n. 633. (2) -Ed., con alcune varianti. in LV 43, pp. 65-66. (3) -R. 1415 del 12 giugno, R. 1419 del 14 giugno 1883, non pubblicati.
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L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 105. Parigi, 30 giugno 1883 (per. il 4 luglio).

L'arrivo del signor Cambon a Parigi ha nuovamente dato luogo alla stampa di occuparsi dell'ordinamento della Tunisia; si spinge il governo, che vi sembra assai disposto, a riordinare o per meglio dire ad assumere l'amministrazione di quella reggenza senza troppo preoccuparsi de' diritti esistenti delle altre Potenze, specialmente in ciò che riflette il regime finanziario. Oggi si tratta di abolire la commissione finanziaria internazionale; ieri si parlava d'imporre un dazio di importazione assai elevato sopra tutti i prodotti similari a quelli della Tunisia, dazio che probabilmente colpirebbe i prodotti della Sicilia e della Sardegna che hanno così estesi rapporti con quel Paese, ciò senza badare se vi siano trattati che regolino i dazi di dogana. Fra gli altri v'ha quello stipulato dall'Italia nel 1868 e che non scade che nel 1896 in virtù del quale i diritti doganali per le importazioni dell'Italia non dovrebbero superare il 3 p.%.

Posteriormente al trattato anzidetto, il Bey avendo fatto uno imprestito rilevante, la commissione internazionale autorizzò il governo tunisino a portare il dazio doganale all'8 p. % per servire gli interessi dello imprestito e per l'ammortamento che avrebbe dovuto aver luogo in pochi anni, dopo i quali questi dazi dovevano nuovamente abbassarsi a quelli stipulati dall'anzidetto trattato che giovò anche all'nghilterra, la quale conchiudeva nel 1872 colla Tunisia un trattato sotto condizione della Nazione più favorita.

Ora non ho mai veduto che i periodici francesi che tanto sono preoccupati del loro nuovo protettorato, abbiano fatto menzione delle circostanze sovraccennate. Anche nelle discussioni che ebbero luogo nelle Camere francesi, non ho trovato chi si sia fatto allusione a quei trattati, specialmente al nostro che è il più importante; ed i signori ministri sembrano ignorarli.

Siccome so che la grave quistione tunisina si tratta direttamente da codesto ministero col rappresentante della Francia presso il R. governo, io ho

creduto prudente di astenermi da ogni conversazione in proposito con questi signori ministri i quali d'altronde si mostrarono sempre molto riservati a quel riguardo; per cui l'unico affare che io ebbi da trattare relativo alla Tunisia fu quello del Canino. Solo il signor Ferry mi disse, discorrendo alla sfuggita, che le quistioni delle capitolazioni andavano bene e che il Signor Decrais si mostrava molto soddisfatto delle buona disposizioni di V. E.

Ho creduto opportuno di parteciparle queste mie impressioni per quel conto che a V. E. piacerà di farne. È un fatto che in questo momento il governo francese è sotto l'impulso della febbre delle colonizzazioni e de' protettorati, al punto che ora si tratta di costituire un ministero delle Colonie a guisa di quello che esiste in Inghilterra.

Però tutte le sue aspirazioni non sembrano doversi verificare senza opposizioni; fra altre la questione del Tonkino non è ancora ben definita ed ho saputo che pochi giorni or sono il presidente della Repubblica disse ad un diplomatico che me lo ha ripetuto, che la Francia era disposta a rinunciare alla annessione di quella regione e che si sarebbe limitata ad occupare qualche forte posizione alla foce del fiume Rosso e di assicurarsi mediante opportuni accordi colla Cina la libera navigazione di quel fiume ed il libero commercio sulle sue sponde.

Malgrado la incertezza di queste colonie, di quei protettorati, gli speculatori non si lasciano disanimare e si tenta già la formazione di compagnie per la coltivazione di miniere e per altre industrie. Fra altre, benché le nuove Ebridi siena tuttora in contestazione tra la Francia ed i governi australiani, eppure si parla già in Parigi di costituire una società per la coltivazione delle zolfare che si dice abbondino in quelle isole.

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IL MINISTRO A BRUXELLES, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 95. Bruxelles, 30 giugno 1883 (per. il 4 luglio).

Coi due rapporti che precedono (2) ho minutamente esposto lo stadio ln 1cui travasi la vertenza del Congo, ed i pericoli dai quali è minacciato il pacifico svolgimento del programma civilizzatore che, sotto l'alto patronato del Re dei belgi, l'associazione internazionale di Bruxelles procura di attuare, al prezzo di enormi sacrifici.

Tutte le grandi nazioni commerciali s'interessano oggi alle questioni africane, e a quella del Congo in ispecie. In Olanda, in Inghilterra, in Germania e altrove esistono associazioni africane, e tutte, principalmente nei primi due Paesi, spingono i rispettivi governi ad opporsi all'invasione francese, e a sostenere la libertà della navigazione del Congo. Il distinto viaggiatore tedesco

Rohlfs non nutre diversa opinione, e nel medesimo senso, dicesi, siasi espresso il signor Lesseps. Siffatta grande idea, che corrisponderebbe appieno ai voti dell'associazione internazionale di Bruxelles, ha uno strenuo campione nel:.. l'erudito professore Laveleye, il quale, in una delle più autorevoli riviste britanniche, la Contemporary Review, ha pubblicato, appunto nel suo numero di giugno, un articolo intitolato The Congo neutralized, che, come l'indica il nome, propugna la teoria della libera navigazione del Congo.

Fra le opinioni di. maggior peso in favore di quella massima, il signor

Laveleye cita in prima linea quella di V. E. e di altri statisti italiani.

Simile pubblica affermazione dei sentimenti dell'E. V., intorno a un soggetto oltremodo delicato, e sul quale la mia posizione m'imponeva un natura! riserbo, qui produsse ottimo effetto, e mi offrì agio di parlarne con ragguardevolissimi personaggi.

Il principio svolto dal signor Laveleye che la navigazione del Congo potrebbe essere regolata da una commissione internazionale, al par della commissione europea del Danubio, sebbene conforme al desiderio unanime di questo Paese, da molti vien giudicata come poco pratica. Su di ciò un alto funzionario belga, membro dell'associazione africana, esternavami il pensiero che forse s'incontrerebbero minori difficoltà e meglio si raggiungerebbe lo scopo, costituendo in una specie di federazione i Sovrani e capi indigeni regnanti sulle rive del Congo, e costringendoli a mantenere la polizia fluviale di una delle più belle vie di comunicazione del mondo, la quale rimarrebbe accessibile a tutte le Nazioni.

Non ho l'intendimento di entrare in discussione su l'uno o sull'altro di questi progetti, in ogni caso, molto prematuri.

Ma, come osserva il signor Laveleye, se il disegno di una commissione internazionale per la navigazione del Congo non è destinato ad uscire dal campo delle utopie, havvi un'altra misura facilmente effettuabile, purché le grandi nazioni la vogliano, l'Inghilterra soprattutto.

Tale misura consisterebbe nel riconoscere le stazioni fondate sul Congo dall'associazione internazionale, come stabilimenti neutri ed indipendenti. In una parola, dovrebbesi applicare al grande fascio delle associazioni africane il trattamento adottato per la Croce Rossa.

Questo mi pare essere precisamente il concetto espressomi da V. E. quasi due anni or sono.

Ella, signor ministro, giudicherà se il momento sia opportuno per muovere qualche passo a detto scopo. A parer mio è in Inghilterra e in Portogallo che il lavoro preliminare dovrebbe esser fatto.

Il nuovo ambasciatore britannico presso il R. governo sir Henry Savile Lumley, per la sua lunga dimora a Bruxelles, e per l'amicizia che lo lega a

S. M. il Re Leopoldo, ben conosce qual sia la nobile meta che quest'associazione africana si propone raggiungere. Nello spirito elevato e nell'animo conciliantissimo di sir H. Savile Lumley, V. E. potrebbe forse trovare un degno intermediario per la diffusione di quelle idee che ella credesse di dovergli esporre, in favore di un principio, il quale, davvero, segnerebbe un gran progresso nella storia dell'umanità.

(l) -Ed., ad eccezione del brano fra asterischi, in LV 45, pp. 15-16. (2) -R. 86 del 31 maggio 1883, non pubblicato. Cfr. n. 625.
630

IL MINISTRO A TANGERI, SCOVASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 879. Gibilterra, 3 luglio 1883, ore 21,35 (per. ore 2,05 del 4).

Journaux espagnols ayant annoncé départ de l'escadre de Naples pour détroit de Gibraltar, ce ministère des Affaires Etrangères a écrit immédiatement au Sultan pour lui démontrer nécessité d'arranger d'urgence les réclamations italiennes. Cependant camme il est possible que le dit ministre des Affaires Etrangères demande à mon collègue britannique, son conseiller, de s'informer par son ambassadeur si l'escadre vient ici pour appuyer ou non nos réclamations, je prie V. E. dans le cas où l'ambassadeur d'Angleterre ferait pareille demande lui faire comprendre que, le cas écheant, le gouvernement du Roi est disposé à envoyer quelque navire pour appuyer nos justes demandes, car si le gouvernement ma.roquin savait qu'il n'a rien à craindre, mon plan de terminer amicalement toutes nos affaires vite et bien et de consolider et augmenter notre prestige échouera complètement. Si l'autre fois on avait pu envoyer ici le «Dandolo ~ qui se trouvait à Gibraltar, il est plus que probable que toutes ces affaires seraient arrangées.

631

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

D. 104. Roma, 5 luglio 1883.

Con rapporto in data 4 giugno ultimo, n. 154 di questa serie (l) il cavalier Catalani mi riferiva che non sarebbe stato possibile di conoscere H pensiero del governo della Regina, circa l'eventuale colonizzazione di alcuni punti della Nuova Guinea per parte nostra, prima che fosse presa costì una risoluzione sull'annessione seguita per opera del governo di Queensland.

Il motivo dell'indugio è da me intieramente apprezzato; raccomando ad ogni modo quest'affare alla sollecitudine di V. E., importandomi di conoscere le disposizioni di codesto governo a riguardo nostro appena ciò sia possibile.

Nel farne parola a lord Granville, ella potrà aggiungere che queste informazioni sono da noi richieste per possedere tutti gli elementi di giudizio atti a determinare l'accoglienza che debba essere serbata ad alcune proposte presentate al R. governo per progetti di colonizzazione in quella contrada, proposte che, a dir vero, non ci sembrano rispondere gran fatto alle condizioni volute per un pratico risultamento; e che ad ogni modo ci preme di astenerci in questo negozio da ogni atto che al Gabinetto di Londra possa riuscire meno gradito.

(l) Non pubblicato.

632

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

D. 105. Roma, 7 luglio 1883.

V. E. non ignora che, per eliminare ogni contingenza di difficoltà o complicazioni rispetto ad Assab, noi avevamo proposto all'Egitto e alla Turchia la stipulazione di apposita convenzione che avrebbe soddisfacentemente regolato le rispettive ragioni territoriali ed i reciproci rapporti d'ogni natura nel mar Rosso. Il testo definitivo del nostro schema di convenzione fu inviato al predecessore di lei con dispaccio del 16 febbraio 1882 (1), e figura, a pag. 167, nella raccolta dei documenti diplomatici da me presentati alla Camera dei deputati nella tornata del 12 giugno 1882.

I buoni uffici del governo britannico, il quale si era, con la sua consueta benevolenza per noi, assunto l'incarico di patrocinare il nostro progetto a Costantinopoli ed al Cairo, non ebbero il desiderato effetto. La Turchia non diede mai risposta definitiva; l'Egitto, che pareva da principio disposto a consentire, si chiari invece all'ultimo alieno dall'accettare la proposta.

La convenzione rimase così, in quanto concerne i nostri rapporti con la Turchia e coll'Egitto, allo stato di progetto. Però, volendo dar pegno non dubbio della nostra lealtà verso l'Inghilterra e concordare, almeno con questa, un modus vivendi che porgesse sicurtà di buone relazioni tra le rispettive autorità di Aden e di Assab, abbiamo chiesto ed ottenuto che si addivenisse, tra il generale Menabrea e lord Granville, ad uno scambio di note, mercé il quale, nella speranza che la Porta e il governo vicereale si inducano ad accettare la progettata convenzione, questa è presa come base provvisoria per i rapporti tra il governo britannico e il governo italiano rispetto allo stabilimento di Assab.

Tra le clausole della convenzione è anche quella contenuta all'articolo 4°, così concepito: «Le gouvernement italien défendra, sur le territoire d'Assab, le transit des munitions de guerre et provisions d'armes ». Questa clausola, come apparisce dalla citata raccolta di documenti diplomatici, è stata suggerita dal governo britannico esclusivamente perché esso la presumeva gradita all'Egitto; né, per verità, avrebbe altra ragione d'essere.

Benché, come dissi, nulla siasi da noi pattuito, né con l'Egitto, né con la Turchia, non è animo nostro dì dichiararci prosciolti da ogni obbligo in relazione con quel che sta scritto nell'articolo 4° dello schema di convenzione. Tanto per questo, come per ogni altro soggetto che sl connetta con le cose di Assab, noi preferiamo di lasciar sussistere lo statu quo, non tanto nella aspettazione di un accordo che forse non si conseguirà mai con l'Egitto o con la Turchia, quanto in fino a che si reputi, tra il Gabinetto di Londra e il nostro opportuno di procedere, circa quel nostro possedimento, a nuove intelligenze amichevoli.

Intanto, in seguito a notizie giunteci circa gli intendimenti del Re di Scioa, Menelik, siamo venuti nel convincimento che, per propiziarci l'animo di quel principe, desideroso di stringere relazioni di commercio con l'Europa, e per indurlo sopratutto a valersi, all'uopo, della via di Assab, è indispensabile che almeno una volta sia soddisfatto al desiderio suo di ottenere una piccola provvista di armi. Sarebbero in tutto cinquecento carabine, che una casa di Brescia fornirebbe, con l'intermediario del conte Antonelli; questi ricevette in iscambio prodotti del Paese. A noi preme, però, di comportarci anche in questa circostanza con l'usata schiettezza verso il governo britannico, e desideriamo prevenirlo di questo prossimo invio, il quale, avendo sotto un certo aspetto il carattere quasi d'una regalia, non può neppure, a rigar di termini, considerarsi come un vero e proprio traffico. Le cinquecento carabine, con le corrispondenti munizioni, per la via di Aden arriverebbero in Assab e là aspetterebbero che una carovana del Re di Scioa venga a prenderle.

Noi confidiamo che questa nostra comunicazione sarà accolta con benevolenza da lord Granville. E neppure stimiamo necessario di ricordare, a maggior conferma della nostra fiducia, che molte spedizioni di armi si lasciarono palesemente partire da Aden per Obock, donde si volevano far pervenire allo Scioa.

Mi sarà grato, in ogni modo, di ricevere da V. E., al più presto, una risposta che mi assicuri della possibilità di tradurre in atto l'invio di cui qui ho discorso senza suscitare, da parte di codesto governo, obiezioni o men favorevole apprezzamento.

(l) Cfr. serie II, vol. XIV, n. 564.

633

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. 1429. Roma, 9 luglio 1883.

Mi pregio di esprimerle le mie più distinte grazie pel suo rapporto politico (confidenziale) n. 3277 delli 29 giugno pp. (1), dalla lettura del quale parmi risultare evidente come il Gabinetto di Berlino abbia, per bocca del conte di Hatzfeldt, detto per ora la sua ultima parola su quel delicato argomento ch'è la quistione di Tripoli. Né noi insisteremo di più.

Per quanto concerne poi gli apprezzamenti ed i giudizii d'indole generale circa le cose nostre, di cui V. E. riproduce l'eco nel precitato rapporto, noi punto non dubitiamo ch'ella avrà saputo e saprà in ogni circostanza ristabilire la realtà dei fatti, non meno mediante la conoscenza che possiede del nostro Paese e delle instituzioni, onde si regge, che mercè le indicazioni che a più riprese le furono dal ministero e per iscritto e a viva voce, fornite. Dirò, anzi, che nessuno, a mio credere meglio di V. E., che si distingue per patriottismo ed alto sentire, saprebbe soddisfare al grave ed importantissimo compito dinnanzi accennato.

(l) Cfr. n. 626.

634

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. 541. Roma, 11 luglio 1883, ore 23,55.

Les dépéches de Tripoli ne font, depuis quelques jours, que parler de la prétendue tentative d'achat de territoire par des italiens, des mesures prises par l'autorité militaire pour se prémunir contre toute surprise, et du procès qu'on fait à des indigènes accusés d'avoir trempé dans les pourparlers pour l'achat. Je n'ai pas besoin de vous dire que le gouvernement du Roi n'a jamais formé ni autorisé de pareils projets. Mais nous avons voulu encore prendre les reinsegnements les plus scrupuleux, et nous avons aujourd'hui la preuve que ni des simples particuliers, ni des sociétés italiennes n'ont pas non plus chargé personne de négocier pour acheter des terres en Tripolitaine. Tout ceci n'est donc que de la fantaisie, ou plus probablement encore une manoeuvre criminelle visant à créer de la défiance envers nous, et à troubler les bons rapports entre la Turquie et l'Italie. Veuillez vous en plaindre ouvertement et avec énergie auprès de la Porte. Faites appel à sa loyauté, afin qu'elle coupe court, dans son propre intérét, par un démenti formel à tous ces huits, et pour qu'elle donne à ses autorités à Tripoli instructions immédiates de découvrir l'origine de l'intrigue et de la déjouer.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3286. Berlino, 13 luglio 1883 (per. il 19).

On aurait de la peine à découvrir dans les annales de notre temps une question plus confuse, plus hérissée d'incidents imprévus et de complications de toute nature que l'histoire de ce qu'on appelle le Culturkampf. L'art de brouiller les cartes et les hommes, qui rend de si grands services dans la politique étrangère, se montre impuissant quand il s'applique à contrarier la liberté de conscience. Tel n'était pas sans doute le but du gouvernement prussien; ce n'était qu'un moyen pour chercher à dompter la fraction du centre qui lui suscitait maints embarras, surtout dans ses projets de réforme sociale et économique. Lorsque les premières ardeurs de la lutte ont été quelque peu calmées, le chancelier s'est aperçu que le principal résultat de Culturkampf avait été d'augmenter de beaucoup l'importance politique du centre. Le Reichstag et le Landtag se sont trouvés à la merci d'un groupe parlamentaire exclusivement préoccupé de servir les intéréts religieux. De là pour le gouvernement l'impossibilité de donner à sa politique intérieure une direction nettement accentuée. S'il essayait de se tourner du còté des libéraux, les ultramontains faisaient cause commune avec les conservateurs, et s'il faisait quelque tentative pour donner satisfaction aux tendances réactionnaires des groupes de la droite, les progressistes et les sécessionnistes pouvaient compter sur le concours de Monsieur Windthorst et de ses amis.

C'est alors que le prince de Bismarck a paru expérer avoir plus de succès en portant la lutte sur le terrain diplomatique. Après bien des marches et des contre-marches il a dù s'apercevoir que les négociations avec la Curie romaine ne pourraient réussir qu'à la condition d'avoir un caractère essentiellement synallagmatique. Pour obtenir de la diplomatie pontificare des concessions sérieuses, il aurait fallu lui offrir, à peu de chose près, l'équivalent de ce qui lui était demandé. D'ailleurs au Vatican il règne une forte défiance contre Berlin. A force de traiter les différents partis nommément les catholiques comme de simples instruments de ses combinaisons, le prince de Bismarck a conduit les choses au point que les plus crédules se réservent désormais le bénéfice d'inventaire dans ses promesses.

Les porparlers n'avançant pas entre Monsieur de Schli.izer et le cardinal secrétaire d'Etat, un nouveau revirement s'est produit dans l'attitude du chancelier, gràce au concours des chambres, il est accordé spontanément, en vertu d'une loi dont j'ai transmis le texte, des concessions plus importantes que celles déjà proposées au Saint Siège en échange de la reconnaissance définitive du droit de veto revendiqué par l'Etat sur les nominations ecclésiastiques.

Il se trouve maintenant que le Vatican estime ces concessions insuffisantes. Il ne les considère que comme un à-compte, et avant qu'il puisse faire à son tour des concessions, il faut que l'Etat reconnaisse d'abord l'existence juridique des libertés essentielles de l'église, notamment en ce qui concerne les séminaires, l'éducation, le recrutement du clergé.

A défaut d'un accord sur une pareille base, dont on est encore très-éloigné, l'église pourra du moins satisfaire aux besoins Ies plus urgents de son ministère pastoral. Aux termes de la nouvelle loi sanctionnée avant hier par le Roi de Prusse, les évéques sont dispensés de notifier aux autorités séculières les nominations des desservants non chargés à titre inamovible de l'administration des paroisses et de tous les prétres dont les fonctions ne doivent avoir qu'un caractère intérimaire. Cette dispositlon· permettra à l'autorité épiscopale de pouvoir au moyen de vicaires, de chapelains et de délégués temporaires au service du culte dans les paroisses où il lui serait impossible de nommer un curé titulaire sans se soumettre aux prescriptions des lois de mai sur le droit de controle de l'Etat.

En vertu de cette disposition, et si de part et d'autre on s'y prete, on pourra établir un modus vivendi, l'ébauche d'nn traité de paix. Cet arrangement accordé proprio motu est de sa nature révocable. L'etat ne reste pas désarmé. Il détend la bride, mais il la conserve en main.

La Norddeutsche Allgemeine-Zeitung a tenu ces jonrs derniers un langage assez sévère à l'adresse du Vatican qui ne chantait pas hosanna à la nouvelle des concessions faites par la Prusse, mais la véhémence de langage rentre dans les habitudes de ce journal, et il ne fant pas en exagérer la valeur.

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IL CONSOLE A TRIPOLI, B. LAMBERTENGHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 48. Tripoli, 14 luglio 1883 (per. il 19).

A seguito delle notizie che ebbi l'onore di fornire a V. E. intorno ai maneggi del consolato di Francia, ne aggiungo oggi altre di non minor importanza e della cui veridicità posso farmi garante.

Il lavorio del console Feraud col Basidi ha pel momento lo scopo di ottenere dai capi Tuareg il passaggio sulle loro terre di una nuova commissione nel genere di quella di Flatters. Egli scrisse per ciò, col mezzo sempre del Basidi, a certo Henuben, ottuagenario, Scheik dei Tuareg e potentissimo tra loro sperando così amicarselo e raggiungere per lui la propria meta.

Egli intende inoltre mandare a Parigi il Basidi il quale, pur accettando l'offerta non vuole andar solo. Ad accompagnarlo il Feraud ufficiò invano quel Klifa, impiegato all'agenzia Rubattino, di cui tenni già parola a V. E. nel rapporto n. 42 (l). Nell'invio del Basidi alla capitale è evidente lo scopo di fargli trattare direttamente l'importante progetto che stornerebbe da Tripoli i negozianti Gadamsini portandoli ad approvigionarsi in Algeria e (oltre a mire politiche) concertarsi, probabilmente, sulla spedizione scientifica fra i Tuareg.

Altra notizia riservatissima, ma non meno sicura e che richiamò tutta la mia attenzione, si è l'avere il signor Feraud fatto chiamare il Klifa e pregato, sempre invano però, di far sapere al tuttora carcerato Margravi che ove dichiarasse essere egli protetto francese, il consolato penserebbe a farlo liberare e ad inviarlo in Francia per sottrarlo alle persecuzioni dell'autorità locale.

Ricordo a V. E. che il Margravi, già un tempo tra i protetti francesi, venne cancellato dal novero di quelli per cattivi diporti e che appunto col di lui arresto sorse gran parte delle maligne insinuazioni diffuse poi sul conto nostro. E' ovvio il comprendere come con questa comunicazione e l'intenzione manifestata di liberarlo e mandarlo in Francia vogliasi preparare nuovi intrighi e raffermarli mediante dichiarazioni in odio nostro, che dal Margravi, uomo di nessuna fede, sarebbe facile ottenere.

A troncare tali maneggi verrà, mi lusingo, la smentita ufficiale promessami dal Vali, la quale, voglio ritenere, mi sarà accordata anche prima dell'arrivo dei giornali di cui V. E. annunzia l'invio col telegramma giuntomi questa notte (2).

Causa le feste del Ramazan e l'arrivo del corriere, non potrò vedere il governatore che questa sera o domani.

(l) -Non pubbllcato. (2) -T. 544 del 13 lugllo 1883, non pubblicato.
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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2608. Therapia, 16 luglio 1883 (per. il 23).

Ebbi a suo tempo l'onore di ricevere il telegramma che l'E. V. si compiaceva rivolgermi il 12 del presente (1), per significarmi, i dispacci di Tripoli non fare da alcuni giorni che parlare d'un preteso tentativo d'acquisto di territorio da parte di italiani, delle misure prese dall'autorità militare per premunirsi contro ogni sorpresa, e del processo istituito contro alcuni indigeni accusati d'aver preso parte alle trattative per l'acquisto; nulla esservi di vero in queste notizie, doversi muovere aperte ed energiche querele presso la Sublime Porta, ed invitarla a metter fine a queste mene con una smentita formale, ed a dare a' suoi agenti a Tripoli immediate istruzioni per iscoprire l'origine dell'intrigo e sventarlo.

Nulla conoscevasi qui di quelle corrispondenze, né i giornali di Costantinopoli avevano in alcun modo fatto menzione di esse. Però, in esecuzione degli ordini dall'E. V. impartitimi, non indugiai a intrattenerne il signor ministro degli Affari Esteri, pregandolo caldamente, nell'interesse delle amichevoli relazioni fra i due Stati, di smentire quelle voci che non avevano alcun fondamento. S. A. mi dichiarò non avere alcuna contezza di siffatte notizie, né essere responsabile delle false voci che corrispondenti male intenzionati di giornali potessero mettere in circolazione; sembravagli che, tempo fa, fosse stata questione di qualche cosa di simile, e che, avendone chiesto informazione all'ambasciatore di Sua Maestà a Roma, questi gli avesse risposto dando da parte dell'E. V. le spiegazioni più soddisfacenti; dopo quell'epoca nulla più aveva inteso in proposito, non dubitare che, se qualche novità fosse occorsa, quel governatore ne avrebbe ragguagliato la Sublime Porta. Lo pregai tuttavia d'assumere più precise informazioni, e di trovar modo di troncare delle mene che non potevano avere altro scopo, che quello di turbare le cordiali relazioni esistenti fra i due governi. E venni indi a dare all'E. V. avviso telegrafico del colloquio seguito (2).

Comparve poscia il telegramma dell'E. V. del 14 corrente (3), dal quale si desumeva che «supponendo il ministro degli Affari Esteri ignorasse il telegramma di Tripoli, del quale erano pieni i giornali francesi ed inglesi, sarebbe bene ch'egli stesso facesse smentire quelle false notizie. In ogni modo il R. governo sventerebbe l'intrigo facendo annunziare che questa R. ambasciata era stata incaricata di querelarsi di quelle voci e di provare una formale smentita ».

L'E. V. s'apponeva al vero supponendo che il ministro degli Affari Esteri non aveva alcuna conoscenza di quel telegramma, né esisteva alcuna traccia di esso in questi giornali, né in quelli che erano giunti nell'intervallo da

Parigi e da Londra. Risposi immediatamente avere io fatta l'idonea comunicazione al signor ministro degll Affari Esteri, la risposta di questi implicare una smentita delle false voci, non mancherei d'insistere per la pubblicazione di siffatta smentita, il che sarebbe più facile ottenere quando, pei ragguagli ricevuti da Tripoli e pei giornali esteri, fossero più esattamente note le asserzioni di questi. Le quali cose credetti opportuno di telegrafare all'E. V. (l) pel caso che, nel trarre in atto la saggia determinazione di dare una categorica smentita alle false voci, l'E. V. stimasse utile d'aggiungere le rimostranze di cui si tratta essere state significate alla Sublime Porta, la quale ripudiava ogni conoscenza dei fatti allegati.

Segue ricevuta all'E. V. dei suoi ossequiati dispacci in data del 23 giugno e 4 luglio n. 1554, 1555 e 1556 (2) di questa serie.

(l) -Cfr. n. 634. (2) -T. 915 del 13 luglio 1883, non pubblicato. (3) -T. 546 del 14 luglio 1883, non pubblicato.
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IL CONSOLE A TRIPOLI, B. LAMBERTENGHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 929. Tripoli, 17 luglio 1883, ore 11,30 (per. ore 15,35).

Squadra francese proveniente Canea giunse questa mattina. Avendo saputo della ,quarantena ordinata nella Tunisia per le provenienze della Tripolitania, ripartì oggi stesso per Tunisi suo destino senza comunicare suo arrivo alle autorità. Produsse sensazione e commenti nel Paese, non essendo mai venuto qui complesso di tante navi. Governatore, col quale appunto parlavo ieri sera sul possibile approdo squadra, dissemi ritenerlo inopportuno perché ecciterebbe sentimento indigeni, ed avere giorni prima manifestato questa opinione al console francese, essendo quindi persuaso che non verrebbe. Constami che ambasciata Costantinopoli telegrafò avviso console francese. Governatore ripetemmi inoltre ieri sera, malgrado mie insistenze, desiderava attendere giornali per conoscere termini esatti corrispondenze onde pubblicare categoriche smentite, locché sarà nel giornale prossima settimana.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1920. Vienna, 18 luglio 1883 (per. il 23).

Trovandomi ieri dal conte Kalnoky al suo ebdomadario ricevimento, il discorso cadde sulla recente visita fattagli dal ministro degli Affari Esteri di Romania. S. E. dissemi che il signor Stourdza gli sviluppò punto per punto le tesi sostenute nel suo dispaccio al ministro di Romania a Londra, senza mostrare

in maniera alcuna che il Gabinetto di Bukarest sia disposto a menomamente mutare la sua attitudine a fronte del trattato di Londra; non mostravasi però preoccupato di quella situazione ed anzi chiedeva cosa il Gabinetto di Vienna intendeva fare per uscirne.

A questa domanda il ministro imperiale dissemi aver risposto che certamente la situazione presentavasi assai imbarazzante anche per l'Austria-Ungheria, ma che non spettandogli prendere l'iniziativa di una risoluzione, attenderebbe che le altre Potenze si pronuncino e che poscia vedrebbe ciò che deve fare. Del resto S. E. dicevami di aver soggiunto al suo interlocutore, che la resistenza della Romania non impedirebbe che lo scambio delle ratifiche si effettui nel tempo prescritto, e che ciò fatto succederebbe a riguardo della questione danubiana ciò che già si verifica per altre parimenti risolte dal Congresso di Berlino, che non sono ancora entrate nel numero dei fatti compiuti, ma che però avranno infallantemente quella soluzione che fu consacrata dal verdetto dell'Europa; locché pur succederà per la questione danubiana, che intanto resterà come una spada di Damocle penzolante sulla testa della Romania creando così una posizione poco aggradevole pel giovane Regno.

Il signor Stourdza sarebbe poi stato, a quanto mi disse il conte Kalnoky, larghissimo nell'espressione del rincrescimento del governo rumeno per i fatti di Jassi, come pure nel prodigare assicurazioni sulla lealtà degl'intendimenti del Gabinetto di Bukarest non che sul suo sommo desiderio di mantenere nel vicino Impero le più cordiali ed intime relazioni, osservando che facendo astrazione da qualsiasi speciale considerazione, è nell'interesse della Romania di stringersi all'Austria-Ungheria. Egli aggiunse poi ancora, che certamente per seguire quella politica il suo governo ha non poche difficoltà da vincere, ma che sormonterà rompendo apertamente coi radicali come il signor Rosetti ed altri.

Il conte Kalnoky si sarebbe mostrato mediocremente soddisfatto di quelle assicurazioni ed infatti non taceva al signor Stourdza che già dalla sua bocca egli le aveva sentite formulare sei mesi or sono, senza che d'allora in poi si fosse palesato il menomo indizio che ne accennasse la pratica applicazione.

Come l'E. V. vede, quella visita a Vienna del ministro degli Affari Esteri di Romania che sembrava porgere qualche speranza di un accomodamento della questione Danubiana, per nulla mutò lo stato di cose preesistenti.

(l) -T. 921 del 14 luglio 1883, non pubblicato. (2) -Non pubbllcati.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA (l)

D. 115. Roma, 19 luglio 1883.

Ho ieri consegnato all'ambasciatore di Francia una memoria, nella quale è esposto in forma precisa il nostro pensiero circa la sospensione in Tunisia della giurisdizione consolare italiana. L'esercizio di questa sarebbe, per effetto

di tale sospensione, ed in virtù del decreto del Bey in data 5 maggio scorso, e mercé il nostro consenso, trasferito ai nuovi tribunali creati nella reggenza secondo la legge francese del 27 marzo 1883, ivi promulgata con decreto beilicale del 18 aprile. Mi pregio di qui acchiudere, per informazione di V. E., copia della memoria, a commento della quale verrò qui aggiungendo alcune considerazioni, nonché quegli schiarimenti stessi che di viva voce ebbi a fornire al signor Decrais.

Come l'E. V. ha potuto scorgere dal recente carteggio delle nostre ambasciate e legazioni, la proposta della Francia di surrogare i nuovi tribunali sorti in Tunisia sotto i suoi auspici ai tribunali consolari non ha incontrato presso i vari Gabinetti obiezione alcuna di massima. Le minori Potenze, volendo far cosa gradita alla Francia in argomento che punto non tocca peri esse ad interessi valutabili, si sono affrettate a manifestare il loro consenso. Tra le Potenze maggiori, la Russia fin da principio si dichiarò affatto disinteressata. Rimangono (oltre l'Italia) la Germania, l'Austria-Ungheria e la Gran Bretagna. Quale atteggiamento abbiano preso questi tre Gabinetti, ben sa V. E., la quale dai documenti che già le comunicai, e che le stanno sott'occhio, può trarre a tale riguardo ogni più esatta notizia. La Germania ha già ottenuto dal suo parlamento la facoltà di abbandonare o restringere per ordinanza imperiale l~ giurisdizione consolare in Tunisia. L'Austria-Ungheria e l'Inghilterra si sono oramai pronunciate anch'esse per l'accettazione, subordinata, però, da parte dell'Inghilterra al desiderio di parecchi schiarimenti, e da parte di entrambe alla esplicita riserva che la rinuncia debba valere esclusivamente per la materia giurisdizionale, di guisa che tutti gli altri diritti e le immunità nascenti dalle capitolazioni, dagli usi e dai trattati s'intendano mantenuti in pieno vigore, ed a talune di codeste immunità abbia a derogarsi esclusivamente per quel tanto che sia necessario a rendere possibile la libera azione della nuova magistratura.

A noi parve conveniente di seguire un metodo sostanzialmente non diverso da quello a cui l'Austria-Ungheria e la Gran. Brettagna mostrarono di volersi appigliare. Fin da principio avevamo dichiarato d'essere disposti in massima ad accettare che alla giurisdizione consolare in Tunisia subentrasse la giurisdizione della nuova magistratura territoriale. E per verità, circoscrittà la questione, come fu costantemente animo nostro, entro la sfera degli interessi pratici e positivi, non si vedrebbe perché debbansi a priori disconoscere alla nuova magistratura sorta in Tunisia quei requisiti di capacità e di imparzialità che sono i fattori essenziali d'una buona ed efficace giustizia. Se la giurisdizione consolare nei Paesi di levante ha la sua ragione di essere nelle profonde differenze e nelle condizioni della giustizia indigena, dominata da influenze e pregiudizi religiosi, e generalmente priva d'istruzione e d'indipendenza, è voto della scienza e della civiltà che, con la istituzione dei tribunali europei cessando siffatte condizioni, venga meno la necessità di limitare la giurisdizione territoriale verso gli stranieri. Né, da questo punto di vista in cui deliberatamente ci collocammo, sarebbe stato ragionevole l'assumere un atteggiamento di resistenza che, senza vantaggio dei nostri interessi reali ed effettivi, non avrebbe fatto che costituirci in una condizione di volontario isolamento, e creare ,alla sola giurisdizione consolare che rimanesse superstite nella Tunisia difficoltà pratiche che renderebbero meno efficace la protezione del diritto in pro della colonia italiana. Bensì dal sentimento della nostra responsabilità verso quegli interessi stessi, i quali sono nella Tunisia importantissimi e degni d'ogni maggiore sollecitudine, fummo condotti alla ricerca di tale formala e di tali modalità di esecuzione, per cui ad essi non avesse a recar pregiudizio alcuno la nostra adesione.

Questo fu il procedimento da noi seguito, ed a queste considerazioni si ispirano le conclusioni dello studio nostro, quali trovansi consegnate nella qui acchiusa memoria. Nel rimetterla, ieri, al signor Decrais, ebbi cura di fargli notare l'intendimento schiettamente amichevole a cui essa si informa. Le avvertenze con le quali abbiamo creduto opportuno di accompagnare la nostra adesione non hanno, per chi attualmente le consideri, punto il carattere di riserve; sono piuttosto schiarimenti, o da noi stessi anticipatamente forniti con schietta lealtà, acciò il governo francese sappia fin da ora come alcuni punti da noi si intendano e interpretino in previsione della loro pratica applicazione, o da noi chiesti al governo francese acciò si dileguino dall'animo nostro le dubbiezze che circa altri punti non sono, a nostro avviso, sufficientemente eliminate dai documenti finora comunicatici. Tanto gli uni quanto gli altri schiarimenti, allorché ottengano il concorde assenso de' due governi, ben !ungi dal fornire pretesto ad impedimento od ulteriore indugio, hanno secondo il preciso nostro proposito, un obiettivo solo: quello di rimuovere fin d'ora, per quanto la previdenza umana possa in simili materie giovare, ogni contingenza di futuri dissensi o conflitti, quando sia per procedersi, in Tunisia, alla attuazione del nuovo regime giurisdizionale. Vera riserva, da parte nostra, è una sola: che codesto nuovo regime giurisdizionale non abbia ad applicarsi nella reggenza ai cittadini italiani, se non quando sia simultaneamente ed egualmente applicato agli stranieri di qualsivoglia altra nazionalità. Né certo v'ha chi possa contrastare la ragionevolezza di questa riserva, conforme senza dubbio agli intendimenti dello stesso governo francese.

I punti sopra i quali cadono gli schiarimenti, o da noi enunciati, o da noi desiderati, sono i seguenti, che verrò brevemente enumerando.

Il trattato fra l'Italia e la Tunisia dell'8 settembre 1868 deve naturalmente rimanere in pieno ed intero vigore. Vuolsi quindi mantenere integra l'efficacia dell'articolo 22, i due ultimi capoversi del quale sono così concepiti: «Le leggi da applicare per la decisione della causa, quando la questione debba risolversi dai tribunali ed autorità locali, saranno quelle del Paese, purché non si tratti di stabilire lo stato e capacità personale della parte italiana, né di altre questioni per le quali sia necessario ricorrere ad altre legislazioni, secondo le norme e le distinzioni del diritto internazionale privato, comunemente accettate. Le donazioni e le successioni, ancorché aventi per oggetto beni immobili, saranno regolate secondo le leggi italiane o tunisine, secondo che il donante o il defunto appartenga all'una o all'altra Nazione, salvo in ogni caso il divieto di trasmet

tere beni immobili a stranieri che siano incapaci di possedere nel regno di Tunisi ~.

In presenza di così chiara e tassativa prescrizione convenzionale, è naturale che i nuovi magistrati, al pari dei presenti magistrati locali, debbano applicare ai cittadini italiani la legge italiana in tutte le materie che nel citato articolo sono specificate, vale a dire in tutte le quistioni spettanti allo statuto personale e di famiglia, alle donazioni, alle successioni, e in genere ad ogni argomento che il diritto internazionale privato riservi alla legislazione nazionale di ogni singolo straniero.

E' del pari strettamente razionale ed incontrastabile che debbasi applicare dai nuovi magistrati la legge italiana quando si tratti di rapporti giuridici già precedentemente formati sotto l'impero della legge italiana. Questo è principio generale, che non potrebbe sconoscersi senza ledere i diritti acquisiti e sconvolgere le basi d'ogni civile legislazione.

La legge costitutiva della nuova magistratura stabilisce che tre assessori stranieri debbano aggiungersi ai giudici ordinari per giudicare, nelle cause penali, imputati stranieri. Non è dichiarato a quale nazionalità gli assessori debbano appartenere; è però naturale ed ovvio che si abbiano a scegliere nella nazionalità italiana allorché ad essa l'imputato appartenga.

Un desiderio ci parve convenire d'esprimere per l'intervento, almeno con voto consultivo, di un assessore italiano anche nelle cause civili e commerciali in cui siano parte sudditi italiani. Il nuovo magistrato sarà spesso chiamato ad applicare la legge italiana, o per ragione di materia, o per trattarsi di causa avente per base rapporti giuridici anteriori alla inaugurazione del nuovo regime. Errori di interpretazione, anche in buona fede, sarebbero sempre facili per chi, pur essendo dotto e coscienzioso, non abbia famigliarità con legislazione diversa da quella di cui egli fa quotidiana applicazione. La presenza, il consiglio di un assessore esperto nella legislazione da applicarsi saranno di prezioso aiuto, senza menomamente inceppare l'azione della giustizia. Valga questa considerazione soprattutto per le cause commerciali, ben sapendosi di quanto differiscano in tale materia le legislazioni vigenti nei due Paesi, ed appena cominciando, in quanto si concerne, a conoscersi in Italia stessa il nuovo, e profondamente riformato, codice di commercio, che solo il lo gennaio 1884 sarà per entrare in vigore.

Ci parve necessario ottenere un chiarimento circa l'autorità chiamata ad esercitare il diritto di grazia rispetto alle sentenze proferite dai nuovi magistrati verso individui stranieri. Tacciono affatto sopra questo punto i documenti che l'ambasciatore di Francia ci aveva comunicato, e di cui anche V. E. ha copia.

L'ammessione presso i nuovi tribunali degli avvocati e procuratori presentemente ammessi all'esercizio della loro professione presso i nostri tribunali consolari ci parve troppo giusta domanda e tale da potersi senza difficoltà accogliere. La stessa agevolatezza dovrebbe pur continuarsi per l'avvenire, salva beninteso la osservanza delle condizioni di idoneità individuale, sia per le anzidette professioni, sia per gli impieghi d'ordine e di cancelleria presso i

43 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XV-XVI

nuovi tribunali. L'elemento italiano potrà riuscire, per queste professioni e per questi ufficii, utile assai, non potendosi quasi concepire, senza l'aiuto di quel prezioso elemento, l'azione della nuova magistratura sopra le due colonie che superano in Tunisia ogni altra per importanza numerica: la italiana e la mal tese.

L'assimilazione dei protetti italiani ai cittadini italiani nella materia giurisdizionale non è mai stata contrastata. Ci parve nondimeno conveniente, a rimuovere ogni dubbiezza, farne oggetto di espressa dichiarazione.

Viene, infine, un punto particolarmente delicato, quello cioè che si riferisce alla giusta linea di distinzione da fissarsi tra la nuova giurisdizione, che da noi si accetta, e le immunità risultanti da capitolazioni, usi e trattati, le quali sono espressamente mantenute in quanto non siano di ostacolo al libero esercizio della nuova giurisdizione. Ci sembra di avere trovato, a questo riguardo, una formala corretta, dichiarando che tali immunità sono espressamente ed integralmente conservate in quanto riflettono le persone e la residenza dei funzionari consolari, e debbano invece, in quanto concerne i privati, non essere di ostacolo alla esecuzione dei giudicati che i nuovi tribunali siano per pronunciare secondo la legge. Come V. E. ben vede, questa formala è corollario del principio fondamentale da cui pigliammo le mosse: doversi, cioè, alla situazione peculiare creata in Tunisia dal diritto convenzionaie vigente (capitolazioni, usi e trattati) derogare esclusivamente per quel tanto che sia strettamente richiesto dalla surrogazione della nuova giurisdizione alla giurisdizione consolare.

All'infuori di questi varii punti, che nella memoria sono particolarmente esposti e chiariti, non sarà fuor di luogo una breve spiegazione circa la dichiarazione, contenuta nella memoria stessa, che le sentenze pronunciate dai nuovi trwunau in Tunisia saranno suscettibili di esecuzione anche in Italia a norma dell'art. 941 del vigente codice di procedura civile. Attualmente i giudicati dei tribunali consolari italiani in Tunisia sono considerati come giudicati italiani, ed esecutorii in Italia senza formalità alcuna di delibazione od altra consimile. E' evidente che non potrebbe applicarsi lo stesso trattamento ai giudicati dei nuovi tribunali di Tunisia investiti di competenza anche per gli stranieri dal decreto beilicale del 5 maggio. Giova però notare che il procedimento a cui, secondo il nostro concetto, questi giudicati si assoggetterebbero è .precisamente quello stesso semplicissimo a cui sottostanno i giudicati francesi in virtù della dichiarazione scambiata tra l'Italia e la Francia 1'11 settembre 1860. Suonano, infatti, in termini identici questa dichiarazione e l'art. 941 del codice di procedura civile. La dichiarazione stabilisce che «le cours, en déférant, à la forme du droit, aux demandes d'exécution des jugement rendus dans chacun des deux Etats, ne devront faire porter leur examen que sur les trois point suivants, savoir: 1° si la décision émane d'une juridiction compétente; 2° s'il a été rendu les parties durement citées, et légalement représentées ou défaillantes; 3° si l es règles du droit public ou les intérets de l'ordre public du Pays où l'exécution est demandée ne s'opposent pas à ce que la décision du tribuna! étranger ait son exécution ». A sua volta, l'art. 941 del codice di procedura civile è così concepito: «La forza esecutiva alle sentenze delle autorità giudiziarie straniere è data dalla Corte d'appello, nella cui giurisdizione debbono essere eseguite, premesso un giudizio di delibazione in cui la Corte esamina: l o se la sentenza sia stata pronunziata da un'autorità giudiziaria competente; 2° se sia stata pronunziata, citate regolarmente le parti; 3° se le parti siano state legalmente rappresentate o legalmente contumaci; 4° se la sentenza contenga disposizioni contrarie all'ordine pubblico o al diritto pubblico interno del regno».

Il signor Decrais, che volle meco leggere ed attentamente esaminare la memoria che io gli rimetteva, non dubitò di manifestarmi la favorevole impressione che personalmente ne riportava. Né certo potrà revocarsi in dubbio l'intendimento amichevole che fu nostra guida costante nella trattazione di quest'affare. Una sola parola, in tutta la memoria, mi parve suonare meno gradita all'orecchio dell'ambasciatore di Francia: la parola suspension, da me adoperata là dove nella memoria è indicata la precisa formala dell'autorizzazione che il regio governo sarà per chiedere in questa materia al Parlamento. Evidentemente il signor Decrais avrebbe preferito tale locuzione che implicasse il concetto d'una definitiva soppressione della giurisdizione consolare in Tunisia. Io non volli impegnarmi a questo riguardo in una discussione che avrebbe potuto riuscire delicata e spinosa. Mi sono invece studiato di far comprendere al mio interlocutore come il concetto di una sospensione sia quello che meglio si adatta ad una situazione nella quale, lasciata quasi per tacito consenso in disparte la questione politica propriamente detta, le Potenze si sono limitate a considerare il fatto dell'avvenuta istituzione dei nuovi tribunali in Tunisia e la convenienza di giovarsene. Non è, d'altronde, fuori di luogo ricordare che lo stesso procedimento si è del pari seguito in altre consimili circostanze. Fu sospensione di giurisdizione anche per la Bosnia-Erzegovina e per Cipro, quantunque si trattasse di giurisdizione consolare per noi affatto nominale, in Bosnia ed Erzegovina non mai esercitata, o solo a Cipro in rarissimi casi. In Egitto, poi, quella che riportò la sanzione delle nostre Camere, fu una vera e propria sospensione, anzi con espressa limitazione di tempo, benché si trattasse di trasferire la giurisdizione a magistratura nella quale, insieme con le altre Potenze, l'Italia sarebbe stata proporzionatamente rappresentata da giudici da essa designati.

Il signor Decrais, che parte in questi giorni per Parigi, si è assunto l'incarico di supplire con opportune spiegazioni verbali a quello che per avventura nella memoria non fosse sufficientemente chiarito. A questo intento riuscirà singolarmente preziosa presso codesti signori ministri la cooperazione di lei, che da questo dispaccio può trarre elementi e norma di linguaggio. Se, come non vogliamo dubitarne, il governo della Repubblica è animato da sentimenti di conciliazione eguale ai nostri, la presente questione, che da principio ha potuto sembrare irta di difficoltà non lievi e presso di noi difficili a superarsi, si troverebbe oramai avviata, salvo il voto del nostro parlamento, ad una soluzione che agli occhi nostri apparisce equa ed atta a porgere soddisfacimento ad ogni legittimo interesse.

ALLEGATO

IL MINISTR.O DEGLI ESTER.I, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, DECRAIS

PROMEMORIA.

Roma, 18 luglio 1883.

Un décret de s. A. le Bey de Tunisi, en date du 27 Djoumadi-el-Tani 1300 (5 mai 1883), porte que la jurtdiction des tribunaux créés, en Tunisie, d'après une loi frança1se du 27 mars 1883, promulguée dans la régence par décret beylical du 10 Djoumadi-ei-Tani 1300 (18 avril 1883), pourra étre étendue aux nationaux des Puissances amies qui consentiraient à faire cesser de fonctionner leurs tribunaux consulaires.

S. Exc. M. l'ambassadeur de France, se référant aux pourparlers antérieurs sur ce méme sujet, a bien voulu, d'après del instructions de M. le ministre des Affaires Etrangères de la République, insister pour obtenir ce consentement de la part du gouvernement italien.

Le Cabinet de Rome n'avait pas tardé à s'occuper de cette question grave et délicate.

La mlonie italienne en Tunisie mérite, per le nombre de ses membres et par l'importance de ses intéréts, toute la sollecitude du gouvernement du Roi. C'est notre devoir de lui assurer !es plus complètes garanties de sécurité et de bonne justice. Désirant atteindre ce but et téimoigner en méme temps, envers la France et son gouvernement, de nos sentiments amicaux et de notre pleine conìiance dans le commencement, déjà déclarés préts, en principe, à entrer dans les vues du Cabinet de Paris. Nous nous étions seulement réservé d'étudìer la formule pratique et !es modalités de l'arrangement à intervenir, en vue de concilier notre adhésìon avec la sauvegarde des droits et des légitimes intéréts de l'Italie en Tunisie.

Nous sommes aujourd'hui en mesure de déclarer que le gouvernement du Roi est disposé, à la reprise des travaux parlementaires, à demander aux Chambres l'autorisation de consentir en Tunisie, ainsi qu'on l'a fait en 1875 pour l'Egypte, à la suspension de l'exercice de la juridiction consulaire découlant des capitulations, coùtumes et traités en vigueur, et au transfert de cette juridiction aux tribunaux autorisés per le décret beylical du 5 mai 1883, dont !es jugements seront susceptibles d'exécution en Italie d'après l'art. 941 du code de procédure civile. Il doit, cependant, étre bien entendu qu'on maintiendra, en faveur des nationaux italiens et des autorités consulaires en Tunisie, tous autres droits, facultés et immunités garanties par !es capitulations, coùtumes et conventions en vigueur, en admettant seulement, en ce qui concerne !es simples particuliers, les restrictions nécessaires pour le libre exercice de la nouvelle juridiction. Il est, en outre, bien entendu que cette innovation en matière juridictionnelle ne sera faite dans la Régence envers !es nationaux italiens, qu'autant qu'eile serait également appliquée aux naiionaux de tous les autres pays.

Convaincus, camme nous le sommes, que !es deux gouvernements sont également désireux de maintenir et de resserrer leurs rapports amicaux, et nous préoccupant par conséquent de l'éventualité où l'xercice de la nouvelle juridicttion pourrait donner lieu, en Tunisie, à des dissentiments, nous estimons qu'il nous convient d'énoncer, dès aujourd'hui, en toute loyauté et franchise, notre manière de vok sur !es effets pmtiques du nouveau règime à l'ègard de quelques points qui pourraient à l'avenir soulever des doutes ou contestations.

1°) Le traité italo-tunisien du 8 septembre 1868 étant maintenu en vigueur, et son observation, de la part du gouvernement du Bey étant garantie, la nouvelle magistrature territoriale en Tunisie, comme !es tribunaux du Pays appliquera, envers les nationaux italiens, la législation italienne aux matières énumerées aux deux derniers alinèas de l'art. 22 dudit traité (statut personnel et de famille, successions, donations et autres matières rèservées par le droit international pnve a la législation nationale de chaque étranger), ainsi qu'aux rapports de droit qui se seraient précédemment formés sous l'empire de lois italiennes;

2°) Dans les affaires pénales les trois assesseurs étrangers adjoints au tribunal appartiendront, pour les prévenus italiens, à la nationalité italienne;

3°) L'application de la loi it,alienne par les nouveaux tribunaux pouvant etre assez fréquente, l'intervention d'un assesseur italien, au moins avec voix consultative, nous paraitrait également avantageuse dans les affaires civiìes et commerciales. Il y a lieu d'insister, à cet égard, d'une manière spéciale pour les affaires commerciales, au sujet desquelles les différences sont sensibles entre les deux législations;

4°) Un éclaircissement est nécessaire à l'égard du droit de grace, les pièces communiquées n'indiquant pas par qui ce droit va étre exercé au sujet des arrets rendus par les nouveaux tribunaux;

5°) Les avocats et avoués (procuratori) exerçant actuellement leur profession auprès des tribunaux consulaires italiens, en Tuntsie, continueront d'ètre admis à l'exercer auprès des nouveaux tribunaux. Sauf, bien entendu, les conditions de capacité individuelle, les nationaux italiens seront, à l'avenir aussi, admis à l'exercice de ces professions, ainsi qu'aux emplois de greffe et d'ordre dans les nouveaux tribunaux;

6°) Les protégés italiens sont, en matière juridictionnelle, assimilés aux nationaux italiens;

7°) Les privilèges et immunités dont les autorités consulaires italiennes dans la Régence jouissent en vertu des capitulations, coutumes et traités, sont expressément et intégralement maintenus, soit à l'égard de leurs personnes, soit à l'égard des résidences respectives. Les immunités dont les capitulations et coutumes assurent la jouissance, en Tunisie, aux simples particuliers de nationalité étrangère, ne devront pas empécher l'exécution des jugements rendus, d'après la loi, par la nouvelle magistrature territoriale.

(l) Ed. In LV 43, pp. 69-76.

641

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. CONFIDENZIALE 115. Parigi, 19 luglio 1883 (per. il 22).

Il signor Challemel-Lacour, in un colloquio che io ebbi ieri con lui, si lamentò del ritardo che il nostro governo frapponeva al regolamento della questione delle capitolazioni in Tunisia, specialmente per ciò che riflette l'abolizione della giurisdizione consolare. Egli in conseguenza mi pregava di interpormi presso l'E. V., affinché si venisse per parte nostra ad una soluzione, mentre le altre grandi Potenze, la Germania cioè, l'Austria e l'Inghilterra avevano già aderito alle proposte della Francia.

Risposi a S. E. Challemel-Lacour che io non aveva mandato alcuno per trattare quella questione con questo ministero degli Affari Esteri, ma che però io era in grado di poter dire che la lE. V. mostrava il più sincero desiderio di comporre quella vertenza, e che se vi erano ritardi, ciò proveniva dalla natura stessa della questione complessa assai, e che implicava gravi interessi che è d'uopo tutelare. Io misi in dubbio che l'adesione delle tre grandi Potenze anzi accennate, fosse così assoluta come sembra lo credesse il signor ChallemelLacour, poiché la Germania stessa, la meno interessata di tutte negli affari tunisini, aveva fatto le sue riserve, l'Austria doveva sottoporre la questione al

parlamento; e l'Inghilterra, che aveva dato una adesione generica, stava tuttora in questi ultimi giorni ponderando i termini della sua adesione definitiva. Feci osservare che, se l'Inghilterra che ha importanti interessi in Tunisia prendeva il suo tempo prima di assumere una risoluzione, l'Italia, che ha nella Reggenza interessi anche superiori a quelli della Gran.Bretagna, aveva fondate ragioni per esaminare in tutte le sue conseguenze l'atto che le si chiedeva; e che senza voler prendere norma assoluta dalle altre Potenze, ad essa conveniva però d'informarsi di ciò che avrebbero fatto, specialmente l'Inghilterra, che travasi rispetto a Tunisi in condizioni affini a quelle dell'Italia.

Io gli promisi intanto di ragguagliare l'E. V. di questa conversazione, mentre lo assicurai che non si poteva mettere in dubbio la ferma volontà dell'E. V. di giungere al più presto ad un accomodamento per quanto possibile atto a conciliare i nostri interessi con quelli della Francia. Non tralasciai di fargli osservare che la questione della Tunisia aveva giustamente destato grande eccitamento in Italia, e che il nostro ministero, il quale aveva anche da rendere conto al parlamento ed al Paese del suo operato, doveva mostrare di nulla aver trascurato per tutelare i nostri interessi, e facilitare ad un tempo i rapporti dei nostri nazionali colle nuove autorità costituite in Tunisia.

Il signor Challemel-Lacour mi parlò eziandio della premura che si aveva di riordinare le finanze della Reggenza, il che doveva pure tornare a vantaggio dell'Italia, che vi aveva anch'essa grandi capitali impegnati. Risposi che certamente avremmo desiderato un buon servizio finanziario, ed a questo proposito, ricordai al signor Challemel-Lacour il nostro trattato del 1868, che assicurava all'Italia vantaggi e prerogative, di cui è d'uopo tener conto. S. E. mi disse che aveva letto quel trattato, e che ne apprezzava l'importanza; non aggiunse però nulla che alludesse alla sua accettazione senza riserva.

Infine il signor Challemel-Lacour, per maggiormente giustificare la sua premura di ottenere la nostra adesione, mi parlò della necessità di provvedere ad una buona notizia; giacché i disordini crescevano ogni giorno a Tunisi per effetto dell'incertezza tuttora esistente nelle rispettive attribuzioni delle autorità francesi e dei consoli. S. E. mi disse che ognuno faceva la sua polizia a proprio modo; riconobbe però che la migliore era quella italiana, giusta l'avviso dello stesso signor Cambon, che ora travasi a Parigi.

Debbo dire che in tutta questa conversazione il signor Challemel-Lacour si mostrò bensì premuroso di finirla colle questioni delle capitolazioni; ma mi parlò con molta moderazione, esprimendo il desiderio di venire con noi ad un accordo soddisfacente per ambe le parti.

Non aggiungo altre considerazioni se non quella che l'accomodamento di quella vertenza gioverà molto ai buoni rapporti fra ì due Paesi, e può somministrarci un'arma per opporsi ad ulteriori ambiziosi progetti della Francia su quella sponda del Mediterraneo (1).

(l) Ed., con alcune varianti, in LV 43, pp. 77-78.

(l) Allegata al presente rapporto si trova la seguente annotazione di Malvano: «RingraZi"re. Nel nostro dispaccio del 19 ho già risposto anticipatamente a questo rapporto e il generale Menabrea avrà avuto modo di dimostrare al signor Challemel quanto spirito di conciliazione e di temperanza noi abbiamo recato in questo affare. Circa la quistione finanziaria dovremo, naturalmente, sentire le proposte che ci fossero fatte, !imitandoci per ora a mantenere la piena efficacia del trattato del 1868 ma solo ora anche degli accordi del 1869-70 relativi al controllo». In base a ta'i istruzioni venne redatto 11 D. 119 del 26 luglio indirizzato all'ambasciata a Parigi, non pubblicato.

642

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

D. 1514. Roma, 20 luglio 1883.

Nel segnarle ricevuta del rapporto politico (confidenziale) n. 1919 del 15 di questo mese (1), ringrazio particolarmente la S. V. delle considerazioni svoltevi intorno alla questione di Tripoli, e non esito a dichiarare il mio pieno consentimento nei concetti da lei esposti. Noi, infatti, ci asteniamo con scrupolosa cura da ogni atto che possa dare ombra alla Francia, o appiglio a preparare essa stessa a Tripoli le intraprese, di cui ci si vorrebbe attribuire l'intenzione. Ma non è dubbio che, a tal riguardo, le improntitudini di certe società italiane, da noi disapprovate, e gli articoli imprudenti di certi giornali sono altamente deplorevoli.

Quanto al cavalier Lambertenghi, egli è ora, come apparisce dal suo carteggio nei migliori termini tanto col governatore di Tripoli, quanto col suò collega di Francia, ma, ciò non ostante, noi non abbiamo trascurato d'impartirgli istruzioni perentorie, nel senso che debba stare in buoni, anzi in intimi rapporti con entrambi. D'altra parte, poi, ci riuscirebbe difficile di trovare, sul momento, un altro agente, in surrogazione del cavalier Lambertenghi, che sia ugualmente abile e perspicace. Pur nondimeno, io non dimenticherò il suggerimento di V. E. e ne terrò il conto dovuto, per cercare di attuarlo. non appena le esigenze del servizio lo consentano.

643

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 117. Parigi, 24 luglio 1883 (per. il 27).

La nomina del signor Waddington ad ambasciatore della Repubblica presso la Regina Vittoria venne generalmente accolta con favore ·in Francia. Non si vedevano senza inquietudine i sintomi di dissidii esistenti fra i due Paesi e si fa assegnamento sulla simpatia che il signor Waddington troverà senza dubbio in Inghilterra dove fu educato in Cambridge, per attutire i malumori destati dagli ultimi avvenimenti sia per parte degli inglesi colla loro predominanza in Egitto, sia per parte dei francesi colla loro politica di espansione coloniale così apertamente dichiarata dalle parole e dai fatti di questo governo.

Si è molto notato un articolo del signor Gabriel Charmes pubblicato nel giornale Les Débats del 22 corrente e nel quale l'autore, tuttoché propugnando la pace, parla della necessità per la Francia di rialzare la sua bandiera sui

mari sperando che l'opera del signor Waddington gioverà a dissipare i sospetti della Inghilterra per permetterle di seguire la politica che la condusse a Tunisi e porta le sue aspirazioni verso l'Africa occidentale, a Madagascar, al Tonchino ed in varie regioni dell'Oceania.

Questo articolo del signor Gabriel Charmes che fu uno de' principali propugnatori della spedizione della Tunisia, esprime a mio parere il sentimento dominante del ministero attuale che cerca ne' protettorati diversi oltre mare, un compenso alla perdita della influenza francese in Egitto e si vale di questo mezzo per soddisfare l'amor proprio de' francesi e Io spirito di speculazione che ha invaso questo Paese.

Io non so se il signor Waddington riescirà a vincere le opposizioni sorte in Inghilterra contro questa politica francese; egli stesso non vi si mostrò per l'addietro molto favorevole poiché mi ricordo che in una conversazione che io ebbi con lui in Londra, egli mi disse che a Berlino gli si era offerta la Tunisia, ma che si era ben guardato di valersi di quel dono pericoloso di natura a compromettere i buoni rapporti tra la Francia ed altre Nazioni specialmente l'Italia e l'Inghilterra. L'obbligo in cui si è testé trovato l'onorevole Gladstone di ritirare dalla Camera il progetto di legge relativo alla approvazione dello accordo stipulato col signor Lesseps per lo scavo di un secondo canale attraverso l'istmo di Suez, dimostra che l'opinione al di là della Manica non è finora disposta ad ammettere che la Francia abbia su quella comunicazione la medesima ingerenza che l'Inghilterra; l'autorità del signor Gladstone non valse a vincere la opposizione sorta contro quello accordo.

Per ristabilire una perfetta armonia tra i due Paesi, sarà senza dubbio necessario che la Francia moderi i suoi tentativi di colonizzazione e sovratutto che si arrenda a conchiudere coll'Inghilterra un nuovo trattato di commercio non dissimile da quello che, durante circa venti anni, ha mantenuto la buona armonia fra i due Paesi.

(l) Non pubblicato.

644

IL COMMISSARIO CIVILE AD ASSAB, BRANCHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 14. Debra Tabor, 24 luglio 1883 (per. il 19 settembre).

Nessuna nuova posso ancora dare all'E. V. circa le mie trattative col Negus. Dopo le prime udienze formali poche volte ho potuto vederlo e fin qui non ho creduto apprestarmi e chiedere che si trattino le proposte che cotesto

R. ministero mi ha incaricato di fargli. Qualche giorno fa gli presentai un progetto di trattato che egli lesse attentamente, riservandosi di darmi in seguito una risposta. Giudicando dall'insieme delle cose io credo che non vi sarà difficoltà ad ottenere da lui quelle stipulazioni che chiediamo se mi riesca di ben fargliene comprendere la portata. Non bisogna infatti dimen

ticare che egli non ha mai firmato nessun altro trattato e che l'idea di stipulazioni internazionali è completamente nuova per l'Abissinia. Più difficile sarà per me l'ottenere quello che io considero parte principalissima della mia missione, che egli cioè si decida a lasciar per qualche anno tranquilli i danakil fino a tanto che non sia ben aperta ed assicurata al commercio la via di Assab. Ma come già dissi negli altri miei rapporti, io nutro per tutto ciò buona speranza. Tostoché mi sia dato di conoscere qualche cosa di più positivo non mancherò di informarne l'E. V.

(l) Ed. in LV 66, p. 142.

645

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

D. 584. Roma, 26 luglio 1883.

Mi reco a premura di segnarle ricevuta del suo rapporto di serie politica

n. 1002 del 1° di questo mese (1), col quale V. S. mi ha trasmesso una circolare di Cherif pascià ed una nota stampata annessa alla medesima, che vien rivolta dal governo egiziano alle Potenze per domandare di estendere ai tribunali misti la giurisdizione penale ed ho appena bisogno di notare che questo argomento è della massima importanza, e fu più volte soggetto di meditazione.

Cherif pascià non può dubitare del nostro vivo desiderio di arrecare nello studio di esso uno spirito di particolare simpatia verso l'Egitto e di personale deferenza verso l'eminente uomo che ebbe tanta parte nella rigenerazione del suo Paese. E' però evidente che il governo del Re debba anzitutto scambiare le sue idee cogli altri Gabinetti, al par di lui interessati nella questione, ed è pure necessario d'investigare con cura il valore delle ripugnanze molto vivamente manifestate a questo riguardo dalle due commissioni di notabili che nel dicembre del 1880 si riunirono al Cairo e ad Alessandria per esaminare l'argomento della revisione del corpo giudiziario.

Io desidererei intanto che la S. V. si compiacesse di manifestarmi francamente la sua opinione, troppo fugacemente adombrata, piuttosto che espressa, nel suo rapporto del 30 aprile passato (l), trattandosi di materia sì grave. E grato anche mi sarebbe s'ella volesse procurarmi l'enunciazione particolareggiata e motivata dell'opinione personale dei signori Machiavelli e Vitto, nonché dei signori Giaccone, Cavalli e Moriondo. Né riescirebbe per me privo d'interesse se V. E. trovasse modo d'indagare circa questo soggetto l'opinione dei più autorevoli tra i suoi colleghi, o di altre persone aventi particolare competenza, e me ne facesse una minuta relazione. Tutto questo formerebbe un complesso di elementi preziosi per illuminare e guidare il nostro giudizio; ed io son certo che la S. V. s'adopererà con la maggiore diligenza a procurarceli.

(l) Non pubblicato.

646

IL CONSOLE A TRIPOLI, B. LAMBERTENGHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 973. Tripoli, 30 luglio 1883, ore 18,30 (per. ore 21,30).

Il Tarabulus Garb, giornale ufficiale del Vilayet, contiene nel suo numero d'oggi la seguente comunicazione ufficiale: «Si è voluto indurre in error~ parte della stampa europea con telegrammi e corrispondenze inviate da Tripoli riportanti supposti acquisti territoriali effettuati per conto di una compagnia italiana all'est della provincia e lo sbarco colà di trecento operai italiani, per respingere i quali l'autorità locale avrebbe inviato sul luogo truppe imperiali. Smentendo formalmente tali notizie, ci affrettiamo a narrare la verità del fatto: lo l'acquisto di terreni effettuato da italiani all'est della provincia; 2° lo sbarco di operai italiani; 3° l'invio di truppe imperiali per respingerli non sono che false voci destituite di qualsiasi fondamento. Sebbene il Djerides Havadis (giornale ufficiale di Costantinopoli) nel numero del 5 Ramadan 1300 (9 luglio) abbia fatto menzione di simili notizie giunte da Tripoli, non ha mancato però di smentirle qualificandole false voci. Infatti le truppe imperiali componenti la divisione di Tripoli essendo numerose e le caserme e stabilimenti militari insufficienti per alloggiarle ed essendo state riparate quelle del distretto di Homs, S. E. il governatore generale e S. E. il comandante militare decisero spedirvi parte delle truppe locché avvenne recentemente. Il comandante le accompagnò fino a Homs donde ritornò l'indomani a Tripoli. Questo è il fatto, e tutto ciò che fu scritto sull'argomento, salvo quanto abbiamo sopra riferito, non è che pura menzogna. Circa l'avere il comandante accompagnate personalmente le truppe a Homs, è notorio come sia dovere del governatore generale e comandante militare ispezionare i distretti e dipendenze della provincia allorché lo giudicano conveniente. L'alterazione dunque dei fatti e la diffusione di false notizie è l'opera senza dubbio di coloro che hanno speciale interesse a questo genere di pubblicazioni menzognere delle quali noi non teniamo conto veruno ». Questa pubblicazione produsse ottima impressione colonia.

647

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 1934. Vienna, 1° agosto 1883 (per. il 6).

Il conte Kalnoky dissemi di aver fatto dare conoscenza all'E. V. della sua risposta al Gabinetto di Parigi intorno alla soppressione della giurisdizione consolare a Tunisi.

S. -E. non entrava meco in particolari in proposito, solo accennavami ch'egli si era unicamente limitato a trasmettere quelle osservazioni e domande di schiarimenti, che i ministeri competenti delle due parti della Monarchia avevano formulato attenendosi press'a poco a ciò che al riguardo fu fatto dal Gabinetto inglese.

Egli aggiungevami poi ancora che da quanto gli aveva riferito il signor Rosty emergeva che la stessa cosa press'a poco era stata fatta dal governo italiano. A tale indiretta domanda mi limitai a rispondere press'a poco colle parole del dispaccio rivoltomi dall'E. V. il 19 scorso luglio n. 1511 (1), che infatti il governo italiano nel dichiararsi disposto alla ripresa dei lavori parlamentari a chiedere alla Camera l'autorizzazione di consentire alla sospensione della giurisdizione consolare in Tunisia, anziché formulare vere riserve si era limitato a dare e chiedere al governo francese quelle spiegazioni necessarie onde giustamente interpretare quei punti che più tardi avrebbero potuto dare occasione a dissensi e conflitti.

*Il conte Kalnoky non mi chiese altro, ma come per finire il discorso osservò, che il principe di Bismarck la di cui iniziativa aveva necessariamente precipitato le risoluzioni degli altri Gabinetti, aveva poi in fondo, dandosi l'apparenza della più larga adesione, fatto meno di tutti gli altri, poiché si era accontentato di chiedere al suo parlamento l'autorizzazione di far ciò che crederebbe meglio.

Devo dire che il conte Kalnoky nel parlarmi di tutto quest'affare sembrava alquanto imbarazzato, ed io reputo ciò fosse conseguenza di ciò che il conte Ludolf ebbe a riferirgli intorno alla poco favorevole impressione prodotta nell'animo dell'E. V., dal ben si può dire nessun concorso che l'AustriaUngheria ebbe a prestarci in questa faccenda, linguaggio questo che veniva a confermare quello abbastanza esplicito da me tenutogli alcuni giorni fa sullo stesso argomento (2) *.

(l) -Ed., con alcune varianti e ad eccezione del brano tra asterischi, !n LV 43, p. 85.
648

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL CONSOLE A TRIPOLI, B. LAMBERTENGHI

D.s. N. Roma, 2 agosto 1883.

Mi pregio di segnalarle ricevuta del suo rapporto delli 27 luglio passato (3) col quale mi riferiva una conversazione avuta ultimamente con codesto governatore.

Nel confermarle, anzitutto, il mio telegramma del 31 andato (l), prego Vossignoria di rinnovare al pascià i nostri ringraziamenti per avere pubblicamente contraddetto le voci maligne propalate a nostro danno in codesto Paese. L'opportuna smentita escluderà ogni velleità di nuovo intrigo a pregiudizio dei buoni ed intimi rapporti che vogliamo mantenere con la Turchia, e desideriamo pure si mantengano tra la S. V. e codesto governatore.

Son lieto, poi, di esprimerle la mia approvazione per il partito preso da Vossignoria di mostrare con franchezza al detto funzionario le lettere apparentemente direttele dallo Sragi, essendo nostro preciso intendimento che debba esistere tra lei ed il governatore la più illimitata e reciproca fiducia. Non vi può, quindi, essere segreto fra loro due, sempre che si tratti di cose attinenti al mantenimento dell'ordine e della tranquillità nel vilaiet.

(l) -Non 'pubblicato. (2) -Allegata al presente rapporto si trova la seguente annotazione d! Malvano: «Confermare l'!struzione data di comunicare al conte Kalnoky la nostra memoria. Dichiarare che l'apprezzamento del generale Robiland corrisponde perfettamente al nostro pensiero. In base a tali istruzioni venne redatto il D. 1525 del 9 agosto 1883, Indirizzato all'ambasciata a Vienna, non pubblicato. (3) -R. 50, non pubbl!cato.
649

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1937. Vienna, 2 agosto 1883 (per. il 6).

Il conte Ludolf essendo venuto ieri a farmi visita, dissemi essere stato autorizzato a rimettermi l'unito questionario presentato dal Gabinetto imperiale al Gabinetto francese in ordine alla chiesta soppressione della giurisdizione consolare in Tunisia, l'annessa traduzione ne fu da lui fatta.

S. E. soggiungevami, che il signor Rosty aveva ordine di darne comunicazione all'E. V., ed al tempo stesso chiedevami se dal canto mio avrei analogamente comunicato al conte Kalnoky le osservazioni e quesiti parimenti formolati dal mio governo. A tale domanda naturalmente risposi di non aver avuto istruzione di ciò fare e che mi si era dato unicamente conoscenza di quel documento per norma del mio linguaggio.

Ciò detto ringraziai il conte Ludolf per la datami comunicazione, e lessi tosto alla di lui presenza il documento consegnatomi. Quella lettura avendomi fatto sorridere, S. E. volle conoscerne la ragione, ed io non esitai a dirgli che quel questionario si allontanava non poco, da quella ben S'i può dire incondizionata adesione alla domanda della Francia, che il conte Kalnoky a senso di quanto il barone Pasetti era venuto a dirmi a suo nome (vedi telegramma del 29 giugno ore 3 pomeridiane) (2) essere il partito a cui il governo imperiale intendeva appigliarsi.

Allora non si trattava che del mantenimento del regime delle capitolazioni e dei trattati speciali, riserva generale che, visto la proporzione degli interessi austriaci a proteggere in Tunisia doveva bastare al Gabinetto di Vienna. Ora invece, le osservazioni ed interrogazioni formolate in quel questionario sono di natura ad imbarazzare il governo francese per lo meno

altrettanto se non più, che quelle da noi presentate. Aggiunsi ancora, che il governo francese si troverebbe assai imbarazzato a rispondere a tante diverse questioni escogitate in varie forme dai singoli Gabinetti mentre che se si fosse seguito il sistema proposto dall'E. V., di concertare in comune un sol questionario per tutte le Potenze, l'intesa col Gabinetto di Parigi sarebbe riuscita assai più facile a tutte le parti interessate. A questa mia osservazione il conte Ludolf si limitò a rispondere, che il Gabinetto di Vienna si era appigliato al partito di formolare press'a poco quelle stesse interrogazioni contenute nell'analogo questionario inglese.

La verità sta però in ciò, che mentre il conte Kalnoky volendo seguire il sistema a cui credeva si sarebbe tenuto la Germania, non intendeva sollevare difficoltà di sorta, i ministri competenti delle due parti della Monarchia a cui incombe direttamente la tutela degl'interessi dei loro amministrati, non furono disposti a seguire il ministero degli Affari Esteri su di una via poco sostenibile il giorno in cui i due parlamenti saranno chiamati a discutere il necessario progetto di legge.

ALLEGATO

1° Quel est le droit matériel qui sera appliqué par les tribunaux à Tunis. Il serait désirable d'obtenir communication des codes relatifs tant civH que de commerce et pénal ainsi que des codes de procédure en matière civiles et pénal et des lois sur la compétence des juges de paix et des défenseurs.

2° Est-il entendu que la compétence des tribunaux à installer s'étendra aussi sur les affaires non-litigieuses (par exemple les successions, l'institution des tuteurs, curateurs etc.) ainsi que sur les faiUites?

3° Les nouveaux tribunaux seront-ils compétents aussi pour les procès qui surgiront entre deux sujets austro-hongrois ou entre ces derniers et des nationaux étrangers ou encore indigènes lorsque le sujet austro-hongrois est le défenseur?

4° Quelle est la voie d'appel contre les tribunaux de première instance ou les juges de paix tant en matière civile que pénale?

5° Les immunités et privilèges des fonctionnaires consulaires par rapport à leurs personnes et leurs domiciles seront-ils aussi à l'avenir suffisamment garanties, mème dans une disposition légale et spéciale?

6° Quelle sera la position des protégés austro-hongrois?

7° Quelles lois règleront à l'avenir l'acquisition et la possession de biens immobiliers?

(l) -T. 578 del 31 luglio 1883, non pubblicato. (2) -T. 859, non pubblicato.
650

IL MINISTRO A CETTIGNE, MACCIO', AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 14. Cettigne, 2 agosto 1883 (per. il 10).

In altra occasione ebbi l'onore di esprimere all'E. V. il parere, che le intenzioni del governo montenegrino circa alle questioni del confine nella valle della zeta, e dei suoi rapporti colle vicine tribù albanesi, potrebbero meglio

conoscersi dopo il viaggio del principe Nicola a Mosca, attesa la sua grandissima deferenza ai voleri dello Czar e dei suoi consiglieri.

Tornato S. A., non ha guarì, a Cettigne, non è stato difficile l'accorgersi come, tanto a Pietroburgo quanto a Vienna, gli fosse dato il consiglio (col quale concordano le informazioni possedute da V. E.) di intendersi, sulla questione della frontiera, direttamente colla Sublime Porta, non essendo le Potenze disposte ad un intervento attivo nelle esistenti divergenze, né ad incaricare i rispettivi commissari di recarsi, per comporle, sul luogo, a rischio di veder riuscire l'opera loro infruttuosa. A questo deve ascriversi l'incarico che il governo del principe dava al signor Bakié, segretario del ministero degli Affari Esteri, di recarsi a Scutari presso Mustafà Assim pascià. Egli era latore di una lettera, colla quale il ministro, signor Radonié, in seguito della sottomissione delle tribù albanesi insorte, manifestava al vali la speranza di vederlo procedere alla consegna dei territori attribuiti al Montenegro, ed assicuravalo, inoltre, di ogni miglior disposizione di S. A. ad ogni ragionevole transazione che potesse sembrare opportuna. Il muscir, pur mostrando di gradire il messaggio, avrebbe detto essergli oramai facile il rimettere al principato i territori in questione, ma occorregli speciali ordini del Sultano; creder quindi che meglio sarebbe se il Montenegro volesse far pratiche a Costantinopoli per indurre S. M. a conferirgli i necessari poteri.

Già prima d'ora era stato informato il principe Nicola del desiderio di Abdul-Hamid di ricevere una sua visita. Nell'essere a Mosca, l'ambasciatore turco gliene tenne egli pure parola, e lo assicurò che S. M. gli riserbava la più cordiale accoglienza. Il principe ne fece tosto parola al signor di Giers, e quindi al conte Kalnoky a Vienna; e, poiché in ambedue la proposta produsse favorevole impressione, si decise a secondaria.

Da quel momento incominciarono le trattative necessarie per il suo ricevimento dal Sultano, ed ora, come lo diceva poco fa il signor Radonié S. A. altro ,non attende che il componimento della cerimonia del matrimonio della figlia primogenita col principe Karageorgevié, per recarsi sul Bosforo. Al quale scopo lo yacht imperiale «Izzeddin » si troverà il 14 a sua disposizione a Cattaro.

Quando tutte le intelligenze siano accuratamente prese, onde S. A., nel muovere un passo di tanta importanza, non vada incontro a qualche sgradevole delusione, sembra ragionevole il credere che i risultati ne saranno vantaggiosi. Per fermo il Sultano non vorrà esporsi alle censure delle Potenze, corrispondendo con una attitudine meno che conciliante alla loro aspettativa ed alla cortesia che gli viene usata. Ma poiché ogni adopramento a ben disporlo non sarà mai superfluo, tornerà, senza dubbio, acconcio che, da parte dei rappresentanti dei Gabinetti d'Europa, siano dati a S. M. opportuni consigH. E di questi io ritengo che l'E. V. vorrà se ne porgano anche dal R. ambasciatore in Costantinopoli, nell'intento che, tolti i motivi del permanente attrito esistito fino ad oggi fra la Turchia ed il Montenegro, subentri uno stato di cose, il quale renda possibili regolari relazioni fra i due governi a reciproco loro vantaggio.

Le principali cause di dissidio sono, come l'E. V. non ignora, la determinazione della frontiera, la questione della quota del debito pubblico ottomano che il principato dovrebbe, secondo la Sublime Porta, assumersi, e la rivendicazione da essa ripetutamente chiesta dei beni, così detti, vacut, esistenti nelle provincie cedute.

Intorno a questo punto, è ormai noto qual sia lo stato delle cose; sul secondo, non avvenne di constatare fin qui la esistenza di serii screzii, perché il governo del Gran Signore si mostrò sempre assai riservato, sapendo come implichi una questione comune ad altri Stati, e da risolversi coll'intervento delle Potenze.

Il punto più scabroso è il terzo. La Sublime Porta tentò in passato di entrare in negoziati, ma il Montenegro, irritato per le difficoltà messe reiteratamente in campo onde di evitare il definitivo tracciamento della frontiera rispose che non tratterebbe nessuna questione fino a che quella non fosse definitivamente risoluta. Ciò non ha tolto che si conosca essere intendimento della Turchia di ottenere l'equivalente dei beni delle moschee, e quello di altri dichiarati di proprietà demaniale.

Per i beni delle moschee, qui si ritiene la domanda interamente infondata. Si osserva che, se queste dotazioni devono servire all'esercizio del culto musulmano permesso e protetto, com'è suo dovere, dal Montenegro, le moschee non ne possono fare a meno, tanto più che, il principato non pagando il basso clero, ne avverrebbe che, quando il culto stesso fosse privato di quei mezzi, dovrebbe cessare, con detrimento delle popolazioni che lo professano. Si qualifica, inoltre, come inveridico l'asserto che delle moschee siano state soppresse, e quindi non abbiano bisogno di mantenimento. Si dice infine che questa parte della questione ha una importanza, quando si voglia esser giusti, di appena tre

o quattro mila fiorini.

Circa ai beni demaniali ritiensi che quelli designati sotto tal nome dalla Turchia siano invce beni dei consumi. Ora, continuando i municipi ad esistere, 1l Montenegro contesta al governo, da cui anteriormente dipendevano, il diritto che allora non si sarebbe arrogato di reclamarli come suoi, e che, riconosciuto, li priverebbe di risorse indispensabili. Si è a questo proposito assai decisi alla .:esistenza, perché da un calcolo fatto il governo principesco arguisce che le rivendicazioni ottomane equivarrebbero a circa il valore della metà dei territori ceduti, a pagar il quale basterebbe appena quello dell'altra metà restante.

Ciò dimostra come alcune delle divergenze esistenti offrano poca speranza di facile componimento, se da una delle parti, da quella cioè che ha maggiori mezzi pecuniari e finora tenne verso il principato una condotta equivoca, inspirata da antichi e moderni rancori, non si riconosca essere del suo interesse l'abbondare in buon volere. La situazione dell'Albania, la quale può tuttavia dar luogo a nuove e pericolose complicazioni per l'impero, la condotta corretta tenuta dal Montenegro durante la recente insurrezione, la deferenza che il principe mostra al Sultano compiendo, coll'andare a riverirlo nella sua capitale un atto al quale nessuno dei suoi predecessori si è mai prestato, sono circostanze di cui la Porta, se ben riflette, dovrà tener in conto l'alto valore. Essa non può illudersi fino al punto di credere che migliorerebbe la sua posizione conducendosi in guisa da obbligare il principe a ritornare nel suo Stato con sentimenti di diffidenza, e coll'amor proprio suo e del popolo offesi per non aver trovato presso di lei niuna disposizione ad un accordo, che da essa soltanto dipende di rendere possibile; né deve dimenticare che se il Montenegro muove oggi un passo di tanta importanza nella sua storia, lo fa principalmente per un riguardo alle grandi Potenze ed ai loro savi consigli; e lo scontentare anche loro sarebbe pel governo ottomano un errore funesto ed imperdonabile.

651

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

D. 123. Roma, 3 agosto 1883.

Il canale di Suez tornò, in questi ultimi tempi, a formare materia di importante trattazione, ed io sono grato a V. E. di avermi riferito, con gli interessanti rapporti suoi, le fasi successive della controversia e l'atteggiamento della pubblica opinione rimpetto alla combinazione che da ultimo erasi escogitata tra il signor Gladstone ed il signor di Lesseps.

All'infuori di ciò che più direttamente tocca gli interessi finanziarii ed economici della intrapresa, hanno evidente ed incontrastabile rilevanza, da un punto di vista più generale, le precise e categoriche dichiarazioni del signor Gladstone, per le quali è formalmente escluso, secondo la mente dell'illustre uomo di Stato, che il canale possa mai considerarsi quasi come un monopolio di una o di poche Potenze. In questo concetto sta forse il germe di quella futura e definitiva soluzione, alla quale, quando sia maturo il tempo, la questione di Suez sarà per avviarsi. Né è mestieri che io dica essere fin da ora acquisito il nostro concorso a quei negoziati o scambi di idee che mirassero a così desiderabile scopo.

Per ora, e mentre si stanno dibattendo sopratutto gli elementi finanziarii della intrapresa, stimiamo conforme alle esigenze della nostra situazione di mantenerci in un atteggiamento di benevolo e vigile riserbo. Ed io confido che codesto Gabinetto saprà apprezzare l'intendimento amichevole che ci dissuade da ogni intempestiva e non richiesta intromissione. Bramerei, però, che V. E. riferendosi alle nobili e disinteressate affermazioni del signor Gladstone, potesse trarne opportuno argomento per ricordare a lord Granville la cortese sua promessa di farci conoscere il suo apprezzamento circa i concetti essenzialmente pratici coi quali ci parve potersi convenientemente completare quelli enunciati da Sua Signoria, nella circolare del 3 gennaio, circa la libertà e la neutralità del canale di Suez. Ci sarebbe gradito assai di apprendere, a questo riguardo, il pensiero di codesto Gabinetto al quale non può sfuggire il nesso che corre tra l'uno e l'altro lato della quistione.

652

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 987/252. Londra, 3 agosto 1883 (per. il 7).

Mi pervenne a suo tempo il dispaccio del 26 luglio scorso, n. 113 Serie Politica (2), col quale l'E. V. riferendosi al dispaccio precedente del 19 luglio, a cui era annessa la memoria da lei rimessa al signor Decrais (3), relativa alla giurisdizione in Tunisia, mi esprimeva il desiderio di avere l'assicurazione che il Gabinetto di Londra consente in sostanza nel modo di vedere del governo del Re su questo argomento.

Non ho mancato di chiamare l'attenzione del conte Granville su questo oggetto, ed in una conversazione che ebbi oggi con lui, gli comunicai, a titolo confidenziale, la memoria precitata, pregandolo di parteciparmi a sua volta le decisioni del governo di S.M. britannica.

Il conte Granville mi ringraziò di questa comunicazione, e mi disse che essa gli era utilissima appunto in questo momento in cui sta occupandosi di formulare le idee del suo governo sulla materia. Sua Signoria mi promise poi di far conoscere al governo del Re le decisioni che quello della Regina starà per prendere a tale riguardo, e che finora non furono per anco formulate.

653

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 127. Parigi, 6 agosto 1883 (per. il 10).

Questa mattina il conte di Lesseps venne, a nome della società del canale di Suez di cui è presidente, a pregarmi di dichiarare ufficialmente a V. E. che la società è risoluta a mantenere con tutti i mezzi a sua disposizione, anche all'uopo ricorrendo all'aiuto delle grandi Potenze, la libertà per tutte le Nazioni della navigazione attraverso il canalP., in tempo di guerra come in tempo di pace, contro qualsiasi tentativo che si volesse fare da parte di qualche Potenza, di monopolizzare a proprio vantaggio quella importante via marittima.

Egli alludeva così alla polemica non ha guarì insorta a quel proposito in Inghilterra, per cui l'onorevole Gladstone dovette ritirare la legge di approvazione della convenzione testé stipulata tra il governo britannico ed il signor Lesseps. Egli si occupa di costruire un secondo canale prossimo al primo per corrispondere alle esigenze del transito che aumenta continuamente. Mi disse

(-3) Cfr. n. 640.

44-Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XV-XVI

di essersi già assicurato dei fondi necessari a tal uopo, e che non avrebbe oramai accettato il concorso pecuniario del governo britannico che gli era stato offerto colla Convenzione anzidetta. I progetti del nuovo canale diconsi già allestiti.

Se recenti pretese degli inglesi su quella via commerciale avevano suscitato le apprensioni dell'Olanda e della Spagna la Germania e la Russia stessa si interessano alla questione ed a quanto pare sarebbero disposte a sostenere, almeno moralmente, i diritti della società di Suez nel senso espresso dal signor di Lesseps, che si è mostrato sicuro del loro appoggio, come lo è di raccogliere la somma occorrente per la nuova impresa.

Egli fa ugualmente assegnamento sull'Italia, e mi disse che fra poco avrebbe chiesto al nostro governo un ingegnere italiano di valore per esaminare i nuovi progetti come si fece per l'addietro coll'illustre Paleocapa di veneranda memoria.

P.S. Prego l'E. V. di fare pervenire a S. E. il commendator Magliani la qui unita lettera proveniente da S.A.R. il conte d'Aquila (l).

(l) -Ed. in LV 43, p. 90. (2) -Non pubblicato.
654

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL CONSOLE A TRIPOLI, B. LAMBERTENGHI

D. s.N. Roma, 10 agosto 1883.

Ho ricevuto il rapporto politico n. 51, che la S. V. mi ha spedito sotto la data delli 3 corrente (2) e le porgo le più particolari grazie per la trasmissione fattami del comunicato ufficiale di smentita inserito, per ordine del governatore, nel Tarabulus Gard, quanto pei ragguagli che mi fornisce sulla ottima impressione prodotta da questa pubblicazione, e per le considerazioni che svolge sul mantenimento della nostra influenza in codesto Paese. Mantenere e sviluppare tale influenza sta nei voti e propositi del R. governo, il cui pensiero travasi pertanto concorde, sotto questo rispetto, coi concetti espressi dalla S. V., ma è, in pari tempo necessario che nulla si faccia da parte nostra che possa con ragione dare ombra all'autorità del luogo. Né minor cura è mestieri avere, acciò non sorgano e si sviluppino nel Paese quelle fittizie intraprese, che ad altro non servono che a fornire pretesti a chi va in cerca di invadere il campo comune, e far apparire la nostra politica sotto un aspetto ben diverso dal vero. Il nostro compito, dunque, nella Tripolitania dev'essere inspirato dal duplice scopo di proteggervi ogni legittimo interesse italiano, e di assecondare le iniziative private ed a questo compito il governo del Re non sarà mai per venir meno.

{2) Non pubblicato.

(l) Allegata al presente rapporto si trova la seguente annotazione di Malvano: «Avendo l'occasione di incontrare il signor de Lesseps, voglia ringraziarlo della sua comunicazione e dirgli che il governo del Re si compiace nel vedere come sempre più si faccia generale ed assodate li concetto della libera navigazione del canale di suez, tanto in tempo di pace quanto in tempo di guerra». In base a tali istruzioni venne redatto il D. 128 dell'l! agosto 1883, diretto all'ambasciata di Parigi, non pubblicato.

655

IL MINISTRO A TANGERI, SCOVASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1038. Gibilterra, 12 agosto 1883, ore 8,50 (per. ore 17,30).

Connaissant l'inertie de ce gouvernement, je lui avais fixé 20 jours pour répondre à ma note officielle concernant les demandes que V. E. connait. Ce délai expirait hier au soir et le ministre des Affaires Etrangères prétend que la réponse du Sultan n'est pas encore arrivée, mais j'ai lieu de le mettre en doute. Dans un entretien que j'ai eu avec le ministre des Affaires Etrangères nous étiòns tombés d'accord sur toutes les questions, mais lorsqu'il s'est agi de signer, le ministre des Affaires Etrangères n'a pas voulu le faire au nom de son Souverain et il n'a pas voulu non plus me garantir l'accomplissemerìt de l'accord. Dès lors j'ai compris que l'astutieux ministre voulait gagner du temps pour obliger un éloignement des navires de guerre et qu'il compte sur sa mauvaise foi pour se soustraire à l'exécution de ce que nous avions convenu. J'ai donc laissé de còté l'arrangement fait et je lui ai dit que j'attendrais la réponse du Sultan en lui déclarant, dans une note officielle, que 24 heures après l'expiration du dit délai, les dépenses pour l'entretien des navires de guerre seraient à la charge du gouvernement marocain, jusqu'à l'arrivée de la réponse. J'espère que V. E. approuvera cette menace que j'ai du faire uniquement dans le but de secouer l'inertie malitieuse de ce gouvernement. Tout ira très bien si mes collègues d'Espagne, d'Angleterre, desquels je me méfie, ne se méleront pas de notre affaire, mais il me semble qu'ils travaillent à la soudine.

656

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3300. Berlino, 12 agosto 1883 (per. il 18).

L'intimité entre l'Allemagne et l'Autriche qui n'a cessé d'étre visible depuis le Congrès de Berlin, a reçu une consécration de plus dans l'entrevue récente à Ischl de l'Empereur Guillaume et de l'Empereur François-Joseph.

Evidemment il n'a rien été stipulé de nouveau entre les deux Souverains; mais le fait méme de leur rencontre qui se répète chaque année constate que leur amitié est constante. Elle serait méme «inaltérable » pour me servir d'une appréciation faite en ma présence par le secrétaire d'Etat. Sans vouloir lui attribuer un caractère d'immutabilité qui à la longue ne s'accorde pas avec les nécessités de la politique variable selon les circonstances, il faut admettre que l'association repose sur des bases bien solides pour se maintenir et méme se renforcer malgré certains courants contraires entre les deux grands adversaires des champs de bataille de Bohéme, malgré que les nationalités slaves dans la Cislethanie aussi bien que dans la Transleithanie soient favorisées au détriment des races allemandes. Si le comte Taaffe a des prédilections slaves, en apparence du moins, ce sera peut-etre un stratagème pour opposer une barrière aux agissements de la Russie, et pour mieux rattacher à la Monarchie des Habsbourgs des éléments dont l'agitation lui causerait les plus graves embarras. Quelle que soit la politique intérieure du Cabinet de Vienne on la juge ici avec une extreme indulgence. On trouve une large compensation dans sa politique extérieure. Comme me le disait hier le comte de Hatzfeldt, on en est ici extrémement satisfait et la haute distinction dont le comte Kalnoky a été l'objet en a été une preuve.

Le secrétaire d'Etat ne faisait aucune allusion aux bruits des journaux, d'après lesquels le ministre des Affaires Etrangères austro-hongrois, aurait précedé son Souverain à Ischl pour parler, entre autre, de la Bosnie et de l'Herzégovinc, afin d'accélérer le moment où l'Autriche remplacerait par un bon titre de propriété le mandat de haute police que l'Europe lui a confié au Congrès de Berlin. On a prétendu également qu'il s'agissait d'une promesse mutuelle de prolonger le traité d'alliance conclu à Vienne en 1879 et qui expire l'année prochaine. Comme cette alliance est fondée sur des intéréts essentiels à savoir, d'une part de se mettre en garde contre la Russie, d'autre part contre la France, les exigences de cette situation ne se modifieront pas de sitòt, et les deux Empires n'hésiteront pas à maintenir leurs accords, sans qu'il soit nécessaire de s'y engager dès aujourd'hui. Les dangers persisteront dans ces deux directions. Si les rapports officiels avec la Russie sont satisfaisants, les mesures militaires que cette Puissance prend vers la Prusse orientale, ont obligé le Cabinet de Berlin à augmenter le nombre de ses troupes vers cette méme frontière. L'Autriche se fortifie également contre celui qu'elle considère comme le voisin le plus redoutable. Les deux alliés l'observent avec défiance. L'Allemagne semble s'approprier les mots de Frédéric-le-Grand disant avec sa crudité de langage habituelle: « l'alliance russe n'est qu'une alliance d'ostentation destinée à couvrir mes dérrières ». La situation intérieure de cet Empire, malgré le calme apparent devient de jour en jour plus difficile. Les mois s'écoulent depuis le couronnement, et rien n'a été changé dans le status quo ante. Et cependant l'esprit de réforme est assez répandu en Russie pour que le gouvernement ne puisse se passer de son secours, pour qu'il doive un jour ou l'autre subir la nécessité de refondre, de rajeunir cette vieille organisation administrative de l'autocratie, ou tranchons le mot, de l'arbitraire. C'est la lutte entre l'esprit de réforme et l'esprit révolutionnaire. Pressé de toute part, le gouvernement a son choix à faire. Il ne trouvera une force réelle que dans une politique de sage réformation, dont on ne peut d'ailleurs se dissimuler les difficultés au sein d'un si vaste et incohérent Empire. Peut-étre méme que le problème est insoluble dans un tel milieu. Alors se présente le péril d'un gouvernement aux abois cherchant un dérivatif à l'étranger contre les complots intérieurs. Sous ce rapport, le discours très imprudent prononcé par le nouveau gouverneur de la Pologne, général Gurko a produit un mauvais effet à Vienne aussi bien qu'à Berlin.

Quant à la France, l'idée a toujours couru ici qu'elle présente moins de dangers avec ses institutions actuelles que sous une restaurations au profit des Orléans. Entre deux maux on préfère le moindre. En l'absence des Chambres les querelles de partis semblent si non apaisés, du moins suspendus et ajournés. On preche meme l'union, la conciliation, la stabilité du gouvernement. Seulement la question est toujours de savoir ce qu'on veut dire avec tous ces mots honnetes et rassurants.

Comme si on créait un gouvernement stable avec des idées de subversion que les républicains mettent dans leur programme ou qu'ils sont toujours prets à favoriser. Le mal profonde et redoutable est dans la politique qui a régné depuis quelques années, dans cette politique qui sous prétexte de réformes tend à tout agiter, à tout mettre en suspens et qui consiste, sous prétexte de conciliation, à livrer jour par jour toutes les traditions, toutes les garanties au radicalisme envahissant. Des républicains à l'esprit plus avisé ne l'entendent certainement pas ainsi. Ils voudraient arreter le mouvement. Mais la politique de désorganisation et de connivence avec le radicalisme a sa logique comme les autres politiques. On tombe du c6té où l'on penche.

En attendant, cette République de mauvais aloi est d'un fàcheux exemple pour les peuples, lors meme que ce devrait etre un épouvantail à leurs yeux. Ce qui vient de se passer en Espagne, en est une preuve. Le gouvernement français saura se défendre de toute complicité. Jusqu'à preuve contraire, on peut le croire. Mais il en est un peu de la propagande républicaine, comme de la qnestion d'Orient. Chaque Cabinet professe ou affecte la rigoureuse observation du traité de Berlin, mais certains Cabinets ont des agents officiels ou officieux trop zélés qui par leurs menées engagent peu à peu la politique du gouvernement respectif.

Comme ils servent ou pensent servir ses intérets, on se montre tolérant envers eux, on ne les désarme pas à la moindre incartade et quand les complications surgissent, ceux qui se vantent le plus d'avoir les mains nettes, sont le premiers à tàcher de retirer profit pour leur cause. Or la France est isolée et ne saurait voir de mauvais oeil que des sentinelles avancées du parti républicain, comptant sur l'impunité, s'agitent pour recruter des partisans, surtout dans les rangs des prétendues races latines afin de les opposer aux Monarchies qui, à leurs yeux, commettent le crime de se coaliser dans le but de sauvegarder l'ordre social et l'existence de leurs Etats.

Le Cabinet de Berlin se sent assez fort pour se préserver de l'infiltration des doctrines malsaines. Il patiente donc, mais certainement il ne saurait lui convenir que les idées républicaines gagnassent du terrain en Europe. Son objectif principal est de se garder contre une entente entre la France et la Russie. Du moment où il se manifesterait des indices d'un rapprochement sérieux, il n'hésiterait pas à entrer en lice, et des alliés ne lui feraient pas défaut.

A propos des troubles récents en Espagne, le comte de Hatzfeldt me citait un propos du Roi Alphonse exprimant le regret que les insurgés se soient dérobés de manière à ne pas permettre aux troupes d'en finir une fois pour toutes. On prétendait, ajoutait le secrétaire d'Etat, qu'un des mobiles des meneurs avait été celui d'empecher Sa Majesté de réaliser le projet de visiter quelques Cours étrangères.

657

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL MINISTRO A TANGERI, SCOVASSO

T. 608. Roma, 14 agosto 1883, ore 0,35.

Votre télégramme (l) me préoccupe. Vous comprenez que nous ne voulons point, pour une petite affaire, soulever par des actes de violence une grosse question, et que nous ne pouvons pas non plus laisser indéfiniment notre escadre à Tanger. La menace de nous faire payer les frais d'entretien ne saurait, d'ailleurs, etre sérieusement exécutée. Si, donc, l'effet moral de la présence de nos navires ne nous assure pas un succès prompt et complet, il faut, au moins, que nous évitions à tout prix l'éclat d'un insuccès. Vous ètes autorisé, au dernier moment, et s'il est impossible d'obtenir davantage, à accepter l'arrangement convenu avec le ministre des Affaires Etrangères, vous contentant d'une clause supplémentaire impliquant la reconnaissance de la dette et l'engagement de la payer. J'attends avec impatience la solution de cet incident.

658

IL MINISTRO A TANGERI, SCOVASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1047. Gibilterra, 14 agosto 1883, ore 15 (per. ore 1,30 del 15).

Suite mon télégramme d'hier (l). Voici Excellence la source de mes soupçons: 1° Depuis quatre jours le ministre des Affaires Etrangères a fait un grand changement. De craintif et conciliant qu'il était, au moins en apparence, se montre aujourd'hui rassuré, et résiste hardiment à mes pressantes demandes, ce qui est tout-à-fait extraordinaire et contraire à la politique du gouvernement marocain, qui consiste, lorsqu'il n'est pas encouragé par autres Puissances, à céder immédiatement, si les réclamations sont appuyées par un navire de guerre; 2° Depuis l'arrivée de nos navires le chargé d'affaires de la Grande Bretagne et le ministre d'Espagne ont fréquents entretiens, qui n'avaient pas auparavant, et après on voit l'interprète d'Espagne chez le ministre des Affaires Etrangères; 3° Lorsque je sors de chez le ministre des Affaires Etrangères l'interprète susdit y entre. Hier il y est resté longtemps, et le soir j'ai reçu du dit ministre des Affaires Etrangères la réponse à mes notes officielles du 20 juillet et 11 courant. Cette réponse ne fait que répéter les mensonges que depuis 15 mais il me débite, et il n'accorde rien. Il finit pour dire qu'il attend la réponse du Sultan. Si V. E. eroi t pouvoir obtenir gouvernement anglais et de l'Espagne des instructions à leurs représentants de s'abstenir de se mèler, je suis sur

que nous pourrions arranger facilement nos affaires avec le Maroc. En attendant l'amiral et les officiers de la seconde division de l'escadre semblent fatigués de rester ici. Si ces navires partent avant que notre différend soit arrangé, nous perdrons tout ce que nous reste d'influence et de prestige. J'aurais envoyé l"interprète Gianatelli auprès du Sultan, qui n'est qu'à trois jours de Rabat, mais si le Sultan donne une réponse non favorable que ferons-nous? Cette réflexion m'a retenu. Veuillez, Excellence, me donner vos instructions. Le ministre des Affaires Etrangères dans la réponse susdite ne croit pas juste que son gouvernement paye les dépenses d'entretien de nos navires, dont il est question dans ma note du 11 courànt.

(l) Cfr. n. 655.

659

IL MINISTRO A TANGERI, SCOVASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1056. Gibilterra, 15 agosto 1883, ore 19,10 (per. ore 5,40 del 16).

Plus de doute sur l'intervention anglaise. Chargé d'affaires britannique est resté hier une heure et demie chez le ministre des Affaires Etrangères et après il a envoyé un télégramme chiffré à son gouvernement. Je suis de plus en plus persuadé que mon collègue d'Espagne se mele aussi de nos affaires. On connait la politique jalouse, soupçonneuse de l'Angleterre, et la jalousie de l'Espagne pour tout ce qui concerne le Maroc. Ces deux Puissances connaissent parfaitement que nous avons droit à demander au Maroc ce que nous demandons. Elles s'inquiètent de l'accroissement de notre influence ici; accroissement qui est inévitable si nous arriverons à tout obtenir du Maroc par nous mèmes; voilà je crois la vraie cause de leur intervention secrète. Il se peut que la présence de la première division de l'escadre à Gibraltar et Algesiras lorsque la seconde division est à Tanger ait pu faire naitre quelque soupçon au gouvernement anglais, sur les intentions du gouvernement du Roi, à l'égard du Maroc; mais un pareil soupçon serait on ne peut plus absurde et stupide; le fait est qu'il n'est pas possible que le ministre des Affaires Etrangères n'ait pas encore reçu de réponse du Sultan concernant mes demandes; je crois plutòt qu'il cherche à gagner du temps pour connaitre d'une manière précise l'avis du gouvernement anglais et peut-ètre du gouvernement de Madrid. Dans cet état de choses me semble qu'il serait contraire à nos intérèts et à notre dignité de faire partir la seconde division de Tanger, mais il serait prudente d'éloigner la première division. J'ai écrit dans ce sens à l'amiral en chef et il me semble comprendre par sa réponse du 12 courant qu'il va partir. J'attends les instructions de V. E. (l) pour répondre aux dénégations gratuites du ministre des Affaires Etrangères dans sa note officielle du 12 aout et pour insister sur les frais d'entretien de nos navires; menoce qu'à la fin fera beaucoup d'effet sur ce gouvernement, sauf à les lui pardonner après l'arrangement.

(l) T. 615 clel 16 agosto 1883, non pubblicato.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, E AL MINISTRO A MADRID, GREPPI

T. 614. Roma, 15 agosto 1883, ore 23,55.

Une série de questions s'accumule pour nous, depuis deux ans, au Maroc. Il nous a été impossible jusqu'ici, malgré la modération de nos demandes et notre esprit de conciliation, d'obtenir une solution. Notre ministre à Tanger, qui vient de les résumer, exigeant qu'on fasse, enfin, droit à nos légitimes réclamations, a lieu de supposer que le gouvernement marocain se fait l'illusion de trouver auprès des représentants de l'Espagne et de l'Angleterre à Tanger, ainsi que de leurs gouvernements, un appui pour se soustraire à ses obligations envers nous. Il serait, dane, important, pour conjurer des complications fàcheuses, que le gouvernement, près duquel vous etes accrédité, donnàt à ses représentants à Tager instructions immédìates de prendre, vis-à-vis du gouvernement marocain, une attitude propre à dissiper toute illusion de sa part, et à le convaincre qu'il ne doit s'inspirer que d'un sentiment de justice et de la conscience de ses véritables intérets. Je vous prie de faire en ce sens une démarche très urgente auprès du ministre des Affaires Etrangères, faisant appel à la bonne amitié que san gouvernement ne cesse de témoigner à notre égard (1).

661

IL MINISTRO A TANGERI, SCOVASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1085. Gibilterra, 17 agosto 1883, ore 21,30 (per. ore 3 del 21) (2).

Je n'ai pas baissé le pavillon. Il est vrai que je trouve dans le ministre des Affaires Etrangères mauvaise volonté et une résistance sans précédent de la part du gouvernement marocain, mais mes relations avec lui et san ministre des Affaires Etrangères sont relativement bonnes et je les continue. Lorsque le gouvernement marocain traitera avec nous de bonne fai et bonne volonté, je serai encore plus conciliant, et, autant que, en vue de l'état actuel des choses, notre dignité le permet. Le ministre des Affaires Etrangères persiste à vouloir me faire croire qu'il n'a pas encore reçu les instructions du Sultan; cependant je sais que plusieurs courriers lui sont arrivés, envoyés par le Sultan dans ces derniers jours, et qu'hier au soir deux autres courriers ont été expédiés au Sultan par le ministre des Affaires Etrangères avec l'ordre d'arrive où Sa Majesté se trouve en six jours. Il faudra dane attendre au moins 15 ou 16 jours encore la réponse du Sultan.

(l) -T. 1061 e 1063 del 16 agosto 1883. non pubblicati. (2) -La data di arrivo si riferisce al telegramma ripetuto. perché indecifrabile.
662

IL MINISTRO A TANGERI, SCOVASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1080. Tangeri, 19 agosto 1883, ore 14,25 (per. ore 6 del 20) (1).

Le seul fait d'avoir attendu 28 jours la réponse du Sultan lorsque 20 jours étaient plus que suffisants et que la seconde division l'attend ici depuis 23 jours inutilement, prouve à V. E. je ne me suis écarté un seui instant des instructions pacifiques de V. E. du 7 juillet et 14 courant (2), et prouve aussi que nous avons déjà essuyé un insuccès que nous devons à l'intervention des représentants d'Espagne et d'Angleterre qui ont assuré au ministre des Affaires Etrangères que notre ordre quoi qu'il arrive est de ne pas briìler une amorce. Maintenant camme je ne puis avec une... (3) que mon adversaire sait qu'elle n'est pas chargée, l'amener à nous faire justice et surtout lorsqu'il se croit... (3). Il n'y a pas de précedent au Maroc, qu'une Puissance, méme de second ordre, ait eu la patience que nous avons et les deux Puissances ne devraient pas nous demander davantage. Pardonnez, Excellence, veuillez me permettre de vous observer par l'expérience de 15 ans que j'ai de ce gouvernement et de la politique des autres gouvernements, que lorsque vous ferez comprendre si vous le jugez nécessaire, aux Cabinets anglais et espagnol que V. E., fatiguée des lenteurs et de la mauvaise volonté du gouvernement marocain à terminer nos questions, elle est décidée à des moyens plus énergiques; je suis persuadé qui en quelques jours nos affaires seront arrangées avec honneur et dignité sans tirer un coup de fusil. Il faut à tout prix la destitution du gouverneur de Rabat et le chàtiment de celui de Zenet; notre prestige y est engagé. Il n'y a que V. E. qui gardien jaloux de la dignité de notre Pays, peut décider ce qu'il y a à faire, et s'il convient de sacrifier notre influence au Maroc pour avoir autre chose. Mes relations avec le gouvernement sont toujours bonnes. Le reste à demain faute de temps.

663

IL MINISTRO A TANGERI, SCOVASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1084. Tangeri, 20 agosto 1883, ore 12 (per. ore 2 del 21) (4).

Suite mon télégramme d'hier expédié à Gibraltar à 2 heures 25 soir (5). Je crois maintenant très difficile sinon impossible de revenir à l'arrangement que j'avais fait avec le ministre des Affaires Etrangères, car il était basé

(-3) Gruppo indecifrato.

sur une lettre de menace, que lui m'a demandée, dans le but, disait-il, de mettre à couvert sa responsabilité auprès du Sultan, lettre que je lui ai remise lorsque je croyais avec cette lettre finir immédiatement toutes nos questions; mais lorsque je me suis convaincu que cet arrangement n'était, de la part du ministre des Affaires Etrangères, qu'une ruse diplomatique, je l'ai retirée, ne voulant pas que le ministre des Affaires Etrangères puisse s'en servir auprès des représentants d'Angleterre et d'Espagne. Je reconnais qu'effectivement la démarche de

V. E. auprès des Cabinets anglais et de Madrid n'a pas produit un résultat complet, mais, malgré tout, j'ai l'espoir aujourd'hui d'obtenir à la (fin) à peu près ce que nous demandons quoique ma tàche soit très difficile, puisque je dois combattre sans armes, et l'arme que le gouvernement du Maroc craint le plus c'est la menace, lorsqu'il sait que les navires n'ont pas la mission de s'abstenir, quoiqu'il arrive de tout acte hostile.

(l) -Il telegramma fu spedito da Gibilterra alle ore 20,55. (2) -D. 106, non pubblicato; cfr. n. 657. (4) -Il telegramma fu spedita da Gibilterra alle ore 21,36. (5) -Cfr. n. 662.
664

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL MINISTRO A TANGERI, SCOVASSO

T. 630. Roma, 20 agosto 1883, ore 15,05.

Reçu votre télégramme parti de Gibraltar hier 19 aoùt, à 8 heures 55 soir {1). J'apprécie vos considérations sur la situation actuelle; mais je dois vous faire remarquer que celle-ci ne serait pas produite si, en mentionnant explicitement dans vos communications la présence de notre escadre, et vous en servant camme d'une menace, vous ne vous étiez pas écarté des instructions contenues dans ma dépèche du 7 juillet (2). Si ces instructions avaient été par vous observées, nous serions libres de retirer notre escadre, sans avoir l'apparence de subir un échec, et la négociation se continuerait avec plus ou moins le lenteur, mais sans aucune dérogation à notre dignité. Maintenant, après vos déclarations, et après les commentaires, dont tous les journaux sont pleins, li est évident que si un arrangement honorable n'intervient pas notre prestige, non pas seulement au Maroc, mais partout en Europe, en essuyerait une rude atteinte. Vous parlez de moyens plus énergiques, dont il faudrait, d'après vous, faire donner, au préalable, un avis au gouvernement marocain par l'entremise des Cabinets de Londres et de Madrid, ce qui, toujours d'après vous, amènerait en quelques jours une solution satisfaisante sans tirer le coup de fusil. Je n'ai pas une idée bien claire des moyens plus énergiques auxquels vous faites allusion, et vous prie de l es spécifier; mais vous comprendrez, e n tout cas, que ma responsabilité m'impose le strict devoir de prévoir l'eventualité, où vos prévisions ne se réaliseraient pas, cette fois non plus, et que nous nous trouvions entrainés à exécuter la menace. Une pareille éventualité qui pourrait, quoi CJ\'8 vous en disiez, nous exposer à des complications désagréables avec l'Angleterre

et l'Espagne, vous paraitrait-t-elle suffisamment justifiée par l'importance intrinsèque de la question? Ma conclusion est celle-ci. Si, après consultation avec le commandant la division, vous étes tous les deux en mesure de me donner, sous votre responsabilité commune, l'assurance absolue que le simple avis d'une menace d'employer les moyens énergiques, arrivant à Tanger par la voie de Londres et de Madrid, suffit pour nous procurer une satisfaction immédiate, je pourrais, peut-étre, et après consultation avec mes collègues, me résoudre à essayer de ce moyen. Mais si vous n'avez pas à cet égard, vous et le commandant, une certitude positive, et je vous prie tous les deux de vouloir bien réfléchir avant de me donner une réponse, je vous engage de nouveau à conclure, à tout prix, avec le ministre des Affaires Etrangères un arrangement pour le paiement des créances et pour une mesure, méme moins sévère, contre les deux gouverneurs. La nouvelle seule d'un arrangement de cette nature suffirait à donner satisfaction à l'opinion publique en Italie. En attendant l'ordre est maintenu à la deuxième division de rester à Tanger jusqu'à nouvelle instruction.

(l) -Cfr. n. 662. (2) -D. 106, non pubblicato.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

D. 136. Roma, 21 agosto 1883.

Ho ricevuto il suo rapporto del 16 corrente n. 267 (1), e mi reco a premura di porgere all'E. V. particolari grazie per le pratiche fatte ed il risultato ottenuto presso lord Granville a proposito delle nostre pendenze col Marocco. Fino a questo momento il ministro degli Affari Esteri di Sua Maestà sceriffiana, allegando pretesti evidentemente dilatori, si ricusa di soddisfare le nostre giuste e discrete domande ma noi abbiamo fiducia che non tarderà ad arrendersi, risparmiandoci la contingenza di maggiori complicazioni.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3306. Berlino, 22 agosto 1883 (per. il 25).

Mi pregio di richiamare l'attenzione dell'E. V. sul contenuto di un articolo, che ha pubblicato oggi la Norddeutsche Allgemeine Zeitung intorno al linguaggio violento, che adopra da qualche tempo la stampa francese contro l'Impero di Germania.

Non manca di una certa gravità questa specie di ammonizione, che il giornale, ìl quale è qui considerato come portavoce delle idee di questo governo, rivolge alla Francia. Quali che siano le preferenze che il governo tedesco possa nutrire per rispetto all'attuale forma di governo del suo vicino di oltre Reno, è indubitato che esso osserva con una tal quale diffidenza lo svolgimento della presente situazione di cose in Francia e cerca di far comprendere, all'occasione, come qui si abbia l'occhio vigile su chi è tuttavia riputato implacabile avversario della Germania. Come l'ho fatto notare nel mio precedente carteggio, il governo imperiale non vede di mal occhio che la Francia si regge a forma repubblicana, ma ciò non esclude che esso non possa un giorno, qualora i repubblicani francesi continuassero nelle loro intemperanze di linguaggio verso l'Impero, essere spinto a smettere da parte sua ogni riguardo in favor loro.

Essendo partito oggi in congedo il conte di Hatzfeldt, mi sono incontrato col signor Busch, sotto segretario di Stato, col quale ho fatto allusione all'articolo della Norddeutsche Allgemeine Zeitung. Benché il signor Busch non abbia accennato alla provenienza officiosa di quell'articolo, né assunto alcuna responsabilità del linguaggio ivi adoperato, mi diceva però che la pubblicazione di quell'articolo giungeva a tempo per dare un avvertimento alla stampa francese di non proseguire sulla via da essa intrapresa.

(l) Non pubblicato.

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L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1949. Vienna, 22 agosto 1883 (per. il 25).

L'incontro dei due Imperatori, ch'ebbe luogo la scorsa settimana ad Ischl, è entrato talmente nell'ordine delle consuetudini che qui l'opinione pubblica e la stampa non l'interpretarono anche quest'anno che come una nuova prova dell'intimo accordo da lungo tempo esistente tra i due Sovrani e tra i loro governi, e salutarono l'avvenimento inneggiando al consolidamento di quest'alleanza che tanto contribuisce alla conversione della pace europea.

I giornali sembrano attribuire maggior importanza ad un'intervista che si vocifera imminente tra il principe di Bismarck ed il conte Kalnoky. Scopo di questa intervista sarebbe, secondo la voce pubblica, la prolungazione o la rinnovazione del preteso accordo segreto stipulato nell'ottobre 1878 tra la Germania e l'Austria-Ungheria, accordo che per l'attribuitagli durata di cinque anni, scadrebbe appunto tra un paio di mesi. Per l'autorità dei giornali che avevano messo in giro siffatta notizia, ho creduto utile, in una mia recente conversazione col conte Kalnoky, di chiedergli se essa avesse un qualche fondamento; e S. E., dopo aver accennato alla facilità con la quale i giornali accolgono le notizie e le propalano, soggiunse che «d'altronde una sua intervista col principe di Bismarck non avrebbe alcun che di straordinario ». Queste parole mi fan credere all'esattezza della notizia messa in giro, limitata ben inteso al fatto dell'incontro.

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IL MINISTRO A TANGERI, SCOVASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1100. Tangeri, 23 agosto 1883, ore 12,50 (per. ore 19,50).

Depuis plusieurs jours le chargé d'affaires d' Angleterre, et je crois aussi le ministre d'Espagne avaient persuadé le ministre des Affaires Etrangères que le gouvernement m'avait désapprouvé, que la deuxième division de l'escadre avait l'ordre positif de s'abstenir, quoi qu'il arrive, de toute action hostile, et ce bruit s'est répandu dans les sphère diplomatiques dans toute la ville, et aussi le ministre des Affaires Etrangères dans sa lettre officielle d'hier, au lieu de m'appendre que la réponse du Sultan était arrivée, et que le secrétaire particulier du Sultan était arrivé aussi avec l'ordre d'arranger l'affaire des crédites, il me dit, après beaucoup de phrases inutiles, qu'il est prèt à me conceder tout ce que je demande. Je lui écris une lettre officielle des plus sérieuses. Je lui ai répondu peu de mots mais dignes. J'ai cru devoir avant tout tàcher de faire comprendre, sans le lui dire, au ministre des Affaires Etrangères qu'on l'avait trompé. Je lui ai donc porté moi mème ma réponse, accompagné de l'amiral et de son chef d'état major. Lorsque le ministre des Affaires Etrangères a vu que l'amiral appuyait tout ce que je lui disais, il a parfaitement compris que ce qu'on lui avait dit n'était pas exact. Il m'a demandé encore plusieurs fois une lettre de menace de bombardement pour dire qu'il a cédé à la force et non au droit. Enfin, peu à peu je l'ai emmené à un arrangement amicai. Je lui ai dit qu'au lieu de la destitution du fameux gouverneur de Rabat, je me contentais, s'il me fera des excuses formelles explicites à la légation d'Italie en présence de l'amiral, des états majors, et officiers, ce qui est un chàtiment bien plus dur que la destitution.

Quant au gouverneur de Zenet, il a laissé à moi de choisir le chàtiment de payer 5000 francs d'amende, ou d'aller à Casablanca à faire des excuses à notre agent consulaire pour avoir inquiété un sujet italien. Il reste à arranger l'affaire des crédits et des vols, et cela j'espère de l'arranger aussi à notre avantage. L'essentiel était d'obtenir le chàtiment des gouverneurs, et nous y sommes parvenus, si toutefois il ne change pas d'avis. C'est un grand succès de mes deux collègues, jaloux de notre prestige.

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L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, BAGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1104. Madrid, 24 agosto 1883, ore 23,40 (per. ore 7,30 del 25).

Je viens de manifester au ministre d'Etat la satisfaction du gouvernement du Roi pour l'heureux dénouement des derniers événements en Espagne ainsi que son admiration pour ce jeune Souverain. Le ministre d'Etat, fort touché d'une démarche aussi amicale, m'a prié d'exprimer à V. E. sa vive reconnaissance. Dans ma longue conversation avec lui, j'ai appris que rien encore n'a été décidé à l'égard du voyage du Roi en Allemagne. S. E. est d'avis qu'il ne faut pas tout de meme suspendre une pareille résolution pouvant donner au mouvent conjuré une gravité exagérée aux yeux de l'Europe. Sa Majesté aurait en outre de la peine à trouver des explications compatibles avec son amour propre pour ne point se rendre aux aimables invitations faites par les Empereurs d'Allemagne et d'Autriche et par le Roi des Belges. D'autres conseillers redoutent qu'à l'état des choses l'éloignement du Souverain serait fort dangereux, pouvant servir de signal à une nouvelle insurrection. Du reste après ce qui s'est passé ici, le voyage, à leur avis, aurait lieu dans des conditions morales peu favorables. Le ministre d'Etat a conclu disant qu'une décision sera prise à cet égard dès que le Roi aura été de retour à Madrid. « Après avoir touché le pouls de la nation et de l'armée ». Passant à l'aigreur de la presse française au sujet du voyage royal, S. E. m'a dit: <<la France complètement isolée, fait chez nous de la propagande républicaine. Nous avons le droit de nous défendre et de piacer ailleurs nos sympathies. Jusqu'ici l'Espagne n'a signé avec l'Allemagne aucun traité d'alliance offensive et défensive, mais si la France persiste vis-àvis de nous dans son attitude dédaigneuse et dans ses soupçons, elle finira par nous tracer elle-meme la seule voie qu'il nous reste à parcourir ». Le Roi reveindra à Madrid le 27 courant outre qu'il se rendra avec la Reine à la Corufia, ensuite il passera en revue rarmée du Nord. Le ministre d'Etat m'a assuré qu'à son retour définitif il prendra des mesures très sévères pour l'épuration de l'armée.

670

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 1952. Vienna, 25 agosto 1883 (per. il 6 settembre).

Essendomi ieri recato al ministero degli Affari Esteri pregai il conte Kalnoky di farmi conoscere il suo apprezzamento sul recente articolo della ufficiosa Norddeutsche Allgemeine Zeitung relativo al linguaggio aggressivo della stampa francese, che aveva menato tanto rumore sì per la sua virulenza che per la sua inattesa. S. E. mi rispose che a lui pure quell'articolo era giunto inaspettato; egli non poteva ancora rendersi esatto conto dello scopo vero che si ebbe in mira; però ad onta del suo stile energico, quell'articolo gli pareva non avere maggior portata che di un avvertimento dato non tanto al governo della Repubblica quanto a quel partito nazionale francese che va alimentando nelle masse le idee della rivincita.

In seguito ad una mia interrogazione in proposito, il conte Kalnoky dissemi escludere la probabilità che la pubblicazione di quell'articolo abbia avuto in mira d'influire sull'evoluzione che la preveduta ed ora avvenuta morte del conte di Chambord potrà produrre nei partiti in Francia.

Ebbi più tardi occasione d'intrattenermi sullo stesso argomento coll'ambasciatore di Germania. Nel colloquio ch'ebbi secolui senza alcun carattere ufficiale, il principe Reuss mi espose come fosse divenuta intollerabile la propaganda anti-tedesca fatta dalla maggioranza della stampa francese specialmente nelle provincie d'Alsazia e Lorena; era tempo di porre un freno alla intemperanza dei giornali che influivano non solo sulle popolazioni ma altresì su alcuni membri del governo; e mi citava in appoggio il fatto delle disposizioni date dal ministro della Guerra francese per una prova di mobilizzazione di un intero corpo d'esercito verso il confine orientale; di cui il governo imperiale non aveva avuto alcun amichevole preavviso.

La Francia, soggiungeva S. A., prosegue con febbrile attività nei suoi preparativi militari; e (lo sapeva di scienza certa) dacché corse voce· dell'accessione dell'Italia all'alleanza austro-germanica, quei preparativi hanno specialmente in mira il confine italiano.

Non credeva il principe Reuss ad un'intesa fra la Francia e la Russia, però i maneggi di quest'ultima Potenza e le disposizioni che va prendendo non sono punto rassicuranti. Quel fortissimo nucleo di cavalleria (50.000 uomini) che sta sul confine occidentale dell'Impero e che il Gabinetto di Pietroburgo assicura avere uno scopo puramente difensivo, è stato ancora in questi ultimi tempi aumentato di circa 300 uomini; ed è questo aumento che ha deciso il governo germanico a disporre per l'invio di una nuova brigata nelle provincie orientali dell'Impero.

Intorno a quest'ultima misura avevo parlato giorni sono col conte Kalnoky ed egli mi aveva affermato che non trattasi in realtà che di un piccolo aumento di truppe, ma forse si aveva a Berlino interesse a far credere che la misura è più grave che non lo sia in fatto.

Del resto devo dire che il linguaggio che tiene questo ministro degli Affari Esteri non accenna alla menoma inquietudine per la conservazione della pace; e ch'egli non considera le precauzioni prese verso la Russia, nonché l'articolo della Norddeutsche Allgemeine Zeitung come serii indizii di prossime conflagrazioni.

Ebbi l'onore di annunciare ieri per telegrafo a V. E. (l) come cosa decisa la visita del conte Kalnoky al principe di Bismarck. Ignoro l'epoca precisa in cui questa visita sarà fatta, ma so in modo positivo che S. E. ne ha fatto giungere la notizia al signor di Giers coll'assicurazione che in questo incontro nulla dovevasi vedere di minaccioso per la tranquillità dell'Europa, ma piuttosto una nuova garanzia di pace; ed il ministro degli Affari Esteri dello Czar fece rispondere al conte Kalnoky che lo ringraziava della comunicazione fattagli e si rallegrava delle idee pacifiche che presiederanno al convegno.

(l) T. 1108 del 25 agosto 1883, non pubblicato.

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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 2622. Therapia, 28 agosto 1883 (per. il 4 settembre).

La visita del principe di Montenegro a S. M. il Sultano ha un significato politico sul quale stimo mio dovere di chiamare l'attenzione dell'E.V.

Come già ebbi l'onore di riferire all'E. V., la prima idea di questa visita sorse mentre S. A. era ospite di S. M. l'Imperatore di Russia a Mosca. Essa seguì dunque manifestamente sotto gli auspici della Russia, né credo andar lontano dal vero asserendo che essa si collega, come quella or non ha guarì fatta dal principe di Bulgaria, col riavvicinamento intervenuto in questi ultimi tempi fra la Turchia e la Russia. Dalle nozioni attinte a buona fonte non mi risulta invero che fra S. A. e la Maestà del Sultano, né fra i rispettivi ministri siano seguiti negoziati per future eventualità, all'infuori di quelli che concernono la linea di frontiera, ma è pur naturale, come mi diceva lo stesso principe di Montenegro, che questo scambio di cortesie dovrà produrre un miglioramento reale delle relazioni fra i due Stati. Né arduo è discernere lo scopo che la Russia si propone nel promuovere queste dimostrazioni di deferenza verso S. M. il Sultano. L'avvenire è oscuro, e la quistione d'oriente avrà, in un tempo più o meno remoto, a riaprirsi in proporzioni più formidabili che per lo passato. La Russia si prepara per questo giorno. All'Austria che già occupa la Bosnia e l'Erzegovina, che avvinse la Serbia alla sua sorte, cui si attribuiscono ulteriori aspirazioni, essa vuole apporre un potente baluardo nella penisola balcanica. L'E. V. non ignora come al Congresso di Berlino, volendosi in ogni modo venire ad un accordo, si lasciasse sussistere un equivoco riguardo alla Bulgaria, del quale il Gabinetto di Pietroburgo profittò di poi per ridurre quello Stato a Regno che essa può ora considerarsi come una vera dipendenza della Russia, il che mi sembra costituire attualmente il punto nero dell'orizzonte politico in oriente. Analoga condotta tenne la Russia rispetto alla Rumelia orientale, sebbene con minore successo. All'alleanza austro-serba rispose plaudendo alle nozze d'una principessa montenegrina col pretendente al trono di Belgrado, e condusse indi il principe a fare omaggio al Sovrano degli ottomani. La Russia non cessa di vezzeggiare S. M. il Sultano, il quale non si mostra insensibile a siffatte blandizie. Potrebbe invero domandarsi da taluno come S. M. il Sultano si presti a queste mene, le quali non ponno al certo essere tacciate di disinteresse. Se non che io sono d'avviso queste disposizioni dell'animo di S. M. essere in gran parte l'effetto della irritazione esistente presso di essa contro l'Inghilterra per le recenti vicende d'Egitto, la quale è ora sì viva che vengono posti in completo oblio tutti i passati servigi resi da quella Potenza. E per la stessa ragione sono assai migliorate eziandio le relazioni fra la Turchia e la Francia.

Né l'Austria può essere indifferente a questi fatti. Però anch'essa gareggia affine d'ingraziarsi l'animo di S. M. il Sultano, e vi riesce fino ad un certo punto, grazie sopratutto al valido appoggio che le presta in ogni occasione la ambasciata germanica, la quale sembra avere per istruzione generale di sostenere senza posa gli interessi austro-ungarici in queste regioni. S. M. il Sultano ondeggia fra i due vicini amici, né si può prevedere quale attrattiva sarà più potente, quando sia per iscoppiare la crisi, cui fia grande ventura se si potrà trovare una soluzione sul terreno diplomatico.

E per riassumersi dirò che non credo che la visita del principe di Montenegro a S. M. il Sultano produrrà effetti immediati; ma essa fornisce un nuovo indizio di quello stato di preparazione per futuri eventi che evidentemente preoccupa alcuna delle grandi Potenze.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

T. 643. Roma, 29 agosto 1883, ore 13.

Une solution satisfaisante ayant été convenue pour ce qui concerne les deux gouverneurs, il ne reste, depuis huit jours, qu'à régler la question des créances et des vols. Le ministre marocain des Affaires Etrangères, malgré les sollicitations pressantes de notre ministre, ne fait aucune réponse. Il nous paraitrait utile, dans l'intérét commun, que lord Granville fit comprendre, par l'entremise du ministre britannique à Tanger, au gouvernement marocain qu'il lui convient de ne pas tarder à résoudre équitablement aussi cette question. Notre demande est qu'on nous traite, à cet égard, comme les français et les anglais l'ont été. La situation en se prolongeant pourrait devenir dangereuse, car tous ces atermoiements et une différence de traitement envers nous donnent l'apparence d'une provocation. Je télégraphie de mon còté à Scovasso (l) d'étre aussi conciliant que notre dignité le permet. Mais il est urgent d'en finir.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3308. Berlino, 29 agosto 1883 (per. il 2 settembre).

Dans mon rapport n. 3306 (2), j'ai déjà mentionné en quel sens le soussecrétaire d'Etat s'exprimait relativement à l'article de la Norddeutsche Allgemeine Zeitung du 22 aoùt, accusant la presse française de provoquer une agitation constante contre l'Allemagne.

,1) T. 642 del 29 agosto 1883, non pubblicato.

45 -Documenti diplomativi -Serie II -Vol. XV-XVI

Hier, dans une visite que je lui faisais, je ramenais la conversation sur ce sujet.

Cet article, me disait-il, a peut-étre été trop loin quant à la forme, à l'emploi des expressions; mais au fond il ne s'écartait pas de la verité. Les organes des différents partis au-delà du Rhin ne négligent aucune occasion d'ameuter contre l'Allemagne, notamment en ce qui concerne l'Alsace-Lorraine. Il devenait utile et opportun de lancer une admonestation. Ce n'était pas une menace, mais un avertissement dans le but de parer à temps aux dangers que pourrait courir la paix générale, au maintien de laquelle les gouvernements sérieux doivent continuer à vouer tous leurs efforts. Il y avait d'ailleurs avantage à tenir le public en éveil sur ces périls, lors méme qu'ils ne fussent pas imminents. La France, piquée au vif, a montré d'abord un profond ressentiment; mais cette émotion, il fallait l'espérer, finirait par se calmer, et on comprendrait à Paris la nécessité de prendre d'autres allures. L'Italie en recueillerait aussi alors quelque bon résultat dans ses relations avec la France. L'Allemagne, au reste, n'est pas la seule à se plaindre de l'attitude de certains partis dans ce Pays voisin. On a cru reconnaitre la trace de leurs menées dans les dernières insurrections militaires en Espagne.

Je demandais alors si l'impression produite ici par la propagande républicaine au-delà des Pyrénées, n'entrait pas aussi pour quelque chose dans les motifs qui donnèrent lieu à la publication du journal précité, car il ne conviendrait d'aucune façon à l'Europe monarchique que les idées républicaines gagnassent du terrain. Monsieur Busch, sans avouer que l'article dont il s'agit eut été en partie inspiré par une semblable considération, partageait entièrement l'avis que le Cabinet de Berlin ne saurait rester indifférent à une expansion de telles doctrines.

Le sous-secrétaire d'Etat ne s'est pas expliqué davantage. Mais certains faits récents, en outre du langage de la presse, auront contribué à décider le Cabinet de Berlin à laisser entendre, au moins en voie indirecte, un langage sévère. Un député au Reichstag, Monsieur Antoine de Metz, écrivait une lettre insolente et séditieuse au gouvernement général d'Alsace-Lorraine.

Le voyage du ministre de la Guerre général Thaibaudin pour inspecter les places fortes de l'est, accompagné d'historiographes, représentant, sur un ton belliqueux, la France remise de ses épreuves et archiprétre à la guerre. Sympaties rencontrées en France à la première nouvelle d'une révolte en Espagne, et les voeux formés pour son succès, camme si l'on voulait couper court au projet du Roi Alphonse de visiter l'Empereur Guillaume.

La morte prochaine du comte de Chambord, qui expirait deux jours après le quos ego du journal aux attaches officieuses, était une conjoncture propice· pour les Orléans. Le chef de la branche ainée des bourbons avait passé sa vie à attendre, sans comprendre son siècle et sans étre compris par celui-ci. Il se bornait au ròle de prétendant ayant foi dans un miracle final où le ciel ferait tout et l'homme rien. Dans ces conditions, son existence ne pouvait profiter à ses amis, ni fournir des sérieuses appréhensions à ses adversaires. Elle favorisait plutòt le maintien de la république. Le terrain allait étre deblayé. Rien ne prouve encore que les Orléans sauront tirer parti des conjonctures devenues plrus propices. Mais ils passent, à tort ou à raison, pour etre très hostiles à l'Allemagne, et il n'était peut-etre pas hors de propos que celle-ci montrat qu'elle était sur le qui vive.

Cependant je ne puis me défendre de soupçonner qu'il y a probablement un autre motif plus grave en jeu et qui justifierait mieux encore le langage de la Norddeutsche Allgemeine Zeitung. La France, à elle seule, ne sera pas de longtemps de taille à affronter isolément une lutte avec le peuple allemand unifié. Elle s'exposerait à un échec certain. Elle spécule évidemment sur une alliance avec la Russie. Or il me revient de plus d'un còté que l'on aurait recueilli des indices d'intrigues nouées entre Paris et St. Pétersbourg.

Non pas que la Russie officielle se soit compromise. Bien loin de là, elle ne cesse de prodiguer les assurances les plus pacifiques et de représénter les armements sur ses frontières comme n'ayant qu'un caractère de simple défensive. Mais, à còté du gouvernement, il existe bien des courants populaires tendants à suivre una autre voie, ne fut ce que pour ouvrir une diversion au mal qui ronge ce vaste Empire. Si en effet le Cabinet de Berlin a lieu de douter de la solidité de l'amitié russe, on comprendrait qu'il s'appliquat à faire vibrer la fibre nationale en lui laissant entrevoir telles éventualités où il devrait faire appel à toutes les forces du Pays.

En tout cas, il ne laisserait pas à la France le choix du moment où il conviendrait à celle-ci d'attaquer.

J'apprends d'une manière confidentielle que durant son séjour à Potsdam, le Roi de Roumanie a entendu querque regret qu'il ne fUt pas accompagné de son président du Conseil. Sa Majesté en a fait avertir Monsieur Bratianu, et il a été convenu que cet homme d'Etat se rencontrerait avec le Prince de Bismarck qui va se rendre de Kissingen à Gastein. Il ne s'agira entre eux que d'une manière incidente de l'affaire du Danube à laquelle, prise en elle meme, l'on n'attache ici qu'un médiocre intéret. Le chancelier lui parlera évidemment de l'importance pour la Roumanie de marcher d'accord avec l'Autriche dans les questions d'ordre général et surtout en ce qui a trait aux Balkans. Le comte de Hatzfeldt avait déjà laissé entendre à un de mes collègues que la Roumanie en s'inféodant à la Russie irait au devant d'une absorption, perdrait son indépendance.

Bref, il se fait tout un travail pour grouper vers Vienne et Berlin la Roumanie aussi bien que la Serbie.

C'est la grande lutte qui se déroule en orient entre les deux Puissances de l'Europe centrale et la Russie. Si ce n'est point encore une menace pour le présent, c'est du moins un avertissement des plus sérieux pour l'avenir.

On ne met pas en doute ici que le comte Kalnoky aura une entrevue avec le prince de Bismarck à Salzbourg ou à Gastein. En me référant à mon télégramme d'aujourd'hui (1).

(2) Cfr. n. 666.

(l) T. 1117, non pubbl!cato.

674

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1111/281. Londra, 29 agosto 1883 (per. il 2 settembre).

Non appena mi giunse il dispaccio dell'E. V. del 3 corrente n. 123 di questa serie (1), mi recai da lord Granville e, rammentandogli la promessa fattami il 7 febbraio scorso, lo pregai di farmi conoscere il suo parere sui concetti del governo italiano, da me comunicatigli, circa la libertà e la neutralità del canale di Suez; concetti che completavano quelli enunciati nella circolare del Foreign office del 3 gennaio scorso.

Riferendosi a quella comunicazione, e confermandomi quanto mi aveva detto di viva voce, lord Granville mi scrive oggi, (in data del 17 corrente), che il governo della Regina ha fatto un diligente esame dei suggerimenti del governo itailiano per la sicurezza del canale di Suez in tempo di guerra; ma esso crede che le proposte contenute nella circolare del 3 gennaio scorso sono sufficienti allo scopo che si desidera.

675

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, ZANNINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 946. Pietroburgo, 1° settembre 1883 (per. il 18).

Per quanto i giornali russi poco letti all'estero non producano facilmente quelle vive commozioni cagionate dalla stampa di altri Paesi, pur nonostante è certo da lamentarsi che essi persistano con tanta pertinacia nella loro polemica ingrata agli amici della pace. Se fossero più sparsi in Europa, certamente sarebbero costretti ad usare maggiore moderazione. È qui sistema di governo lasciare la stampa libera nel discutere le questioni estere, purché non tocchi l'amministrazione interna. Il signor de Giers stesso si è meco più volte, in conversazioni familiari, di ciò lamentato.

Mi è noto qualche caso, allorché il conte Ignatiev era al ministero dell'Interno, in cui articoli ostili al signor de Giers sono usciti dagli stessi uffici di quel dicastero. In questi giorni potrei citare non uno ma cento brani di giornali che lamentano le cose seguenti: «L'Alleanza» si dice «austrotedesca attira a sé gli altri Stati principali d'Europa; uno ad uno le si avvicinano anche gli Stati danubiani, e persino la Bulgaria si va allontanando dalla Russia. Quest'ultima Potenza e la Francia sono completamente isolate, né possono darsi la mano fra loro finché dura la repubblica in Francia. La Germania arma sui confini russi in modo straordinario, né bastano contro

di essa le misure strategiche che si costringe così la Russia a prendere sulle sue frontiere. La Germania vuole spingere l'Austria sui Balcani e fino a Costantinopoli: questa si sforza resistere prevedendo le conseguenze che avrebbe una siffatta invasione, ma dovrà col tempo percorrere quella via. Allora per la forza stessa delle cose i Paesi tedeschi si staccheranno dall'Austria a profitto della Germania, che, minacciosa per tutti, dominerà da Trieste fino a Riga. La Russia è dunque trascinata alla guerra per impedire l'esecuzione di un piano, che si oppone alla sua politica tradizionale, e la rinchiuderebbe fra due potenti Stati a Iei ostili».

Siffatte osservazioni ripetute ogni giorno eccitano l'opinione pubblica, che condivide questi timori. L'ultima guerra contro la Turchia fu in gran parte provocata dagli eccessi della stampa russa. Sarebbe prudente mettere un freno ad una siffatta polemica quando si è invece decisi a mantenere la pace.

Il signor de Giers mi ha più volte ripetuto in conversazioni private che, fino a che rimarrà ministro, la Russia non rinnoverà i passati errori. S. E. sembra vieppiù godere della fiducia del suo Sovrano: egli è mirabilmente coadiuvato dai due ambasciatori di Germania e d'Austria a Pietroburgo, uomini moderatissimi e che con molto tatto cooperano al mantenimento delle buone relazioni coi due vicini Imperi.

Ho creduto però opportuno indicare all'E. V. siffatti articoli della stampa perché in questi ultimi tempi sono diventati più frequenti: nel Novoe Brema, che è il giornale che ha più abbonati, sono quotidiani. In tempi normali passano pressoché inosservati, ma in date circostanze di complicazioni generali potrebbero diventare pericolosi. Tanto più che, almeno per ciò che mi sembra, corrispondono a idee che si fanno pure vive nei circoli più elevati della corte e dell'Impero, e sono soltanto tenute in freno da pochi uomini di governo aventi più senno che popolarità.

(l) Cfr. n. 651.

676

IL REGGENTE IL COMMISSARIATO CIVILE IN ASSAB, PESTALOZZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 270. Assab, 1° settembre 1883.

Il ritorno inaspettato del conte Antonelli ed il felice esito della sua missione presso l'Anfari mi convinsero della poca utilità di inviare, in questo momento, il nostro interprete Said all'Aussa, ed ho creduto meglio di ritardare indefinitamente una gita, che in altra circostanza potrà con più vantaggio effettuarsi dal suddetto Said, in compagnia di qualche regio funzionario, quando ne fosse il caso.

In conseguenza allo zio dell'Anfari, Sceik Mohammed, oggetto del precedente mio rapporto n. 264 (1), ho dovuto far intendere, al di lui ritorno da

Raheita, come i fatti compiuti dopo la sua partenza mi consigliavano Ul sospendere il viaggio del nostro interprete; che l'operato dell'Antonelli raggiungeva lo scopo prefisso dal R. governo; che ringraziava Iddio delle buone relazioni oramai stabilite con trattato speciale tra il Sultano di Aussa ed il Re d'Italia; e che la benevolenza ed il criterio, di cui egli, Sceik Mohammed uomo venerabile e venerato, mi aveva dato prova durante il suo soggiorno, erano pegno sicuro della simpatia ed efficace cooperazione che egli avrebbe saputo esercitare a nostro favore presso l'Anfari, mantenendo vive quelle amichevoli relazioni.

Il Scheik Mohammed mi rispose in termini non meno affettuosi che egli capiva la posizione, che l'accoglienza qui fattagli e quanto aveva constatato di buono negli italiani farebbe soggetto delle sue conversazioni all'Anfari; che, a lato di quel Sultano da consigliere fedele, favorirebbe sempre ogni miglior rapporto tra l'Aussa ed Assab; che la simpatia inspiratagli non si cancellerebbe, e che potevamo sempre contare sulla sua devozione.

Al Scheik Mohamed, che lascerà domani Assab per far ritorno all'Aussa, ho rimesso una tabacchiera d'argento in segno di amicizia, e cento talleri a titolo di spese di viaggio; egli se ne dimostrò riconoscente e soddisfatto. Gli avrei consegnato per rimettere all'Anfari qualche oggetto portato dal cavalier Branchi per regalie, ma per non fomentare malintesi maggiori tra questo Sceik Mohammed ed il Sultano Berehan, il quale mi sembra assai invidioso per quella solita avidità di esclusivo guadagno, ho taciuto sull'argomento, rimettendo ad altra occasione quell'invio.

(l) R. dell'8 agosto 1883, non pubblicato.

677

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3312. Berlino, 2 settembre 1883 (per. il 5).

Hier, dans ma visite au sous-secrétaire d'Etat, j'ai fait allusion à la ren

contre du chancelier de l'Empire et du ministre austro-hongrois des Affaires

Etrangères à Salzburg. Cette nouvelle affirmation de la stabilité des liens qui

unissent les deux Empires, ne pouvait que produire le meilleur effet en

Italie dont l'amitié intime leur était acquise, et dont la solidarité était la

méme pour le maintien de la paix.

Monsieur Busch me disait qu'il n'avait encore reçu aucune indication sur

les conférences entre ces hommes d'Etat; mais que s'il s'était passé quelque

fait nouveau d'un intérét direct pour notre gouvernement, nous ne manque

rions pas d'en étre informés.

Je me suis borné à répondre qu'à cet égard aussi nous comptions, le cas

échéant, de la part du Cabinet de Berlin sur une confiance égale à celle

que nous lui témoignions dans chaque circonstance.

Il est au reste très indiqué, surtout dans les conjoctures présentes, sur

lesquelles j'ai déjà écrit des rapports, que l'Allemagne et l'Autriche affirment bien haut, par des démonstrations extérieures dont la signification ne pourrait etre contestée, leur alliance pour la tranquillité du continent européen. J'entends meme émettre, de plus d'un còté, la conviction que ces conférences à Salzburg ont eu pour objet principal le renouvellement, la prolongation des accords stipulés à Vienne en 1879.

678

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2624. Therapia, 3 settembre 1883 (per l'11).

S. A. il principe di Montenegro partiva ieri, dopo aver preso definitivo congedo da S. M. il Sultano.

I negoziati relativi alla frontiera fra i due Stati continuarono fino all'ultimo momento, e furono scambiate varie note fra la Sublime Porta ed il ministro degli Affari Esteri sulla materia. Per una di quelle la Sublime Porta, in risposta ad una nota del signor Radonié, reclamava invero tutto il territorio dei Kuchi, non solo il Kraina, ma eziandio il Drekanovich, che il Montenegro occupa ed amministra fino dai primordi della guerra, e che ad esso è assegnato per tutte le linee. S. A. suggeriva al signor ministro degli Affari Esteri, nell'interesse della sua posizione, di ritirare questa nota, se non che Aarifi pascià rispondeva aver ricevuto l'ordine di firmarla, né poteva riprenderla. Ed il giorno appresso, la domanda era ritirata, e si facevano a S. A. delle scuse per averla formulata. E dopo ulteriore scambio di progetti, la Sublime Porta indirizzava al signor Radonié un'altra nota, per la quale si stabiliva, mediante alcune riserve di non grande importanza, l'accordo fino a Mokra, ma era poi detto non volersi accettare la linea del trattato di Berlino, tra Mokra e Sekulare, la quale le era meno favorevole della linea Corti, abbiezione difficile a comprendersi, imperocché la linea che porta il mio nome non fa alcuna modificazione alla linea di frontiera al di là di Mokra. E per terminare, poiché il Principe stava per salpare, fu deciso che quest'ultima difficoltà sarebbe sciolta sul luogo dai rispettivi commissari.

Veniva per tal modo stabilito una specie di accordo che, se le due parti si dimostrano concilianti, potrà condurre ad un risultato definitivo. E credo la deliminazione sarà eseguita dai commissari della Turchia e del Montenegro, riservandosi i due governi di domandare l'adesione delle Potenze firmatarie del trattato di Berlino a cose finite. Il principe di Montenegro prendeva infine congedo da Sua Maestà, pieno di riconoscenza per la cordiale accoglienza e pei ricchi doni che questa gli faceva, ma non molto soddisfatto del modo con cui erano stati condotti i negoziati diplomatici.

Queste trattative seguirono all'infuori d'ogni partecipazione da parte degli ambasciatori presenti. Però della visita del principe di Montenegro fu non poco inquieto l'ambasciatore austro-ungarico, la quale inquietudine si aumentava allorché dei raccoglitori delle voci che corrono per le vie vennero a dirgli il principe di Montenegro, spinto dal governo russo, essere qui venuto per proporre alla Maestà del Sultano di rinunziare da sua parte a qualunque aumento di territorio verso il mezzogiorno, se gli si dava un compenso nell'Erzegovina, allegando lo scopo che il Congresso di Berlino aveva nell'ammettere l'occupazione della Bosnia e dell'Erzegovina essere raggiunto, epperò il governo ottomano avere il diritto di domandarne la restituzione. Le quali voci non potevano avere alcun fondamento, imperocché siffatta domanda non può invero essere formulata che da una Potenza la quale sia risoluta a muover guerra all'Austria-Ungheria, né m'è noto che fino ad ora la Russia abbia presa siffatta risoluzione. L'ambasciatore austro-ungarico lasciava tuttavia trapelare, da principio, lo scontento che provava per questa visita nelle sue relazioni col ministro degli Affari Esteri del Montenegro.

Della visita del principe di Montenegro fu invece assai soddisfatto S. M. il Sultano, il quale sembra ora vagheggiare l'idea di riunire attorno a sé tutti i piccoli Stati balcanici, affine di farne potente argine alle ulteriori aspirazioni dei grandi Stati vicini, e consolidare per tal modo quello che ancor gli resta dell'Impero. E lascio al sapiente giudizio dell'E. V. di apprezzare il valor pratico di siffatti piani.

679

IL CONSOLE GENERALE A TRIESTE, DURANDO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

PROMEMORIA. Trieste, 3 settembre 1883.

Io non ho inviato sinora nessun rapporto politico al R. ministero perché ho creduto essere sufficiente e più regolare informare la R. ambasciata in Vienna soltanto in ordine alla pretta politica: dalla quale ambasciata il ministero ne è all'uopo tenuto a giorno e con maggior competenza e con più ampia conoscenza di causa. Se· nonché molte cose, che non possono avere conveniente sede in rapporti ufficiali, sono però utili a sapersi perché danno rilievo ai fatti della coscienza pubblica, di queste cose io ne farò breve menzione in questo scritto.

Innanzi tutto dirò l'opinione che sono in cammino di formarmi di Trieste politica.

La maggioranza della popolazione cittadina è italiana per origine e per educazione: è incontestabile ma i sobborghi sono già pretti sloveni. Frammischiati alla popolazione italiana vi hanno tedeschi, austriaci e slavi di differenti famiglie. La colonia dei tedeschi austriaci è benestante dirò anzi la più ricca. Generalmente è buona e simpatica cogli italiani triestini. Cresce anno per anno di numero e di averi: comincia già, specialmente ·i nuovi arrivati, a fare chiesuola da sé, ad abitare preferibilmente lo stesso quartiere, e finirà forse fra non lungo tempo a pigliare il sopravento su tutto. In allora l'italianità sarà ristretta nella poveraglia.

Gli slavi delle differenti famiglie, che coi tedeschi austriaci formano la minoranza in contrapposto della maggioranza italiana, appartengono parecchi alla Dalmazia, pochi alla Bosnia-Erzegovina; i più alla Stiria e Boemia. Costoro si tengono coi tedeschi austriaci; e sono ricchi e attivi lavoratori. Gli slavi di Dalmazia che contano molte case agiate ed anche ricche da lungo tempo trapiantati in Trieste hanno sposato la causa dell'italianità. Gli arrivati posteriori si accostano agli italiani preferibilmente; ma si tengono con quelli coi quali abbiano a sperare maggiore utilità. Gli slavi ortodossi sono neutri.

Fra gli italiani, escludendo sempre ben inteso i regnicoli, vi è, per così esprimermi con una formola generica, la parte moderata e la parte radicale

o irredentista. La parte moderata, come è per solito l'abbiente, professa l'italianità ma conciliabile coll'unione all'Austria, e tanto più in quanto ché restando nella più corretta legalità, riprovando conati separatisti può con efficacia e speranza di successo difendere il diritto della propria nazionalità, e chiedere di godere le prerogative e le autonomie riconosciute delle altre popolazioni. Questa parte moderata va poco a poco pigliando maggior piede; ed è forse assai più numerosa di quanto non sembri. Molti degli irredenti, almeno tali in apparenza vi appartengono in cuor loro; e per passare ad essa patentemente aspettano buona occasione per dichiararsi, o il coraggio per farlo. Il partito radicale o irredentista è naturalmente la prima tappa d'ogni giovine triestino italiano: poi quando gli interessi rendono più pratico l'uomo e più positivo, quando col calore giovanile sbolle la fantasia l'estro poetico, quando generalmente si diviene capo di famiglia si continua bensì a protestare che non si abbandonerà mai né il partito né gli amici, ma si comincia intanto ad insinuare destramente consigli di prudenza di moderazione; e tentare di persuadere che il chiasso le dimostrazioni i torbidi fanno più male che bene all'intento che si vorrebbe raggiungere.

Apparentemente il partito irredentista fra gli italiani di Trieste, cittadini austriaci, è per certo il più numeroso: ma se le riflessioni che ho fatto poco sopra sono giuste, lasciano a dubitare sulla sua forza fisica, e morale, sopratutto.

L'attitudine presa da questo partito di spingere le cose alle dimostrazioni di piazza ha sicuramente contribuito assai ad accrescere le opposizioni all'italianità di Trieste. Negli anni addietro, e non sono molti, gli abitanti slavi del territorio appartenente alla circoscrizione di Trieste nominavano al consiglio municipale signori triestini o persone di nazionalità slava senza spirito di partito antitaliano. Invece ora il territorio elegge anzitutto consiglieri col mandato di partito slavo. Nella stessa città la grande antica maggioranza italiana è venuta pure man mano assottigliandosi. Se è sempre lecito dal noto dedurre il possibile, io credo che fra non molto quella maggioranza diverrà minoranza.

I conati imprudenti del partito radicale italiano o sieno stati commessi per eccesso di mezzi nell'affermare la propria nazionalità di fronte a quella slava del territorio, o nell'idea di concretare l'aspirazione separatista, il fatto

è che il governo imperiale pigliò la cosa sotto un solo aspetto, e si diede ad escogitare mezzi per opporvisi: mezzi repressivi e mezzi preventivi.

Tra i mezzi repressivi impiegò le misure poliziesche d'ogni specie, i processi di lesa maestà e fellonia anche per grida d'ubbriachi e per ragazzate di minorenni; i sequestri dei giornali italiani triestini ad ogni momento anche quando l'incriminazione non prestava e non presta appiglio di colpabilità, e per proposizioni o idee pubblicate e sostenute dai giornali ufficiosi nella stessa città per riguardo a nazionalità diHerenti dall'italiana. E in cotesti frequenti sequestri, dirò anzi quotidiani, trovò e trova inqualificabile compiacenza da parte dell'autorità giudiziaria. L'istessa compiacenza ottiene nei processi di lesa maestà e fellonia con condanne esorbitanti non fondate seriamente su prove; e perciò motivate il più spesso con speciosità e supposti, e molte fiate senza neppure il lusso di queste apparenti legittimazioni.

Tra i mezzi preventivi si accinse a formare in Trieste un partito austriaco da contrapporre all'italiano. Promosse la costituzione della Società dei veterani, di quella dei facchini, e dell'associazione << Austria ».

Nella società dei veterani entrano gli antichi militari o congedati o non più compresi nell'armata attiva. Hanno un'uniforme che vestono a piacimento, e che è obbligatoria nelle riunioni pubbliche: e stipendiano un corpo di musica che porta l'istessa uniforme dei veterani. I quali, a giudicare dai nomi, parte sono tedeschi austriaci boemi stiriani e parte che sono i più gli sloveni del contado e dei subborghi di Trieste. Nelle pubbliche dimostrazioni i primi gridano ordinariamente evviva all'Austria all'Imperatore e famiglia; i secondi aggiungono immancabilmente morte agli italiani, al Re d'Italia, ma... al consolato d'Italia. Beninteso le guardie di polizia che seguono le dimostrazioni non si commuovono ai morte e eccetera, seppure non incoraggiano.

La società dei facchini è quasi tutta di slov·eni: gente manesca, che ama i chiassi nella speranza di rubacchiare, nemica naturalmente degli abbienti, indifferente al partito politico perché di politica non s'intende si mette al servizio di chi la spinge: ed è la polizia che la conduce. È poco incline a gridare gli evviva preferisce i morte di cui l'andazzo, loro suggerito, è per ora contro gli italiani.

Finalmente la società, o meglio associazione << Austria » è di recente formazione promossa e protetta particolarmente dal governatore attuale. È composta un po' di tutto: tedeschi slavi sloveni e italiani, impiegati del governo e di amministrazioni dipendenti: altri attrattivi con promesse e carezze. Nel concetto del governatore questa associazione rappresenta l'entusiasmo della cittadinanza e della gioventù triestina per l'Austria; e se nella dimostrazione di essa si sentono cogli evviva anche dei morte agli italiani non vi si bada dall'autorità. Sono cotesti scusabili eccessi della devozione. Di alcune altre minori associazioni nel senso antitaliano non parlo bastano le tre che ho specificate.

Anni addietro le dimostrazioni in Trieste erano per solito fatte dal partito italiano per rallegrarsi di qualche felice avvenimento nel Regno. La polizia tentava scioglierle ne accordava il solito tafferuglia tra dimostranti e guardie, qualche arresto, processi, bandi; e si finiva li. Ora la polizia lascia fare a

fa fare. I dimostranti del partito austriaco se la pigliano contro il partito italiano, e d'ordinario dopo i morte si viene a vie di fatto contro questo. Il quale per conseguenza da padrone del campo, che era una volta ed aggressore, è divenuto ora l'aggredito, e deve stare sulla difesa. Certo non felice regresso e che prova e mi rafferma nell'impressione innanzi spiegata da me che l'italianità di Trieste vada perdendo piede.

Ho riferito alla R. ambasciata in Vienna le dimostrazioni avvenute qui il 17, 18, 19 agosto. So che il barone Galvagna ne fece rapporto al R. ministero, perciò non mi ripeto. Accennerò soltanto al contegno sui generis tenuto dalle guardie; le quali erano presenti o scomparivano secondo che le dimostrazioni erano meno o più offensive; e che quando vennero ad arresti acciuffarono preferibilmente non i dimostranti ma i dimostrati del partito opposto.

La cittadinanza seria e di buon senso si pronunciò assai severamente contro quelle scenate, e spinse il podestà a recarsi presso il governatore barone Pretis affine di chiedere che l'autorità le impedisse; essendoché quelle scenate spargevano l'odio tra le diverse nazionalità e portavano il massimo nocumento alla città. Il barone Pretis rispose che in sostanza le dimostrazioni erano l'espressione spontanea dei sentimenti austriaci della popolazione triestina; espressione che non poteva e non doveva produrre odio e dissensioni se non contro qualche minoranza che nutriva sentimenti antiaustriaci e separatisti nel qual caso cotesta minoranza non solo non era da tenersi in conto dall'autorità ma doveva anche essere combattuta. Il podestà osservò che non si difendeva nessuna minoranza anti-austriaca: non riprovare punto le dimostrazioni pacifico filo-austriache; chiedere bensì come capo del Comune che coteste dimostrazioni non eccedino in saccheggi siccome era avvenuto; e dovere quindi richiamare l'autorità dell'obbligo suo di tutelare la proprietà. Il governatore deplorò ì guasti fatti allo stabilimento dell'associazione ginnastica, e ;scusò la polizia pel ritardo ad accorrere. Scusò poi ancora gli stessi dimostranti (i saccheggiatori) perché provocati dal contegno e dai sentimenti antiaustriaci dell'associazione ginnastica, e scusò la politica pel ritardo ad accorrere. Scusò poi ancora ~gli stessi dimostranti (i saccheggiatori) perché provocassero dal contegno e dai sentimenti anti-austriaci dell'associazione ginnastica, al che il podestà osservo non constargli contro l'associazione ginnastica i sentimenti che le si imputavano; e non constatare neppure all'autorità amministrativa, la quale diversamente non avrebbe autorizzato né riconosciuto l'associazione ginnastica. Il governatore ripigliò: meravigliarsi che esso signor podestà ignorasse quali fossero realmente i 'sentimenti di quella associazione; mentre era stata appunto la sua signora consorte che avevale donato la bandiera, e per la quale erasi scelto il colore azzurro, il colore di casa Savoia; meravigliarsi infine dappoiché esso podestà professava lealmente attaccamento all'Impero, non si ascrivesse alla nuova Associazione «Austria » che di questo attaccamento ne faceva base di sua fede. Rispose il podestà Bazzoni, non credere doversi ascrivere ad alcuna associazione per affermare i propri sentimenti di lealtà, in ogni modo non si ascriverebbe mai all'associazione « Austria » di cui 11 vicepresidente, che è un impiegato nell'ufficio dello stesso governatore, presenziava nel 17 agosto al guasto dato allo stabilimento della Società ginnastica triestina. Il governatore smentì la presenza del vice-presidente: il podestà persistette. Il barone Pretis soggiunse che l'autorità giudiziaria avrebbe appurata la verità. Disse che certamente si sarebbe accresciuta la sorveglianza per impedire disordini; ma che per la lontana paura dei medesimi non si potevano però impedire le legittime dimostrazioni del popolo triestino in favore dell'Impero e del suo governo, le quali dimostrazioni «ci hanno da essere, e ci saranno ».

Codeste parole sono un programma; e i fatti sovraccennati lo spiegano e lo ·confermano. Forse il governo austriaco non sarebbe venuto a ciò se le improntitudini, i folli conati, e il contegno imprudente ostile, quanto inconsiderato del partito italiano o piuttosto dei suoi energumeni non ve lo avessero costretto. Sgraziatamente ora che la contronomina dell'antitalianismo è organizzata gli effetti non saranno deplorabilissimi. Gli austrofoli lo sanno. Non più tardi di ieri l'Adria, supplemento mattutino del giornale ufficiale l'Osservatore triestino (2 settembre corrente) diceva:

Gli avversari (gli Italiani irredentisti e liberali) dell'attuale ordine di cose cercano la forza nell'unione. Cerchiamola noi pure e la troveremo: anzi l'abbiamo già trovata. Abbiamo però in loro confronto il grande vantaggio di essere in casa nostra e di avere alle spalle la sterminata maggioranza della popolazione. Ma bisogna tenersi sempre sul terreno della legalità, (allusione ai guasti recenti dati allo stabilimento ginnastico degli italiani) e non dare mai a chi vive fuori d'una legge scolpita nei cuori il pretesto di apparci la legge stampata nei codici. Chi guarda un po' indietro s'accorge subito che del cammino se ne è fatto e non poco; e se anche lo scopo finale non si coglierà né oggi né domani, pazienza. Ma ciò che importa moltissimo è di non fare cento passi indietro per un solo troppo violento che siasi voluto fare innanzi ».

Si può ritenere che questo squarcio sia stato approvato se non fu suggerito negli uffici della luogotenenza imperiale.

La situazione delle cose per l'italianità in Trieste s'imbroglia a grandi passi e lo stesso avviene nel goriziano e nell'Istria. A mio parere, unico rimedio a tanta jattura sarebbe che i cittadini austriaci della stirpe nostra, l'italiano, o italianizzati per tradizione educazione e aspirazioni accettino e professino nel loro contegno la cittadinanza austriaca senza dimostrare o lasciare trasparire equivoci; rivendichino e propugnino bensì la nazionalità italiana loro propria entro i limiti e i diritti delle leggi, le quali leggi in Austria offrono a tutte e a ciascuna della nazionalità dell'Impero le guarentigie più larghe e i mezzi più efficaci per la loro conservazione e sviluppo. Gli italiani austriaci ponendosi francamente e correttamente in questo terreno non avranno più contro di sé stessi il governo imperiale; non avranno più a lottare contro propagande ufficiali e officiose a loro danno; potranno conservare ed accrescere la loro forza per l'avvenire. Diversamente essi saranno gli artefici della loro perdita, commetteranno il massimo dei tradimenti, quello di precludere inesorabilmente le possibilità dell'avvenire. I fuorusciti triestini devono cooperare coi loro connazionali in Austria al lavoro che indico; e la loro opera,

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cioè l'opera degli uni e degli altri sarà la testimonianza del vero patriottismo. Avvegnaché l'opera presente non è che lo sfogo di passioni e di rancori, la esplicazione di inconsideratezze, di conti inefficaci impolitici puerili e contrari essenzialmente allo scopo che si dice e si professa di avere in mira (1).

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L'INCARICATO D'AFF'ARI A VIENNA, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 1960. Vienna, 6 settembre 1883 (per. il 17).

Dal R. agente a Sofia l'E. V. sarà stata esattamente informata della missione che vi sta compiendo il signor Jonine, inviato del governo russo. Senza voler invadere il terreno altrui, o ripetere cose a V. E. già note credo opportuno di riferirle le pratiche cui questa missione dette luogo qui a Vienna.

Da qualche tempo la condizione anormale di cose in Bulgaria aveva chiamata la speciale attenzione del Gabinetto di Vienna, ed i1 conte Kalnoky aveva a più d'una ripresa, manifestato al principe Lobanov il timore che la crisi incipiente avesse a riuscire fatale al principe Alessandro. Il signor de Giers, informato di queste preoccupazioni del ministro imperiale degli Affari Esteri, s'era affrettato a fargli sapere che il Gabinetto di Pietroburgo, desideroso di veder cessare il conflitto esistente tra il principe Alessandro ed i suoi ministri, aveva risolto d'inviare a Sofia il signor Jonin con incarico di prendere esatta cognizione dello stato delle cose e di riferire; il signor Jonin avrebbe per istruzione di recarsi al suo posto passando per Vienna onde conferire col conte Kalnoky.

L'inviato russo giunse diffatti qui or sono pm di quindici giorni, e nella intervista avuta col ministro imperiale degli Affari Esteri gli dichiarò che lo scopo della sua andata a Sofia era limitato ad assumere esatte informazioni sulle cause del conflitto, a dare al principe consigli di moderazione, ed a cercare secolui un'equa soluzione della vertenza. Il conte Kalnoky mostrassi assenziente a questo programma, e dietro richiesta dell'ambasciata di Russia, consentì d'impartire all'agente austro-ungarico in Bulgaria, il quale trovavasi allora a Vienna e stava per ritornare al suo posto, l'ordine di recarsi, appena giunto a Sofia, presso il principe Alessandro per consigliargli di mostrarsi arrendevole e deferente ai suggerimeJJ.ti che gli sarebbero dati dal signor Jonine affine di evitare una completa rottura coll'Imperatore di Russia.

Il signor Jonine era appena giunto a Sofia, quando arrivò qui un dispaccio del signor di Giers, che l'ambasciata di Russia aveva istruzione di comunicare in via confidenziale al Conte Kalnoky.

Era detto in questo dispaccio che la Russia aveva speso troppi denari e sparso troppo sangue affine di costituire la Bulgaria a nazione, per voler

sue conclusioni>>.

compromettere l'avvenire di quel Paese, che anzi suo vivo desiderio era di vedere il popolo bulgaro fruire nella tranquillità e nell'ordine della libertà che gli era stata accordata; ma che perciò appunto esso aveva il dovere di vegliare acché il frutto dei suoi ingenti sacrificii non vada manomesso.

Il Gabinetto di Pietroburgo non aveva mai avuto in animo di ingerirsi direttamente dell'amministrazione della Bulgaria; fu il principe Alessandro che domandò al governo imperiale la cooperazione di alcuni generali russi per riordinare l'amministrazione del principato, ma lo Czar considererebbe come un'offesa recata alla propria dignità se quei funzionarii dell'esercito imperiale venissero ora senz'altro licenziati. Il signor Jonin aveva istruzione di ricercare col principe un temperamento per mantenere almeno per qualche tempo ancora i generali russi in funzione.

La comunicazione di questo dispaccio, che palesava lo scopo vero della missione del signor Jonin, produsse sull'animo del conte Kalnoky men che favorevole impressione. Ed impressione poi penosa egli ebbe dalla notizia ricevuto pochi giorni appresso, mentre trovavasi a Salisburgo, del modo altiero col quale l'inviato russo aveva adempiuto il suo incarico, e delle condizioni da esso imposte, a guisa di ultimatum, al principe Alessandro. Il barone Biegeleben, dal suo arrivo non aveva ancora potuto vedere S. A. perché indisposta. Il conte Kalnoky profittò subito di questa circostanza per ingiungere all'agente austroungarico di astenersi dal dare al principe i suggerimenti convenuti, ed in pari tempo fece informare il Gabinetto di Pietroburgo del contr'ordine dato, facendogli notare che la linea di condotta seguita dal signor Jonin a Sofia, in opposizione col carattere conciliante che si aveva voluto attribuire alla di lui missione, creava una situazione di cose in Bulgaria assai pericolosa per la tranquillità del Paese e per la persona del principe, ed obbligava il Gabinetto di Vienna a rimanere del tutto estraneo ad un conflitto ch'esso non poteva fare a meno di deplorare.

In risposta a questa comunicazione il signor Giers ha fatto oggi sapere per telegrafo al conte Kalnoky che la missione del signor Jonine, !ungi dal creare delle difficoltà all'amministrazione bulgara, è intesa a consolidare l'ordine nel Paese ed a rassodare la posizione del principe, che le recenti notizie ricevute da Sofia danno a di vedere che questo scopo è quasi raggiunto; e che il conte Kalnoky avrebbe certamente motivo di rallegrarsi del risultato ottenuto.

Di tutto questo negoziato avevo questa mattina informato per telegrafo l'E. V. (1). Ho di poi saputo dallo stesso copte Kalnoky che il telegramma del signor de Giers non aveva punto modificato il suo giudizio sulla situazione creata in Bulgaria, non essendovi in esso accennato alcun fatto né alcun proposito che attenui la gravità dell'azione esercitata dal signor Jonin a Sofia. S. E. aveva anzi ragione d'impensierirsi maggiormente di ciò che va succedendo colà, avendo ricevuto dall'agente imperiale un telegramma che gli rendeva conto della recentissima comunicazione fatta fare dal principe Alessandro al corpo consolare estero, e della quale il commendatore De Martino avrà senza

dubbio informata l'E. V. Intendo alludere al rifiuto opposto dal principe di sanzionare incondizionatamente tutte le proposte che gli sarebbero sottoposte dai ministri, ed alla determinazione enunciata da S. A. di rivolgersi eventualmente alle Potenze qualora tale rifiuto dovesse provocare un conflitto tra esso e i suoi consiglieri.

Il conte Kalnoky mi confessava che tutto ciò lo rendeva assai perplesso; ciononostante era deciso a lasciare per· ora la Russia agire sotto la propria esclusiva responsabilità.

Egli facevami notare che l'ingerenza che il Gabinetto di Pietroburgo vuol esercitare sulla amministrazione della Bulgaria, era aggravata dall'impulso che esso dà agli apprestamenti militari nel principato; ma sì per l'una che per l'altro l'iniziativa delle rimostranze non ispettava all'Austria-Ungheria bensì alla Sublime Porta, e questa non sembrava per ora preoccuparsene.

(l) Allegata al presente rapporto si trova la seguente annotazione di Malvano: «Durando mandò, particolarmente, questa memoria, che mi sembra molto interessante e giusta nelle

(l) T. 1164 tlel 6 settembre 1883, non pubblicato.

681

IL MINISTRO A TANGERI, SCOVASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1172. Tangeri, 7 settembre 1883, ore 15,30 (per. ore 4,45 dell'8).

Arrangement consiste: les titres de créance dont la date, la somme ou le nom du débiteur ou du créancier sont raturés ou corrigés ou endossés ont été écartés et seront restitués aux propriétaires pour qu'ils les fassent valoir devant les tribunaux du Pays. Les titres de créance dans lesquels est explicitement déclaré que le créancier reconnait la solvabilité de son débiteur ont été également écartés et seront restitués aux respectifs propriétaires pour qu'ils les fassent valoir devant les gouverneurs aux quels le gouvernement recommandera les créanciers pour qu'ils leur fassent justice. Pour les titres de créance légalement faìts et reconnus comme tels par la commission il est convenu que le gouvernement payera, dans le délai d'un an à compter du 5 courant le 75 %. Le surplus sera payé aux créanciers. Les français n'ont reçu que le 66 %. Pour les vols nous avons écarté les réclamations qui étaient antérieures à la protection et antérieures à 1875, puisque c'est en 1875 que le gouvernement marocain a fait l'arrangement de solder, moyennant le payement de 90 % de leur montant, toutes les créances et toutes les réclamations pour vol, mais il a déclaré qu'il rejettera par la suite toute réclamation antérieure à cette époque et tous les représentants des Puissances ont déclaré au gouvernement marocain qu'ils n'accepteraient plus aucune réclamation de créances ou de indemnités antérieures à 1875. J'ai donc arrangé pour les réclamations pour voi le payement en total de 'la somme réclamée; pour celles qui n'étaient pas assez justifiées la moitié, et pour celles qui étaient évidemment exagérées le tiers. Le télégramme du 5 courant (l) me fait des reproches

que je ne mérite pas. V. E. n'ignare pas qu'au Maroc la plus grande activité s'émousse contre l'inertie naturelle et calculée àe ce gouvernement. L'escadre a été saluée par la place au moment de son départ ce qui est sans précédents ici.

(l) T. 656. non pubblicato.

682

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, E AL MINISTRO A MADRID, GREPPI

T. 662. Roma, 7 settembre 1883, ore 18.

Notre différend avec le Maroc a été définitivement réglé, méme pour les créances et les vols.

683

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, ZANNINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 947. Pietroburgo, 7 settembre 1883 (per. il 18).

Le loro Maestà l'Imperatore e l'Imperatrice di Russia, come ho preventivamente annunciato all'E. v., trovansi già da qualche tempo a Copenaghen con tutti i loro figli. Vi rimarranno, credesi, fino agli ultimi giorni del corrente mese (nostro stile), il giorno preciso della partenza non è peranco fissato, ma forse sarà verso il 26. A Copenaghen deve verificarsi fra breve la consacrazione di una Chiesa russa, cerimonia alla quale questa Corte Imperiale annette molto interesse.

All'E. V. sono note le voci ripetute nei giornali sulla probabilità d'un incontro dell'Imperatore Alessandro, al suo ritorno dalla Danimarca, con l'Imperatore di Germania: accennano persino a preparativi che si farebbero a Svinemunde sito del supposto ritrovo. Nulla qui mi fa credere che questa notizia abbia fondamento. Il signor de Giers e l'ambasciata di Germania a Pietroburgo non hanno contezza di siffatto progetto. Il primo, l'altro giorno, mi osservò pure, in una conversazione confidenziale, non vederne nemmeno l'utilità. «Durano ancora gli effetti», mi disse, «del convegno di Danzica; a che farne adesso una ripetizione? ». Rimane, è vero, sempre la possibilità di un'iniziativa che l'Imperatore Alessandro fosse personalmente per prendere a Copenaghen, ma ciò non sembra probabile stante anche il carattere generalmente assai riservato dell'Imperatore stesso. D'altra parte ho però ragione di credere che questa iniziativa, come sorgesse, sarebbe accolta a Berlino con piacere.

La corte imperiale ha preso un lutto di cinque giorni, il più breve qui in uso, per la morte del conte di Chambord. Si fu dapprima perplessi sul da fare, ma si è deciso cosi in maggio al principio della legittimità, verso del quale al governo russo ama dimostrare sempre il massimo rispetto, ed in segno di deferenza al discendente di tanto nobile e gloriosa prosapia.

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L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1961. Vienna, 7 settembre 1883 (per. il 17).

Nel corso della passata settimana il conte Kalnoky si recò a Salisburgo dove trovavasi il principe di Bismarck, e vi rimase colà due giorni in ripetute conferenze col cancelliere germanico. Di ritorno a Vienna quel ministro imperiale si trovò assediato da molteplici affari, tanto che mi fu impossibile d'essere da lui ricevuto le due volte che mi presentai al Ballplatz. Non fu che ieri, dietro iniziativa dello stesso conte Kalnoky, che potei avere un abboccamento con lui. S. E. mi disse che m'aveva pregato di recarmi da lui perché desiderava pormi in grado di riferire all'E. V. intorno all'intervista ch'egli aveva avuta col principe di Bismarck.

Ecco quanto mi disse il conte Kalnoky.

Egli aveva trovato il cancelliere in condizioni di salute relativamente soddisfacenti quantunque a volte si lagnasse dei suoi dolori nevralgici; però aveva constatato in lui dall'ultima volta che lo aveva veduto un sensibile cteperimento fisico, che a di lui avviso deve aver contribuito a temperare il suo carattere irascibile. Il principe durante tutti i colloquii avuti col conte Kalnoky erasi mostrato infatti animato da idee assai più moderate e concilianti che pel passato.

L'accordo intimo che esiste tra l'Austria Ungheria e la Germania è fondato su basi così solide, e lo scopo ne è così ben definito, che non poteva sorgere in quei due uomini di Stato il pensiero di portarvi delle modificazioni o delle aggiunte. Essi s'incontrarono unicamente per poter procedere direttamente ad uno scambio d'idee sugli avvenimenti compiutisi in questo ultimo periodo di tempo, e ad uno scambio di apprezzamenti sulla attuale situazione generale di Europa. La conversazione della pace essendo il cardine della politica dei due Imperi, era naturale che l'attenzione del cancelliere germanico e del ministro austro-ungarico si volgesse principalmente verso le due Potenze che più delle altre possono avere in animo di volerla turbare. Però nell'esaminare la condotta della Russia e della Francia. il principe di Bismarck non dié mostra di alcuna disposizione aggressiva verso l'uno o l'altro di questi due Stati. L'articolo della Norddeutsche Allgemeine Zeitung che menò tanto rumore nelle sfere politiche fu da lui ispirato perché voleva far avvertita la stampa francese ch'era tempo di finirla coi suoi attacchi violenti contro la Germania; ma se egli nutriva rancore contro il giornalismo in Francia, non si esprimeva in modo risentito sul conto degli uomini di Stato di colà, che riteneva risoluti a non seguire la via pericolosissima battuta dalla stampa. Per quel tanto che è consentito dal carattere impetuoso, e dallo spirito infiammabile dei francesi, il principe non vedeva da quel lato serie minaccie per la pace. Egli sembrava invece più preoccupato dell'atteggiamento della Russia, che, mentre intriga a Costantinopoli e spadroneggia in Bulgaria, va insensibilmente aumentando le sue forze militari sul confine occidentale dell'1m

46 -DO(umenti tliplomaticl -Serle II -Vol. XV-XVI

pero. Egli non si dissimulava che l'azione che va spiegando il Gabinetto di Pietroburgo negli affari interni della Bulgaria. mira ad una violazione del trattato di Berlino; ma appunto a causa dei pericoli che possono presentarsi da quel lato, il principe di Bismarck era stato, insieme al conte Kalnoky, d'avviso che si dovesse per ora declinare qualunque ingerenza negli affari di Bulgaria e !asciarne tutto il peso della responsabilità alla Russia, salvo poi a deliberare sul da farsi quando sia giunto il momento della crisi. È questo il solo punto nero che appaja nel momento attuale all'orizzonte. Perfettamente d'accordo su tutte le questioni europee, i due uomini di Stato proseguiranno in comune nei loro sforzi per la conservazione della pace, ed il conte Kalnoky manifestavami la speranza che tale scopo sarà raggiunto.

Se si producono qua e là incidenti che destano apprensioni nell'animo di lui, havvi d'altra parte dei fatti che lo confortano .Il gabinetto di Bucarest ha finalmente compreso quanto sia stata dannosa agl'interessi della Rumania la politica di ostilità all'Austria-Ungheria da esso seguita sino ad oggidi. Il Re Carlo, durante il suo recente soggiorno qui, erasi mostrato desiderosissimo d'iniziare cordiali rapporti di vicinato tra Vienna e Bucarest e queste buone disposizioni erano state confermate poscia dal presidente del Consiglio rumeno, che nel suo viaggio per recarsi a cura d'acque in Savoja erasi appositamente fermato a Vienna per abboccarsi col ministro imperiale degli Affari Esteri.

Nell'intervista ch'egli ebbe con quest'ultimo, il signor Bratianu non mancò di fare osservare che il solo impedimento al desiderato riavvlclnamento del due governi sul terreno politico, era la non ancora risolta questione del Danubio che ha sollevato nell'opinione pubblica rumena tanta animosità contro l'AustriaUngheria. Ma il conte Kalnoky replicò tale questione doversi per ora lasciare in disparte, l'inverno che s'avvicina interromperà per parecchi mesi la navigazione del Danubio, l'opera della commissione mista sarà necessariamente sospesa, nel frattempo il governo potrà aùuperarsl a calmare gu spiriti in Rumania, ed in primavera riuscirà più facile di giungere ad un'intesa su quella questione.

Ora il signor Bratianu è partito per Gastein onde visitarvi il principe di Bismarck; ed il conte Kalnoky se ne complaeeva uer l'Influenza cne 1 consrgll del cancelliere Germanico, meno di lui interessato a vedere stabilirsi buoni rapporti tra la Rumenia e l'Austria-Unghena uuvranno esercnare sull·animo del presidente del Consiglio rumeno.

Dopo la cura di acque che va ad intraprendere ad Aix-les-Bains, il signor Bratianu verrà di nuovo a Vienna per ricorrere col conte Kalnoky.

Son queste le importanti comunicazioni raLtemr ren dal ministro imneriale degli Affari Esteri che ho procurato di riprodurre colla maggiore fedeltà possibile. Nel sottometterle all'illuminato apprezzamento di V. E. mi permetterò solo di aggiungere due brevi commenti: l) che contrariamente a quanto mi fu detto dal conte Kalnoky che nell'intervista di Salzburg non abbia avuto luogo che un semplice scambio d'idee tra lui ed il cancelliere germanico, il linguaggio di certi giornali officiosi, e più ancora la circostanza che i due uomini di Stato avevano condotto seco un personale di cancelleria, m'inducono a credere che, oltre allo scambio verbale di idee, qualche cosa di più concreto sia occorso tra loro; forse la rinnovazione di quel patto segreto che, ad onta di ripetute smentite, si persiste a credere sia stato conchiuso nel 1878 tra il principe di Bismarck ed il conte Andrassy.

2) che il mutamento nell'indirizzo politico della Rumania, cui ha accennato il conte Kalnoky, ha evidentemente una portata maggiore di un semplice suo riavvicinamento all'Austria-Ungheria, e che le trattative che furono iniziate qui dal signor Bratiano, che saran da lui proseguite a Gastein, e forse condotte a termine più tardi a Vienna, sono intese ad associare, mediante formale accordo, la Rumania all'alleanza austro-germanica.

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L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1962. Vienna, 8 settembre 1883 (per. il 12).

Le recenti interviste di Ischl e di Salisburgo hanno riaperto nelle colonne dei giornali italiani la discussione sull'argomento già trito dell'alleanza italaaustro-germanica. Sinora la stampa di qui non pareva andarsene, e salvo rarissime ed insignificanti eccezioni si era limitata ad assistere silenziosa ed indifferente a questa gara di fantastiche conghietture impegnatasi tra i nostri periodici.

Oggi però il silenzio è stato interrotto da'l Fremden-Blatt. Prendendo a commentare un articolo pubblicato nell'Italie, nel quale tra le altre combinazioni politiche è accennato all'eventualità di una guerra mossa dall'AustriaUngheria alla Turchia per impadronirsi di Salonicco, il giornale ufficioso del ministero degli Affari Esteri, si è creduto in dovere di respingere categoricamente questa mira attribuita al Gabinetto di Vienna, che dichiara priva di qualunque fondamento e contraria alle solenni dichiarazioni fatte in proposito dal conte Kalnoky dinanzi alle delegazioni. Questa smentita mi ha sembrato, per l'autorità del giornale che la dà, meritare l'attenzione di V. E. ed ho perciò l'onore di trasmetterle qui annesso il testo dell'articolo in discorso (1).

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L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1182. Vienna, 10 settembre 1883, ore 15,05 (per. ore 15,50).

Neue Freie Presse d'oggi pubblica corrispondenza da Berlino, ove discorrendo del riavvicinamento della Rumania alla lega austro-germanica, la paragona alla adesione dell'Italia alla lega medesima. A1 qual proposito aggiunge

che l'accordo tra l'Italia e i due Imperi ha il carattere d'una esplicita lega pacifica nella quale è precisata la distinzione tra l'attacco e la difesa. Pel caso che uno o due dei contraenti muova guerra per iscopo offensivo l'altro

o gli altri non sono obbligati di prestar soccorso. Il casus foederis si presenta immediatamente per tutti, se uno degli alleati è assalito da una o più Potenze.

(l) Non pubblicato.

687

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1166/292. Londra, 10 settembre 1883 (per. il 14).

Tostoché mi pervenne il telegramma ch'ella mi fece l'onore di dirigermi il 29 agosto scorso (1), feci notare a lord Granville, con lettera privata, che sarebbe stato utile di terminare la controversia fra l'Italia e il Marocco, e lo pregai di dare istruzioni al rappresentante britannico a Tangeri di consigliare al governo marocchino di soddisfare alle domande dell'Italia nello stesso modo che aveva fatto per quelle dell'Inghilterra e della Francia.

Per mettere quindi Sua Signoria al giorno della questione, accompagnai la mia lettera con un brevissimo riassunto del dispaccio del ministero d'Italia a Tangeri del 24 giugno scorso.

Mi pervenne quindi il telegramma dell'E. V. del 7 corrente (2), in cui ella si compiaceva annunziarmi che la controversia col Marocco era già terminata. Ne diedi tosto comunicazione a lord Granville e ricevetti! in risposta la lettera privata che ho l'onore di trasmetterle qui unita in traduzione (3), nella quale Sua Signoria mi partecipa ch'era sul punto di telegrafare all'incaricato d'affari britannico a Tangeri nel senso desiderato dal governo italiano.

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L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TUGINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 3316. Berlino, 12 settembre 1883 (per. il 18).

È da parecchio tempo che la stampa tedesca non tralascia di tener desta la pubblica opinione col porre in rilievo il significato altamente politico, che qui si attribuisce al viaggio, che Sua Maestà il Re di Spagna ha di recente intrapreso in Germania, ove si reca come ospite di Sua Maestà l'Imperatore Guglielmo ad assistere alle grandi manovre dell'esercito tedesco nei pressi di Merseburgo e di Homburgo. E per fermo non s'intenderebbe che Sua Maestà

il Re Alfonso si fosse risoluto, malgrado il recente tentativo di rivolta militare, a lasciare il suo Stato, senza che una qualche imperiosa ragione d'indole politica non glielo avesse consigliato. Fra tutte le congetture poste innanzi la principale è quella con la quale si afferma che, mercé il viaggio del suo Sovrano, la Spagna entra a far parte della grande alleanza della pace sussistente fra i due Imperi di Germania e d'Austria-Ungheria.

Conversando intorno a siffatto argomento col ministro di Spagna qui residente, questi non poneva in dubbio il significato politico di un tale viaggio: e quanto alla congettura dianzi accennata, mi ripeteva che la Spagna già si considerava come unita in ispirito e col cuore con le due grandi Potenze. Il conte di Benomar non mi taceva che il suo Sovrano intraprendeva codesto viaggio nell'intento di giovare al consolidamento del principio monarchico europeo, al quale la Spagna era grandemente interessata. La recente sommossa militare era stata preparata con gli aiuti prestati dai repubblicani di Francia conniventi dei disegni rivoluzionari del Zorilla. Da questo lato il pericolo era grave per la stabilità della monarchia spagnuola: la propaganda repubblicana francese costituisce una perenne minaccia per la Spagna, laddove questa non reagisca, con una resistenza sostenuta pure dalle altre Potenze monarchiche, contro la forza di attrazione che va esercitando colà lo spirito repubblicano francese.

Se il linguaggio del conte di Benomar era abbastanza significativo, esso non usciva però dal campo delle generalità. Questo bisogno sentito dalla Spagna di tenersi stretta con la grandi Potenze centrali d'Europa, avrebbe avuto oppur no, col viaggio del Re Alfonso in Austria ed in Germania, un'attuazione pratica mediante un accordo formale consacrato da un patto concreto fra le parti interessate? Era questo il quesito che mi pareva utile d'indagare e che importava specialmente di vedere sciolto con una certa precisione e mercé un'autenticità di giudizio.

Nel colloquio che ho avuto oggi con questo sotto segretario di Stato, ho reputato mio dovere di rammentargli l'assicurazione da lui fatta non ha guarì a S. E. il conte de Launay (rapporto n. 3312 serie politica) (1), e cioè che laddove si fosse concretato qualche cosa nella circostanza del viaggio del Re di Spagna, il governo imperiale non avrebbe tralasciato di darcene contezza. Ad ogni modo si sarebbe tornato assai gradito di udire almeno qual valore qui si attribuiva a:lla visita del Re di Spagna.

Il sotto segretario di Stato non ha esitato a rispondermi che il viaggio del Re Alfonso si collegava all'interesse ed alla simpatia che l'Imperatore Guglielmo ed il suo governo nutrono in prò del consolidamento delle istituzioni monarchiche in !spagna rappresentate dal giovane Re Alfonso. È bensì vero che essendo questi accompagnato dal suo ministro degli Affari Esteri,

S. E. il conte di Hatzfeldt, il quale travasi del resto a villeggiare nei pressi di Homburgo, sarà pure presente all'incontro dei due Sovrani; ma da codesto

tatto non deve arguirsi che si abbiano a concretare accordi o patti di alleanza, come quelll accennati di sopra. D'altra parte, soggiungevami il signor Busch, non potrebbe discorrersi di simili patti con la Spagna, che non ha ancora l'importanza di grande Potenza, che ha bisogno di provvedere alla propria organizzazione interna e che ha da curare un gran male, cioè la poca saldezza delle proprie istituzioni militari, cagione principale della sua fiacchezza politica. E senza dirlo esplicitamente, ma pur !asciandolo intravedere, il sotto segretario di Stato facevami comprendere che per accoglier un nuovo alleato bisogna che questo possegga un'entità di forze materiali corrispondente al profitto che gli deriva da una alleanza cosiffatta.

Codeste dichiarazioni del signor Busch mi paiono tali da porgere all'E. V. una idea precisa del significato politico che questo governo annette al viaggio del Re di Spagna in Germania.

(l) -Cfr. n. 672. (2) -Cfr. n. 682. (3) -Non pubblicata.

(l) Cfr. n. 677.

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L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TUGINI, AL, MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 3317. Berlino, 12 settembre 1883 (per. il 18).

Nel colloquio che ho avuto oggi con questo sotto segretario di Stato ho cercato d'indagare sino a qual punto erano da reputarsi esatte le notizie post.e testé in giro dalla stampa per rispetto al significato attribuito al viaggio a Gastein del signor Bratianu, presidente del Consiglio dei ministri di Rumenia; si era vociferato che fra il principe di Bismarck ed il signor Bratianu, oltre alla soluzione della vertenza danubiana, si fosse stabilito un accordo inteso a far entrare anche il Regno di Rumenia nell'alleanza esistente fra la Germania e l'Austria-Ungheria. Codesta notizia mi pareva tale da avere anche per l'Italia un interesse immediato, e pregai quindi il signor Busch di volermi fornire in proposito qualche dato che mi ponesse in grado di discernere quanto di vero ci fosse nelle voci propalate in proposito dai giornali.

Il signor Busch mi assicurò innanzi tutto che per ragioni di opportunità la soluzione definitiva della vertenza danubiana rimaneva per ora in sospeso. Erasi difatti reputato utile di dar agio e tempo al signor Bratianu di preparare il terreno in guisa ,che la pubblica opinione in Rumenia possa accogliere di buon grado il modo di soluzione che si sta escogitando per far cessare il dissidio esistente fra l'Austria-Ungheria e la Rumenia. E confermandomi ciò che egli mi disse l'altra volta circa questo argomento (rapporto

n. 3313, serie politica) (1), il signor Busch mi ripeteva che non si poteva far a meno di rispettare certe suscettibilità mostrate in questo affare da uno

Stato, come la Rumenia, ove per essere in vigore il regime costituzionale, il governo ha bisogno del suffragio della pubblica opinione per poter fare accettare qualsiasi soluzione riferentesi alla politica estera. Quanto alla Germania, essa non desidera se non di vedere che l'Austria-Ungheria e la Rumenia s'intendano fra loro sul miglior modo di risolvere la difficoltà, attesoché importa ad essa come amica dell'Austria-Ungheria che a questa non si creino imbarazzi e molestie da parte della Rumenia.

Quanto all'entrata della Rumenia nella lega dei due Imperi, il signor Busch mi ha dichiarato che non aveva alcurt fondamento la notizia posta in giro dai giornali. La Rumenia non è una grande Potenza: non potrebbe quindi porsi al pari delle Potenze alleate, di cui ciascuna rappresenta un complesso di forze superiore di molto a ciò che potrebbe offrire il nuovo Regno. Però mostrandosi d'accordo e vivendo in buona armonia con l'AustriaUngheria, la Rumenia conferirà indirettamente anche al consolidamento della pace generale e delle istituzioni monarchiche, che sono gli scopi finali dell'alleanza delle Potenze centrali di Europa.

(l) R. del 4 settembre, non pubbUcato.

690

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TUGINI

T. 673. Roma, 13 settembre 1883, ore ... (1).

Remerciez, en mon nom, sous secrétaire d'Etat pour son attention de faire paraitre dans la Gazette Générale de l'Allemagne un communiqué expliquant mon absence de Salzbourg; mais tachez de faire comprendre que l'explication qu'on voudrait y donner, c'est-à-dire d'avoir voulu m'épargner le dérangement personnel du voyage, lorsqu'il s'agissait d'affaires de toute gravité, difficilement saurait satisfaire l'opinion publique, et, peut-ètre meme, en Italie pourrait me faire du tort. Demandez si, tout en laissant à ce motif, tout-à-fait secondaire, une part accessoire dans le communiqué, on ne pourrait trouver une explication plus sérieuse et vraisemblable. Il serait également dangereux d'affirmer qu'aux questions qui forment l'objet de l'entrevue l'Italie ne pourrait etre intéressée, car on se demanderait quel est le r6le du tiers, s'il y a des buts dans l'alliance qui ne le regardent pas, surtout en égard aux soupçons d'une partie de la presse italienne. Quant aux aspirations de l'Autriche en Orient, si l'on peut donner une bonne explication il sera utile d'ajouter que tout ce qui s'est passé dans rentrevue de Salzbourg m'a été communiqué, et qu'on ne saurait douter que dans tous les porparlers pour les affaires ayant rapport à la Triple Alliance je serai appelé à y prendre part dans l'intérete de l'Italie.

(l) Manca l'indicazione dell'ora di partenza.

691

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI DI FRANCIA A ROMA, REVERSEAUX

D. 147. Roma, 15 settembre 1883.

Con rapporto del 29 agosto scorso (l), l'E. V. mi trasmetteva copia di una lettera con la quale lord Granville, riferendosi ad una amichevole comunicazione che ella ebbe incarico di fargli. in nome del R. governo, circa la protezione del canale di Suez in tempo di guerra, dichiara parergli sufficienti, per ogni contingenza, le proposizioni da lui stesso enunciate, intorno a quell'argomento, nel dispaccio circolare del 3 gennaio scorso.

II linguaggio tenutole da lord Granville più volte rispetto a questo tema è la considerazione particolarmente benevola in cui S. S. sembrava aver preso le nostre idee a tale riguardo, mi avevano, per verità, lasciato presumere una conclusione diversa. Né, d'altra parte, è mutato in proposito il mio convincimento, non essendo, del resto, accennati nella lettera di lord Granville da lei trasmessami i motivi su cui S. S. fonda la sua opinione.

Tra la proposta britannica contenuta nella circolare Granville del 3 gennaio e l'emendamento espresso nel mio dispaccio del 4 febbraio (2) non corre divario sostanziale di concetto. Anzi il concetto è sempre Io stesso «guarentire, in ogni tempo, la libertà e la neutralità del canale di Suez ». Però, secondo la proposta britannica, a raggiungere questo intento, per il tempo di guerra, reputerebbesi sufficiente la clausola n. 6; cioè: <<che l'Egitto prende tutte le misure che stanno ln suo potere per dare forza alle condizioni imposte per il transito, in tempo di guerra, delle navi dei belligeranti attraverso il canale ». Il Gabinetto italiano avrebbe, invece, stimato insufficiente tale garantia, imperocché il più delle volte la potenza territoriale stessa si troverà coinvolta nel conflitto; epperò, come aggiunta, proponeva che, in vista di codesta ipotesi, e senza punto menomare i diritti sovrani della Potenza territoriale, sia riservata alle Potenze la facoltà di concertarsi eventualmente per un servizio di polizia e sorveglianza puramente navale, come era già stata concordata all'unanimità nelle conferenze di Costantinopoli del 1882.

La lettera di lord Granville !imitasi, come dissi, a manifestare l'opinione che basti quanto sta detto nella circolare del 3 gennaio, né aggiunge schiarimenti qualsiasi. L'obiezione del governo italiano, che cioè l'Egitto stesso possa essere quel belligerante contro il quale sarebbe chiamato a provvedere dalla proposta Granville sussiste quindi in tutta la sua pienezza. E, poiché non è supponibile che a lord Granville ne sia sfugita l'efficacia, così debbo piuttosto ritenere che il nobile lord sia deliberatamente restio a contrarre, per ora almeno, altri vincoli oltre quelli enunciati nella sua circolare del 3 gennaio.

E' evidente, ciò stante, che una nostra insistenza ulteriore riuscirebbe affatto sterile e intempestiva. Però mi preme che V. E. sappia che il nostro

modo di vedere non è punto mutato e che, tra le altre cose, abbiamo difficoltà a comprendere come il Gabinetto britannico non veda quanto sarebbe per essere pericoloso precedente, per altra situazione consimile a quella del canale di Suez, quello per cui la Potenza territoriale concentrerebbe nelle sue mani ogni maniera di controllo e di sanzione sopra la libertà e neutralità della via acquea, tanto in tempo di pace quanto in tempo di guerra.

La materia relativa al canale di Suez è, secondo la circolare di lord Granville del 3 gennaio, di quelle a cui le Potenze dovrebbero direttamente partecipare mediante accordi diplomatici. Quando, o l'Egitto o l'Inghilterra fossero per prendere l'iniziativa di siffatti accordi, non sarà fuori di luogo di ricercare se ci convenga, preparato convenientemente il terreno nel frattempo, di ripresentare i nostri concetti non foss'altro per preservarsi dalla responsabilità che una deficiente garanzia della libera navigazione del canale di Suez farebbe anche sopra di noi ricadere.

(l) -Cfr. n. 674. (2) -D. 10, non pubblicato.
692

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, E AGLI INCARICATI D'AFFARI A BERLINO, TUGINI, E A PARIGI, RESSMAN

T. 678. Roma, 18 settembre 1883, ore 17.

Le voyage de Gladstone à Copenhague en ce moment, et la présence contemporaine de l'Empereur de Russie ont une portée politique q'il est impossible de méconnaitre. Au milieu des différentes dénégations et explications, tàchez, moyennant vos rapports officiels et extra-officiels, de m'indiquer du moins ce que les hommes sérieux regardent comme vrai ou vraiseblable, et quel est aussi en ce moment l'état réel des rapports de l'Angleterre avec la France et avec l'Allemagne. Aujourd'hui je vais à Rome pour quelques jours. Je désire vivement demain y recevoir, avant le Conseil des ministres, votre réponse avec vos renseignements et appréciations. Veuillez me tenir au courant de tout ce qui peut nous intéresser <l).

693

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1209. Parigi, 19 settembre 1883, ore 10,40 (per. ore 13,15).

Deux suppositions prévalent ici au sujet du voyage de Gladstone: les uns n'y voient qu'une promenade de délassement, une simple fantaisie; ils ci

tent à l'appui fait que Gladstone voyage accompagné de sa famille, le précédent de sa dernière excursion en France, le ton dominant, à ce sujet, ctans la presse anglaise et la tendance notoire du Cabinet de Saint James de ne pas se laisser prendre dans les engranages des complications continentales; tout au plus admettent-ils que le premier ministre anglais veuille profiter de l'occasion qui lui aurait été offerte, plutòt qu'il ne l'aurait cherchée pour reconnaitre du terrain. D'autres partagent l'opinion qui parait avoir cours à Vienne et pensent que l'entrevue de Copenhague est la contrepartie de celle de Gastein. Le Cabinet anglais serait aussi préoccupé que la Russie elle-meme des agissements préparatoires de Bismarck et Kalnoky. Sans songer à prendre des engagements sérieux Gladstone aimerait à donner dans l'intérèt de la paix un avertissement. Malgré le récent antagonisme, une entente pourrait dans certaines éventualités devenir facile entre Londres et Pétersbourg. Quant aux rapports de I'Angleterre avec la France, il est certain qu'il y a beaucoup moins de malveillance à Londres contre la République qu'il n'y a ici de jalousie contre !es voisins d'outre Manche. Cependant, après les ressentissements causés par l'affaire d'Egypte, Ies rapports sont redevenus meilleurs, comme le prouve à l'évidence le fait que la France a réclamé et obtenu !es bons offices de Granville dans le différend avec la Chine. Le sentiment général en Angleterre ne désire pas amoindrissement de la France, et Gladstone est Ioin d'avoir un parti pris contre la République. Et ce qui concerne !es rapports entre l'Angleterre et l'Allemagne, je ne pourrais en juger que d'après le langage de la presse des deux Pays, qui de part et d'autre s'est sensiblement aigri dans ce dernier temps.

(l) Per le risposte cfr. nn. 693, 694 e 695.

694

L'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1210/178. Londra, 19 settembre 1883, ore 13,29 (per. ore 15,40).

Excursion de Gladstone à Copenhagtìe est purement accidentelle. Elle n'a aucune importance politique sérieuse. C'est ma conviction et celle des personnes bien informées que je vois. Les relations entre l'Angleterre et l'Allemagne sont excellentes. Ici on ne jure que par Bismarck, à qui on est très reconnaissant pour so n attitude dans l'affaire d'Egypte. Celi es e n tre l'Angleterre et la France sont moins bonnes, car d'un còté la France en veut à l'Angleterre pour l'Egypte, et d'autre part le gouvernement anglais est inquiet de la politique coloniale de la France. Toutefois le gouvernement anglais s'efforce d'amener une entente entre la France et la Chine, et en tout cas il fera tout le possible pour ne pas se mettre mal avec la France.

695

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TUGINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3323. Berlino, 19 settembre 1883 (per. il 23).

Col suo telegramma di ieri sera (l) l'E. V. mi commetteva l'incarico di procacciarle precise e sollecite informazioni intorno al significato che qui si attribuiva al viaggio del signor Gladstone a Copenaghen, ove, per la presenza di Sua Maestà l'Imperatore di Russia, l'arrivo del primo ministro di Sua Maestà la Regina assumeva a buon diritto tutta l'apparenza di un fatto altamente politico. E nel contempo l'E. V. mi ingiungeva pure di darle contezza dello stato reale delle relazioni esistenti in questo momento fra la Inghilterra, la Francia e la Germania.

L'indole di siffatte indagini non mi pareva tale da farmi sperare che sarei stato in grado di appagare il desiderio dell'E. V. prima delle tre pomeridiane di quest'oggi, sia perché coloro che qui hanno fama di uomini autorevoli e prudenti nelle cose politiche in gran parte trovansi a villeggiare, sia perché non mi sembrava agevole d'incontrarmi col sotto-segretario di Stato innanzi l'ora sovraindicata.

Del viaggio del signor Gladstone avevano parlato alcuni giornali tedeschi, i quali ripetendo l'eco della stampa austriaca avevano ravvisato in esso una specie di dimostrazione opposta dalla diplomazia anglo-russa alla lega delle Potenze centrali d'Europa.

Le congetture non sono state né poche, né poco arrischiate; esse erano però tali da destare naturalmente un senso di diffidenza circa la loro veridicità in chi le avesse esaminate con animo pacato. E per fermo quale sarebbe mai lo scopo immediato, il quale spingerebbe l'Inghilterra a gettarsi con tanta ostentazione in braccio alla Russia, come sarebbe l'iniziativa attribuita al signor Gladstone d'incontrarsi coll'Imperatore Alessandro III e di porsi per tal guisa in manifesta opposizione con la Germania e l'Austria-Ungheria?

E' stato affermato che l'Inghilterra per assicurarsi una maggiore libertà di azione sul Nilo si sarebbe accordata con la Russia, e che a questa, in compenso, avrebbe dato completa balia delle cose balcaniche. Ma si sa che sul Nilq la Russia non è un ostacolo, e che, se l'Inghilterra ha potuto tradurne in atto colà i suoi disegni, essa ne va debitrice all'atteggiamento benevolo assunto specialmente dalle due Potenze centrali. È vero che il signor Gladstone non ha mai nascosto le sue simpatie personali per la Russia; ma non può supporsi, malgrado certe sue eccentricità, che il primo ministro della Regina senza alcuna immediata utilità, voglia assumere un contegno così ostile e provocatore verso le due Potenze alleate. Non bisogna dimenticare che gl'in

(ll Cfr. n. 692.

glesi sono gente c.alcolatrice; giova ai propri interessi commerciali di vivere oggi in buona armonia con la Russia, non meno che con la Germania e la Austria Ungheria; anzi qui si opina che l'Inghilterra di fronte ad una guerra fra queste Potenze assai difficilmente si deciderebbe ad accorrere in aiuto dell'una a danno dell'altra.

A questo modo ho udito ragionare qui da taluni. E per ciò che riguarda lo stato reale delle relazioni dell'Inghilterra con la Francia e con la Germania mi è stato assicurato che in questo momento non c'era alcun indizio che potesse far supporre che esse avessero subito qualche mutazione. E quanto alle relazioni dell'Inghilterra con la Germania, se debbo prestar fede a chi me l'affermava in modo positivo, esse sono oggi tali da non lasciar nulla da desiderare.

Ho avuto agio di abboccarmi oggi col sotto-segretario di Stato al quale non ho mancato di fare allusione al viaggio del signor Gladstone ed al significato politico che gli si attribuiva dalla stampa tedesca ed austriaca. Il signor Gladstone non aveva alcun significato politico, e che non meritavano quindi alcuna fede le elucubrazioni della stampa su questo argomento.

È una delle solite gite di piacere, mi ha ripetuto, che il signor Gladstone, seguendo l'uso inglese, ha inteso di fare per riposarsi dalle cure di governo; ed il soggiorno dell'Imperatore di Russia in Frederiksborg non deve considerarsi se non come una circostanza fortuita. Mi faceva pure osservare il sotto segretario di Stato che né il signor Gladstone, né alcun altro ministro di un Paese come l'Inghilterra si deciderebbe mai ad agire come i giornali vogliono far credere. E mi ha inoltre soggiunto che il conte Munster, il quale trovasi da parecchie settimane a villeggiare in Germania, aveva emesso un'opinione analoga alla sua. Difatti in una lettera particolare pervenutagli ieri da quel diplomatico tedesco, questi faceva prevedere che il viaggio del signor Gladstone non avrebbe mancato di accendere la fantasia dei giornalisti; dal canto suo era frattanto convinto che quel viaggio era sfornito di ogni importanza politica.

Dal modo come si è espresso con me il signor Busch ho potuto scorgere, se non m'inganno, ch'egli parlava come uomo profondamente convinto di ciò che mi riferiva. E posto mente alla sua abituale riservatezza di linguaggio, bisogna convenire che questa volta il suo dire è stato abbastanza preciso ed esplicito.

Codesto è l'esito delle indagini da me praticate finora su questo argomento. Certamente sarà mia cura di proseguire in simili ricerche; e l'E. V. può essere persuasa che da parte mia farò ogni opera per procacciarle tutte quelle notizie che possano tornare utili al R. governo.

Nel confermarle il mio telegramma di oggi (l) e nel restituirle qui uniti, debitamente soscritti i fogli relativi ai documenti diplomatici speditimi in data del 10 e 15 corrente, le offro ecc.

(l) T. 1212, non pubblicato.

696

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1967. Vienna, 19 settembre 1883 (per. il 22).

Una delle cause dell'inquietudine del conte Kalnoky per la crisi che va traversando ora la Bulgaria, era la pe~:suasione che i generali ministri del principe Alessandro, i quali si erano dimostrati avversi alla convenzione ferroviaria conchiusa nella Conjérence à quatre, ricuserebbero di farla approvare dalla Camera bulgara. S. E. non aveva nascosto questo timore nei suoi colloquii coll'incaricato d'affari di Russia, il quale dal suo canto gli aveva dato l'assicurazione che la convocazione della Sobranja non avrebbe altro scopo che di far approvare la convenzione ferroviaria austro-serbo-bulgaro-turca, e la convenzione finanziaria russo-bulgara. Questa assicurazione fu in questi giorni confermata dallo stesso signor di Giers in un telegramma spedito alla ambasciata di Russia e da questa comunicato al conte Kalnoky. Non saprei dire a V. E. se sia conseguenza dell'affidamento che la convenzione ferroviaria non sarà osteggiata dai generali russi, ma è un fatto che questo ministro degli Affari Esteri si esprime ora in termini màtto meno irritati contro la azione del governo russo in Bulgaria e non esclude la possibilità che gli affari colà prendano col tempo una piega regolare.

Questo mutamento di linguaggio nel conte Kalnoky mi sembra tanto più degno di nota in quanto ch'esso si è prodotLo nel momento stesso in cui l'officiosa Norddeutsche-Allgemeine Zeitung pubblicava giorni sono un articolo ispirato a sentimenti assai concilianti verso la Russia, e che il non meno officioso Fremden-Blatt inseriva nelle proprie colonne un articolo nello stesso senso della consorella di Berlino. So di più che la parola d'ordine data ultimamente a tutti i giornali di qui è di esprimersi in modo amichevole riguardo al Gabinetto di Pietroburgo. Questa subitanea temperanza di linguaggio per parte degli organi officiosi della stampa di Berlino e di Vienna mi veniva ieri da persona autorevolissima del ministero degli Affari Esteri spiegata non come un mutamento di giudizio sulla situazione delle cose in Bulgaria, ma come una necessità di porre un freno alle fantasie dei giornali che dalla crisi che traversa il governo del principe Alessandro, traevano argomento per presagire un pross1mo conflitto tra l'Austria-Ungheria e la Russia. Se questo sia stato in realtà l'unico movente del contegno amichevole che ora la stampa di Germania e d'Austria osserva verso il Gabinetto di Pietroburgo, non sono io in grado di constatare. Una sola cosa mi permetterò di rilevare in proposito, ed è che come il risentimento del conte Kalnoky contro l'agire della Russia in Bulgaria non si accentuò che dopo l'intervista di lui col principe di Bismarck a Salisburgo, così la maggior calma ch'egli dimostra oggi nel seguire lo svolgimento della crisi, data dalla pubblicazione della Norddeutsche-Allgemeine Zeitung; locché potrebbe indurre a ricercare a Berlino anziché a Vienna la vera causa delle passate inquietudini e dell'attuale fiducia nella condotta del Gabinetto di Pietroburgo.

697

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1968. Vienna, 19 settembre 1883 (per. il 24).

È arrivato a Vienna or sono 10 giorni il Re di Spagna, e durante la sua dimora in questa capitale egli fu l'ospite dell'Imperatore che gli dié stanza alla tBurg e gli usò ogni sorta di cortesi attenzioni.

La curiosità del pubblico già destata dal recente passaggio di parecchi sovrani e principi si è portata naturalmente anche su Re Alfonso alla cui presenza in Vienna si volle attribuire un alto significato politico. Fu detto che la venuta di S. M. cattolica qui e la di lui andata successiva in Germania avessero per scopo l'accessione della Spagna all'alleanza italo-austrogermanica, e la notizia fu creduta e ripetuta da giornali che vi lavorarono sopra ogni sorta di combinazioni politiche. Onde far cessare tutti questi commenti si credé opportuno di far parlare il Fremden-Blatt; ed in un articolo pubblicato nel suo numero del 15 corrente questo giornale spiega come i vincoli di parentela che uniscono il Re Alfonso alla Casa imperiale, e la memoria degli anni giovanili trascorsi a Vienna dall'attuale Re di Spagna siano il solo motivo che condusse il principe in questa capitale; e come al di lui viaggio in Europa non debbasi attribuire alcun carattere politico, all'infuori del giusto desiderio in lui giovane principe, di visitare i principali Stati d'Europa e di conoscerne personalmente i Sovrani.

V'ha però verso la fine dell'articolo una frase che non è certamente stata inserita senza uno scopo «Noi comprendiamo (dice il Fremden-Blatt) che la Spagna nutra vivo desiderio di essere ammessa nel consesso delle Potenze europee, ogni qual volta i suoi interessi sieno in giuoco; e noi crediamo che essa può fare affidamento che, ogni qualvolta i suoi interessi lo reclameranno le Potenze europee le accorderanno posto e voce nel loro concerto».

Questa frase, se non erro, spiegherebbe Io scopo che avrebbe avuto in mira il Re Alfonso nel visitare le primarie corti d'Europa: ottenere cioè l'assenso dei varii governi all'ammissione della Spagna nel concerto delle grandi Potenze europee.

Quest'aspirazione il Gabinetto di Madrid l'aveva già palesata due anni or sono quando ferveva la questione egiziana. Accolta allora freddamente dalle Potenze la domanda patrocinata og·gi personalmente dal Re potrebbe incontrare più favorevoli disposizioni nei governi interessati.

698

IL MINISTRO A COPENAGHEN, MAROCHETII, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1218. Copenaghen, 20 settembre 1883, ore 18,53 (per. ore 21,50).

Le ministre des Affaires Etrangèrcs affirme de la manière la plus formelle que le voyage de M. Gladstone n'a aucun caractère politique. Il lui aurait pris en Norvège la fantaisie subite de pousser jusqu'ici, et afin de conserver un caractère intime à sa réception, ni le ministre des Affaires Etrangères ni le président du Conseil n'ont été invités avec Gladstone au diner du palais. Le ministre des Affaires Etrangères affirme ne pas avoir vu Gladstone pendant les 48 heures de son séjour, et avoir reçu trop tard l'invitation au déjeuner improvisé sur le bàtiment anglais pour amuser la princesse de Galles. Il a dit qu'il n'y a rien de vrai dans !es bruits d'une entente scandinave et russe pour faire contrepieds à la Triple Alliance. La visite du Roi et de la Reine de Suède était inévitable, car ils se trouvaient dans un chàteau à une heure sur la rive suédoise. S. E. a été presque aussi positif sur !es bruits qui ont circulé touchant la candidature du prince Waldemar au tròne de Bulgarie. L'ambassadeur de Russie à Londres n'est ici que pour l'inaugration de l'église russe qui est son oeuvre; e n effet il y a une année que j'entends parler de son retour ici à cette occasion. J'avoue que le concours de ces circonstances est singulier, mais malgré mes investigations, rien jusqu'à présent ne m'a autorisé à voir autre chose qu'une réunion démonstrative de famille et un témoignage de la part de M. Gladstone pour le Danemarck et la Russie. Le ministre des Affaires Etrangéres m'a annoncé la prochaine arrivée du prince roya! du Portugal.

699

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TUGINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3324. Berlino, 21 settembre 1883 (per. il 24).

Questo incaricato d'affari d'Austria-Ungheria mi ha confidato di aver ricevuto testè da S. E. il conte Kalnoky l'istruzione di esprimersi all'occorrenza presso a poco nel seguente modo intorno allo scopo della visita fatta dal ministro austro-ungarico degli Affari Esteri al principe di Bismarck in Salzburgo.

La visita era stata motivata semplicemente dalla circostanza che il principe di Bismarck trovavasi a Gastein: non c'era stato in precedenza alcun reciproco avviso, né si era anteriormente determinato alcun programma delle quistioni da discutere. Nel loro incontro i due uomini di Stato ebbero però, come era naturale, a discorrere fra loro circa cose attinenti alla politica estera.

In quello scambio d'idee Iu riconosciuto da essi la necessità di cooperare in comune al mantenimento della pace in Europa e di contribuire con ogni sfon:o ad allontanare ed a paralizzare qualsiasi tentativo inteso a porre a repentaglio la tranquillità generale. L'accordo fra l'Austria e Germania è completo su questo punto. I due uomini di Stato constatarono ancora una volta a Salzburgo la medesimezza delle loro idee a questo riguardo.

Nella sua precitata comunicazwne S. E. il conte Kalnoky nega poi in modo reciso e categorico che durante i suoi colloquii col principe di Bismarck siano stati concretati speciali accordi fra loro su determinati punti della politica estera, come a torto asserirono alcuni giornali.

Codesto linguaggio del ministro austro-ungarico degli Affari Esteri consuona perfettamente con quello adottato giorni sono dal giornale ufficioso del dipartimento imperiale degli Affari Esteri e di cui è cenno nel mio rapporto n. 3320 di questa serie O). E devesi quindi supporre che l'analogia dei due linguaggi sia l'effetto di un accordo stabilito fra il Gabinetto di Berlino e quello di Vienna.

700

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2632. Therapia, 24 settembre 1883 (per. il 1° ottobre).

Ebbi or non ha guarì l'onore di riferire all'E. V. come regnassero presso il Sultano gravi apprensioni riguardò al mantenimento della pace in Europa, le quali tanto più lo agitano che m'è noto Sua Maestà aver detto in questi giorni ad un mio collega testé giunto da un viaggio in Europa essere persuasa che, qualunque fosse lo sviluppo di quelle complicazioni, la Turchia avrebbe infine a pagarne le spese. Né Sua Maestà ha finora presa alcuna determinazione riguardo alla linea a seguire in quella eventualità. Allorché il principe di Montenegro venne a Costantinopoli, Sua Maestà temette la visita di sì intimo alleato della Russia e le infinite cortesie usategli potessero far credere essersi egli raffreddato in ordine a sentimenti di essa verso la Germania, epperò fu largo d'assicurazioni in senso contrario ne' suoi colloqui coll'ambasciatore di Germania e volle mandare uno de' più cospicui personaggi dell'Impero in missione presso l'Imperatore di Germania. Però, mentre n maresciallo Mukhtar Pascià sta compiendo la sua missione non cessano gli attivi scambj di comunicazione fra Jldiz Kiosque e l'ambasciata di Russia. Grande impressione faceva inoltre a Palazzo l'annunzio telegrafico della visita del signor Gladstone a Copenaghen che, poco conoscendosi in quelle regioni gli usi del governo britannico in proposito, si convertiva un viaggio di piacere ed un incontro accidentale in grave missione diplomatica e si

affermava il primo ministro essere ito a quella capitale per trattarvi una alleanza colla Russia, traendone la conseguenza le Potenze stare aggruppandosi pei futuri eventi, volersi opporre l'alleanza anglo-russa a quella delle tre Potenze centrali. E mentre questi giornali erano da qualche tempo sempre pieni di amare espressioni pel governo britannico e per l'ambasciatore di esso, ora ricevettero l'istruzione di vantare l'alleanza inglese e di rallegrarsi pel prossimo ritorno del distinto rappresentante del Regno Unito.

Tre sono infatti i partiti che sono attualmente discussi a Palazzo pel caso di prossime complicazioni, alleanza colla Russia, alleanza coll'Italia, la Germania e l'Austria-Ungheria, neutralità. Pel primo si fanno valere le aspirazioni dell'Austria-Ungheria verso Salonicco, la probabilità che la Germania sia per sostenere l'inorientamento di quella, la grandezza della Russia. In favore del secondo partito si allegano la tradizione storica della Russia tendente ad impadronirsi del Bosforo, recenti fatti i quali provano che quella tradizione non è spenta, le numerose prove d'amicizia fornite dalla Germania, la superiorità delle forze delle tre grandi Potenze riunite. E per la neutralità militerebbe l'intendimento di differire qualunque risoluzione affine di vedere da qual parte sarebbe per pendere la fortuna delle armi e questa sembrerebbe essere per ora l'idea favorita di S. M. il Sultano. I quali ragionamenti io ho l'onore di portare alla conoscenza dell'E. V. poiché essi sono attualmente ripetuti in queste alte sfere politiche e soprattutto a Palazzo. Se non ché essi hanno per base ipotesi che probabilmente non hanno alcun fondamento di vero, e che senza dubbio è desiderabile non ne abbiano.

(l) R. 3320 del 14 settembre 1883, non pubblicato.

701

IL MINISTRO A CETTIGNE, MACCIO', AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 21. Ragusa, 1° ottobre 1883 (per. l'8).

Fra le disposizioni prese dalla Sublime Porta per dare esecuzione agli accordi stabiliti col Montenegro circa alla frontiera, vi fu pur quella di aggiungere a Bedri bey, antico membro della commissione di delimitazione, e ad Ismail bey di Podgoritza, il muscir Mustafà Assim pascià, vali di Scutari.

Il principe Nicola fu perciò indotto ad aggiungere ai suoi delegati Popovich e Balkic, il voivoda Plamenatz, ministro della Guerra. Tutti questi signori, dopo varie conferenze tenute insieme a Tusi, incominciarono i loro lavori, i quali dettero luogo ad alcune difficoltà che resero necessario l'intervento del signor Radonié, ministro degli Affari Esteri. Egli è ora tornato a Cettigne, ed assicura che la bisogna procede in modo soddisfacente. La linea di confine è già definitivamente fissata fino a Dinosce, ossia lungo la valle della Zeta, che era il punto nel quale il governo principesco desiderava di veder più specialmente sistemare le cose, ed ove perciò si stanno di già ponendo dei segnali in muratura; il tratto successivo fino a Gussigne

47 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XV-XVI

non dovrebbe dar motivo a divergenze di una qualche entità; in ogni caso il Montenegro le vedrebbe sorgere senza troppo preoccuparsene ritenendo che sia nell'interesse della Turchia più che suo l'eliminarle.

In complesso adunque la situazione creata dalla visita del principe a Costantinopoli si presenta come piuttosto favorevole, e lascia sperare che la Porta sia per mantenere i suoi impegni, e rinunziare al sistema di tergiversazioni, e continui mutamenti di volontà che furono in passato la sua regola di condotta, e che rendono tuttora gli animi assai diffidenti a Cettigne.

702

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, ZANNINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 956. Pietroburgo, 6 ottobre 1883 (per. il 22).

Il linguaggio degli uomini di governo e della stampa ufficiosa di Pietroburga continua ad essere pacifico, e non v'ha dubbio che ·il signor de Giers desidera la pace ad ogni costo, la guerra parendogli il maggiore dei mali.

L'orizzonte politico è pure, per quanto concerne la Russia, sereno. Da parte della Germania essa non sembra esposta a nessun attacco. « Che potrebbe questa Potenza prenderei? » Dicevami tempo fa in una conversaz;ione famigliare lo stesso signor de Giers. «Due soli punti del nostro territorio si possono immaginare come suscettibili d'esser presi di mira da lei, la Polonia e le provincie baltiche. Ma alla ricostituzione della prima la Germania è più ostile della Russia stessa; e in quanto alle seconde, ho potuto conv,incermi che il principe di Bismarck non le agogna, né mira a staccarle da noi ».

Coll'Austria evvi, è vero, una situazione più delicata e un cozzo d'interessi sui Balcani; ma giacché i Sovrani e i primi ministri dei due Paesi sono sinceramente animati dal desiderio di appianare le difficoltà sulla base dello statu qua del trattato di Berlino, evvi molto campo a sperare che riusciranno nell'intento.

Il governo russo è però sempre preoccupato dalle not,izie di Bulgaria. La missione data al signor Jonin era preventivamente conosciuta, e non disapprovata a Vienna. Il rinvio dei generali russi, il ritorno ad una costituzione liberale doveva farsi gradatamente. Invece il principe Alessandro ha precipitato gli eventi. Su di lui si fa qui cadere tutta la responsabilità. Si è accinto, dicesi, a due anni di distanza, senza l'assenso della Russia, a due colpi di Stato, l'uno in senso autocratico, l'altro in senso opposto, per soddisfare la propria vanità. Rimangono adesso molti militari russi nell'esercito bulgaro; quale sarà la loro posizione e quale la loro attitudine davanti al nuovo stato di cose? La dignità nazionale è impegnata; il governo russo ha il dovere di tutelare i propri interessi, e di proseguire ad esercìtare a Sofia un'influenza ragguardevole. La missione del signor Jonin è diventata difficilissima. Al signor de Giers si rimprovera adesso dai suoi oppositori di non aver saputo prevenire l'occorso, malgrado che a Vienna almeno ufficialmente, siasi lasciato alla Russia libero il rampo di Sofia. La questione bulgara, finché rimarrà localizzata, non desta inquietudini; ma nel caso di maggiore sviluppo è considerata come un punto nero da chi in Russia desidera veramente la pace.

L'attenzione pubblica adesso è pure rivolta alla Serbia. Le risultanze delle ultime elezioni e la susseguente caduta del ministero furono qui generalmente accolti con favore. Anche da Belgrado, finché si tratti soltanto d'una crisi ministeriale, l'Europa nulla ha a temere. Ma possono succedere maggiori complicazioni. Qui si ha motivo fondato per credere che in certi casi, anziché veder sorgere una Serbia ostile, l'Austria v'interverrebbe a mano armata; e d'altra parte il partito slavo lavora invece in senso opposto alle visite austriache. Il suo attuale progetto, ben noto anche al Gabinetto di Vienna, è di riconoscere come Sovrano il principe Karageorgevié perché questi abdichi in favore del suocero, e così tentare di riunire le quattro regioni serbe, cioè, Serbia, Montenegro, Bosnia ed Erzegov,ina sotto una sola corona. Siffatte idee non sono sostenute né dall'imperatore Alessandro né dal signor de Giers, ma hanno l'appoggio dei comitati slavi.

Evvi inoltre chi a Vienna accusa il Gabinetto di Pietroburgo d'aver favorito il recente matrimonio del principe Karageorgevié. Ed evvi qui chi sospetta che a Vienna si è secondata sotto mano l'attuale crisi bulgara appunto come rappresaglia di questa supposta intromissione russa nelle faccende serbo montenegrine. Gli attriti sono dunque molti, e possono aumentare nell'avvenire.

Quantunque io non scorga in queste difficoltà nessun pericolo imminente, ed anzi creda che, specialmente se, come sembra, si continuerà a volere così a Berlino, saranno facilmente appianate dagli uomini di buona volontà e di buon senso dei governi interessati, pure V. E., mi auguro, non troverà superfluo che io ne abbia fatto l'argomento di questo dispaccio.

703

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

L. P. Torino, 6 ottobre 1883.

Ricevetti ieri da Vienna l'unita lettera che ritengo imprescindibile dover mio comunicare all'E. V. con preghiera però di restituzione dopo presane copia se così crederà.

Il linguaggio tenuto dal conte Kalnoky a riguardo del conte Tornielli è senza dubbio gravissimo, ed è anzi tanto più grave ch'egli cita all'appoggio le lagnanze fattegli dal signor Bratianu.

Non credo per conto mio nello sdebitarmi dell'incarico affidatomi dal ministro imperiale, di dover aggiungere considerazioni speciali, od esprimere un parere sul da farsi. Ho d'altronde troppa fiducia nell'altissimo senno dell'E. V. per non essere persuaso dell'impossibilità, ch'ella si appigli per troncare l'attuale difficoltà ad un partito, che potrebbe far dubitare della lealtà del governo italiano, e che d'altronde non tarderebbe a crearci nuovi seri imbarazzi.

Ove non ricevessi dall'E. V. speciali istruzioni prima del mio ritorno a Vienna che avrà luogo circa il 17 corrente, mi limiterei a dire al conte Kalnoky che non avendo più avuto occasione di vedere l'E. V. l'avevo informato confidenzialmente per iscritto, della comunicazione fattami a suo nome dal barone Galvagna.

ALLEGATO

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, GALVAGNA, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

Vienna, 2 ottobre 1883.

Sono stato oggi dal conte Kalnoky. Nell'atto in cui prendeva congedo egli mi ha chiesto notizie di lei, dove ella si trovava e quando sarebbe qui ritorno. Avendo saputo da me ch'ella deve recarsi da un giorno all'altro a Roma, mi ha pregato di farle conoscere quanto segue:

«Le comte Torn, s'agite beaucoup trop; il fait son possible pour empecher le rapprochement de la Roumanie à l'Autriche; il ne cache pas à cet égard sa manière de penser, il est en confabulations continuelles avec Urussov qui est bien heureux d'avoir dans ces agissements ami-autrichiens un allié tel que Torn. Bratianu meme, à son passage à Vienne, s'est plaint avec moi de l'attitude du ministre d'Italie qui ne facilite pas l'évolution qu'on est en train d'op~er dans l'opinion publique en Roumanie».

Gli ho risposto che la cosa mi stupiva assai, giacché conoscevo a fondo Torn, e lo

consideravo come incapace di agire contrariamente alle istruzioni del ministero e

potevo assicurare nel modo più formale che le istruzioni costanti e ripetute di Man

cini gli prescrivevano l'assoluta astensione tanto negli atti che nei consigli.

Je ne doute nullement que les instructions de M. Mancini soient telles, mais je vous affirme qu'il ne s'y conforme pas. Je sais que Torn est rongé par le désir d'une ambassade, et on me dit que c'est par un aimable égard à Berlin et à Vienne qu'on ne veut pas le nommer à Pétersbourg. S'il en est ainsi, je serais plus tranquille de le voir en Russie qu'en Roumanie. A Pétersbourg il ne pourra pas nous faire grand mal, tandis qu'il nous nuit beaucoup à Bucharest. La Roumanie n'est pas un grand Etat mais elle occupe une position qui rendrait très utile son concours en cas de complications avec la Russie, et il est de tout notre intérèt qu'elle soit avec nous; et c'est ce que Torn veut empécher. Veuillez je vous prie écrire tout cela confidentiellement au comte Robilant.

Tutto ciò mi fu detto in tuono molto amichevole, ma pur tuttavia è un atto d'accusa in piena regola, che sventuratamente ha tutte le probabilità di essere fondato, che la volpe perde il pelo ma non il vizio.

Del resto, nulla di nuovo che valga la pena di esserle comunicato.

La ringrazio, signor generale, per la sua lettera del 27 (l) e pel cortese affida

mento datomi che in gennaio potrò partire in congedo. Villaf ha profittato dei 10

gi0rni accordatigli; se n'è ito ieri e sarà di ritorno il 12 mattina.

(l) Da M.C.R., Carte Mancini.

(l) Non pubblicata.

704

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TUGINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3332. Berlino, 11 ottobre 1883 (per. il 15).

Benché sin dal suo primo annunzio, il disegno di un prossimo incontro dell'Imperatore di Russia con l'Imperatore di Germania sul territorio tedesco fosse stato in varie guise contradetto e smentito, pure codesta voce è stata recentemente di bel nuovo messa in giro dalla stampa tedesca. Col mio rapporto n. 3318 di questa serie (del 12 settembre scorso) (l) ebbi cura d'informare l'E. V. che a cosiffatto disegno quì non si aggiustava alcuna fede; e né mancai di parteciparle nello stesso tempo il dubbio manifestatomi a questo proposito dal sotto-segretario di Stato presso il dipartimento imperiale degli Affari Esteri.

Malgrado ciò, ho voluto nuovamente assicurarmi ancora una volta nella visita che feci ieri l'altro al signor Busch, se per avventura in questo frattempo fosse occorsa qualche circostanza che avesse potuto dare consistenza alla voce del preteso convegno dei due Imperatori. Il sotto-segretario di Stato non ha esitato, anche questa volta, di ripetermi ciò che m'avea detto tempo fa; ed in ciò fare, ha adoperato un linguaggio assai più esplicito e categorico. Egli mi ha infatti assicurato che mai fino a questo momento non era stato vagheggiato un simile disegno, e che anzi, neppure alla lontana non se n'era mai tenuto discorso .

L'E. V. ben sa quale sia oggi la natura delle relazioni esistenti fra i due Imperi. In apparenza esse sono amichevoli, ma nell'intimo fondo dei due Paesi cova un malvolere che, specialmente in Russia, si reprime a stento. Qui si nutre una scarsa fiducia nei propositi pacifici della Russia; anzi, il principe di Bismarck, come ebbi a riferirlo in uno dei miei precedenti rapporti, considera addirittura quella Potenza come l'lnsidiatrice della pace europea.

Benché il signor de Giers cerchi di resistere alle influenze panslaviste, che lo circondano, pure non sono qui sicuri che i suoi sforzi saranno sempre coronati di buon successo. Le condizioni degli animi in Russia per rispetto alla Germania non sono punto modificate: e la stampa russa non cessa frequentemente di attizzare gli odii fra le due razze: né si può colà soffocare il risentimento di vedere che, grazie all'alleanza con la Germania, l'Austria-Ungheria le attraversa il cammino che mena alla penisola dei Balcani.

I recenti avvenimenti occorsi in Bulgaria per opera manifesta della politica russa, benché oggi sembrino entrati in uno stadio di regolare svolgimento, come pure il linguaggio testé adoperato a questo riguardo dal Journal de Saint Pétersbourg, hanno destato nell'animo del governo tedesco un senso di sgradita sorpresa che non ha dovuto se non porgere nuovo alimento alle antiche diffidenze. In tali circostanze, non è quindi probabile che possa oggi aver luogo un incontro dei due Imperatori.

(l) Non pubblicato.

705

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TUGINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 3336. Berlino, 14 ottobre 1883 (per. il 22).

E' noto che il governo imperiale esercita la più attenta ed assidua vigilanza su tutto ciò che segue in Francia, ave si può dire che non passa giorno senza che lo spirito pubblico con le sue svariate manifestazioni non porga frequenti motivi di far temere per il mantenimento della pace all'estero. E come per guarentirsi da quelle sorprese, di cui la Francia è così feconda sul terreno politico, il Gabinetto di Berlino pone la più scrupolosa cura nel far tesoro di quelle informazioni che può procacciarsi per vie diverse circa ciò che si va preparando al di là del Reno.

Un'autorevole persona che ha estesissime rela:liioni nei circoli dell'alta finanza in Francia e che ha il privilegio di trovarsi in frequente contatto col principe di Bismarck ha riferito testé a quest'ultimo alcune sue impressioni circa le cose di quel Paese, che egli medesimo aveva osservato molto dappresso colà durante un suo recente viaggio.

Prima di recarsi a Friedrichruhe il principe di Bismarck vide a Berlino questa persona la quale gli tenne discorso delle cose di Francia. Senza entrare mallevadore della esattezza dei suoi apprezzamenti, ho l'onore di riferirli all'E. V. come mi furono confidati.

I giorni del Gabinetto Ferry sono contati; alla riapertura delle Camere esso sarà costretto a rassegnare le proprie dimissioni in seguito al voto di sfiducia che gli sarà dato a proposito della richiesta di nuovi fondi per opera dei radicali e degli orleanisti collegati insieme per abbatterlo. E si prevede che al ministero Ferry sottentrerà un ministero Freycinet o un ministero Clémenceau. L'uno e l'altro contribuiranno a preparare gradatamente la rovina della Repubblica, schiudendo così la via al ristabilimento della Monarchia rappresentata dal conte di Parigi. Oggi predomina in Francia l'opinione che la Repubblica è assai malata: i segni della sua estrema debolezza sono manifesti. E si afferma che uno di questi segni sia il contegno inqualificabile serbato dal governo francese durante lo spiacevole incidente seguito al passaggio del Re di Spagna per Parigi: poiché se esso non addimostrò tutta l'energia richiesta dalla circostanza, ciò deve attribuirsi alla pressione esercitata sul ministero dai radicali, i quali minacciarono di far nascere una collisione fra la forza militare e la popolazione. Il senso di fiacchezza del governo, la baldanza irrefrenata degli elementi radicali, il perduto prestigio e l'isolamento della politica estera, perpetua in Francia uno stato di agita:liione e di precarietà, il quale specialmente presso le classi elevate e presso quelle dedite alla industria ed al commercio, rendono sempre più alieni gli animi della Repubblica.

Come ad ogni vigilia di restaurazione monarchica in Francia, colà si sente oggi il bisogno di una nuova forma di reggimento che ridonando la quiete all'interno e rialzando il prestigio nazionale conferisca con la cresciuta attività dei traffici all'incremento del lusso e all'appagamento dei piaceri della vita, e soddisfi ad un tempo con lo splendore ed il fasto delle istituzioni monarchiche all'amor proprio nazionale, che la Repubblica ha umiliato.

Stando così le cose, è lecito affermare che per la repubblica francese questo è il principio della fine. Se non che la sua caduta non può dirsi imminente, anche a parere degli orleanisti: tanto che per ora almeno il conte di Parigi non ha alcun desiderio di tentare l'avventura per impadronirsi della sovranità. Benché il lavoro di preparazione per il ristabilimento della Monarchia proceda alacremente, tuttavia esso non può dirsi oggi compiuto. E' opinione abbastanza fondata che l'impresa non potrà tentarsi, se non all'epoca in cui scaderanno i poteri del signor Grévy: sarà quello il memento psicologico in cui si attende che per mezzo di un governo di transizione, per ~sempio per mezzo della nomina del conte di Parigi a presidente, la dinastia degli Orléans invocata dalla Nazione stanca per le accumulate colpe della Repubblica potrà prendere in mano definitivamente le sorti della Francia e salvarla dall'ultima rovina.

In vista di avvenimenti così gravi, continuerà il principe di Bismarck a mostrarsi tuttavia deferente verso il regime repubblicano in Francia?

Posto mente all'indole eminentemente pratica della sua politica, rivolta a trar partito dalle circostanze nel modo più proficuo al tornaconto del proprio Paese, è da prevedersi che egli, diffidente com'è del ristabilimento delle istituzioni monarchiche in Francia, si asterrà per ora da ogni atto che potesse precipitare gli avvenimenti a danno della Repubblica: ma qualora per la forza delle cose la situazione di quest'ultima diventasse disperata e la Monarchia venisse a ristabilirsi colà e offrisse alla Germania serie guarentigie di pace, egli non esiterebbe un istante a rivolgere a favore di questa la deferenza di cui è stato fin quì largo verso la Repubblica. E' risaputo che la politica del principe di Bismarck è ricca di esempi di mutamenti cosi profondi e repentini. Ma finché non si avveri codesta eventualità egli non uscirà dalla sua condotta riservata verso la Repubblica. Come l'ho fatto notare col mio rapporto n. 3334 (l) il cancelliere dell'Impero apina essere oggi vantaggioso per il proprio Paese che in Francia perduri il più lungamente che possa il regime repubblicano; e si astiene quindi dal creare imbarazzi e difficoltà che potrebbero rendere il governo francese disadatto a tenere in freno i radicali e compromettere l'esistenza della Repubblica. I benefici che derivano dal governo del signor Grevy da codesta politica non si possono sconoscere. Il signor Grévy sa che se mai il principe di Bismarck si mostrasse meno deferente, la baldanza dei radicali non conoscerebbe più limiti e travolgerebbe nella rovina l'attuale reggimento repubblicano.

(l) R. 3334 del 14 ottobre 1883, non pubbllcato.

706

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TUGINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3339. Berlino, 19 ottobre 1883 (per. il 22).

Merita d'essere additato all'E. V. l'articolo di fondo, che la Norddeutsche Allgemeine Zeitung pubblica oggi a proposito di ciò che è stato testè affermato dal giornale russo Nowoje Wremja intorno alla politica adottata dalla Austria-Ungheria e dalla Germania in Oriente .

Il giornale russo afferma che Mukhtar Pascià erasi recato in Germania per far accettare la Turchia nell'alleanza austro-tedesca. Codesta proposta sarebbe stata però respinta, appunto perché la Germania non aveva creduto di poter accogliere la condizione messa innanzi dalla Sublime Porta di garentire l'integrità della Turchia europea e asiatica; e ciò per un riguardo dovuto all'Austria-Ungheria, la quale ambisce l'annessione della Albania, Macedonia e Salonicco. Oggi l'Impero ottomano si trova circondato d'insidie da ogni parte. L'Austria possiede già la Bosnia e l'Erzegovina, e si prepara ad annettersi l'Albania, la Macedonia e Salonicco: Cipro, Tunisi e l'Egitto sono stati disgiunti dalla Turchia: lord Dufferin negozia in Costantinopoli la cessione della Siria e della Mesopotania, e appunto quelle Potenze con le quali ora la Turchia cerca di stringere alleanza, dicono senza posa ai russi: prendetevi l'Armenia! Di fronte a cosiffatto contegno degli amici occidentali è oramai tempo che la Turchia si persuada che la sua salute è riposta soltanto in un riavvicinamento con gli Stati balcanici e con la Russia.

La Norddeutsche Allgemeine Zeitung non si perita di tacciare di menzogne e di fandonie le affermazioni del giornale di Pietroburgo: e ribatte con un linguaggio abbastanza categorico le idee dichiarate dalla Nowoje Wremja.

Comincia il giornale ufficioso tedesco a dire che esso è in grado di dichiarare da sicurissima fonte che sono fiabe tanto la proposta addebitata a Mukhtar Pascià, quanto la risposta negativa del Gabinetto di Berlino. Mukhtar Pascià non ha detto sillaba con nessuno di garenzia e d'integrità; bensì si è limitato a ripetere e a motivare qui le lagnanze fatte presso le altre Potenze circa la situazione della Bulgaria, dell'Egitto e dell'Armenia.

Che l'Austria sia in possesso della Bosnia-Erzegovina, è un fatto sanzionato dal Congresso di Berlino; che essa voglia poi annettersi l'Albania, la Macedonia e Salonicco, è una fiaba inventata dagli istigatori panslavisti della stampa russa, i quali più che ai circoli russi appartengono ai circoli polacchi.

Il predetto giornale ufficioso dubita inoltre che lord Dufferin abbia avuto l'incarico di negoziare la cessione della Siria e della Mesopotania. Ciò non avrebbe senso, quando si pensa che l'Inghilterra per rispetto all'Egitto ha mostrato e mostrerà in appresso quanto sia aliena da simili disegni egoistici.

Quanto all'Armenia, i russi posseggono già la maggior parte di quel Paese, e i persiani pure sono in possesso dell'altra; e quel che rimane dell'Armenia alla Turchia non porta ufficialmente il nome di Armenia, né gli abitanti possono dirsi esclusivamente armeni. Tanto la Germania, quanto l'Austria non hanno mai sollevato la questione armena: soltanto lord Dufferin ne ha discorso, non già per farla cedere alla Russia, ma bensì nell'interesse delle riforme liberali, analogamente alle forme spurie di Selfgovernment esistenti per l'addietro in Egitto ed in altre provincie turche. Che l'attuazione di siffatti disegni avrebbe per ultimo effetto di distaccare dalla Turchia ciò che rimane delle cosidette provincie armene non è inverosimile; e se cesseranno di far parte della Turchia, è più probabile che esse cadranno sotto la dipendenza della Russia anziché formare uno stato armeno autonomo.

Se le parole della Norddeutsche Allgemeine Zeitung sono rivolte al giornale russo, esse possono considerarsi come una specie d'apprezzamento sarcastico dei piani vaghegiati dalla politica inglese per riguardo alla sistemazione dei paesi orientali bagnati dal Mediterraneo. Sulla missione di Mukhtar Pascià in Germania, di cui è cenno nei miei precedenti rapporti, il giornale ufficioso tedesco versa un po' di luce, quando dichiara che l'inviato turco rinnovò qui le lagnanze già fatte a Vienna, Londra e Pietroburgo intorno la situazione della Bulgaria, dell'Egitto e dell'Armenia. È vero che questa non è luce di pieno meriggio, in quanto che il giornale non specifica in quali termini e su quali punti determinati furono formulate quelle lagnanze: ma può bene ritenersi come un barlume che dirada in parte le tenebre che circondano la missione di Mukhtar Pascià e del quale è sempre utile prender atto.

707

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1983. Vienna, 19 ottobre 1883 (per. il 22).

Reduce il 17 sera dal congedo che l'E. V. ben volle accordarmi, ripresi Immediatamente la direzione dell'ambasciata; e stamane fui ricevuto dal <!onte Kalnoky che si compiacque tenermi sommariamente parola di tutto ciò che di più interessante in fatto di politica estera ebbe a verificarsi durante la mia assenza. Nel fare a mia volta brevemente cenno all'E. V. delle cose dettemi, mi è anzitutto grato il constatare la precisione ed oculatezza del barone Galvagna nel tenere informato il ministero durante il mio congedo di tuttociò che qui succedeva, del che fa ampiamente testimonianza la sua corrispondenza, di cui ebbi a prender conoscenza con molta mia soddisfazione prima di recarmi al Ball-Platz.

Come di ragione le visite de' Sovrani che ebber luogo nella scorsa estate furono il punto di partenza dell'esposizione fattami dal conte Kalnoky. S. E. mostravasi essenzialmente lieto delle buone disposizioni di cui in oggi è animata la Romania a riguardo dell'Austria-Ungheria, che ben dimostrano essersi essa finalmente convinta della lealtà dei sentimenti che il Gabinetto di Vienna gli professa. Il conte Kalnoky dicevami anzi su quest'argomento queste forse assai significanti parole: « Nous avons ainsi tout espoir de revenir à ces bonnes relations qui ont existé par le passé, et peut-etre meme à les resserer d'avantage. La questione del Danubio, soggiungevami egli, per ora la lasciamo dormire, l'avvicinarsi dell'inverno facilitandone il sonno e poi i buoni sentimenti di cui il Gabinetto di Bukarest è animato faciliteranno il mezzo di trovare una soddisfacentE> soluzione. Sui termini del trattato di Londra evidentemente non c'è più il mezzo di rivenire; ma in tutto ciò che può da noi dipendere in fatto di pratica applicazione, si farà il possibile per accomodarsi».

S. E. parlò poi assai lungamente della visita da lui fatta a Salisburgo al principe di Bismarck, rilevando il carattere altamente pacifico delle dichiarazioni fattegli dal cancelliere di cui non pone menomamente in dubbio la sincerità. Egli trova che non bisogna annettere grande importanza ai movimenti di truppe ed altre analoghe misure militari che tanto la Russia quanto la Germania e l'Austria vanno man mano prendendo lungo la frontiera comune. Egli non crede che la Russia voglia essa rompere la guerra, ben sapendo che se ciò facesse avrebbe le due Potenze a fronte, cosa che non gli si è lasciato ignorare. D'altra parte non ammette che la Germania e l'Austria siena tentate di entrare esse in campagna, non essendo possibile dissimularsi che la Russia si trova in condizioni di resistenza ad un'aggressione del tutto eccezionali.

Il conte Kalnoky ritiene assai più facile un atto di follia da parte della Francia; ma anche in questo caso non crede che la Russia vorrebbe darle la mano, ben sapendosi a Pietroburgo che la Francia è caduta sì basso che si può dubitare si trovi mai in grado di rialzarsi. Ciò nondimeno S. E. ricordando la morte del conte di Chambord osservava, che questo fatto ebbe a creare una situazione del tutto nuova al partito orleanista, e tanto anzi da doversi prendere in molta considerazione. Accennando poi di volo all'incidente del passaggio da Parigi del Re di Spagna, S. E. diceva che gli scandali avvenuti in quella circostanza non potevano attribuirsi se non ad una vera monellata (polissonnerie) del governo francese.

Il conte Kalnoky mostra credere che i radicali impotenti a costituire un governo in Serbia non vi assumeranno quell'influenza preponderante a cui accennava il risultato delle ultime elezioni. Sembrava invece alquanto più impensierito dello svolgimento della situazione in Bulgaria, e considera anzi quel principato come uno dei punti neri che ad un momento dato potrebbero causare complicazioni e forse anche provocare quella guerra che senza un per ora non ben prevedibile incidente è sua opinione non sorgerà a far cessare la pace ch'egli spera, che anche per un altro anno ancora si potrà mantenere.

Per ultimo avendolo io interpellato intorno alla prolungata presenza a Vienna di Mukh,tar-pacha, S. E. si mantenne sulle generali, dicendomi che nei suoi discorsi egli toccava a tutte le questioni senza arrestarsi su nessuna in particolar maniera. La mia impressione a questo riguardo si è, che il conte

Kalnoky non credette dirmi ciò che forma oggetto delle sue conversazioni con l'eminente inviato straordinario del Sultano, e che ben potrebbe essere la preparazione del modo di addivenire alla definitiva annessione della Bosnia e dell'Erzegovina, fatto caldamente agognato dal ministro imperiale per la Bosnia il signor di Kallay.

L'impressione !asciatami da questa mia conversazione col conte Kalnoky che durò oltre un'ora, mi confermò nell'opinione che già ebbi ad esprimere all'E. V. allorché ebbi l'onore di ossequiarla a Monza, che cioè il desiderio di pace è comune con noi ai Gabinetti di Berlino e di Vienna, ma che però le condizioni in cui l'Europa si dibatte sono tali, che da un momento all'altro una circostanza inaspettata potrebbe compromettere gravemente quella pace che tutti mostrano oggi voler fermamente.

Non ho quindi d'uopo di dire quanto io reputi necessario che i nostri preparativi militari sieno spinti con la massima alacrità, evitando però, quanto meglio sarà possibile di darvi un carattere di allarmante natura.

708

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL MINISTRO A MADRID, GREPPI (1)

L. CONFIDENZIALE. Capodimonte, 21 ottobre 1883.

Secondo le prevenzioni che le ho telegrafato (2) partendo ella di costà il 25 corrente, gioverà che ritardi il meno possibile il suo arrivo a Madrid perché in questi momenti non è di lieve importanza che ella conferisca coi nuovi ministri spagnoli, esplori le disposizioni del loro animo, e m'informi di tutto quello che possa aver relazione cogli interessi italiani.

Per sua confidenziale istruzione stimo opportuno fornirle qualche utile indicazione.

Giungendo a Madrid gioverà ch'ella ottenga un'udienza dal Re. Siccome egli, sia parlando coi nostri ministri ::t Bruxelles ed altrove, sia col Baglio, dopo il suo ritorno a Madrid, si espresse sempre nei termini i più cordiali verso il Re nostro e l'Italia esprimendo viva riconoscenza per le reiterate dimostrazioni avute dal Re d'Italia e dal suo governo di simpatia e di interessamento; così io desidero che ella si dica espressamente incaricato di confermargli l'assicurazione di questi nostri sentimenti, dei quali in ogni occasione avrà non dubbie prove, nella fiducia di una egualmente cordiale reciprocanza.

Il Re Alfonso disse a tutti esser dispiaciuto di non aver potuto questa volta soddisfare il suo desiderio di visitare il Re d'Italia. Gioverà ch'ella sappia che fin da che io mi trovava in Roma, non si mancò di esprimermi questo desiderio del Re di Spagna, il quale avrebbe voluto assistere alle

grandi manovre dell'esercito italiano prima di recarsi a Vienna e Berlino; ma appunto perché egli sembrava disposto a toccar quelle capitali, io gli feci delicatamente sentire che la sua visita sarebbe stata graditissima al nostro Re quando fosse stata fatta in Roma. E se egli si determinerà a questa visita nel prossimo inverno, sono certo che vi troverebbe un'accoglienza assai lusinghiera dal popolo italiano, che profitterebbe dell'occasione per contrapporre agli scandali della plebe parigina le dimostrazioni più ospitali e simpatiche. Tutto ciò però non dev'essere accompagnato da premure od insistenze. Gioverebbe rammentare, occorrendo, che già altre teste coronate, ed anche Sovrani di Nazioni esclusivamente cattoliche, come l'Imperatore del Brasile, in questi ultimi anni vennero a Roma senza il menomo inconveniente visitarono il Pontefice ed il Re, e l'Imperatore anzidetto fu nel mattino ricevuto al Vaticano, e nella sera era commensale del Re al Quirinale. Se si facesse cenno delle difficoltà sollevate per la restituzione della visita dell'Imperatore d'Austria dai suoi consiglieri, sarebbe facile rispondere non poter le medesime servir d'esempio ed applicarsi a qualunque altro Sovrano, collegandosi esse coi timori, benché a mio avviso infondati, di disordini che potrebbero suscitarsi dalle ostili velleità di turbolenti irredentisti, il cui programma è sistematica ostilità all'Austria ed al suo Imperatore. E' ben inteso che !addove il Re Alfonso, d'accordo coi suoi ministri, si decidesse a questa visita, costà a Roma si prenderebbero speciali concerti circa la forma e l'occasione della visita, e per preparare i particolari. Il nuovo Gabinetto spagnolo desiderando dar prova di intendimenti schiettamente liberali ed anticlericali, potrebbe forse concorrere nell'idea di questa visita, considerandola anche come una dimostrazione politica dei suoi sentimenti. Ripeto però ancora una volta che ella non farà né proposte positive né inviti che possano dar luogo a rifiuti o risposte evasive; quando ne appaja propizia l'occasione, si tratterà di un semplice colloquio ipotetico per conoscere esattamente gl'intendimenti

del re Alfonso e del suo ministro sul cennato argomento.

Un secondo incarico, egualmente confidenziale, che a lei viene affidato, è quello di adoperare tutti i mezzi d'indagine e d'influenza che siano a sua disposizione, per conoscere la verità vera in mezzo alle tante contraddittorie allegazioni circa i risultati dell'ultimo viaggio a Vienna e Berlino del re Alfonso. E' necessario per me di aver conferma o rettifica delle riservate comunicazioni che mi pervennero in proposito da Vienna e Berlino. Quali reciproche promesse od assicurazioni furono scambiate col Re di Spagna? Quale attitudine egli assumerebbe nelle più o meno prevedibili eventualità con la Francia? Si trattò di semplice scambio verbale delle prese intelligenze, o vi fu qualche scambio in iscritto? La questione della possibile elevazione della Spagna al grado di grande Potenza fu subordinato alla realizzazione di qualche ulteriore disegno? Non dissimulo la difficoltà di ottenere a simili domande risposte positive e degne di fiducia; ma è bene studiare e cogliere con perseveranza tutte le opportunità per venire a capo di scoperte meritevoli di essere segnalate ed apprezzate.

Vi sono poi due argomenti che debbono costantemente richiamare la sua vigilanza ed attenzione.

L'uno è quella delle relazioni del governo spagnolo col Papato per tuttociò che riguardi le incessanti e sempre più impotenti aspirazioni politiche di quest'ultimo. L'ambasciatore spagnolo presso la Santa Sede è più papalino del Papa, ma le sue istruzioni furono finora corrette e sempre improntate da sentimenti di rispetto e di amicizia pel governo Italiano. In varie occasioni, come ella ben sa, il Re di Spagna ed il suo governo, con le loro dichiarazioni e manifestazioni, anche in forma officiale, ebbero cura di attestarci le loro simpatie. Non bisogna lasciar sfuggire occasione di far comprendere come il nostro governo geloso quant'altri mai di rispettare ed anzi efficacemente tutelare la libertà ed indipendenza spirituale del Pontefice, debba esserlo altrettanto della intangibile incolumità dell'unità nazionale e della piena indipendenza della sovranità civile.

L'altro argomento è quello della nostra politica nell'azione dell'Italia come Potenza marittima e mediterranea. Alieni da qualunque ambizione di conquista, noi non potremmo in verun caso tollerare, specialmente nel bacino del Mediterraneo, qualunque novità ed alterazione dello status quo, perciò noi dobbiamo vegliare sopra ogni tentativo a Tripoli, nel Marocco, sull'avvenire dell'Egitto e di Tunisi. D'altronde l'Italia, Potenza necessariamente chiamata ad un grande avvenire commerciale e marittimo, può dirsi la sola delle grandi Potenze marittime che in questo campo non abbia intendimenti esclusivi. Essa al contrario sarà lieta di tutti i vantaggi e progressi che in questo campo potranno conseguire la Spagna, il Portogallo, l'Olanda ed altri minori Potenze marittime; ed io considero come una parte del mio programma farmi centro di qualunque azione collettiva tendente ad assicurare a noi, come ad essi, gli stessi vantaggi. Di ciò dev'essere convinto anche il governo spagnolo rammentando i nostri amichevoli officj tanto nella conferenza di Costantinopoli allorché ebbero luogo i negoziati per la protezione collettiva della libera navigazione del canale di Suez, quanto per l'annessione ad altre adunanze di carattere diplomatico, etc. Questa nostra attitudine deve divenire un titolo alla reciprocanza amichevole e benevola delle grandi Potenze marittime verso l'Italia.

Questa mia lunga lettera che tocca così vari ed importanti argomenti, servirà di norma a lei che con la sua esperienza e col suo delicato tatto saprà adoperarsi in modo da raccogliere i migliori frutti pel buon servizio del Re e del Paese nostro.

(l) -Da M.C.R., Carte Mancini. (2) -Non pubblicato.
709

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

D. 164. Roma, 23 ottobre 1883.

Con rapporto dell'8 ottobre n. 319 di questa serie (1), V. E. mi ha informato come lord Granville le abbia espresso il desiderio che nelle comunica

zioni relative al canale di Suez eJIR avesse adoperato la locuzione di prutezione e libertà del Canale anziché quella di neutralità, perché quest'ultima implicava una questione che probabilmente il governo del re come quello della regina, non intendeva ora di sollevare.

V. E. rispose opportunamente a Sua Signoria di applicare l'ultima comunicazione verbale che le era accaduto di fargli sopra questo argomento alla questione generale della protezione e sicura e libera navigazione del canale in tempo di guerra.

Al quale riguardo la prego di volere, alla prima favorevole occasione, fare osservare al nobile lord come nelle dichiarazioni che io feci al Parlamento sono stato il primo a rilevare la convenienza di usare, anziché la parola, neutralità e neutnHizzazione, quella di protezione e sicura e libera navigazione del canale, e che, se mi accadde di pronunciare le parole di neutralità o neutralizzazione, ebbi cura di aggiungere la speciale interpretazione che nel caso attuale esse dovevano avere, quella, cioè di garantire, anche in tempo di guerra, il libero passaggio del canale a tutti i bastimenti anche della marina da guerra di qualunque nazione.

Ciò che a noi importa si è che questo essenziale argomento sia oggetto, come lo stesso governo britannico l'offriva, di una eventuale stipulazione internazionale, la quale eventualmente potrebbe pure servire di precedente e di esempio per altri simili garantie collettive delle grandi vie di comunicazione e tra le altre pel canale di Panama, e che l'accordo racchiuda condizioni che lo rendono efficace anche in tempo di guerra.

Noi attenderemo, a tale riguardo, le proposte dell'Inghilterra, alla quale crediamo di aver dato non dubbie prove del nostro desiderio di secondare ed agevolare la sua azione in Egitto.

P. S. Mi pregio trasmetterle sotto fascia, tre esemplari dei discorsi da me proferiti il 13 marzo 1883 alla Camera, e 1'11 aprile al Senato. I passaggi di essi relativi a tale questione si trovano a pag. 46,82 e seguenti del primo. ed a pag. 29 e seguenti del secondo.

(l) Non pubblicato.

710

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE RISERVATO 2637. Therapia, 24 ottobre 1883 (per. il 30).

L'ambasciatore austro-ungarico fu, or non ha guari, ad interpellare il suo collega d'Inghilterra sulla quistione della Bulgaria. Il barone Calice disse avere testé ricevuto dal conte Kalnoky una lettera particolare nella quale era detto quel governo essere alquanto preoccupato pei procedimenti della Russia in Bulgaria, i quali non erano conformi al trattato di Berlino, però l'avvenire di quello Stato avrebbe ad interessare l'Inghilterra più che l'Austria. Cui rispondeva lord Dufferin non avere egli ricevuta alcuna istruzione da lord Granville, né era quindi in grado di fargli alcuna comunicazione in proposito, però potergli significare che l'opinione pubblica in Inghilterra sarebbe favorevole allo sviluppo delle istituzioni autonome dello Stato, sotto le condizioni stabilite dal trattato di Berlino, ed al progresso politico ed economico della Nazione. Né il colloquio ebbe altro seguito. Del quale credetti prezzo dell'opera di far menzione alla E. V. perché a me sembra implicare esso indizi di non lieve importanza. L'E. V. conosce come il governo germanico abbia ripetutamente dichiarato non avere esso alcun interesse nelle cose

della Bulgaria. Quello d'Austria-Ungheria si astenne parimenti dall'intromettersi in quella controversia. Se non che questo non può essere indifferente al progresso, sul suo fianco, di un grande Impero slavo che dal Baltico tende al Bosforo. Imperocché se la Russia ebbe a subire uno scacco in questi ultimi tempi, si crede tuttavia che essa non abbandonerà la partita, e cercherà probabilmente di crearsi un terzo partito, il quale sarebbe munito degli idonei mezzi ed andrebbe fino all'estreme misure per raggiungere l'intento. In tali congiunture il governo austro-ungarico, non credendo opportuno, per ragioni che non sta a me d'indagare, di sollevare direttamente la questione, procura di preparare il terreno e cerca frattanto di sapere fino a qual punto il governo britannico sarebbe disposto a sostenere la causa bulgara contro le usurpazioni della Russia. E se mi fosse permesso d'esprimere un avviso direi che l'Inghilterra non si mostrerà desiderosa, nelle presenti congiunture, di prendere alcuna iniziativa nella controversia, sia perché quello Stato è all'infuori della presente sfera dei suoi interessi diretti, sia perché essa si trova avere già in mano il pegno atto a garantire questi in ogni eventualità. Essa preferirà quindi probabilmente di lasciare che, all'emergenza, l'Austria-Ung1leria e la Russia si pongano in prima fila, e vengano ad una soluzione per quella via che sarà reputata conveniente.

711

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 1984. Vienna, 25 ottobre 1883 (per il 29).

Il conte Kalnoky discorrendo ieri meco della situazione in Bulgaria, a suo avviso resa tanto più grave dal fatto che il governo russo spiega una manifesta ostilità contro il principe Alessandro dissemi: essersi espresso al riguardo senza reticenza coll'ambasciatore russo, non nascondendosi i serii pericoli che possono essere conseguenza di quel modo di procedere del Gabinetto di Pietroburgo.

Il ministro imperiale nel porre sott'occhio del principe Lobanov la temibile eventualità che il principe Alessandro volontariamente o forzatamente abbia ad abbandonare il governo del Principato, facevagli osservare che non si troverebbe altro principe disposto a succedergli e senza reticenze dichiaravagli che in quanto a lasciar prendere quella corona da un indigeno, la Porta non solo, ma anche l'Austria-Ungheria, vi avrebbero opposto un reciso veto.

Il principe Lobanov, a quanto S. E. dicevami, avrebbe dichiarato: che il suo governo non nutre intenzioni ostili al principe Alessandro; e non pensa quindi menomamente a cercargli un successore, ma che non poté a meno di dolersi ch'egli non abbia tenuto gl'impegni assuntisi verso l'Imperatore Alessandro all'epoca in cui trovavasi ad assistere all'incoronazione a Mosca; impegni che riflettevano precisamente la conservazione nel suo ministero per un paio d'anni ancora, dei generali russi. Il conte Kalnoky dal canto suo osservavagli che simili impegni risultava dai fatti non essere mai stati presi dal principe Alessandro, essendo anzi notorio che nella scorsa primavera i generali russi già avevano lasciata la Bulgaria senza governo, ed il principe non aver fatto mistero con alcuno del suo intendimento di rappresentare all'Imperatore la impossibilità di andare innanzi in simili condizioni.

Da quanto precede, l'E. V. potrà scorgere, che il Gabinetto di Vienna intende di dare tutto il suo appoggio al principe Alessandro, onde evitare una crisi che ove venisse a prodursi potrebbe avere le più gravi conseguenze, ed a ciò parmi abbia del pari a mirare l'azione di quegli altri Gabinetti che sinceramente desiderano la conservazione della pace.

712

IL MINISTRO A BUCAREST, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

L. P. Bucarest, 25 ottobre 1883.

Je remercie sincèrement V. E. de sa bienveillante attention. J'aurais voulu en effet, pour un égard envers mes électeurs, qui m'ont réelu cette année encore, assister à la session ordinaire, maintenant déjà close, du conseil provincia!. Une indisposition m'a empèché de faire un voyage hors de saison. J'ai donc renoncé à demander à V. E. la permission pour cette courte absence. J'ai pensé en outre que ma présence en Italie fournirait, cette année aussi, une reprise de commentaires qui, tout au moins inutiles pour la marche des affaires, m'ont été et me seraient personnellement très désagréables, et qui m'ont fait la situation délicate au sujet de laquelle j'ai dù m'espliquer dernièrement avec V. E. Sur ce sujet mes idées ne pourraient changer; mais convaincu que jusqu'à la dernière... (l) je dois tàcher de remplir le mieux possible mes obligations dans le service de l'Etat, j'ai dù me soumettre aux frais d'une nouvelle installation provisoire de la légation et de ma famille,

dont je suis séparé depuis plus d'un an. Ce ne sera que vers le 10 novembre que j'en aurai fini avec ces petites misères de ménage, qui se chiffrent cependant pour moi en plusieurs milliers de francs. A cette époque j'aurai réuni aussi tous les élémens pour le rapport relatif à l'achat du palais dont Malvano doit avoir informé V. E. Si Elle veut me faire connaitre six ou sept jours d'avance la date exacte pour laquelle le Président aura convoqué la Commission, je ferai mon possible pour y intervenir.

(l) Parola llleglblle.

713

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1990. Vienna, 27 ottobre 1883 (per. il 30).

Nella seduta di ieri sera della commissione del bilancio pel ministero degli Affari Esteri della delegazione ungherese, il conte Kalnoky ebbe occasione, nel rispondere alle varie interpellanze fattegli, di addivenire a dichiarazioni non senza importanza, che riassumerò qui brevemente.

A riguardo dell'Italia il ministro si espresse assai simpaticamente colle parole che in estenso già ebbi a telegrafare stamane all'E. V. (1). Egli constatò che l'avvicinamento amichevole fra i due Stati già da lui annunciato l'anno scorso, si è davvero compiuto, ed espresse il voto, che ciò sia anche durevole per l'avvenire. Nel mettere ia parallelo le relazioni dell'Austria con l'Italia con quelle con la Germania, per affermare il carattere pacifico si delle une che delle altre, impiegò la parola Bilndniss, che letteralmente non si può tradurre altrimenti che con quella di «alleanza », circostanza che alcuni giornali ebbero a rilevare stamane.

Interpellato sulla demolizione delle fortezze della Bulgaria, ne lamentò l'inseguimento, riconoscendo lui pure che una parte dei denari spesi per l'esercito avrebbe potuto essere a ciò impiegata, essendo precisamente le condizioni finanziarie del principato che impedirono l'esecuzione di quella stipulazione del trattato di Berlino. Fece però rilevare che la demolizione delle fortificazioni di Lussemburgo fu solo compiuta ora, che già sono trascorsi 14 anni dalla firma del trattato relativo. Conchiuse finalmente che, del resto, quella questione non interessa esclusivamente la monarchia austroungarica, ma tutte assieme le Potenze firmatarie del trattato di Berlino, e che l'iniziativa al riguardo è di spettanza della Porta, di cui quindi conviene aspettare i relativi passi in proposito. Affermazione questa assai curiosa, mentre ben si sa che la Porta non cessa dall'insistere e protestare su quest'argomento.

48 -Documenti diplomatici -Serle II • Vol. XV-XVI

Interrogato sulle voci corse, or sarà tosto un anno, di un raffreddamento nelle relazioni fra l'Austria e la Germania, negò loro recisamente qualsiasi fondamento, ed affermò la completa stabilità di quell'alleanza.

Parlando della Romania fece brevemente l'esposizione delle relazioni esistenti fino al momento dell'arrivo a Vienna del Re Carlo, e che constatò da quel momento fu, di comune accordo, stabilito di ritornare alle passate amichevoli relazioni. Come conclusione, disse che nulla emerge ancora di concreto al riguardo, ma che dal comune accordo dei ministri dei due Stati risulta non solo che si ristabiliranno le passate amichevoli relazioni, ma che di più queste si potranno fin d'ora ritenere durevoli, locché, a suo avviso, sarà salutato con gioia dei popoli della monarchia.

Ad una domanda sulla missione di Mukhtar pascià, il conte Kalnoky dopo essersi diffuso a parlare dell'onorevole accoglienza che il maresciallo turco trovò in Germania, disse: che al suo ritorno in patria essendosi arrestato a Vienna, vi fu ricevuto con quella simpatia che era naturale, visto le intime relazioni esistenti fra l'Austria-Ungheria e la Porta.. Osservò però che Mukhtar essendo più che altro un soldato, non poteva essere incaricato di trattare concrete questioni politiche, né ebbe conseguentemente a farlo, e come conclusione, disse: che non poteva essere qustione di ristabilire buone relazioni colla Porta, queste essendosi mantenute senza interruzione buone.

Per ultimo il delegato Csernatony avendo chiesto informazioni al ministro sulle relazioni colla Russia, il conte Kalnoky ebbe a premettere che i rapporti fra i rispettivi Sovrani furono sempre e sono tuttora oltremodo cordiali, e che quelli fra i due governi sono pienamente normali, e ciò in contraddizione coll'attitudine della stampa russa a cui unicamente sono imputabili le inquietudini che si producono. Partendo da questa premessa, osservò che se vi può essere eccitazione in Russia contro la monarchia, questa si limita ad una ristretta cerchia. Confutò inoltre che la Russia possa avere l'intenzione di aggredire l'Austria-Ungheria, poiché oltreché le circostanze interne di quell'impero non sono tali da rendergli desiderabile la guerra, non v'a chi ignora che l'Austria-Ungheria non si troverebbe sola a fronte di una simile aggressione. Non negò la singolare attività nelle cose militari che si manifesta in Russia, essenzialmente nella costruzione di fortificazione, ma constatò esser ciò cosa di cui non si può chiedere spiegazioni, al modo stesso che non si consentirebbe che altri ve ne chiedesse per lo stesso motivo. Conchiuse finalmente esser egli personalmente convinto, che non solo l'Imperatore di Russia, ma anche il suo governo non pensano a guerre di sorta, e sperare che anche i circoli più competenti ed il popolo russo saranno animati dello stesso desiderio di pace e vorranno la conservazione delle amichevoli relazioni colla monarchia locché permette sperare che la presente era di pace sarà di lunga durata.

I giornali notano che queste in sostanza pacifiche assicurazioni rivestono però un aspetto alquanto minaccioso, essendosi in esse, per la prima volta, affermato solennemente e con precisione che l'Austria non si troverebbe isolata a fronte di un'aggressione della Russia.

(l) T. 1337 del 27 ottobre 1883, non pubblicato.

714

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. R. 195. Parigi, 28 ottobre 1883 (per. il 1° novembre).

Dopo il mio ritorno in Parigi, io ebbi con S. E. il signor Challemel-Lacour una conversazione, della quale già resi in parte conto all'E. V. col mio rapporto del 25 corrente, n. 190 di questa serie, relativo alla Bulgaria (l). Il signor Challemel-Lacour, all'infuori di quella questione, non s'intrattenne con me che di generalità; egli mi parve accasciato assai; si lamentò di continue insonnie che lo impediscono di attendere al lavoro colla sua solita alacrità. I suoi <Jiscorsi sono quelli di un uomo disgustato del potere, e che non vi rimane ancora che per difendere davanti al parlamento la sua politica, specialmente quella seguita nell'estremo oriente. Una simile impressione hanno provato quelli che lo avvicinarono in questi ultimi tempi; per cui è opinione assai generale che, quando avrà avuto luogo la discussione annunziata sugli affari del Tonkino, il signor Challemel-Lacour lascierà il ministero degli Affari Esteri. Gli si vanno designando diversi successori; alcuni credono che il signor Ferry intenda prendere quel portafogli; altri indicano il signor Waddington come futuro ministro degli Affari Esteri. Ma queste combinazioni sono ancora incerte, e dipendono in gran parte dall'esito delle interpellanze che avranno luogo sulla politica estera del ministero.

Ieri io ebbi l'onore di essere ricevuto dal presidente della Repubblica che mi accolse colla sua solita benevolenza. Egli mi trattenne per un assai lungo tempo; e la nostra conversazione s'aggirò sulle generalità. Egli mostrò sentimenti molto amichevoli per l'Italia, parlando della necessità, per le razze latine, di tenersi unite. Nessuna allusione fu fatta al riavvicinamento dell'Italia all'Austria ed alla Germania. Il presidente accennò alle difficoltà che prova il suo governo in mezzo ai varii partiti che si agitano in senso contrario; poi mi disse con parole molto accentuate che, fintantoché egli occuperà la sua posizione attuale, la pace può essere assicurata per parte della Francia; essa non muoverà querela contro chicchessia, solo si difenderà se sarà attaccata.

L'ambasciatore di Francia presso il nostro governo signor Decrais venne a vedermi due giorni or sono, ed io ebbi con lui un lungo colloquio che ebbe principalmente per oggetto, in modo quasi accademico, l'abolizione della giurisdizione consolare in Tunisia. Si parlò specialmente dei punti ancora da regolarsi in proposito, e che si riferiscono al contenzioso amministrativo, all'intervento dei giurati italiani nelle cause criminali mosse contro italiani, all'applicazione del nostro codice di commercio quando si tratta di contestazioni fra Italiani. Trovai il signor Decrais molto disposto ad usare la sua influenza per appianare presso il suo governo le difficoltà che alcuni oppongono tuttora alle riserve fatte dall'E. V., la cui autorità di sommo giureconsultò è ogni dì maggiormente riconosciuta in questo Paese, anche da coloro che prima meno vi si mostravano arrendevoli.

(ll Non pubblicato.

715

IL MINISTRO A BUCAREST, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 448. Bucarest, 29 ottobre 1883 (per. il 3 novembre).

La costante preoccupazione che s'impone ai governanti rumeni per tutto ciò che potrebbe mettere in pericolo le relazioni pacifiche fra i grandi Stati limitrofi del loro Paese, fa sì che qui si segua con occhio attento lo svolgimento delle difficoltà interne che il Re di Serbia incontra nella sua politica. Si vede con inquietudine progredire lo spirito di resistenza che potrebbe prorompere in aperta rivolta, e si concepiscono timori per le eventualità che ne potrebbero seguire. Quella per cui il Re Milan s'avesse ad appoggiare alla intervenzione militare austriaca, è considerata come di tutte la più pericolosa, poiché qui, in buon luogo, si crede che la Russia in tale caso risponderebbe con l'occupazione della Bulgaria ed il conservare la pace riuscirebbe così presso che impossibile.

716

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 1990. Vienna, 30 ottobre 1883 (per. il 3 novembre).

Le dichiarazioni fatte nella commissione del bilancio della delegazione ungherese il 26 corrente dal conte Kalnoky a riguardo delle relazioni colla Russia venendo a coincidere coll'acuta crisi che la Bulgaria traversa impressionarono notevolmente l'opinione pubblica qui, e come di ragione devono aver prodotto pessimo senso a Pietroburgo come lo si può giudicare anche dal linguaggio che tengono i membri dell'ambasciata Russa a Vienna.

Fino a ieri il principe di Bismarck non aveva lasciato trasparire qual giudizio egli porti intorno al linguaggio che il resoconto del dottor Falk reso pubblico da tutti i giornali compresa la Wiener Zeitung, attribuì al ministro degli Affari Esteri di S. M. Apostolica.

Mi risulta che il conte Kalnoky si mostra spiacentissimo dell'impressione prodotta da quell'intempestiva pubblicazione, di cui anche questa volta si rinnega ufficialmente l'autenticità. Come l'anno scorso e due anni fa allorché nella stessa occasione fu del pari tratta in ballo in poco accorta maniera l'Italia, si afferma anche questa volta che il conte Kalnoky non ha mai immaginato di dire ciò che leggesi nel rendiconto della seduta, la di cui redazione e comunicazione ai giornali è sempre affidata allo stesso delegato dottor Falk direttore del Pester Lloyd: che a malgrado la taccia d'infedele redattore che ogni anno gli si vuole attribuire, continua ogni anno ad essere rivestito delle stesse funzioni. Ogni volta che nasce lo scandalo si vien fuori colla stessa scusa che il dottor Falk si è arbitrato a comunicare ai giornali il sommario resoconto da lui compilato senza prima darne conoscenza al ministro come sarebbe stabilito doversi fare. Questa volta felicemente per noi non siamo che semplici spettatori. Non possiamo però disinteressarci dell'accaduto, poiché nelle circostanze in cui si trova l'Europa basta un'imprudenza per condurre a gravissime complicazioni, e che l'imprudenza sia stata grave non ilo si può contestare, ed il conte Kalnoky fu tra i primi a comprenderlo.

Infatti nella seduta della commissione del bilancio della delegazione austriaca che ebbe luogo ieri, rispondendo all'interpellanza direttagli dal delegato relatore del bilancio degli Affari Esteri conte Clam Martinitz, intorno alla situazione politica generale; tenne il linguaggio seguente che riproduco dal testo che leggesi nella Wiener Zeitung di stamane:

«S. E. il ministro degli Affari Eseteri conte Kalnoky risponde ch'egli non può che nuovamente constatare lo stato di cose già conosciuto, che la situazione della Monarchia nelle sue relazioni con tutte le Potenze è pienamente soddisfacente. Non vi è grande né piccolo Stato, col quale le relazioni della Monarchia non sieno amichevoli. Egli ciò accentua a riguardo di tutti gli Stati allo scopo speciale di ciò ben confermare; poiché le sue recenti dichiarazioni dinanzi alla commissione della delegazione ungherese mediante artefatte interpretazioni e sofisticherie, ch'egli non può altrimenti chiamare, furono presentate siccome aventi la punta in direzione di un determinato Stato, e per specializzare della Russia, locché non corrisponde proprio alle sue parole che dicevano essere le relazioni della Monarchia colla Russia pienamente normali locché indica anche amichevoli; poiché se non fossero amichevoli non si potrebbero chiamare normali. Non meno che presso di noi il bisogno di pace signoreggia in Russia tanto presso il governo, come chiaramente emerge anche nel Paese.

Le relazioni dei due governi portano in tutte le questioni il carattere del reciproco amichevole intendimento d'incontrarsi, ed il ministro vede in questo fatto una delle più importanti guarentigie su cui posare la sua certezza che la pace si mostra per lungo tempo assicurata.

Intorno alle relazioni della Monarchia con le altre Potenze che già sono abbastanza note, egli non crede necessario di entrare ora in discorso, e deve solo limitarsi ad accentuare, che esse si mostrano soddisfacenti in tutte le direzioni. Per sopra più egli si dichiara pronto a rispondere a tutte quelle speciali questioni che gli si vorrà fare in quella direzione ».

Sulla speciale questione postagli dal delegato conte Clam Martinitz relativamente alle relazioni colla Germania il ministro dichiara, ch'esse sono pienamente assicurate, poiché esse poggiano non solo sopra la senza riserva comunanza di vedute dei due governi, ma riposano anche pienamente sul sentimento del popolo.

Queste importanti relazioni la cui tendenza conservativa è generalmente conosciuta ed apprezzata danno la piena misura dell'unico stadio della politica estera dei due Stati, inteso esclusivamente a mantenere la pace ».

Chiedo venia per questa traduzione fatta assai in fretta e che quindi non corrisponderà forse letteralmente a quella che il Correspondez Bureau avrà trasmesso all'agenzia Stefani, ma che riproduce però quasi parola per parola il testo pubblicato dai giornali di qui.

Non v'ha a dire che più di così non si poteva indietreggiare dopo le poco diplomatiche dichiarazioni fatte due giorni prima, ed il governo russo dovrà fingere di esserne soddisfatto come abbiamo fatto noi in casi analoghi. Oggi però come allora l'impressione prodotta dalle prime dichiarazioni non si cancellerà facilmente, come chiaramente il dimostra il linguaggio di tutti i giornali d'oggi, e per intanto resterà un nuovo mal germe di rancore e di diffidenza in più, che aggiunto ai tanti altri che fermentano attualmente, rendono la situazione, almeno quale la vedo io, sempre assai critica.

Non saprei chiudere questo rapporto senza constatare che il modo senza riserve amichevole col quale il conte Kalnoky ebbe a caratterizzare le relazioni coll'Italia incontrò qui il generale applauso.

717

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1991. Vienna, 3 novembre 1883 (per. il 7).

Ieri i comitati del Bilancio delle due delegazioni presero ad esaminare le relazioni sul bilancio degli Affari Esteri compilate dai rispettivi relatori conte Clam-Martinez per l'austriaca, dottor Falk per l'ungherese. Tutte e due sono redatte in senso altamente pacifico, e mostrano specialissima soddisfazione anzi forse alquanto troppo marcata, per le assicuranze avute intorno alle cosi strette relazioni esistenti fra la Monarchia e la Germania, rilevandone però con compiacenza il carattere eminentemente pacifico.

Si l'una che l'altra accentuano le amichevoli relazioni esistenti fra l'Austria-Ungheria e tutti gli altri Stati, nessuno eccettuato.

La relazione del delegato dottor Falk rileva ad ogni modo con molto contenuto l'assicurazione data dal conte Kalnoky che però a fronte di un'ingiustificata aggressione la Monarchia non si troverebbe sola.

La relazione del delegato conte Clam non fa cenno dell'Italia di cui d'altronde apparirebbe dal resoconti pubblicati, che non si sia tenuto parola in seno al comitato della delegazione austriaca, i cui intimi sentimenti a nostro riguardo sono evidentemente poco benevoli.

La maggioranza del Reichsrath e della sua delegazione accetta come una necessità del momento le buone relazioni coll'Italia ma non vi ha ombra di dubbio, che tutte le sue simpatie sarebbero, se non per un ritorno alla passata dominazione dell'Austria nel Paese nostro, non più conciliabile oggi collo stato di cose generale e con quello speciale della Monarchia, almeno per un ripristinamento del potere tem,porale ed un ristabilimento di alcune delle cadute dinastie.

La relazione invece del dottor Falk dice, che 11 comitato ha accolto con la più sentita simpatia le assicurazioni dategli dal ministro a riguardo delle relazioni fra la Monarchia e l'Italia, osservando che già negli scorsi anni la delegazione ungherese ha espresso il desiderio che quelle relazioni avessero a diventare sempre più affettuose, conseguentemente il relatore constata, che

nel raggiungere quel risultato il ministro non ha fatto altro se non seguire la politica di cui quella delegazione aveva espresso l'intendimento, politica che d'altronde corrisponde ai desideri del governo italiano nonché della grande maggioranza delle popolazioni dell'Italia, stringendo così sempre più strettamente quell'amichevole alleanza coll'Italia che rese possibile a questa di entrare nella cerchia delle Potenze che ad ogni altra cosa antepongono la conservazione della pace dell'Europa. Con vera soddisfazione mi compiaccio di registrare qui l'espressione di questi sentimenti per noi cosi simpatici, essendo pure la prima volta da assai tempo, che gli ungheresi si esprimono in tal maniera a nostro riguardo.

La relazione della commissione ungherese manifesta del pari grande compiacimento pel mantenimento delle buone relazioni colla Serbia, non ché pel riavvicinamento alla Rumania testé effettuatosi.

Alquanto dura invece si mostra la relazione del dottor Falk, a riguardo della Bulgaria in cui si mette in luce la riluttanza ad adempiere agli obblighi· verso la Turchia impostigli dal trattato di Berlino, essenzialmente per ciò che ha tratto alla demolizione delle fortezze; la relazione, conseguentemente, pure ammettendo che alla Porta incomba solo di prendere l'iniziativa in proposito, locché d'altronde è a sua conoscenza essere già stato fatto, esprime marcatamente il voto che quell'iniziativa sia appoggiata più energicamente di quanto lo fu fino ad ora da parte di quelle Potenze che non solo firmarono il Trattato di Berlino, ma che inoltre desiderano vivamente le sue applicazioni.

Non vi ha dubbio che queste manifestazioni del sentimento altamente pacifico dominante nelle due relazioni è di non lieve importanza; ed è di natura a far sperare che almeno per quanto dipende dall'Austria-Ungheria, la pace non verrà così presto turbata; non è però men vero che quel bisogno pacifico che le più alte rappresentanze politiche della Monarchia credettero dovere siffattamente accentuare, dimostra ch'esse non si fanno grande illusione sulla situazione, e che quindi parve loro necessario non lasciare il governo in dubbio sul sentimento prevalente nei rispettivi parlamenti; e ravvisarono opportuno di rassicurare anche l'opinione pubblica che in conseguenza della pubblicazione del lin11:uaggio tenuto dal conte Kalnoky in seno alla delegazione ungherese, si era assai commossa.

Uniamo dunque noi pure le nostre speranze nella conservazione della pace, a quelle manifestate dall'Austria-Ungheria, e continuiamo ad operare concordemente cogli Stati al cui indirizzo politico ci siamo associati, onde evitare gl'incidenti che possono turbarla, ma non perdiamo di vista che la situazione generale continua ad essere piena di pericoli, e prepariamoci alacremente ad essere preparati il giorno che pur potrebbe essere prossimo, in cui soltanto chi sarà realmente forte si troverà in grado di far sentire la propria voce a tutela dei suoi interessi, che i preesistenti accordi verbali e magari anche scritti, valgono sempre mediocremente a tutelare se non hanno a loro appoggio il peso di una potente spada.

Per intanto è di suprema necessità che il governo italiano a cui riuscì, mi compiaccio riconoscerlo oggi, di far sparire ogni qualsiasi preesistente diffidenza che a suo riguardo ebbe a persistere per sì lungo tempo sì a Vienna che a Berlino, non vi dia più mai occasione di sorta a farla rivivere, continuando a procedere sulla via su cui si è posto colla stessa costante intransigente energia mostrando a quei Gabinetti amici che fra chi governa l'Italia ed il partito che apertamente sia pure con velate sfumature, agogna a scopi incompatibili colle nostre alleanze, esiste un abisso che non s'intende varcare né lasciar varcare in maniera alcuna, ben sapendosi che qualsiasi non lieve transazione o debolezza in proposito farebbe rinascere giganti le spente diffidenze (1).

718

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 209. Parigi, 6 novembre 1883 (per. 1'11).

Con suo dispaccio del 23 ottobre ultimo (serie politica n. 162) (2) l'E. V. si compiaceva di comunicare a questa R. ambasciata, per sua particolare informazione, un rapporto del R. console a Tripoli (3) che tratta della propaganda anti-italiana esercitata dalla scuola francese dei fratelli Maristi, protetta e sovvenzionata dal governo della Repubblica. Io credo che questo fatto meriti tutta l'attenzione del R. governo, imperocché esso non è isolato e fa parte di un sistema seguito dalla Francia principalmente nell'Africa del nord ed in levante per combattere le influenze che altre nazioni e specialmente l'Italia possono esercitare in quelle regioni. E' cosa da notare, che questo governo, il quale molesta in ogni modo il clero e le corporazioni religiose nel territorio francese, le protegge e le sussidia al contrario nei Paesi esteri e particolarmente nelle regioni musulmane, dove le popolazioni essenzialmente religiose ubbidiscono più volentieri a chi ha per missione di parlare e di agire in nome della Divinità, anziché a semplici laici, ai quali manca, agli occhi di esse, la autorità morale. Gli uomini che reggono la Repubblica hanno ben capito questa differenza; epperciò, per promuovere l'influenza della Francia essi impiegano le corporazioni religiose francesi, che secondano tanto più ardentemente questo divisamento, in quanto che esse sono animate specialmente contro l'Italia, da un doppio sentimento, cioè: l'ultramontanismo ed il chauvinisme.

Avendo avuto occasione di parlare di questo lavorio francese in oriente con

un personaggio che occupò un'alta posizione in quelle regioni, egli mi assicura

che i nostri religiosi italiani, ove fossero efficacemente protetti dal R. go

verno, potrebbero facilmente vincere la preponderanza che tentano di acqui

stare i francesi, perché più abili e di carattere più confacente con quelle popo

lazioni, che non i francesi. D'altra parte non si tratterebbe che di sostenere la

lotta che già arde fra le corporazioni dei due Paesi, non astante il debole legame

di ultramontanismo che esiste fra loro; imperocché i nostri religiosi mal sop

portano l'oltracotanza degli altri, e sentono risvegliarsi nel loro cuore il sen

timento della patria, che vedono con orgoglio prosperare e diventare grande e

potente. In conseguenza il personaggio anzidetto consigliava che il nostro go

verno si valesse dell'arma religiosa adoperata dai francesi per combattere l'in

fluenza che essi tentano di acquistare a nostro maggior danno.

Io crederei che le nostre corporazioni sarebbero tanto più atte a raggiungere questo scopo, in quanto che esse hanno idee assai più larghe delle altre; se ne ha una prova in un collegio diretto in Adranopoli da religiosi, in massima parte italiani. Il direttore di esso, italiano, che io conobbi a Londra, mi diceva che nel suo collegio erano ammessi indistintamente cattolici, ortodossi, ebrei, musulmani; l'insegnamento vi si divide in due parti, una non dogmatica, e l'altra religiosa data agli allievi dai rispettivi ministri del loro culto. La tolleranza mutua era la condizione principale del successo che aveva ottenuto quella istituzione. Abbiamo anche, se non erro, nello ospedale di Costantinopoli, delle suore italiane che furono parecchi anni addietro mandate dal vescovo di Ivrea, per liberarsi dalla prepotenza delle suore francesi.

Questi sono elementi dei quali sarebbe utile di servirsi, mentre si dovrebbe, per quanto possibile, istituire nelle regioni di cui si tratta, scuole ospedali e ricoveri destinati agli italiani ed alle popolazioni indigene. Per il reclutamento delle corporazioni religiose di uomini, mi fu sottoposta da alcuno una idea che credo opportuno di qui riferire, essa consisterebbe nel concedere annualmente l'esenzione dal servizio militare ad una trentina di giovani italiani destinate alle missioni in oriente, colla condizione che, terminati i loro studii in Italia, per esempio alla Propaganda in Roma, prendessero l'impegno di servire durante dieci anni almeno dette missioni. A coloro che si dedicassero all'insegnamento si potrebbero richiedere requisiti speciali. Lo stesso, a questo riguardo, si dica per le suore. Resterebbe ben inteso che gli istituti formati nel senso sovra indicato sarebbero sotto la benevola tutela del R. governo. Per sopperire alle spese occorrenti per gli stabilimenti da creare o da ampliare fra i quali si comprendeva una casa di ricovero con scuole in Gerusalemme il mio interlocutore accennava il fondo annuo di tre milioni e mezzo di lire, assegnati alla Santa Sede, e che finora il Papa non volle riscuotere. Siccome è probabile che per qualche tempo ancora il Sommo Pontefice persista nel suo rifiuto, si avrebbe disponibile una somma che in pochi anni basterebbe per costruire e dotare gli stabilimenti di cui si ragiona.

Ho creduto di dover rassegnare queste idee all'E. V. quali mi furono esposte. Ella giudicherà se esse siano attuabili. Ad ogni modo io ritengo che l'Italia il cui avvenire sta in gran parte nella sua influenza nelle regioni del Mediterraneo, deve preoccuparsi della propaganda che si fa suo detrimento, e valersi di tutti i mezzi in suo potere per combatterla con efficacia O).

(l) -Per la risposta cfr. n. 721. (2) -Non pubblicato. (3) -R. 35 del 12 febbraio 1883, non pubblicato.

(l) Allegata al presente rapporto si trova la seguente annotazione di Malvano: «Il concetto fondamentale di questo rapporto è senza dubbio opportuno, ma i modi d'attuazione in esso suggeriti non sembrano suscettibili di pratica esecuzione. Così è della esenzione dalla leva per trenta giovani missionari in ogni anno, e così è pure della devoluzione, ad altro scopo,della annualità stabilita dalla legge delle guarentigie a favore della Santa Sede. Nondimeno non mi sembra il caso d'impegnare, a questo riguardo, una discussione col generale Menabrea ». A tale annotazione, Mancini aggiunse: «Sono d'accordo >>.

719

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 753. Roma, 8 novembre 1883, ore 23,30.

V. E., dans un de ses rapports (l) m'a rendu compte de ses impressions, à la suite d'une conversation avec Kalnoky, et malgrP. les voeux et les espérances de la conservation de la paix, concluait avec le conseil de presser nos armements et les préparatifs militaires. Je me souviens de vous avoir dit, que !es lois votées par le parlement accordaient une certaine latitude au ministère pour compléter les parties essentielles de notre organisation militaire en quatre années ou dans un délai plus court. Je pense que votre conseil regarde cette alternative, sans l'intention de vous avertir d'une probabilité spéciale de prochaine guerre. Dans cette hypothèse vous auriez indiquéIa source de votre conviction. D'ailleurs j'ai reçu récemment (je vous en informe très confidentiellement) une lettre particulière du prince de Bismarck (2), dont le ton absolument pacifique centraste trop avec les probabilités d'un danger prochain.

Mais je n'ose pas de prendre sur mai la responsabilité d'interpréter votre pensée dans un sens, peut-etre, contraire à la vérité. Je prie V. E. d'en donner elle meme l'interprétation exacte, pour nous éclairer dans nos délibérations. II est hors de question que nous tàcherons, autant que cela sera nécessaire, l'organisation militaire, en demandant des fonds à la Chambre, mais nous avons également à coeur de ne pas troubler l'immense amélioration de notre crédit ni de compromettre les succès financiers, que nous avons réalisés, par des mesures qui ne seraient pas strictement indispensables.

720

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1378. Vienna, 9 novembre 1883, ore 16,20 (per. ore 18).

Mon impression au sujet de situation actuelle de l'Europe était nettement exprimée dans mon rapport du 19 octobl·e (1), où je disais que malgré le sincère et universal désir de paix, une circonstance inattendue pourrait compromettre cette paix que tout le monde montre vouloir fermement. En disant que nos préparatifs militaires doivent etre poussés avec la plus grande activité, en évitant de Ieur donner caractère alarmant, je ne pouvais vouloir conseiller une demancle extraordinaire de fonds à la Chambre, qui produirait

le plus mauvais effet à l'intérieur et à l'étranger, contrastant avec cette confiance dans le maintien de la paix que nous affirmons aussi hautement que les autres; mais camme la possibilité d'une circonstance inattendue n'est nulJement écartée O'inquiétude qu'excite aujourd'hui l'agitation serbe en est une preuve) c'est le cas de hater autant que possible nos armements dans les limites des lois votées par le parlement. Il faut d'abord faire ce qu'il y a de plus urgent pour etre en état de nous servir de ce que nous avons, renvoyant à plus tard, si c'est nécessaire l'augmentation de nos forces. Je citerai exemple de l'Autriche qui demande ce t te année un crédit d'un million de florins pour les fortifications de Przemysl au lieu de sept-cent mille fixés par la loi précédente, qui a formé deux divisions de cavalerie en Gallicie, se réservant à constituer plus tard les autres divisions de cette armée, et qui. finalement a envoyé aux deux corps d'armée de la Gallicie les deux régiments d'artillerie qui leur étaient affectés, mais qui jusqu'à présent étaient à Vienne et à Wiener-Neustadt. Je veux espérer que ma pensée ainsi développée ne laissera plus doute dans l'esprit de V. E. Mon impression du reste ne peut étre que le reflet des impressions qu'on cache ici, mais qui cependant percent; je la soumets à V. E. qui en la pesant dans la meme balance qu'elle pèsera celles que les agents italiens dans les autres capitales lui communiqueront, sera ainsi mieux que moi dans le cas de se former un jugement, autant que possible exacte, de la situation et de ses dangers vrais ou faux.

(l) -Cfr. n. 707. (2) -Non pubbl!cata.
721

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

D. 1551. Roma, 9 novembre 188.1.

Ho ricevuto il rapporto del 3 novembre. n. 1991 (l) di questa serie, nel quale V. E. opportunamente riassume le relazioni che, sul bilancio del ministero imperiale degli Affari Esteri, vennero presentate alle due delegazioni.

La relazione della commissione ungherese fa eco alle dichiarazioni amicbevoli del conte Kalnoky circa le intime relazioni che uniscono l'Italia e l'Austria-Ungheria, e noi abbiamo certo motivo di compiacerci del linguaggio cordiale adoperato a nostro riguardo dal relatore dottor Falk. E ci è lecito sperare che, dileguate le antiche diffidenze, ed affievoliti i ricordi di un passato ancora recente, questi sentimenti diventeranno pur quelli della rappresentanza dell'altra parte della Monarchia. Frattanto al silenzio, per vero dire poco benevolo, della delegazione austriaca non dobbiamo, io credo. attribuire importanza soverchia, paghi delle esplicite dichiarazioni del governo, e delle manifestazioni della pubblica opinione. Le quali andranno acquistando maggior forza man mano che si estenderà la convenzione della comunanza d'inte

ressi fra i due Stati, e la fiducia nella fermezza dei nostri propositi, su quest'ultimo punto ella conosce intimamente il pensiero del governo del Re, e le assicurazioni che, non ha guari, ebbi occasione di rinnovarle verbalmente, mi dispensano dall'aggiunger altro alle mie ripetute dichiarazioni.

(l) Cfr. n. 717.

722

IL COMMISSARIO CIVILE AD ASSAB, BRANCHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 19. Massaua, 9 novembre 1883 (per. il 21 dicembre).

Ho l'onore di informare V. E. che dopo esser partito al 1° di ottobre da Debra Tabor, giunsi ieri in questa città. Sarebbe stato mio desiderio di ritornare prima d'ora in Assab, ma il mio viaggio di ritorno è stato di alquanto ritardato prima dalle pioggie e poi dal non esser pronti i regali che Re Giovanni voleva inviare al nostro Re. Di questo, come delle lettere di cui egli volle incaricarmi mi riserbo a parlare con rapporto speciale, ed intanto mi affretto a render conto all'E. V. del mio operato.

Sarà bene premettere che io non posso che chiamarmi altamente soddisfatto dell'accoglienza avuta in Abissinia. Al mio giungere Re Giovanni era alquanto indisposto verso l'Italia * (egli stesso me lo dichiarò) pel ritardo frapposto a rispondere alle sue lettere, cosa alla quale sembra sensibilissimo *. Giunti però che fummo alla sua residenza, la lettera reale, i doni, la decorazione ed anche un poco il contegno da noi tutti tenuto durante il soggiorno che facemmo presso di lui fecero sì che completamente si dissipasse ogni equivoco e che alla prima esitanza subentrassero la più cordiale accoglienza ed una ospitalità più che regale. E queste non solo continuarono per tutto il tempo che rimasi presso di lui, ma non si smentirono neppure durante il mio viaggio di ritorno che a differenza di quello di andata fu fatto con scorte ed onori maggiori a quanto mi si dice di quelli che mai non fUrono accordati ad altra missione europea.

Quanto alle disposizioni di quel Re verso l'Italia e sullo scopo del mio viaggio, le sue lettere a Sua maestà dicono in parte quali esse sieno. A me sembra, che salvo il trattato che, come dirò in appresso, non riuscii a far firmare, la missione sia abbastanza ben riuscita ed il suo scopo pienamente raggiunto. Le istruzioni infatti verbali e scritte che l'E. V. mi aveva impartite, concernevano principalmente due punti ~-l'apertura della via di Assab e come prodromo di quella l'esplorazione della medesima da farsi da Bianchi e compagni -la domanda di tutte quelle concessioni che valessero a facilitare gli scambj commerciali fra i due Paesi, concessioni da riunirsi, potendo, in un trattato, di cui io doveva proporre a Re Giovanni la stipulazione.

Per ciò che concerne il primo punto, Re Giovanni, fino dal primo giorno, si dichiarò pronto a dare guide e protezione al signor Bianchi per la sua esplorazione. Trattandosi però di cosa di tanta importanza per l'avvenire della nostra colonia io non mancai fino dalle prime udienze di fargli notare la differenza che passava fra questa esplorazione e quelle a cui gli europei che ci precedettero in Abissinia lo hanno ormai abituato, e di insistere, perché oltre alla protezione negativa, si esercitasse in modo attivo per aprire egli stesso e tenere permanentemente aperta una via fra Assab ed il suo Paese. Anche a questo Re Giovanni si mostrò ben disposto, ma non fu che quando, profittando dei pieni poteri che l'E. V. mi aveva dati in simile materia, io gli promisi a nome del R. governo libero transito per tutto quello di cui potesse aver bisogno comprese armi e munizioni che egli prese veramente a cuore il progetto e mi promise la sua pronta ed illimitata cooperazione. Restava allora a scegliere la via ed il modo di mettere ad esecuzione questo progetto. Quanto alla prima, ammesso che la cosa non si facesse più sotto auspicii privati, ma sotto la responsabilità dello stesso Negus, era lui che doveva determinarla. L'itinerario fu quindi varie volte discusso in presenza del Re, il quale fini col prescegliere una via che noi ignoravamo affatto, ma che gli abissini conoscono a quanto pare, abbastanza bene, quella che dall'Enderto e dal Dessa scende per Arrhù e per la pianura del sale verso Assab. Secondo che mi disse ripetutamente il Re e secondo che mi hanno assicurato anche altri, su questa via i confini dell'Abissinia sarebbero a soli tre giorni da Assab. Di questo però io mi permetto di dubitare. Essa é presso a poco la linea seguita dalla spedizione Giulietti, la quale si inoltrò certamente per molte e molte diecine di kilometri nell'interno del Paese senza incontrarli. Comunque sia di ciò, a me non stava di intervenire nella questione, la proposta essendo stata fatta dal Re a Bianchi e da questi accettata. Restava invece da determinarsi il modo in cui procedere all'apertura della via ed io mi preoccupavo non poco dei pericoli che la nostra spedizione avrebbe potuto incontrare, quando fattane parola al Re dei Re, egli

troncò subito la questione dicendo che era affare suo, e che egli avrebbe fatto accompagnare i nostri esploratori da un nerbo tale di truppe da impedire qualsiasi pericolo o insuccesso.

Tutte queste concessioni mi sembrano di già abbastanza importanti: esse però lo diverrebbero ancora di più se si verificasse quello che io non volli chiedere espressamente, ma di cui mi dà speranza il complesso delle trattative, vale a dire che con l'apertura della nuova strada per Assab coincida la chiusura di tutte le altre. In tutti i colloqui che ebbi col Re sempre si parlò di aprire una sola via al mare ed è il Re stesso che nella Sua Maestà ci chiede di mandare per quella sola tutti i negozianti che vogliono recarsi in Abissinia. La chiusura delle altre non sarebbe del resto per l'Abissinia che un passo di più sopra una strada che già segue da molti anni. Non potendo impedire l'esportazione degli articoli Galla, come avorio, oro, zibetto, caffè etc., che non troverebbero nessuno smercio in Abissinia, Re Giovanni ha già da anni proibito il consumo di certi articoli egiziani (tabacco) e l'esportazione verso l'Egitto di ogni prodotto che può consumarsi in Paese, pelli, miele, burro, cera etc. Negli ultimi tempi poi anche le carovane Galla ebbero proibizioni di comunicar con l'Egitto tanto che a Massaua sono ormai tre mesi che non un solo mulo o cammello giunse carico dall'interno senza volere attribuire completamente all:c mia missione questa recrudescenza di ordini, io ritengo però che la prospettiva di una nuova ma cristiana ed amica ma abbia molto a che fare come ritengo che non mi sarebbe stato difficile ottenere promessa formale di questa chiusura di ogni altra via, se l'avessi chiesta. Me ne ritenni però in quanto che se scopo della mia missione era quello di ottenere per noi il maggior vantaggio possibile, non per questo sarebbe stato né utile né decoroso, il cercare di nuocere agli altri.

Restavano le trattative commerciali. In obbedienza sempre alle istruzioni ricevute, non mancai tostoché mi parve giunto il momento favorevole di presentare al Re un progetto di trattato, invitandolo a sottoscriverlo. Quantunque per adattarmi al Paese, ne avessi ridotte le disposizioni al più stretto necessario, come l'E. V. potrà vedere dal progetto stesso che qui allego (allegato l) (1), non tardai ad accorgermi che difficile sarebbe stato ottenere la conclusione. Le difficoltà erano di varia natura. Manca all'abissino la percezione dei vantaggi che il commercio può arrecare non tanto a chi lo esercita quanto all'intiero Paese, e per di più Re Giovanni sempre cauto e diffidente esitava ad accettare verso di noi delle molteplici obbligazioni se prima non vedesse posto in attuazione da parte nostra quello che più gli preme, vale a dire il transito delle armi. Su questo punto è bene che cotesto R. ministero non si faccia illusione. Re Giovanni è pronto ad aprirci la strada, a guardarla, ed a mio credere, a concederci persino il monopolio del commercio del suo Paese, ma ad una sola condizione, che cioè gli si concedano quelle armi che agogna e di cui ha bisogno per raffermare la sua supremazia in Abissinia. Se, come io ho promesso, noi gli concederemo non solo questo transito, ma ci adopereremo perché per mezzo di Assab egli le ottenga, non havvi privilegio commerciale che egli non ci conceda; se no, lo chiederemo invano: tale è il significato netto e reciso della risposta che ei mi dette il giorno innanzi alla mia partenza, che cioè per ora gli sembrava inutile sottoscrivere il trattato, che prima bisognava aprir la via ed inaugurare il transito e che dopo sarebbe il tempo di riparlarne.

Che del resto le ragioni per cui egli si è rifiutato a sottoscrivere il trattato siena politiche anziché commerciali, lo si rileva anche da questo, che verbalmente io ottenni, anche senza grandi difficoltà, da lui promessa che tutti i negozianti italiani che si rechino in Abissinia saranno esenti da qualsiasi tassa

o dazio di dogana. Tale promessa equivalendo agli occhi miei o forse essendo preferibile a un intiero trattato il quale, come al progetto fornitomi dall'E. v. e che qui ritorno (V. allegato III) O), stipulasse una semplice riduzione dei dazii di importazione e di esportazione al 10 od anche al 5 per cento, io non credei d'insistere. E che essa non fosse vana ebbi subito una prova, in quanto che presentatosi da Debra Tabor un negoziante italiano, certo signor Caprotti, io non ebbi che a recarmi secolui dal Re per attenergli libero passaggio in Abissinia e completa esenzione dalle dogane per tutte le sue mercanzie.

Fin qui le istruzioni dell'E. V. Le notizie però che frattanto mi erano pervenute dalla costa sull'apertura della via dello Scioa, mi faceva un dovere di

706 trattare con Re Giovanni anche di questa via e specialmente del transito per l'Aussa. Fu questa, a dire il vero, la parte più disagevole della mia missione. Io voleva infatti ottenere ed insistetti vivamente perché cessasse quello stato di guerra che ora vige da secoli fra abissini e danakil. Sul principio Re Giovanni si schermì allegando, cosa che mi sorprese assai, che già da più di un anno aveva scritto all'Anfari di aprirgli la via di Assab e che egli vi si era .::ategoricamente rifiutato. Sicuro allora dell'approvazione dell'E. V. mi offersi .:ome mediatore fra i due e fuvvi un momento in cui egli parlò perfino di darmi .ma lettera con la quale si stabilissero le condizioni di un riavvicinamento fra le due parti. Ma giunti alla fine di settembre, il Re cambiò affatto di line(Uaggio e nell'ultima udienza mi annunziò definitivamente, come del resto Jice anche nella lettera a Sua Maestà come egli non intendesse di rinunciare cti suoi progetti, che conquisterebbe l'Aussa ed aprirebbe poi anche quella via ctl nostro commercio. Quali siena state le ragioni di questo cambiamento, non mi fu dato indagare. Non è però impossibile che sia giunta all'orecchio di Re Giovanni notizia del contratto passato fra Re Menelik ed il conte Antonelli, e c:he egli voglia in futuro esercitare un controllo sulla quantità di armi che questo suo tributario si procura alla costa. Ad ogni modo siccome non sembra ;;he Re Giovanni abbia intendimento di procedere in quest'anno alla conquista dell'Aussa, noi avremo tutto il tempo di veder consolidato il traffico che ora è così incominciato. *Se poi in avvenire (che del resto non credo neppure troppo prossimo) all'Anfari dovesse sostenersi Re Giovanni, noi non avremo che a guadagnare nel cambio*.

Havvi un altro soggetto di cui non parlavano le istruzioni ministeriali, ma che non volli lasciare intatto presso il Re, quello della schiavitù. Mi pareva evidente che una missione italiana non potesse restare per qualche tempo nell'unico Paese ove questa vergogna regna ancora pubblicamente, senza fare almeno un'energica protesta contro simile stato di cose. E tanto più mi pareva di doverlo fare in quanto che mentre da una parte io avevo trovato quel Re sensibilissimo a quello che l'Europa può pensare di lui, dall'altra io potevo meglio di ogni altro fornirgli delle cifre precise su quella corrente di schiavi che dallo Scioa e dal Goggiam erompe ogni anno verso il Mar Rosso. Recatomi quindi un giorno da lui gli esposi in succinto tutti quei dati che l'E. V. già conosce sul numero di schiavi galla che ogni anno arrivano nei pressi di Assab. Re Giovanni ne rimase assai meravigliato in quanto che sembra ignorasse che da questa parte almeno il male fosse così esteso. Egli stesso mi suggerì che altrettanto e peggio seguiva verso il Gallabat e francamante confessò che la cosa era male ma che egli, nonostante i varii tentativi fatti, non era riuscito a reprimerla. In Abissinia infatti se è proibito vendere schiavi a musulmani è però tuttora permesso venderli a cristiani. Il Re stesso convenne però che quantunque l'ordine fosse stato emanato più volte esso non era eseguito e convenne tristamente che troppi erano gli interessi che vi si opponevano. L'unico mezzo, aggiunse da per sé, di finirla era quello di proibire la vendita a tutti indistintamente e, con l'ajuto di Dio, anche a questo sarebbe arrivato. Quale effetto possano avere queste sue buone intenzioni, io non so, di fronte specialmente alla resistenza che troverebbe sicuramente in Paese una simile riforma. Ad ogni modo è già qualche cosa che Re Giovanni abbia promesso di adoperarvisi ed io mi lusingo che anche la mia protesta abbia contribuito ad ottenere questo resultato.

Riassumendo, le concessioni che la missione ha ottenuto in Abissinia sono le seguenti:

lo Apertura per parte del Re e senza alcun concorso da parte del nostro governo di una via N. O. che dal Tigré reca in Assab per Arrhu e la pianura del sale.

* 2° Promessa di libero transito per l'Aussa quando questa venga a dipendere da Re Giovanni invece che dal sultano attuale*.

3° Esenzione completa per tutti gli italiani che si rechino in Abissinia da qualunque tassa o dazio comprese quella di dogana .

4° Promessa che allorché la strada di Assab sarà aperta, il Re si adopererà perché per quella a preferenza delle altre tutte discendano le carovane al mare.

5° Promessa di una prossima e completa abolizione della schiavitù in Abissinia.

Quanto all'epoca in cui l'apertura della via di Arrhu abbia a seguire, ciò dipenderà dal signor Bianchi. Re Giovanni però intendeva, pare, di farlo presto, in quanto che già prima della mia partenza da Debra Tabor aveva invitati i miei compagni a partire sollecitamente pel Goggiam ed a presto tornarne. Io calcolo quindi che in aprile o maggio noi potremmo veder giungere i soldati abissini in Assab (l).

(l) Ed., con alcune varianti ed ad eccezione del brani fra asterischi, in LV 66, pp. 144-148.

(l) Non pubbl!cato.

723

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TUGINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3344. Berlino, 10 novembre 1883 (per. il 14).

Inaspettata giunse qui la notizia della prossima partenza del principe imperiale di Germania per Madrid, ove questi si reca in forma ufficiale a restituire la visita, che il Re di Spagna aveva fatta all'Imperatore Guglielmo nello scorso mese di settembre. La decisione di Sua Maestà Imperiale fu tenuta nel più profondo segreto fino a che non parve opportuno di renderla di pubblica ragione, cioè quasi alla vigilia dell'attuazione del disegnato viaggio.

Le circostanze entro cui si compie codesto viaggio sono tali da imprimere al medesimo il più alto significato politico. E prima di tutto la prontezza con cui si effettua la restituzione della visita, quando si pensa che sono trascorse

appena poche settimane dal viaggio del Re Alfonso in Germania, è una circostanza che ha la sua particolare ragione. Non si è inteso soltanto di marcare così la premura che l'Imperatore Guglielmo pone nel restituire la visita; ma altresì, mentre che ancor fresca si mantiene negli animi l'impressione delle ingiurie patite a Parigi dal Re Alfonso, si è voluto qui dare a tal modo una risposta alla Francia, che aveva insultato il colonnello degli Ulani di Strasburgo. Oltre il contenuto oltremodo affettuoso della lettera autografa, che l'imperatore di Germania ha diretto a Sua Maestà il Re Alfonso, per annunziargli la missione affidata al principe imperiale, merita di essere notato il modo solenne con cui questa lettera è stata fatta recapitare al suo alto indirizzo.

La consegna della lettera era in se stessa una semplice formalità: ma, coll'invio di un aiutante di campo dell'Imperatore, incaricato di porgere quella lettera si è voluto accrescere la solennità dell'atto. E da ultimo ciò che pone il colmo all'ostentazione diretta contro la Francia è la circostanza che l'augusto viaggiatore presceglie la via più lunga d'Italia e del mare, pur di non toccare il territorio francese.

Qui l'opinione pubblica ha accolto con grande soddisfazione la notizia della visita, che il principe imperiale si accinge a fare, a nome dell'Imperatore, alla Corte di Spagna. E la stampa tedesca non ha tralasciato di fare notare che tale visita non è soltanto un atto di cortesia, ma altresì un alto fatto politico, pur astenendosi con molto tatto dal porre in troppa viva luce le varie circostanze che la rendono poco gradita alla Francia.

Conversando ieri su questo argomento col signor conte di Benomar, ministro di Spagna qui residente, questi non esitò ad affermarmi che il viaggio di Sua Altezza Imperiale in !spagna trascendeva i limiti di un semplice atto di cortesia, e che le circostanze che l'accompagnavano avevano un significato politico di chiara e lampante evidenza. Al suo sentire la visita che l'Imperatore Guglielmo restituisce al Re Alfonso per mezzo del suo augusto figlio, ha per scopo essenziale di giovare al mantenimento della pace generale e alla .!ausa delle istituzioni monarchiche. Aggiungevami che tanto in Spagna, quanto ael Portogallo e in Italia, il lavorio repubblicano si prosegue con attività, grazie agli agenti repubblicani francesi che fomentano anche con loro l'agitazione .!antro le monarchie. Di fronte a tale stato di cose bisogna dunque che le monarchie si premuniscano contro il repubblicanismo francese che è il loro comune nemico.

Per la Spagna, che travasi più direttamente esposta ai pericoli di un'invasione delle tendenze repubblicane francesi, la stretta amicizia della Germania, consacrata oggi in modo così solenne è, sotto ogni rispetto, un beneficio inestimabile. Ed a proposito delle ripartizioni ottenute in seguito all'affronto perpetrato contro il Re Alfonso a Parigi, il conte di Benomar mi assicurava che il governo spagnuolo non si era riputato completamente soddisfatto, se non dopo che il governo francese gli ebbe fatto, non ha molto, una nuova dichiarazione per iscritto. È intanto da sperare che colla nomina del maresciallo Serrano ad ambasciatore spagnuolo a Parigi i rapporti fra i due governi ripiglieranno il loro corso normale. Ad ogni modo la Spagna è oggi affatto rassicurata, poiché sa da qual parte si trovano i suoi veri amici.

49 --Doc·umentì diplomatic-i Serle II -Vol. XV-XV!

In questa occasione ho pure udito dire, come del resto ne feci menzione col mio rapporto n. 3335 (1), di questa serie, che per dare l'ultima conferma alla intimità delle relazioni esistenti fra la Germania e la Spagna, il principe di Bismarck non si opporrebbe più oggi, come ha fatto per l'addietro, all'attuazione del disegno vagheggiato dal governo spagnuolo di elevare al grado di ambasciata le rappresentanze diplomatiche dei rispettivi Paesi.

(l) Cfr. n. 73.

724

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE S. N. Vienna, 10 novembre 1883 (per. il 18).

Da assai tempo ho portato la mia attenzione sul fatto incontestabile che il governo imperiale ha in Italia chi lo informa con straordinario zelo e devo anche dire con molta esattezza delle cose che avvengono nel Paese nostro, locché chiarisce l'esistenza in casa nostra dì un'ottima polizia austriaca di cui conviene ricercare le fila nei nostri irredentisti, e facilmente anche negli emigrati tirolesi e triestini di cui evidentemente più di uno si è dato al mestiere d'emigrato per conto del governo imperiale.

Questa mia supposizione poggia sul fatto che la polizia austriaca ha sempre conoscenza di ciò che si trama nelle riunioni irredentiste.

Certamente non sarò io che mi mostrerò tollerante verso quel partito che spoglio d'ogni patriotismo non si perita di compromettere quelle buone relazioni fra i due Paesi che sono in oggi un'assoluta necessità politica, ma non trovo ammissibile che la cura di sorvegliare tali mene sia lasciata all'estero Stato, locché farebbe supporre che ci si crede conniventi o per lo meno non in grado di adempiere ai nostri doveri internazionali.

Parmi dunque che si dovrebbe da parte nostra porre ogni studio a scoprire chi esercita in casa nostra il mestiere di spia dell'Austria, ed ove ci riuscisse ad accertare fatti, i mezzi non ci mancherebbero per punire quei cittadini italiani che si sarebbero resi colpevoli di quel delitto di lesa Patria; in quanto agl'esteri lo sfratto dovrebbe essere immediato. Sì nell'uno che nell'altro caso è fuor di dubbio che l'appoggio dell'opinione pubblica non verrebbe meno al governo.

Evidentemente però l'aver prove incontestabili di fatti di quella natura non sarà facile, ma ciò che si può fare fin d'ora si è di ricercare colla voluta segretezza chi possono essere gl'individui che fanno la spia in casa nostra, e poscia esercitare una scrupolosa vigilanza su quelli al cui riguardo si avranno fondati sospetti.

Per incominciare pregiomi additare all'E. V. l'emigrato triestino Fabbris Basilisco, che bandito dagl'I. R. Stati ricorse più volte al R. governo onde ottenere efficaci raccomandazioni per poter rimpatriare. Cotesto ministero sa

710 che interpellato~ sulla convenienza di ciò fare ho risposto negativamente locché fece. se non erro, desistere il R. governo da ulteriori pratiche. Or bene quell'individuo che passa anche fra quelli del suo partito per un irredentista spinto alla pazzia, ha ottenuto di tornare in !stria; da più di un mese egli travasi in Campanaro dove ha possessioni, e va quando gli piace a Trieste dove risulta dalle informazioni che mi sono pervenute dal cavaliere Durando, ch'egli bazzica intimamente col direttore di Polizia. Onde poi spiegare coi suoi amici irredentisti l'arrendevolezza del governo imperiale a suo riguardo, dice che ciò fu in seguito di sollecitazioni fatte presso il ministero in Vienna dalla R. ambasciata! Credo ancora dover aggiungere che si ha qualche sospetto che il rapporto ricevuto dalla polizia di Trieste intorno a quella tal conferenza tenuta a Udine dal professore Lovisato, che motivò lo sfratto dato all'egregio professore dagli I. R. Stati, sia anche stato compilato dal Fabbris Basilisco.

Riterrei quindi utilissimo se richiamando l'attenzione dei prefetti di Udine, Venezia e Roma sulla questione in generale dei confidenti austriaci che informano la polizia imperiale di tutto ciò che succede in casa nostra, si segnalasse loro in modo speciale la convenienza di sorvegliare il Fabbris Basilisco che non dubito tarderà poco a rientrare in Italia magari sotto il pretesto di un apparente nuovo sfratto. Ogni qualvolta poi la polizia italiana avesse qualche sospetto dello stesso genere intorno ad individui regnicoli o non che dall'Italia si recano a Trieste o viceversa, sarebbe bene che il cavaliere Durando ne fosse informato affinché dal canto suo egli eserciti a loro riguardo quella possibile sorveglianza consentitagli dalla sua posizione: ben inteso che occorrerebbe però gli si desse facoltà di disporre a tal effetto di qualche piccola somma.

Sarò grato all'E. V. se mi vorrà far conoscere il suo alto apprezzamento intorno alla questione che forma oggetto del presente rapporto nonché il parere al riguardo -e la conseguente determinazione del ministero dell'Interno (1).

(l) R. 3335 del 14 ottobre 1883, non pubblicato.

725

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, NIGRA

D. 170. Roma, 12 novembre 1883.

Il decreto del Bey che dichiara piazza di guerra e posti militari alcuni determinati punti della reggenza (del quale è parola in un altro mio dispaccio in data d'oggi) (2), ha naturalmente destato presso di noi gravi

preoccupazioni pel pericolo che da tale innovazione deriva alla sicurezza dei nostri territori che fronteggiano la Tunisia, ed alla ognor crescente alterazione dello stato di cose che esisteva nel Mediterraneo prima dell'occupazione francese a Tunisi.

Certo questo provvedimento avrà pur richiamata la seria attenzione del Gabinetto di Saint James ed anzi un telegramma della Stefani, che qui le trasmetto (1), farebbe supporre che costì già si nutrano preoccupazioni per Malta e si ritenga che il decreto del Bey sarebbe in contraddizione col trattato anglo-tunisino del 1863.

Prego V. E. di voler prudentemente indagare quale sia il pensiero del governo della Regina sopra questo importante argomento, ed informarmene il più presto che le sarà possibile.

(l) -Allegata al presente rapporto si trova la seguente annotazione di Malvano. «Confidenzialmente al ministero Interni: Ringraziare e dire che si è scritto confidenzialmente all'Interno. Circa i provvedimenti da prendersi converrà riservare il giudizio in fino a che, in ogni migliorcaso, i fatti siano ben accertati». In base a tali istruzioni venne redatto 11 D. 1560 del 20 novembre 1883, indirizzato all'ambasciata a Vienna, non pubblicato. (2) -D. 171, non pubblicato.
726

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A TUNISI, RAYBAUDI MASSIGLIA (2)

D. 286. Roma, 12 novembre 1883.

Con rapporto del 3 novembre (3), Vossignoria confermando un precedente telegramma (4), m'informava che un decreto del Bey in data del 19 ottobre, pubblicato il lo novembre in codesto giornale ufficiale, dichiarava piazze forti e porti militari alcuni determinati punti della Reggenza. Facendosi poi ad indagare quali considerazioni abbiano potuto consigliare un così grave provvedimento, che non sarebbe, per ora, giustificato dalla necessità di parare a pericoli che minaccino la sicurezza interna od esterna del Paese, ella manifesta il dubbio che il governo della Repubblica abbia in tal modo voluto assicurarsi un'arma la quale potrebbe, quando che sia, troncare la questione delle giurisdizioni consolari colla applicazione, nei principali punti della Reggenza, delle leggi militari francesi; e nello stesso tempo si sia proposto d'imporre ai terreni compresi nel raggio delle piazze forti nuovamente dichiarate le rigorosissime servitù che sono la naturale conseguenza del decreto.

Ringrazio Vossignoria per le informazioni trasmessemi, ed apprezzo le gravi considerazioni svolte nel rapporto di lei. Ritengo però, trattandosi di provvedimento sancito per ordinanza del Bey, che ella abbia voluto alludere, non già alla possibilità di effetti immediati e quasi nascenti di pien diritto dalla presente innovazione, sibbene alla contingenza che il governo della Repubblica voglia estendere, quando così gli piaccia, anche al regime delle piazze forti in Tunisia la dottrina, già proclamata in più d'une circostanza che, cioè, l'esercito francese reca con sé e nei Paesi da esso militarmente occupati la sua propria legislazione.

La S. V. sa che noi non abbiamo mai accettato una siffatta teoria, né per conseguenza ci si potrebbe mai considerare come assenzienti al corollario che per avventura se ne volesse trarre rispetto al regime delle piazze forti tunisine. Nondimeno, l'importante argomento, degno di studio dal punto di vista generale e dei criteri puramente militari, merita di essere esaminato anche sotto questo aspetto delle conseguenze giuridiche che il governo francese volesse dedurre dall'attuale decreto del Bey.

E poiché in contemplazione di un mutamento del regime giurisdizionale nella Reggenza per i rispettivi nazionali, si stanno scambiando idee e schiarimenti tra i governi principalmente interessati e il governo francese, non pare fuori di luogo di esaminare d'urgenza, e molto accuratamente, se e quali ulteriori cautele ed avvertenze sieno da concordare colla Francia, nell'interesse dei nostri nazionali, in vista del recente decreto beilicale prima di prestare il nostro definitivo assenso alla sospensione della giurisdizione consolare.

Prego pertanto Vossignoria di voler dare a questo punto, essenzialmente pratico, tutta la sua attenzione, e farmi conoscere su di esso il suo avviso, ed i temperamenti che le saranno suggeriti da tale esame.

(l) -Non pubbllcato. (2) -Ed., con alcune varianti, in LV 43, pp. 111-112. (3) -Non pubblicato. (4) -T. 1359 del 3 novembre 1883, non pubblicato.
727

IL MINISTRO A MADRID, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 730. Madrid, 12 novembre 1883 (per. il 19).

Il cavalier Baglio nei recenti suoi rapporti ebbe l'onore di diligentemente ragguagliare l'E. V. sull'avviamento politico del nuovo Gabinetto, e sulle molteplici difficoltà nelle quali questo s'imbatterà nel tradurre in atto il suo compito. Mi limiterò quindi in oggi a riferire su quanto potei raccogliere nelle varie conversazioni che in questi scorsi giorni ebbi col ministro di Stato, e specialmente su quanto si riannoda alla politica estera.

Il ministro di Stato signor D. Servando Ruiz-Gomez, al quale io già da tempo sono legato da cordiale amicizia, essendomi ben noti gli antichi suoi sentimenti di viva simpatia verso l'Italia, si compiacque trattenersi meco a più riprese in confidenziale colloquio, ed anzi tutto mi disse: ch'esso occupa il presente suo posto solo perché indottovi dalle pressanti preghiere del presidente del Consiglio, vecchio suo amico e compagno nelle antiche lotte parlamentari. Nell'accettare le funzioni di ministro di Stato non erasi fatta illusione alcuna sulle difficoltà non lievi che le accerchiano, tanto più che doveva, sopra alcuni punti della politica estera, discostarsi da quanto avea praticato il suo predecessore. Convinto che alla Spagna nelle odierne circostanze conviene solo una politica estremamente modesta e riservata, ripose anzitutto il suo impegno nel facilitare un accomodamento con la Francia, curando di scancellare le tracce di quei rancori a cui dettero origine le scene scandalose di Parigi, fatti però dolorosi di cui non conveniva lo scordarsene. Profittando delle benevoli disposizioni del Gabinetto francese dal quale erano stati eliminati gli elementi più direttamente ostili alla Spagna, inviò istruzioni all'incaricato d'affari a Parigi di provocare uno scambio di comunicazioni col governo francese in seguito alle quali si dovessero considerare ristabilite le cordiali relazioni tra i due Paesi. Il signor Ruiz-Gomez spinse la sua amabilltà a darmi confidenziale lettura del rapporto col quale il signor Arellano raccontava la sua conferenza tanto col signor Challemel-Lacour quanto col signor Ferry e questi entrambi dichiararono, il secondo con maggior calore del primo, la loro disposizione ad entrare completamente nelle mire del governo spagnuolo. Al seguito di questa comunicazione il ministro di Stato si risolvette a proporre al Re la nomina del maresciallo Serrano al posto di ambasciatore a Parigi, nomina che verrà ufficialmente pubblicata unitamente alle dichiarazioni stesse in forma di nota che il Gabinetto francese, come dissi più sopra, dovrà trasmettere a quello di Madrid.

Il signor Ruiz-Gomez, forse per attenuare l'impressione che poteva produrre in me la fretta con la quale la Spagna voleva riprendere le antiche cordiali relazioni con la Francia, mi osservò che gli interessi materiali della Spagna esigevano imperiosamente di scancellare incomode tracce di malintesi onde prevenire quei danni che probabilmente sarebbero occorsi conservando un atteggiamento arcigno.

Oltre la considerazione dovuta a quest'interessi materiali, degni, come qui si crede, d'essere tutelati anche con qualche sacrifizio d'amor proprio nazionale, a mio avviso altri motivi inducono il governo spagnuolo a questa condotta. Ruiz Zorilla, benché debbasi credere che non mantenga col governo francese aperte intelligenze, ne mantiene senza dubbio con personaggi dell'influenza dei quali il governo non può assolutamente affrancarsi. Zorilla avrebbe dunque insinuato alle persone a cui alludo, il vantaggio ch'essi trarrebbero se la Francia venisse accerchiata da Stati retti a forma repubblicana, i cui interessi si fonderebbero per necessità col suo. La Spagna e l'Italia, trasformate in repubbliche non esiterebbero a porre i loro eserciti a fianco di quelli francesi e quindi uniti potrebbesi tentare la rivincita con la Germania e conquistare l'antico primato rivendicandone tutto il merito la Repubblica. Questi tenebrosi calcoli in mira eziandio della caparbietà di chi ne è l'autore, il quale non indietreggia innanzi alle più arrischiate intraprese, hanno per effetto di spingere il presente governo di Spagna a qualsiasi mi<;ura mercé la quale si possa sperare di allontanare alquanto il pericolo togliendo al governo francese un pretesto immediato per congiurare ai danni del trono di Spagna. In appoggio di questo concetto il ministro di Stato mi citava il contegno prudente osservato dalla monarchia spagnuola allorquando sullo scorcio del secolo XVIII la Repubblica francese perturbava presso che tutta l'Europa.

Il duca della Torre accettò con grande compiacimento la nomina ad ambasciatore, né minore è il compiacimento del governo con lo sbarazzarsi d'un personaggio molesto a tutti i partiti per la irrequieta sua ambizione.

Il ministro di Stato parlando del viaggio del Re Alfonso in Germania respinse qualsiasi significato di un riavvicinamento politico particolare fra i due Stati, senza però negare che l'incontro contribuì a sviluppare reciproca

simpatia in ambo i Sovrani. Insistette a più riprese sul concetto che la Spagna deve studiarsi di mantenere buoni rapporti con tutti gli Stati prevalendo l'amicizia con quelli che fanno corona al Mediterraneo e che, conseguentemente hanno con essa identici interessi.

In ulteriori colloqui col ministro di Stato, e dopo che mi si era comunicata la notizia della prossima visita del principe imperiale di Germania, potei accertarmi che questa riuscì assolutamente improvvisa alla Corte ed al ministero. Anzi parmi scoprire dalle parole del ministro che la fretta con la quale la Germania prese questa decisione destava qualche diffidenza come si fosse da aspettarsi una pressione per distornare l'intrapresa conciliazione con la Francia. Il signor Ruiz-Gomez contraddisse vivamente l'interpretazione che alcuni fogli tedeschi, più o meno officiosi, vogliono dare a questa visita, la quale, come disse il ministro, non può essere considerata non altro che un atto di semplice cortesia senza che possa trarre seco speciali conseguenze politiche sopratutto quella d'incagliare l'avviamento dei buoni rapporti con la Francia, e così erasi risoluto per parte del ministero di mantenere un contegno riservatissimo.

Entro un paio di giorni è atteso di ritorno al suo posto l'ambasciatore di Francia, Barone des Michels.

728

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE RISERVATO 216. Parigi, 13 novembre 1883 (per. il 17).

Mi valgo dell'opportunità della partenza per Roma del corriere cavalier Signoroni per somministrare all'E. V. alcune informazioni che sarebbe meno prudente di affidare alla posta, benché io non intenda con ciò mettere in dubbio la rettitudine dell'amministrazione francese.

Anzitutto riferirò a V. E. un fatto già lontano, ma che ha tuttora un significato di qualche importanza; esso si riferisce al signor Gambetta. Prima che fosse costituito il cosidetto gran ministero di cui era capo, egli, proponendosi di fare in Germania il viaggio di cui molto si parlò nel tempo, diede incarico ad un intermediario di dire al principe di Bismarck, che avrebbe desiderato di avere con lui una conferenza, non per trattare di cose banali, ma specialmente per parlare delle condizioni fatte alle due provincie annesse all'Impero, cioè l'Alsazia e la Lorena; lo pregava ad un tempo di fissare l'epoca ed il luogo del convegno. Il principe di Bismarck non diede alcuna risposta a quell'entratura.

Intanto il gran ministero si costituì, entrò in scena, e dopo breve vita, cadde al principio del 1882. Il signor Gambetta, quantunque da principio alquanto scosso da quell'insuccesso, ripigliava autorità in Francia, quando nel mese di settembre od ottobre dello stesso anno, venne introdotto presso di lui, dal principe Hohenlohe, un barone Henckel, che a nome del principe di Bismarck gli partecipava che l'epoca in cui egli (signor Gambetta) chiedeva la conferenza anzidetta, non era sembrata propizia, ma che le condizioni d'Europa essendosi dopo d'allora modificate, il principe si dichiarava disposto a recarsi al chiesto convegno. Il signor Gambetta accettava l'invito, alla condizione che si trattasse specialmente dell'Alsazia e della Lorena; il principe di Bismarck acconsentiva e fu inteso che in tempo opportuno i due interlocutori sarebbero convenuti in qualche stazione balneare, dove si sarebbero potuti prendere alcuni impegni, i quali però non sarebbero stati esecutorii che dopo la morte dell'Imperatore.

Nell'intervallo moriva il signor Gambetta, e si ignora se i suoi amici politici, che sono attualmente al potere, abbiano ereditato di quel progetto. Ma vi ha un fatto dal quale si può dedurre, che l'idea anzi esposta non fu del tutto allora abbandonata. Qualche tempo fa il Times pubblicava una serie di articoli assai violenti contro la Germania. A questi articoli fu risposto dal giornale del principe di Bismarck (la Norddeutsche Allgemeine Zeitung) che l'Inghilterra non doveva mostrarsi troppo arrogante, imperocché, se essa faceva assegnamento sull'appoggio della Francia, correrebbe rischio d'ingannarsi, poiché non sarebbe impossibile che un giorno o l'altro la Germania si unisse alla Francia per resistere alle prepotenze mglesi.

Quell'incidente della vita politica di Gambetta venne narrato da un amico intimo di quell'uomo di stato ad una persona in cui ho piena fiducia, e che me lo ripetè confidenzialmente.

L'E. V. è più di me in grado di apprezzare, l'importanza che può avere attualmente il fatto anzi esposto. Tuttavia mi pare che dopo gli insulti testé fatti in Parigi al Re Alfonso, perché colonnello prussiano, sarebbe difficile, almeno per il momento, che si riprendesse il progetto del signor Gambetta, specialmente ora che, per rispondere a questi insulti, l'Imperatore Guglielmo manda in modo così solenne il principe ereditario di Germania a restituire in suo nome la visita al Re Alfonso in Madrid. Inoltre non può ispirare gran fiducia all'estero per la politica del ministero attuale, che mostrò tanta debolezza ed insufficienza per frenare il popolaccio in quella deplorevole circostanza. Si aggiunga che l'ultimo incidente del marchese Tseng non è certo tale da rialzare il prestigio del ministero; si accusa bensì il ministro cinese di aver preso i giornali per confidenti di cose che dovevano essere comunicate per la via ufficiale, ma egli a sua volta si lamenta perché si sono alterate e nascoste le dichiarazioni che egli faceva a nome del suo governo, e sovratutto perché il presidente del Consiglio, per ottenere un successo parlamentare, si è valso improvvisamente di un telegramma oramai riconosciuto inesatto e senza valore alcuno.

Tutto ciò non è certamente fatto per rinforzare la posizione del ministero nell'opinione pubblica. Tuttavia esso, quantunque esposto ai capricci della Camera rimarrà ancora al potere, poiché, come già lo scrissi alla E. V., una crisi ministeriale darebbe il crollo a molti interessi ed a speculazioni, nelle quali non pochi membri del parlamento trovansi pure impegnati.

Per costituirsi una maggioranza più decisa, il ministero si è, a dir vero, riavvicinato al centro destro; esso si mostra molto autoritario; ciò è nella

natura degli uomini che lo compongono, alcuni dei quali sono imbevuti delle tradizioni di qualche partito della prima rivoluzione, noto per le sue esigenze dittatoriali. Il ministero per altro ha sempre qualche legame coll'estrema sinistra, e lo mantiene applicando la celebre sentenza di Gambetta: «Le Cléricalisme, c'est l'ennemi ».

Intanto il signor Challemel-Lacour, la cui salute è realmente in pessime condizioni, si è preso alcune settimane di congedo. Si suppone, e non senza ragione, che il signor Ferry, che ne fa attualmente le veci, desideri che quello abbandoni il portafogli. Benché ambidue siano propugnatori ardenti della politica coloniale, il signor Challemel-Lacour è forse più compromesso in essa che non il signor Ferry, specialmente per la questione del Tonkino. Gli si rimprovera di avere sconfessato il signor Bourée, per il suo progetto di accomodamento colla China che avrebbe dato sufficiente soddisfazione all'amor proprio della Francia, e le avrebbe evitato di avventurarsi in un'impresa irta di difficoltà e d'incertezza; per cui se qualche ministro deve essere sacrificato al Tonkino, questo sarà il signor Challemel-Lacour.

Tutte queste circostanze, congiunte ad una condizione economica interna ben poco prospera, e all'isolamento politico all'estero destano molti malumori in questo popolo, che ha certo molte qualità, ma ha pure i suoi difetti, fra i quali una suscettibilità estrema. Crederei perciò opportuno per parte nostra di contribuire a calmarla, cogliendo un'occasione di pronunziare qualche benevola e rassicurante parola per la Francia, in vista dei grandi interessi finanziari che abbiamo impegnati in questo paese e specialmente sulla piazza di Parigi (1).

729

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TUGINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3351. Berlino, 15 novembre 1883 (per. il 19).

Al suo passaggio per questa capitale S. E. il signor di Giers, ministro deglt Affari Esteri di Russia, ebbe ieri l'altro l'onore di essere ricevuto in udienza particolare da S. M. l'Imperatore; e ieri, dopo essersi abboccato con questo segretario di Stato, partì per Friedrichsruhe ove si recò a visitare il principe di Bismarck. A quanto mi si assicura, il signor Giers da Friedrichsruhe si recherà direttamente per Amburgo in Svizzera senza più ritornare a Berlino e senza passare per Vienna.

Da una persona assai autorevole, che ha avuto agio di conversare col signor di Giers, mi sono state fornite le seguenti informazioni, che mi sembrano tali da porgere un concetto abbastanza preciso ed esatto dello scopo della duplice visita fatta dal ministro russo a Berlino ed a Friedrichsruhe.

Il signor di Giers confidò al suo interlocutore che egli erasi recato a Berlino con l'ordine espresso di S. M. l'Imperatore Alessandro di dichiarare allo Imperatore Guglielmo ed al suo governo che l'Imperatore di Russia è animato dal più vivo e sincero desiderio di concorrere con tutta lealtà alla conservazione della pace e di mantenere e consolidare con la Germania e gli amici di questa le strette relazioni di amicizia esistenti fra i rispettivi Paesi. Aggiunse inoltre che tali assicurazioni pacifiche egli era stato incaricato di porgere nel modo più caldo ed esplicito tanto a Berlino quanto a Friedrichsruhe.

Ma se la Russia si addimostra cosi calda partigiana della pace e ad un tempo così tenera dell'amicizia della Germania, e perché mai, obbiettò I'interlocutore, essa non fa altro passo più oltre e non entra addirittura nella grande triplice alleanza delle Potenze? Alla qual cosa il signor di Giers non esitò a rispondere che il Gabinetto di Pietroburgo non esiterebbe a dare codesto passo, laddove non glielo impedissero certi ostacoli, che l'Austria-Ungheria gli ha frapposti in oriente. Malgrado ciò, la Russia è risoluta di fare ogni sforzo per rendere. anche da quella parte, agevole un modus vivendi che rassicuri gli animi in Europa. E difatti per ciò che concerne le faccende della Bulgaria, la Russia è volenterosa a concorrere con sincerità di propositi a ristabilire uno stato normale di cose, il quale sia fecondo di buoni frutti nell'interesse di quella contrada

Tali sono le idee che il signor di Giers avrebbe manifestato al suo interlocutore, e tale il linguaggio che avrebbe tenuto, sia col conte di Hatzfeldt, sia col principe di Bismarck.

Se non che è mio debito di far cenno all'E. V. di una supposizione messa qui innanzi da taluno a questo proposito. E' stato supposto che il signor di Giers sia venuto a Berlino con la missione speciale di ottenere il voto favorevole del governo imperiale nell'intento di allontanare dalla Bulgaria il principe Alessandro.

Ora, a me pare codesta una supposizione assurda; attesoché se mai la Russia nutrisse davvero siffatto disegno, non sarebbe questo il momento più acconcio per tradurlo in atto, oggi che il principe Alessandro, in seguito al suo recente contegno verso gli ufficiali russi, è così ben accetto ai Bulgari.

Ma qui è lecito domandarsi: se la missione del signor di Giers in Germania non aveva alcuno scopo speciale da raggiungere, a che prò il Gabinetto di Pietroburgo ha fatto qui rinnovare e ribadire, in forma assai accentuata, le sue assicurazioni pacifiche e le sue calde proteste di amicizia verso la Germania? Non mi par malagevole la risposta.

Grazie alla sua costante condotta, che rimonta alla stipulazione del trattato di Berlino, il governo russo ha continuamente suscitato le più vive diffidenze presso la Germania e l'Austria-Ungheria a proposito delle cose orientali. E' risaputo che la Russia considera il trattato di Berlino come un'opera lesiva dei propri interessi vitali. A premunirsi contro i pericoli di una guerra, a cui la Russia, sopraffatta dalle tendenze panslaviste, potrebbe essere trascinata in odio a quel trattato, l'Austria-Ungheria e la Germania si strinsero in alleanza fra loro. Né mi par plausibile, sia qui. detto di passaggio, che la Russia possa mai entrare a far parte di siffatta alleanza; poiché se questa fu eretta appunto contro di essa, la Russia non vi potrebbe trovar posto. Ora l'esistenza di una simile alleanza che con l'andar del tempo si è venuta ingrandendo (Italia, Rumenia e Spagna), ha dovuto impensierire il Gabinetto di Pietroburgo, il quale ha potuto pure convincersi come i due suoi potenti vicini non cessano di tener d'occhio ogni suo atto. Le censure che la stampa tedesca e l'austriaca rivolgono assiduamente alla stampa russa, accusata d'istigare gli odii contro i suoi vicini; il linguaggio non meno vivace tenuto testé dal conte Kalnoky dinanzi le delegazioni ungheresi; i dislocamenti di truppe tedesche verso la frontiera orientale della Prussia; e infine il viaggio del principe imperiale di Germania in !spagna, mal gradito tanto a Parigi quanto a Pietroburgo; tutte queste circostanze hanno contribuito insieme a far nascere nell'animo dell'Imperatore Alessandro tale sentimento di inquietudine da invogliarlo a cogliere presto una occasione propizia per cercare di dissipare ovvero scemare le diffidenze destate dalla Russia presso i suoi due vicini. E' inoltre manifesto che se le due Potenze centrali sono pronte, se provocate, ad accettare la guerra, la Russia non è in condizioni tali da sostenere con vantaggio la lotta. All'interno quel vasto impero è lacerato dalle sette; precarie, anzi deplorevoli, sono le condizioni economiche e del pubblico erario; e le sue milizie difettano di discipline e di una solida organizzazione. Sicché, non mi par giudizio avventato l'affermare che il timore di attirarsi addosso una guerra da parte dei suoi due vicini, cosi ben preparati e disposti alle offese, ha spinto oggi l'Imperatore Alessandro a fare le più aperte e calde dichiarazioni di amicizia presso il Gabinetto di Berlino.

Finora non si sa se il signor di Giers, ritornando dalla Svizzera, ripeterà codeste assicurazioni anche al Gabinetto di Vienna. Ad ogni modo, ciò che è stato detto qui, si può considerare come detto eziandio a Vienna O).

(l) Allegata al presente rapporto si trova la seguente annotazione di Malvano: «Ringra·ziare di questo rapporto, il quale, comunque principalmente retrospettivo, ha però uno speciale interesse. In quanto concerne la situazione presente degli animi in Francia e la opportunità di calmare la suscettibilità estrema che è la presente caratteristica della situazione costi; il R. ambasciatore può essere certo che nulla tralascieremo per evitare, non solo, ciò che possa dare menomamente ombra, ma non negligeremo occasione alcuna per pronunciare parole benevoli e rassicuranti conformi, del resto, ai nostri veri e schietti intendimenti». In base a tali istruzioni venne redatto il D. 173 del 18 novembre, indirizzato all'ambasciata a Parigi, non pubblicato.

730

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, ZANNINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 974. Pietroburgo 16 novembre 1883 (per. il 23).

S. E. il signor di Giers lasciò Pietroburgo domenica scorsa per recarsi a Montreux presso la sua famiglia. Mi diedi premura di annunciare preventivamente, anche per telegrafo, all'E. V. (2) ch'egli si fermerebbe a Berlino, sa

D. -1451 del 21 novembre, indirizzato all'ambasciata a Vienna, non pubblicato.

rebbe ricevuto dall'Imperatore Guglielmo ed avrebbe veduto il principe di Bismarck. Tale fermata del signor di Giers era tanto più indicata, ora che dopo i recenti discorsi alle delegazioni del conte Kalnoky, il Gabinetto di Pietroburgo si è, credo, sempre più convinto della necessità di mantenersi in stretta unione alla vicina corte di Berlino e di fare assegnamento sull'appoggio del cancelliere tedesco, il quale, almeno cosi qui si afferma, ha sempre dimostrato all'attuale governo della Russia un'amicizia sicura e leale.

Il signor di Vlangaly, il giorno della partenza del signor di Giers, mi disse che la visita al principe di Bismarck non era peranco combinata con certezza, e che, essendo questi convalescente, poteva darsi ne succedesse un qualche indugio; nel quale caso il signor Giers, desiderando giungere presto a Montreux, avrebbe proseguito per la Svizzera, rimettendo l'incontro a qualche altra prossima occasione. Queste parole mi parvero però dettate da una prudenza, forse eccessiva, per il caso di qualche contrattempo, giacché non concordavano interamente con quanto mi risultava da altra parte ed avevami pure lasciato arguire lo stesso signor di Giers.

Non dubito che i recenti discorsi del conte Kalnoky e gli eventuali impegni della Germania verso l'Austria avranno formato uno dei principali argoment1 delle conversazioni in Frlederichsruhe tra i due uomini di Stato. Anzi, se le mie informazioni sono esatte, a Berlino si sarebbe già dichiarato verbalmente al signor Saburov non esistere alcun accordo speciale contro la Russia. Gli impegni sono presi soltanto in genere contro qualsiasi Potenza che si acCfiìgesse ad una guerra d'aggressione. Si possono dunque ritenere assunti più particolarmente in vista di un'altra eventualità che quella di una guerra austrorussa.

Il signor di Giers ha l'intenzione, a meno di motivi imprevisti, di prolungare il suo congedo fino a dopo Capo d'anno. E durante la sua assenza il consigliere privato signor di Vlangaly rimane incaricato della direzione del ministero imperiale degli Affari Esteri.

(l) -Allegata al presente rapporto vi è la seguente annotazione di Malvano: «Ringraziare per questo rapporto assai interessante, facendo però notare non essere esatto, là dove dice che l'alleanza austro-germanica si è venuta ingrandendo con l'estendersi all'Italia, la Rumaaia e la Spagna. Qual sia a questo riguardo la vera situazione consta dalle notizie che l'ambasciata possiede e da quelle che le si vennero fornendo dal ministero in questi ultimi tempi.Segnar ricevuta anche del rapporto successivo». In base a tale istruzioni venne redatto il (2) -T. 137 de11'8 novembre 1883, non pubblicato.
731

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

L. P. Vienna, 18 novembre 1883.

Non saprei come meglio chiarire la situazione esistente attualmente fra la Russia e l'Austria-Ungheria, ed avvalorare al tempo stesso gli apprezzamenti che al riguardo delle possibilità di una non lontana guerra ebbi a sottometterle in questi ultimi tempi, che riferendole una conversazione avvenuta fra il conte Kalnoky ed il principe Lobanov tre giorni or sono, e di cui io ebbi contezza in maniera da non poterne porre in dubbio l'esattezza.

Il principe Lobanov con quel suo fare apparentemente leggero, diceva al conte Kalnoky, ch'egli non riusciva a vedere cosa può dare un carattere di tensione alle relazioni fra i loro due Paesi.

Il conte Kalnoky senza esitare rispondevagli che quella causa sembrava a lui abbastanza appariscente essendo essa essenzialmente, gli esorbitanti preparativi militari che la Russia fa lungo il confine austriaco «absolument comme si on était à la veille d'une guerre >> le truppe lungo quella zona essendo in si straordinario numero, che come è ben noto più non si riesce a trovar loro alloggio; ed inoltre gli fece menzione di una ricognizione generale lungo il confine che stanno in questo momento eseguendo gli ufficiali di Stato Maggiore; a cui non si può affibiare il pretesto di una semplice escursione d'istruzione, poiché simili esercizi tutti gli eserciti sogliano farli nella bella stagione, e non durante l'inverno.

Il principe Lobanov si limitò a rispondere, che non intendendosi egli affatto di cose militari non era in grado d'intavolare una discussione su quella speciale questione del tutto tecnica, ma che ciò che ben sapeva e poteva dirgli si era, che quanto militarmente si è fatto in Russia verso la frontiera occidentale dell'Impero in questi ultimi tempi altro non è, se non l'esecuzione dei divisamenti già manifestati in passato dagli Imperatori Nicolò ed Alessandro II, e da loro lasciato come progetto in corso d'esecuzione.

Questa spiegazione non persuase naturalmente il conte Kalnoky, che nel raccontare la conversazione avuta alla persona da cui mi fu riferito aggiungeva: «Non dubito affatto degli intendimenti pacifici dello Tzar, ma constato che quelli che stanno attorno a lui, vanno grado e grado creando una situazione militare che condurrà l'Imperatore alla guerra senza che neppure il giorno prima egli abbia avuto campo d'accorgersene, e cosi avremo una guerra procurata dai militari contrariamente agli intendimenti de' Sovrani e degli uomini di Stato».

Come di ragione prego l'E. V. a voler ritenere la presente relazione unicamente per personale sua informazione: credo però di dover far rilevare, che il conte Kalnoky nei suoi discorsi meco intorno alla Russia, si è espresso le più volte in un senso precisamente conforme al linguagio da lui tenuto col pricipe Lobanov, linguaggio ed apprezzamento che mi risulta corrispondere pienamente a ciò che si dice e si pensa a Berlino.

732

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1416. Vienna, 20 novembre 1883, ore 16 (per. ore 17,25).

Kalnoky m'a dit que d'après télégramme que prince de Reuss lui a communiqué il lui résulte que Bismarck a été très satisfait de ses entretiens avec Giers, qui lui ont laissé impression de la sincérité des sentiments pacifiques de la Russie à l'égard de ses voisins. Kalnoky m'a ajouté qu'il n'en doute pas mais que cependant l'enorme concentration -de troupes russes à la .frontière autrichienhe et le va-et-vierit. auquel se livre est, fait pour tna!ntenir inquif>tude. Ce qu'il a dit aujourd'hui meme à ambassadeur de Russie.

733

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BRUXELLES, GERBAIX DE SONNAZ

D. 43. Roma, 20 novembre 1883.

Ringrazio Vossignoria per le importanti notizie trasmessemi col rapporto del 14 novembre sulla questione del Congo (1).

La presidenza dell'istituto di diritto internazionale mi ha comunicato, con lettera del 26 ottobre, la risoluzione votata nella sessione di Monaco, colla quale si esprimeva il desiderio che il principio della libera navigazione fosse applicato a quel fiume ed ai suoi affluenti, e che le Potenze addivenissero ad un accordo per prevenire i conflitti fra Nazioni civili nell'Africa equatoriale. Risposi, il 7 novembre, che sarei stato lieto di contribuire, per parte mia, ad uno scambio d'idee colle altre Potenze, affinché la risoluzione dell'istituto fosse presa in considerazione. Ed infatti, considerato sotto un aspetto generale, i principii proclamati del detto istituto hanno tutte le nostre simpatie, e l'adesione del R. governo è loro assicurata. Ci riserviamo naturalmente di studiare i casi speciali che, nelle eventuali trattative diplomatiche, fossero per presentarsi, ma siamo intanto lieti di riconoscere che l'istituto ha preso una via pratica, sulla quale non sembra impossibile che le Potenze possano riescire ad un'intesa. E tale accordo è da ritenersi probabile per quanto riguarda la libera navigazione del Congo, poiché lo stesso Portogallo, pur rivendicando diritti di sovranità sui territori bagnati dalla parte inferiore del fiume, ha dichiarato nella sua circolare che a quel principio si sarebbe attenuto.

Mi pregio trasmettere a Vossignoria un rapporto, testé pervenutomi dalla regia legazione a Lisbona (2), che conferma le voci corse di recenti occupazioni portoghesi al Congo, e nell'assicurarla che ogni notizia su questa importante questione mi riuscirà oltremodo gradita.

734

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, ZANNINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 972. Pietroburgo, 20 novembre 1883 (per. il 3 dicembre).

Credo di essere in grado di riferire all'E. V. con qualche esattezza il carattere della visita fatta dal signor di Giers al principe di Bismarck. Era natu

rale,_ dacché S. E. doveva passare da Berlino, che si fermasse a Friedrichsruhe; il contrario sarebbe stato commentato come indizio di meno buoni rapporti tra i due imperi limitrofi. Tornava inoltre utile, dopo il discorso del conte Kalnoky, per contrabilanciarne in qualche modo gli effetti, di affermare l'amicizia con la Germania. Il signor di Giers è l'uomo di stato a ciò più adatto; nessuno è più di lui persona grata a Berlino ove l'Imperatore ed i principi lo colmano sempre di gentilezze e di prove di stima.

Il signor di Giers non ha peranco inviato qui alcun rapporto sulle conversazioni di Friedrichsruhe. Lo redigerà soltanto al suo arrivo a Montreux. Ma ha spedito, a quanto mi consta, due telegrammi all'Imperatore, che constatano l'accoglienza soddisfacentissima che gli hanno fatto l'Imperatore Guglielmo, il principe imperiale di Germania ed il principe di Bismarck, nonché il reciproco desiderio dei due governi di rispettarsi e di progredire d'accordo nella soluzione delle questioni politiche. Se le mie informazioni sono esatte, qui non si sospetta che l'Austria si accinga adesso a nessun atto direttamente contrario al trattato di Berlino, come sarebbe, per esempio, l'annessione definitiva della Bosnia e della Erzegovina.

Inquanto alle parole rivolte dal conte Kalnoky alle delegazioni, per quanto siano riuscite ingrate a questo governo, pure non conviene nemmeno esagerarne l'importanza, né scorgervi l'idea di preparare il terreno ad una guerra a primavera. «Sonovi -dicevami l'altro giorno in una conversazione privata un alto impiegato dello Stato --due Kalnoky; l'uno nel Gabinetto, verso il quale finora non abbiamo lamenti seri da opporre; l'altro nelle delegazioni. Ogni discorso nel loro seno lo impensierisce prima, non essendo avvezzo a parlare in pubblico; ignora l'arte dell'oratore di fare intendere le cose senza chiamarle col loro nome, od anche affermando il contrario dell'impressione che si vuol produrre; così è che possono le sue dichiarazioni a bruciapelo dare origine a qualche inconveniente. L'Austria può avere quanti alleati vuole; ciò non ci riguarda, né ci offende, ma non so se anche questi alleati approveranno ch'egli abbia affermato pubblicamente che essi si faranno vivi appunto nel caso di una guerra contro di noi. D'altra parte ci si afferma invece che questa alleanza non è che difensiva e non specialmente diretta contro la Russia».

In questo stato di cose io non dubito che la visita fatta dal signor di Giers al principe di Bismarck e al conte Hatzfeldt avrà contribuito a rasserenare l'orizzonte politico e a diminuire il cattivo effetto prodotto preSso questo governo dalla frase del discorso del conte Kalnoky concernente il caso di una guerra austro-russa. Mi è però d'avviso che siffatta visita nel fondo lascia le cose come le ha trovate. Il signor di Giers non è stato, come si è detto, latore di nessuna lettera dell'Imperatore Alessandro per l'Imperatore Guglielmo, né era conveniente il fare palese tutta la commozione provata per il suddetto incidente parlamentare. S. E. non si è nemmeno accinto, credo, l'altro giorno a Friedrichsruhe a nessuna soluzione definitiva di qualche questione pendente. L'anno scorso la sua conferenza a Varzin col principe di Bismarck durò nove ore; non è probabile che questa volta nuove importanti questioni siano venute ad aggiungersi a quelle in allora trattate.

Ciò che il signor di Giers non riesce a vincere si è la sfiducia del principe di Bismarck verso la Russia; si ha piena fiducia personalmente in lui, ed ora si comincia ad averla anche nell'Imperatore Alessandro. La si ha negli attuali ministri, ma si dice: «nel 1877 l'Imperatore Alessandro II ed il principe Gorcacov non volevano la guerra; eppure vi foste trascinati. Lo stesso può tornare a succedere; crediamo alle vostre parole, alle vostre intenzioni, ma non alla vostra forza nel Paese; né sappiamo ciò che la Russia farà domani sotto l'impressione di complicazioni inattese od improvvise ».

Aspetterò la venuta del prossimo corriere per fare pervenire questo rapporto all'E. V.

(l) -R. 114, non puoblicato. (2) -R. 540 del 12 novembre 1383, non pubblicato.
735

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2006. Vienna, 21 novembre 1883 (per. il 26).

Essendomi recato ieri dal conte Kalnoky al suo ebdomadario ricevimento,

S. E. dissemi risultargli da un telegramma comunicatogli dal principe Reuss, essere il principe di Bismarck rimasto molto soddisfatto dei suoi colloqui col signor de Giers, avendone ricevuto l'impressione, che i sentimenti della Russia a riguardo dei suoi vicini sono sinceramente pacifici.

Il conte Kalnoky aggiungevami, che dal canto suo del pari non dubitava di quei sentimenti pacifici del governo dello Czar; ma ciò non di meno non poteva tacere, che la disproporzionata concentrazione di forze russe al confine austriaco, che è giunta a tal punto da non più trovarsi mezzo per alloggiare tutte quelle truppe in Polonia, ed il continuo loro andirivieni, sono fatti che non possono a meno di mantenere viva l'inquietudine intorno all'avvenire: locché egli ebbe a dire al principe Lobanov che era stato ricevuto prima di me.

S. E. però conchiudeva il suo discorso meco, ritornando sulle dichiara-o zioni da lui fatte dinanzi alla delegazione ungherese e mostrava felicitarsi che stando a quanto gli risulterebbe esse sono in oggi meglio apprezzate in Russia e si comincia a capire che le sue parole nulla contenevano di ostile, ed anzi erano state ispirate dai più pacifici sentimenti; opinione però questa che constami non essere divisa dall'ambasciatore di Russia qui.

Credo non inutile menzionare qui, che già otto giorni fà il conte Kalnoky ebbe a tenere parola al principe Lobanov della poco buona impressione che desta quella straordinaria concentrazione di truppe russe al confine, e gli fece anche menzione di una ricognizione lungo la frontiera, a cui attendono attualmente ufficiali dello Stato Maggiore russo, operazione che la poco propizia stagione non permette di spiegare come di consueto in simili casi siccome una di quelle solite esercitazioni d'istruzione in uso presso tutti gli Stati maggiori.

Evidentemente per ora quelle osservazioni non rivestono carattere formale di sorta, ma il giorno in cui per altre cause le relazioni fra i due Imperi venissero ad esacerbarsi, facilmente esse potrebbero mutar forma, e condurre a gravi conseguenze come tanti passati esempi li dimostrano.

736

IL MINISTRO A BUCAREST, TORNIELLI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

L. P. Bucarest, 22 novembre 1883.

Le mando in piego aperto alcuni rapporti che ella mi vorrà usar la cortesia di unire ai suoi in una prossima spedizione al ministero. Gliene anticipo vive grazie.

Vedrà che non divido pienamente le impressioni che si hanno o si mostrano a Vienna circa la Rumania. Ritengo per fermo che qui nulla è mutato. Si sarebbero gettati nelle braccia della Russia se ve li avessero forzati, ma non si legheranno a nessuna se si lasciano stare in pace. Naturalmente nel linguaggio ufficiale si prende per buona moneta le dichiarazioni pacifiche, ma si continua ciondimeno a temere prossime complicazioni che potrebbero mettere in ostilità i due grandi vicini. Si è contenti della sospensione ottenuta nella vertenza danubiana, ma se la questione prendesse di nuovo un carattere acuto, s'incontrerebbe la medesima resistenza. Abbiamo reso, mi diceva ultimamente il Re, un grandissimo servizio a tutti gli Stati secondari di Europa col resistere, come abbiamo fatto, alle decisioni dell'Europa. Abbiamo dimostrato che i diritti dei piccoli Stati non sono cosa di cui possano disporre a lor talento i grandi. E siccome il Re soggiungeva: ciò dico intenzionalmente a voi perché anche il vostro Paese ha dimenticato che i nostri diritti non potevano essere dati ad altri senza la nostra volontà, io di ripiego gli dissi: Sire, si è sempre piccoli rimpetto a maggiori. L'arte della diplomazia consiste nel non dimostrare di essere tali.

Però se per parte del Gabinetto di Vienna si userà maggior conciliazione che per lo passato, le cose procederanno sul piede attuale abbastanza tranquille ed è il massimo del desiderabile.

Un vezzo dei ministri aulici è quello di credere che dove la diplomazia austriaca non riesce, dell'insuccesso è causa l'intrigar d'altri agenti esteri. Sarebbe più vero e più onesto il rendersi invece conto delle simpatie che la monarchia austro-ungarese ispira alle masse popolari le quali, lo si voglia

o no, pesano sulla condotta dei governi parlamentari. Comunque sia il certo è che qui la diplomazia di nessun Paese sarebbe in grado di esercitare una contro azione, sia perché dopo la conferenza di Londra nessuno avrebbe voce per farsi ascoltare, sia perché in realtà nessuna Potenza in questo momento sembra voler assumersi il fastidio di contrastare il passo all'Austria. La Russia ha i suoi fervidi partigiani, ma non se ne serve. Quando volessf:' fare sul serio, avrebbe ben altre corde da far vibrare.

50 -Documenti diplomatiet -Serle II -Vol. XV-XVI

Non sono in troppa buona salute. Per questo motivo non mi sono ancora mosso di qui dove avea anche qualche affare di secondaria importanza da accudire. Fui invitato, per vero dire ad anticipare anziché a ritardare la mia andata in Italia per lavorare alle coincisioni ministeriali di riordinamento del nostro dicastero; ma, edotto dall'esperienza, risposi che mi segnalasse la data di convocazione e farei il possibile per assistervi. Penso che l'onorevole Cairoli presidente della Commissione avrà altro a pensare ln questi giorni che a convocarci in consiglio alla Consulta. Non mi rassicura cw che accade in Italia nei circoli parlamentari. Ritengo che la politica estera sia quella che correrebbe minori pericoli. Si può differire sul metodo, non sulla linea da seguire. Ma nella politica interna non vorrei che si andasse per ora più in là. Si è fatto assai più cammino che non lo si sarebbe voluto per quella fatalità di rimorchio che si produce dove nessuno vuoi sembrare meno liberale di un altro. Una sosta per la maturazione o per il consolidamento di ciò che si è fatto, sarebbe, a parer mio, necessaria. È dal punto di vista della situazione intorno che a me pare si debbano avere le maggiori inquietudini se l'abilità e la salute di Depretis non ci assistono.

737

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 3355. Berlino, 23 novembre 1883 (per. il 26).

Je suis de retour depuis peu de jours de Wiesbaden où j'ai été retenu par l'état de santé de madame de Launay. J'ai vivement regretté d'avoir diì, pour ce motif, renoncer à la satisfaction d'aller en Italie présenter mes hommages au Roi et de me rencontrer avec V. E.

Dans ma visite avant hier au secrétaire d'Etat j'amenais la conversation sur les faits principaux qui se sont passés durant mon absence: entrevue du prince de Bismarck avec le comte Kalnoky; visite du Roi d'Espagne pendant les grandes manoeuvres d'automne; incident scandaleux au passage de Sa Majestè à Paris; contre-visite du prince impérial; déclarations faites par monsieur de Giers à Friedrichsruhe, lorsqu'il traversait rècemment l'Allemagne pour se rendre à Montreux.

Le comte de Hatzfeldt se bornait à des considérations générales conformes à celles données à monsieur le chevalier Tugini et dont celui-ci a rendu compte dans une correspondance bien nourrie qui fournit une nouvelle preuve de son intelligente activité. Le langage que me tenait le sécretaire d'Etat à l'égard de la France, portait l'empreinte d'une certaine amertume bien explicable depuis les déplorables incidents de septembre où l'on insultait à Paris Alphonse XII dans le but évident de faire par ricochet retomber l'insulte sur la personne mème de l'Empereur. Les attaques d'une partie de la presse française avaient envénimé le mal et provoqué de sérieux avertisse ments des journaux les plus autorisés de Berlin. Au reste, les radicaux en France ont obtenu un résultat diamétralement contraire à celui qu'ils visaient. Bien loin de discréditer le Roi d':B;spagne, ils ont fortifié son prestige au delà et en deça des Pyrénécs dans tous les Pays monarchiques. On dirait qu'on est frappé d'un certain aveuglement à Paris, tant on accumule fautes sur fautes. On risque fort d'arriver ainsi au bord du précipice. «Et ce n'est pas nous qui empecherions la chute. Nous sommes trop modestes, ajoutait S. E. sur un ton ironique, pour offrir, camme sauvegarde, notre bras qui d'ailleurs n'est pas demandé. L'essentiel c'est que les commotions intérieures chez nos voisins ne portent aucun préjudice au maintien de la paix, et c'est vers ce but que tous nos efforts continuent à converger ».

Quant à la Russie, le comte de Hatzfeldt se montrait satisfait des assurances données par monsieur de Giers et qui viennent d'etre confirmées par le ministre de la Guerre, monsieur le général Vannovskis, ainsi que je l'ai télégraphié à V. E. 0). Si je suis bien informé, les Cabinets de Vienne et de Berlin se livrent en ce moment aux plus soigneuses investigations pour vérifier la juste mesure des armements de la Russie vers les frontières respectives. On constatera peut-étre qu'ily a eu exagération dans les renseignements fournis jusqu'ici par les agents militaires. Le général Vannovskij prétend qu'il ne s'agit que de précautions dans le but purement défensif. Quoiqu'il en soit, certains indices laisseraient supposer, que le gouvernement russe prépare un travail de dislocation de ses troupes, en vue de dissiper les soupçons de l'Allemagne et de l'Autriche.

Le secrétaire d'Etat, en faisant allusion à la rencontre du prince de Bismarck avec le comte Kalnoky, disait que la situation n'avait été modifiée en rien dans l'étroite alliance, et sur le méme pied, entre l'Allemagne, l'Autriche et l'Italie. Il ne comprenait pas que certains courants chez nous s'appliquassent à des commentaires en désaccord avec le véritable état des choses. Jai fait observer que l'explication se trouvait dans le fait que l'opposition, par esprit de parti, s'évertuait, selon sa coutume dans tous les Pays, à imaginer des griefs contre le ministère. Par un sentiment de discrétion, bien indiquée par les circonstances, V. E. n'avait pu parler qu'avec une extreme réserve sur l'entente à trois. V. E. avait tenu à la Chambre un langage assez identique à celui du comte Kalnoky. Certaines lacunes se produisaient en suite du silence du p1ln~e de Bismarck jouissant en quelque sorte d'un blanc-seing en fait de politique étrangère, et ne devant ainsi répondre à aucune interpellation du parlement. Position très inviable, mais qui avait pour conséquence de laisser planer sur ses actes ou ses dispositions quelque obscurité dont on se prévalait ailleurs pour se livrer à des suppositions sans fondement. Comme la voix de l'Allemagne manquait dans les appréciations politiques de nos accords, les adversaires de notre vouvernement attribuaient ce silence à un manque de parité dans les engagements. La tache de nos ministres en devenait plus difficile. Ils ne gardent pas moins le secret. Mais la tàche leur serait facilitée si dans chaque occasion le Cabinet impérial cherchait, camme nous, en parole et de fait, à marquer son amitié confiance.

Le comte de Hatzfeldt s'empressait de m'assurer qu'il ne pouvait exister aucun doute sur les meilleures dispositions de l'Allemagne envers l'Italie. Il n'expjrlmait ensuite toute la satisfaction éprouvée ici de l'excellent accueil fait au prince impérial à son passage à Genes.

Rien n'est encore décidé sur la durée de son voyage et pour l'itinéraire du retour. Le prince a l'instruction de dire au Roi Alphonse que sa visite n'a d'autre objet que de rencontrer Sa Majestè. Il aurait peut-etre l'intention de faire une excursion en Andalousie, mais il ne réaliserait ce projet que si le Roi le lui conseillait et mème l'accompagnait dans cette excursion.

En vous retournant, ci-joint, diìment signé le récépissé des documents diplomatiques qui m'ont été expediés le 15 courant.

(l) T. 1422 del 21 novembre 1883, non pubblicato.

738

IL MINISTRO A LISBONA, OLDOINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 541. Lisbona, 24 novembre 1883 (per. il 30).

Ho l'onore di segnar ricevuta del dispaccio di V. E. di questa serie, n. 203, in data 12 corrente (l) e mercoledì scorso, giorno dell'udienza ebdomadaria del corpo diplomatico, ebbi propizia occasione per informare S. E. il consigliere du Bocage dell'eccellente impressione prodotta dalla circolare del suo predecessore, signor consigliere di Serpa Pimentel, confermata nel comunicarla ufficialmente al R. governo, dalle dichiarazioni verbali ed esplicite del signor di Carvalho e Vasconcellos, esprimendo in pari tempo al ministro i voti di V. E. acciocché un accordo possa intervenire intorno alla questione del Congo, tra i Gabinetti di Lisbona e di Londra, partecipazione alla quale ebbi cura di dare il carattere officioso, non avendo io l'incarico di dichiararlo ufficialmente.

Il ministro degli Esteri me ne ringraziò molto, incaricandomi anche di ringraziare principalmente V. E., e si mostro lietissimo che il governo del Re abbia apprezzato sì favorevolmente gl'intendimenti del governo di S. M. Fedelissima rispetto al commercio ed alla navigazlOne del Congo, e l'E. V. abbia espresso voti molto pregevoli pel futuro accordo anglo-portoghese.

Il signor du Bocage si compiacque darmi importanti ragguagli, a titolo di reciprocità e d'informazione officiosa, su una comunicazione che si propone fare allorquando saranno in pronto tutti i documenti e rapporti ufficiali sulla recente occupazione portoghese «poiché, soggiunse S. E., dal trattato da noi fatto, tra il comandante della corvetta, il quale ha preso possesso del territorio ed i capi-indigeni che lo possedevano, risultano stipulazioni le quali affermano pienamente le dichiarazioni contenute nella circolare Serpa, e fanno contrasto completo colle intenzioni e disposizioni del comitato Stanley, come ne risulta prova scritta in carte e documenti rinvenuti nel territorio occupato ». Da quanto mi affermò il ministro, consta che il comitato degli studi del Congo

presieduto dallo Stanley, in luogo di aprire al commercio mondiale liberamente questa importante via fluviale, nonché le comunicazioni coll'interno, le riservava esclusivamente a profitto del comitato e delle sue fattorie, con altre restrizioni molto protezioniste « che fanno contrasto completo, ripeté S. E., coi nostri impegni internazionalmente liberali, stipulati all'atto dell'occupazione portoghese», dei quali il signor du Bocage mi fece l'onore di parteciparmi i punti più essenziali.

Pregai il ministro di volermene dare più estesa contezza, ond'essere sicuro nel riferirli officiosamente a V. E., riserbando alla futura comunicazione portoghese il carattere officiale.

Mi pregio quindi di trasmettere nel qui unito foglio gli appunti (l) che l'egregio ministro ha favorito !asciarmi prendere, relativamente ai principali articoli del trattato portoghese coi principi e capi indigeni il quale porta la data del 27 settembre 1883.

(l) Non pubbl!cato.

739

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 3356. Berlino, 25 novembre 1883 (per. il 3 dicembre).

Durant mon séjour à Wiesbaden, je logeais dans le meme hotel que monsieur le général Vannovskij, et j'ai pu entendre quelques unes de ses appréciations sur les rapports entre la Russie et l'Allemagne. Les relations entre les Souverains ne laissaient rien à désirer. Une certaine défiance se manifestait de la part du Cabinet de Berlin donnant trop de valeur à certains articles de la presse, et prenant surtout ombrage des armements et concentrations de troupes dans les provinces occidentales de la Russie. L'ambassadeur d'Allemagne avait interpellé là-dessus. On ne pouvait que lui répondre, et c'était la vérité, que ces mesures avaient un caractère purement défensif, et rentraient dans l'ordre de celles que chaque Etat adopte pour la protection éventuelle de ses frontières. Le général Vannovskij me disait que dans les dernières années de san ministère son prédécesseur, le général Miljutin, s'occupait beaucoup plus de haute politique que de l'organisation de l'armée et de la défense territoriale. Appelé par la confiance de l'Emperem à diriger le département de la guerre, il avait été devolu à lui, général Vannoskij, l'immense tàche de remplir bien des lacunes, de procéder à la construction de casermes, de faire exécuter un plan de fortifications pour établir quelque équilibre avec ce que l'Allemagne pratique à sa frontière de l'Est. Le gouvernement du Czar n'a aucune arrière-pensée agressive. On le suspecte tout-à-fait à tort. Il est vrai que maintenant les préparatifs sont faits pour repousser toute attaque. Mais il ne songe nulle

ment à provoquer ses voisins. C'est à tort qu'on reproche à la Russie de se montrer hostile à la Nation allemande. Ce ne sont que !es allemands à l'intérieur de la Russie, qui jouent le ròle de mécontents. Ils sont en effet très impopulaires et non sans quelque raison. Ils étaient habitués à accaparer !es meilleures places en discréditant, en envinçant des compétiteurs russes comme si ceux-ci appartenaient à une race moins civilisée. L'esprit public à réagi. Il serait injuste d'attribuer ce réveil de l'esprit national à un sentiment hostile à l'Empire d'Allemagne avec lequel on tient au contraire à vivre dans la meilleure intelligence.

Le ministre de la Guerre restait dans son ròle en s'exprimant de la sorte, lors meme qu'il n'aurait pas été entièrement convaincu de la justesse de ses appréciations. Il ne faut cependant pas perdre de vue que le Cabinet de Berlin lui aussi, a arreté un ensemble de mesures, devant etre effectuées en 1884, dans le triple but d'accélérer la mobilisation, decouvrir les chemins de fer et leurs noeuds stratégiques, et de protéger le transport rapide, en lieu de suerté, des haras situés près de la frontière russe, à Prakenen, par exemple, les journaux des Pétersbourg annonçant hautement que dès le lendemain d'une déclaration de guerre la cavalerie russe pourrait s'en emparer d'un coup de main. La mesure la plus importante sera l'augmentation des corps d'armée situés dans les provinces avoisinantes de la Russie. Ce renforcement de troupes n'a été toutefois décidé que lorsque la Russie avait déjà pris les devants. D'ailleurs tout en accueillant avec satisfaction les déclarations pacifiques faites récemment ici par monsieur de Giers et Vannovskij, on ne peut se défendre d'un sentiment de défiance en voyant à la tete du gouvernement de la Pologne le général Gurko appartenant au parti des vieux-russes, et camme chef d'Etat Major un Obrucev bien connu pour ses intrigues à Paris après le Congrès de Berlin.

On ne doute pas ici des intentions amicales du Tsar. Il vient d'en fournir une nouvelle preuve en envoyant un de ses bàtiments de guerre à Genes pour saluer le prince impérial. Cette manifestation a été envisagée camme un acte politique soulignant la signification du voyage de monsieur de Giers à Friedrichsruhe. On doute plutòt de son énergie pour comprimer à la longue des influence qui se font sentir jusque dans son entourage. En outre, l'état intérieur de cet Empire ne présente aucune garantie sérieuse contre le danger d'une divertion à l'étranger pour chercher à se soustraire aux embarras qui résultent de la pression des éléments en ébullition. Chacun est persuadé de la nécessité de réformes. Les gouvernements ne sachant trop par quel bout commencer, hésitent, et la civilisation ne marche pas.

Dans ce Pays elle ressemble à un écuyer qui fait des sauts pour retomber sur sa selle. Son cheval semble avancer, mais il ne fait que le tour d'un cirque étroit, pour revenir constamment à la meme piace.

Quelles que soient les relations actuelles entre la Russie et l'Allemagne, les appréhensions pour l'avenir ont plutòt leur raison d'etre dans les rapports de 1a première de ces Puissances avec l'Autriche. Sans la sagesse du Cabinet de Vienne s'empressant de donner des conseils de modération au prince de Bulgarie, on allait très probablement au devant des plus graves complications, dans

les quelles l'Allemagne, vu ses accords avec l'Autriche, n'aurait pu se tenir à l'écart. Ce sera des Balkans que partira l'étincelle qui mettra le feu aux poudres. si tous les intéressés au mainticn de la paix ne s'appliquent pas à conjurer le danger.

La situation de la France donne aussi matière à bien de préoccupations.

Ses commotions intérieures pourraient avoir un contre-coup à l'étranger.

Dans ces conditions, il serait superflu d'ajouter que l'Italie doit continuer ses armements sur terre e sur mer pour ne pas étre surprise par les évènements, et remplir dignement le ròle qui lui appartient dans la marche du monde. A cet effet il est également indispensable que le gouvernement persévère dans sa conduite d'inspirer confiance à ses alliés dans tous ses actes, surtout s'il s'agissait de rappeler à l'ordre ceux qui voudraient se mettre au travers de notre programme de politique étrangère.

(l) Non pubbllcati.

740

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1026. Cairo, 25 novembre 1883 (per. il 2 dicembre).

Al dispaccio circolare di Cherif Pascià del 1° novembre 1882, col quale esprimeva alle Potenze il desiderio del governo egiziano di veder prolungata per un periodo di cinque anni l'istituzione dei tribunali della riforma, il solo governo britannico non aderì alla proposta, e perciò non fu decretata che una proroga di un solo anno che spirerà il 1° febbraio 1884.

L'incertezza sull'esistenza di questi tribunali, unica e potente garanzia di

tutti gl'interessi europei, cagionò non lievi danni alle colonie ed al Paese.

Ora, l'adesione condizionata data da quel governo all'estensione della giurisdizione dei tribunali misti in Egitto in materia penale, doveva necessariamente aver per conseguenza di aderire a prolungarne l'esistenza. Ed infatti il signor Baring ha dichiarato a Cherif pascià che il suo governo consentiva ad una prolungazione di cinque anni, come ne informai l'E. V. con telegramma del 22 corrente (l).

Nel mio rapporto del 14 corrente mese (2) ho reso conto all'E. V. di una conversazione avuta col signor Barrère, e come la Francia intenderebbe d'insistere per un prolungamento di dieci anni. Persistendo in questo concetto, nuove negoziazioni dovrebbero aver luogo, e l'epoca in cui cesserebbero di funzionare i tribunali è così vicina, che si correrebbe il rischio di aver interrotto il corso della giustizia. Perciò tutto consiglia a profittare delle buone intenzioni del governo inglese, ad accettare la proroga di cinque anni.

(l) -T. 1424, non pubblicato. (2) -Non pubblicato.
741

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3357. Berlino, 26 novembre 1883 (per. il 3 dicembre).

L'arrivée du prince impérial sur le sol de l'Espagne, n'a donné lieu à aucun des incidents facheux auxquels on semblait s'attendre dans certains milieux politiques. La Nation espagnole semble s'etre donné le mot pour faire trève à ses querelles domestiques, si ardentes qu'elles soient, et s'appliquer à recevoir avec la plus grande courtoisie l'Hòte de son Roi, qui est en meme temps un prince d'une rare distinction personnelle et le représentant d'une des premières Puissances de l'Europe. Il ne pouvait en etre autrement et il fallait toute l'illusion de certaines feuilles intransigeantes de Paris pour espérer qu'on allait se brouiller avec l'Empire d'Allemagne uniquement pour leur etre agréable, ou pour manifester en faveur de la République. Si quelques excitations ont été tentées dans ce but, le bon sens des populations à Valence et à Madrid en a fait prompte justice.

On suit naturellement ici avec un vif intéret les incidents du voyage du prince impérial. L'accueil des plus sympathiques qui lui a été fait à Genes, en a été le meilleur prologue.

Je n'ai pas besoin de revenir sur la signification des témoignages d'amitié échangés entre les deux Cours. Je ne puis que me référer au rapport de cette ambassade en date du 12 septembre n. 3316 (1), signé en mon absence par le chevalier Tugini et contenant des déclarations assez explicites du sous-secrétaire d'Etat. Il ne s'agissait aucunement alors, pas plus qu'aujourd'hui, de concerter un pacte d'alliance, d'admettre de plain-pied l'Espagne dans des accords semblables à ceux dont parlait récemment encore le comte Kalnoky davant les délégations austro-hongroises. Les motifs indiqués par monsieur Busch n'ont rien perdu de leur valeur. Personne ici n'a d'ailleurs jamais pressentl une alliance formelle entre l' Allemagne et l'Espagne, camme devant se rattacher aux visites princières. De leur còté, Ies journaux sérieux de Madrid relèvent la résérve obligée du gouvernement de Sa Majesté Catholique dans les conjonctures actuelles. Mais il n'est pas moins vrai que ce Cabinet se trouve maintenant plus rapproché du groupe des Puissances dont le programme vise essentiellement la conservation de la paix. Il n'existe pas de Traité forme!, mais virtuellement l'Espagne se piace du còté de l'Europe centrale, en ce sens du moins que si la France devait se laisser entrainer à attaquer l'Allemagne et à provoquer une guerre de revanche, elle ne pourrait pas compter sur l'appui de ses voisins vers les Pyrénées. C'est, sous une autre forme, ce que Iaissait entendre monsieur Tugini dans son rapport n. 3351 (2) dont V. E. cite un passage dans sa dépeche

n. 1451 du 21 novembre (3), lorsqu'il parlait d'un renforcement de l'alliance

entre l'Allemagne et l'Autriche liguées avec l'Italie pour la sauvegarde de la paix. Dans ses discours le comte Kalnoky, quoiqu'en termes généraux, ne faisait pas mystère de cet accord à trois.

(l) -Cfr. n. 688. (2) -Cfr. n. 729. (3) -Non pubblicato.
742

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3360. Berlino, 27 novembre 1883 (per. il 3 dicembre).

La polémique franco-allemande qui sommeille quelques fois par lassitude, mais que le moindre incident suffit pour réveiller, avait repris une certaine vivacité; lorsque le prince impérial se dirigeait vers Madrid. Les journaux de ce Pays se plaignaient des attaques des gazettes françaises, de leurs appreciations malveillantes sur le voyage du prince Frédéric-Guillaume et de la croisade organisée contre les allemands résidant à Paris. Les français répondaient en renvoyant la balle, en mettant sous les yeux de l'adversaire des citations de ses propres articles, en affirmant que la spécialité de ces attaques est abandonnée par les journaux sérieux aus feuilles de troisième ordre. L'affirmation n'est pas entièrement exacte. Au reste qu'y peut le gouvernement avec la liberté absolue de la presse qui règne en France? Cette guerre intermittente de piume n'est malheureusment pas moins un signe que les souvenirs toujours présents de 1870, se compliquent de questions d'intéréts qui ne contribuent pas à en adoucir amertume. Faut-il s'étonner si l'argent se dérobe, si les affaires languissent aussi longtemps que l'on verra les passions nationales ainsi excitées outre Rhin, et la paix de l'Europe à la merci d'un incident, d'une manifestation, d'un coup de téte de quelqes fous qui auront pris trop à la lettre les frénésies de leur club ou les recommandations de leur journal? Ce qu'il y a de plus surprenant dans cette étrange époque, c'est encore l'étonnement de ceux qui ont poussé à une décadence progressive sans le vouloir, qui la précipitent sans le savoir, et qui s'efforcent d'y échapper sans le pouvoir; hier acteurs inconscients aujourd'hui spectatuers ébahis demain sans doute victimes gémissantes; au demeurant des semeurs de la veille qui moissonnent leur juste récolte.

Ainsi M. Ferry, après avoir usé de tant de condescendance envers les radicaux, voudrait maintenant serrer les freins. Il est fort à craindre qu'il ne parviendra pas à enrayer le mouvement. On ne forme pas moins ici de voeux pour qu'il réussisse à se maintenir au pouvoir, car après lui il passerait aux mains d'hommes d'Etat bien plus dangereux. Ceux-ci saperaient les derniers fondements d'une République déjà fort ébranlée, et accéléreraient le rétablissement de la monarchie qui ne se croirait solidement établie qu'en relevant le prestige de l'armée. Ce serait, selon l'avis du prince de Bismarck, une guerre à courte échéance. Il cherchera donc, autant qu'il peut dépendre de lui, à ne pas créer des embarras à la République, en tàchant en quelque sorte de la galvaniser au moins jusqu'au terme des pouvoirs du président actuel. Et si vraiment les chances devenaient favorables au comte de Paris, il s'appliquera avec son esprit, si fertile en expédients à opérer, sans se compromettre, un mouvement de conversion vers le soleil levant.

Il ne faut se faire aucune illusion. Nous marchons vers des temps sérieux. La situation en Russie et dans les Balkans, par différentes causes, est tout aussi troublée qu'en France. En Russie, on ferme si bien !es écluses à toutes réformes, qui bientòt elles ne seront plus assez fortes pour résister au courant.

Dans la Turquie d'Europe, on ne parvient qu'à grande peine à empecher un choc entre les Puissances les plus intéressées, et à contenir les aspirations locales. En France, la tempete de 1870 a passé comme une rafale sur des eaux basses sans purifier le fond vaseux de la societé. Il est vrai qu'un Pays doté du suffrage universel, d'une liberté illimitée de la presse, et des droits !es plus étendus d'association et de réunion ne saurait à la longue vivre en paix ni avec lui-méme, ni avec ses voisins. La chute de la République aux allures radicales est certaine dans un avenir peut-etre assez rapproché. Mais elle peut encore vivre assez pour causer bien des malheurs à l'intérieur et à l'étranger surtout dans ses dernières convulsions.

Si le chancelier tient à conserver à la France la République, c'est comme on désire conserver à son adversaire une infermité qui le rende mieux entreprenant, mais il existe aussi des maladies qui prédisposent à la folie furieuse contre laquelle on ne saurait trop se mettre en garde. Il faut avoir sous le mains des camisoles de force.

L'Italie devrait en faire ampie provision dans le cas où il prendrait à nos voisins des accès de démence. De concert avec l'Allemagne et l'Autriche et armés de pied en cap, nous serions dans !es conditions voulues pour imposer au besoin la paix. Autrement nous irions au devant de regrets, de déceptions, de repentirs ou de pire encore.

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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

L. P. Costantinopoli, 27 novembre 1883.

Vedo dai documenti che sei tornato al tuo nido, e ti mando un cordiale saluto magari un po' interessato, poiché è accompagnato dalla speranza di aver presto tue notizie.

Cosa succede a Roma? A me sembra che le cose s'imbroglino assai. Da una parte una falange che ha tutto a guadagnare e nulla da perdere, piena d'ardore per la battaglia, unita negli assalti. Dall'altra una maggioranza formata di elementi eterogei, mollemente comandata, che cercherà d'evitare i conflitti piuttosto che di provocarli. E dubito che Depretis sia per assumere un atteggiamento netto e deciso dalla parte nostra. Che te ne pare? E chi avrebbe detto che Crispi sarebbe diventato vero capo della sinistra, sento che si vede la possibilità che fra breve sia chiamato a dirigere il governo d'Italia? Ed in questa eventualità non credi possibile che Mancini possa rimanere in un Gabi

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netto presieduto dal Crispi? Basta, son forse questi sogni miei, però mi farebbe sommamente grato di conoscere il tuo parere sull'avvenire che ci aspetta. Per quel che mi riguarda personalmente mi troverei in una curiosa posizione se Crispi andasse alla Consulta, poiché il suo giornale mi dimostrò sempre una malevolenza di cui non conosco i motivi, ma d'altra parte ei non può ignorare che in tempi difficili lottai fino ad infrangermi per quella alleanza che ora forma la base della sua politica estera. Ma queste san cose di infima entità, che per me l'importante è il bene d'Italia, e sono dispostissimo anche ad andare a casa, che mi restano ancora varie cose a fare, per le quali ho le mani legate fino a che resto nella vita officiale.

Dev'essere venuto in questi ultimi tempi a codesta legazione d'America un nuovo segretario, di nome White. La signora White è una giovane ed elegante signora che io conobbi assai in America, mentre era ragazza, e la di lei famiglia (Rutherford) che è delle più distinte di Nuova York m'usò molte cortesie. White è assai ricco. Te li raccomando in modo speciale, e se volessi dirne una parola alla signora contessa, in favore della signora, te ne sarei sommamente grato.

Qui nulla di nuovo. Ferve la disputa fra il patriarca greco e la Porta riguardo ai privilegj dei sudditi ortodossi del Sultano, ed ultimamente il governo ellenico fece delle pratiche presso le Potenze in proposito, alle quali fu prestato benigno orecchio a Roma

Questi commissarj finanziarj insistono perché gli ambasciatori determinino le quote del debito pubblico appartenente alla Bulgaria, Serbia, Grecia e Montenegro. Ma ciascuno di noi aspetta che un collega prenda l'iniziativa, e frattanto si dormono sonni tranquilli.

Tempo bello, salute non male, piccole seccature molte, e si fa quel poco che si può.

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IL SENATORE PANTALEONI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

L. P. Roma, 27 novembre 1883.

È inutile che le dica, quanto io mi sia felicitato della di lei nomina al Senato. Un uomo come ella è (ed ella sa quanto altamente io l'apprezzi) onora il nostro consesso meglio che non ne venga dal titolo, onorato; ma duolmi il dovere quasi tutti i giorni accertare, che anca nel Senato comincia quell'abbassamento intellettuale e Dio voglia che non sia ancora morale, il quale è l'inevitabile portato di una società, che s'incaponisce a volere col voto di tutte le nullità creare un forte quantitativo. Eppure il Senato ha ancora forti elementi, i quali nelle mani di altri ministeri gloriosamente avrebbero potuto mantenere quel prestigio che l'Italia avea saputo sotto la direzione del vecchio Piemonte conquistarsi.

Ella legge tutti i giornali italiani ma forse non le sarà discaro, che un uomo, il quale si trova collocato nel centro degli affari le ne dica qualche cosa.

L'Italia soffre di quel male che in parte è originale di più secoli. Come la Germania si esagera il diritto della forza anco brutale, il concetto di popoli conquistatori, l'Italia si esagerò ognora (e il fa anco in parte al presente) il concetto della abilità dell'astuzia della furberia che per necessità fu l'arma delle Nazioni vinte. Il Depretis è il modello il più perfetto di questa triste realtà raddoppiata in lui dall'avere egli ognora limitato la sua prospettiva alle corte vedute del consesso, nel quale si svolse la di lui scienza -la setta prima la camera poi, o piuttosto quel miserabile partito della camera nel quale egli concentrò la sua attenzione. A governare questo ad ottenere una maggioranza comeché sia, forse non si trovò mai uomo più destro; e se il sapere guadagnarsi questa, e specialmente senza troppo abusare dei mezzi di correzione, costituisse la scienza di Stato, il Depretis sarebbe uno dei più grandi in Europa. Sventuratamente egli non impiega quest'abilità, che io credo preziosa ove fosse diretta ad un alto concetto, se non che a mantenere sé al potere.

Averlo tolto dalla precipitosa via in che gettava sé e il Paese con l'alleanza con uno stolido come il Cairoli, con dei furbi o fanatici dottrinarj come il Crispi e lo Zanardelli è stato merito del centro destro, degli uomini della Rassegna e della franca ma onesta opposizione fattagli dagli uomini che ereditarono gli antichi concetti del Piemonte. Siamo dunque a questo che il Depretls senza mai confessarlo ha virato di bordo e noi votiamo per lui perché è impossibile aver per ora altro di meglio.

E quanto il bene positivo è raro.

«Il negativo aver si dee più caro» -ma il Depretis si sciuperà questa bella posizione che ha da un anno e che io gl'invidio. Ah! che posizione per un uomo di Stato, che avesse chiari e forti concetti ed un braccio di ferro inviluppato di una manica di raso per trascinare il Paese (che ha ancora preziosi elementi di attività, di morale, e che non chiede altro che di essere governato) a quegli alti destini che sì belli ci si presentano ancora con un impero da occupare e dividersi, una Francia che si avvalla sempre più, un'Europa centrale che ha bisogno della nostra alleanza, ed una civiltà mondiale che è riportata di nuovo nei nostri mari l È meglio chiuder gli occhj per non disperarsi.

Abbiamo però quel canchero nel seno della setta vaticanista, che preclude ad un Papa abbastanza intelligente la sola via che sarebbe salvezza al papato ed ajuto potente a noi il rimettersi in accordo con la moderna civiltà, e con lo Stato moderno, e con l'Italia -e frattanto la follia della setta ci toglie allo scrutinio politico un elemento ordinato e compatto, ed al parlamento la miglior parte dei conservatori. Eh! dire, che col lasciar crescere su una generazione d'atei nelle scuole, e coll'impedire che chi crede faccia il suo dovere verso lo Stato vi ha Papi vescovi cardinali e preti che stimano onorare Dio e vantaggiare la religione! Questa condotta del vaticano pare a me che ha esacerbato ed esacerba ognora più il paese contro il clero e Papa, il quale poi si lagna che non può agire ad agio suo fuori; ed è grande jattura perché isolandosi egli si allontana sempre più dal concetto del vero.

Mali dunque ne abbiamo. La ricchezza del Paese è appena cresciuta in 10 anni di una lira a testa e considerato che le tasse sono cresciute di una lira e mezza o più, siamo più poveri in fatto di 10 anni fa. E nondimeno quando mi guardo attorno, confesso che l'Italia non è certo più a disagio degli altri Paesi e politicamente e socialmente trovasi a molto migliori condizioni di altre Nazioni.

Caro conte io credo che i tempi si van maturando, ed un'amministrazione sapiente, forte decisa che in uno o due anni si presenti avrà per sé il Paese intiero, lo potrebbe portare ben alto, e chi dirigesse quella lascerebbe di sé una gloria imperitura.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI

D. 1587. Roma, 29 novembre 1883.

Questo ministro di Grecia è venuto a ·darmi lettura di un dispaccio del suo governo nel quale si insiste sulla situazione precaria ed irta di difficoltà in cui si troverebbero i sudditi elleni residenti in Turchia. Si afferma in quel documento che in questi ultimi tempi il Gabinetto di Atene si era diretto alla Sublime Porta per ottenere che fosse definitivamente composta la questione, già vertente da molto tempo fra i due Stati, relativa alla sudditanza dei greci residenti in Turchia, chiedendo che, durante i negoziati, fosse sospeso ogni provvedimento di rigore verso coloro di cui la qualità di sudditi elleni veniva contestata dal governo ottomano. Ora la Sublime Porta non solo non avrebbe aderito all'invito, ma m'avrebbe risposto applicando quel trattamento di rigore anche a quelli fra i greci, la sudditanza dei quali non è stata mai oggetto di contestazione.

Il signor Contostavlos conchiude osservando che tale stato di cose può essere cagione di complicazioni nei luoghi dell'Impero ove l'elemento elleno è numeroso, e creare gravi ostacoli ai buoni rapporti che il Gabinetto di Atene vorrebbe mantenere con la Turchia. Epperò egli fa appello alle Potenze acciò i rispettivi rappresentanti a Costantinopoli interpongano i loro buoni uffici pel componimento della vertenza.

Nell'informare di quanto precede V. E., l'autorizzo sin d'ora ad unirsi ai suoi colleghi qualora essi ricevano istruzioni nel senso desiderato dal governo ellenico.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA (l)

D. 184 bis. Roma, 29 novembre 1883.

Come già telegrafai a V. E. (2), ebbi ieri con questo signor ambasciatore di Francia una lunga conversazione intorno al tema della giurisdizione in Tu

nisia. Il signor Decrais avevami annunziato, tosto che fu reduce dal congedo, rli esser pronto n ripigliarr meeo h t.rCJtt.nzionr di quell'importante soggetto, ed io assai volentieri avevo fissato, a tale scopo, il ritrovo di ieri, essendo mio vivo desiderio di vedere questa controversia avviarsi sollecitamente a soddisfacente soluzione.

Mercé le due memorie scambiate tra me e l'ambasciata di Francia, l'una del 18 luglio (l) e l'altra del 15 settembre erano ormai concordati -oltre il concetto fondamentale che, senza pregiudicare quanto si riferisce alla condizione politica della Reggenza, venga surrogata la nuova magistratura testé istituita in Tunisia alla nostra magistratura consolare, di cui sarebbe sospesa la giurisdizione sopra i nostri connazionali ~--parecchi punti sostanziali: il nostro assenso doversi intendere subordinato alla condizione che siano del pari ed effettivamente assenzienti tutte le altre Potenze; non potersi conseguentemente arrecare ulteriore modificazione nel regime a cui si riferisce la nostra accettazione senza che sia previamente con noi convenuta; anche in questa materia doverci essere assicurata una perfetta identità di concessioni e di trattamento in confronto di ogni altra Potenza qualsiasi; la legge da applicarsi dal nuovo magistrato dovere essere la italiana in tutti i casi convenzionalmente pattuiti col trattato italo-tunisino dell'8 settembre 1868; questo trattato rimanere integralmente in vigore; rimanere del pari in vigore capitolazioni, usi e trattati in quanto riflettano ogni altro oggetto, e specialmente le immunità e i privilegi spettanti, sia alle autorità ed alle residenze consolari italiane, sia ai privati italiani, salvo, rispetto a questi ultimi, quanto sia necessario per la legale esecuzione dei giudicati emessi dalla nuova magistratura; i protetti italiani, infine, essere assimilati, nei rapporti giurisdizionali, a cittadini italianì.

Codesti punti, qui sopra brevemente enumerati, essendo oramai assodati tra i due governi, non rimanevano, a nostro avviso, da definirsi che questi altri di cui tenni ieri discorso al signor ambasciatore di Francia: intervento di assessori italiani nei giudizi penali contro imputati italiani; garante da concedersi circa l'esercizio del diritto di grazia da attrbuirsi al presidente della Repubblica, segnatamente in caso di condanne capitali; ammessione di avvocati e procuratori italiani all'esercizio della loro professione davanti la nuova magistratura stessa, pe' cittadini italiani; necessità di provvedere esplicitamente alla competenza per le cause spettanti al cosi detto contenzioso amministrativo; esclusione, per regola generale, di ogni giurisdizione militare verso persone non militari.

Salvo l'ultimo punto. la definizione del quale è divenuta opportuna ed indispensabile dopo che un recente decreto del Bey ebbe dichiarate piazze forti pressoché tutti i maggiori centri di popolazione in Tunisia, gli altri, o avevano formato oggetto della mia prima memoria del 18 luglio, o erano stati formolati in un mio colloquio col marchese di Reverseaux dopo che questi mi aveva comunicato la memoria del 15 settembre; e, come egli erasi assunto l'incarico di riferire· a Parigi le mie avvertenze e considerazioni, cosi io avevo ragione di lusingarmi che, rispetto ai medesimi, il signor Decrais fosse portatore di

istruzioni concilianti ed atte ad agevolare una immediata e soddisfacente conclusione.

Ho dovuto invece tosto accorgermi, nel mio colloquio di ieri, che il signor Decrais aveva sostanzialmente per istruzione di mantenere puramente e semplicemente le conclusioni della memoria francese del 15 settembre, la quale, unico documento comunicatoci circa questa grave e complessa materia, costituirebbe quindi, in certa quisa, la prima e l'ultima parola del governo della Repubblica. Fu, del pari, tosto evidente per me che a Parigi non si è finora sufficientemente tenuto conto, nella presente circostanza, delle esigenze politiche e parlamentari che ci vietano di portare davanti all nostre Camere, delle quali ci è mestieri assicurarci il suffragio, un progetto di legge che, nel sancire il principio della surrogazione a Tunisi della giurisdizione nuova alla giurisdizione attuale, non contenga almeno le desiderabili cautele a pro' di interessi troppo importanti e troppo legittimi perché possano abbandonarsi all'alea di controversie e di 'Conflitti, che sarebbero inevitabile conseguenza d'un assenso prestato mentre ancora non siano colmate le lacune e chiariti i punti dubbiosi. La scrupolosa diligenza nostra in questo studio, ben lungi dallo implicare un intendimento di dissimulato e cortese rifiuto, come mi parve, argomentando dal mio colloquio di ieri, esisterne costì l'impressione, -impressione fallace, che pregai V. E. di affrettarsi ad eliminare con la più recisa affermazione dei nostri schietti propositi, -dovrebbe invece apparire dimostrazione e pegno della lealtà nostra; imperocché si fa per essa manifesta la nostra ferma volontà di concordare con la Francia tale un regime il quale, lasciando in disparte ogni pericolosa disputa politica, e preservando ogni giusta ragione, abbia probabilità di essere benignamente giudicato dal nostro Parlamento, e ci risparmii, quando si venga alla applicazione, ogni contingenza di dissidi e di postume complicazioni.

Gioverà ora che io le tenga partitamente discorso dei vari punti toccati nel mio colloquio di ieri.

Il signor Decrais mi ripetè, rispetto alla nostra domanda per la designazione di assessori italiani, anziché di assessori stranieri in genere, nelle cause penali contro nazionali italiani, la abbiezione contenuta nella memoria del 15 settembre: doversi cioè lo stesso beneficio, se fosse concesso all'Italia, estendere alle altre Potenze (il che certamente da noi era sottinteso), ma tra queste esservene tali che non hanno in Tunisia un sufficiente numero di nazionali acciò tra essi possano scegliersi i tre assessori. L'ambasciatore di Francia si tenne fermo nel diniego, benché io gli facessi osservare, tale difficoltà non essere punto insuperabile; essersi d essa presentata anche in Egitto in occasione della riforma giudiziaria, ed essersi risoluta (Tit. II, capo I, § l, art. 4, 2° alinea, del regolamento organico) con lo stabilire che, quando fosse insufficiente la lista degli assessori o giurati di nazionalità identica a quella dell'accusato per trarne la metà del numero totale prescritto per la validità dei giudizii, i giurati od assessori mancanti debbano appartenere ad altra nazionalità designata dall'accusato medesimo. Né, per verità, si vede perché una consimile disposizione non possa venire adottata a Tunisi, mentre è evidente la ingiustizia dello esporre uno straniero al pericolo di essere privato d'una così preziosa garantia qual'è la presenza nel seggio giudicante di assessori atti a comprendere la lingua sua. e di trovarsi così in condizione deteriore di fronte non solo ai francesi, ma agl'indigeni stessi, essendo agli uni e agli altri tassativamente assicurata la presenza costante di assessori della propria nazionalità.

La memoria francese del 15 settembre dichiara che il diritto di grazia sarà esercitato dal presidente della Repubblica. Non ci faremo a ricercare se questa disposizione sia conciliabile coi diritti di sovranità territoriale spettanti in Tunisia al Bey, preferendo invece di manifestare piena ed intera la nostra fiducia nell'alto personaggio chiamato a correggere con la clemenza l'errore o il rigore talvolta soverchio della nuova giustizia tunisina. Però non parrà fuor di luogo che, in vista della diversa legislazione, ed anche della varia disciplina, da noi si desideri alcuna garantia, segnatamente per il caso di condanne capitali, ben sapendosi che questa non sarebbe mai eseguita in Italia, mentre la stessa certezza non esiste più se il reo sia abbandonato alla mercé della magistratura che farebbe capo a Parigi. Nel mio colloquio dello scorso autunno col marchese di Reverseaux io aveva accennato ad una disposizione del regolamento organico della riforma giudiziaria in Egitto (Tit. II, cap. II, § 7°, art. 38), in virtù della quale nei casi di condanna capitale i consoli hanno facoltà di chiedere la consegna del loro nazionale. Il signor Decrais non ha poteri per acconsentire a così discreta nostra proposta, e solo offre di pattuire che, nei casi di condanna capitale, sarà rivolta speciale raccomandazione alla clemenza de1 presidente della Repubblica, allorché il condannato appartenga ad una Nazione ne' cui codici fosse abolita la pena capitale. Ma è facile scorgere come questo sarebbe espediente inefficace ed in qualche prevedibile caso insufficiente a rimuovere la dura contingenza che un nostro cittadino, per effetto del consenso nostro al mutamento di giurisdizione in Tunisia, abbia a subire l'estremo supplizio, cioè una pena già anche in diritto cancellata nella legislazione d'una parte d'Italia, e per ogni altra parte del Regno due volte soppressa dal voto autorevole della nostra Camera dei deputati. L'esempio dell'accordo internazionale consentito per négare efficacia alle condanne capitali che in Egitto emanino da tribunali, in cui già siedano giudici propri e designati dalla stessa Nazione del condannato, a fortiori ha valore nell'ipotesi di simili condanne che si pronunziassero a Tunisi da un tribunale straniero. Il quale mal si concepirebbe come potesse esercitare una giurisdizione trasferitagli da un tribunale consolare italiano altrimenti che nei limiti in cui questo stesso oggi possa esercitarlo. Ed è infine ben noto che negli ultimi anni, nei trattati di estradizione stipulati col Portogallo e coll'Olanda, nei cui codici è abolita la pena cti morte, anche grandi Stati accettarono che si scrivesse nel testo dei trattati .>tessi od in protocolli addizionali una clausola per rendere sistematica la commutazione per via di grazia delle condanne capitali che si pronunziassero contro individui ad essi consegnati; i quali precedenti anch'essi attestano essere ormai riconosciuto nel diritto convenzionale fra gli Stati il principio che, allorquando l'applicazione di una penalità in Paese straniero a cittadini di un altro Stato sia l'effetto di consenso o rinunzia del suo proprio governo, questo consenso non possa estendersi fino ad assoggettarli a penalità che il governo essenziente applicar non potrebbe.

Fu ugualmente mantenuto il diniego di accettazione alla nostra domanda per il libero esercizio dell'avvocatura e per la conservazione ed ammissione di italiani negli impieghi subalterni di cancelleria presso i nuovi tribunali in Tunisia. L'ambasciatore non negava la ragionevolezza del nostro desiderio, ma obbiettava essersi dalla legge francese esteso alla Tunisia il regolamento ministeriale del 1841 pei déjenseurs vigen\e in Algeria, e quindi essere impossibile di nulla innovare nel regime oramai già inaugurato a Tunisi. Ma è facile rispondere che la legge francese ha finora creato in Tunisi i nuovi tribunali per giudicare tra francesi e tra protetti francesi, estendendo rispetto ad essi quel regolamento del 1841; ma, essendo riserbato ad altri successivi decreti del Bey, col concorso del governo francese, di stabilire la giurisdizione de' tribunali anzidetti sopra gl'indigeni, e con l'assenso degli altri governi interessati anche sopra gli stranieri di diverse nazionalità, nulla impedisce che per l'esercizio di questa nuova competenza si facciano ad un semplice regolamento, come è quello del 1841, le aggiunte rese manifestamente necessarie per garantire una seria ed efficace difesa alle nuove persone ed interessi assoggettati alla loro giurisdizione. In ogni più sfavorevole ipotesi, checché si disponga pe' défenseurs esercenti l'ufficio di procuratori (avoués), non sarebbe possibile giustificare pel semplice esercizio dell'avvocheria una innovazione la quale, non consentendo il patrocinio delle cause a chiunque non avesse da cinque anni stabile dimora in Tunisia, e non giustificasse un biennio di pratica (stage) nello studio di un avvocato in Francia o di un défenseur a Tunisi, verrebbe per immediata conseguenza a spogliare tutti gli avvo,cati legalmente esercenti in Italia del diritto, di cui attualmente godono, di presentarsi a difendere liberamente qualunque causa avanti i tribunali consolari della Tunisia.

Rispetto alle cause di contenzioso amministrativo, feci notare al signor Decrais che i provvedimenti finora emanati per la nuova giurisdizione, in Tunisia lasciano sussistere, a tale riguardo, una evidente lacuna; di guisa che, quando fosse per venir meno l'opera del tribunale consolare, mancherebbe un foro qualsiasi per la definizione di codeste cause, né pure esistendo colà consigli di prefettura. Certo sarebbesi potuto ricorrere allo spediente di mantenere per esse la giurisdizione finora esercitata dal nostro tribunale consolare, competente in materia del contenzioso amministrativo mercé la legge italiana, la quale, a differenza della francese, che in tal materia ha lasciato sussistere una giurisdizione speciale, attribuisce ai tribunali ordinari facoltà di conoscere, in certi limiti e con determinate modalità e cautele, anche delle cause in cui siano parte le pubbliche amministrazioni o venga in esame la legalità di atti amministrativi. Ma noi preferiamo, per studio di semplicità, e sopratutto per amore di conciliazione, che alla lacuna si provveda con lo stabilire una amplissima e completa surrogazione della nuova giurisdizione alla cessata giurisdizione consolare, mercé formala generale che abbracci ogni specie di cause, che attualmente appartengano alla giurisdizione del nostro tribunale consolare. Né ci parrebbe prudente e corretto procedimento quello a cui pareva inchinasse il signor Decrais, lasciare cioè insoluta la quistione fino a che i nuovi magistrati abbiano occasione, in qualche caso particolare, di

51 -Documenti diplomatici -Serle II -Vol. XV-XVI

pronunciarsi circa la loro competenza in questo ordine di litigi. Imperocché, per quanto possa esserne ristretto il numero, non può dubitarsi che saranno per presentarsene, e sarebbe cosa affatto insolita che il legislatore voglia di proposito far opera monca ed imperfetta, e lasciare una classe di diritti senza la protezione di verun giudice competente.

Oltre codesti punti, dei quali già e;asi precedentemente tenuto discorso, un nuovo tema non ancora toccato in addietro, si è ora aggiunto (come già dissi in principio), dopo i miei colloquii dello scorso autunno col signor di Reverseaux, e fu mestieri che ieri ne parlassi schiettamente coll'ambasciatore di Francia.

Il decreto testé promulgato dal Bey, in forza del quale molte città interne e molti porti della Tunisia sono oramai dichiarati piazze forti, ha fatto sorgere dubbi e supposizioni anche rispetto alla materia giurisdizionale, che non altrimenti potrebbero dileguarsi, se non mediante esplicita dichiarazione, da parte del governo francese, dei suoi intendimenti a tale proposito. Non è animo nostro di nuovamente discutere la quistione g·ià altre volte agitata tra i due governi circa il principio, professato a Parigi, che un esercito tragga sempre seco, in certa guisa, la sua propria legislazione militare dovunque lo conducano le militari vicende, anche senza vero e proprio motivo di guerra. Ma poiché si tratterebbe ora di instaurare a Tunisi un magistrato civile e penale ordinario, avente competenza normale anche sopra gli stranieri, stimerà al certo conveniente la Francia stessa, a rimuovere ogni erroneo giudizio, di porgere piena assicura

zione che nell'intero territorio tunisino, senza distinzione tra quelle che il Bey dichiarò piazze forti ed ogni altra località, avrà efficacia esclusivamente la giurisdizione di codesto magistrato, tranne beninteso i soli casi specifici tassativamente enumerati dallo stesso codice militare francese, i quali anche in Francia apparterrebbero alla competenza militare. Circa questo delicato soggetto il signor Decrais non aveva istruzioni; epperò è mestieri che a Parigi se ne faccia oggetto di benevolo studio, e sollecitamente ce ne vengano comunicate le conclusioni.

Nel corso della mia conversazione coll'ambasciatore di Francia ho potuto convincermi che all'accoglimento delle nostre domande, delle quali mal si potrebbe contrastare l'intrinseca ragionevolezza, asta, da parte di codesto governo, non tanto il valore di obbiezioni sostanziali, quanto U desiderio d'evitare la necessità del dover sottoporre alle Camere francesi un nuovo progetto di legge relativamente alla questione giurisdizionale in Tunisia. Noi potremmo, invero !imitarci a notare, in questo ordine di idee, che le nostre preoccupazioni d'indole parlamentare non sono meno gravi e giustificate. Però non mi sembra neppure, dallo stesso punto di vista francese, che la difficoltà sia effettiva ed insormontabile, né esitai a manifestare, in proposito, al signor Decrais, un mio pensiero atto a mio avviso a conciliare ogni esigenza. E' vero (così dissi) che ha efficacia legislativa quanto sta scritto nella legge francese del 27 marzo 1883; ma l'articolo 2 di essa, attribuendo al Bey la facoltà di allargare, col consentimento del governo francese, la primordiale competenza della nuova magistratura, e di estenderla anche sopra gli indigeni, e sopra stranieri di altre nazionalità col beneplacito dei loro governi, ciò da parte del legislatore parrebbe implicare ed autorizzare anticipatamente che tale estensione, per decreto beHicale, possa anche essere ristretta con limitazioni pattuite, o subordinata a quelle clausole e condizioni di cui si convenga previamente tra il governo francese e le Potenze disposte ad accettare il nuovo regime. I miglioramenti e le guarentige da noi desiderate, e delle quaLi il governo francese stesso non potrebbe disconoscere la opportunità, anziché contrastare con la legge stessa del 27 marzo, avrebbero adunque già base a radice nella legge stessa, e più precisamente nel concetto di una specie di delegazione dell'autorità legislativa, espresso nel cennato articolo 2, per cui la estensione della nuova giurisdizione a nazionali di terze Potenze deve essere effetto di libero accordo tra le Potenze stesse, il Bey e il governo francese, essendo evidente che tale concetto è applicabile tanto al caso di estensione pura e semplice, quanto a quello di estensione limitata, o subordinata a particolari modalità che non contraddicano al concetto fondamentale della legge. Se al Gabinetto di Parigi pare ammessibile una simile interpretazione, dovrebbe venir meno anche questo impedimento di forma, che sembra essere l'ostacolo principale.

Noi ci lusinghiamo, non solo nell'interesse nostro, ma anche nel comune interesse, di evitare ogni ulteriore controversia all'atto derla applicazione del nuovo regime, che siano per essere favorevolmente accolte le domande nostre, quali appariscono dal presente mio dispaccio. Ognuna di esse, V. E. ben lo vede, corrisponde ad esigenze positive, essenzialmente pratiche, connesse con interessi immediati e legittimi della nostra colonia. L'E. V., dichiarando e confermando il nostro schietto desiderio di giungere sollecitamente ad una definizione di questa materia, vorrà, ne la prego, adoperarsi con efficacia acciò ci si porga, con l'ammessione delle nostre proposte, il modo di prestare assenso, salvo il voto del Parlamento, alla divisata riforma.

Di altr'i due punti ho pure discorso ieri nel mio colloquio col signor Decrais.

Sarebbe desiderabile, a reciproco vantaggio, che siano definite prontamente, nel modo che parrà migliore e più conveniente, ed anche in estremo caso col mezzo di un arbitrato, prima della inaugurazione del nuovo regime alcune vecchie pendenze, per lo più riguardanti contestazioni di cittadini italiani verso il Bey, i principi di sua famiglia, e lo Stato tunisino. Se questo nostro desiderio troverà propizia accoglienza, mi riserberei di presentarne l'elenco.

Parrebbe inoltre espediente, a rimuovere ogni eccezione futura d'incompetenza da parte dei litiganti, che fosse, prima della accettazione del nuovo regime da parte delle estere Potenze, esplicitamente dichiarata, mercé decreto del Bey (che credo non ancora esistente) la competenza del nuovo magistrato anche per le cause iniziate da attori stranieri contro convenuti indigeni, od anche tra indigeni, sempre che siano anche parti in causa interessati stranieri. A noi sembra che esista, a questo riguardo, una lacuna nei provvedimenti finora emanati; qualora veramente sia così, è indispensabile che la si colmi, imperocché con la sospensione della giurisdizione consolare verrebbe meno ogni modo di definire codeste cause.

V. E. vorrà procacciarsi prossima opportunità di intrattenersi con S. E. il signor Ferry circa l'argomento di questo mio dispaccio, ed io l'autorizzo, se tale è il desiderio del ministro francese degli Affari Esteri, a !asciargli, nella forma che le sembri più conveniente, un ricordo scritto di queste nostre considerazioni.

L'INCARICATO D'AFFARI DI FRANCIA A ROMA, REVERSEAUX, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

AroE -MÉMOIRE Roma, 15 settembre 1883.

Le ministre des Affaires Etrangères de la République française a reçu l'aide mémoire remis le 18 juillet dernier à M. Decrais par s. Exc. le ministre des Affaires Etrangères de s. M. le Roi d'Italie. M. Challemel-Lacour a appris avec une réelle satisraction que le gouvernement du Roi se propose de présenter aux chambres italiennes, après !es vac,ances parlementaires, un projet de loi tendant à la substitution de la juridiction française à celle des consuls italiens en Tunisie. Il se félicite d'une détermination qui, en facilitant au profit de tous la réorganisation judiciaire dans la regence, ne peut que resserrer !es relations amicales des deux gouvernements.

Pour prévenir tout malentendu ultérieur, M. Mancini a bien voulu faire connaitre sa manière de voir «sur les effets pratiques du nouveau régime à l'égard de quelques points qui pourraient à l'avenir soulever des doutes ou des contestations ». Ces observations ont fait, de la part du gouvernement français, l'objet d'une étude suivie dans l'esprit le plus conciliant et dont le résultat est consigné ci-après. Sur la plupart des points, le gouvernement italien constatera que l'accord est complet; sur les autres, M. Challemel-Lacour ne doute pas que M. Mancini n'apprécie !es motifs qui ne permettent pas de modifier les dispositions du décret du 14 avril 1883.

I. Le traité du Bardo garantit le maintien des conventions existantes entre la

Tunisie et les Puissances étrangères. Il en résulte que le traité italio-tunisien de 1868 a torce de loi pour les tribunaux français institués dans la régence, devant lesquels il pourra étre utilement invoqué, pour toutes celles de ses dispositions qui n'ont pas trait à l'existence de la juridicion consulaire italienne.

II. Le gouvernement italien pense que, dans les affaires pénales concernant des prévenus italiens, !es trois assesseurs étrangers, adjoints au tribuna!, devraient appartenir à la nationalité italienne. Le gouvernement français comprend qu'eu égard au grand nombre des sujets italiens établis en Tunisie, le gouvernement du Roi demande en leur faveur un pareil avantage, et il n'aurait pas d'objection à y consentir si une pareille question pouvait ètre envisagée dans !es seuls rapports de la France et de l'Italie, abstraction faite des autres Puissances. Mais, si l'on venait à modifier en faveur des residents italiens la disposition sus-mentionnée du décret du 14 avril dernier, il serait difficile de ne pas appeler !es autres Etats à bénéficier d'un traitement analogue. Or, la plupart de ceux-ci ont, en Tunisie, des colonies trop peu nonbreuses pour qu'il sott possible de dresser une liste suffisante de personnes en état de remplir des fonctions d'assesseurs. Le gouvernement français se voit ainsi obligé de maintenir un régime commun, qui offre à tous !es étrangers des garanties égales.

III. En ce qui concerne la présence d'un assesseur italien avec voix consultative dans les délibérations du tribuna! où la loi italienne pourra ètre invoquée, la mème objection se présente. Il faut y ajouter un motif plus décisif encore: c'est que l'adjonction demandée par l'Italie serait une innovation sans précédent dans le système judiciaire de l'Italie, comme dans celui de la F'rance. Au surplus, ce n'est pas seulement en Tunisie que !es tribunaux français sont appelés à tenir compte des lois étrangères, et la jurisprudence suivie en France est de nature à dissiper toute préoccupation sur la manière dont la loi italienne sera, le cas échéant, appliquée par les tribunaux de la régence.

IV. -Les nouveaux tribunaux institués en Tunisie étant français et rattachés à la cour d' Alger, H est évident que le droit de gràce sera exercé par le président de la République. V. -Les fonctions d'avoué sont remplies auprès du tribuna! de Tunis, de meme qu'en Algérie, par des défenseurs qui cumulent les ròles d'avoué et d'avocat. Parmi les défenseurs déjà nommés à Tunis, par décret du président de la République, figurent plusieurs italiens, dont les noms ont été proposés par le résident du gouvernement français, après entente off.icieuse avec le consul général d'Italie. L'existence de ces défenseurs n'empèche pas qu'un barreau ouvert aux avocats de toute nationalité ne soit constitué à Tunis. Sur ce double point, pleine satisfaction est donc donnée au gouvernement royal, dont les sujets sont placés sur le meme pied que les français eux-mémes. Mais il n'en est pas de méme des emplois de greffe et d'ordre, qui sont remplis en France par des personnes faisant partie intégrante des tribunaux. Par cela méme que les tribunaux de Tunis sont français, les titulaires de ces emplois doivent appartenir à la nationalité f11ançaise.

VI. Les personnes actuellement placées sous la protection de l'Italie, seront traitées comme les italiens.

VII. Le gouvernement français ayant seulement demandé à l'Italie de supprimer sa juridiction consulaire, il est évident qu'il ne sera porté aucune atteinte aux autres privilèges et avantages que les traités et usages confèrent dans la Régence, tant aux autorités consulaires italiennes qu'aux sujets du Roi Humbert, en tant que ces privilèges et usages ne sont pas incompatibles avec l'existence de la nouvelle juridiction française.

(l) -Ed. in LV 43 pp. 119-125. (2) -T. 797 del 28 novembre 1883, non pubblicato.

(l) Cfr. n. 640, allegato.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2010. Vienna, 28 novembre 1883 (per. il 3 dicembre).

Con telegramma del 26 corrente l'E. V. (l) mi chiedeva di porgerle pronte informazioni sulla situazione in cui l'Austria Ungheria travasi a fronte della Francia nella questione della giurisdizione a Tunisi, nonché sui suoi intendimenti al riguardo: cioè, se si mostri disposta ad accelerarne la soluzione ovvero a condurre ancora in 'lungo i relativi negoziati.

Il conte Kalnoky essendo assente in questi giorni, dovetti rivolgermi al barone Pasetti che gentilmente dissemi tosto: che la risposta fatta dal governo francese intorno ad alcuni speciali quesiti formulati dal governo austro ungarico sul funzionamento della nuova giurisdizione a stabiHrsi nella Tunisia, risposta che ci fu comunicata, aveva pienamente soddisfatto il Gabinetto di Vienna. Che conseguentemente a ciò, all"aprirsi del parlamento austriaco <H 4

-o 5 dicembre) verrebbe presentato un progetto di legge, che autorizza il go

verno imperiale a stipulare i necessari accordi col governo francese, ed a promulgare con semplice decreto le convenute dispQsizioni. Ma simile legge non fu riconosciuta necessaria a Pest, non essendo essa richiesta dalla costituzione ungherese. Tosto sancita la legge di cui è caso, dicevami il barone Pasetti che i due governi Cis e Trans Leytano, si porrebbero d'accordo per la pubblicazione del conseguente decreto.

Egli aggiungevami che il Gabinetto imperiale non aveva ragione di sorta per tirar la cosa in lungo, ma che d'altra parte non intendeva neppure di arrivare primo colla sua adesione, e che conseguentemente aspetterebbe che l'Inghilterra o l'Italia dessero l'esempio.

Pervenutomi stamane il telegramma dell'E. V. della notte scorsa (1), mi procurai tosto un'udienza dal conte Kalnoky, e dopo d'avergli esposto la fase precedente della questione, gli diedi conoscenza del succitato telegramma, !asciandogliene anche per memoria confidenziale una copia raffazzonata s'intende per la segretezza del cifrario.

Non mancai come di ragione di porre in rilievo di quanto interesse sarebbe per il R. governo, che una prematura adesione dell'Austria-Ungheria non abbia a compromettere i nostri ancora pendenti negoziati colla Francia, e non ammisi neppure di far rilevare la meno buona impressione che un simile fatto, ove si verificasse, produrrebbe in Italia, conchiudendo che ci si darebbe in quest'a circostanza una prova di amicizia così corrispondente alle intime relazioni che uniscono i due Stati.

Mi compiaccio a conferma del mio telegramma di poco fa (2), di ripetere all'E. V., che il conte Kalnoky si mostrò immediatamente dispostissimo a favorirci in questa circostanza, facendo cosa gradita all'E. V.

Egli dissemi non aver fretta di sorta di far pervenire a Parigi la sua adesione definitiva, ignorare se già il progetto di legge sia preparato ciò essendo cosa di spettanza del ministero austriaco, ma che ad ogni modo farebbe tosto gli uffici necessari affinché la presentazione sia differita di alcuni giorni, onde darci il tempo necessario per metterei d'accordo colla Francia. Che del pari vedrebbe di far introdurre nella legge e nella relazione che deve accompagnarla la riserva dell'adesione da parte di tutte le Potenze.

Del resto dicevami egli aver già esplicitamente fatto conoscere quella riserva nel modo il più ·assoluto al governo francese, a mezzo dell'incaricato di affari di Francia a Vienna, S. E. conchiudeva ripetendomi che molto volentieri aderiva ai desideri dell'E. V. su questa questione, lieto di poterei fare cosa gradita ed utile: assicurandomi di non aver fretta di sorta di arrivare ad una conclusione, gl'interessi della Monarchia essendo minimi nella Tunisia.

Nell'informare di tutto ciò l'E. V. mi sono però permesso di indicare, che crederei utile che da parte nostra non si protragga la conclusione della vertenza oltre il termine di dicembre, poiché tanto qui come a Berlino si è disposti a favorire il più che possibile il signor Ferry, onde non contribuire a indebolire

(l} T. 796 del 28 novembre 1883, non pubbllcato. (2} T. 1493 del 29 novembre 1883, non pubblicato.

la sua posizione, ed allontanare cosi la venuta al potere di successori assai più temibili per la pace europea.

Come di ragione nell'accomiatarmi dal conte Kalnoky l'ho vivamente ringraziato per la tanto premurosa cortese accoglienza fatta alle domande da me presentategli a nome dell'E. V. (1).

(l) -T. 787 del 26 novembre 1883, non pubblicato.
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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2011. Vienna, 29 novembre 1883 (per. il 3 dicembre).

Onde scandagliare il pensiero del conte Kalnoky intorno alla odierna situazione della Russia a fronte dei due Imperi suoi vicini, trovandomi oggi a conversare con lui, gli dissi sotto forma interrogativa sembrarmi che la visita fatta dal signor di Giers a Berlino ed a Friedrichsruhe, e le conversazioni avute dal ministro della Guerra russo coll'Imperatore di Germania e con le notabilità politiche e militari colle quali egli ebbe ad incontrarsi recentemente a Berlino, abbiano prodotta buona impressione sui governi, e quindi anche un sensibile buon effetto sull'opinione pubblica.

S. E. risposemi dar egli peso alle dichiarazioni del signor di Giers che gli erano evidentemente state dettate dal suo Sovrano, non poter invece annettere importanza alle cose dette dal ministro della Guerra, personaggio che a suo dire non ha influenza politica di sorta. Mi confermò ancora una volta l'ottima impressione prodotta a Berlino dal linguagglo tenuto dal ministro degli Affan Esteri dell'Imperatore Alessandro, e disse esserne una prova la recente esplic't.a manifestazione simpatica per la Russia, che l'Imperatore Guglielmo colse la prima occasione di poter fare onde rassicurare gli animi ed ispir!;h'e fiducia nella pace.

Con tutto ciò il conte Kalnoky non si mostrò più ottimista che nol fosse alcuni giorni sono ritenendo sempre che il vero pericolo per la pace siano quei generali russi, che come il capo di Stato Maggiore dell'esercito panslavista, altamente influente nell'esercito, il governatore di Varsavia, generale Gurko, ed altri generali in giro per l'Europa, che sì gli uni che gli altri coi fatti e coi discorsi creano una situazione militare, che potrebbe diventar fatale da un giorno all'altro.

Ad una mia interroga3ione sull'attendibilità della notizia corsa che le truppe russe siena per essere alquanto allontanate dal confine occidentale dell'Impero, S. E. mostrommi di non prestarvi fede; ma ad ogni modo osservò che anche se il governo imperiale volesse dare effettivamente quella prova materiale dei suoi sentimenti pacifici nol potrebbe fare in questo momento, poiché una simile misura rivestirebbe troppo marcatamente il carattere di una concessione lesiva al suo amor proprio.

Conchiudeva però il suo ragionamento ammettendo che per intanto devesi constatare une detente nella situazione in quella direzione, cosa che d'altronde la Russia stessa deve per la prima desiderare, visto che le sue condizioni finanziarie non potrebbero essere peggiori, il rouble non essendo mai stato dopo Plevona a basso prezzo come è oggi, il raccolto essendo stato tutto cattivo. ed inoltre essendo ormai accertato che all'estero la Russia è nell'impossibilità di trovare chi gl'impresti denari.

Non ho d'uopo parmi di notar qui le serie impressioni a riguardo delle cose dettemi dal conte Kalnoky su quest'argomento, essendo esse troppo ovvie; mi limiterò a constatare io pure, che per intanto una detente c'è, e che questa da anche a noi campo di attendere ai nostri lavori di pace, ed alla preparazione a quella guerra il di cui pericolo fino ad ora non è eHminato.

(1) Allegata al presente rapporto si trova la seguente annotazione di Malvano: «Ringraziare Robilant e pregarlo di rinnovare i ringraziamenti al conte Kalnoky. Gli rimetteremo copia del dispaccio scritto a Menabrea circa l'attuale stato del negozieto per questo delicato argomento, del quale potrà dare confidenziale notizia al conte Kalnoky, dimostrandogli così viemmeglio il nostro sincero e vivo desiderio di giungere ad un amichevole e sollecito compimento della questione, mentre le avvertenze e le domande nostre hanno esclusivamente questoduplice intento che la Francia stessa dovrebbe apprezzare: agevolare l'approvazione, da partedel parlamento, del progetto di legge che egli si dovrà presentare, senza che vi sia pericolodi veder sorgere in parlamento stesso discussioni intempestive ed irritanti, e provvedere a che non abbiano poi a sorgere lnestrlcablll controversie, In occasione dell'attuazione del nuovo regime, per effetto di lacune o di punti dubbiosi». In base a tali Istruzioni venne redatto Il D. 1565 del 5 dicembre, Indirizzato, all'ambasciata a Vienna, non pubblicato.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2012. Vienna, 30 novembre 1883 (per. il 3 dicembre).

Il conte Kalnoky, da cui mi trovava ieri, entrava in discorso sulla lotta impegnata nel Sudan fra le fanatizzanti orde del Mahdi e le truppe egiziane e mostravasi grandemente preoccupato delle conseguenze che le vittorie di quel nuovo profeta potrebbero avere su tutto il mondo musulmano, insistendo sul fatto ch'esse fin d'ora minacciano di porre a repentaglio la suprema dignità religiosa di Kaliffo che riveste il Sultano.

S. E. mi poneva in dubbio la prossima caduta di Chartum nelle mani del Mahdi e ne faceva rilevare la gravità. Egli osservava gl'inglesi aver fatto prova di ben poca perspicacia in questa circostanza, il governo brittannico essendo talmente rimasto al buio di ciò che preparavasi in quelle regioni che ancora pochi giorni or sono annunciava l'imminente ritiro dall'Egitto di tutte le truppe della Regina, la situazione colà essendosi a suo credere fatta normale.

A questo proposito egli esprimeva il parere che la posizione parlamentare del signor Gladstone potrebbe esserne grandemente scossa, solo Iato buono forse ch'egli trovava a quegl'eventi, poiché come è ben noto l'attuale primo ministro inglese non poté mai ottenere le simpatie del Gabinetto di Vienna che non dimentica la violenta ostilità ch'esso ebbe a dimostrargli allorché era semplice deputato.

Ma all'infuori di questa questione personale, certo si è che il conte Kalnoky si preoccupava in modo speciale di quel fanatismo religioso, a cui, a suo dire, gl'inglesi non prestarono a suUicienza previdente attenzione, prima di intraprendere la loro campagna politico-militare in Egitto. Egli non si spiegò meco a riguardo delle conseguenze ch'egli teme ciò possa avere per l'Europa; ma, evidentemente, il suo pensiero si fermava essenz-ialmente sul contracolpo cui quegli eventi ove seguissero il progressivo svolgimento eserciterebbero a danno del Sultano sulle popolazioni della penisola dei Balkani di razza musulmana traendo seco nuove complicazioni nel più vicino Oriente.

Per conto nostro quei minacciosi eventi non possono del pari riuscirsi indifferenti, e ciò non solo dal punto di vista politico in generale; ma anche da quello dei danni che ne toccheranno ai nostri commerci nell'Africa e nell' Asia; nonché pei pericoli che ne sovrastano ai nostri nazionali sparsi in tutte quelle regioni.

Parmi però che il R. governo e l'E. V. in particolare, abbiano ora non poco da applaudirsi di non aver ceduto all'invito che dall'Inghilterra ci veniva fatto d'intervenire armata mano in sua compagnia negli affari d'Egitto. Quel gran rifiuto fu diversamente apprezza,to allora dai partiti in Italia; ma questa volta la storia non avrà fatto aspettare lungamente il suo verdetto altamente favorevole a chi ebbe a pronunciarlo; e l'Italia deve fin d'ora essere unanime nella sua gratitudine verso chi con rara previdenza seppe rinunciare ai facili momentanei successi d'amor proprio, per non cacciar il Paese in un'avventura di cui già oggi si appalesa tutta la gravità delle conseguenze (1).

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L'INCARICATO D'AFFARI A BRUXELLES, GERBAIX DE SONNAZ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 118. Bruxelles, 3 dicembre 1883 (per. il 7).

Terminavo il mio rapporto d'ieri (2) permettendomi di fare osservare a

V. E. come l'onorevole Frère-Orban si mantenesse in una riserva massima nelle questioni africane e del Congo in ispecie. Ora, da un punto di vista affatto opposto, accennerò oggi a V. E. quali sono le opinioni personali di S. M. il Re Leopoldo nello stesso ordine d'idee.

Il Sovrano belga, che meno dei suoi ministri si trova ingolfato nelle ardenti questioni della politica interna fra liberali e cattolici che qui assor

bono le forze attive del regno belga, ha invece l'alto concetto di incivilire una parte dell'Africa equatoriale.

L'anno scorso Re Leopoldo patrocinava le massime del signor Emilio de Laveleye sulla neutralità del Congo; ora ha mutato parere ed approva interamente il voto dell'assemblea di diritto internazionale di Monaco, chiedendo la semplice libertà di navigazione per tutti sul Congo.

L'ideale di S. M. parrebbe essere di creare lungo il corso del gran fiume africano delle città libere, le quali sarebbero dei centri di libertà assoluta di commercio e di religione, dove il traffico di ogni Nazione potrebbe nascere e svilupparsi il più largamente possibile. Queste città libere, specie di oasis in mezzo alle barbare regioni della valle del Congo, sarebbero destinate a portare il progresso, la civiltà ed il commercio poco per volta in mezzo al continente nero.

II Re Leopoldo crede fermamente che la storia comprovi che semplici società private possono acquistare diritti di sovranità in contrade ancora inesplorate e barbare. Ed a questo riguardo avrò l'onore di trasmettere fra non molto a V. E. alcune pubblicazioni che sostengono tale parere di diritto internazionale, e che sono state esaminate ed approvate, mi si assicura, dallo stesso Augusto Sovrano belga. E se vi sono nei trattati conchiusi dagli agenti del comitato di studi dell'alto Congo disposizioni singolari, ciò è motivato dall'obbligo pei detti agenti di dove·rsi uniformare agli usi locali.

Tuttavia il Re Leopoldo non dimentica mai di essere il Monarca di un Paese neutrale e usa molta prudenza ed insigne accortezza nelle sue trattative relativamente alle faccende africane.

Un personaggio molto addentro nei divisamenti del Sovrano, mi diceva pochi giorni or sono: «Sappiamo che S. E. Mancini apprezza al giusto loro valore i progetti eminentemente civilizzatori del nostro Monarca e speriamo vederlo nelle nostre idee ». Ho creduto travedere in queste parole il fatto che S. M. probabilmente avrà avuto comunicazione, per mezzo dello stesso istituto di diritto internazionale, di quanto V. E. si compiacque scrivermi nell'ossequiato dispaccio del 20 novembre u.s., serie politica n. 43 (1), di cui ho l'onore di queste contingenze di ringraziare V. E., cioè che ella sarebbe stata lieta di contribuire per parte sua ad uno scambio di idee colle altre Potenze, affinché la risoluzione del detto istituto fosse presa in considerazione.

Io credetti, tenendomi sulle generali, di poter rispondere al mio interlocutore, il quale lo avrà probabilmente ripetuto a S. M., che infatti la mente illuminata e perspicace di V. E. era per la tutela di ogni grande principio internazionale di libertà e progresso, badando però di evitare con somma cura i possibili attriti fra le varie Nazioni.

Le informazioni raccolte da persone autorizzate sono, come V. E. constaterà, di carattere confidenziale. Nella speranza che V. E. si compiacerà di trovare che il linguaggio da me usato è conforme allo spirito delle istruzioni ricevute ...

(l) -Allegata al presente rapporto si trova la seguente annotazione di Malvano: «Dica al conte Kalnoky che la nostra sollecitudine è pure rivolta verso questo grave soggetto. Persistendo nel nostro fermo proposito di tenere! all'infuori da una situazione di cui ora appariscono i pericoli e le responsabilità, noi cl limiteremo, quando fosse strettamente neces~ario, alla tutela dei nostri interessi nel Mar Rosso (che sono fortunatamente lontani assai da ognicontingenza di minaccia?) Se le Potenze stimano utile la presenza di loro legni nel Mar Rosso, a difesa delle rispettive colonie lungo la costa, noi saremmo disposti a cooperare a questo compito inviando oltre n canale, nei paraggi di Suakin e di Massaua un nostro legno.Cerchi sapere se esiste una identica Intenzione da parte del governo austro-ungarico». (2) -R. 117 del 2 dicembre 1883, non pubblicato.

(l) Cfr. n. 733.

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L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1582/380. Londra, 6 dicembre 1883 (per. l'11).

Le gravi considerazioni alle quali possono dar campo i dispacci dell'E. V. del 12 e del 25 novembre scorso, tnn. 170 (l) e 177 di questa serie (2), e le apprensioni del governo italiano in essi manifestate in rispetto a Biserta, non hanno fatto, per ora, argomento di alcuna comunicazione in iscritto, ufficiale o privata, fra quest'ambasciata ed il governo inglese; ma bensì di comunicazioni verbali, nelle quali si sono lasciate solamente travedere.

Ho l'onore intanto di riferire brevemente all'E. V. ciò che mi è stato detto confidenzialmente al Foreign office relativamente a Biserta.

Il governo inglese non è inconscio dei pericoli che potrebbero nascere nel Mediterraneo colla costruzione di fortezze sopra alcuni punti della Tunisia e principalmente colla trasformazione di Biserta in porto militare.

Cionondimeno dalle notizie che ha ricevute fino a quest'oggi, (ed i suoi agenti esercitano la maggiore vigilanza), non ha motivo di sospettare che il governo francese, abbia l'intenzione, come ne ha il desiderio, di porre mano alla costruzione di alcune fortezze in Tunisia. Né certamente una tale intenzione potrebbe arguirsi dal fatto della pubblicazione del decreto del Bey sulle «piazze di guerra e i posti militari », che secondo il governo inglese, non è né indizio né conseguenza di ciò.

Benché il Foreign office non abbia l'abitudine, allontanandosi dall'ordine dei fatti di discutere delle ipotesi, pure io sono stato informato che il giorno ìn cui il governo francese, contrariamente ad ogni aspettazione, si accingesse effettivamente a costruire un posto militare in Biserta, il governo inglese protesterebbe, interponendo la propria autorità per impedirlo.

Debbo aggiungere che l'epoca dell'occupazione francese di Tunisi e della stipulazione del trattato del Bardo, le dichiarazioni più esplicite, verbali e scritte, furono date all'Inghilterra che alcuna fortezza non sarebbe eretta a Biserta; ed il governo inglese fa assegnamento che la Francia manterrà ciò che ha promesso.

752

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (3)

R. 239. Parigi, 6 dicembre 1883 (per. l'11).

Col suo telegramma del 29 novembre ultimo e con quello del 1° dicembre seguente (4), confermato dalla successiva comunicazione fattami del rapporto

del conte Nigra del 22 novembre ultimo (1), l'E. V. si compiaceva informarmi dello stato della questione vertente con questo governo della Repubblica rispetto alla abolizione della giurisdizione consolare in Tunisia. In seguito a tali comunicazioni io credei di dovere intrattenere su quell'argomento il signor Ferry nel colloquio che io ebbi ieri con lui. S. E. mi disse che accettava in massima, ad eccezione di alcuni particolari, le proposte di V. E. che egli considerava come molto giudiziose; in una sola però non poteva concordare, ed era quella che in sostanza comportava l'abolizione della pena di morte. Il signor Ferry mi diceva che non avrebbe potuto propugnare una tale disposizione, benché dettata da un generoso sentimento umanitario, poiché ciò avrebbe urtato l'opinione più generale in Francia, che spaventata dall'incremento nel numero dei più atroci delitti scorge nella minaccia dell'estremo supplizio, una tutela valevole per la vita degli onesti contro la malvagità degli scellerati. Il presidente della Repubblica, soggiungeva il signor Ferry, malgrado la sua ripugnanza a sancire la pena di morte, dovette in questi ultimi tempi dar corso alla esecuzione di parecchie di quelle sentenze per ubbidire al sentimento del pubblico che chiedeva l'applicazione della pena.

Il signor Ferry mi disse, per contro, sperare di poter dare soddisfazione alla richiesta di V. E. col sottoporre ai tribunali ordinarii le cause che, se~ondo la legislazione francese, sono deferite al contenzioso amministrativo. Egli pensa che, senza provocare al riguardo una deliberazione del parlamento, presso il quale si incontrerebbe forse qualche opposizione, basterebbe un semplice decreto del Bey per prendere un simile provvedimento.

* Allorché io ebbi l'onore di vedere in Monza l'E. V., ella mi parlava del suo intendimento di fare applicare in Tunisia le disposizioni del nostro codice di commercio alle cause commerciali insorte fra italiani; domandai in conseguenza al signor Ferry se fosse stata presa qualche deliberazione in proposito. Ma s. E. mi disse che non lo si era intrattenuto di quella questione. Insomma, * da quella prima parte della mia conversazione mi è parso di poter dedurre che il signor Ferry non mette in dubbio le buone disposizioni di V. E. per giungere ad un accomodamento rispetto alla abolizione della giurisdizione consolare.

Senza lasciar trapelare che mi erano note le condizioni poste dal governo inglese per un simile accomodamento, condussi la conversazione sui punti più essenziali di quelle condizioni, e potei accorgermi che esse erano accettate, specialmente quella che ha per oggetto di sottrarre i sudditi inglesi alla giustizia militare nei casi di competenza dei tribunali civili.

A ,questo proposito, il signor Ferry mi disse che l'E. V. si era alquanto inquietata del decreto del Bey che dichiara piazze di guerra e posti militari alcuni determinati punti della Reggenza. Al mio quesito circa la posizione che avrebbero avuto gli italiani rispetto all'autorità militare in quelle piazze, egli mi rispose che non sarebbero in alcun modo sottratti alla giurisdizione dei tribunali ordinarii nei casi di competenza di questi ultimi.

* Questo incidente mi trae a parlare della importanza da attribuire a quel decreto del Bey che fu oggetto del dispaccio di V. E. del 25 novembre (1), ultimo, al quale erano annessi una nota di V. E. al suo collega della Guerra su quell'argomento, e la risposta che vi faceva quest'ultimo in data del 23 novembre (1). Non credei di dover ragionare col signor Ferry sullo scopo del detto decreto, poiché è probabile che non ne avrei ricevuto che risposte alquanto vaghe ed incomplete. Ma è lecito di arguire il motivo che lo dettò dalle stesse condizioni attuali della Tunisia. La stampa si occupò di questo decreto, che venne interpretato nel senso di fornire al governo francese la facoltà di sostituire, in certe località, l'autorità militare alla autorità civile per ragioni di sicurezza e di ordine pubblico. Ma i giornali ufficiosi risposero che si aveva avuto semplicemente in mira di mantenere sgombri intorno alle fortificazioni i terreni che costituiscono la zona delle servitù militari, e che attualmente sono dovunque invasi da costruzioni ed altre illecite occupazioni. Comunque sia di quella ragione, è certo che, all'occorrenza, i francesi si varranno della qualità di luoghi fortificati per imporre in quelle piazze la polizia militare, se non agli europei, almeno agli indigeni, ave ciò loro torni a conto. Quelle piazze debbono inoltre servire di punti d'appoggio ed all'uopo di rifugio alle truppe sparse nella Reggenza per mantenervi il protettorato. Le loro fortifi~azioni non potrebbero probabilmente reggere contro i potenti mezzi di attacco moderni; ma saranno però sufficienti per resistere, almeno momentaneamente, ~antro una insurrezione delle popolazioni. Ed è in .questo senso che il nostro ministro della Guerra mi pare giudicare della importanza di tali piazze fortificate.

Divido poi l'opinione del prelodato signor ministro circa il pericolo che incorrerebbe la libertà del Mediterraneo, specialmente rispetto all'Italia, coll'impianto, per parte della Francia, di un porto militare nella rada di Biserta. Con questo da una parte e Tolone di fronte, sull'altra sponda del mare, non v'ha dubbio che la navigazione potrebbe facilmente essere inceppata dalle flotte francesi, le quali con tali posizioni nelle loro mani potrebbero diventare aggressive. La questione mi parve sempre seria assai, e mentre io avevo l'onore di rappresentare il R. governo in Inghilterra, ebbi più volte, nelle mie conversazioni, l'opportunità di portare l'attenzione del ministro degli Affari Esteri della Regina su quella eventualità. Mi sembra che la questione interessi non solo l'Italia, ma bensì ancora tutte le altre Potenze marittime che trafj'icano nel Mediterraneo, fra le quali la Gran Bretagna, la Germania, l'Austria, la Turchia, senza parlare delle altre.

Conchiuderei adunque che ciò non fu fatto all'epoca del Congresso di Berlino potrebbe combinarsi attualmente; le Potenze, cioè, interessate, dovrebbero concertarsi per opporsi o dichiarare che si opporrebbero a qualsiasi stabilimento marittimo militare nei porti della Reggenza tunisina.

E' bensì vero che il pericolo sovra accennato non è vicino, poiché per trasformare Biserta in porto da guerra, occorre una spesa considerevole che si valuta a non meno di cento milioni di franchi, attesoché bisognerebbe prov

vedere non solo alla costruzione degli edifizi necessarii per un porto militare, ma anzitutto a scavare la rada che, a quanto pare, è attualmente quasi invasa dalle melme, ed alla quale non si potrebbe avere accesso che mediante un nuovo canale da aprirsi attraverso il lido. Però anche con poca profondità di acqua si potrebbe avere a Biserta, come a Porto Farina, una flottiglia di cannoniere o meglio ancora di torpediniere, che oramai sono considerate, non solo come la miglior difesa delle coste, ma anche il più potente mezzo di attacco contro le grandi navi. Ciò che si dice dell'importanza di Biserta può applicarsi a Porto Farina, ed anche ad altre località della costa, compresa fra Biserta ed il Golfo di Gabes * (1).

(l) -Cfr. n. 725. (2) -Non pubblicato. (3) -Ed., con alcune varianti e ad eccezione del brani tra asterischi, !n LV 43, pp. 133-134. (4) -T. 797 del 28 novembre e T. 803 del 1° dicembre 1883, non pubblicati.

(l) Non pubblicato.

(l) Non pubblicato.

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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

L. P. Costantinopoli, 7 dicembre 1883.

I nostri spiriti s'incontrarono, le nostre epistole s'incrociarono per la via. Però non voglio aspettare a dirti quanto piacere m'abbia fatto il pensiero, e quanto m'abbia interessato il contenuto che precisamente rispondeva in gran parte ai quesiti che ti sottoponevo. Ma innanzi tutto debbo farti le mie sincere congratulazioni per essere infine stato fatto membro dell'inclito consesso. E' poca cosa per te, ma se non altro non avrai più l'incomodo di prendere il biglietto quando viaggi per le ferrovie dello Stato. E chi ci guadagna è il consesso suddetto.

Il Crispi non poteva veramente essere più infelice del suo discorso sia per la forma e più ancora per la sostanza. Ma credi pure che questo discorso sarà presto dimenticato imperocché in Italia ben pochi son quelli che s'intendono di politica estera, debolissimo è il sentimento di dignità, e gli intrighi, gli interessi le ire personali vi esercitano assai maggiore influenza che la ragione e la verità. Di modo che io credo ancora tutto possibile se viene a mancare il vegliardo. Poco più felici furono Cairoli e Zanardelli. Il primo non trovò nulla di meglio da dire sulla questione che lo fece cadere che l'essere stato difeso dal Mancini, facendo allusione alle parole che questi pronunziò in conformità dello ecritto che gli passai al momento di parlare. Come se la condotta di Cairoli fosse stata conforme a quello che secondo de Launay ed io era da seguirsi. Zanardelli era evidentemente imbarazzato dalla sua posizione rispetto a Depretis. E tutt'assieme mi sembra che la pentarchia abbia fatto un gran fiasco. Ma dov'è l'uomo dell'avvenire? A meno che...

Il tuo avviso fu dunque seguito per la nostra ambasciata a Pietroburgo, e Greppi è al colmo della felicità. E poco importa che i russi ne siano poco soddisfatti stimandolo il minimum di ambasciatore. E fa onore al Mancini di mandare Blanc a Madrid dopo tutto quello che s'è passato. Ed ora che farà Tornielli? Non mi stupirebbe se facesse un colpo di testa. E s'ingegni.

L'affare del Sudan è assai grave per l'Inghilterra. Ha un bel dire Gladstone che l'Inghilterra non s'interessa alle cose al di là della prima cataratta, ma la responsabilità dell'avvenire dell'Egitto l'hanno tutta gli Inglesi, e dovranno pure sopportarne le conseguenze. Dufferin è desolatissimo di queste cose, ma gli sconsigliò la spedizione del Sudan, come risulta dai relativi Blue-Books. Felici noi che non abbiamo né Sudan né Tonkino, solo quel piccolo trastullo di Assab, tanto per divertire un po' il pubblico e più ancora qualche giovane amante di viaggi. E ben dici essere ventura per noi di non essere iti in Egitto, il che mi confermò sempre più nel convincimento che, malgrado le eccitazioni dei politicanti inspirati da tutt'altro che da patriotismo, il Paese non vuol saperne di avventure, e preferisce di consolidare economicamente ed amministrativamente la grand'opera della nostra redenzione. E tu sai quale sia la mia opinione a questo riguardo, non quella che mi poté sfuggire in un giorno di doloroso abbattimento, ma quella che professo in tempi normali, e che s'assomiglia assai ai suggerimenti dati dal Nigra.

Non vuoi dunque farci sapere quando sarà per piovere, e fai bene di tenerlo per te, che così potrai farti l'uomo più ricco del mondo. Ma, sul serio, è veramente strana la presente situazione che mentre tutti gli uomini di Stato fanno a gara ad emettere le più categoriche dichiarazioni di pace, né si vede quale Potenza possa nascondere velleità di guerra, si prova un sentimento di incertezza e d'inquietdine, e si fanno immani sacrifizi come se la guerra dovesse scoppiare da un giorno all'altro. Ne v'ha per me dubbio che questo stato di cose proviene in gran parte dal fatto che i fulmini stanno nelle mani d'un uomo il quale li può scagliare ogni qual volta gli piaccia. E senza questo lungo sfogo, ma è sì piacevole e raro di conversare con chi si sa che dice quel che pensa e non quel che gli conviene!

(l) Cfr. n. 763.

754

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA (l)

D. 192. Roma, 10 dicembre 1883.

Come già le telegrafai stamane (2), l'ambasciatore di Francia venne ieri da me per comunicarmi il contenuto d'un telegramma che, rispetto alla questione della giurisdizione in Tunisia, eragli pervenuto dal suo governo.

Il ministro francese degli Affari Esteri espone in quel telegramma gl'intendimenti del governo della Repubblica circa i vari punti che ancora rimanevano a concordarsi tra i due Gabinetti, e mostra di avere considerato con benevolenza e sollecitudine le avvertenze e le spiegazioni che circa quei punti ancora controversi gli furono fornite, sia dal signor Decrais dopo il colloquio che questi ebbe con me nel giorno 28 novembre, sia dall'E. V. in conformità delle istruzioni che, a guisa di riassunto di quel colloquio stesso, io J.vevo avuto cura di tosto impartirle.

Mi piace dichiarare senza indugio che l'accoglienza fatta dal signor Ferry alle nostre proposizioni, quale risulta dal telegramma comunicatomi dall'ambasciatore di Francia, mentre implica rispetto ad alcuni fra i punti da definirsi il soddisfacimento del nostro desiderio, ci porge altresì fondata speranza, anzi sicura fiducia, che, risoluti del pari gli altri punti, riusciremo in breve ad una completa e favorevole conclusione. Seguendo l'ordine stesso in cui figurano codesti vari punti nel mio dispaccio del 29 novembre (1), dirò brevemente il pensiero del governo francese riguardo ad essi, così come me ne fu data notizia dal signor Decrais.

Il governo francese consente a riformare il decreto presidenziale del 14 aprile 1883, relativo alla nomina degli assessori nelle cause penali, in guisa che quando l'accusato sia straniero, i tre assessori stranieri debbano scegliersi nella lista dei suoi connazionali, e solo allorché questa sia deficiente, tra stranieri d'altre nazionalità o francesi. Così modificata, codesta disposizione corrisponde abbastanza al nostro desiderio, non dovendo noi neppure preoccuparci, in quanto ci concerne, di una eventuale deficienza di assessori italiani, troppo essendo numerosa la colonia nostra perché tale contingenza possa avverarsi. Il governo francese aggiungerà ben anche, nel predetto decreto, queste due clausole: che tanto l'accusato, quanto il pubblico ministero possano ricusare un certo numero di assessori, e che l'accusato possa sempre preferire, se vuole, assessori francesi. Naturalmente noi non abbiamo obbiezione contro queste due aggiunte, delle quali la prima corrisponde ad una massima universalmente ammessa in consimili giudizi, e la seconda non fa che attribuire all'imputato una facoltà di cui è libero e può talvolta opportunamente giovarsi.

Rispetto all'esercizio dell'avvocatura, il signor Ferry ammette senz'altro che, oltre i così detti défenseurs, possano liberamente patrocinare anche avvocati stranieri dilment qualifiés, vale a dire avvocati che abbiano i requisiti richiesti dalle leggi e consuetudini del loro Paese. Questa dichiarazione del ministro francese degli Affari Esteri risolve nella parte più importante il secondo dei punti enumerati nel mio dispaccio del 29 novembre. Però noi vorremmo che il signor Ferry, riassumendone benignamente l'esame, si inducesse a provvedere anche per i défenseur e procuratori, consentendo che gli stranieri siano dispensati dall'obbligo d'una dimora quinquennale in Tunisi, e dello stage biennale soltanto presso un défenseur od avoué esercente in Francia o in Tunisi; a que,sta condizione sarebbe equo di surrogare, per gli stranieri, semplicemente l'obbligo di un biennio di pratica legale anche presso lo studio di un avvocato o procuratore legalmente esercente nel suo proprio Paese; ed in ogni modo non dovrebbero essere spogliati del loro diritto quegli avvocati italiani che già esercitano di fatto presso il nostro tribunale consolare funzioni corrispondenti a quelle di défenseurs o di avoués secondo il decreto del 1843. Noi vorremmo del pari che fosse consentita l'agevolezza da noi chiesta a favore dei nostri nazionali, per la loro ammessione agli impieghi di cancelleria presso i nuovi tribunali, ed in ogni men favorevole

ipotesi acciò siano compresi fra gl'impiegati appo i tribunali medesimi que' pochi che attualmente trovansi impiegati presso il nostro tribunale consolare.

Il signor Ferry non crede di poter ammettere la riserva da noi desiderata per la contingenza di condanna capitale che possa venir pronunciata dal nuovo tribunale contro cittadini italiani. La sua ripugnanza si fonda sopra la niuna analogia che, a suo avviso, esisterebbe tra la nuova magistratura in Tunisi e i tribunali della riforma in Egitto. A questa abbiezione ho anticipatamente e con molta chiarezza risposto nel mio dispaccio del 29 novembre. Quanto all'esempio da me invocato di clausole analoghe stipulate in occasione di trattati di estradizione, qui acchiudo una breve memoria (l) dalla quale apparisce che la riserva da noi desiderata nel caso presente tende a divenire quasi canone sistemati:co di diritto pubblico presso i governi dei Paesi che hanno abolito la pena capitale. La formola che noi proporremmo, come quella che ci sembra la più semplice e la più corretta, è quella già scritta in alcuni de' trattati, che cioè nel caso di condanna 'Capitale sia concordato doversi la pena commutare, in via di grazia, in quella immediatamente inferiore secondo la legge applicata dal tribunale.

La questione del contenzioso amministrativo è a Parigi ancora allo stulio, ma il signor Ferry mi ha fatto dichiarare dal signor Decrais il suo vivo lesiderio di mettersi con me d'accordo anche su questo punto. Ho pregato 11 signor Decrais, ed ora prego anche V. E. di voler esprimere la mia riconoscenza al ministro francese degli Affari Esteri. A me sembra che ogni difficoltà possa facilmente essere rimossa, anche se non vogliasi menzionare espli.:itamente quest'argomento, quando si accetti questa nostra formola: dovere 11 nuovo magistrato subentrare pienamente nella giurisdizione finora esercitata dal tribunale consolare in tutte le materie che sono attualmente di sua competenza. In tal guisa la questione del contenzioso si troverebbe, per noi, implicitamente risoluta, senza che la si debba formalmente sollevare e discutere, mediante un provvedimento che a tale materia direttamente e tassativamente si riferisca.

Rimane infine il tema della giurisdizione militare. Il telegramma del ,;ignor Ferry contiene, a questo riguardo, la dichiarazione che «il recente decreto relativo alle piazze di guerra in Tunisia ha il solo effetto di restringere (restreindre) l'estensione delle servitù militari ». La parola restreindre non è sembrata abbastanza chiara allo stesso signor Decrais, che si è riservato di chiedere a Parigi ulteriori spiegazioni a tal proposito. In ogni modo, quando sia escluso che il decreto del Bey possa avere alcuna influenza sul regime giurisdizionale in Tunisia, a noi non rimane che prendere atto della completa accettazione della proposizione nostra, come trovasi enunciata nel dispaccio del 29 novembre, che, cioè, «nell'intero territorio tunisino, senza distinzione tra quelle che il Bey dichiarò piazze forti ed ogni altra località, avrà efficacia esclusivamente la giurisdizione del magistrato ordinario, tranne i soli casi specifici tassativamente enumerati dallo stesso codice militare francese, e che anche in Francia apparterrebbero alla competenza militare ».

52 --Documenti diplomatici -Serle li -Vol. XV-XVI

Dopo quanto precede, ben vede V. E. che oramai siamo prossimi ad un completo accordo circa questo delicato argomento, col quale si connettono cosi considerevoli interessi italiani. Lo stato delle opinioni in Italia e nel nostro parlamento non vi consente sopratutto di abbandonare l'argomento relativo all'eventualità, per quanto rara e remota, di qualche condanna capitale, senza farne oggetto di una clausola preservativa. Attendiamo altresì di conoscere le intenzioni del governo francese sopra le ultime due avvertenze accessorie con le quali si chiude il mio precedente dispaccio del 29 novembre.

Il signor Decrais si è volenti<eri assunto l'ufficio di far pervenire a Parigi raccomandazioni e schiarimenti che giovino ad affrettare la conclusione del negoziato. Ma io mi affido anche all'autorità ed alla sperimentata abilità dell'E. V. acciò ella voglia, dal canto suo, dimostrare al ministro francese degli Affari Esteri la ragionevolezza delle poche domande che ancora rimangono da accogliersi, e che provvedono anch'esse, come le altre tutte, ad esigenze di interesse comune per entrambe le parti.

(l) -Ed. in LV 43, pp. 135-138. (2) -T. 830 del 10 dicembre 1883, non pubblicato.

(l) Cfr. n. 746.

(l) Non pubblicata.

755

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3368. Berlino, 10 dicembre 1883 (per. il 14).

J.e me suis empressé de porter à la connaissance du secrétaire d'Etat le message dont Notre Auguste Souverain daignait me charger pour l'Empereur Guillaume (télégramme expédié par V. E. dans la nuit du 8 au 9 courant) (l).

J'avais soin de bien accentuer que l'invitation du Roi était dictée par le sentiment de sa cordiale amitié envers le prince impérial. Sa Majesté attachait ùonc un prix tout particuHer à une acceptation. Je me permettais d'ajouter que la durée du séjour à Rome de San Altesse Impériale se trouvant très limitée en suite de l'approche des fétes de Noel-dernier terme fixé, d'après ce que j'apprenais, pour le retour à Berlin. Nos Augustes Souverains tiendraient d'autant plus à éviter la perte de temps qui résulterait nécessairement si le prince ne logeait pas au Palais Royal. San Altesse Impériale en agréant une hospitalité offerte de tout coeur, donnerait à la visite ce caractère d'intimité qui répond si bien aux rapports existant entre !es deux dynasties et !es deux Nations. Au reste, si l'hòte du Roi préférait occasionnellement recevoir quelques personnages ailleurs qu'au Palais de Sa Majesté, !es audiences pourraient facilement avoir lieu dans la demeure du représentant diplomatique.

Le comte de Hatzfeldt se réservait d'en réferer dans l'après midi à l'Empereur. Dans la soirée il m'écrivait le billet suivant:

<< Je m'empresse de vous dire que l'Emperur est très touché de l'invitation adressée par Sa Majesté le Roi d'Italie, au prince impérial de descendre

au Palais à Rome. Par ordre de Sa Majesté, je télégraphie au prince pour

l'en informer, en ajoutant que Sa Majesté l'engage à accepter cette aimable

proposition.

En meme temps je conseille à Son Altesse Impériale, de la part de l'Empereur, de quitter l'incognito en arrivant à Genes ».

J'en ai aussitòt transmis avis télégraphique à V. E. (1), en disant que je n'avais pas besoin de mentionner que par conséquent le Prince Impérial devrait etre reçu dès son arrivée à Genes avec tous les honneurs qui appartiennent à son rang et à sa mission.

Dans mon dernier entretien avec le secrétaire d'Etat, celui-ci m'a laissé entendre, lors meme que la décision pour une visite au Pape fU.t encore en .;uspens, qu'il n'y aurait guère moyen de s'en dispenser. La Prusse a une représentation diplomatique près le Vatican. A moins de vouloir briser les vitres, on ne pourrait avoir l'air d'ignorer en quelque sorte l'existence du Saint Père durant le séjour du prince héréditaire dans notre capitale. Telle était du moins l'opinion de S. E. Je lui exposais alors quelle était notre manière de voir à cet égard, en me prévalant de la seconde partie de votre télégramme, et en la développant avec mesure.

La Germania, organe de la fraction catholique du centre, témoigne quelque dépit de ce qu'une visite éventuelle du prince au Pape, soit déjà représentée par les journaux officieux camme un accessoire, un simple appendice de celle au Roi d'Italie.

J'ai l'honneur de remercier V. E. pour son dernier télégramme d'hier au soir (2). Son contenu est assez conforme aux explications transmises par cette ambassade sur le meme sujet.

V. E. lira avec plaisir une correspondance datée de Rome au sujet de notre politique étrangère que la Nord deutsche Allgemeine Zeitung a publiée dans son numéro du 11 courant. Je m'abstiens de lui en transmettre le texte, puisque je sais que le ministère est abonné à cette feuille. La correspondance dont il s'agit fait ressortir, entre autres, que V. E. a rendu un véritable service au Pays en adoptant avec énergie une politique basée sur l'accord intime de l'Italie avec l'Allemagne et l'Autriche-Hongrie.

(l) T. 824 del 9 dicembre 1883, non pubblicate

756

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 385. Londra, 10 dicembre 1883 (per. il 14).

Qual sia l'opinione degli inglesi sul viaggio che il principe imperiale di Germania si accinge a fare in Roma per visitare il Re ed il Pontefice, si può rilevare da alcune osservazioni del Times d'oggi, e sono le seguenti:

Scopo della diplomazia del principe di Bismarck, dice il Times, è stato sempre di stringere in amichevole relazione colla Germania qualsiasi Potenza che abbia cagione di lamentarsi della Francia.

È coerente con questo scopo il tentare una riconciliazione fra la Germania ed il Vaticano; perciocché il Pontefice ha doglianze contro la Francia maggiori di quelle che aveva contro la Germania per le leggi di Maggio, ora abrogate. D'altra parte, una tale riconciliazione procurerebbe al principe di Bismarck il favore del partito del centro nel Reichstag e lo libererebbe dagli impacci di una lotta amministrativa ostinata e senza frutto.

Uno scambio di cortesie fra la Germania ed il Vaticano non sarà quindi opera inutile, purché fatta in guisa che non susciti le gelosie dell'Italia.

Se mai la Francia fosse tentata a riaprire quel capitolo di storia che gli fu chiuso nel 1871 si avvedrebbe come la Germania abbia amici in ogni parte d'Europa, ed essa uno spazio vuoto d'ogni intorno.

(l) -T. 1484 dell'8 dicembre 1883. non pubblicato. (2) -T. 826 del 9 dicembre 1883, non pubblicato.
757

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2016. Vienna, 11 dicembre 1883 (per. il 15).

Recatomi oggi dal conte Kalnoky al suo settimanale ricevimento, gli esposi a senso del dispaccio del 5 corrente, n. 1566 (1), gl'intendimenti dell'E. V. a riguardo dell'eventuale invio di una regia nave nel mar Rosso nel paraggi di Suakin e di Massaua; onde qualora le Potenze stimassero utile la presenza di un loro legno in quel mare a difesa delle loro colonie, cooperare a tal compito tutelando così anche dal canto nostro gl'interessi italiani nel mar Rosso.

Alla mia domanda poi se il governo austro-ungarico abbia uguali intenzioni, S. E. dissemi aver già fatto conoscere all'E. V. a mezzo del conte Ludolf da cui analoga interpellanza eragli stata fatta; che il governo imperiale non si proponeva di spedire appositamente una nave da guerra in quei paraggi non avendo nell'alto Egitto altri interessi da tutelare che proteggere ben pochi sudditi stabiliti a Chartum, ed alcuni frati Cophti il cui convento è sotto la protezione dell'Austria-Ungheria; ma si gli uni che gli altri avendo già preso la via del Nilo per rifugiarsi nel Basso-Egitto, più non occorreva pensare a loro.

Ciò dettomi S. E. mi aggiunse che però oggi stesso il nuovo comandante in capo la Marina che mostra aver intenzione di far navigare assai più i suoi ufficiali di quanto facesse il sno predecessore avevagli rimesso un progetto di varii viaggi ad intraprendersi per istruzione delle navi imperiali fra i quali aveva trovato compreso l'invio di una cannoniera a Bombay passando pel mar Rosso, viaggio che si effettuerebbe in principio di gennajo.

Il conte Kalnoky che compiacevasi gentilmente darmi lettura della proposta del vice-ammiraglio Sterneck relativa al suddetto viaggio dicevami: che sebbene fermo restando nel suo primo modo di vedere non trovava inconvenienti acché la cannoniera di cui è caso transiti pel mar Rosso, e che anzi riservavasi secondo le circostanze, di fermarla nel suo viaggio in quella località che potrebbe per avventura essere necessario, oppure di !asciarle proseguire il suo cammino alla volta delle Indie.

Ringraziai S. E. per tal comunicazione osservandogli come impressione mia, ritenere probabile che il R. governo abbia a mandare una nave in quei paraggi, le notizie ultime del Sudan mostrando che l'azione del Mahdy comincia già a farsi sentire in vicinanza della costa dove l'Italia ha evidenti interessi da tutelare a cominciare da quelli che gli crea il suo possesso d'Assab.

Confermando così il mio telegramma di poco fa' (l) prego l'E. V. a voler gradire etc.

(l) Non pubbllcato.

758

L'INCARICATO D'AFFARI A BRUXELLES, GERBAIX DE SONNAZ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 122. Bruxelles, 11 dicembre 1883 (per. il 14).

Ho l'onore di qui uniti inviare a V. E. i vari stampati (2) di cui era cenno nel mio rapporto n. 118 del 3 dicembre {3).

S. M. il Re Leopoldo ha lette queste pubblicazioni, e so, in via confidenziale, che ne approvò i concetti in esse sviluppati.

Ultimamente il Sovrano belga parlando col signor Heinrich Geffeken, memb;:o dell'istituto di diritto internazionale, gli diceva: come a lui parrebbe equo che società private acquistassero, nelle contrade ancora inesplorate, dagli indigeni i diritti di sovranità, e citava, per avvalorare il suo dire, gli esempi antichi e moderni menzionati dal signor Travers-Twiss nell'articolo qui pure annesso; ritornava sulla idea di costrurre città libere lungo il Congo; vorrebbe persino che i vari Stati riconoscessero alle società esploratrici della valle del Congo una bandiera, la quale godesse di quei diritti che appartengono al vessillo di ogni singolo Stato.

Infine Re Leopoldo II è caldo fautore del voto dell'assemblea di diritto internazionale di Monaco sulla libera navigazione del Congo. Ed a questo riguardo qui fece buona impressione il passo del messaggio del presidente degli Stati Uniti sulla grave questione africana, passo che è concepito nei termini seguenti:

<<Gli Stati Uniti non possono essere indifferenti all'opera proseguita dalla associazione africana al Congo; giacché gli interessi dei cittadini americani vi sono impegnati; e potrebbe diventare opportuno per gli Stati Uniti di inten

dersi con altre Potenze commerciali, affine di affrancare dall'intervento o dal controllo politico di qualsiasi Nazione, il diritto di trafficare o di risiedere nella valle del Congo ».

Queste parole vennero commentate con soddisfazione dall'ufficioso Echo du parlement in uno dei suoi ultimi numeri.

La dichiarazione netta del presidente Arthur corrisponde appunto ai savi criteri di V. E. sulla libera navigazione commerciale della grande arteria africana.

Dalle notizie pervenute qui recentemente risulterebbe che lo Stanley, rimesso in miglior salute, avrebbe rinunciato a tornare in Europa, almeno pel momento.

(l) -T. 1499 dell'll dicembre 1883, non pubblicato. (2) -Non sl pubblicano. (3) -Cfr. n. 750.
759

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2018. Vienna, 12 dicembre 1883 (per. il 17).

Conversando ieri col conte Kalnoky credetti potermi permettere di rivolgergli l'interrogazione che tutti si fanno qui: se cioè consta fin d'ora che il signor di Giers nel far ritorno a Pietroburgo passerà o non da Vienna.

S. E. molto gentilmente risposemi di non aver avuto ancora nessuna comunicazione al riguardo, aggiungendo che sostanzialmente non vi ha necessità di sorta che il signor di Giers s'abbocchi con lui; visto che stante i legami che uniscono il Gabinetto di Vienna a quello di Berlino, tutto ciò che il ministro degli Affari Esteri di Russia ebbe a dire al principe di Bismarck a Friedrichsruhe deve ritenersi come se fosse stato del pari detto a Vienna. Egli non mi dissimulava però che stante l'importanza che la stampa annette acché il signor di Giers passi da Vienna per rientrare in Russia, vi sarebbe un certo vantaggio a che ciò avvenga.

Il conte Kalnoky coglieva quell'occasione per dirmi che effettivamente le dichiarazioni state fatte a Berlino furono così esplicitamente amichevoli e pacifiche che le relazioni fra la Germania e l'Austria da una parte e la Russia dall'altra, avevano in conseguenza di ciò subito una notevole trasformazione. Sorridendo poi S. E. aggiungeva, che anche questa volta come di consueto, le voci allarmanti cessano all'entrare dell'inverno e dell'estate, per riprendere all'avvicinarsi della primavera e dell'autunno. Osservazione questa esattissima ma che non può essere considerata se non come la conferma di quel malessere che non senza ragione turba l'Europa e che ci costringe tutti a tenerci costantemente preparati ad affrontare una crisi, che quando si verificherà non potrà dirsi inaspettata.

L'ambasciatore russo principe Lobanov parte domani per la Svizzera e starà assente una settimana, evidentemente, egli recasi a Montreux per conferire col suo capo.

760

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 3371. Berlino, 13 dicembre 1883 (per. il 23).

L'agence Havas télégraphie que l'ambassadeur de la République à Berlin, sur l'invitation du chancelier, s'est rendu avant hier à Friedrichsruhe. La nouvelle est exacte, à cette variante près que le baron de Courcel a sollicité une audience à son rétour de congé, et que le prince de Bismarck a fini par répondre oui, après quelques hésitations.

Avant que ce diplomate quittàt Paris, le prince de Hohenlohe, en suite de ses instructions, donnait au nom du governement impérial à monsieur Jules Ferry des assurances le plus positives de bon vouloir et de la ferme intention de persévérer dans une attitude qui n'était autre que de s'abstenir de susciter des embarras au Cabinet présidé par cet homme d'Etat, et meme de contribuer, si possible, à lui faciliter sa tàche. Pour éviter tout commentaire de la presse, les journaux de Berlin ne souffleraient mot de cette démarche d'un caractère confidentiel. Monsieur Ferry, très sensible à ce procédé, chargeait monsieur de Courcel de se rendre de vive voix l'interprète de ses meilleurs remerciements, en demandant à cet effet une entrevue avec le chancelier par l'entremise du secrétaire d'Etat. Le comte de Hatzfeldt représentait tout d'abord à l'ambassadeur que la requete avait fort peu de chances d'etre accueillie favorablement. Mais il écrivait au prince de Bismarck qui, après deux jours de réflexion, envoyait son consentement.

Il n'est pas moins digne d'attention que le chancelier, contrairement à ses habitudes, ait levé la consigne si sévère. Vous savez, monsieur le ministre, par la correspondance de cette ambassade, qu'il attache un certain prix au maintien du Cabinet actuel à Paris par la crainte que son renversement ne fraye la voie à des hommes dangereux surtout pour la conservation de la République laquelle offre à Son Altesse plus de garanties, pour la sauvegarde de la paix, qu'une restauration monarchique.

S'il ne peut à la longue lui mettre des bàtons dans les roues, de moins cherche-t-il à en retarder l'avènement. Cela explique les déclarations amicales récemment faites par le prince de Hohenlohe et que le chancelier aura confirmées durant les 24 heures passées à Friedrichsruhe par le baron de Courcel. Le moment semblait d'ailleurs assez indiqué de mettre une sourdine à tout le bruit fait autour du voyage du prince impérial en Espagne où des journalistes ont commis l'indiscrétion de rapporter certains propos assez compromettants pour les relations avec la France. La visite du prince à Rome peut aussi donner lieu à des suppositions exagérées, camme s'il s'agissait d'établir de nouveaux accords, tandisqu'elle n'est que la consécration des anciens, et un témoignage public des excellents rapports entre l'Allemagne et l'Italie.

Le prince de Bismarck est passé maitre pour enguirlander son monde, sans jamais aller au delà de la mesure qu'il se fixe lui-meme. Il aura usé du meme procédé envers monsieur de Courcel.

A propos des relations avec la France, j'ai lu avec un vif intérèt parmi les documents diplomatiques n. 43 (XXXIV) (l) un rapport de S. E. le général Menabrea, sur des tentatives faites pour ménager une rencontre de monsieur Gambetta avec le prince de Bismarck. Voici ce qui me résulte de renseignements puisés à bonne seurce. Monsieur Gambetta aurait en effet, en vaie très indirecte, laissé entrevoir à une tierce personne un tel désir; mais on n'y donna aucune suite, probablement parceque le désir était exprimé d'une manière trop vague. En septembre ou en octobre 1882 cet homme d'Etat voyageait en Allemagne, et de Dantzig se dirigeait en touriste vers une des possessions du chancelier, en se bornant à inspecter la localité, sans demander à visiter le Chatelain.

Celui-ci ne sut que trop tard, et exprimait le regret que monsieur Gambetta n'eut pas franchi le seuil de sa demeure. Les choses en sont restées là. Mais ce que trouve entièrement invraisemblable dans le récit fait à mon excellent collègue à Paris, c'est que le prince de Bismarck se déclarat consentant à une entrevue dont son partner fixait en quelque sorte d'avance le programme, à savoir qu'on traiterait spécialement de l'Alsace-Lorraine; quelques engagements pourraient ètre convenus à cet égard, lesquels ne seraient pourtant exécutoires qu'après la mort de l'Empereur. Les pourparlers préalables auraient eu lieu par l'intermédiaire d'un Baron Henkel.

Il s'agit évidemment d'un comte Henkel de Donnersmark, jouissant re peu de considération, mais qui a le talent de laisser croire dans son entourage, qu'il exerce à tour de ròle une influence à Paris et à Berlin. C'est là un porte-voix qu'on ne choisirait certainement pas ici. Mais que le prince de Bismarck se prétat à entrer en arrangements sur l'Alsace-Lorraine, on ne saurait l'admettre. En vaie détournée, la diplomatie française avait dans le temps essayé d'attacher le grelot en faisait entendre, entre autres, qu'on ne reculerait devant aucun sacrifice d'argent pour payer le rançon des provinces conquises. Le prince de Bismarck rompait aussitòt l'entretien en s'écriant «trois fois non; pas un mot de 'Plus sur ce sujet ». Quant à réserver une mise à excécution après la morte de l'Empereur, ce serait une énormité, une inconvenance dont le chancelier est incapable. Il est trop habile d'ailleurs pour se mettre, par un pareil aveu, à la discrétion d'autrui. L'avenir peut amener bien des surprises, mais dans les conjonctures actuelles le prince de Bismarck se perdrait dans l'opinion publique et dans l'armée surtout, s'il voulait réviser les résultats de la guerre du 1870.

Si, camme l'Allemagne, nous tenons à adresser à la France, ainsi que le

suggère sagement notre ambassadeur à Paris quelque parole bienveillante et

rassurante, cela rentre dans notre programme d'éviter tout ce qui pourrait res

sembler à une provocation. Mais il faudrait que la France usat de réciprocité à

notre égard, et méme d'initiative.

En vous retournant, ci-joint, dument signé, le récépisse des documents

diplomatiques qui m'ont été envoyés en date du 10 courant, pour etc. etc.

(l) Cfr. n. 728.

761

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3372. Berlino, 14 dicembre 1883 (per. il 23).

Gràce aux explications de la Norddeutsche Allgemeine Zeitung et de la Provinzial Correspondenz, l'émotion produite par la malencontreuse nouvelle que le prince impérial se rendait à Rome pour faire une visite au Pape, sans mentionner tout d'abord qu'il s'agissait en première ligne d'une rencontre avec Notre Auguste Souverain, tend à se calmer. Néammoins, lors méme que cette mission ne vise le Saint-Père que d'une manière accessoire, l'acte de courtoisie dont il va étre l'objet a son importance et indique que la situation, tout en laissant encore bien des points obscurs, a subi quelque amélioration. Dans san dernier voyage à Rome en 1878, le prince héritier évitait de se présenter à Pie

IX. Le Culturkampf sévissait alors dans toute sa violence. Depuis l'élection de Léon XIII, il se manifestait de part et d'autre un certain apaisément, non pas que les parties en litige voulussent céder sur des questions de principe, ou sur d es droits réputés essentiels à l'exercice de leur autorité respective; mais elles se rendaient compte de la convenance d'en venir à un modus vivendi. De chaque còté se trouvaient des intransigeants qui travaillaient à perpétuer la lutte avec des arrière-pensées plus politiques que religieuses. Ils ont perdu évidemment du terrain. L'opinion publique se dessine en Allemagne pour un arrangement sauvegardant la suprématie de l'Etat, et tenant compte, dans la mesure du possible, des ménagements dus aux populations catholiques. Léon XIII de son còté incline vers la modération, ou du moins sait mettre plus de fermes que san prédécesseur dans ses relations avec l'étranger. C'est ce qui a permis le rétablissement d'une légation de Prusse près le Vatican, d'où il résulte aussi pour le prince impérial la nécessité de présente;· ses hommages à Sa Sainteté, ne fut-ce que par courtoisie. Mais il est évident, comme le fait ressortir la Norddeutesch Allgemeine Zeitung dans san numéro de ce solr, qu'on ne saurait le charger de la mission d'entrer lui-méme en pourparlers pour tàcher de délier le noeud gordien. Le fait à lui seul de la visite, si tant est qu'on trouve quelque compromis ingénieux pour écarter les susceptibilités de la Curie romaine, sera une preuve de bon vouloir et ouvrira peut-étre la voie à quelque combinaison réciproquement acceptable. Cette considération entrait probablement dans les calculs de l'Empereur et du prince de Bismarck lorsqu'il ont avec tant de precipitation modifié l'itinéraire du retour à Berlin du prince Frédéric-Guillaume, ce qui n'infirme en rien l'assertion qu'avant tout on attachait du prix à témoigner de l'amitié pour notre cour et pour l'Italie.

J'entends émettre l'avis que la prèsence de l'hòte de Sa Majesté au Vatican indiquerait le commencement d'une solution de ces questions d'étiquette et de délicats égards qui ont empéché jusqu'ici certains Souverains de rendre hommage à l'Italie nouvelle dans sa capitale. Je crois que leurs Majestés Apostolique, Catholique, et très-fidèle, ne se décideront pas de sitòt à entrer dans cette voie, et que surtout le Vatican se refusera pour longtemps encore, en ce qui le concerne, à lever la barrière. Le précedent d'un prince protestant ne tire pas tout à fait à conséquence.

Ce qui me frappe davantage, c'est que cette visite du futur Empereur d'Allemagne coYncide avec le moment où les rapports semblent très tendus entre Léon XIII et le gouvernement français. Est-ce là un pur effet du hazard, ou bien le prince de Bismarck n'a-t-il pas saisi la balle au bond pour prendre le contrepied de la politique de ses voisins, et de leur enlever, au bénéfice de sa cause, tout ce qu'ils perdront à vouloir engager à fond une lutte avec l'Eglise quoique l'expérience faite en Allemagne ne pouvait guère servir d'encouragement à une sorte de contrefaçon?

Quoiqu'il en soit, il importe que le gouvernement du Roi continue à s'en tenir scrupuleusement au programme établi depuis 1870: ni plus, ni moins. A vouloir en effet, appliquer trop rigoureusement en matière ecclésiastique Ies théories et l es principes, o n risque de commettre d es erreurs; et ce serait une erreur grave de porter une atteinte quelconque à l'esprit et meme à la lettre de la loi des garanties. Il convient que l'Europe voye dans notre conduite la preuve que la liberté qu'il s'agissait de conserver au Pape dans le domaine spirituel, est sauve.

762

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE E RISERVATO 1627/394. Londra, 15 dicembre 1883 (per. il 20).

Sono stato avvisato, in modo strettamente confidenziale, come il governo francese abbia mosso lagnanza che il Gabinetto britannico dia contezza al governo italiano delle sue negoziazioni rispetto a Tunisi, e come abbia voluto far credere che sospettava di un accordo fra l'Italia e l'Inghilterra sulla quistione Jella giurisdizione consolare.

Sono inoltre stato avvisato che il barone d'Estournelles, al suo arrivo in Londra, ha fatto notare che ulteriori comunicazioni fra il Foreign office e la Consulta renderebbero il governo italiano meno conciliativo nelle sue negoziazioni col governo della Repubblica, soprattutto per quanto concerne i reclami.

Quantunque io non abbia finora cagione da sospettare che i maneggi della Francia abbiano prodotto o possano produrre alcun effetto sull'animo di lord Granville, pure mi corre l'obbligo d'informare l'E. V., e di aggiungere che, mostrandomene affatto ignaro, io mi adopero, colla massima circospezione, presso Sua Signoria a renderli inefficaci,

Avrò l'onore di fornire alla E. V., fra due o tre giorni più utili e più precisi ragguagli su questo argomento, e, se facesse d'uopo, non mancherei di telegrafarle (1).

763

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA

D. 198. Roma, 16 dicembre 1883.

Ho letto con particolare interessamento il rapporto di V. E. in data del 6 dicembre n. 239 di questa serie (2) relativo ad un colloquio che ella ebbe col signor Ferry circa la sospensione della giurisdizione consolare in Tunisia, e mi piace manifestarle il mio compiacimento per le buone disposizioni mostrate dal presidente del Consiglio. Aspetteremo ora con fiducia la risposta alle ultime nostre proposte contenute nel dispaccio del 10 dicembre (3).

Sono pur grato all'E. V. di avermi comunicato il suo autorevole apprezzamento sul decreto beilicale relativo alle piazze forti tunisine, e sull'eventuale trasformazione di Biserta in porto militare. Certo un accordo fra le Potenze interessate a mantenere l'attuale equilibrio di forze nel Mediterraneo sarebbe quello che meglio salvaguarderebbe la nostra situazione; ma è pur evidente che tale accordo non sarebbe facile ad attenersi, specialmente per una dichiarazione collettiva che costituirebbe un atto assai grave, mentre, per quanto più specialmente ci concerne, potrebbe recare pregiudizio alla posizione di assoluto riserbo che abbiamo assunta e manterremo sino ad ora rispetto all'occupazione francese in Tunisia.

Intanto sembrano potersi considerare come abbastanza rassicuranti gli impegni che, riguardo a Biserta, sarebbero stati presi dalla Francia verso l'Inghilterra, ,dei quali era cenno in un rapporto della R. ambasciata in Londra, ch'io le trasmisi in copia con dispaccio del 12 dicembre n. 195 di questa serie (4).

(l) -Allegata al presente rapporto si trova la seguente annotazione di Malvano: «Rispondere osservando come fosse naturale che i due Gabinetti, aventi identico interesse nella quistione, si scambiassero amichevolmente idee ed informazioni. Però non venne mai meno, né dall'una né dall'altra parte, 11 proposito di agevolare, per quanto la responsabilità loro rispetto alle ragioni affidate alle loro tutele lo consentiva una soluzione conveniente della controversia. Se adunque il governo francese ha potuto concepire il dubbio accennato in questo rapporto, e il Catalani farà opera opportuna e leale verso l'Inghilterra trovando 11 modo, senza commettere indiscrezione, di far comprendere al rappresentante francese non essere punto esatto che da Londra ci siano venute comunicazioni le quali ci hanno reso meno concilianti. Del resto il cavalier Catalani vede oramai che anche noi siamo vicini ad una concessione col governo francese su questa materia>>. In base a tali istruzioni venne redatto il D. 205 del 21 dicembre 1883 indirizzato all'ambasci!lta a Londra, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 752. (3) -Cfr. n. 754. (4) -Non pubblicato.
764

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

L. P. Berlino, 16 dicembre 1883.

J'ai été très heureux de recevoir par Signoroni de vos nouvelles et une de ces intéressantes et longues lettres qui me manquent beaucoup à l'époque des congés, mille mercis de tout ce que vous écrivez si bien.

Nous voici en plein regain du voyage du prince Frédéric Guillaume en Espagne. Je m'étais borné à interpeller en termes généraux sur l'itinéraire du retour. Il m'était d'abord annoncé son débarquement à Génes où selon le désir du Roi il descendrait au Palais Royal. Dans la soirée du 7 décembre un télégramme de Madrid maladroitement publié par l'agence Wolff disait que le prince irait voir le Pape sans mentionner qu'il verrait le Roi. Le comte Hatzfeldt me priait de passer le lendemain chez lui, pour maugréer contre ce télégramme échappé on ne sait trop comment à la censure. La vérité était que l'Empereur voulait que son fils se rendit à Rome pour remercier notre Souverain de l'accueil cordial reçu par Son Altesse Impériale récemment encore dans nos Etats, et en méme temps pour témoigner une fois de plus des excellents rapports entre les deux cours et les deux Nations. Le but du voyage était bien celui-là. Si le prince allait aussi au Vatican -ce qui n'était pas encor décidé -la visite ne viendrait qu'en seconde ligne. Là-dessus je fus chargé d'exprimer, au nom du Roi, le désir que le prince acceptat l'hospitalité au Palais de Sa Majesté. Avis en fut aussitòt transmis au prince qui s'empressa de répondre d'une manière conforme aux conseils de son Père qui lui prescrivait aussi de poser l'incognite dès son arrivée à Genes.

Vous avez lu les commentaires des journaux en Allemagne et en Italie. Là bien de fois se firent entendre pour se récrier contre ce qui avait fort l'apparence d'envisager une entente avec la Saint Siège malgré Ies lois de Mai, quelque ébréchées qu'elles soient déjà. Chez nous on a pris la chose avec calme et on a eu raison. Il est bon que l'Europe se convainque que le Pape dépossédé du pouvoir temporel, ne continue pas moins à etre libre et à jouir de tous les avantages inscrits dans la loi des Garanties. Néanmoins cette rencontre avec le Pape n'est certes pas sans signification. On représente la visite au Quirinal camme le principal, et celle au Vatican comme une simple appendice, mais dans ce cas l'accessoire a aussi une grande valeur. Il est évident que l'héritier de la Couronne ne va s'engager dans une discussions pour amener un arrangement du litige. Mais le fait en lui-meme de la visite est un témoignage de bon vouloir, et que le prince de Bismarck, fatigué de la lutte ou pour des nécessités de politique intérieure, voudrait en venir à un apaisement si non sur le terrain des principes où la conciliation est impossible surtout avec un Etat protestant dans sa grande majorité, du moins sur le terrain des faits. Sous ce rapport la présence seule du prince faisant acte d'hommage à la Papauté, pourrait prédisposer la Curie à se preter ad un modus vivendi ... Il importe à l'Allemagne en prévision des événements possibles et meme probables dans ses rapports avec une France· républicaine en moharchique de s'asstirer. des sympathies des pòpu., lations catholiques allemandes. C'est un pas vers un rapprochement. Peut-etre que les intransigeants à Rome chercheront à le faire avorter. Dans ces deux éventualités nous devons nous appliquer à rester fidèles à la lo i d es garanties; ni plus, ni moins.

Quelques journaux chez nous pronostiquent déjà que la rencontre du prince impérial, l'hòte du Roi, avec le Pape, facilitera à l'Empereur François-Joseph la restitution de la visite que nous attendons toujours. Je crois que nous sommes encore assez éloignés du but, et que le précédent d'un prince héréditaire protestant ne sera pas de si tòt applicable à Sa Majesté Apostolique, pas plus qu'à Leurs Majestés Catholiques, et très Fidèles. Mais enfin il y a un commencement à tout, et ce que fait le prince impérial pourrait avec le bénéfice du temps trouver quelque imitateur. Cela découvrirait un peu beaucoup l'Empereur d'Autriche dans son manque de courtoisie. Aussi je doute que dans son for intérieur le comte Kalnoky soit bien édifié sur la scène de clòture du voyage princier. Je vous serai obligé de me dire ce que vous en pensez.

Une difficulté va se présenter à Rome. Le Roi endossera-t-il oui ou non l'uniforme de chef d'un régiment Prussien? S'abstenir complètement produirait ici une très facheuse impression. On pourrait tourner la difficulté si le Roi se prètait à un changement de costume dans un diner de famille et par conséquence sans caractère officiel. Ou mieux encore le due d'Aoste qui est aussi colonel d'un régiment de hussards de ce Pays pourrait le revètir à l'arrivée de Son Altesse Impériale. Cette dernière combinaison n'établirait pas un précédent si jamais l'Empereur d'Autriche se décidait à venir à Rome. Le Roi invoquerait l'usage traditionnel de sa maison de ne porter que la pi·opre uniforme dans les solennités officielles de son Pays. Les relations avec Paris sont toujours les mèmes. L'ambassadeur de France a été ces jours derniers à Friedrichsruhe invité, disait-il, par le chancelier. Le fait est que l'initiative partait de M. de Courcel qui avait l'intention de remercier personnellement et de vive voix le prince de Bismarck pour des déclarations amicales et ~utorisées faites per le prince de Hohen:lohe à M. Jules Ferry. Je n'ai pas vu depuis lors M. de Courcel, mais il se montrait, d'après ce que l'on me raconte, fort satisfait du langage du chancelier qui lui aura répeté les mèmes assurances de bon vouloir pour le chef d'un Cabinet qu'il tient à voir rester au ministère de crainte que le successeur soit pire. Bismarck lui aura certainement dit aussi qu'il n'entendait pas se mèler en rien dans les questions avec le Tonkin derrière lesquelles la Chine fa capolino. Libre à la F;_ance de se poser elle-mème un vésicatoire. Il rest de bonne politique de lui fournir des onguents pour en entretenir la suppuration.

Avez-vous lu le rapport de notre collègue à Paris (document diplomatique n. 431 XXXIV) (l) sur les démarches faites dans le temps de la part de M. Gambetta pour une entrevue avec Bismarck qui finissait par y consentir et se prèter selon les désirs du requérant à traiter de l'Aisace-Lorraine, sous la condition que les engagements éventuels ne seraient exécutoires

qu'après la mort de l'Empereur? Gambetta mourait dans l'intervalle ce qui coupa court à ce projet d'entrevue. Ces énormités on été confiées sous le sceau du secret, par un ami intime de Gambetta, au général Menabrea. J'ai cru devoir en démontrer l'invraisemblance. En voie indirecte la diplomatie française a déjà laissé entendre ici qu'on serait disposés aux sacrifices financiers les plus considerables pour payer la rançon des provinces conquises. Le prince de Bismarck avait fermé la bouche à la personne qui servait d'intermédiaire.

Que dites-vous des indiscretions commises par les correspondants des journaux qui accompagnaient le prince impérial en Espagne? Mais aussi faut-il qu'un Roi soit bien inexpérimenté et nalf pour choisir ses confidents parmi des reporters. J'ignore s'il vient aussi à Rome. Ad ognQ. buon fine, j'ai mis en garde M. Mancini contre des individus aussi compromettants.

(l) Cfr. n. 728.

765

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. CONFIDENZIALE 1633/397. Londra, 17 dicembre 1883 (per. il 22).

Ho l'onore d'informare l'E. V. che come ebbi il suo dispaccio del 6 corrente

n. 187 di serie politica (2) pregai sir Julian Pauncefote, sotto-segretario di Stato del Foreign office, d'indagare il pensiero di lord Granville (assente da Londra), circa l'opportunità che il governo italiano ed il governo inglese procedessero d'accordo sulla quistione dei reclami in Tunisia, e proponessero alla Francia di sottoporli ad un arbitrato. *E lo pregai eziandio di avvalorare queste proposte con tutti gli argomenti, in favore di esse, che egli medesimo mi aveva più d'una volta indicati.

Sono stato informato quest'oggi che, in risposta alle sue diligenze, sir Julian Pauncefote ha ricevuto istruzioni da lord Granville di compilare una lettera a me diretta (che sarà firmata da Sua Signoria), sulle basi seguenti:

«Il governo inglese è entrato in negoziati col governo francese circa il migliore modo di regolare i reclami dei sudditi britannici in Tunisia. Il governo inglese continuerà a tener informato il governo italiano dell'andamento dei negoziati e delle decisioni che saranno prese.

Lord Granville reputa però che, nell'interesse dei due governi, sia più utile di qualsiasi altro partito il mantenere l'attitudine che i due governi hanno seguito finora nelle questioni tunisine; cioè a dire: continuare lo scambio delle loro idee, ma non unire la loro azione.

Lord Granville ha dato contezza al governo italiano del suo pensiero a tal proposito, nel maggio scorso».

Queste parole di lord Granville, mentre dissipano ogni apprensione (che io non ebbi), che i maneggi della Francia abbiano potuto alterare l'animo di Sua Signoria verso di noi, mandano a dileguo ogni speranza di un'azione concorde fra l'Italia e l'Inghilterra sulla questione dei reclami.

Debbo aggiungere inoltre, da quanto m'è stato detto da sir Julian Pauncefote, che il governo francese si mostra ora, se mai fu, risoluto di non accettare la proposta di sottoporre i reclami dei sudditi inglesi ad un arbitrato; cosicché non parrebbe rimanga, forse, altro ripiego fuori che quello d'indurlo a consentire che siano sottoposti ai tribunali francesi già instituiti in Tunisia; delle sentenze dei quali si potrà, all'uopo, fare appello ai tribunali di Algeri.

Non mi sembra utile di diffondermi maggiormente intorno ad altri progetti che sono stati fatti, né di riferire all'E. V. le cose dette dal barone d'Estournelles, consapevole come sono che gli uni e le altre non hanno alcuna pratica importanza, e le ultime non giovano che a tastare il terreno.

Sono stato assicurato da sir Julian Pauncefote che nulla è stato finora conchiuso; che lord Granville non piglierà alcuna risoluzione né discuterà tampoco alcuna proposta se non dopo aver udito e maturatamente ponderato il parere del signor Reade. E fa.ccio intiero assegnamento che dell'andamento e del risultato dei negoziati quest'ambasciata sarà, a suo tempo, debitamente informata dal Foreign office.

(l) -Ed., ad eccezione del brano tra asterischi, in LV 43, p. 143. (2) -Non pubblicato.
766

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

D. 623. Roma, 19 dicembre 1883.

Risulta da informazioni pervenutemi da Londra che il governo inglese è d'avviso che la commissione internazionale delle riforme, istituita in Egitto nel dicembre 1880, debba ripigliare oramai i lavori interrotti dagli avvenimenti dell'anno scorso: e che il primo ufficio di essa debba essere quello di estendere la giurisdizione dei tribunali misti alle materie penali, poiché tutte le Potenze interessate sono d'accordo su questo punto. Il Foreign office darà, quindi, l'incarico a sir Evelgn Baring di raccomandare al governo egiziano la pronta convocazione della commissione suddetta, lasciando alla sagacia ed imparzialità di essa il deliberare su tutte le questioni che saranno sottoposte al suo esame.

Il governo inglese non darebbe, per tanto, a sir E. Baring alcuna norma da far prevalere, riserbandosi solo di chiedere, a suo tempo, al governo egiziano la facoltà di reclamare un suddito britannico, che fosse condannato dai tribunali misti all'estremo supplizio.

Per parte nostra, noi non dissentiamo dall'opinione espressa dal governo della Regina, sia sulla convenienza di convocare senza indugio la commissione di riforme, sia sull'opportunità di farle, anzitutto esaminare l'importante tema dell'estensione ai tribunali misti della giurisdizione penale.

767

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2021. Vienna, 19 dicembre 1883 (per. il 23).

Tutta la stampa austro-ungherese si occupa, come di ragione, della visita che S.A.I. il principe ereditario di Germania sta facendo in questi giorni all'Augusto Nostro Sovrano nelle forme più solennemente ufficiali.

Qui come ovunque l'improvviso ed anche poco corretto primo annuncio che si ebbe di quel fatto, diede luogo ai più svariati e strani commenti che non cesseranno cosi presto. Nessuno però si nasconde che l'andata a Roma del futuro Imperatore di Germania e l'ospitalità ch'egli ebbe ad accettare nella reggia italiana costituiscono un avvenimento di primaria importanza. Non conviene però neppure dissimulare che se Roma non fosse anche sede del Capo della cattolicità i di cui dissensi col governo prussiano ebbero in questi ultimi tempi a prendere una piega che accenna ad un possibile accordo, l'opinione pubblica annetterebbe assai minor peso alla presenza del principe imperiale nella capitale d'Italia.

Come di ragione, la stampa austro-ungarica segue con particolar attenzione le modalità preparatorie e definitive della visita del principe al Vaticano che potrebbero fornire un criterio sulla possibilità o meno che a malgrado le dichiarazioni così recisamente fatte l'anno scorso dal conte Kalnoky nella delegazione ungherese l'Imperatore Francesco Giuseppe muti i suoi intendimenti e si decida finalmente a contraccambiare in Roma la visita fattagli or sono due anni dal Re Umberto.

Per intanto non credo di andar errato asserendo che l'attuale visita a Roma del principe imperiale Federico Guglielmo riuscì qui assai incresciosa; non tanto perché essa costituirebbe un precedente che ad ogni modo l'Imperatore è ben deciso a non seguire, ma perché essa è occasione di trarre in discussione quella contro-visita che si è fatto il possibile perché non se ne parli più.

A prova di ciò constato il fatto che i giornali ufficiosi là dove pubblicano gli articoli che sono loro inspirati o comunicati, tacciono intieramente a riguardo dell'attuale avvenimento; e se ne fanno menzione si è in quei termini coi quali si fa cenno di cose di minor importanza, con qualche frase però che fa rilevare trattarsi della visita di un principe di religione protestante; locché quindi fa sì che non è costituito un precedente per un principe cattolico. Questa è la tesi che già vedesi è messa innanzi dal Vaticano, ed a cui si terrà stretto il Gabinetto di Vienna a meno che un principe cattolico, il Re di Spagna per esempio, dimostri lui col fatto che i Sovrani non devono confondere le questioni spirituali colle politiche. In tal caso però non si mancherebbe di trovare qui altri pretesti da metter innanzi per persistere nell'attitudine inaugurata a riguardo della capitale d'Italia; ed il concorso della Corte vaticana nel fornire a quella imperiale argomenti giustificativi non verrà certo meno, poiché è per me evidente che anzitutto la S. Sede tiene acché da parte dell'Imperatore, non si faccia atto ufficiale che implichi il suo solenne personale riconoscimento dello stato di cose esistente a Roma, l'Austria essendo pur sempre la Potenza sul cui eventuale efficace appoggio il Papato crede, non senza ragione, di poter fare maggiore assegno.

Del resto per quanto ci riguarda, parmi che dal canto nostro, ogni esitazione deve ora sparire.

A Roma unicamente S. M. può ricevere la visita dell'Imperatore d'Austria, e ciò ritengo utile sia oggi entrato nella coscienza di tutti gli italiani, non solo, ma del mondo intiero, poiché così non potrà più formare oggetto di discussioni la risposta a darsi nell'ipotesi non impossibile che sotto un pretesto qualsiasi ci venga di bel nuovo improvvisamente esternato il desiderio di un incontro col nostro Sovrano in una qualunque città d'Italia che non sia Roma un non possumus cortese ma assoluto, sarà la sola risposta a farsi ad una apertura di quel genere, e per intanto mentre ci dobbiamo studiare di mantenere intime e cordialissime le relazioni fra i due governi, trovo esservi ogni ragione a perseverare nel sistema di astensione già inaugurato a riguardo di qualsiasi visita dei nostri principi alla Corte imperiale, qualunque possa essere la ragione che sembrerebbe renderla conveniente.

768

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2023. Vienna, 19 dicembre 1883 (per. il 23).

Il conte Kalnoky dicevami ieri che il principe Reuss di ritorno il giorno

prima dal breve congedo durante il quale ebbe a recarsi dal principe di Bis

marck a Friedrischruhe, avevagli ripetuto le stesse soddisfacenti informazioni

sulla visita fatta al cancelliere dal signor di Giers che già gli erano state segna

late tosto dopo quell'abboccamento; S.E. aggiungevami, che dal mio collega

di Germania avrei al riguardo analoghe notizie, !asciandomi anzi intendere che

ne saprei così più a lungo.

Ieri stesso il principe Reuss venne a farmi visita ma non ero in casa in

quel momento, e quindi mi recai da lui stamane.

Come di ragione si cominciò a parlare della presenza a Roma in questi

giorni del principe imperiale, ma tosto dopo il discorso cadde sulla visita fatta

al cancelliere germanico dal ministro degli Affari Esteri dell'Imperatore di

Russia.

s. A. dopo d'avermi ripetuto quelle assicurazioni generali sugl'intendimenti della Russia che furono espresse a Friedrischruhe; dissemi che ciò di cui il signor di Giers si era mostrato più essenzialmente preoccupato nei suoi discorsi col cancelliere si era di farsi un preciso concetto intorno alla natura dei rap

53 -Documenti diplomatici -Serle II -Vol. XV-XVI

porti esistenti fra l'Italia e i due Imperi, lasciando comprendere che il sospetto dell'esistenza di intimissime relazioni fra i tre Stati era sorto nell'animo suo in conseguenza del discorso tenuto alle delegazioni dal conte Kalnoky. Ad una precisa domanda in tal senso che anzi egli ebbe a fare il principe di Bismarck rispose nettamente:

Che l'obbiettivo principalissimo che la Germania ha in mira e dinanzi al quale anzi tutti gli altri spariscono, si è di rafforzare il principo monarchico in Europa, innalzando cosi una forte diga contro le tendenze repubblicane e raffermando quei sacri principi conservatori solo possibile argine contro l'invasione del radicalismo che minaccia tutti gli Stati. Il principe di Bismarck aveva aggiunto che l'essere entrata l'Italia in relazioni verhaltness di tale natura coi due Imperi, aveva potentemente allargato la base della comune azione che eventualmente poggierebbe su àl una forza materiale di cui chiaro si vede il peso e l'efficacia.

S. A. aggiungevami che il principe di Bismarck senza dare alle relazioni esistenti fra i due Imperi e l'Italia una precisa qualificazione e, senza entrare in particolari intorno agli accordi che possono essere intervenuti fra le tre Potenze, non volle restasse dubbio nell'animo del ministro russo, intorno all'esistenza effettiva di stretti rapporti fra l'Italia, la Germania e l'Austria accentuandone però marcatamente lo scopo unicamente difensivo, e la tendenza esclusivamente monarchica e conservatrice.

Il signor di Giers informò di tutto ciò il suo Sovrano, e tanto a Vienna, come dicevami il conte Kalnoky, quanto a Berlino stando a ciò che mi asserisce il principe Reuss, già si poté constatare i buoni risultati ottenuti dal linguaggio schiettamente pratico tenuto dal cancelliere; il governo russo non avendo tardato ad impiegare tutti i mezzi che sono in suo potere onde si cessi dal dare alimento alle già tanto eccitate passioni contro i due vicini Imperi.

Essendo poi anche quasi sicuro che il signor di Giers passerà da Vienna nel far ritorno a Pietroburgo egli avrà occasione di ripetere qui ciò che ebbe a dire a Berlino, e di sentirsi ridire dal conte Kalnoky ciò che già udì dalla bocca del principe di Bismarck, e questa sua visita produrrà non ne dubito buona impressione nell'opinione pubblica in Austria.

Per intanto quindi salvo incidenti per ora non prevedibili, la corrente pacifica ha il deciso sopravvento: non è però men vero che fino a quando sarà mantenuta la straordinaria concentrazione di truppe russe ora esistente lungo la frontiera occidentale dell'Impero, vl ha sempre pericolo che la situazione da politica diventi un bel giorno militare, e che ne sorta fatalmente la guerra: ciò almeno continuasi a temere tanto a Vienna che a Berlino.

Non saprei chiudere il presente rapporto senza far rilevare che evidentemente non fu per risparmiare parole che il conte Kalnoky mostrò desiderare che dall'ambasciatore di Germania mi si precisasse il concetto fondamentale a cui il principe di Bismarck informa la sua politica, ricordandomi anche i principi che furono il punto di partenza dello stabilimento delle esistenti intime relazioni fra l'Italia e la Germania e l'Austria-Ungheria.

769

L'INCARICATO D'AFFARI A BRUXELLES, GERBAIX DE SONNAZ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 124. Bruxelles, 19 dicembre 1883 (per. il 22).

Ho l'onore di segnare ricevuta a V. E. dei due ossequiati dispacci delli 9 e 10 del corrente n. 45 e 46 presente serie (l) e di ringraziarla per la benevolenza attestatami.

Sono riconoscentissimo a V. E. di essersi degnata approvare il mio dire nella questione del Congo. La libertà di navigazione della grande arteria africana fa ogni dì progressi nel concetto del mondo scientifico, e non può tardare ad entrare nell'ordine dei fatti discussi dal concerto delle varie Potenze. V. E. avrà senza verun dubbio notato il nuovo passo della Ligue internationale de la paix et de la libérté. Essa, da Ginevra, ha indirizzato a Gladstone una comunicazione, con la quale lo eccita a provocare una conferenza internazionale, allo scopo di applicare al Congo, all'Oguè e ad altri affluenti, il principio della libertà e della neutralità dei grandi fiumi, creando pel Congo una commissione internazionale analoga a quella europea del Danubio. L'accreditato foglio germanico, la Gazzetta della Croce, questi giorni scorsi contenne pure le importanti osservazioni seguenti sulle questioni africane. Il foglio berlinese così si esprime: «La questione dell'Africa occidentale, detta del Congo, è entrata in una nuova fase che potrebbe chiamarsi diplomatica. Il presidente degli Stati Uniti ha fatto allusione, nel suo recente messaggio al congresso, a questa delicata questione. Egli ha dichiarato che l'America non poteva rimanere più a lungo indifferente all'opera intrapresa dall'associazione africana e che sarà facilmente costretta a concertarsi con altre Potenze per affrancare da incagli il traffico africano.

Questa dichiarazione del presidente Arturo è visibilmente di grande tmportanza: essa introduce un principio nuovo nella questione dell'Africa centrale. Fin qui, alcune Nazioni sonosi appropriate il suolo, ed hanno cercato per quanto stava in loro di allontanare e difficoltare il commercio straniero. Trattasi ora di aprire il centro dell'Africa al traffico di tutte le Nazioni indistintamente, di neutralizzare in qualche modo a vantaggio del commercio speciale missione da queste società africane, ha dovuto fermarsi alla stazione generale quella vasta regione.

L'interesse degli Stati Uniti è ugualmente quello di tutti i Paesi commercianti che non posseggono laggiù delle colonie, come ad esempio la Germania, epperò è da prevedersi che la domanda eventuale degli Stati Uniti otterrà l'adesione di varie Potenze europee.

Accettando il principio americano le Potenze si collecherebbero sul terreno teorico dell'associazione africana. Sarà allora necessario che si ricono

scano i diritti sovrani di quella società internazionale e se ne riconosca pure la bandiera 1>,

Il linguaggio del periodico tedesco conferma appieno quanto questa R. legazione ebbe già varie volte a far conoscere a V. E. che, cioè, le società scientifiche tedesche e lo stesso governo dell'impero erano di concorde parere coi divisamenti del Re belga sull'esplorazioni africane. Questi fatti vennero con cura riferiti dall'organo ufficioso belga l'Echo du Parlement.

In senso però ben diverso rispose ll governo belga alla comunicazione del voto dell'istituto internazionale, sessione di Monaco. La comunicazione belga non contiene che un freddo e laconico riscontro alla proposta della detta riunione.

Il maggior generale inglese, sir. F. Goldsmith, il quale aveva avuto una speciale missione da queste società africane, ha dovuto fermarsi alla stazione d'Isanghila, ed ora torna in Europa, colpito dalle terribili febbri miasmatiche di quella regione, senza avere potuto compiere il suo mandato.

(l) Non pubblicati.

770

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2022. Vienna, 20 dicembre 1883 (per. il 23).

Come di ragione tutti i giornali di stamane discutono ed apprezzano a secondo del loro speciale modo di vedere, la visita ufficiale che il principe imperiale di Germania ebbe a fare ier l'altro al Santo Padre; sono però tutti d'accordo nel dare grande importanza a quell'avvenimento, che a par·er mio pure non sarà senza conseguenze.

Quanto ebbe a dirmi ieri al riguardo il mio collega in Germania testè di ritorno a Vienna dopo d'aver visitato il principe di Bismarck a Friedrichsruhe precisamente nei giorni in cui furono stabilite le modalità del viaggio a Roma dell'erede della Corona di Germania e di Prussia, è a mio avviso di natura a gettare non poca luce su di una situazione fin qui poco chiara.

Il principe Reuss parlando meco dell'impressione prodotta sul Gabinetto di Vienna dal viaggio a Roma del principe imperiale; dissemi essere ottima tanto dal punto di vista delle conseguenze ch'essa avrebbe per la consolidazione del principio monarchico conservatore in Italia, quanto pel ristabilimento di effettivi cordiali buoni rapporti tra la Prussia e la S. Sede: poichè siccome il mio collega aggiungeva, il Gabinetto di Vienna essendo come è ben noto profondamente devoto alla S. Sede, non poteva che vedere con sommo rincrescimento le discussioni che fino ad ora turbarono le relazioni del suo alleato colla Corte vaticana: e quindi ha ogni ragione di rallegrarsi della cessazione di un tale stato di cose.

Come l'E. V. non potrà a meno di scorgere da tali parole, chiaro emerge che il governo prussiano è deciso a riconciliarsi eff·ettivamente colla S. Sede; ed inoltre v'ha ogni ragione di ritenere, che l'azione del Gabinetto di Vienna

tanto a Berlino come presso al Vaticano, non fu estranea alla conciliazione che con tutta sicurezza parmi si possa dire avvenuta. Per quanto la cosa possa presentare inconvenienti per l'Italia non dobbiamo chiudere gli occhi e cullarci con illusioni.

Tenendo il dovuto conto del fatto compiuto senza esagerarne le conseguenze esso non sarà di natura a nuocerei, se sapremo mantenerci strettamente sul terreno sufficientemente sicuro che la legge delle Guarentigie ci porge, evitando inutili attriti; ma al tempo stesso non transigendo mai sulle questioni di principio (1).

771

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AI RAPPRESENTANTI DIPLOMATICI

D. Roma, 21 dicembre 1883.

Il principe imperiale di Germania è ripartito ieri per Berlino dopo essere stato quattro giorni ospite dei nostri Augusti Sovrani nel reale palazzo del Quirinale. Non sarà fuori di proposito, poiché la pubblica opinione e la stampa si sono variamente occupate di questo avvenimento, che io le significhi il pensiero del R. governo a tale riguardo.

La visita del principe imperiale fu anzitutto un procedimento di cortesia verso le Loro Maestà. L'atto gentile, corrispondente appieno ai sentimenti personali del principe, fu espressamente voluto dall'Imperatore,, il quale volle altresì che l'augusto suo figlio dismettesse l'incognito ed assumesse qualità ufficiale nel porre il piede sul suolo italiano, sia perché potesse con maggiore e più palese efficacia manifestare compiacimento e riconoscenza per l'accoglienza fattagli quando, tre settimane prima, ebbe a passare attraverso il regno nel recarsi in !spagna, sia perché viemmeglio apparisse l'intendimento di cogliere la presente opportunità per riaffermare i rapporti politici fortunatamente esistenti tra le due Nazioni.

Giunse così tra noi il principe imperiale ospitato dai nostri Sovrani con la cordialità di un'amicizia oramai antica e suggellata da incancellabili ricordi. Le dimostrazioni 1e più vivaci e le più spontanee di deferenza e di rispettoso affetto gli furono prodigate dalle nostre popolazioni dal giorno in cui sbarcò a Genova fino al momento in cui prese ieri sera commiato dalle Loro Maestà. In Roma, poi, ove un istinto calmo e riflessivo imprime carattere affatto speciale ad ogni popolare manifestazione, i cittadini d'ogni ordine, ben sapendo d'essere in questa occasione interpreti de' sentimenti dell'Italia intera, furono quasi per meraviglioso intuito, concordi nel volere che, mercè il loro contegno di nobile ed affettuosa espansione, apparissero evidenti le deduzioni che ogni animo imparziale trarrà dall'augusta visita.

L'alleanza con la Germania e con l'Austria-Ungheria, nella quale il governo del Re ha ricercato e fa tuttora consistere uno dei principali fattori della sua politica, conciliandola col mantenimento di amichevoli relazioni con tutti gli altri Stati, non è più soltanto il programma d'un partito o d'un ministero; imperocché il plauso di un intero popolo al valoroso principe significa che Italia tutta vuole la pace con dignità, e ne ravvisa in quest'alleanza la più sicura garantia. Le prove dell'esperienza e le pubbliche attestazioni di fiducia e di reciproco appoggio rendono questi vincoli sempre più saldi e fecondi di comuni benefizi. Ond'è questa una prima e fortunata conseguenza del soggiorno del principe tra noi.

Però altra conseguenza non meno importante deriva dalla visita del principe imperiale. Trovandosi in Roma, capitale del regno, ma sede ad un tempo del capo supremo della cattolicità, era naturale che il principe, figlio primogenito e futuro erede di potente Sovrano che regna sopra milioni di cattolici, avesse desiderio di far atto rispettoso verso il Pontefice. La contingenza di una visita del principe al Pontefice, ben !ungi dal ferire il sentimento nazionale italiano, non poteva tra noi essere considerata che come pienamente conforme alle previsioni ed allo spirito della stessa nostra legge, che riconosce nel Santo Padre parecchi attributi personali della Sovranità, e fra questi il duplice diritto di legazione, acciò ostacolo alcuno non si frapponga alle comunicazioni del Pontefice con le estere Potenze per l'esercizio del suo alto ministero spirituale sui cattolici. Bensì gli impedimenti alla attuazione del disegno potevano venire da altra parte, dal Vaticano stesso, ben sapendosi come Papa Leone XIII si fosse altre volte ricusato a ricevere ufficialmente principi stranieri, e la difficoltà da quel lato potendo in questa circostanza riuscire maggiore per un principe ufficialmente ospitato presso il Re d'Italia. Poteva infatti temersi che fosse anche questa volta per predominare, nei consigli della curia, l'opinione di coloro a cui preme di preservare da troppo facile confutazione l'allegazione di una supposta prigionia del Pontefice e della impossibilità sua di sostenere la dignità e l'ufficio di capo della cattolicità mentre in Roma ha stanza il Sovrano a cui è orgogliosa di obbedire l'intera Nazione italiana. Migliore partito ha prevalso, ed il principe, il quale, uscito dalla Reggia del Quirinale, con delicato pensiero aveva poche ore prima voluto deporre con le sue proprie mani una corona sulla tomba del gran Re, padre e liberatore della Patria, che giace sotto la storica volta del Panteon, fu nel giorno stesso al cospetto del Sommo Pontefice, e subito dopo riapparve in pubblico in compagnia de' suoi reali ospiti.

Non mancherà forse chi con le sottigliezze dell'argomentazione, e traendo pretesto da particolarità affatto secondarie della visita fatta dal principe al Pontefice, si provi di attenuare l'importanza indiscutibile del fatto. Ma quando si avverta che è ben difficile, per qualsivoglia retto e serio animo, attribuir valore a così insignificanti circostanze, e si sappia sopratutto ciò che affermiamo senza tema d'essere smentiti, che cioè da parte nostra non potevasi veder ragione di opporre la menoma obiezione o difficoltà, così al fatto della visita, come a qualche irrilevante riserva di cerimoniale per noi ignorata ed indifferente, non si scorge come possa ancora da taluno dubitarsi se il Re d'Italia sia in grado di ricevere nella sua capitale degnamente, e senza inconveniente veruno, augusti visitatori, od affermarsi impedita l'augusta persona del Pontefice nell'esercizio dello spirituale suo ministero, o contraddirsi infine al fatto oramai evidente e luminosamente dimostrato che il Santo Padre, nelle nuove condizioni che eventi irrevocabili hanno creato per la Sede apostolica, gode in Italia non solamente di una potestà ecclesiastica affatto indipendente ed assai più estesa che in tutti gli altri Stati cattolici di Europa, ma benanche in Roma stessa, nei suoi rapporti coi fedeli e coi principi d'ogni Nazione, di libertà maggiore di quella che prima del 1870 scorgevasi non di rado vincolata alle esigenze del principato temporale.

Questi concetti, che ho qui brevemente esposto, compendiano, dal punto di vista politico, gli effetti pratici della venuta del principe imperiale e del suo soggiorno in quella che è ad un tempo la capitale del regno e la sede del Sommo Pontefice. Né è mestieri che io opponga la più ricisa smentita alle immaginarie supposizioni di coloro che hanno voluto intravedere, nella presenza del principe, e nella visita sua al Santo Padre mentre Sua AlteiZza Imperiale era ospite del Re, altri segreti intenti che possano, quando che sia, fornire occasione alla nostra partecipazione ad impegni di qualsiasi natura.

La visita del principe sarà senza dubbio feconda di provvidi risultati, ma questi, come già dimostrai, sono da ricercarsi in ben altro ordine di idee. Essa ha giovato ad aggiungere autorità ed efficacia in Europa al programma di pace, nel quale stanno consenzienti per comune e forte volere le tre monarchie alleate; ed ha giovato altresì a dimostrare oramai definitivamente chiusa quella che fu altre volte la questione romana, a chiarire cioè, in faccia al mondo, la libera e ad un tempo rispettata condizione del Capo Supremo della Chiesa cattolica.

Non è mio intendimento che ella prenda una iniziativa qualsiasi di discorso intorno a questo tema grave e delicato. Unicamente ho voluto scriverle per dare norma al suo linguaggio, laddove sorgesse qualche opportunità di valersi delle considerazioni svolte in questo mio dispaccio nei colloqui suoi con codesto signor ministro degli Affari Esteri e con quanti costì seguono con interesse le vicende della nostra vita nazionale. E mi sarà pur grato se con ciò ella si procaccerà benanche il modo di farmi conoscere il giudizio che in codesto Paese si rechi, nei circoli governativi e nel pubblico intorno, al presente argomento.

(l) Allegata al presente rapporto si trova la seguente annotazione di Malvano: << Dichiararsi pienamente consenzienti in questi concetti segnatamente per ciò che concerne la leale e larga osservanza della legge sulle Garantie, essendo nostro fermo proponimento di non porgere alla S. Sede appiglio alcuno per cui possa seriamente e ragionevolmente dichiararsi meno libera ed indipendente nell'esercizio dello spirituale ministero e nelle sue comunicazioni coi fedeli ». In base a queste istruzioni venne redatto il D. 1578 del 25 dicembre 1883 diretto all'ambasciata a Vienna, non pubblicato.

772

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3374. Berlino, 21 dicembre 1883 (per. il 25).

Dans un entretien que j'ai eu le 18 avec le sécretaire d'Etat, S. E. m'exprimait avec quelle satisfaction la Cour et le gouvernement avaient appris l'excellent accueil fait, d'abord à Genes, ensuite à Rome, au prince impérial. A ce propos, le comte de Hatzfeldt se récriait contre les récits d'une partie de la presse de ce Pays qui donnait une fausse couleur à un voyage expliqué si naturellement par les motifs indiqués déjà à notre gouvernement, et reproduits dans des journaux officieux de Berlin..Il se moquait de ceux qui avaient la na!veté de se représenter un futur Empereur d'Allemagne chargé de la négociation d'un des problèmes les plus ardus, celui des rapports de l'Eglise et de l'Etat. Il n'épargnait pas non plus les plaisanteries à quelques gazettes de Paris attribuant au Prince de Bismarck des arrière-pensée les plus saugrenues, comme s'il était occupé à des travaux de circonvallation pour isoler la France aussi du Vatican.

J'ai eu soin de rappeler que du moins l'opinion publique en Italie ne faisait pas fausse route. Avec le bon sens dont elle est douée, elle a compris tout d'abard que si les procédés de courtoisie de l'hote Auguste de Notre Souverain, s'étendaient aussi au Pape, il n'y avait rien là qui pùt ébranler notre confiance dans la fidèle et constante amitié de la Cour impériale et de la Nation allemande.

D'après les télégrammes et les récits des journaux, on devrait admettre que le prince impérial rapporte des impressions plutot favorables de sa visite au Vatican. Pour le moment, on garde le secret le plus absolu dans les sphères officielles. Je sais seulement que l'Empereur, la veille encore de cette entrevue, laissait entendre que la présence de son auguste fils chez le Pape temoignait en effet du désir de son gouvernement d'arriver à une pacification.

«Mais», ajoutait Sa Majesté, « nous n'allons pas à Canossa (nach Canossa gehen wir nicht) ». Si la Curie ne reconnaissait pas cette marque de bon vouloir et n'y correspondait pas en montrant de son coté quelque condescendance, les relations reprendraient sans doute un caractère d'aigreur. Bref, cette rencontre avec le Pape a une importance qu'il ne faut ni exagérer, ni dissimuler.

En transmettant ci-joint le récépissé des documents diplomatiques qui m'ont été remis hier par le 'Courrier monsieur Bianchi.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL COMMISSARIO CIVILE AD ASSAB, BRANCHI (l)

D. Roma, 22 dicembre 1883.

Ho ricevuto il rapporto che ella mi scrisse da Massaua, in data del 9 novembre, n. 19 (2), e la ringrazio per questa chiara e completa relazione della missione da lei sostenuta in Abissinia. Le difficoltà erano certo non lievi, e se furono in parte superate ne va data lode all'accorgimento di Vossignoria la quale cercò anzitutto di rendere l'animo del Re Giovanni propizio verso l'Italia per i doni che gli sono stati inviati.

Alla lettera che il Negus ha diretta al Nostro Augusto Sovrano sarà risposto quanto prima, e si porgeranno così i ringraziamenti personali di Sua Maestà per i doni che gli sono stati inviati.

Maggiore meditazione merita il tema delle comunicazioni per l'Abissinia ed Assab. A questo riguardo è degna di encomio e di approvazione l'opera di Vassignoria, per aver adoperato ogni sforzo e mezzo di persuasione affine di indurre il Re Giovanni a prendere un atteggiamento pacifico, se non amichevole, verso il Sultano Aussa. Questo era veramente il nostro programma, e queste erano le nostre istruzioni. Imperocché, per quanto ci possa giovare e sia da noi vivamente desiderata l'apertura delle vie che da Assab menano all'interno, così al sud verso lo Scioa, come al nord verso l'Abissinia propriamente detta, noi siamo pienamente ripugnanti al conseguimento dello scopo con mezzi violenti. A questa risoluzione ci indussero non solo un sentimento di civiltà e di umanità per cui rifuggiamo dal pensiero che l'azione dell'Italia possa menomamente avere per conseguenza diretta od indiretta, conflitti od ostilità fra popolazioni che vogliamo avviare invece verso la civilità ed i pacifici commerci; ma soprattutto ed altresì considerazioni di manifesta efficacia che alla S. V. non possono sfuggire.

In primo luogo sta l'impegno che noi abbiamo preso non solo verso il Re Menelik, ma anche verso il Sultano Anfari, di favorirlo e di provvedergli, per quanto sta in noi, quiete ed agevolezza nel commercio fintantoché egli, dal canto suo, conceda sicurezza e favore alle nostre carovane; del quale impegno, da noi ora, volontariamente contratto, Vossignoria conosceva la precisa nostra intenzione prima ancora di muovere per l'Abissinia.

In secondo luogo, dopo le frequenti stragi e sanguinose vicende di cui fu teatro la regione dei Danakil in più d'un luogo, particolarmente là dove ha sede Mohammed Anfari, ben può dubitarsi se il Re Giovanni riuscirà nel suo intento di aprire con le armi una via sicura e suscettibile di essere percorsa in ogni momento, da carovane commerciali; e sembra invece, purtroppo, più probabile che, quand'anche sulle prime i suoi tentativi fossero coronati da felice successo, questo non potrà essere che momentaneo e precario concretandosi l'impresa, per gli effetti suoi, non già in un vero ed incontrastato dominio, ma in una razzia dopo la quale la barriera si sarà fatta insormontabile per i pacifici commerci ai quali esclusivamente miriamo e si troverà chiusa quella stessa via verso lo Scioa che ormai è aperta, e che noi siamo risoluti di preservare e di favorire sia perché così ci conviene, sia perché ne abbiamo contratto l'obbligo verso il Re Menelik e verso l'Anfari.

In terzo luogo, e questa é considerazione ancor più grave agli occhi nostri, è da temersi che quando tra i Danakil, tutti solidali fra loro e pronti ad aiutarsi a vicenda, sia per spargersi la voce di una spedizione armata abissina, la quale, per la presenza dei nostri viaggiatori, potrebbe apparir provocata da agenti italiani, si susciterà tale un fermento e di agitazione e di odio che ne correrà serio pericolo la pubblica sicurezza nello stesso nostro possedimento di Assab. Dopo questa considerazione mi preme richiamare in particolar modo l'attenzione di lei, sia perché Mohammed Anfari conscio della missione italiana in Abissinia, ha creduto (come gli fu dichiarato, ed era vero) che intento nostro fosse di procacciargli pace e migliori sentimenti da parte del Re Giovanni, sia soprattutto perché il pericolo cui ho accennato potrebbe sorgere non solo dalla remota e forse problematica spedizione che il Negus disse di voler fare all'Aussa, ma altresì da quella che sin da ora accompagnerebbe il cavaliere Bianchi per la via di Arrhu e della pianura del sale.

V. S., nella coscienza della responsabilità che su questo argomento ella divide col R. governo, vorrà colla più attenta riflessione esaminare se le preoccupazioni, ch'io nutro per questa imminente spedizione, siena fondate; poiché sarebbe allora mestieri escogitare tosto alcun mezzo pratico e pronto, per cui o si possa impedire la spedizione nella forma di invasione armata, o si riesca almeno a dimostrare che noi siamo interamente estranei alla medesima, che essa fu fatta contro la nostra volontà ed è da noi non desiderata.

Non è duopo ch'io le raccomandi in particolar modo l'argomento del presente dispaccio. Nelle indagini, nello studio delicato che le viene commesso, potrà giovarle l'esperienza che dei luoghi e delle persone ha il conte Antonelli, il quale deve in questi prossimi giorni ritornare ad Assab per continuarvi la missione sua ed aprire in modo definitivo e proficuo la via dello Scioa.

Dopo che avrò ricevuto la sua risposta sarà mia cura di impartirle definitive istruzioni.

(l) -Ed., con alcune varianti, !n L'Italia in Africa, op. cit., tomo III, pp. 32-33. (2) -Cfr. n. 722.
774

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. 1466. Roma, 25 dicembre 1883.

Mi pregio segnar ricevuta a V. E. dei due rapporti in data del 13 e 14 dicembre n. 3371 e 3372 di questa serie O), e la ringrazio di avermi comunicato le riflessioni che le sono state suggerite dal recente viaggio del principe imperiale di Germania a Roma.

Per ciò che riguarda più particolarmente la visita di S.A.R. al Sommo Pontefice e le sue possibili conseguenze, il governo del Re, pur riconoscendo l'importanza del fatto, non crede che possa derivarne danno o turbamento alla nostra politica. Basterà che questa, come ella accenna, si mantenga fedele alle sue tradizioni, ferma sul terreno che le è offerto dalla legge delle guarentigie, interpretata con larghezza, mantenuta con lealtà, in modo che non si porga alla Santa Sede appiglio alcuno, per cui possa seriamente dubitarsi dell'indipendenza del Sommo Pontefice nell'esercizio del suo spirituale ministero.

Questi, come ella ben sa, furono sempre i nostri intendimenti, e persisteremo con fermezza su questa via.

(l) Cfr. nn. 760 e 761.

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L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1673/415. Londra, 25 dicembre 1883 (per. il 30).

Ho l'onore di segnare ricevuta del dispaccio dell'E. V. del 21 corrente

n. 207 di questa serie (l), in cui sono svolte considerazioni di moltissimo rilievo in rispetto alle cagioni ed agli effetti della venuta del principe imperiale di Germania in Roma.

Col rapporto del 10 di questo mese n. 385 di serie politica (2), già ebbi l'onore di farle noto quale fosse, due settimane or sono, l'opinione del Times circa quella visita di cui era, appena il giorno precedente, arrivato l'annunzio. Se non che, il pensiero del Times e gli apprezzamenti che se ne fecero, sono stati a poco a poco modificati ed ampliati, in seguito alle notizie, pervenute dalla Germania, e col sussidio di più mature riflessioni; e l'E. V. troverà brevemente qui appresso qual sia ora l'opinione degli uomini e dei giornali più autorevoli di Londra circa un avvenimento che ha lasciato profonda traccia di sé, e che ha maggior portata di quella che ad esso ascriveva dapprima.

Premetto solo che io tralascerò di riferire all'E. V. le cose dette nei crocchi cattolici romani e nelle gazzette ispirate all'arcivescovato di Westminster, perché dei primi non si tiene gran conto in Inghilterra, poco note sono le seconde, né le loro opinioni giammai si vedono ripetute o discusse da altri giornali.

In primo luogo sono state messe in bando le futili congetture che sia stata affidata al principe la commissione di negoziare alcun accordo col Pontefice per porre un termine ai divarii fra il Vaticano e la Germania circa ben noti affari di politica ecclesiastica. Nessuno più oramai contraddice la dichiarazione ufficiale pubblicata in Berlino dello scopo e delle cagioni della venuta in Roma del principe di Germania; ed, in breve, non si ha più il menomo dubbio che la visita non sia stata fatta all'Italia ed al Re d'Italia per riba·dire l'alleanza che esiste fra i due Stati.

Ciò che più conta inoltre, è che la stessa visita a Papa Leone, che fu creduta dapprima scopo primario della venuta del principe, si reputa ora da molti essere stata fatta unicamente nell'interesse della nostra politica, e si stima che la Germania non aspetti ritrarne alcun vantaggio se non indirettamente per mezzo nostro.

Aggiungo che le particolarità affatto secondarie, ed insignificanti, nella visita fatta al Pontefice, alle quali allude l'E. V. nel suo dispaccio del 21 corrente (1), non hanno alcun peso agli occhi di gente arguta e pratica come gli inglesi.

Nulla può attenuare o distruggere ai loro occhi, il fatto che il principe Federico Guglielmo era ospite d'Italia e di Re Umberto e che cionondimeno Papa Leone l'accolse nel Vaticano. E tengono per fermo che l'importanza di questo fatto si farà strada nell'intelletto di tutti i cattolici romani in Europa ed in America, e probabilmente nelle loro coscienze. Fra questi cattolici romani, (scrive il giornale Standard), coloro che sono partigiani dell'unità italiana saranno in grado di dimostrare, con più efficacia che mai, che il regno d'Italia, con Roma capitale, non è incopatibile coll'indipendenza spirituale del Pontefice e colla dignità inerente al Papato. Gli irresoluti saranno indotti da questo fatto a considerare le proteste del Pontefice, sulle necessità del potere temporale, come futili ed accademiche mentre anche i campioni di uno stato di cose che più non esiste, cominceranno a scorgere anch'essi che il passato è ormai passato senza speranza. Tutti costoro, inoltre, si sono avveduti che le visite del principe al Re ·ed al Pontefice hanno avuto per effetto di render più saldo il popolo italiano nella sua risoluzione di non permettere che una sola spanna del suo territorio sia mai da altri governato che da me medesimo e dal suo Re. Se Papa Leone, (continua lo stesso Standard), avesse messo in campo qualche difficoltà per ricevere il principe, non avrebbe con ciò cagionato alcun vantaggio al Papato, ma avrebbe recato qualche danno all'Italia. Si sarebbe infatti potuto argomentare da molti che la condizione di cose esistente in Roma produceva ben gravi anomalie, se un Pontefice moderato e conciliativo come Leone XIII era costretto a sfidare il maltalento dell'Imperatore di Germania, piuttosto che sottoporsi a ricevere nel Vaticano un rappresentante imperiale, ospite ed alleato del Re d'Italia.

L'E.V. ha certamente notato l'importanza di talune di queste considerazioni; ma di maggior peso sono quelle contenute in un altro articolo dello stesso Standard in data del 22 corrente, che avrò l'onore di riferle qui appresso. Devo però premettere che, a torto od a ragione, si crede in questo momento in Londra che la visita del principe di Germania abbia avuto oltre a quanto si è detto, anche lo scopo di rimuovere gran parte delle difficoltà che si sono opposte finora alla venuta dell'Imperatore di Austria in Roma.

«Allor quando, (scrive lo Standard), l'Imperatore d'Austria monarca cattolico romano, che fu un tempo sovrano nella penisola, sarà l'ospite del Re la cui dinastia scacciò gli austriaci fuori d'Italia e circoscrisse il potere temporale dei Papi nei confini di un palazzo e di un giardino, ed allor quando quest'ospite del Quirinale sarà ricevuto con tutti gli onori dovuti al suo grado augusto nel palazzo del Vaticano si vedrà andare in dileguo l'ultimo preteso che abbia il Papato per continuare una finzione già caduta in discredito. E se il Papato ricuserà in quel caso di venire a patti coll'Italia, il mondo intiero saprà che il suo rifiuto non è una protesta ma un'ombra vana».

È inutile inoltre il far notare, (soggiunge lo stesso giornale), che per le Potenze straniere 1a venuta dell'Imperatore d'Austria in Roma si collegherebbe con altri interessi assai più importanti di quelli che potrebbero dipendere dalla riconciliazione del Papato coll'Italia.

« Imperocché se i vincoli che stringono l'Italia alla Germania furono resi più saldi dalla visita del principe imperiale in Roma è chiaro che la venuta dell'Imperatore d'Austria nella stessa città, renderà più perfetta l'alleanza fra l'Austria e l'Italia, di cui furono gittate le fondamenta or è qualche tempo.

«In tal guisa, la lega degli Stati dell'Europa del centro sarà completa.

Questa lega, (ripiglia lo Standard poco dopo), è, nello stesso tempo, una lega di pace ed una guarentigia del mantenimento della pace nel continente. La Germania, l'Austria e l'Italia sono monarchie militari e, fra esse insieme, possono riunire più milioni di armati in un campo di battaglia. Finché permangono unite non è probabi'le che alcuna Potenza mediti qualsiasi disegno di aggressione contro di esse. Gli Stati dell'Europa del centro si trovano, in questo momento, compressi dai due lati estremi. All'oriente della triplice lega sta la Russia aggressiva ed autocratica; ad occidente la Francia repubblicana, sconvolgitrice e vendicativa.

L'unione della Germania, dell'Austria e dell'Italia le riduce alla impotenza, sole od insieme.

La Francia, conchiude lo Standard, potrà appagare le sue avidità perenni d'imprese militari contro le bandiere gialle e le nere; la Russia potrà suscitare intrighi nella penisola dei Balcani ed avanzarsi, di furto, nell'Asia del centro, ma contro la triplice cotta di maglia degli Stati della Europa mediana, né i loro sforzi più strenui, né le loro arti più audaci, (e ne sono ben conscie), avranno alcun valore».

Riepilogando ciò che è stato scritto, tre sono i risultamenti principali

della visita del principe imperiale di Germania in Roma, secondo i giornali

~ l'opinione pubblica inglese.

Le relazioni fra l'Italia e la Germania sono divenute più strette e più intime. Il Papato e l'Italia, benché tuttora in discordia, hanno presentato che l'ora della riconciliazione è più vicina di quello che credevano. Si è stabilito un precedente che può appianare la via alla venuta dell'Imperatore d'Austria in Roma.

Non devo terminare questo rapporto senza far notare all'E. V. che lo

Standard, del quale ho riferito le opinioni, è stato per moltissimi anni gior

nale avverso all'Italia. Non è che dal giorno in cui il governo del Re ha di

mostrato in Vienna che la politica estera dell'Italia è guarentigia all'Europa

di pace e di ordine, che il giornale del partito conservatore inglese ha mu

tato atteggiamento verso di noi.

(l) -Cfr. n. 771. (2) -Cfr. n. 756.
776

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 3376. Berlino, 26 dicembre 1883 (per. il 2 gennaio 1884).

Les commentaires des journaux sur la visite récente du prince impérial à Léon XIII continuent .Il se produit bien des explications soidisants aut

785 hentiques, malgré leur divergence. Les organes de la fraction catholique du ce n tre y voient un hommage rendu e n première ligne au Pape; la presse libérale, un service rendu à l'Italie par une nouvelle consécration des faits accomplis en 1870; les intransigeants, une marche en avant vers Canossa; ceux-ci parlent d'une alliance européenne contre le socialisme et l'anarchie; ceux-là d'une sorte d'assurance mutuelle des monarchies contre la démocratie.

Je dois cependant constater que la polémique se calme de jour en jour de puis que la presse officieuse tient un Iangage d'où l'on devrait conclure non seulement que le prince n'était porteur d'aucune concession, mais qu'il n'était pas méme autorisé à entrer en négociation. Et pour ce qui nous concerne, je lis dans un journal sérieux comme la Post qu'il va de soi que l'amitié entre l'Italie et l'Allemagne reste indépendante des rapports de la Prusse avec le Vatican. Il est rappelé aussi que les relations entre la Prusse et l'Eglise catholique relèvent du domaine des affaires intérieures de l'Etat, et n'ont rien à voir avec la situation int·ernationale de l'Empire.

Le prince impérial que j'ai salué à la gare à son retour id, me disait combien il avait été touché et reconnaissant de toutes !es nouvelles preuves de sympathie de la famille royale, et d'un accueil qui resterait gravé dans ses meilleurs souvenirs. Faisant en suite allusion à sa visite au Vatican, dont l'opinion publique chez nous savait se rendre compte avec une admirable intuition sans s'égarer dans de faux commentaires, il exprimait bon espoir que cette visite ne serait pas sans produire d'heureuses conséquences. Hier, féte de NoiH, il se présentait à cette ambassade sans nous rencontrer. Je me suis empressé de lui faire parvenir nos plus vifs regrets. Je crois que très prochainement j'aurai l'honneur d·e les lui exprimer en personne, et peut-étre qu'il s'expliquera davantage qu'il n'a été possible de le faire à sa sortie du wagon.

En attendant, voici quelques détails qui me sont communiqués en voie indirecte et très confidentiellement sur l'entretien entre Léon XIII et le prince impérial.

Après les compliments d'usage, il a été demandé au prince s'il n'était pas chargé de quelques ouvertures sur les affaires en cours entre la Curie et la Prusse. Son Altesse Impériale répondait qu'elle avait eu l'instruction de profiter de sa présence à Rome pour offrir ses hommages !es plus respectueux au Pape et qu'elle n'avait pas d'autre mandat auprès de Sa Sainteté.

Le Pape témoignait ensuite ses remerciments de ce que l'evéque de Limbourg eùt été relevé d'une ancienne condannation, et désirait vivement une entente au sujet des archevéchés de Posen et de Cologne.

Son Auguste interlocuteur répliquait que dans ces sortes d'affaires il n'avait pas d'ingérence. Léon XIII exprimait alors dans des termes généraux l'espoir qu'on parviendrait à régler !es questions en suspens. Son Altesse Impérial évitait de se prononcer et d'émettre quoique ce soit qui eùt l'air d'un engagement.

Malgré son extreme réserve Son Altesse Impériale a laissé la meilleure impression par son exquise courtoisie, par ses manières prévenantes, et l'afi'abilité \dU Pape a produit aussi sur son esprit un très bon effet.

Je ne garantis pas l'entière exactitude de ces détails extraits, d'après ce que l'on m'assure, d'un récit fait par le prince lui-meme de sa conversation au Vatican.

Le fait est que cette visite a été précédé de quelques actes de déférence envers le Saint-Père, entre autres, de la réintégration de l'eveque de Limbourg. C'est un signe du désir d'en finir avec les querelles religieuses. Le Pape se trouve maintenant placé devant un dilemme. S'il se montre sensible à l'acte de courtoisie du prince héritier d'Allemagne et de Prusse, et qu'il fasse des ,concessions qu'il avait déjà accordées, à ce que l'on prétend ici, à d'autres Etats, et que la Prusse demande; le chancelier proclamera ces résultats comme le fruit de sa diplomatie et de sa persistance vis-à-vis d'un adversaire tenace et puissant.

Si au contraire, la visite ne changeait rien à l'état actuel des choses, on argumenterait ici que l'entourage obstiné du Pape se serait mis dans son tort, et on tàcherait d'en convaincre la population catholique du Royaume.

Sauf preuve du contraire, on pourrait admettre que telle a été la raison principale de l,a visite faite accessoirement au Vatican. Je veux également admettre qu'il s'y melait le désir de nous etre agréable. Sous ce rapport, je me réfère à ce qui m'a été dit aujourd'hui par le sous-secrétaire d'Etat. D'une autre source, j'apprends également que le prince de Bismarck, se rendant compte du mauvais effet causé en Italie :(:\ar le manque de restitution de la visite de l'Empereur d'Autriche, et ce d'autant plus qu'on se souvient d'un sentiment analogue éprouvé ici en voyant l'Empereur Napoléon III s'abstenir de rendre 'la visite faite en 1867 à Paris par le Roi de Prusse, aurait voulu chercher à écarter une des objections invoquées à Vienne, et attribuées à la Curie rorr11aine. Le chancelier voulait fournir une première preuve qu'un hòte du :Roi d'Italie peut aUer du Quirinal au Vatican, sans s'exposer à se voir refuser la porte. Or, par où le prince impérial aura passé, d'autres suivront peutètre l'exemple. Une première entaille serait faite au préjugé qu'on ne pouvait ètre l'hòte du Roi d'Italie et ètre reçu (au Vatican. En tout cas, que ce précédent soit suivi bientòt ou non d'autres applications, le sentiment italien éprouvera quelque satisfaction que le prince impérial ait procédé dans cette voie et qu'il ait commencé à rompre le charme.

Il est vrai que les feuilles catholiques se récrient déjà à l'unisson contre cC3 bonnes perspectives, en alléguant que ce qui est possible pour un prince protestant ne devant au Pape que des égards et du respect, ne l'est pas pour un Souverain catholique qui lui doit obéissance et vénération.

Quoiqu'il en soit des dispositions favorables du Cabinet de Berlin à notre égard ·en ce qui toucherait aussi à ce còté de la question, il importe de ne pas perdre de vue que si nous considérions comme irrévocables les nouvelles conditions de la PapautP., le prince de Bismarck ne s'est pas encore très nettement prononcé sur ce point essentiel. Mes rapports contiennent l'historique de tout ce qui s'est passé avant et depuis la promulgation de la loi des Garanties. C'est là une question que l'on endort ou que l'on réveille selon les convenances. Raison de plus pour ne point faire un pas en deça ou au delà de notre programme qui assure au Siège apostolique un pouvoir ecclésiastique indépendant et pleine liberté dans ses rapports avec la catholicité et avec les princes étrangers.

C'est une des raisons pour lesquelles je me suis décidé à donner lecture au sous-secrétaire d'Etat de la dépeche de V. E. n. 1464 (1). Il était utile de rappeler notre manière d'envisager les choses, et habile en meme temps de marquer une grande confiance dans l'amitié de l'Allemagne. S'il y a des choses qu'il faut laisser parler toutes seules, il en est d'autres pour lesquelles il convient de piacer son mot avec cette mesure dont la dépeche de V. E. portait une sì remarquable empreinte.

La question de la Papauté restera longtemps encore comme une de ces passes semées d'écueils où les meilleurs pilotes ne peuvent avancer que l'oeil très ouvert et la sonde en main.

777

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3378. Berlino, 27 dicembre 1883 (per. il 2 gennaio 1884).

Voici quelques détails sur l'excursion récente de l'ambassadeur de France à Friedrichsruhe.

V. E. sait, par mon rapport n. 3371 (2). dans quel but ìl s'y rendait. Après avoir remercié, au nom de son gouvernement, le chancelier des assurances bienveillantes données à Paris par l'entremise du prince de Hohenlohe, monsieur de Courcel faisaìt les déclarations les plus posìtives sur la ferme intention de son Cabinet de vivre dans les meilleurs termes avec l'Allemagne. Peut-etre que l'on attachait trop de valeur dans l'opinion publique en France aux élucubrations d'une partie de la presse allemande. On ne pouvait se défendre d'attribuer à la Nordeutsche Allgemeine Zeitung des attaches officieuses. On se préoc.::upait de certains articles de ce journal, et il en résultait une polémique regrettable à tous égards. Malheureusement les lois en vigueur ne permettaient pas au pouvoir exécutif de mettre des entraves à ces sortes de publications.

Le prince de Bismarck confirmait pleinement le langage tenu déjà par le prince de Hohenlohe. Quant aux observations de son interlocuteur sur la presse qu'il n'existait qu'une feuille officielle le Moniteur de l'Empir, et une gazette officieuse la Correspondance provinciale qui l'une et l'autre s'occupaient des questions intérieures, et si la seconde touchait parfois aux questions extérieures, c'était avec une parfaite mesure. Quant à la Norddeutsche Allgemeine Zeitung, elle ne dépendait en aucune façon du gouvernement. Elle consentait, il est vrai, de temps à autre, à recevoir des communiqués écrits avec modération. Pour le

reste, le Cabinet impérial déclinait toute responsabilité. En ce qui concernait les autres journaux, ils ne suivaient que leurs propres inspirations, et ils réleguaient un peu leur langage sur le ton de quelques gazettes françaises qu'il était inutile de désigner. La riposte suivait généralement l'attaque. Et à ce propos, sous la forme la plus amicale, le chancelier laissait entendre combien il serait à désirer que la presse française s'abstint de toucher à la corde très sensible de part et d'autre, de l'Alsace-Lorraine. Il était convaincu que le gouvernement de la .République ne visait pas à chercher querelle à l'Allemagne; mais la persistance de certains publicistes à vouloir discuter sur ce point délicat, laissait supposer ;qu'il existait au délà des Vosges des aspirations de revanche, et les journaux allemands croyaient devoir réagir contre ce courant et excitant ainsi le sentiment national.

Au surplus, le Cabinet de Paris ne saurait douter que les efforts du gouvernement impérial tendent au maintien de la paix, et à ne pas créer des embarras à la France. Il en est ainsi, entre autres, pour les affaires du Tonkin. L'Allemagne se tient en dehors de tout projet de médiation. Elle se bornera avec d'autres Puissances maritimes, à protéger éventuellement la vie et les propriétés des neutres. Elle a déjà donné à cet égard des explications les plus loyales et de la nature la plus rassurante. Elle n'entend gener en rien la France dans son action. Le chancelier ajoutant qu'il était certain que le drapeau français triompherait de tous les obstacles vers les bords du Fleuve-Rouge et qu'il saurait s'assurer, meme dans une lutte contre la Chine, des positions à l'abri des attaques et des incursions. Il se demandait seulement si les forces employées jusqu'ici étaient proportionnées au but à atteindre, et s'il ne serait pas indiqué d'augmenter de quelques milliers le chiffre des soldats déjà engagés dans ces régions.

Le baron de Courcel s'est empressé de télégraphier à Paris les appréciations du prince de Bismarck, en exprimant une vive satisfaction de l'accueil reçu à Friedrichsruhe. Le Langage du chancelier coYncidait à peu près avec la présentation des projets de loi aux chambres françaises à l'effet d'élever à 29 millions les crédits pour les opérations dans le Tonkin.

Il est superflu de faire ici la remarque qu'il rentre tout-à-fait dans les convenances de l'Allemagne que la France s'engage toujours plus dans l'extremeOrient.

(l) -Cfr. n. 771. (2) -Cfr. n. 760.
778

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1677/418. Londra, 27 dicembre 1883 (per. il 31).

Aggiungo al rapporto che ebbi l'onore di dirigere all'E. V. il 25 corrente

n. 415 di serie politica (1), brevissimo ragguaglio di un articolo dello Standard del 19 corrente e di un articolo del Times d'oggi; il primo concerne il nostro esercito, l'altro tutte le nostre istituzioni, e si intitola «Progresso in Italia».

54-Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XV-XVI

Lo Standard scrisse ciò che segue:

« La bramosia del ministro della Guerra d'Italia di mostrare al principe di Germania che l'Italia è una grande Potenza militare attesta qual sia la natura del vincolo che unisce la Germania all'Italia.

Il principe di Bismarck non nasconde l'opinione che la Germania non debba accettare alleati che non abbino ai loro cenni un esercito numeroso, potente e sempre pronto.

Con grandi sacrifizii e con impareggiabile patriottismo, gli italiani hanno saputo ordinare un esercito che per numero, per disciplina, per fornimento e per mobilità può sopportare lo scrutinio più minuto.

L'Italia è nata ieri. Ciondimeno questa Nazione sì giovane, non conscia della venuta del principe di Germania che da pochissimi giorni, può mostrare al principe ventimila soldati fatti.

La rassegna nei campi della Farnesina non fu l'episodio di minor rilievo nelle feste in onore del principe imperiale ». Ml è forza trascegliere dall'articolo del Times d'oggi, (che ho l'onore di trasmettere qui unito all'E. V. (1), alcune righe sole, e non le seguenti:

« La rassegna delle condizioni dell'Italia non sarebbe completa se non pigliassimo nota di una mossa, che possiamo chiamare filo-teutonica, e che negli ultimi anni ha profondamente alterato l'impronta dell'educazione e la tendenza delle opinioni politiche nel ceto più cospicuo. Anticamente gli italiani toglievano le loro idee dalla Francia e si specchiavano nella Francia, stimandola più che sorella. Durante la guerra franco-tedesca i giornali cattolici e liberali della penisola parteggiavano per la Francia con una sola eccezione.

Quest'eccezione fu un giornale di Firenze il cui editore dichiarò che la nuova Italia doveva separarsi dall'alleanza francese e fare assegnamento sulla Germania. Questa profezia si è avverata. Le opinioni di quel giornale sono quelle di tutti i liberali d'Italia, e colla parola liberali noi dobbiamo designare tutti coloro che stanno al potere ».

(l) Cfr. n. 775.

779

IL MINISTRO A BUCAREST, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 455. Bucarest, 28 dicembre 1883 (per. il 3 gennaio 1884).

Ringrazio V. E. di avermi, con il dispaccio del 21 corrente (2), fatto conoscere il linguaggio che, in occasione opportuna, sarebbe da tenersi con co1oro che qui s'interessassero, nei loro colloqui con me, delle polemiche alle quali

danno origine la visita di S.A.I. il principe ereditario di Germania alla nostra Real Corte, e l'ossequio dallo stesso presentato al Santo Pontefice in Vaticano. Nelle conversazioni private alle quali fornirono argomento le notizie telegrafiche e gli articoli delle gazzette qui pervenuti durante i giorni scorsi, mi attenni appunto ai concetti svolti nel dispaccio di cui accuso oggi la ricevuta.

Il signor Sturdza prese con me in due occasioni diverse l'iniziativa di un privato colloquio intorno alla visita imperiale. Egli si felicitava degli effetti che la medesima potrebbe avere non solamente consolidando l'amicizia e l'intimità fra l'Italia e la Germania, ma ben anche collo stabilire un precedente per i rapporti dei principi stranieri col Vaticano in occasione delle loro visite al nostro Augusto Sovrano. Le cose dettemi dal signor Sturdza mi hanno fornito l'opportunità di rettificare in parte almeno alcuni suoi giudizi circa le difficoltà che principalmente ai principi cattolici creava la simultanea presenza in Roma del Capo della Nazione italiana e del Capo della cattolicità.

Nella stampa periodica trovarono qui eco gli articoli dei giornali stranieri. Ciascuna gazzetta adottò naturalmente quegli apprezzamenti che nella varietà dei pregiudizi prodottisi, erano più conformi alle proprie tendenze.

Il mio collega di Germania mi disse che dal punto di vista degli ottimi rapporti esistenti fra il suo ed il mio governo, nulla avrebbe potuto aggiungere la visita del principe imperiale al Quirinale, perché tali rapporti già non avrebbero potuto essere migliori né più intimi; ma che era da vedersi ciò che la visita dell'Augusto viaggiatore al Pontefice sarebbe per produrre. Essa avrebbe, soggiungevami quasi in tuono interrogativo, l'effetto di persuadere che la Germania non è la nemica del cattolicismo come pare si voglia dalla Curia romana in ogni occasione far credere. Non ho alcuna ragione di supporre che le cose dettemi dal barone di Saurma gli fossero dettate da speciali istruzioni del suo governo.

ALLEGATO

Au courant d'une conversation que monsieur Sturdza a eu avec moi sur le sujet auquel se réfère ma dépeche d'aujourd'hui, ce ministre m'a dit d'une manière toute confidentielle que, si au printemps dernier le Roi Charles n'était pas venu à Rome c'est que le gouvernement roumain savait que ce voyage produirait une facheuse impression à Vienne où l'on était alors très susceptible pour tout ce qui aurait pu établir un précédent pour les visites d'un souverain catholique à notre Cour dans la capitale d'ltalie. Cela m'a été dii.t par monsieur sturdza à la suite d'une observation peu obligeante pour l'Italie que nous avions cru saisir dans une conversation tenue en notre présence entre les collègues d'Autriche et d'Allemagne le jour mème où les agences télégraphiques avaient donné la première nouvelle du voyage à Rome du prince impérial pour y visiter, disaient elles, le Pape. Je ne transmets ces détails qu'à titre de sympotòmes.

(2) Cfr. n. 771.

(l) -Ed. In LV 43, con data 30 dicembre, pp. 156-158. (2) -Non pubblicata.
780

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, DECRAIS (l)

D. Roma, 29 dicembre 1883.

v. E. a bien voulu, par la note qu'elle m'a fait hier l'honneur de m'adresser, me remettre la copie d'un mémoire (2) résumant par deux notes successives la pensée du gouvernement franç.ais au sujet des différents points, se rattachant à la question juridictionnelle en Tunisie, qui ont dernièrement formé l'objet d'un échange de vues entre les deux Cabinets. V. E. m'avait, avec son obligeance accoutumée, donné déjà lecture de ces deux pièces, m'offrant ainsi l'occasion de lui manifester, dès le premier moment, l'impression favorable que j'en recevais.

Il n'est pas nécessaire que je rappelle ici le point de vue auquel le gouvernement du Roi s'est placé, dès le début, dans la question dont il s'agit. Nous avions, par un esprit de conciliation que le gouvernement de la République a apprécié, admis en principe la subrogation du nouveau magistrat créé en Tunisie par un décret du Bey à notre magistrat consulaire, dont les fonctions resteraient suspendues. Seulement, avant de proposer à nos Chambres l'adoption de la loi qui doit sanctionner cette réforme, nous avons désiré que certains points fussent, entre les deux gouvernements l'objet d'éclaircissements et engagements mutuels de nature à écarter, pour l'avenir, toute eventualité de complications ou de divergences. Notre but me parait ètre aujourd'hui atteint, et je pense que le moment est venu, pour les deux gouvernements, de constater, de la manière qui nous semblera la plus opportune, l'accord qui s'est désormais établi entre nous.

En parcourant la série des explications et déclarations qui, de la part du gouvernement français, nous sont fournies par le mémoire que V. E. vient de me remettre, j'ai pu me convaincre, en effet, que sur tous les points pleine satisfaction est donnée à nos demandes, sauf quelques-uns pour lesquels l'entente n'en est pas moins assurée, dès aujourd'hui, grace aux pourparlers entre

M. Ferry et le général Menabrea, dont ce dernier m'a rendu compte par le télégraphe d'abord (l) et ensuite par dépèche écrite que je reçois en ce moment (2). C'est de ces points que je vais evclusivement m'occuper, le reste pouvant ètre considéré comme définitivement réglé et arrèté entre les deux gouvernements.

Les indications contenues dans les deux notes assurent pleinement, monsieur l'ambassadeur, la situation des avocats italiens exerçant actuellement

la plaidoirie ou la postulation auprès de notre tribuna! consulaire. Il en est de meme pour l'admission, à l'avenir, au barreau tunisien de tout avocat ayant en Italie les qualités requises pour cette profession. Il ne restait plus qu'à obtenir, pour ceux qui aspireraient plus tard aux fonctions d'avoué ou défenseur, la dispense de la condition des cinq ans de domicile en Tunisie. Cette dispense a été .promise par M. Ferry au général Menabrea par voie d'exceptions, et nous n'avons plus qu'à souhaiter qu'on fasse de cette dispense l'usage le plus large que les circonstances comporteraient.

Nous ne comptons pas moins sur les bonnes dispositions du governement français pour le placement des trois commis de chancellerie actuellement attachés au greffe du tribuna! consulaire italien.

Quant à la peine de mort, le problème nous parait également résolu, M. Ferry ayant déclaré au général Menabrea que je pourrai, au besoin, faire connaitre aux Chambres l'existence, à ce sujet, d'une entente confidentielle complétant l'accord public des deux gouvernements et portant engagement de commuer en la peine immédiatement inférieure toute condammation capitale qui serait prononcée en Tunisie contre un sujet italien. Je m'en réfère, quant au modus procedendi, à la proposition que j'ai chargé notre ambassadeur à Paris de présenter là-dessus à M. Ferry, et que V. E. m'a semblé apprécier, personnellement, d'une manière favorable.

Nous n'insistons pas davantage pour l'extension immédiate de la nouvelle juridiction aux indigènes, dans les cas aussi où ces derniers seraient défendeurs contre des demandeurs ou autres ayant-cause de nationalité étrangère. C'est là un point où l'intéret français n'est pas moindre que le nòtre. Nous nous bornons à remarquer que, si la difficulté à pu paraitre grave, et peut-etre insurmontable, en matière immobilière et en matière d'état ou de rapports de famille, ces matières étant évidemment dominées par l'esprit des institutions et coutumes nationales du Pays, il n'en est pas de meme pour toutes les autres actions purement personnelles et mobilières. La réforme pourrait, au moyen d'un ,prochain décret du Bey, débuter par ces actions, en visant d'abord les causes de cette nature où des français ou étrangers en général seraient partie intéressée, sauf à l'étendre graduellement par des décrets ultérieurs de Son Altesse. Cette première réforme se justifierait par le fait que les demandeurs étrangers n'ont généralement jamais voulu se soumettre aux tribunaux indigènes, et préfèrent toujours, meme sous le régime actuel, avoir recours à la justice personnelle du Bey.

Il y a encore un dernier point à examiner: les causes pendantes, soit dans la voie diplomatique, soit devant le tribunal consulaire à Tunis. Notre proposition était de transférer toutes ces causes aux nouveaux tribunaux, avec réserve cependant, pour la partie italienne, de préférer l'arbitrage. Le gouvernement français, sans écarter explicitement l'arbitrage pour les réclamations :pendantes en voie diplomatique, nous fait remarquer qu'elles sont terminées ou peuvent l'étre facilement, aucune d'elles n'ayant, d'ailleurs, assez de gravité pour empecher ou meme ajourner l'accord entre les deux gouvernements. Quant aux affaires ordinaires du ressort de notre tribuna! consulaire, le gouvernement français objecte qu'un arbitrage ne peut etre impose à aucune des parties en litige. Nous apprecions, à notre tour, ces considerations par lesquelles le gouvernement de la Republique croit ne pas pouvoir accepter notre proposition. Mais, convaincus, camme nous le sommes, qu'une entente est certainement possible sur ce point aussi, grace au bon vouloir mutue! des deux Cabinets, nous partageons avec le gouvernement français l'avis que la recherche d'une solution pour Ies affaires pendantes ne doit pas retarder la réalisation immediate de l'entente sur l'ensemble de la question juridictionnelle à Tunis. Dans l'hypothèse, extréme où cette recherche n'aboutirait pas, rien ne s'opposerait, ce nous semble, à ce que, des questions pendantes, les unes continuent d'etre l'objet de pourparlers diplomatiques, et les autres poursuivent leurs cours regulier devant le tribuna! consulaire, qui ne conserverait ainsi qu'une juridiction temporaire et restreinte aux causes dont il se trouverait saisi au moment de la reforme.

Si, camme je le pense, la présente communication est, aux yeux du gouvernement français, camme elle l'est aux nòtres, propre à constituer la conclusion de la laborieuse négociation à laquelle nous avons consacre notre meil1eure volante, l'adhésion du gouvernement italien à la reforme projetee peut dès-aujourd'hui etre considerée camme acquise. J'attends la reponse definitive de votre gouvernement pour preparer l'acte constatant notre accord, me reservant de présenter à la Chambre, à la reprise prochaine des travaux parlementaires, le projet de loi destine à donner, en ce qui nous concerne, à cette reforme la consécration constitutionnelle.

(l) -T. 1544 del 26 dicembre 1883, non pubblicato. (2) -R. 258 del 27 dicembre 1883, non pubblicato.
781

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA (l)

D. 209. Roma, 31 dicembre 1883.

Riferendomi al mio telegramma di oggi (2), mi pregio di qui acchiudere copia di una nota di questo signor ambasciatore di Francia, relativa alla questione della giurisdizione in Tunisi, e della risposta che già in data di ieri, gli feci pervenire (3).

Con questi due documenti, e con le dichiarazioni del signor Ferry, da lei riferitemi nel rapporto del 27 di questo mese (1), il negoziato circa questo delicato e importante argomento mi sembra giunto oramai a definitiva e soddisfacente conclusione. Tutti i punti che avevano formato oggetto delle nostre singole domande, hanno avuto favorevole soluzione, e noi stimiamo di poter essere lieti dell'effetto ottenuto, al quale contribuì in larga parte l'E. V. con opera accorta e con la sua meritata autorità personale.

Due temi rimangono riservati a ulteriore studio, senza che però debba, a nostro avviso, essere ritardato l'accordo formale tra i due governi circa la complessiva questione.

L'uno di essi si riferisce alla ulteriore estensione della nuova giurisdizione, in guisa che cadano sotto la medesima anche gli indigeni, quante volte siano interessate, o come attori, o come chiamati in causa, persone di nazionalità straniera. Noi riconosciamo ed apprezziamo le difficoltà che trattengono la Francia da una immediata ed illimitata innovazione in questo senso. Però a noi sembra che la riforma possa intanto e prossimamente iniziarsi rispetto alle cause in cui stranieri sieno gli attori o chiamati in causa, e nelle quali si tratti di azioni personali e mobiliari, escluse le immobiliari e quelle attinenti allo stato ed ai rapporti di famiglia. Non abbiamo creduto d'insistere soverchiamente su questo punto, non dubitando che, come a questo riguardo sono egualmente interessati tutti gli stranieri, compresi i francesi, il governo della Repubblica non tarderà a fare codesto primo passo nella via della riforma da noi additata.

Il secondo tema è quello che si riferisce alle cause ed agli affari pendenti. Per la definizione di queste cause e di questi affari (quando non possano comporsi per transazione tra le parti) avevamo proposto che il passaggio ai nuovi tribunali fosse subordinato alla riserva, a favore della parte italiana, di preferire l'arbitrato. Il governo francese non ha stimato di poter accogliere senz'altro la nostra proposta, e converrà quindi che si ricerchi altro espediente. Però neppure questa può essere ragione d'indugio per la stipulazione dell'accordo; imperocché, in ogni caso, nulla toglie che si continui la trattazione degli affari d'indole diplomatica nella via diplomatica, e quella delle cause giudiziarie pendenti prosegua innanzi al tribunale consolare italiano fino al loro finale esaurimento.

Come V. E. scorge dalla mia nota di ieri diretta al signor Decrais, mi propongo, non appena ci giunga la risposta definitiva del governo francese, di preparare il documento nel quale saranno consegnate le singole clausole e dichiarazioni concordate tra i due governi circa la questione giurisdizionale a Tunisi. Mi riservo di trasmetterle copia di questo documento.

Non è mestieri che io aggiunga, a guisa di conclusione, che quanto è stato ora convenuto tra i due governi, è, in quanto ci concerne, subordinato alla riserva dell'approvazione parlamentare, che sarà da noi sollecitata, non appena si riapra il parlamento, mediante la presentazione di apposito progetto di legge.

(l) -Ed. in LV 43, pp. 159-160. (2) -T. 872 del 31 dicembre 1883, non pubblicato. (3) -Cfr. n. 780.

(l) Non pubblicatao.

782

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2025. Vienna, .....dicembre 1883 (l) (per. il 2 gennaio 1884).

Segno ricevuta all'E. V. dell'importante dispaccio circolare del 21 corrente (2) in cui nella più splendida maniera viene espresso il pensiero del R. governo a riguardo della solenne visita fatta a Roma alle Loro Maestà dal principe imperiale di Germania. Già ebbi a far conoscere all'E. V. le mie prime impressioni sull'effetto prodotto qui da quell'avvenimento, che sotto qualunque punto di vista lo si voglia considerare è sempre da apprezzarsi siccome un fatto di capitale importanza.

Il 21 corrente le riferivo (3) che quella visita in sì solenne maniera compiuta, non poté a meno di riuscire qui assai incresciosa e ne spiegavo le ragioni.

Il giorno successivo riassumevo una conversazione da me avuta al riguardo coll'ambasciatore di Germania da cui mi venivano espresse su questa speciale questione idee assai ottimistiche.

Devo dire oggi, che le mie ulteriori impressioni fondate anche su informazioni attinte ad ottime fonti, confermano ampiamente le prime ch'io ebbi ad esprimere.

Anzitutto l'essere tornata in discussione su tutti i giornali l'eventualità di una visita a Roma dell'Imperatore d'Austria, non poté a meno di riuscire sommamente spiacevole sì alla Corte che al governo: una simile idea essendo ora meno che mai presa in considerazione qui. A questo proposito non devo tacere, che non si comprendeva dove i nostri giornali poterono attingere quelle apparentemente così precise informazioni che credettero dare intorno ai pretesi colloqui da me avuti col conte Kalnoky su quel delicato argomento.

Una sola volta S. E. ebbe a farmi cenno della visita a Roma del principe imperiale di Germania colle seguenti poche e laconiche parole: «Avete avuto delle belle feste a Roma » al che io risposi confermando il fatto con pari laconicità di espressioni, e così finì la nostra conversazione su quel soggetto.

Ma oltre alla circostanza, di veder sgradevolmente ricordato il fino ad ora non convenuto contracambio della visita da parte di S. M. Francesco Giuseppe, non può a meno di colpire qui il fatto che se per intanto le circostanze hanno condotto l'Italia ad allearsi colla Germania e coll'Austria-Ungheria, la visita di S.A.I. il principe Guglielmo ha creato alla Germania a fronte dell'Italia una situazione speciale in quell'alleanza, dando cioè non dubbia guarentigia, che l'unione intima e cordialissima fra le due dinastie e i due Stati è oramai assi

curata per un lungo spazio di tempo, mentre che le relazioni dell'Italia colla Austria-Ungheria, unicamente conseguenza delle circostanze, correrebbero gravi pericoli il giorno in cui queste venissero a modificarsi.

Da oggi in avanti quindi il Gabinetto di Vienna sente che la Triplice Alleanza 'non è più tutto ciò ch'esso sperava, ed a malgrado ben si comprenda qui che i mezzi non mancherebbero onde mutare quella situazione ristabilendovi il pericolante equilibrio, pur come dissi meno che mai si ha in animo di ricorrere a quei mezzi; l'opinione pubblica d'altronde nella sua grande maggioranza, non essendo né in Austria né in Ungheria inclinata a giudicare la situazione in più assennata maniera.

(l) -Il documento è privo di giorno di partenza. Si inserisce alla fine di dicembre tenendo conto che il R. 2024 da Vienna è datato 28 dicembre. (2) -Cfr. n. 771. (3) -Cfr. n. 767, in realtà del 19 dicembre.
<
APPENDICI

APPENDICE I

UFFICI DEL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI

(Situazione dal 21 maggio 1882 al 31 dicembre 1883)

MINISTRO

MANCINI Pasquale Stanislao, ministro di Stato, deputato al parlamento.

SEGRETARIO GENERALE

BLANC barone Alberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 4 gennaio 1883.

DIREZIONE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI E DEGLI UFFICI AMMINISTRATIVI

MALVANO Giacomo, direttore generale.

DIVISIONE POLITICA

(Sotto l'immediata dipendenza del direttore generale)

UFFICIO I"

Corrispondenza politica -Corrispondenza particolare del ministro -Trattati politici -Pubblicazioni diplomatiche -Citra e telegrammi.

BIANCHI DI LAVAGNA conte Francesco, capo di sezione; BARDI Alessandro, segretario; MAYOR Edmondo, segretario; HrERSCHEL DE MINERBI conte Oscarre, segretario di legazione di prima classe; MALASPINA DI CARBONARA marchese Obizzo, segretario di legazione di seconda classe; IMPERIALI DI FRANCAVILLA marchese Guglielmo, addetto di legazione; ALBERTINI Pietro, addetto onorario di legazione; MAISSA Felice, vice console di seconda classe; MrNA Giuseppe Camillo, vice console di terza classe, fino al 19 giugno 1882; SQUITTI Nicola, vice console di terza classe dal 14 giugno 1883; Buzzo Giuseppe, ufficiale d'ordine; CAQUET DuBois Attilio, ufficiale d'ordine.

INTERPRETI

TkALAc Emerico, interprete di prima classe; VALERGA don Pietro, interprete onorario per la lingua araba.

UFFICIO II

Personale del Ministero, delle Legazioni e dei corrieri di Gabinetto -Ordini cavallereschi nazionali ed esteri -Atti pubblici -Notariato della Corona -Cerimoniale di Corte -Cancelleria dell'ordine della SS. Annunziata -Biblioteca Archivi.

BERTOLLA Giuseppe, capo degli uffici d'ordine; ALINARI Enrico, archivista; GABUTTI Pasquale Pietro, archivista.

RAGIONERIA

CATTANEO Angelo, direttore capo di divisione di ragioneria.

Bilancio-Contabilità generale degli uffici diplomatici e consolari -Mandati-Rendiconti -Corrispondenza relativa.

BERNONI Luigi, capo di sezione di ragioneria; LONGO VASCHETTI Giovanni Battista, segretario di ragioneria; GUGLIELMINETTI Giuseppe, segretario di ragioneria; BELLISOMI Ludovico, segretario di ragioneria; CALVARI Ludovico, vice segretario di ragioneria; BONAMICO Cesare, vice segretario di ragioneria.

CORRIERI DI GABINETTO

ANIELLI Eugenio; SIGNORONI Elia Camillo.

ECONOMATO E SPEDIZIONE

Spese d'ufficio -Contratti -Spedizioni -Servizio interno del Ministero.

BROFFERIO Tullio, segretario; DE ANGIOLI Eugenio, archivista.

PASSAPORTI E LEGALIZZAZIONI

BENETTI Carlo, archivista.

DIREZIONE GENERALE DEI CONSOLATI E DEL COMMERCIO

PEIROLERI Augusto, direttore generale.

UFFICIO DEL PERSONALE

Corrispondenza riservata e confidenziale della direzione generale -Personale consolare e dragomannale -Esami -Exequatur agli agenti consolari esteri.

BARILARI Federico, segretario; RoGERI DI VILLANOVA Filippo, ViCe segretario; ZAVEL DE LOUVIGNY Filippo Antonio, Ufficiale d'ordine.

DIVISIONE I

BIANCHINI Domenico, direttore capo di divisione.

UFFICIO I•

Corrispondenza in tutte le materie non politiche né commerciali coi regi agenti diplomatici e consolari residenti negli Stati d'Europa e loro colonie, eccettuate la Turchia e la Grecia, e cogli agenti diplomatici e consolari di detti Stati in Italia, coi ministeri, colle autorità e coi privati.

CAVACECE Emilio, capo di sezione; MIRTI DELLA VALLE Achille, segretario; VACCAJ Giulio, segretario; FASSATI DI BALZOLA, Ferdinando, segretario; DE GAETANI Davide, segretario; DURANDO Vittorio, vice segretario; SERRA Carlo, vice segretario; BOBBIO Ettore, segretario di legazione di prima classe; ANDREOZZI Pietro, addetto di legazione, fino al 17 settembre 1882, FoscARINI Marco, console di prima classe; CoRSI Giulio, vice console di terza classe, dal 1° novembre 1883; MoTTA Riccardo, vice console di terza classe, dal 14 giugno 1883; CIAPELLI Enrico, applicato volontario, fino al 9 settembre 1882.

UFFICIO II

Corrispondenza in tutte le materie non politiche né commerciali coi regi agenti diplomatici e consolari residenti in Grecia, nell'Impero ottomano, in Asia, in Africa, America ed Oceania, e cogli agenti diplomatici e consolari di detti Paesi in Italia, coi ministeri. colle autorità e coi privati.

MoNTERSINO Francesco, capo di sezione, fino al 22 marzo 1883; MARGARIA Augusto, capo di sezione; MASSA Nicolò, segretario; CuGNONI Guglielmo, vice segretario; DE GoYZUETA Luigi, vice console di prima classe, fino al 29 luglio 1882; DURAND DE LA PENNE Enrico, vice console di terza classe, fino al 19 luglio 1882; GATETANI DI CASTELMOLA Onorato, vice segretario; GIACCHI GiUseppe, addetto di legazione dal 31 luglio al 13 dicembre 1883; PREYER Giovanni, ufficiale d'ordine; NEGRI Rodolfo, ufficiale d'ordine.

DIVISIONE II ScHMUCKER barone Pompeo, direttore capo di divisione.

UFFICIO lo

Corrispondenza relativa alla stipulazione dei trattati e delle convenzioni commerciali, di navigazione, di estradizione, consolari, monetarie, doganali, postali, telegrafiche, ecc. -Pubblicazioni commerciali -Bollettino consolare.

BoREA D'OLMO marchese Giovanni Battista, capo di sezione; PucciONI Emilio, segretario; ORFINI conte Ercole, segretario; PISANI Dossi Alberto, vice segretario; RIZZETTO Rizzardo, vice segretario; VALSECCHI Celestino, vice segretario; ARBORIO DI GATTINARA Mercurino, addetto onorario di legazione; KocH Ernesto, applicato volontario, dal 31 dicembre 1882 vice segretario; NoBILI Aldo, addetto di legazione, fino al lo dicembre 1883; SPINOLA Filippo, applicato volontario, dal 31 luglio 1883.

UFFICIO 2°

Corrispondenza relativa alle successioni de' nazionali all'estero ed agli atti di stato civile tatti all'estero.

SANTASILIA Nicola, capo di sezione; CASELLI CARLO, segretario; BERTOLLA Cesare, segretario; MINA BoLZESI Giuseppe, segretario; BARILLARI Pompeo, segretario; LANDI VITTORJ Vittorio, vice segretario; FRANZONI Ausonio, applicato volontario, fino al 30 luglio 1882; BONGIOVANNI Marco FederiCO, archivista; BENFENATI EnriCO, ufficiale d'ordine.

ISPETTORE GENERALE ONORARIO DEI CONSOLATI

NEGRI barone Cristoforo, console generale di prima classe in riposo, col titolo di inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

CONSIGLIO DEL CONTENZIOSO DIPLOMATICO

Questioni di diritto internazionale, interpretazione di trattati, ecc.

PRESIDENTE

IL MINISTRO

Consiglieri

ALFIERI DI SOSTEGNO marchese Carlo, senatore del Regno; BIANCHERI Giuseppe, deputato al parlamento; CADORNA Carlo, senatore del Regno, presidente del consiglio di Stato; CANONICO Tancredi, senatore del Regno, consigliere della corte di cassazione di Roma; CARACCIOLo DI BELLA marchese Camillo, senatore del Regno; CARUTTI DI CANTOGNO barone Domenico, consigliere di stato; GIANNUZZI SAVELLI Bernardino, senatore del Regno, ministro di Grazia e Giustizia e dei Culti; MAMIANI DELLA RovERE conte Terenzio, senatore del Regno, consigliere di Stato, fino al 15 ottobre 1883; MAURI Achille, senatore del Regno, consigliere di Stato, fino al 15 ottobre 1883; MAURIGI DI CASTEL MAURIGI marchese Ruggero, deputato al parlamento; MICELI Luigi, deputato al parlamento; MIRAGLIA Giuseppe, senatore del Regno, primo presidente della corte di cassazione di Roma; PrERANTONI Augusto, deputato al parlamento, professore di diritto internazionale nella R. Università di Roma; SPANTIGATI Federico, deputato al parlamento; TABARRINI Marco, senatore del Regno, presidente di sezione del consiglio di stato.

Segretario aggiunto

PucciONI Emilio, segretario nel ministero degli Affari Esteri.

APPENDICE II

AMBASCIATE E LEGAZIONI DEL REGNO D'ITALIA ALL'ESTERO

(Situazione dal 21 maggio 1882 al 31 dicembre 1883)

ARGENTINA

Buenos Ayres -CovA Enrico, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GuAsco DI BISIO Alessandro, segretario fino al 19 maggio 1883.

Vienna -NICOLIS DI ROBILANT conte Carlo Felice, ambasciatore; GALVAGNA barone Francesco, consigliere; CALVI DI BERGOLO Giorgio, segretario, fino al 20 marzo 1883; SIMONETTA Luigi, segretario, fino al 18 luglio 1882; FALLETTI DI VILLAFALLETTO Paolo, addetto dal 28 febbraio 1883; SELLA Vittorio, addetto onorario fino al 23 febbraio 1883; DELLA CROCE DI DoJOLA Felice, addetto onorario; CATALANO GONZAGA Clemente, addetto onorario, dal 23 giugno 1882; LANZA conte Carlo, colonnello, addetto militare sostituito da CERRUTI Alberto, maggiore, addetto militare.

BAVIERA

Monaco -ULISSE BARBOLANI conte Raffaele, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DE NITTO Enrico, segretario.

BELGIO

Bruxelles -MAFFEI DI BOGLIO marchese Alberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, GERBAIX DE SoNNAZ Carlo Alberto, consigliere; DE FoRESTA conte Ernesto, segretario; MARCHESI Carlo, colonnello, addetto militare (residente a Parigi).

BOLIVIA

La Pax -VIVIANI Giovanni Battista, incaric~o d'affari, fino al 7 marzo 1883 (residente a Lima).

BRASILE

Rio de Janeiro -SALLIER DE LA TouR, conte Vittorio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DE FoRESTA Alberto, segretario.

55-Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XV-XVI

CILE

Santiago -SANMINIATELLI Fabio, ministro residente; dal 7 febbraio 1883 CARCANO Silvio, ministro residente.

CINA

Pechino -DE LucA Ferdinando, ministro residente, dal 25 novembre 1883 inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

COLOMBIA

Bogotà -CASTELLI Pietro, incaricato d'affari; dal 3 dicembre 1882 SEGRE David, incaricato d'affari.

COSTARICA

SAN Jos -DE GuBERNATis Enrico, ministro residente dal 29 luglio 1882 (residente a Guatemala).

DANIMARCA

Copenaghen -MAROCHETTI Maurizio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 25 agosto 1882; BEccARIA INCISA Emanuele, segretario, incaricato d'affari fino al 25 agosto 1882; VINCI GIGLIUCCI Giulio Cesare, addetto, dal 17 agosto al 28 ottobre 1883.

FRANCIA

Parigi -MENABREA conte Luigi Federico, ambasciatore, dal 18 dicembre 1882; MAROCHETTI barone Maurizio, consigliere, incaricato d'affari fino al lo agosto 1882; RESSMAN Costantino, consigliere, incaricato d'affari, dal 1° agosto al 18 dicembre 1882; AVARNA DI GUALTIERI Giuseppe, segretario; FOSSATI REJNERI Giacinto, segretario; BOLLATI Riccardo, segretario; CERIANA MAYNERI Ludovico, segretario, dal 20 dicembre 1882 al 15 maggio 1883; GALLETTI-CAMBIAGI Arturo, addetto; CoRTEGIANI Salvatore, addetto; BERTI Emanuele, addetto, dal 12 maggio 1883; MENABREA conte Carlo, addetto onorario, dal 14 aprile 1883; MARCHESI Carlo, colonnello, addetto militare.

GEhMANIA

Berlino -DE LAUNAY conte Edoardo, ambasciatore; TuGINI Salvatore, segretario; CERIANA MAYNERI Lodovico, segretario dal 16 maggio 1883; FERRARA Enrico, addetto; DE GREGORIO marchese Paolo, addetto, dal 14 aprile 1883; JACINI conte Giovanni, addetto onorario, dal 12 luglio 1882; BISESTI Luigi, maggiore di fanteria, addetto militare.

GIAPPONE

Tokio -DE MARTINO Renato, inviato straordinario e ministro plenipotenziario dal 31 dicembre 1883; MARTIN LANCIAREZ Eugenio, segretario, incaricato d'affari fino al 31 dicembre 1883.

GRAN BRETAGNA

Londra -MENABREA conte Luigi Federico, marchese DI Val Dora, senatore del Regno, tenente generale, ambasciatore; dal 4 gennaio 1883 NIGRA Costantino, ambasciatore; RESSMAN Costantino, consigliere, fino all'll luglio 1882; CATALANI Tommaso, segretario; SILVESTRELLI Giulio, segretario, dal 15 giugno 1883; CERIANA MAYNERI Lodo vico, addetto fino al 19 dicembre 1882; FRIOZZI Lorenzo, princtpe DI CARIATI, addetto, fino all'll marzo 1883; PRINETTI Emanuele, addetto, dal 28 febbraio al 1° dicembre 1883; BETTONI Vincenzo, addetto, dal lo dicembre 1883; GAGNOLA Guido, addetto onorario, dal 2 marzo al lo dicembre 1883; DESME' Giulio, addetto onorario, dal 16 maggio 1883; NocE Raffaele, capitano di vascello, addetto navale.

GRECIA

Atene -CuRTOPASSI Francesco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CANTAGALLI Romeo, segretario; BETTONI Vincenzo, addetto fino al 30 novembre 1883.

GUATEMALA

Guatemala -DE GuBERNATIS Enrico, ministro residente, dal 29 luglio 1882.

HONDURAS

TEGUCIGALPA-DE GUBERNATIS Enrico, ministro residente, dal 9 luglio 1882 (residente a Guatemala) .

MAROCCO

Tangeri -ScovAsso Stefano, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

MESSICO

Messico -MARTUSCELLI Ernesto, ministro residente.

MONTENEGRO

Cettigne -DURANDO Cesare, incaricato d'affari; dal 29 gennaio 1883 MAccw' Licurgo ministro residente.

NICARAGUA

DE GuBERNATIS Enrico, ministro residente, dal 29 luglio 1882 (residente a Guatemala).

PAESI BASSI

L'Aja -DELLA CROCE DI DOJOLA conte Enrico, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 30 agosto 1882; VIGONI Giorgio, segretario.

PERU'

Lima -VIVIANI Giovanni Battista, ministro residente, fino al marzo 1883; PAPPALEPORE NICOLA!, Domenico, vice console, incaricato d'affari, dal 10 marzo 1883.

PORTOGALLO

Lisbona -OLDOINI marchese Filippo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CoTTA Francesco, segretario; CAGNOLA Guido, addetto onorario, dal lo dicembre 1883.

ROMANIA

Bucarest -TORNIELLI BRUSATI m VERGANO conte Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PANSA Alberto, segretario, fino al 13 giugno 1883; GuAsco DI BISIO Alessandro, segretario, dal 19 maggio 1883.

RUSSIA

Pietroburgo -NIGRA Costantino, ambasciatore fino al 28 dicembre 1882; ZANNINI conte Alessandro, consigliere, incaricato d'affari, dal 29 dicembre 1882; BOTTARO CosTA Francesco, segretario; GALLINA Giovanni, addetto, fino al 25 gennaio 1883; FRACASSI RATTI MENTONE Domenico, addetto, dal 2 maggio 1883; VICINO PALLAVICINO Francesco, capitano, addetto militare.

SALVADOR

San Salvador -DE GuBERNATIS Enrico, ministro residente, dal 29 luglio 1882 (residente a Guatemala).

SERBIA

Belgrado -Tosi Antonio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino all'll marzo 1883; CALVI DI BERGOLO Giorgio, segretario, incaricato d'affari dal 20 marzo 1883; DE GREGORIO marchese Paolo, addetto, fino al 13 aprile 1883.

SPAGNA

Madrid -GREPPI conte Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 28 novembre 1883; TERZAGHI Carlo, segretario; BAGLIO Beniamino Arcangelo, segretario; PoRCINARI marchese Filippo, addetto onorario, dal 24 aprile 1883.

f?TATI UNITI

Washington -FAVA, barone Francesco Saverio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DALLA VALLE DI MIRABELLO marchese Alessandro, segretario incaricato d'affari dal 18 ottobre 1882 al 7 ottobre 1883.

SVEZIA E NORVEGIA

Stoccolma -SPINOLA marchese Federico Costanzo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

SVIZZERA

Berna -FE' D'OsTIANI conte Alessandro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; RIVA Alessandro, segretario; MELEGARI Giulio, segretario, dal 19 luglio al 16 novembre 1882; PANERAI Giuseppe, segretario, dal 16 novembre 1882; FRIOZZI Lorenzo, principe DI CARIATI, addetto, dal 12 marzo 1883; NoBILI Aldo, addetto, dal 1° dicembre 1883; MARCHESI Carlo, colonnello, addetto militare (residente a Parigi).

TURCHIA

Costantinopoli -CoRTI conte Luigi, senatore del Regno, ambasciatore; COLLOBIANO ARBORIO LUigi, segretario, fino al 14 giugno 1883; PANERAI Giuseppe, segretario, fino al 15 novembre 1882; PANSA Alberto, segretario dal 14 giugno 1883; PoLAcco Giorgio, segretario; BERTI Emanuele, addetto, fino all'll maggio 1883; GALLINA conte Giovanni, addetto, dal 26 gennaio 1883; FRANCHETTI barone Edoardo, addetto, dal 28 febbraio 1883; PoRCINARI marchese Filippo, addetto onorario fino al 23 aprile 1883; CAGNOLA Guido, addetto onorario, fino al 1o marzo 1883; VERNONI Alessandro, interprete; GRAZIANI Edoardo, interprete; BARONE Antonio, interprete, CHABERT Alberto interprete, CANGIA Alfredo, interprete.

EGITTO

Alessandria -DE MARTINO Giuseppe, agente e console generale.

TUNISIA

Tunisi -RAYBAUDI MASSIGLIA Annibale, vice console reggente.

BULGARIA

Sofia -DE MARTINO Renato, agente e console generale, fino al 30 dicembre 1883.

URUGUAY

Montevideo -GARROU Ippolito, incaricato d'affari, fino al 22 luglio 1882; ANFORA nr LICIGNANO duca Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 29 gennaio 1883.

VENEZUELA

Caracas -STELLA Enrico, incaricato d'affari, fino al 4 febbraio 1883; BENSAMONI Giuseppe, incaricato d'affari, dal 26 giugno 1883.

APPENDICE III

AMBASCIATE E LEGAZIONI ESTERE PRESSO IL RE D'ITALIA

(Situazione dal 21 maggio 1882 al 31 dicembre 1883)

Argentina -DEL VISO Antonio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario dal lo giugno 1882; MONTERO J. Belisario, primo segretario, dal 1° giugno 1882; DEL VIso Antonio junior, secondo segretario, dal 1° dicembre 1882.

Austria-Ungheria -VoN WIMPFFEN conte Felix, ambasciatore; dal 21 luglio 1882 LuDOLF conte Emanuel, ambasciatore; VoN TAVERA Ernest, consigliere, sostituito da VON ROSTY Sigmund; SCHWARZ-MOHRENSTERN Alfred, segretario; AMBRO VON ADAMOCZ Béla, segretario, sostituito da EPERJESY VON SZASZVAROS Albert; VON LuTzow conte Heinrich, segretario; voN CHOTEK conte Karl, OLIVA Karl, addetti, sostituiti da SzÈCSEN conte Nikolaus; voN RIPP barone Isidor, tenente colonnello, addetto militare.

Baviera -VoN TAUTPHOEUS barone Rudolf, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; voN DER PFORDTEN barone, segretario, sostituito da BoEHM Gotfred.

Belgio -VAN Loo Auguste, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; LE GHAIT Alfred, consigliere; CARTON DE FAMMILLEUREUX Albert, segretario.

Brasile -DE JAVARY Joao, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; dal 26 novembre 1883 CALLADO Eduardo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; VIEIRA DE CARVALHO Joao, segretario; lTIBERÉ DA CUNHA Brasilia, addetto, SOStitUito da PEREIRA DA COSTA MOTTA José.

Cina -LI FONG-PAO, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Berlino); KREYER C.T., segretario interprete, SEN TIEN TsuNG, addetto interprete.

Costarica -DE LINDEMANN conte Alfonso Cristiano, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Parigi).

Danimarca -DE HEGERMANN-LINDERCRONE Johan Enrik, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Francia -DECRAIS Pierre, ambasciatore, dal 27 dicembre 1882; REVERSEAUX DE RouvRAY Frédéric, marchese de, consigliere, incaricato d'affari fino al 28 giugno 1882; BACOURT-Pierre-Eugène-FouRIER, de, primo segretario, incaricato d'affari dal 28 giugno al 26 dicembre 1882; BouRGAREL, Ernest-Adrien,

secondo segretario, DE NAVANNE Ferdinand Henri, terzo segretario, sostituito da TENAILLE SALIGNY Xavier, MARCHAND Hippolyte, terzo segretario; PASTEUR Jean-Baptiste, terzo segretario; DESLANDRES Léon, addetto; BRUNET Jules, maggiore, addetto militare sostituito da Lours, comandante, addetto militare.

Germania -VON KEUDELL Robert, ambasciatore; VON DERENTHALL Eduard, consigliere, sostituito da ARco VALLEY conte Ludwig; VoN WRANGEL conte Gustav, segretario, sostituito da THURN UND TAxrs principe Franz; STUCKRAD Paul, tenente, addetto militare, sostituito da ENGELBRECHT Karl, capitano, addetto militare.

Giappone -AsANO principe Nagakoto, inviato, straordinario e ministro plenipotenziario, dal 7 agosto 1882; JAMANO Outchi, segretario, incaricato d'affari, fino al 6 agosto 1882; SAYTOW Touta Row, addetto; IcHrKu Massakata, addetto.

Gran Bretagna -PAGET sir Augustus BERKELEY, ambasciatore, dal 25 dicembre 1883, LUMLEY sir Henry Savile, ambasciatore, FRASER Hugh, primo segretario; TRENCH PowER LE POER Henry, secondo segretario, sostituito da GouGH Hugh; NELTHORPE BEAUCLERK William, secondo segretario; PoRTAL Gerard Herbert, addetto, sostituito da BRYAN CLARKE THORNHILL; RrcE Ernest, capitano di vascello, addetto navale; BEAUMONT Louis A., capitano di vascello, addetto navale, CoEY KANE Henry, capitano di vascello, addetto navale.

Grecia -RHAsrs Demetrios, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal1'8 giugno 1882; PAPPAROGOPOULOS Michael, primo segretario, incaricato di affari fino all'8 giugno 1882, sostituito da KIRGoussros Johannes, primo segretario.

Messico -SANCHEz-AzcONA Juan, ministro residente; HIJAR Y HARO Juan Bautista, primo segretario; PACHEco DE ScHrAFINO Manuel, secondo segretario, sostituito da MORALES Vicente.

Monaco -BENTIOVGLIO-MIDDLETON conte Henri, incaricato d'affari; FuRSE Edouard, addetto.

Paesi Bassi -WESTENBERG Bernhard, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DE HEECKEREN DE KELL, barone Karl, segretario.

Perù -CrsNEROS Luciano, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Portogallo -DE CARVALHO Y VASCONCELLos Mathias, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DE FARIA GENTIL Bernardino Antonio, primo segretario, sostituito da SEQUEIRA THEDIM Augusto, de; DE SA' NOGUEIRA Miguel, tenente, addetto militare.

Romania -MAUROJENY Petru, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; dal 22 dicembre 1882 BALATCHANU Jon, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; 0BEDENARE Mihai, primo segretario; MITILINEU Costantin, secondo segretario, sostituito da KoGALNICEANU Costantin.

Russia -D'uxKULL GYLLENBANDT barone Karl, ambasciatore; SEvré Dimitrij, primo segretario, poi consigliere; MEYENDORFF barone Ernest, primo segretario; WENEVITINov Vladimir, secondo segretario; WAGNER Eugenij, addetto, poi secondo segretario; PONTUS DE KNORRING Karl, addetto, sostituito da KOMAROWSKY conte Edgard; BOUTOUORLINE conte Pjotr, addetto, DE STACKELBERG barone, addetto; RosEN barone Grigorj, capitano, addetto militare.

Serbia -CHRISTié Filip, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; dal 1° marzo 1883 KourouNDGié Milan, inviato straordinario e ministro plenipoten-· ziario.

Spagna -DEL MAzo Y GHERARDI Cipriano, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DE LAS LLANAS Y LOPEZ DE LA HUERTA Joaquin, primo segretario, fino al 31 agosto 1882; DELAVAT José, primo segretario, dal 1° settembre 1882; LARIOS Ricardo, secondo segretario; DEL ARROJO Julian, terzo segretario, dal 16 novembre 1882 al 7 giugno 1883; lRVESTE, visconte de, addetto; DE AzcARRAGA José, addetto militare; DE DOMINÉ Y DESMAISIÈRES Juan, capitano, addetto militare; GARCIA Y ANGULO Enrique, addetto navale.

Stati Uniti -PERKINS MARSH George, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; dal 21 novembre 1882 AsTOR William Waldorf, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; WuRTS George, segretario, sostituj.to da RrcHMOND Lewis, generale.

Svezia e Norvegia -LINSTRAND Francesco Teodoro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; WACHTMEISTER conte Federico, addetto, sostituito da BOLSTAD l.M.

Svizzera -PrODA Jean-Baptiste, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; dal 23 gennaio 1883; BAVIER Simon, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PIODA Louis, consigliere; ProDA Jean-Baptiste junior, segretario; CARLIN Gaston, addetto.

Turchia -MusuRus bey, ambasciatore; MIHRAN effendi, primo segretario; MEHEMED N uri bey, secondo segretario, sostituito da RECHAD bey; EMIN bey, segretario; ALI RrzA effendi, capitano di marina, addetto navale.

Uruguay -ANTONINI Y DrEz Paulo, ministro residente; RovrRA Enrique, segretario; SONEIRA VILLA DE MOROS FederiCO, addetto.